da gerusalemme a gerico
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DA GERUSALEMME A GERICO Dopo avere riflettuto sulle qualità dell’amore coniugale alla luce dell’Inno alla Carità di S. Paolo, vogliamo vedere Gesù Risorto all’interno della nostra famiglia. Qui ancora una volta Gesù si avvicina a noi per aprire gli occhi della nostra mente e del nostro cuore e per donarsi nuovamente come pane di vita. PREGHIAMO Dal Salmo 115 Non a noi, Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria, per la tua fedeltà, per la tua grazia. Perché i popoli dovrebbero dire: «Dov’è il loro Dio?». Il nostro Dio è nei cieli, egli opera tutto ciò che vuole. Il Signore si ricorda di noi, ci benedice: benedice la casa d’Israele, benedice la casa di Aronne. 1 Il Signore benedice quelli che lo temono, benedice i piccoli e i grandi. Vi renda fecondi il Signore, voi e i vostri figli. Siate benedetti dal Signore che ha fatto cielo e terra. I cieli sono i cieli del Signore ma ha dato la terra ai figli dell’uomo. Noi benediciamo il Signore Ora e sempre! Gloria al Padre … Dai Salmi 57 e 108 Pietà di me, pietà di me, o Dio, in te mi rifugio; mi rifugio all’ombra delle tue ali finché sia passato il pericolo. Invocherò Dio, l’Altissimo, Dio che mi fa il bene. Mandi dal cielo a salvarmi dalla mano dei miei persecutori, Dio mandi la sua fedeltà e la sua grazia. Io sono come in mezzo a leoni, che divorano gli uomini; i loro denti sono lance e frecce, la loro lingua spada affilata. Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore. Voglio cantare, a te voglio inneggiare: svegliati, mio cuore, svegliati arpa, cetra, voglio svegliare l’aurora. Ti loderò tra i popoli, Signore, a te canterò inni tra le genti. Perché la tua bontà è grande fino ai cieli, e la tua fedeltà fino alle nubi. Innalzati sopra il cielo, o Dio, su tutta la terra la tua gloria. 2 Gloria al Padre … Dal Vangelo secondo Luca: Il nostro punto di partenza (24,13-24) Ed ecco in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto. Mentre di-scorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l’hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l’hanno visto». Guardiamo ai sentimenti di questi discepoli, alla loro situazione: • si trovano a camminare con Gesù, ma sono incapaci di riconoscerlo; • sono delusi, speravano che le cose andassero diversamente; • probabilmente sono pieni di paura, non vogliono fare la fine del loro «ex» Maestro ormai morto, ucciso dai loro capi. La delusione causa tutto il resto: ma perché sono delusi? Cosa avevano capito della missione di Gesù? Dal Vangelo secondo Luca: La missione di Gesù (24,25-27) Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. Gesù cerca di fare superare l’incomprensione, attraverso la Parola che li deve guidare a capire il vero significato del suo essere Messia, Figlio di Dio. Tante volte la nostra delusione nei suoi confronti nasce proprio da qui, dalla nostra incomprensione, o dal nostro desiderio di attribuire a Gesù un ruolo che a noi sembra quello giusto. Forse però in questo momento non siamo più alla scuola del Maestro, ma siamo noi a spiegare cosa deve fare. Qualcosa di molto simile succede più di una volta a Simon Pietro. Dal Vangelo secondo Matteo (16,21-25) Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e 3 degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini! Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà». Dal Vangelo secondo Giovanni (13,3-9) Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi! ». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo! Il Cristo deve donare la sua vita, deve essere nostro servo: certo non è facile comprendere e accettare un Dio che si fa tuo servo, per amarti e salvarti. Ogni eucaristia ci mette davanti a questo grande mistero e ancora ci parla della sua presenza, del suo servizio, e ci dice: Dal Vangelo secondo Giovanni (13,12-15) «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io,facciate anche voi». Dal Vangelo secondo Luca, La sua presenza (24,28-33) Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione,lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture? Il cuore dei discepoli è riscaldato dalla sua Parola, Gesù viene invitato a rimanere con loro, senza di lui si sentono persi, delusi, con lui tutto questo passa, la notte non fa più paura. Nello spezzare il pane tutto si fa chiaro: il pane spezzato è quello dell’ultima cena, è il suo corpo donato per noi, è Gesù che si dona. Quanti momenti passano ora davanti agli occhi dei due discepoli: l’ultima cena, la lavanda dei piedi, la croce, l’annuncio della 4 risurrezione al quale non avevano creduto. Ora comprendono che era necessario che il loro Maestro donasse la propria vita per salvare il mondo intero, per aprire gli occhi di chi si mette in ascolto, e i loro occhi si aprono, ora vedono la sua presenza. Il loro cuore è pieno di gioia, anche se lui sparisce dalla loro vi-sta (il vangelo non dice che lui se ne va, lui è presente anche se i sensi non permettono sempre di contemplarlo: lui c’è). Per questo sono pieni di gioia, non sono stati abbandonati, hanno ritrovato pienamente il senso del loro essere discepoli. Ogni eucaristia porta con sé il dono di questa riscoperta del pieno senso dell’essere cristiani chiamati ad amare e a servire con Cristo, a partecipare della sua missione, a scoprire cosa significa essere Chiesa e comunità, a vivere la nostra responsabilità verso il nostro fratello che oggi attende da noi di essere amato e servito. Questo sacramento d’amore riempie di luce il mistero dell’amore coniugale dove i due coniugi sono impegnati ad amarsi e servirsi come Cristo ha amato e servito la Chiesa fino a renderla santa (cf. Ef 5): a servizio dell’altro per renderlo santo. Dal Vangelo secondo Luca: La missione dei discepoli (24,33-35) E partirono senz’indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone». Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Ora si ritorna a Gerusalemme, proprio il luogo da cui stavano fuggendo. L’eucaristia ti proietta nella tua vita, non può essere un’evasione, un bel momento di preghiera chiuso in se stesso: per sua natura è un’esplosione che si ripercuote sul nostro oggi. L’incontro con Gesù ci riporta alla nostra realtà con una gioia rinnovata, con una speranza che non è frutto della nostra fantasia e con un annuncio speciale da portare agli altri. Lo abbiamo riconosciuto nello spezzare il pane. Questo è inevitabilmente il punto di partenza e di confronto per la nostra realtà di cristiani in questo tempo, la nostra missione. Alcuni spunti di riflessione. Gesù è riconosciuto nello spezzare il pane. Nelle nostre famiglie il pasto deve divenire un momento particolarmente importante. Attraverso i gesti comuni, semplici, rituali del preparare la tavola, il cibo, il mangiarlo insieme, i coniugi rimandano, anche senza accorgersene, al mistero dell’eucaristia e lo rendono comprensibile ai figli. I genitori che chiamano i figli a tavola ricordano le parole di Gesù «prendete e mangiate» (Mt 26,26). Essi convocano e radunano la Chiesa domestica, come Gesù fa con la Chiesa: «tutto è pronto, venite alle nozze» (Mt 22,4). L’amore non può rimanere rinchiuso nei nostri appartamenti. Se l’amore di cui siamo custodi è quello bello e forte di cui abbiamo appena parlato, non può non essere comunicato. Chiediamoci alla fine di questo percorso come la famiglia è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della Chiesa. «Con un modo proprio e originale», dice la Familiaris Consortio al n. 50. 5 Proprio, nel senso che pone se stessa (nel suo essere comunione di persone, comunità accogliente, comunità pronta e dedita quotidianamente al servizio dei fratelli) a servizio della Chiesa. Originale, perché questa partecipazione deve avvenire, dice il papa «secondo una modalità comunitaria: insieme dunque i coniugi in quanto coppia, genitori e figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo». PER IL DIALOGO • Riconosciamo Dio presente nella nostra vita? Scopriamo, ricordiamo, facciamo memoria del suo camminare con noi? • Ci sono nelle nostre famiglie “spazi” per raccontarci tutto ciò che abbiamo visto lungo la via? Qual è lo stile della nostra testimonianza cristiana? 6