Visualizza il III-IV num. di "Vox Kantis"
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Numeri III - IV Dicembre 2013 - Gennaio 2014 Vox Kantis Double Edition Disegno di Stella Torrelli, IIIA CONTENUTI 03 · Eventi in programma... 04 · La mafia uccide, il silenzio pure 05 · “L’università è di chi la vive, non di chi la distrugge” 06 · Nasce il coordinamento studentesco delle scuole della periferia di roma est 07· Mandela - Let freedom reign 09 · Perlasca, un eroe italiano 10 · Cioccolato: da dove viene? 11 · S.C.K.O. 2013 12 · Vittoria “Random”! 13 · Luce d’Eramo: un esempio di coraggio e anticonformismo 15 · Aquile randagie 17 · Come un romanzo 18 · La mafia uccide solo d’estate 19 · Storie di cani e d’amicizia 19 · Allevamenti intensivi: come ti cambiano il pianeta 21 · La rana, l’astronauta e... la piccola Roma 22 · La città dei sassi 23 · Battaglia di Pistoia 24 · “La pioggia inizia con una goccia” 25 · La triste storia di un campione 25 · Cosa regalereste al campione del mondo? 28 · Figlie del vento 1 EDITORIALE Ed eccoci al terzo numero di “Vox Kantis”! O dovrei chiamarlo quarto? Già, come alcuni non hanno mancato di farci notare, il mese scorso non abbiamo avuto modo di pubblicare in tempo il numero di dicembre, purtroppo sempre per ragioni tecniche. Ma ora ve lo proponiamo qui, insieme all’uscita, questa volta puntuale, di gennaio. Piccola nota introduttiva: c’è grande fermento nella nostra scuola ora che si sono spalancate le porte per l’Open Day! Come ogni anno studenti e genitori sono invitati a visitare il nostro istituto, sperando che possano comprendere tutto il sostegno didattico che la nostra scuola fornisce alla formazione di un alunno. Ma la vera novità è il K-Factor, a cura del progetto Camerun Kant, che richiama i ragazzi a cimentarsi in gare artistiche, culinarie, fotografiche, per dare a ognuno la possibilità di mostrare il proprio talento! Entrando nel merito delle ultime notizie, come al solito il nostro giornalino si presenta in tutta la sua varietà: per la cronaca interna vorrei segnalare l’articolo sulla S.K.C.O., alla sua seconda edizione, iniziativa presa dal Kant per abbattere il muro del pregiudizio e dell’odio contro l’omosessualità; e come non menzionare la vittoria del programma Random? Il campionato di High School Radio ha finalmente premiato lo sforzo dei nostri giovani radiofonici, una vittoria, questa, che accresce stima ed entusiasmo. Anche la cronaca esterna si presenta ricca e interessante: dall’inchiesta sul cioccolato della Nestlé al ricordo, per la giornata della memoria, dell’Olocausto, dalle manifestazioni studentesche fino all’ultimo saluto a Nelson Mandela. E per finire, le nostre rubriche, sempre presenti e pronte a stimolare curiosità di ogni genere! Arianna Antonelli Direttrice Jessica Andracchio, IVCL Redazione Giuditta Migiani, IIIAL Arianna Antonelli, IIIA Marta Dibitonto, IA Chiara Innocenzi, IA Daniela Movileanu, IA Michelangelo Conserva, IC Giulia Di Censi, IIID Valeria Paris, IIID Gabriele Ghenda, IIFL Michela Sabani, IIIGL Valentina Midolo, IA Virginia Cenciarelli, IVAL Federica Sasso, IIIC Federico Pizzo. IIIA Professori referenti Salvatore Alessi Valerio Giannetti Silvia Concetta Minniti 2 EVENTI IN PROGRAMMA... CRONACA ESTERNA La mafia uccide, il silenzio pure 28 febbraio nel carcere milanese di Opera, durante l’ora di cosddetta “socialità” il corleonese Totò Riina, detto Totò u’curtu, parlando con il detenuto boss della Sacra te, come quella che toccò in sorte ai giudici Falcone e Borsellino e come quella che fu scelta per Rocco Chinnici, fatto esplodere con un’ autobomba, Corona Unita Alberto Lorusso, ha spronato il collega a “organizzare questa cosa”, tirando poi fuori la mano dal cappotto e mimando di fare in fretta e aggiungendo: ”Questo Di Matteo non se ne va, gli hanno rinforzato la scorta, e allora, se fosse possibile, a ucciderlo… perché Di Matteo non ce lo possiamo dimenticare, Corleone non dimentica”. Ha poi aggiunto una frase emblematica: ” Ti farei diventare il primo tonno, il tonno buono”, con cui in linguaggio mafioso ha voluto far intendere a Lorusso che la fine del magistrato, oltre ad essere imminente, sarà anche clamorosa ed eclatan- che lo fece saltare in aria e poi ricadere, come ricorda lo stesso mafioso:” ello là saluta e se ne saliva nei palazzi. Ma che disgraziato sei, saluti e te ne sali nei palazzi. Minchia e poi è sceso, disgraziato, il Procuratore Generale di Palermo … per un paio d’anni mi sono divertito. Minchia che gli ho combinato“. ore 15:30 liceo kant ingresso libero C Talent show • Gara culinaria • Gara artistica e fotografica progetto camerun kant Per iscrizioni e info rivolgersi a: Giuditta Migiani, IIIAL Valeria Paris, IIID Prof. Gnocchini 3 on l’inizio del nuovo anno sono continuate le minacce di Totò Riina, capo di Cosa Nostra, al magistrato siciliano Nino Di Matteo, entrato in magistratura nel 1991 e da due anni presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Palermo. La gravità di tali minacce ha condotto alla necessità di sottoporre il magistrato a eccezionali misure di sicurezza, che si vanno ad aggiungere a quelle che già lo vedono sotto scorta dal 1995, ma nonostante ciò la paura di un’ azione brutale e improvvisa da parte di Cosa Nostra preoccupa la società contemporanea. Infatti L’organizzazione mafiosa ha già deciso: Nino Di Matteo deve morire e il suo nome deve essere aggiunto alla lista delle vittime della mafia, perché la mafia non perdona chi ostacola il suo percorso criminale. Ma questa storia, apparentemente già scritta, potrebbe avere un esito diverso, se tutto il popolo italiano mobilitasse la propria coscienza per difendere la libertà e i diritti di uomini che compiono il loro dovere verso uno stato che ha chiesto ai suoi funzionari di essere eroi e che ha smesso di stare dalla loro parte ormai da troppo tempo. Già Giovanni Falcone, dopo il primo fallito attentato mafioso contro la sua persona, diceva:” Bisogna rendersi conto che la mafia è un fenomeno terribilmente serio e grave, e che va combattuto non pretendendo l’eroismo di inermi cittadini, ma coinvolgendo nella lotta le forze migliori delle istituzioni”. Voltare le spalle e non curarsi di questa grave minaccia, che è alle radici della decadenza dell’Italia, significa far ripetere tristemente la storia e rendere vane le atroci scomparse di grandi uomini del passato. La mafia uccide, il silenzio pure. — di Valeria Paris, IIID 4 CRONACA ESTERNA “L’università è di chi la vive, non di chi la distrugge” L o scrivono a chiare lettere gli universitari della Sapienza sul loro striscione che apre il corteo organizzato per lo scorso 12 dicembre in occasione della conferenza riguardo la Green Economy , promossa dal ministero dell’Ambiente. Era prevista la partecipazione di molte cariche istituzionali quali il premier Letta, la presidente della camera Laura Boldrini, lo stesso capo di Stato Napolitano, che hanno rinunciato a prendere parte all’incontro anche per via di importanti impegni politici; presente invece il ministro dell’ambiente Orlando affiancato dai colleghi Lorenzin e Saccomanni assediati da centinaia di studenti radunatisi per manifestare il loro dissenso contro “una passerella indegna dei politici che hanno voluto l’austerità”, ribadendo le tragica condizione in un cui riversa l’Istruzione Italiana. Ma ancora una volta la repressione è stata la risposta alla richiesta di ascolto del popolo studentesco. L’ateneo romano è stato militarizzato come denuncia una studentessa intervenuta nel corso del convegno, difendendo i contenuti della protesta che si stava svolgendo fuori le porte dell’aula magna. ”Questo luogo non ha più senso” afferma convinta la ragazza 5 dopo aver denunciato, con ironia, la sottomissione del governo italiano all’Austerity imposta dall’Europa e che sta progressivamente sfaldando il sistema della ricerca e dell’istruzione. La stessa studentessa decide poi di uscire dall’aula come atto di estrema protesta, criticato dai presenti, in particolar modo dal ministro dell’ambiente Orlando che ha invitato al dialogo, quello stesso dialogo che paradossalmente nello stesso momento, fuori dalle porte dell’aula, era negato agli studenti in rivolta. Con la giustificazione di qualche “bomba carta “, contro ogni principio democratico tutti gli studenti hanno subito un’ inspiegabile violenza, dovuta all’ irragionevole disciplina delle forze dell’ordine testimoniata in un video che sta circolando nel web e mostra chiaramente la rapida e scioccante successione degli eventi. I caschi blu schierati, battendo il manganello sui loro scudi, avanzano. Parte la carica. Il corteo si disperde. “Prendiamone qualcuno, prendiamone qualcuno! ” ordina una guardia e i suoi colleghi eseguono: sono due i ragazzi trascinati via, fermati casualmente tra la folla in fuga. I manifestanti si ricompattano. CRONACA ESTERNA dunque non c’è solidarietà, comprensione, ascolto. I ragazzi ripetutamente chiedono alle forze dell’ordine di sfilarsi i caschi, ma la celere schierata rimane vergognosamente indifferente. Intonando cori la carica degli studenti dei caschi blu “Non abbiamo fatto un c****!, che vi menate?!“ grida una ragazza sconvolta dalla rabbia, mentre i suoi compagni ristendono lo striscione e si riorganizzano. Parte una seconda carica, improvvisamente, senza ragioni, travolgendo il gruppo di studenti che non ha intenzione di sciogliere il corteo: non vogliono muoversi finchè non saranno rilasciati i ragazzi brutalmente fermati. Infatti si dirigono poi verso la facoltà di Matematica e Fisica urlando: «Tutti liberi». Qualche ora dopo i due studenti fermati sono finalmente rilasciati. Stavolta la celere non si è tolta i caschi , ma ha usato il manganello, come oramai si ripete regolarmente ogniqualvolta gli studenti liceali o universitari riempiono strade e piazze. “Toglietevi i caschi con noi, non solo quando siete davanti ai fascisti, è davanti agli studenti che vi dovete togliere i caschi” grida infatti il gruppo di universitari riferendosi a quanto avvenuto nel corso delle manifestazioni, svoltesi a Genova e Torino, del movimento dei Forconi. Per gli studenti riferiti al movimento ‘No Tav’ i giovani della Sapienza si sono inoltre resi portavoce di una lotta trasversale che si proietta e si apre al resto dei contenuti della protesta che da mesi, anzi anni, mobilita il popolo studentesco , che non si dà per vinto, che continuerà a lottare rimanendo invincibile a ogni repressione. — di Giulia Di Censi, IIID Nasce il coordinamento studentesco delle scuole della periferia di Roma Est L a necessità di un’organizzazione studentesca, capillare ed effica- ce per la riuscita, nella periferia di Roma-Est, del movimento di occupazione degli Istituti superiori svoltosi a fine novembre, si è evoluta in una permanente piattaforma di coordinamento, finalizzata a sfruttare le conoscenze e i contatti rivelatisi fondamentali nel corso di questo autunno caldo, per una prolungata azione di protesta che integri agli obiettivi condivisi con il movimento studentesco nazionale, le rivendicazioni conseguenti alle problematiche innegabili e sottovalutate delle realtà scolastiche della periferia romana. L’ambizione è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica del territorio, e specialmente il popolo studentesco, a lottare non solo per politiche che abbiano positivo ed effettivo riscontro nella tragica condizione dell’intero sistema dell’istruzione pubblica, ma che inoltre si focalizzino in primo luogo sullo stato di abbandono e degrado in cui riversa il mondo scolastico delle borgate capitoline. In un comunicato successivo alla sua fondazione, il coordinamento della periferia di Roma, fissando principi e scopi della neonata rete di mobilitazione studentesca, si dichiara contrario ai finanziamenti agli istituti privati e alle politiche di austerity; coerentemente alla sua anima orgogliosamente antifascista, si schiera, e anzi si attiva contro ogni forma di razzismo, repressione e informazione deviata, combinando al suo impegno sociale e politico, la totale solidarietà ai movimenti No TAV e No MUOS. Dopo alcune riunioni volte a definire la gestione e l’orga- nizzazione del coordinamento questo si è presentato al corteo del 6 dicembre scorso inaugurando, si spera, un proficuo operato in difesa della scuola pubblica e del territorio, lo stesso proficuo operato dell’ex coordinamento studentesco del V municipio. Costituito ben 4 anni fa dal nostro Istituto, insieme al liceo scientifico San Francesco D’Assisi e al Liceo classico San Benedetto da Norcia, è stata la prima iniziativa di livello territoriale che ha permesso una costante e concreta collaborazione tra scuole unite e compatte nella loro partecipazione a cortei, movimenti di occupazione e altri incisivi atti di protesta e mobilitazione e le cui nobili aspirazioni sono state ereditate dalla nuova e inoltre più ampia realtà studentesca che annovera infatti numerosi Istituti, tra cui ricordiamo il Gullace, Ambrosioli, Levi Civita, Bottardi o Amaldi. Importante e significativa è l’evoluzione e la crescita di quella parte di popolazione studentesca del territorio coinvolta e attiva nelle lotte sociali volte alla salvaguardia dei diritti fondamentali, pronta a raggiungere nuovi traguardi che non saranno altro che nuovi punti di partenza da cui, con grande determinazione, si proseguirà quel cammino di rifondazione etico-culturale di cui non possono che esser portavoce le nuove generazioni che hanno ora una ancor più preziosa opportunità di confronto, dibattito e auto-organizzazione. — di Giulia Di Censi, IIID 6 CULTURA&SOCIETÀ Mandela Let freedom reign ([…] a rainbow nation at peace with itself and the world – riferendosi al Sud Africa durante il suo discorso di insediamento, Pretoria,1994). Ed è così che se ne va ro a Londra, un altro pezzo di storia, nel bel mezzo ma soprattutto di di un concer- umanità. Perché Manto, quando la notizia dela è stato questo, un è arrivata. “We would Uomo. Ha compiuto like to dedicate our azioni che possono next song to one of suonare colossali, the world’s greatest gesti di grande nobiltà people who’s actual- in una realtà -l’aparly just passed away… theid sudafricana- che Nelson Mandela”. Lo tentava di privare i hanno annunciato i neri di qualsiasi diritto musicisti, sedendosi umano; ha trovato la sulla ringhiera deliforza di non arrendersi mitante il palco, sumai, neanche “quando bito attaccando con tutto ciò che voleva un brano acustico e era lasciarsi andare”, malinconico. Caos, lì, in quella cella di 5 onde di entusiasmo metri quadrati che per e mani tese verso 19 anni fu la sua casa, il cielo come tanti quando gli era stato steli agitati dal vento, comunicato che suo all’improvviso non figlio era morto in un erano niente più che incidente; non quando uno stagno ghiaccia- il presidente Botha gli to di tacito rispetto. aveva offerto il rilascio I giorni seguenti non in cambio di una rinunsi parlava d’altro, e, cia pubblica alla col passare delle ore, guerriglia*. Nonostanla statua eretta in te le situazioni che si suo onore nel 2001 trovò a fronteggiare in Parliament Square sembrino oggi ben veniva sempre più lontane dalla quotidiacoperta da una coltre nità moderna dei paesi di fiori, di quell’arco- occidentali, e la sua baleno di colori che figura sia stata quasi sin dal principio egli mitizzata nel corso aveva assunto come degli anni, i messaggi parte integrante del- che lascia sono divenla propria politica tati parte integrante E 7 CULTURA&SOCIETÀ della vita di tutti noi, di tutte le nostre scelte. Mandela è stato un importante maestro di vita oltre che un indiscusso capo politico. Reconciliation fu una parola chiave della sua ideologia, quell’ingrediente mancante che nel Sud Africa degli anni ’40 sembrava utopia. Mandela, esprimendo una posizione assolutamente rivoluzionaria, sosteneva che “il perdono libera l’anima e cancella la paura”: incoraggiava i Sudafricani, tutti, a “prendere i coltelli, le pistole e i fucili e gettarli nell’oceano”, per vivere in pace. Egli riuscì nell’apparentemente inattuabile impresa di pacificare gli animi dei carnefici, ma soprattutto quelli ancor più straziati delle vittime. È forse proprio questo che rende Mandela un Uomo tanto grande, la sua capacità di amare. Lui è il primo a sentire la pace dentro di sé, a percepire quasi come un bisogno quell’amore che sente universale e incondizionato, e a dire: <<Il passato è passato, ora bisogna guardare al futuro>>. Un invito a riappropriarsi del proprio * Nel febbraio 1985, Man- dela è in carcere da ormai 21 anni, già da tempo riconosciuto come universale emblema della lotta all’apartheid. il Presidente Sudafricano di allora, Pieter Willem Botha, gli offre la libertà in cambio di una pubblica rinuncia alla “violenza come arma politica”. Non è che la sesta proposta di liberazione condizionata che Mandela rifiuta. diritto alla felicità e a una sorta di redenzione spirituale: rimanere attaccati al passato significa rimanere vittime impotenti in una dimensione senza tempo, rinunciando al proprio potere presente di creare qualcosa di nuovo. Mandela ci insegna quindi che la crescita e la trasformazione collettive passano anche attraverso il perdono, elemento fondamentale per affrancarsi dai sentimenti di vendetta e odio che precludono armonia e tranquillità. Necessario diventa quindi riuscire a lasciar andare il passato, il vittimismo, per perdonare sia se stessi per l’odio provato, che l’altro per quello subito. Egli riesce, così, a spalancare le porte di una nuova era, tanto quanto i cuori e le menti di tutto il mondo. La sua esistenza è una dimostrazione tangibile di come il “potere dell’amore” non sia solo una favoletta per bambini: amarsi, amare la vita può divenire una vera e propria filosofia contro la piaga della vendetta e del disprezzo, un sentiero lastricato di rispetto e dell’accettazione dell’altro che conduce alla libertà. “Let there be justice for all. Let there be peace for all. Let there be work, bread, water and salt for all. Let freedom reign” [Discorso d’insediamento, Pretoria, 1994] — di Giuditta Migiani, IIIAL Un giovane Mandela nel 1961 La poesia che segue fu una delle letture che aiutarono Nelson Mandela ad affrontare i 27 anni di permanenza in carcere. A questa poesia è inoltre ispirato l’omonimo film diretto da Clint Estwood. Invictus Out of the night that covers me, Black as the pit from pole to pole, I thank whatever god may be For my unconquerable soul. Dal profondo della notte che mi avvolge, nera come un pozzo che va da un polo all’ altro, Ringrazio qualunque Dio esista Per la mia anima invincibile. In the fell clutch of circumstance I have not winced not cried aloud. Under the bludgeonings of chance My head is bloody, but unbowed. Nella feroce morsa della circostanza Non ho trasalito, non ho gridato a voce alta. Sotto i colpi d’ascia della sorte Il mio capo è sanguinante, ma indomito. Beyond this place of wrath and tears Looms but the Horror of the shade, And yet the menace of the years Finds and shall find me unafraid. Al di là questo luogo di collera e lacrime Incombe il solo Orrore delle ombre Eppure la minaccia degli anni Mi trova e mi troverà senza paura. It matters not how strait the gate, How charged with punishments the scroll, I am the master of my fate; I am the captain of my soul. Non importa quanto stretta sia la porta, Quanto carica di castighi la vita, Io sono il padrone del mio destino; Io sono il capitano della mia anima. William Ernest Henley 8 CULTURA&SOCIETÀ Perlasca, un eroe italiano S mettiamola di evocare il ricordo delle vittime dell’Olocausto con le solite cifre, foto e filmati. Rischiamo di farli apparire come numeri o fantasmi anonimi accomunati dallo stesso destino di morte. Ricordiamoli, invece, attraverso le figure di uomini straordinari che si opposero al folle progetto di sterminio nazista, rischiando essi stessi la propria vita. Uno di questi, probabilmente il più conosciuto anche grazie al film diretto da Spielberg, è Oskar Schindler, l’imprenditore tedesco che salvò 1200 ebrei impiegandoli come operai nella sua fabbrica di oggetti smarriti, la D.E.F. Tuttavia c’è stato un altro uomo, rimasto nell’ombra per molti anni, Giorgio Perlasca, un piccolo commerciante italiano che riuscì a salvare dalla deportazione 5218 ebrei ungheresi, quasi il quintuplo degli operai di Schindler. La sua storia è talmente paradossale 9 che sembra uscita dal copione di un film d’avventura. Per questo, quando tornò in Italia dall’Ungheria, molti non credettero alla sua straordinaria vicenda, pensando che fosse solo il frutto della fantasia di un esibizionista. Ora capirete il perché. Perlasca, in gioventù, era stato un fascista convinto: aveva combattuto persino nella guerra civile in Spagna tra le schiere dei sostenitori di Franco. Allo scoppio, invece, della Seconda Guerra Mondiale, lavorava per la ditta triestina SAIB (Società Anonima Importazione Bovini) e il suo incarico era quello di trattare l’acquisto del bestiame nella penisola balcanica e organizzarne il trasporto in Italia. Ma quando l’Ungheria finì in mano ai tedeschi, il suo nome cominciò a comparire nelle liste dei ricercati per non aver aderito alla Repubblica Sociale Italiana; aveva iniziato a mostrare segni di insofferenza verso il Partito già dall’entrata CULTURA&SOCIETÀ in vigore delle leggi razziali. Per evitare l’internamento, Perlasca si rifugiò presso l’Ambasciata spagnola grazie a un documento che gli era stato rilasciato al momento del congedo in Spagna. La sua forte personalità e la sua indole battagliera non potevano rimanere indifferenti di fronte alle atrocità naziste. Co- lo fece arretrare di un passo dalle sue intenzioni. Decise di procedere così “all’italiana”: con il finto passaporto spagnolo in tasca, che Sans Briz gli aveva concesso, e il nuovo nome di battesimo “Jorge” Perlasca, niente poteva impedirgli di fingersi il nuovo console spagnolo. Recitò così bene la sua parte che persino i tedeschi di finto ambasciatore. Il tutto affrontando da solo gli ufficiali nazisti. Solo verso gli anni Ottanta il mondo conobbe la sua storia grazie ad un gruppo di donne, all’epoca adolescenti, che si mobilitarono per rintracciare l’uomo che salvò la loro vita e quella di altre 5000 persone. Per questo venne insignito da Israele del riconoscimento di Giusto tra le nazioni, con cui vengono decorati tutti gli eroi della Shoah. Ma non fu l’unico: altri furono Raoul Wallenberg, che salvò 100000 persone sventando il piano nazista di far esplodere due ghetti ebrei, il questore Giovanni Palatucci, il nunzio apostolico Angelo Rotta e così via. Questi sono i veri eroi del nostro tempo, questi i veri santi, i cui nomi, purtroppo, cadono spesso nell’oblio. — di Arianna Antonelli, IIIA minciò così ad aiutare l’ambasciatore Angel Sans Briz a rilasciare i salvacondotti per gli ebrei ungheresi e a smistarli nelle cosiddette “case protette” dalla diplomazia spagnola, sparse per tutta la città. Quando, però, Sans Briz, per non riconoscere il governo filonazista che si era appena instaurato nel paese, lasciò Budapest, Perlasca era ormai solo, senza più difese. Eppure questo non cascarono nella rete, riconoscendo a denti stretti i falsi salvacondotti, firmati di suo pugno, che conferivano la cittadinanza spagnola agli ebrei. I gesti che testimoniano il suo coraggio sono tanti: dall’episodio in cui recupera lui stesso gli ebrei che erano già stati caricati sui vagoni diretti ai campi di sterminio a quello in cui salva dall’incendio il ghetto della capitale utilizzando le sue armi diplomatiche Cioccolato: da dove viene? “T utti adorano la cioccolata: ogni anno se ne consumano tre milioni di tonnellate, di cui la metà in Europa. Il successo della cioccolata, però, ha il suo lato oscuro. Mentre i bambini del mondo industrializzato ne gustano la dolcezza, per i bambini africani la realtà è un’altra. Secondo diverse organizzazioni, l’industria della cioccolata è accusata di coprire il traffico e lo sfruttamento del lavoro minorile nelle piantagioni di cacao.” E voi? Lo sapevate? Purtroppo questa è una dura realtà del nostro mondo, e molte organizzazioni contro lo sfruttamento minorile stanno cercando di abbatterla. Ma non è facile, soprattutto se noi consumatori continuiamo a comprare questa cioccolata che personalmente chiamerei “illegale”. Giustamente c’è una domanda… come possiamo riconoscere il cioccolato che non fa uso di bambini schiavi? Per fortuna, esiste il cioccolato eco-solidale venduto in tanti supermercati. Ora indaghiamo un po’ sulla sua provenienza. Il viaggio della cioccolata inizia dall’Africa. I bambini dei villaggi del Mali, della Nigeria, del Burkina Faso e del Niger che hanno tra i 10 e 15 anni (se non meno) vengono portati dai trafficanti fino in Costa d’Avorio nelle piantagioni di cacao per raccoglierlo. Questo “lavoro” è molto pericoloso per loro e se si rifiutano vengono picchiati. Ma quello che può stupirci è che tanti bambini scelgono di andare a lavorare nelle piantagioni, essendo convinti di guadagnare qualcosa per se stessi e le loro famiglie, ma non è così e prima di aver scoperto la verità diventano prigionieri. Pochi riescono a scappare, ma molte persone riescono a tirarli fuori da li. Quando il cacao è stato raccolto, viene impacchettato e comprato dalle aziende che lo trasformeranno in polvere e cioccolata. Un esempio di quale grande azienda compra queste tonnel- late di sacchi di cacao? La Nestlé, che ha ricevuto denunce per questo. Ma a quanto pare nessuno li ha fermati. Quante volte da bambini abbiamo comprato il famoso “Nesquik” o la cioccolata bianca “Galak”? Io spesso, e adesso ci sarebbe bisogno di recuperare, il che è possibile. Per prima cosa dovremmo stare più attenti a cosa compriamo e poi divulgare queste notizie, affinché tutti possano conoscere la verità e sapere ciò che mangiano. Come farsi una chiara idea su tutto questo? Per sapere queste cose ho guardato alcune volte un film documentario di un giornalista norvegese. Devo dire che mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto conoscere una realtà che non conoscevo. Infatti questo film si chiama “The dark side of chocolate” (Il lato oscuro del cioccolato) proprio perché questo lato oscuro non lo vediamo e non lo conosciamo. Se siete interessati all’idea potete trovarlo su Youtube con i sottotitoli in italiano, dura 40 minuti quindi non è nemmeno un grande sforzo. Quindi: fate sempre attenzione e se avete qualche domanda riguardo all’argomento potete scriverci in redazione, pagina “Vox Kantis” di Facebook. — di Gabriele Ghenda, IIFL 10 CRONACA INTERNA S.K.C.O. 2013 “L ove is Love”: con questo slogan, durante la settimana compresa tra il 9 e il 13 dicembre, la nostra scuola si è (ri)tinta dei colori della Rainbow Flag per dare vita alla 2º edizione della S.K.C.O. (Settimana Kantiana Contro l’Omofobia). verde e il giallo, e immortalando con una foto ogni giorno della settimana. La manifestazione si è conclusa con un incontro, avvenuto nell’Aula Magna della nostra scuola, sulla discriminazione delle fragilità! In più è stata creata all’ingresso 11 CRONACA INTERNA L’iniziativa è nata lo scorso anno con l’obiettivo di sensibilizzare la popolazione scolastica alla tolleranza e all’accettazione delle fragilità e come azione di protesta e dissenso contro l’odio perpetuato nei confronti degli appartenenti alla comunità LGTB (Lesbo Gay Trans e Bisexual). Quest’anno, in particolare, la settimana è stata dedicata al ricordo di Simone Dolciotti, un ragazzo omosessuale di Roma, che si è tolto la vita il 26 ottobre scorso per le varie e ripetute vessazioni ricevute a causa della sua sessualità. Così studenti e docenti si sono vestiti ogni giorno di un diverso colore dell’arcobaleno, partendo dal rosa e finendo con il rosso, passando per il blu, il dell’Istituto “Liberi da catene”, una rete di fili arcobaleno pensata e rimasta a disposizione dei Kantiani per dare a tutti l’opportunità di esprimersi liberamente e far conoscere il proprio pensiero sulla discriminazione attraverso frasi, citazioni, foto e disegni! Il Kant è sempre sensibile e impegnato nelle lotte sociali, e anche questa volta non è stato da meno, manifestando il proprio biasimo nei confronti di una società e una politica ancora troppo intollerante e poco recettiva! Con la speranza che questa e tante altre iniziative di sensibilizzazione all’argomento si diffondano sempre più, vi diamo appuntamento all’anno prossimo per la S.K.C.O 2014! PS: grazie a tutti: ideatori, organizzatori, fotografo, e in particolare a tutti i Kantiani che mi stupiscono ogni anno di più! Grazie e... #LOVEISLOVE — di Federico Pizzo, IIIA Vittoria “Random”! tessa del III EL, impeccabile e instancabile, il cui costante impegno è stato premiato. Trionfa nella sezione fonici, il fiore all’oce lo erano chiello del gruppo di ripromesso, hanno lavorato lavoro, Marco Soro, del con estrema diligenza, II D: dopo aver perso, nonostante gli ottimi ricercando qualità e originalità e finalmente punteggi ottenuti, il titolo di miglior DJ nel dopo tanta fatica, precedente turno di arrivano le prime gara, conquista questo soddisfazioni. Il promese la sua grande gramma Random del nostro Istituto, coinvol- rivincita, grazie al suo talento di “smanettoto nel campionato ne”, dimostrato fin High School Radio di dalle prime puntate Elleradio, conquista il del programma, con il più alto gradino del podio nella classifica di suo abile e sicuro destreggiarsi al mixer tappa del mese di della regia. Non si Dicembre, dopo aver smentiscono le grandi sfiorato la vittoria per due mesi consecutivi e capacità di Arnold Koka, Giorgia Iacopino riuscendo ora, grazie e Giacomo Spinucci, le alla votazione della giuria tecnica, a impor- cui esilaranti perforsi in testa alla classifica mances di speaker generale. Perfino nelle sono rese possibili anche dai contenuti competizioni individuali il Kant si è distin- delle diverse rubriche, montati da Andrea Di to. Nella categoria Pietro e curati da autori questo mese Adriana Ciampaglia, esce vittoriosa Sara Laura Cocco, Giulia Biancorosso, studen- S Gramigna, Silvia Ciambellini, Heba Mohammed, Stefano Blando, Tommaso Olivieri e Giulio Pasqualini affiancati dalle brillanti reporters Roberta Corazzesi, Sveva Di Buò e Veronica Abate; quest’ultima, inoltre, insieme all’esordiente Gabriele Marolla, si è cimentata nel ruolo di conduttrice in cui si sentono perfettamente a proprio agio Agnese Tittoni e la sottoscritta, tra cui è nata una eccezionale intesa e che nel corso di una delle ultime puntate si sono lanciate in un appello agli altri istituti romani affinché condividessero le meravigliose iniziative kantiane come, ad esempio, la “Settimana contro l’omofobia”. Il gruppo di lavoro si è certamente ridimensionato a causa dell’incalzante ritmo scolastico, per alcuni risultato incompatibile con gli altrettanto incalzanti ritmi del progetto, ma i ragazzi non si danno per vinti. Nonostante le nuove sfide proposte da Elleradio, gli studenti del Kant dimostrano grande capacità di adattamento e versatilità artistica nell’affrontare e superare le stimolanti prove del concorso. Tra queste interessante è una rubrica di cui sono protagonisti solo ed esclusivamente i professori del nostro istituto, di cui si ringrazia la gentile collaborazione, in particolar modo del docente di Storia e Filosofia, Lelio La Porta, e del docente di Storia dell’Arte, Valerio Giannetti, che già si sono resi disponibili a dare il proprio contributo. I nostri insegnanti dovranno in soli 3 minuti, ogni puntata, riassumere in “pillole” di cultura personaggi e argomenti fondamentali nelle loro materie didattiche. Ovviamente non si può non citare la professoressa Forconi, referente del progetto, sempre pronta a sostenere e consigliare i suoi studenti. Con la certezza che i nostri compagni, motivati e ambiziosi, collezioneranno un successo dopo l’altro, sbaragliando la concorrenza, continuiamo a votare il programma sul sito www. Highschoolradio.it e rimaniamo sintonizzati, ogni fine settimana, sulle frequenze 88.100 di Elleradio: Random vi aspetta! — di Giulia Di Censi, IIID 12 INTERVISTE INTERVISTE Luce d’Eramo: un esempio di coraggio e anticonformismo Intervista al figlio Marco d’Eramo D iciotto anni è quell’età critica che ci scaraventa di getto nel mondo più maturo degli adulti, quell’età in cui si cominciano ad assumere le proprie responsabilità o fare le prime scelte, come quella universitaria per esempio. Ma non era all’università che Luce d’Eramo stava pensando a diciott’anni: la sua scelta, infatti, fu quella di prendere un treno da Como e andare in un campo di concentramento. Senza essere costretta, denunciata o rastrellata. Difficile trovare qualcuno che non la definisca una decisione folle e insensata. Tuttavia bisogna prima conoscere il motivo e soprattutto la personalità di chi si è gettato in un’impresa simile. Solo dopo potrete esprimere un giudizio. Luce è una giovane brillante ed energica, cresciuta nel mito fascista (il padre era sottosegretario all’aviazione nella Repubblica di Salò), che, non credendo alle voci riguardanti l’orrore dei campi di sterminio, decide di andare a verificare di persona lo stato effettivo dei lager. Così, il 7 febbraio 1944 eludendo la sorveglianza della famiglia, fugge dalla sua elegante villa di Como per andare a lavorare nella fabbrica del campo di Francoforte-Höchst, Germania. Il viaggio che intraprende si rivelerà un’odissea di avventure, fughe rocambolesche, incontri e scontri decisivi, tasselli di un’esperienza che incideranno profondamente anche nel suo pensiero ideologico: ripudia, infatti, le idee fasciste con cui era stata educata per abbracciare principi libertari e di sinistra. Questi eventi saranno destinati, però, a interrompersi a Magonza il 27 febbraio 1945: mentre tentava di salvare delle persone rimaste intrappolate dalle macerie di un bombardamento, un muro le crolla addosso. Riuscirà a salvarsi, ma rimarrà immobilizzata per il resto della vita su una sedia a rotelle. Le viene negato il movimento delle gambe, ma non della mente e della fantasia: riversa così le sue memorie nel suo primo romanzo, “Deviazione”, pubblicato nel 1979 con un successo editoriale immediato. Da allora Luce continua a seguire la sua vocazione letteraria con Nucleo Zero, Partiranno, Si prega di non disturbare, divenendo una delle firme più note della letteratura degli anni ’80. Si spegne il 6 marzo 2001 all’età di 75 anni. Marco d’Eramo, suo figlio, giornalista e scrittore, ce ne offre un ritratto intenso e, per certi aspetti, sorprendente. Come le ha raccontato sua madre la storia della sua vita? Io con la vicenda di mia madre ci sono vissuto ogni giorno, standole accanto. Anche mio padre, Pacifico (anche se tanto pacifico non era…), ricordava spesso la campagna di Russia. Quindi la guerra mi è sempre stata familiare, basti pensare poi che negli anni ’50 era come se fosse accaduta il giorno prima, era presente in tutti i sensi. Luce insieme al marito Pacifico e il piccolo Marco 13 E cosa ha pensato la prima volta che ha sentito che era andata volontaria nei lager? Mah non lo so, già è poco normale che una persona vada in un lager portandosi dietro Spinoza, Kant e “Mein Kampf”, quindi all’interno di questa eccentricità la sua scelta non risultava tanto più eccentrica… Lei era fatta così, non c’è nulla da comprendere. Per esempio noi abbiamo sempre festeggiato la data del 27 febbraio, il giorno in cui il muro le è 17 giugno 1925: Luce crollato addosso. Uno potrebbe chiedersi perché mai festeggiare quella data, ma perché a lei non piacevano le persone che si prendevano troppo sul serio, tendeva sempre a volgere le cose in allegria, a guardarle con una certa canzonatura. Perché a Verona si è fatta arrestare volontariamente? Ormai aveva appurato che le voci sui lager erano vere, quindi perché tornarci? Mia madre si era resa conto che fino a quando fosse stata la figlia di suo padre, la figlia di un fascista, e avesse avuto con sé i suoi documenti, sarebbe sempre stata trattata in modo diverso, perché il problema non era di appartenenza nazionale, ma era un problema di credo politico e di condizione sociale. E così aveva capito che, in questa situazione, il suo destino sarebbe stato ineluttabilmente favorito, se non si fosse scrollata di dosso questa sua origine sociale. Perciò straccia i documenti e si fa arrestare a Verona, per tornare lì questa volta come figlia di nessuno e vivere fino in fondo, sulla propria pelle, il destino degli internati. Qual è la ragione del lungo periodo di “gestazione” del libro? Ci ha impiegato più di trent’anni per scriverlo. “Deviazione” non è solo il romanzo di una vicenda di guerra, ma è anche un romanzo sulla conquista della memoria di questa stessa vicenda. Mia madre aveva sotterrato e nascosto quei ricordi, senza saperlo. Ma questo può succedere a tutti, quante volte finita una storia d’amore ce la raccontiamo in modo diverso? Spesso siamo proprio noi a deformare il passato, anche involontariamente, e quindi riconquistare il passato reale, al di là della deformazione della memoria, è la seconda trama del libro, una storia della riconquista della verità vissuta. Nel libro dice più volte di sentirsi diversa, aliena, ma questo senso di estraneità è sempre stato insito in lei oppure l’ha sviluppato dopo l’esperienza nei lager? L’ha elaborato nel corso del tempo, al riguardo ci ha scritto persino un libro “Io sono un’aliena”, in cui parla proprio di questo, di come si sentiva attratta dalla diversità, da tutto quello che non è riconducibile a comportamenti “conformi”, accettati dalla normalità. Questa era di fondo la spinta delle storie che raccontava. Durante la guerra ci sono stati tanti casi di eroismo da parte di giovani che hanno preso parte attiva alla resistenza. Secondo lei sono i momenti di difficoltà che li hanno portati a compiere questi atti di coraggio oppure si trattava di una generazione più forte della nostra? Per prima cosa dobbiamo pensare che le persone cambiano tantissimo a seconda della situazione a cui sono sottoposte. Però bisogna anche aggiungere che quella di una volta era una generazione in cui la retorica dominante dei mass media esaltava l’eroismo e educava ai valori del sacrificio, del nazionalismo, “Lucette” Mangione (d’Eramo è il nome da sposata) nasce a Reims, in Francia; vi rimane fino al 1939, anno in cui si trasferisce con la famiglia in Italia. 7 febbraio 1944: scappa di casa per andare a lavorare come operaia in un campo di lavoro tedesco. 2 agosto 1944: a Verona, dopo essere stata rimpatriata grazie all’intercessione del console italiano in Germania, si fa arrestare volontariamente da una colonna di soldati nazisti per tornare nei lager. Viene internata nel campo di concentramento di Dachau. Dicembre 1944: evade dal campo durante un bombardamento aereo. Si unisce a un gruppo di ricercati e clandestini di varie nazionalità. 27 febbraio 1945: a Magonza rimane schiacciata da un muro, mentre tentava di soccorrere delle persone rimaste intrappolate dalle macerie di un’abitazione. 7 dicembre 1945: dopo mesi di convalescenza in ospedale, torna in Italia. Gennaio 1979: pubblica “Deviazione”, dando così inizio alla sua carriera letteraria. 6 marzo 2001: muore a Roma all’età di 75 anni. È sepolta nel cimitero acattolico della capitale. 14 INTERVISTE INTERVISTE mentre oggi tutto questo non accade -magari è un bene- perché ci sono delle virtù che vengono insegnate in alcuni periodi e in altri no. Oggi la generazione è diversa, perché è stata plasmata diversa e perché gli ideali che le vengono inculcati sono totalmente differenti. Come cambiano le epoche, mutano anche i valori morali che vengono considerati giusti. — di Arianna Antonelli, IIIA Aquile Randagie Intervista a Mario Isella I l 9 gennaio 1927 una legge fascista decretò lo scioglimento dei gruppi scout nei centri inferiori a 20.000 abitanti e impostò l’obbligo di inserire nelle insegne scout la sigla ONB (Opera Nazionale Balilla). Il 24 gennaio dello stesso anno l’ASCI fu dichiarato sciolto da papa Pio XI mentre il 9 aprile Questa intervista è stata scritta nel mese di dicembre. Purtroppo però il 1 gennaio 1928 fu soppresso dal Consiglio dei Mario Isella è morto a causa di difficoltà respiratorie e come è riportato in alcuni giorMinistri. Alcuni scout di Monza e Mila- nali “è tornato alla casa del padre e ora corre per le praterie del cielo”. no però, pur avendo deposto ufficialmente le proprie insegne, continuarono clandestinamente le loro attività sotto il nome di Aquile Randagie (AR) per ben 16 anni, 11 mesi e 5 giorni. Nella lettera della loro fondazione il 10 ottobre 1928 si legge: “Noi non abbiamo intenzione di organizzare insignificanti gruppi alpinistici o ginnastici, poiché questi rovinano il nostro Metodo che toccherebbe soltanto il lato materiale mentre lo scopo dell’ASCI è sempre stato specialmente la formazione morale.” Mario Isella è un’AR ormai novantenne, nato il 6 settembre 1923 a Monza ed è uno delle ultime AR ancora superstiti*. All’età di dodici anni, nel 1935, invitato dal delegato della sezione aspiranti dell’oratorio del Duomo, Beniamino Casati, iniziò a partecipare ai vari incontri e campi estivi. “L’ASCI è sciolta, l’ASCI non muore!” era il celebre motto di Casati, che, aiutato da Ghetti, mantenne fede alla sua Promessa e si unì subito ad altri scout milanesi, che, sotto la guida di Giulio Uccellini e Virgilio Binelli, avevano formato il gruppo delle AR. Nel 1936 partecipò al suo primo campo estivo in una colonia marina e nel 1938 fu riconosciuto ufficialmente AR con la cerimonia del “ol-din-dau”. Oggi Isella continua ancora a impegnarsi all’interno del movimento e ha scritto ben tre libri: “Penne d’aquila”, stralci di corrispondenza tra le AR di Monza negli anni 1929-42, “Fedeli e ribelli” e “Cantando nella notte”. 15 Cosa ti ha spinto a entrare a far parte degli tuo partecipare clandestinamente a queste scout? attività? Non è che c’è stata una spinta. Non è che ho I miei genitori erano d’accordo senza spingermi, deciso… ecco mi son trovato legato con gli però mi hanno permesso di rimanere e partecialtri. Eravamo tutti amici; siamo rimasti uniti pare al gruppo. tra noi da un ideale di lealtà, fraternità. Io con i miei fratelli maggiori –eravamo tre maschi e Si sono verificati dei casi in cui si è trovato a due femmine- andavo all’oratorio dei Barnabiti a faccia a faccia con le autorità? Monza, ma non mi trovavo molto bene, così un No, per fortuna no, ma non tutti i miei compagni giorno ho detto: “Io non vado più”. In casa mia si sono potuti ritenere altrettanto fortunati. mi dissero: ”Vai, dove vuoi, ma all’oratorio devi andare”. Allora sono andato lì al Redentore, dove Le è mai capitato di aiutare in prima persoho trovato i miei compagni di scuola perché na dei perseguitati politici, ebrei, prigionienel frattempo ho cambiato anche scuola. Prima ri... o anche dei nemici a fuggire in Svizzera? andavo alla scuola Raiberti, poi nel No, io non sono entrato a far parte 1931 ho dovuto frequentare la quar- L’OSCAR (Organizzazione dell’OSCAR. Tra i monzesi, infatti, Scout Collocamento Assita elementare alla De Amicis. l’unico a conoscenza di quest’orstenza Ricercati) fu un’organizzazione era don Aldo Mauri ganizzazione creata dall’AR Che cosa ti ha dato la forza di perché già l’8 settembre quando i dopo l’armistizio dell’Italia rimanere fedele alla Promessa militari sono scappati tutti a casa per aiutare a espatriare in scout e perseguire i suoi ideali per Svizzera ex-prigionieri, disera cappellano allo stabilimento sidenti ed ebrei. Il termine così tanto tempo? SNIA. Quando i militari se ne sono Ho fatto una promessa e la promes- “Scout” fu ben presto sostiandati, presso lo stabilimento c’era tuito con” Soccorso”. Grazie sa va mantenuta. una sessantina di operai africani a questa si salvarono ben senegalesi o nigeriani, che non 850 prigionieri di guerra, 100 Quali difficoltà e problemi ha sapevano più cosa fare giacché ricercati politici, 500 tra renitenti ed ebrei, 200 ricercati, riscontrato nel partecipare alle erano tenuti prigionieri dai militari con 2166 espatri clandestini attività scout durante il periodo che se ne erano andati. Don Aldo e 3000 documenti falsi. della soppressione del movimenallora li ha caricati tutti su due cato da parte del fascismo? mion e li ha portati in Svizzera. Ho cominciato a dodici anni e sono arrivato a ventidue, nel ’45. Non è stata una cosa così Qual è uno dei suoi ricordi più belli di quel istantanea. Cosa che è nata ed è seguita. Come tempo? già dicevo, siccome eravamo tra amici già dall’oCertamente il momento della promessa fatta ratorio si è portata avanti da sola. il 28 aprile 1940 con i miei amici Giulio Banfi e Peppino Nobili, anche perché mi è stato asseChe cosa è successo allo scoppio della guergnato il Totem di Bufalo. ra? Tutti sono dovuti andare al militare, giacché S’inizia la cerimonia dell’investitura, ed ecco fra un quadrato di circa 40 persone, io, Isella, Nobili Peppino e Walter (di Milano) siamo dicevano che nella Promessa si parla anche di accanto ai nostri padrini, e cioè per me Morgan, per Isella Hati, per compiere il proprio dovere verso Dio e verso il Peppino Mowgli, per l’altro Cicca. Primo a pronunciarla sono io, e non ti saprei spiegare con quale commozione tesi questo braccio proprio paese, quindi se la Patria ti chiama o ti pronunciando quella Promessa che tanto avevo desiderato, per dai disertore e ne subisce danni la tua famiglia o entrare anch’io nell’immenso numero della famiglia scautistica. rispetti la tua legge. Uno di noi è persino morto Venne poi la volta degli altri e tutti con lo stesso entusiasmo ci dichiarammo pronti a seguire quella legge santa e quella Promessa in Albania, Orsenigo. Dopo l’8 settembre sono incancellabile nel cuore di un vero cristiano” [tratto dalla lettera di tornati tutti a casa. Giulio a Camillo del 1 maggio 1940, Monza]. Che cosa pensavano i suoi genitori riguardo a ciò? Avete mai discusso e litigato circa il — di Valentina Midolo, IA 16 RECENSIONI RUBRICA CINEMATOGRAFICA Come un romanzo C ome un romanzo è un saggio di Daniel Pennac scritto nel 1993. Durante la realizzazione del ciclo Malaussène, che lo ha reso famoso, lo scrittore francese produce questo straordinario omaggio alla lettura, scritto con quell’ironia che caratterizza l’artista e che rende ogni sua opera piacevole, affrontando il problema, dal punto di vista sia di un romanziere sia di un insegnante, di come si possa aiutare i giovani a trovare il “piacere di leggere”. <<Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare”… il verbo “sognare”…>> Con questa frase si annuncia già l’argomento dell’intero scritto: non si può obbligare a leggere. Come insiste Pennac, la lettura dovrebbe essere concessa gratuitamente, senza pretendere di imporre alcun sapere, fin dall’infanzia. Ed è proprio dall’infanzia che il lettore inizia a formarsi, a partire dalla prima favola raccontata dai genitori e dalle prime parole che riesce a riconoscere e a scrivere. Poi si arriva all’età adolescenziale, anni difficili, nei quali il lettore, non del tutto completo, si ribella contro la monotonia dei testi e combatte il fatto che gli si vengano imposti determinati libri. Qui entra in gioco il problema del tempo. Ma, se fin da subito si definisce “problema”, allora vuol dire che manca la voglia di leggere, la forza per fermare tutto e dire “Scusate, devo andare a leggere”. <<In argot francese leggere si dice ligoter, che vuol dire anche “incatenare”. Nel linguaggio figurativo un grosso libro è un mattone. Sciogliete quelle catene e il mattone diventerà una nuvola.>> E proprio quando questo verrà pienamente compreso, quando la lettura diverrà un piacere, solo in quel momento, si avrà un vero lettore a cui il dogma del piacere di leggere si è completamente rivelato. — di Michela Sabani, IIIGL 17 La mafia uccide solo d’estate I DIRITTI IMPERSCRITTIBILI DEL LETTORE I . Il diritto di non leggere II . Il diritto di saltare le pagine III . Il diritto di non finire un libro IV . Il diritto di rileggere V . Il diritto di leggere qualsiasi cosa VI . Il diritto al bovarismo (malattia testualmente contagiosa) VII . Il diritto di leggere ovunque VIII . Il diritto di spizzicare IX . Il diritto di leggere a voce alta X . Il diritto di tacere GENERE: Docu-commedia REGIA: Pierfrancesco Diliberto, Pif. SCENEGGIATURA: Michele Astori, Pierfrancesco Diliberto, Marco Martani. CAST: Pif, Cristiana Capotondi, Ginevra Antona, Alex Bisconti, Claudio Gioè. N ato a Palermo negli anni ‘70, Arturo è stato concepito la sera in cui Totò Riina, Bernardo Provenzano e altri tre uomini della famiglia Badalamenti, uccisero Michele Cavataio vestiti da militari della Guardia di Finanza. Da quel momento, la sua vita è costantemente legata alla mafia ma anche a quei personaggi che la combattono e che, con il passare degli anni, vengono falciati, trucidati, fatti esplodere. Cresciuto in una famiglia passiva e in una città “muta”, la morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino risveglierà Arturo da un sonno atavico e dentro una Palermo finalmente cosciente. “La mafia uccide solo d’estate” è un film che diverte e commuove. Perché si può anche parlare di mafia con un sorriso. Ed è proprio con questo che Pierfrancesco Diliberto racconta le stragi mafiose della Sicilia attraverso gli occhi dell’amore, inizialmente non corrisposto, di Arturo per Flora. Degna di nota è la capacità del regista di concentrare in un unica pellicola di 90 minuti la tragica storia della Palermo tra gli anni ‘70 e ‘90 circa: a partire dal commissario Boris Giuliano e il Generale Dalla Chiesa fino ad arrivare a Falcone e Borsellino che diedero “la sveglia” a quei cittadini che fino ad allora non avevano percepito il vero pericolo della mafia... o forse il silenzio permetteva loro di essere ancora vivi. Non bisogna preoccuparsi delle sparatorie o delle bombe, perché “La mafia uccide solo d’estate” assicura il padre del piccolo Arturo, battuta emblematica e divenuta titolo del film che palesa l’evidente paura di tutte quelle famiglie estranee alla criminalità, nascosta da un apparente disinteressamento da parte degli stessi. Un film come questo non è solo un contributo alla memoria di tutti i caduti per mano mafiosa, ma la presentazione di un nuovo linguaggio per trattare temi di tale importanza, che finora sembra essere sperimentato esclusivamente dal regista e attore protagonista Pif. E’ per tutto questo che consiglio vivamente di andarlo a vedere, per dare voce ai protagonisti dell’ottimo cinema italiano emergente. — di Virginia Cenciarelli, IVAL 18 RECENSIONI Storie di cani e di amicizia L’ associazione MONDI A CONFRONTO si batte ogni giorno per il diritto di esistere degli animali diversi dall’ essere umano (gli Altri Animali) e proviamo rabbia per i loro diritti calpestati. Uno dei nostri obiettivi principali è sensibilizzare l’ opinione pubblica a tutelare e a proteggere gli animali. L’ immagine che dobbiamo avere dei nostri animali è quella di compagni di vita, che hanno una loro dignità e bisogna rispettarla. In questo libro ci sono 26 storie di cani narrate da grandi autori che celebrano il più antico e fedele amico dell’ uomo perché l’incontro con un cane può diventare una grande e solida storia d’ amicizia che trasforma la nostra biografia in un quadro di cui noi siamo gli unici pittori. Autori e personaggi pubblici italiani noti e amati da tutti si ‘’mettono a nudo’’ raccontando un episodio con un cane protagonista. Storie brevissime o di respiro più ampio, costituiscono tanti tasselli di un grande mosaico. Episodi buffi o commoventi, storie che fanno riflettere a lungo e che con il tempo rivelano il loro senso più profondo o avvenimenti di immediato impatto conducono il lettore cinofilo a scoprire e a ritrovare il senso profondo di un’amicizia che dura da millenni. L’amicizia fra l’uomo e il cane. A tutto, la prefazione di Roberto Marchesini dà una lettura personale e fornisce al pubblico anche le chiavi di interpretazione scientifica dei comportamenti canini. Il libro lo trovate in tutte le librerie al prezzo di 14.90 euro, di cui una parte andrà devoluta alla mia associazione. Buona lettura! — di Giuliano Turturro, IIIAL 19 RUBRICA: GREEN(H)EART(H) GREEN(H)EART(H) Allevamenti intensivi: come ti cambiano il pianeta N el numero precedente ho cercato di introdurre alcuni dei trattamenti che subiscono gli animali detenuti negli allevamenti intensivi. Stavolta voglio porre l’accento sugli aspetti più “tecnici” di queste gigantesche fabbriche della morte, in particolare l’influenza che esse hanno sull’ambiente. Una premessa è d’obbligo: per trattare un argomento tale è necessario analizzare tanto l’impatto delle strutture sul territorio, quanto tutto il sistema che vi ruota intorno. Non si può risalire al quantitativo completo del consumo di acqua in un allevamento solo basandosi su quello adibito all’abbeveraggio degli animali. Per un esame esauriente va considerata anche la quantità impiegata nelle coltivazioni destinate alla produzione del cibo che consumeranno, e soprattutto quella utilizzata per la pulizia delle stalle o altre attività del genere. Lo stesso discorso vale ovviamente per lo sfruttamento di energia o per l’uso di prodotti chimici, tanto per citarne un paio. Dal 1945 ad oggi, infatti, il consumo dei pesticidi è decuplicato. Non si tratta però di un problema legato all’agricoltura in sé, quanto a quella finalizzata all’allevamento: per quanto riguarda gli erbicidi, ad esempio, è indicativo che l’80% di quelli usati negli USA venga utilizzato nei campi destinati al bestiame. Questo massiccio uso di fertilizzanti è dovuto soprattutto alla pratica della monocoltura (coltura intensiva di una sola specie vegetale) che impoverisce il terreno, il quale necessita dopo pochi anni di sostanze chimiche per essere recuperato. Se anziché alla monocoltura fossero destinati a coltivazioni a rotazione per uso diretto umano, non sarebbero necessari prodotti chimici, poiché il suolo rimarrebbe fertile. Gli allevamenti consumano anche una quantità d’acqua molto maggiore di quella necessaria a coltivare vegetali destinati al consumo umano. L’ennesima prova che se gran parte dei terreni destinati ad allevamento e ad UN PO’ DI NUMERI... • PER PRODURRE 1 KG DI CARNE SERVONO 15 KG DI CEREALI. • 500.000 LITRI DI ACQUA SERVONO A PRODURRE 5 KG DI CARNE. LA STESSA QUANTITÀ È IN MEDIA L’ACQUA CONSUMATA DA UNA FAMIGLIA MEDIA IN 1 ANNO. • LA QUANTITÀ DI DEIEZIONI PRODOTTE DA UNA VACCA EQUIVALE A QUELLA PRODOTTA DA 20-40 PERSONE. • OGNI HAMBURGER IMPORTATO DALL’AMERICA COMPORTA L’ABBATTIMENTO E LA TRASFORMAZIONE A PASCOLO DI 6 m² DI FORESTA. • LE EMISSIONI DI GAS SERRA CAUSATE DAL SETTORE ZOOTECNICO SONO PARI AL 18% DEL TOTALE. • IN TOTALE, TRASFORMANDO IL NUMERO DI ANIMALI IN QUELLO EQUIVALENTE DI PERSONE CHE PRODURREBBERO LO STESSO INQUINAMENTO DA DEIEZIONI, GLI ANIMALI EQUIVALGONO A UNA POPOLAZIONE AGGIUNTIVA DI 137 MILIONI DI CITTADINI. agricoltura ad esso finalizzata fossero invece rivolti alla popolazione, non ci sarebbe più fame nel mondo. Ma a chi appartengono questi terreni? Di certo non, come ci si potrebbe forse figurare, al contadinello nella campagna di provincia. Due dei fenomeni più strettamente legati agli allevamenti intensivi sono il disboscamento e la desertificazione del pianeta. Ogni anno scompaiono 17 milioni di ettari di foreste tropicali, di cui l’88% adibito a pascolo. Eppure, paradossalmente, l’ecosistema tropicale non è affatto adatto a questo utilizzo, poiché lo strato superficiale del suolo contiene poco nutrimento ed è fragile. Ciò comporta una durata limitata della rendita e l’indotta sterilità della terra. Allora si passa ad abbattere nuovi ettari di foresta, i cui alberi vengono raramente commercializzati – spesso è più conveniente bruciarli sul posto. C’è un altro aspetto che molti sottovalutano, ed è quello delle deiezioni animali. Si pensi che in Italia gli animali d’allevamento producono circa 19 milioni di tonnellate di escrementi a scarso contenuto organico, che non possono essere utilizzati come concimi. Contengono prodotti chimici (farmaci, fertilizzanti) di cui gli animali sono imbottiti, e un alto livello di fosforo e azoto che filtrando nei corsi d’acqua ne alterano la qualità danneggiando ecosistemi acquatici e zone umide. A questo aspetto sono anche strettamente collegate le ripercussioni sull’effetto serra, a causa dei liquami inquinanti e delle emissioni di gas serra dovuti al processo digestivo degli animali. Un’altra gran parte delle emissioni di gas serra è provocata dalla trasformazione di cibo vegetale in animale (tutti i processi industriali necessari a produrre carne, uova, latte, ecc…), che comporta un grande spreco di risorse (suolo, acqua, energie, sostanze chimiche). Tutto questo lavoro contribuisce in maniera determinante all’effetto serra. Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Semplice: se non eliminare, quantomeno ridurre il consumo di derivati animali, specialmente di carne, diminuirebbe sensibilmente gli sprechi e i danni all’ambiente. A giocare un ruolo di fondamentale importanza è, come sempre, l’informazione: essere davvero consapevoli, è questo che rende veramente liberi di poter scegliere e migliorare. — di Giuditta Migiani, IIIAL www.saicosamangi.info 20 RUBRICA: LE VAGAMONDO RUBRICA: LE VAGAMONDO La città dei sassi La rana, l’astronauta e... la piccola Roma O C apitale della cultura nel 2002, insieme a Bruges, e dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1985, Salamanca è una storica e suggestiva città appartenente alla Comunità Autonoma della Castilla y León. È sicuramente conosciuta come città del sapere in quanto sede della più antica università spagnola ancora esistente, l’Università di Salamanca, la quale, insieme a quelle di Oxford, Cambridge, Parigi e Bologna è una delle più antiche di tutta Europa. Situata sulle sponde del fiume Tormes, ha l’aspetto di una città medievale, con strette viuzze e suggestivi angoli ed è infatti nota per la sua ricchezza artistica: cattedrali, conventi, palazzi, chiese che riuniscono stili come il romanico, il gotico, il barocco. La Plaza Mayor è il cuore pulsante della città dalla quale si diramano varie vie che portano alle attrazioni principali: la Rua Mayor porta alle due cattedrali più importanti, la Catedral Nueva in stile gotico, e la Catedral Vieja, in stile romanico, e alla Casa de las Conchas, la cui facciata rinascimentale è decorata con conchiglie scolpite. Salamanca è anche la città delle curiosità nascoste. Tra i suoi simboli, infatti, vi è la famosa rana raffigurata sopra un teschio sulla facciata della 21 storica Università. La tradizione vuole che porti fortuna a chi riesca ad individuarla senza aiuti, in particolare agli studenti che devono dare esami o laurearsi. Due curiose stranezze si trovano invece sulla facciata della Cattedrale Nuova dove, su un bassorilievo, sono raffigurati un astronauta e un dragone che regge un cono gelato, particolari che non risalgono ovviamente alla costruzione originale, ma che sono stati aggiunti nell’ultimo restauro. È una città d’arte che si attesta fra le più importanti, capace di fondere vivacità culturale e fascino artistico… non a caso è storicamente chiamata “Roma la chica” -La piccola Roma-. ggi visiteremo Matera, seconda città della Basilicata per popolazione, nonché il più grande comune per superficie della Basilicata. È nota per gli storici rioni sassi che furono riconosciuti nel 1993 Patrimonio dell’umanità UNESCO. Matera è un posto incantevole dove il tempo sembra essersi fermato a 2000 anni fa, un luogo davvero molto suggestivo anche grazie alla grande responsabilità dei materani che tengono molto alla pulizia nei “sassi”. — di Chiara Innocenzi, IA nea, l’antico sistema di raccolta delle acque piovane -scendendo a 18 m di profondità avrete modo di scoprire gli stratagemmi di ingegneria idraulica usati diverse epoche fa. E infine: dormite nei sassi, in camere scavate nella roccia! Forse sono un po’ fredde e umide, ma aprire la porta-finestra di queste “abitazioni” e vedere la luce del mattino illuminare i sassi… vale la pena usufruire di qualche comodità in meno! È un’esperienza da fare, consiglio a chiunque di andarci almeno una volta nella vita e di godersi la gita, Matera e i materani rimarranno sempre nel vostro cuore. — di Marta Dibitonto, IA Gli antichi rioni chiamati sassi, con le cisterne e i sistemi di raccolta delle acque, sono la principale caratteristica di Matera. Le piccole botteghe, poi, le chiese rupestri e le antiche abitazioni contribuiscono a rendere questo luogo speciale e magico. Matera è un patrimonio unico di cui non si smette mai di meravigliarsi e sicuramente non è una città che si può scoprire in due ore! Da includere nella visita a Matera ci sono: la Chiesa di Santa Maria di Idris, una chiesa tra le rocce situata su un masso tufaceo di grande dimensione nel quale è stata scavata; la Musma -Il Museo della Scultura Contemporanea; Matera sotterra22 RUBRICA: SCOUT RUBRICA: BATTAGLIE Battaglia di Pistoia IL PERIODO STORICO uesta poco famosa battaglia si svolse nel 62 a.C. . La Repubblica era impegnata in quel momento in uno sforzo militare molto importante, infatti Gneo Pompeo si stava occupando di sottomettere i territori orientali. A Roma, invece, i sostenitori di Silla erano confluiti, dopo la sua morte nel 78 a.C., sotto Catilina e i suoi compagni. Questi erano per la maggioranza persone indebitate e donne, il fascino da rivoluzionario, infatti, era irresistibile per le donne dell’epoca, abbindolate da promesse di parità di diritti, che volevano che il loro leader diventasse console in modo tale che egli cancellasse i loro problemi. Dopo aver provato per svariate volte a raggiungere la massima carica dello stato legalmente, il Nostro decise di riunire sotto il suo comando i veterani di Silla a lui fedeli e di effettuare un colpo di stato. Il console allora vigente, Q 23 ovvero Marco Tullio (non il professore di religione eh) Cicerone, riuscì tramite la conoscenza di un’amante di un congiurato a scoprire e a sventare il colpo di stato. Catilina, ormai scoperto, è costretto a fuggire con il suo esercito a Pistoia dove, bloccato dalle forze repubblicane, è costretto alla battaglia. I PERSONAGGI Catilina, leader populares che aspirava al consolato. Cicerone, console in carica che sventò la famosa congiura. Marco Petruvio, comandante dell’esercito anti-catilinario in vece del proconsole della Gallia Cisalpina. IL LUOGO Lo scontro si svolse vicino Pistoia in una stretta valle; il luogo fu scelto da Catilina poiché il suo esercito era in inferiorità numerica e quindi in tale loco la superiorità numerica nemica non si poté sviluppare. LE FORZE IN CAMPO I Catilinari avevano a disposizione due legioni di veterani di Silla che erano stati richiamati dal servizio con la prospettiva di guadagno, mentre i loro avversari disponevano di ben tre legioni . LO SCONTRO I due eserciti contrapposti, una volta organizzata la schiera, caricarono l’uno contro l’altro; l’urto fu violento, ma entrambi gli schieramenti ressero nonostante il vigoroso impatto. Man mano che morivano, i soldati nell’esercito di Catilina venivano sostituiti dalle forze di riserva. Questa tattica è decisamente poco ortodossa, infatti la seconda e la terza linea venivano di norma utilizzate per aggirare il nemico o -in situazioni di estrema necessità- dare man forte in caso di cedimento. La tattica, però, ebbe successo data l’esigua larghezza della vallata. I legionari di entrambi gli schieramenti erano molto agguerriti e lo scontro si concluse con la vittoria della Repubblica. Catilina, quando vide che la sconfitta era ormai prossima, si lanciò nel folto della battaglia e morì dopo aver fatto strage di molti nemici. I suoi soldati non furono da meno, infatti, come ci narra Sallustio, furono tutti ritrovati con ferite al petto, segno che non fuggirono, ma combatterono fino all’arrivo della loro morte. COMMENTO PERSONALE Questa battaglia non fu molto importante dal punto di vista pratico, infatti la vittoria dei repubblicani era scontata, ma lo fu, invece, sul piano morale, infatti ci mostra come le lotte più feroci non furono fra stranieri ma tra concittadini mossi da ideali diversi e pronti a tutto per difenderli. La congiura, in generale, ha dato inoltre l’opportunità a Cicerone di mettere in mostra il suo talento nelle famose orazioni “Catilinarie” che furono eseguite contro Catilina. Note I più sentiti ringraziamenti a Rachele Caprari che mi ha suggerito di trattare questa battaglia. — di Michelangelo Conserva, IC “La pioggia inizia con una goccia” e capacità e ciò li esorta a cercare di superarli. Il progetto Filippide nacque a Roma come centro sportivo di eccellenza per tutti i “diversamente abili” e come centro di ricerca e sviluppo di metodi innovativi rivolti al trattamento no dei valori principali dei ragazzi affetti da autismo, dello scautismo è lo patologia che negli ultimi anni spirito di servizio nei si sta diffondendo sempre più, confronti degli altri, indistintacon un tasso d’incidenza sulle mente dalle condizioni sociali, nascite pari a 1 su 100 e una età, provenienza, etnia, lingua, crescita annuale tra il 10% e il tradizioni, religione, cultura… 17%, soprattutto tra i maschi, Uno scout deve essere, infatcolpiti 4 volte più delle femti, sempre pronto a prestare soccorso al primo che incontra mine. Allarmanti sono i dati per strada e si trova in difficoltà. dell’Unicef: oggi sono circa 93 milioni i bambini autistici, circa “Sii preparato” è, infatti, il suo 165 milioni sotto i 5 anni hanno motto. Spesso collabora con dei problemi nella crescita. associazioni e partecipa a iniL’evento è stato organizzato ziative internazionali, come ad esempio l’evento che si è tenu- dall’associazione Filippide e to a Roma dal 29 novembre al 1 patrocinato da Senato della Redicembre 2013, cui ho assistito pubblica, Camera dei Deputati, Dipartimento della Protezione con altri clan scout di Roma e Civile, Ministero dello Sport e alcuni della Sardegna, gestendo il servizio d’ordine durante la Unicef, con lo scopo di riunire bambini e ragazzi autistici promanifestazione. venienti da tutta Italia e, attra“La pioggia inizia con una verso competizioni sportive di goccia” è il motto del nuovo nuoto e atletica leggera, offrire progetto Filippide, che è una loro l’occasione di mettersi alla derivazione dell’Associazione prova, migliorare le loro capaSport e Società, fondata nel 1983 e affiliata al CIP, l’ente che cità relazionali, ridurre la loro aggressività e potenziare le loro si occupa di diffondere e promulgare lo sport tra gli autistici abilità motorie. La manifestazione è iniziata come strumento riabilitativo e terapeutico al fine di aiutarli ad sabato mattina con una gara di nuoto presso il Centro Sportivo acquisire una propria autostidell’Acquacetosa ed è prosema, a diventare più autonomi, guita la sera con la cerimonia a integrarsi con il resto della società. Attraverso la partecipa- di apertura nella sala Sinopoli, all’interno dell’Auditorium Parzione a competizioni e attività sportive quali l’atletica leggera, co della musica, diretta da Silvio Sarta in compagnia di Valeria il nuoto, il pattinaggio, lo sci Ciardiello. Si è assistito a un’esinordico, il tennis… gli autistici bizione delle allieve dell’Accaacquisiscono, infatti, maggiore consapevolezza dei propri limiti demia di danza di Santa Cecilia, U a uno spettacolo inneggiante al mito di Filippide, cui hanno partecipato degli alunni del liceo Leonardo da Vinci di Pescara e a una sfilata di ragazzi autistici, divisi secondo la propria regione di appartenenza e preceduti da un cartellino con scritto il nome della propria città. La cerimonia si è conclusa con l’arrivo della fiaccola olimpionica con il tedoforo Valerio Russo accompagnato dal padrino del progetto “Filippide” Damiano Tommasi. Erano presenti allo spettacolo anche il sindaco di Roma Ignazio Marino, il Presidente del progetto Filippide, vicepresidente della FISDIR, Nicola Pintus, il calciatore Damiano Tommasi e lo speaker ufficiale dell’AS Roma Matteo Vespasiani. Domenica infine si è svolta presso lo stadio di atletica Paolo Rosi la “Run for autism”, prima gara podistica europea di sensibilizzazione riguardo a questo delicatissimo tema. “Guardate lontano, e anche quando credete di star guardando lontano, guardate ancora più lontano!” [Baden Powell] — di Valentina Midolo, IA 24 RUBRICA: SCACCHI RUBRICA: SCACCHI La triste storia di un campione C’ era una volta un ragazzo molto talentuoso, a cui il padre insegnò a giocare a scacchi all’età di sei anni. Il piccolo prodigio migliorava a vista d’occhio: in poco tempo, infatti, si mise in mostra in competizioni di livello internazionale, distinguendosi come uno dei migliori giocatori al mondo grazie alle sue straordinarie doti. Oltre allo stile di gioco brillante, quello che colpiva di lui era la sua umiltà, sulla quale si vanno raccontando aneddoti che infondono ancor più amarezza in chi conosce la triste sorte che gli toccò: trattava tutti da suoi pari e appariva sempre sorridente e cortese, anche nei momenti in cui gli si leggeva negli occhi che c’era ben poco per cui sorridere. Chi mai avrebbe trovato la stessa forza e la stessa motivazione nelle sue condizioni? Già in età molto giovane, infatti, scoprì di essere gravemente malato e, solamente dopo vari interventi, riuscì a tornare a giocare nei tornei, ottenendo nuovi incredibili risultati; dovette tuttavia interrompere per un’ultima, definitiva volta la sua ascesa e a nulla valsero i tentativi di lottare per ciò che più desiderava, ovvero giocare a scacchi: non gli fu risparmiata la 25 vita. Non è una favola, ma la storia di Vugar Gashimov, che è morto lo scorso 11 gennaio 2014 ricoverato in una clinica a Heidelberg, in Germania. Vugar, nato in Azerbaigian il 24 luglio 1986, ha rappresentato il suo paese ai Campionati europei giovanili dal 1996 al 2000, vincendo quattro medaglie d’argento, ha vinto inoltre i fortissimi tornei internazionali di Cappelle la Grande e Baku nel 2008 e Reggio Emilia nel 2010, ha giocato per l’Azerbaigian in quattro Olimipiadi, rispettivamente nel 2002, 2004, 2006 e 2008 e nel 2009 è stato il protagonista del Campionato europeo a squadre, dove gli azeri hanno ottenuto la medaglia d’oro grazie alla sua vittoria nella partita dell’ultimo turno, che ha tenuto tutti con il fiato sospeso fino all’ultimo istante (su youtube è possibile vedere l’emozionante video di quella vittoria cercando “17th European Team Chess Championship- Azerbaijan chess team is the best in Europe”). Un tragico evento, però, ha segnato la sua vita: nel 2000 gli sono stati diagnosticati l’epilessia e un tumore cerebrale e solo dopo ripetuti interventi è riuscito a tornare in campo nel 2002. Purtroppo, nel 2012 la malattia è emersa nuovamente e, ricoverato a Heidelberg, Vugar ha fatto il suo ultimo tentativo: un’ultima operazione gli avrebbe permesso di dedicarsi per sempre agli scacchi, ma, nel caso in cui non fosse riuscita… avrebbe perso la vita. Ed è così che oggi l’intero mondo scacchistico è tremendamente scosso dalla scomparsa di un giovane di soli 27 anni che, oltre ad essere un modello da seguire alla scacchiera, è anche un modello di comportamento da seguire nella vita. Vugar Gashimov resterà sicuramente uno dei personaggi più influenti nel mondo degli scacchi e non solo. — di Daniela Movileanu, IA Cosa regalereste al campione del mondo? P er quanto mi riguarda, sono sempre in imbarazzo nel dover scegliere un regalo di compleanno e mai particolarmente fantasiosa. Al contrario, il presidente del Real Madrid, Florentino Pérez, sembra essere piuttosto disinvolto a tal propo- di non stancarmi troppo nelle da alcuni considerato addiritsito; ha pensato bene di far inprime sei ore di gioco, al contura il migliore di tutti i tempi, dossare al norvegese Magnus trario di Anand. [ ] Mi ha aiutato avrebbe messo fine alla sua Carlsen la maglia della sua molto anche il supporto di mio epoca. squadra preferita La notizia dell’avvene di fargli battere il to dell’ “era di Carlsen” calcio d’inizio nella (che io, da sua fan, mi Magnus Carlsen (TønsDanyyil Dvirnyy (San partita della Liga auguro duri a lungo) berg, 30 novembre 1990) Pietroburgo, 21 ottobre fra il Real Madrid ha trovato spazio nei ha ottenuto il titolo di 1990) si è dedicato agli Grande Maestro nel 2004. scacchi a livello agonie il Valladolid in giornali italiani fin All’età di 19 anni e 1 mese stico all’età di 13 anni, occasione del dall’inizio del match. è stato il più giovane quando si è trasferito con suo ventitreesiIl Corriere dello Sport, giocatore a raggiungere la famiglia in Italia. Nel mo compleanno, edizione cartacea, la prima posizione nella 2013 ha ottenuto il titolo lo scorso trenta che colloca l’evento classifica mondiale. E’ stadi Grande Maestro ed è to definito ‘il Mozart degli attualmente al 4° posto novembre, fra gli addirittura in prima scacchi’ per il precocissiin Italia dopo Fabiano applausi dei 70000 pagina, si concentra mo talento e l’apparente Caruana, Sabino Brunello tifosi riuniti nello in particolar modo su naturalezza con cui ottiee Alberto David. Ha vinto stadio più famoso come gli scacchi siano ne i suoi alti risultati. la 73^ edizione del Camdel mondo, il Sanun gioco ‘violento’. pionato Italiano Assoluto lo scorso 2 dicembre tiago Bernabéu. Il Messaggero, edi2013 a Roma. Non è certo il proposito di padre, che zione on-line, definiAttualmente risiede a questo articolo suggerire idee è stato qui sce simpaticamente Treviso. sui regali di compleanno, ma il a Chennai Carlsen come un mio consiglio è, per quanto si per tutta ‘secchione glamour’, possa avere a cuore il Real Mala durata ricordando come drid, di escludere dalla lista uno del match cercando di soddiun’ottima memoria sia una come quello fatto a Magnus. sfare ogni mia richiesta, e di delle caratteristiche fondamenNon a caso, infatti, è stato conmia madre e delle mie sorelle, tali per eccellere negli scacchi. cesso proprio a lui tale onore: presenti al via. [ ] Giocare nella La Repubblica on-line concluun neo-campione mondiale di città natale di Anand non mi ha de la sezione ‘sport’ con due scacchi così giovane, da tempo condizionato, anzi, l’organizzaconsiderazioni significative: “La numero uno nella graduatoria zione impeccabile del Campio- personalità e il carisma di Carlsen mondiale, se lo merita! nato e il grande interesse per potrebbero essere il trampolino Otto giorni prima del suo gli scacchi qui in India hanno per il rilancio e la diffusione dello compleanno, Carlsen aveva reso tutto molto bello”. Nelle sport a livello mondiale” e “Ora strappato la corona al quafoto dei primi turni l’espressioCarlsen mette nel mirino Kasparantaquattrenne indiano Vine del volto di Carlsen tradisce rov e il titolo di miglior giocatore swanathan Anand, detentore l’impassibilità che potrebbe della storia. Ci vorranno anni ma il del titolo mondiale dal 2007, trasparire dalla sue parole, ma, 22enne prodigio ha le potenzialità distaccandolo di tre punti già a a mio parere, è stata proprio per riuscirci.” tre partite dalla fine del maquell’espressione da cui traSu Skysport si legge “Compirà tch, che si è svolto dal 9 al 27 pelava la tensione, ma anche 23 anni la prossima settimana, novembre a Chennai, la città la grande determinazione del è norvegese, bello, è stato sulla natale di Anand. In un’intervista ‘campione giovane e bello’, copertina di GQ e in una delle a fine match, il campione dicome lo definisce Skysport, a ultime uscite con uno dei suoi chiara “La preparazione fisica è travolgere psicologicamente sponsor ha posato davanti ai fostata molto importante: grazie Anand, già seriamente impentografi con la bellissima Liv Tyler. a questa sono stato in grado sierito dalla certezza che un No, non è l’ultima star pop della di mantenere un buon livello e giocatore del livello di Magnus, musica, ma il nuovo campione 26 RUBRICA: SCACCHI del mondo di scacchi. [ ] Magnus Carlsen sta riscrivendo la storia degli scacchi.” e “Magnus, il secondo occidentale a sfondare veramente negli scacchi dopo Fischer, ha rivelato che il suo avversario principale nei prossimi anni sarà l’italiano Fabiano Caruana, classe 1992 e attualmente numero 5 del mondo” e ancora “gli è stato chiesto: “Magnus Carlsen, tu sei un genio, vero?”. “No, sono soltanto molto bravo in quello che faccio”. Altri articoli sono apparsi su Il Corriere della Sera on-line, La Stampa on-line e il Sole 24 Ore, per citarne alcuni fra i più importanti. Insomma, ce ne sono di motivi per concedere a Magnus di battere il calcio d’inizio per la squadra che tifa! Nel frattempo, in Italia, Danyyil Dvirnyy, laureatosi Campione Italiano lo scorso 2 dicembre a Roma all’età di 23 anni, ha ricevuto i complimenti sul sito ufficiale dell’ Inter, in una pagina dedicata interamente alla sua vittoria e in cui non poteva mancare la foto che lo immortala al momento della premiazione con indosso la sciarpa dell’Inter. Che sia l’inizio di un periodo di maggiore interesse verso il gioco degli scacchi? Non si sa, ma quel che è certo è che l’avvento della nuova generazione cambierà la visione che molti hanno del gioco. — di Daniela Movileanu, IA 27 RACCONTO CONCORSO Esercitatevi con i diagrammi proposti in ogni numero e partecipate numerosi al torneo che il nostro istituto ha intenzione di organizzare dopo le vacanze natalizie! Figlie del vento E Il Bianco muove e dà scacco matto in 2 mosse Il Bianco muove e dà scacco matto in 3 mosse quella stessa notte sparirono. Nessuna donna, giovane o vecchia, moglie o figlia, madre o sorella, rimase al villaggio. Soltanto il loro profumo aleggiava ancora nell’aria, tra lenzuola e vestiti, ma era impossibile non notare il vuoto e il silenzio che avevano lasciato. Presto gli uomini, mariti, padri e fratelli, uscirono dalle proprie case e si diressero nella piazzetta, intorno al capo villaggio. Subito quel silenzio e quel vuoto vennero riempiti dai loro brusii e dalle loro imprecazioni piene d’ira. Ma ad un cenno del capo, tutti tacquero. A volte non c’era bisogno che egli parlasse, i suoi occhi, il suo sguardo erano in grado di esprimere il significato di mille parole. Essi sapevano che cosa intendesse dire: qualcuno doveva essere a conoscenza di tutta questa storia. Ma nessuno parlò: avevano il viso contratto nello sforzo di ricordare qualche particolare sospetto a loro sfuggito, un incontro, uno scambio di messaggi, fugaci sguardi di complicità tra le loro donne. Ma niente. Eppure qualcosa avevano notato, ma non era nulla di tutto questo. Negli ultimi mesi sembravano più affaticate, con gli occhi spenti e cerchiati, più remissive del solito e meno inclini a contraddire i mariti. Ne parlarono tra di loro, riscontrando ognuno questi dettagli. Ormai non vi era alcun dubbio, erano scappate. Una fuga in massa, ma sembrava ugualmente impossibile: come c’erano riuscite, tutte in una sola notte, senza che nessuno se ne accorgesse? Forse avevano versato nelle loro bevande, nel cibo delle droghe o dei sonniferi. Questo non fece altro che accrescere in loro la rabbia. Alcuni tornarono nelle proprie case a prendere corde e fruste, altri slegarono i cani. Erano già pronti a partire alla ricerca delle fuggitive. Una ricerca che ben presto si resero conto essere tutt’altro che facile. Tutti immaginavano che, entro la fine della settimana, le avrebbero riportate a casa. In una sola notte non potevano essersi allontanate di molto. E invece, dopo ben quattro giorni, le squadre di ricerca ritornarono al villaggio, senza aver scorto una minima traccia del loro passaggio. Sembrava che si fossero volatilizzate, sparite nel nulla. Qualcuno imprecò e disse, con l’approvazione degli altri, che potevano farne a meno di loro, che ben presto sarebbero tornate strisciando, non essendo in grado neanche di badare a se stesse senza la presenza di un uomo. Questa fu l’opinione di molti; decisero così di cominciare una nuova vita comunitaria interamente gestita da maschi, come se la precedente non lo fosse stata già abbastanza... Trascorsero i mesi e il villaggio non sembrava più quello di prima: bambini che correvano nudi per le strade infangate, completamente abbandonati a se stessi, case luride e in disordine, uomini 28 RACCONTO smagriti con i vestiti sporchi e strappati. Non erano mai arrivati ad una situazione così degradata. Ma non lo vollero ammettere, sicuri che a breve le loro donne avrebbero fatto ritorno. Fu quell’inverno ad annullare ogni speranza e a spingerli a trovare una soluzione al problema: una grave epidemia si diffuse in tutta la regione, mietendo vittime di ogni età, soprattutto giovani. In breve la popolazione si ritrovò dimezzata. Ogni giorno si vedeva per le strade almeno un padre disperato con in braccio il suo bambino, morto. Nessuno ora poteva più negare che avevano bisogno di loro, sì, avevano bisogno delle loro donne. Il capo villaggio indisse un’assemblea, nella quale si decise che prima di tutto bisognava consultare il vecchio saggio. Era un anziano eremita, che viveva ai piedi di una montagna, in una casetta di legno che aveva costruito lui stesso. Ogni anno un volontario poteva recarsi da lui e chiedere consigli sui maggiori problemi che affliggevano la comunità. Il capo chiese se ve ne era uno per quest’occasione, ma nessuno si offrì. Era un viaggio lungo e pericoloso, soprattutto d’inverno a causa della neve che bloccava gli accessi principali e obbligava a percorrere altre vie ancora più rischiose. Tra la folla si levò una mano. Era quella di un giovane uomo, forse l’unico, fra tanti, ad aver sentito la mancanza della propria donna. Era coraggioso, non si lasciava intimorire dal percorso che doveva affrontare, per questo decise di farsi avanti. Venne lodato dal capo della comunità come esempio da imitare; gli consegnò tutto l’occorrente per il viaggio e, dopo avergli dato la sua benedizione, lo sollecitò a partire. Il giovane impiegò quasi un mese a raggiungere la sua meta. Appena scorse tra gli alberi la casetta di legno, fu pervaso da una nuova speranza; forse la soluzione di tutti i loro problemi era a pochi passi da lui. Trovò il vecchio eremita seduto su un masso vicino alla porta d’entrata, nonostante il freddo pungente, ma il saggio sembrava non percepirlo. Il ragazzo si avvicinò, pensando a cosa dirgli prima di raccontare la sua storia. Ma l’anziano lo anticipò: “Ancora non hanno fatto ritorno?”. Di fronte all’espressione stupita dell’altro, rispose: “Lo immaginavo. Entra, abbiamo molto di cui parlare”. Si accomodarono all’interno della casetta. Non appena si misero a sedere, il vecchio iniziò: “Ti hanno mandato pensando che io potessi farle ritornare o almeno dirvi dove si sono nascoste, vero? Sbagliato”. Fece una pausa per accendersi una pipa che prese da uno dei cassetti del tavolo. Dopo qualche minuto riprese la parola: “Uomini… per tutti questi anni le avete trattate come schiave al vostro servizio, continuamente sfruttate come bestie, punendole per ogni piccolo, insignificante errore, come bambole di pezza che potete gettare nel fango quando volete. Sono state anche troppo pazienti, pensavo che sarebbero fuggite molto prima, e invece hanno aspettato, vi avevano dato un’ultima possibilità che voi avete sprecato e di cui neanche ve ne eravate accorti. Cominciate a sentire la loro mancanza solo ora, quando non vi è nessuno che bada ai vostri bambini, che cura i vostri figli, che lava i vostri vestiti, che vi cucina e vi tiene in ordine la casa”. Il giovane, rosso per la vergogna, trovò il coraggio di parlare: “Ma… faranno ritorno?” Il vecchio lo fissò così a lungo che il ragazzo poté quasi contare tutte le rughe che gli solcavano il volto. “Chi lo sa. Forse sì o forse no. Forse tra un mese, un anno o mai più. Dipende tutto da voi. Quando comincerete a vederle come persone e non come oggetti su cui sfogare la vostra rabbia, i vostri desideri, allora, forse ritorneranno. Ma vi avverto: non cercatele più perché sarebbe del tutto inutile, non le troverete mai. Loro sono come figlie del vento, vi pervadono di freschezza e di vita, ma sono anche veloci a sfuggirvi. Come si può tenere in gabbia la purezza e la potenza dell’aria?” — di Arianna Antonelli, IIIA 29