Visualizza il III-IV num. di "Vox Kantis"

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Visualizza il III-IV num. di "Vox Kantis"
Numeri III - IV
Dicembre 2013 - Gennaio 2014
Vox Kantis
Double Edition
Disegno di Stella Torrelli, IIIA
CONTENUTI
03 · Eventi in programma...
04 · La mafia uccide, il silenzio pure
05 · “L’università è di chi la vive, non di chi la distrugge”
06 · Nasce il coordinamento studentesco delle scuole della periferia di roma est
07· Mandela - Let freedom reign
09 · Perlasca, un eroe italiano
10 · Cioccolato: da dove viene?
11 · S.C.K.O. 2013
12 · Vittoria “Random”!
13 · Luce d’Eramo: un esempio di coraggio e anticonformismo
15 · Aquile randagie
17 · Come un romanzo
18 · La mafia uccide solo d’estate
19 · Storie di cani e d’amicizia
19 · Allevamenti intensivi: come ti cambiano il pianeta
21 · La rana, l’astronauta e... la piccola Roma
22 · La città dei sassi
23 · Battaglia di Pistoia
24 · “La pioggia inizia con una goccia”
25 · La triste storia di un campione
25 · Cosa regalereste al campione del mondo?
28 · Figlie del vento
1
EDITORIALE
Ed eccoci al terzo numero di “Vox
Kantis”! O dovrei chiamarlo quarto? Già, come alcuni non hanno
mancato di farci notare, il mese
scorso non abbiamo avuto modo
di pubblicare in tempo il numero
di dicembre, purtroppo sempre per
ragioni tecniche. Ma ora ve lo proponiamo qui, insieme all’uscita,
questa volta puntuale, di gennaio.
Piccola nota introduttiva: c’è grande fermento nella nostra scuola
ora che si sono spalancate le porte
per l’Open Day! Come ogni anno
studenti e genitori sono invitati a
visitare il nostro istituto, sperando
che possano comprendere tutto il
sostegno didattico che la nostra
scuola fornisce alla formazione di
un alunno. Ma la vera novità è il
K-Factor, a cura del progetto Camerun Kant, che richiama i ragazzi
a cimentarsi in gare artistiche,
culinarie, fotografiche, per dare a
ognuno la possibilità di mostrare il
proprio talento!
Entrando nel merito delle ultime
notizie, come al solito il nostro
giornalino si presenta in tutta la
sua varietà: per la cronaca interna
vorrei segnalare l’articolo sulla
S.K.C.O., alla sua seconda edizione, iniziativa presa dal Kant per
abbattere il muro del pregiudizio
e dell’odio contro l’omosessualità;
e come non menzionare la vittoria del programma Random? Il
campionato di High School Radio
ha finalmente premiato lo sforzo
dei nostri giovani radiofonici, una
vittoria, questa, che accresce stima
ed entusiasmo.
Anche la cronaca esterna si
presenta ricca e interessante:
dall’inchiesta sul cioccolato della
Nestlé al ricordo, per la giornata
della memoria, dell’Olocausto,
dalle manifestazioni studentesche
fino all’ultimo saluto a Nelson
Mandela.
E per finire, le nostre rubriche,
sempre presenti e pronte a stimolare curiosità di ogni genere!
Arianna Antonelli
Direttrice
Jessica Andracchio, IVCL
Redazione
Giuditta Migiani, IIIAL
Arianna Antonelli, IIIA
Marta Dibitonto, IA
Chiara Innocenzi, IA
Daniela Movileanu, IA
Michelangelo Conserva, IC
Giulia Di Censi, IIID
Valeria Paris, IIID
Gabriele Ghenda, IIFL
Michela Sabani, IIIGL
Valentina Midolo, IA
Virginia Cenciarelli, IVAL
Federica Sasso, IIIC
Federico Pizzo. IIIA
Professori referenti
Salvatore Alessi
Valerio Giannetti
Silvia Concetta Minniti
2
EVENTI IN PROGRAMMA...
CRONACA ESTERNA
La mafia
uccide,
il silenzio
pure
28 febbraio
nel carcere milanese di
Opera, durante l’ora di
cosddetta “socialità” il
corleonese Totò Riina,
detto Totò u’curtu,
parlando con il detenuto boss della Sacra
te, come quella che
toccò in sorte ai giudici
Falcone e Borsellino
e come quella che fu
scelta per Rocco Chinnici, fatto esplodere
con un’ autobomba,
Corona Unita Alberto
Lorusso, ha spronato il
collega a “organizzare
questa cosa”, tirando
poi fuori la mano dal
cappotto e mimando
di fare in fretta e aggiungendo: ”Questo Di
Matteo non se ne va,
gli hanno rinforzato la
scorta, e allora, se fosse
possibile, a ucciderlo… perché Di Matteo
non ce lo possiamo
dimenticare, Corleone non dimentica”.
Ha poi aggiunto una
frase emblematica: ” Ti
farei diventare il primo
tonno, il tonno buono”,
con cui in linguaggio
mafioso ha voluto far
intendere a Lorusso
che la fine del magistrato, oltre ad essere
imminente, sarà anche
clamorosa ed eclatan-
che lo fece saltare in
aria e poi ricadere,
come ricorda lo stesso
mafioso:” ello là saluta
e se ne saliva nei palazzi. Ma che disgraziato
sei, saluti e te ne sali
nei palazzi. Minchia
e poi è sceso, disgraziato, il Procuratore
Generale di Palermo …
per un paio d’anni mi
sono divertito. Minchia
che gli ho combinato“.
ore
15:30
liceo kant
ingresso libero
C
Talent show • Gara culinaria
• Gara artistica
e fotografica
progetto
camerun kant
Per iscrizioni e info
rivolgersi a:
Giuditta Migiani, IIIAL
Valeria Paris, IIID
Prof. Gnocchini
3
on l’inizio del
nuovo anno
sono continuate le minacce di Totò
Riina, capo di Cosa Nostra, al magistrato siciliano Nino Di Matteo,
entrato in magistratura
nel 1991 e da due anni
presidente dell’Associazione Nazionale
Magistrati di Palermo.
La gravità di tali minacce ha condotto
alla necessità di sottoporre il magistrato a
eccezionali misure di
sicurezza, che si vanno
ad aggiungere a quelle
che già lo vedono
sotto scorta dal 1995,
ma nonostante ciò la
paura di un’ azione
brutale e improvvisa
da parte di Cosa Nostra
preoccupa la società
contemporanea. Infatti
L’organizzazione
mafiosa ha già deciso:
Nino Di Matteo deve
morire e il suo nome
deve essere aggiunto
alla lista delle vittime
della mafia, perché
la mafia non perdona chi ostacola il suo
percorso criminale.
Ma questa storia,
apparentemente già
scritta, potrebbe avere
un esito diverso, se
tutto il popolo italiano
mobilitasse la propria
coscienza per difendere la libertà e i diritti
di uomini che compiono il loro dovere
verso uno stato che ha
chiesto ai suoi funzionari di essere eroi e
che ha smesso di stare
dalla loro parte ormai
da troppo tempo. Già
Giovanni Falcone,
dopo il primo fallito attentato mafioso contro
la sua persona, diceva:” Bisogna rendersi
conto che la mafia è un
fenomeno terribilmente serio e grave, e che
va combattuto non
pretendendo l’eroismo
di inermi cittadini, ma
coinvolgendo nella lotta le forze migliori delle istituzioni”. Voltare le
spalle e non curarsi di
questa grave minaccia,
che è alle radici della
decadenza dell’Italia,
significa far ripetere
tristemente la storia e
rendere vane le atroci
scomparse di grandi
uomini del passato. La
mafia uccide, il silenzio
pure.
— di Valeria Paris, IIID
4
CRONACA ESTERNA
“L’università è
di chi la vive,
non di chi la
distrugge”
L
o scrivono a chiare
lettere gli universitari
della Sapienza sul loro
striscione che apre il corteo
organizzato per lo scorso 12
dicembre in occasione della
conferenza riguardo la Green Economy , promossa dal
ministero dell’Ambiente. Era
prevista la partecipazione di
molte cariche istituzionali quali
il premier Letta, la presidente
della camera Laura Boldrini,
lo stesso capo di Stato Napolitano, che hanno rinunciato a
prendere parte all’incontro anche per via di importanti impegni politici; presente invece il
ministro dell’ambiente Orlando
affiancato dai colleghi Lorenzin e Saccomanni assediati da
centinaia di studenti radunatisi
per manifestare il loro dissenso
contro “una passerella indegna
dei politici che hanno voluto
l’austerità”, ribadendo le tragica condizione in un cui riversa
l’Istruzione Italiana.
Ma ancora una volta la repressione è stata la risposta alla
richiesta di ascolto del popolo
studentesco. L’ateneo romano
è stato militarizzato come denuncia una studentessa intervenuta nel corso del convegno,
difendendo i contenuti della
protesta che si stava svolgendo
fuori le porte dell’aula magna.
”Questo luogo non ha più senso” afferma convinta la ragazza
5
dopo aver
denunciato,
con ironia,
la sottomissione del
governo
italiano
all’Austerity
imposta
dall’Europa
e che sta
progressivamente
sfaldando il
sistema della
ricerca e
dell’istruzione. La stessa studentessa
decide poi di uscire dall’aula
come atto di estrema protesta, criticato dai presenti, in
particolar modo dal ministro
dell’ambiente Orlando che
ha invitato al dialogo, quello
stesso dialogo che paradossalmente nello stesso momento,
fuori dalle porte dell’aula, era
negato agli studenti in rivolta.
Con la giustificazione di qualche “bomba carta “, contro ogni
principio democratico tutti gli
studenti hanno subito un’ inspiegabile violenza, dovuta all’
irragionevole disciplina delle
forze dell’ordine testimoniata
in un video che sta circolando
nel web e mostra chiaramente
la rapida e scioccante successione degli eventi. I caschi blu
schierati, battendo il manganello sui loro scudi, avanzano. Parte la carica. Il corteo si
disperde. “Prendiamone qualcuno, prendiamone qualcuno!
” ordina una guardia e i suoi
colleghi eseguono: sono due
i ragazzi trascinati via, fermati
casualmente tra la folla in fuga.
I manifestanti si ricompattano.
CRONACA ESTERNA
dunque non c’è solidarietà,
comprensione, ascolto. I ragazzi ripetutamente chiedono
alle forze dell’ordine di sfilarsi
i caschi, ma la celere schierata rimane vergognosamente
indifferente. Intonando cori
la carica degli studenti dei caschi blu
“Non abbiamo fatto un c****!, che vi menate?!“
grida una ragazza sconvolta
dalla rabbia, mentre i suoi compagni ristendono lo striscione
e si riorganizzano. Parte una seconda carica, improvvisamente, senza ragioni, travolgendo
il gruppo di studenti che non
ha intenzione di sciogliere il
corteo: non vogliono muoversi
finchè non saranno rilasciati i
ragazzi brutalmente fermati.
Infatti si dirigono poi verso la
facoltà di Matematica e Fisica
urlando: «Tutti liberi». Qualche
ora dopo i due studenti fermati sono finalmente rilasciati.
Stavolta la celere non si è tolta
i caschi , ma ha usato il manganello, come oramai si ripete
regolarmente ogniqualvolta
gli studenti liceali o universitari riempiono strade e piazze.
“Toglietevi i caschi con noi,
non solo quando siete davanti
ai fascisti, è davanti agli studenti che vi dovete togliere i
caschi” grida infatti il gruppo
di universitari riferendosi a
quanto avvenuto nel corso
delle manifestazioni, svoltesi a
Genova e Torino, del movimento dei Forconi. Per gli studenti
riferiti al movimento ‘No Tav’ i
giovani della Sapienza si sono
inoltre resi portavoce di una
lotta trasversale che si proietta
e si apre al resto dei contenuti della protesta che da mesi,
anzi anni, mobilita il popolo
studentesco , che non si dà per
vinto, che continuerà a lottare
rimanendo invincibile a ogni
repressione.
— di Giulia Di Censi, IIID
Nasce il
coordinamento
studentesco
delle scuole della
periferia di Roma
Est
L
a necessità di un’organizzazione studentesca, capillare ed effica-
ce per la riuscita, nella periferia
di Roma-Est, del movimento di
occupazione degli Istituti superiori svoltosi a fine novembre,
si è evoluta in una permanente
piattaforma di coordinamento, finalizzata a sfruttare le
conoscenze e i contatti rivelatisi fondamentali nel corso di
questo autunno caldo, per una
prolungata azione di protesta
che integri agli obiettivi condivisi con il movimento studentesco nazionale, le rivendicazioni
conseguenti alle problematiche innegabili e sottovalutate
delle realtà scolastiche della
periferia romana. L’ambizione
è quella di sensibilizzare l’opinione pubblica del territorio, e
specialmente il popolo studentesco, a lottare non solo per politiche che abbiano positivo ed
effettivo riscontro nella tragica
condizione dell’intero sistema
dell’istruzione pubblica, ma
che inoltre si focalizzino in primo luogo sullo stato di abbandono e degrado in cui riversa il
mondo scolastico delle borgate
capitoline. In un comunicato
successivo alla sua fondazione,
il coordinamento della periferia di Roma, fissando principi
e scopi della neonata rete di
mobilitazione studentesca, si
dichiara contrario ai finanziamenti agli istituti privati e alle
politiche di austerity; coerentemente alla sua anima orgogliosamente antifascista, si schiera,
e anzi si attiva contro ogni
forma di razzismo, repressione
e informazione deviata, combinando al suo impegno sociale
e politico, la totale solidarietà ai
movimenti No TAV e No MUOS.
Dopo alcune riunioni volte a
definire la gestione e l’orga-
nizzazione del coordinamento
questo si è presentato al corteo
del 6 dicembre scorso inaugurando, si spera, un proficuo
operato in difesa della scuola
pubblica e del territorio, lo
stesso proficuo operato dell’ex
coordinamento studentesco
del V municipio. Costituito ben
4 anni fa dal nostro Istituto,
insieme al liceo scientifico San
Francesco D’Assisi e al Liceo
classico San Benedetto da Norcia, è stata la prima iniziativa di
livello territoriale che ha permesso una costante e concreta
collaborazione tra scuole unite
e compatte nella loro partecipazione a cortei, movimenti di
occupazione e altri incisivi atti
di protesta e mobilitazione e le
cui nobili aspirazioni sono state
ereditate dalla nuova e inoltre
più ampia realtà studentesca
che annovera infatti numerosi
Istituti, tra cui ricordiamo il
Gullace, Ambrosioli, Levi Civita,
Bottardi o Amaldi. Importante
e significativa è l’evoluzione
e la crescita di quella parte di
popolazione studentesca del
territorio coinvolta e attiva nelle lotte sociali volte alla salvaguardia dei diritti fondamentali, pronta a raggiungere nuovi
traguardi che non saranno altro
che nuovi punti di partenza da
cui, con grande determinazione, si proseguirà quel cammino
di rifondazione etico-culturale
di cui non possono che esser
portavoce le nuove generazioni che hanno ora una ancor
più preziosa opportunità di
confronto, dibattito e auto-organizzazione.
— di Giulia Di Censi, IIID
6
CULTURA&SOCIETÀ
Mandela Let
freedom
reign
([…] a rainbow nation
at peace with itself
and the world – riferendosi al Sud Africa
durante il suo discorso di insediamento,
Pretoria,1994).
Ed è così che se ne va
ro a Londra,
un altro pezzo di storia,
nel bel mezzo ma soprattutto di
di un concer- umanità. Perché Manto, quando la notizia dela è stato questo, un
è arrivata. “We would Uomo. Ha compiuto
like to dedicate our
azioni che possono
next song to one of
suonare colossali,
the world’s greatest
gesti di grande nobiltà
people who’s actual- in una realtà -l’aparly just passed away… theid sudafricana- che
Nelson Mandela”. Lo
tentava di privare i
hanno annunciato i
neri di qualsiasi diritto
musicisti, sedendosi
umano; ha trovato la
sulla ringhiera deliforza di non arrendersi
mitante il palco, sumai, neanche “quando
bito attaccando con
tutto ciò che voleva
un brano acustico e
era lasciarsi andare”,
malinconico. Caos,
lì, in quella cella di 5
onde di entusiasmo
metri quadrati che per
e mani tese verso
19 anni fu la sua casa,
il cielo come tanti
quando gli era stato
steli agitati dal vento, comunicato che suo
all’improvviso non
figlio era morto in un
erano niente più che incidente; non quando
uno stagno ghiaccia- il presidente Botha gli
to di tacito rispetto.
aveva offerto il rilascio
I giorni seguenti non in cambio di una rinunsi parlava d’altro, e,
cia pubblica alla
col passare delle ore, guerriglia*. Nonostanla statua eretta in
te le situazioni che si
suo onore nel 2001
trovò a fronteggiare
in Parliament Square
sembrino oggi ben
veniva sempre più
lontane dalla quotidiacoperta da una coltre nità moderna dei paesi
di fiori, di quell’arco- occidentali, e la sua
baleno di colori che
figura sia stata quasi
sin dal principio egli
mitizzata nel corso
aveva assunto come degli anni, i messaggi
parte integrante del- che lascia sono divenla propria politica
tati parte integrante
E
7
CULTURA&SOCIETÀ
della vita di tutti noi,
di tutte le nostre
scelte. Mandela è
stato un importante
maestro di vita oltre
che un indiscusso
capo politico.
Reconciliation fu
una parola chiave
della sua ideologia,
quell’ingrediente
mancante che nel
Sud Africa degli anni
’40 sembrava utopia.
Mandela, esprimendo
una posizione assolutamente rivoluzionaria,
sosteneva che “il perdono libera l’anima
e cancella la paura”:
incoraggiava i Sudafricani, tutti, a “prendere i
coltelli, le pistole e i fucili e gettarli nell’oceano”, per vivere in pace.
Egli riuscì nell’apparentemente inattuabile
impresa di pacificare
gli animi dei carnefici,
ma soprattutto quelli
ancor più straziati delle
vittime.
È forse proprio questo
che rende Mandela un
Uomo tanto grande, la
sua capacità di amare.
Lui è il primo a sentire
la pace dentro di sé, a
percepire quasi come
un bisogno quell’amore che sente universale
e incondizionato, e a
dire: <<Il passato è
passato, ora bisogna
guardare al futuro>>.
Un invito a riappropriarsi del proprio
* Nel febbraio 1985, Man-
dela è in carcere da ormai
21 anni, già da tempo riconosciuto come universale emblema della lotta
all’apartheid. il Presidente
Sudafricano di allora, Pieter Willem Botha, gli offre
la libertà in cambio di una
pubblica rinuncia alla “violenza come arma politica”.
Non è che la sesta proposta
di liberazione condizionata
che Mandela rifiuta.
diritto alla felicità e a
una sorta di redenzione spirituale: rimanere
attaccati al passato
significa rimanere
vittime impotenti in
una dimensione senza
tempo, rinunciando al
proprio potere presente di creare qualcosa di
nuovo.
Mandela ci insegna
quindi che la crescita e
la trasformazione collettive passano anche
attraverso il perdono,
elemento fondamentale per affrancarsi dai
sentimenti di vendetta
e odio che precludono
armonia e tranquillità.
Necessario diventa
quindi riuscire a lasciar
andare il passato, il
vittimismo, per perdonare sia se stessi
per l’odio provato,
che l’altro per quello
subito. Egli riesce, così,
a spalancare le porte
di una nuova era, tanto
quanto i cuori e le
menti di tutto il mondo.
La sua esistenza è una
dimostrazione tangibile di come il “potere
dell’amore” non sia
solo una favoletta per
bambini: amarsi, amare la vita può divenire
una vera e propria
filosofia contro la piaga
della vendetta e del
disprezzo, un sentiero
lastricato di rispetto
e dell’accettazione
dell’altro che conduce
alla libertà.
“Let there be justice
for all. Let there be
peace for all. Let there
be work, bread, water
and salt for all. Let freedom reign” [Discorso
d’insediamento,
Pretoria, 1994]
— di Giuditta Migiani,
IIIAL
Un giovane Mandela nel 1961
La poesia che segue fu una delle letture che aiutarono Nelson Mandela ad affrontare i 27 anni di permanenza in carcere. A questa poesia è inoltre ispirato l’omonimo film diretto da Clint Estwood.
Invictus
Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to
pole,
I thank whatever god may be
For my unconquerable soul.
Dal profondo della notte che mi
avvolge,
nera come un pozzo che va da un polo
all’ altro,
Ringrazio qualunque Dio esista
Per la mia anima invincibile.
In the fell clutch of
circumstance
I have not winced not cried
aloud.
Under the bludgeonings of
chance
My head is bloody, but unbowed.
Nella feroce morsa della circostanza
Non ho trasalito, non ho gridato a voce
alta.
Sotto i colpi d’ascia della sorte
Il mio capo è sanguinante, ma
indomito.
Beyond this place of wrath and
tears
Looms but the Horror of the
shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me
unafraid.
Al di là questo luogo di collera e
lacrime
Incombe il solo Orrore delle ombre
Eppure la minaccia degli anni
Mi trova e mi troverà senza paura.
It matters not how strait the
gate,
How charged with punishments
the scroll,
I am the master of my fate;
I am the captain of my soul.
Non importa quanto stretta sia la
porta,
Quanto carica di castighi la vita,
Io sono il padrone del mio destino;
Io sono il capitano della mia anima.
William Ernest Henley
8
CULTURA&SOCIETÀ
Perlasca,
un eroe
italiano
S
mettiamola
di evocare il
ricordo delle
vittime dell’Olocausto
con le solite cifre, foto
e filmati. Rischiamo
di farli apparire come
numeri o fantasmi
anonimi accomunati
dallo stesso destino di
morte.
Ricordiamoli, invece,
attraverso le figure di
uomini straordinari
che si opposero al folle
progetto di sterminio
nazista, rischiando
essi stessi la propria
vita. Uno di questi,
probabilmente il più
conosciuto anche
grazie al film diretto
da Spielberg, è Oskar
Schindler, l’imprenditore tedesco che salvò
1200 ebrei impiegandoli come operai nella
sua fabbrica di oggetti
smarriti, la D.E.F.
Tuttavia c’è stato un
altro uomo, rimasto
nell’ombra per molti
anni, Giorgio Perlasca,
un piccolo commerciante italiano che
riuscì a salvare dalla
deportazione 5218
ebrei ungheresi, quasi
il quintuplo degli operai di Schindler.
La sua storia è talmente paradossale
9
che sembra uscita dal
copione di un film
d’avventura. Per questo, quando tornò in
Italia dall’Ungheria,
molti non credettero
alla sua straordinaria
vicenda, pensando che
fosse solo il frutto della
fantasia di un esibizionista. Ora capirete il
perché.
Perlasca, in gioventù,
era stato un fascista
convinto: aveva combattuto
persino
nella guerra
civile in Spagna tra le
schiere dei
sostenitori
di Franco.
Allo scoppio, invece,
della Seconda Guerra
Mondiale,
lavorava
per la ditta
triestina SAIB (Società
Anonima Importazione
Bovini) e il suo incarico
era quello di trattare
l’acquisto del bestiame
nella penisola balcanica e organizzarne il
trasporto in Italia.
Ma quando l’Ungheria finì in mano ai
tedeschi, il suo nome
cominciò a comparire
nelle liste dei ricercati
per non aver aderito
alla Repubblica Sociale
Italiana; aveva iniziato
a mostrare segni di
insofferenza verso il
Partito già dall’entrata
CULTURA&SOCIETÀ
in vigore delle leggi
razziali.
Per evitare l’internamento, Perlasca si
rifugiò presso l’Ambasciata spagnola grazie
a un documento che
gli era stato rilasciato al
momento del congedo
in Spagna. La sua forte
personalità e la sua
indole battagliera non
potevano rimanere indifferenti di fronte alle
atrocità naziste. Co-
lo fece arretrare di un
passo dalle sue intenzioni. Decise di procedere così “all’italiana”:
con il finto passaporto
spagnolo in tasca, che
Sans Briz gli aveva
concesso, e il nuovo
nome di battesimo
“Jorge” Perlasca, niente
poteva impedirgli di
fingersi il nuovo console spagnolo. Recitò
così bene la sua parte
che persino i tedeschi
di finto ambasciatore. Il tutto
affrontando da solo gli ufficiali
nazisti.
Solo verso gli anni Ottanta il
mondo conobbe la sua storia
grazie ad un gruppo di donne,
all’epoca adolescenti, che si
mobilitarono per rintracciare
l’uomo che salvò la loro vita e
quella di altre 5000 persone.
Per questo venne insignito da
Israele del riconoscimento di
Giusto tra le nazioni, con cui
vengono decorati tutti gli eroi
della Shoah. Ma non fu l’unico:
altri furono Raoul Wallenberg,
che salvò 100000 persone
sventando il piano nazista di
far esplodere due ghetti ebrei,
il questore Giovanni Palatucci,
il nunzio apostolico Angelo
Rotta e così via.
Questi sono i veri eroi del nostro tempo, questi i veri santi,
i cui nomi, purtroppo, cadono
spesso nell’oblio.
— di Arianna Antonelli, IIIA
minciò così ad aiutare
l’ambasciatore Angel
Sans Briz a rilasciare i
salvacondotti per gli
ebrei ungheresi e a
smistarli nelle cosiddette “case protette”
dalla diplomazia spagnola, sparse per tutta
la città.
Quando, però, Sans
Briz, per non riconoscere il governo
filonazista che si era
appena instaurato nel
paese, lasciò Budapest,
Perlasca era ormai
solo, senza più difese.
Eppure questo non
cascarono nella rete,
riconoscendo a denti
stretti i falsi salvacondotti, firmati di suo pugno, che conferivano la
cittadinanza spagnola
agli ebrei.
I gesti che testimoniano il suo coraggio sono
tanti: dall’episodio in
cui recupera lui stesso
gli ebrei che erano già
stati caricati sui vagoni diretti ai campi di
sterminio a quello in
cui salva dall’incendio
il ghetto della capitale utilizzando le sue
armi diplomatiche
Cioccolato: da
dove viene?
“T
utti adorano la
cioccolata: ogni anno
se ne consumano tre
milioni di tonnellate, di cui la
metà in Europa. Il successo
della cioccolata, però, ha il suo
lato oscuro. Mentre i bambini
del mondo industrializzato ne
gustano la dolcezza, per i
bambini africani la realtà è
un’altra. Secondo diverse
organizzazioni, l’industria della
cioccolata è accusata di coprire
il traffico e lo sfruttamento del
lavoro minorile nelle piantagioni di cacao.” E voi? Lo sapevate?
Purtroppo questa è una dura
realtà del nostro mondo, e
molte organizzazioni contro lo
sfruttamento minorile stanno
cercando di abbatterla. Ma non
è facile, soprattutto se noi
consumatori continuiamo a
comprare questa cioccolata
che personalmente chiamerei
“illegale”. Giustamente c’è una
domanda… come possiamo
riconoscere il cioccolato che
non fa uso di bambini schiavi?
Per fortuna, esiste il cioccolato
eco-solidale venduto in tanti
supermercati. Ora indaghiamo
un po’ sulla sua provenienza. Il
viaggio della cioccolata inizia
dall’Africa. I bambini dei villaggi del Mali, della Nigeria, del
Burkina Faso e del Niger che
hanno tra i 10 e 15 anni (se non
meno) vengono portati dai
trafficanti fino in Costa d’Avorio
nelle piantagioni di cacao per
raccoglierlo. Questo “lavoro” è
molto pericoloso per loro e se
si rifiutano vengono picchiati.
Ma quello che può stupirci è
che tanti bambini scelgono di
andare a lavorare nelle piantagioni, essendo convinti di
guadagnare qualcosa per se
stessi e le loro famiglie, ma non
è così e prima di aver scoperto
la verità diventano prigionieri.
Pochi riescono a scappare, ma
molte persone riescono a tirarli
fuori da li. Quando il cacao è
stato raccolto, viene impacchettato e comprato dalle
aziende che lo trasformeranno
in polvere e cioccolata. Un
esempio di quale grande
azienda compra queste tonnel-
late di sacchi di cacao? La
Nestlé, che ha ricevuto denunce per questo. Ma a quanto
pare nessuno li ha fermati.
Quante volte da bambini
abbiamo comprato il famoso
“Nesquik” o la cioccolata bianca
“Galak”? Io spesso, e adesso ci
sarebbe bisogno di recuperare,
il che è possibile. Per prima
cosa dovremmo stare più
attenti a cosa compriamo e poi
divulgare queste notizie,
affinché tutti possano conoscere la verità e sapere ciò che
mangiano. Come farsi una
chiara idea su tutto questo? Per
sapere queste cose ho guardato alcune volte un film documentario di un giornalista
norvegese. Devo dire che mi ha
aperto gli occhi e mi ha fatto
conoscere una realtà che non
conoscevo. Infatti questo film si
chiama “The dark side of
chocolate” (Il lato oscuro del
cioccolato) proprio perché questo lato oscuro non lo vediamo
e non lo conosciamo. Se siete
interessati all’idea potete
trovarlo su Youtube con i
sottotitoli in italiano, dura 40
minuti quindi non è nemmeno
un grande sforzo.
Quindi: fate sempre attenzione
e se avete qualche domanda
riguardo all’argomento potete
scriverci in redazione, pagina
“Vox Kantis” di Facebook.
— di Gabriele Ghenda, IIFL
10
CRONACA INTERNA
S.K.C.O. 2013
“L
ove is Love”: con
questo slogan,
durante la settimana
compresa tra il 9 e il 13 dicembre, la nostra scuola si è (ri)tinta
dei colori della Rainbow Flag
per dare vita alla 2º edizione
della S.K.C.O. (Settimana
Kantiana Contro l’Omofobia).
verde e il giallo, e immortalando
con una foto ogni giorno della
settimana. La manifestazione
si è conclusa con un incontro,
avvenuto nell’Aula Magna della
nostra scuola, sulla discriminazione delle fragilità!
In più è stata creata all’ingresso
11
CRONACA INTERNA
L’iniziativa è nata lo scorso anno
con l’obiettivo di sensibilizzare
la popolazione scolastica alla
tolleranza e all’accettazione
delle fragilità e come azione
di protesta e dissenso contro
l’odio perpetuato nei confronti
degli appartenenti alla comunità LGTB (Lesbo Gay Trans e
Bisexual). Quest’anno, in particolare, la settimana è stata dedicata al ricordo di Simone Dolciotti, un ragazzo omosessuale
di Roma, che si è tolto la vita il
26 ottobre scorso per le varie e
ripetute vessazioni ricevute a
causa della sua sessualità.
Così studenti e docenti si sono
vestiti ogni giorno di un diverso
colore dell’arcobaleno, partendo dal rosa e finendo con
il rosso, passando per il blu, il
dell’Istituto “Liberi
da catene”, una rete
di fili arcobaleno
pensata e rimasta
a disposizione dei
Kantiani per dare
a tutti l’opportunità
di esprimersi liberamente e far conoscere il proprio
pensiero sulla discriminazione
attraverso frasi, citazioni, foto e
disegni!
Il Kant è sempre sensibile e
impegnato nelle lotte sociali,
e anche questa volta non è
stato da meno, manifestando il
proprio biasimo nei confronti
di una società e una politica ancora troppo intollerante e poco
recettiva!
Con la speranza che questa
e tante altre iniziative di sensibilizzazione all’argomento
si diffondano sempre più, vi
diamo appuntamento all’anno
prossimo per la S.K.C.O 2014!
PS: grazie a tutti: ideatori,
organizzatori, fotografo, e in
particolare a tutti i Kantiani che
mi stupiscono ogni anno di più!
Grazie e... #LOVEISLOVE
— di Federico Pizzo, IIIA
Vittoria
“Random”!
tessa del III EL, impeccabile e instancabile, il
cui costante impegno
è stato premiato.
Trionfa nella sezione
fonici, il fiore all’oce lo erano
chiello del gruppo di
ripromesso,
hanno lavorato lavoro, Marco Soro, del
con estrema diligenza, II D: dopo aver perso,
nonostante gli ottimi
ricercando qualità e
originalità e finalmente punteggi ottenuti, il
titolo di miglior DJ nel
dopo tanta fatica,
precedente turno di
arrivano le prime
gara, conquista questo
soddisfazioni. Il promese la sua grande
gramma Random del
nostro Istituto, coinvol- rivincita, grazie al suo
talento di “smanettoto nel campionato
ne”, dimostrato fin
High School Radio di
dalle prime puntate
Elleradio, conquista il
del programma, con il
più alto gradino del
podio nella classifica di suo abile e sicuro
destreggiarsi al mixer
tappa del mese di
della regia. Non si
Dicembre, dopo aver
smentiscono le grandi
sfiorato la vittoria per
due mesi consecutivi e capacità di Arnold
Koka, Giorgia Iacopino
riuscendo ora, grazie
e Giacomo Spinucci, le
alla votazione della
giuria tecnica, a impor- cui esilaranti perforsi in testa alla classifica mances di speaker
generale. Perfino nelle sono rese possibili
anche dai contenuti
competizioni individuali il Kant si è distin- delle diverse rubriche,
montati da Andrea Di
to. Nella categoria
Pietro e curati da
autori questo mese
Adriana Ciampaglia,
esce vittoriosa Sara
Laura Cocco, Giulia
Biancorosso, studen-
S
Gramigna, Silvia
Ciambellini, Heba
Mohammed, Stefano
Blando, Tommaso
Olivieri e Giulio Pasqualini affiancati dalle
brillanti reporters
Roberta Corazzesi, Sveva Di Buò e Veronica
Abate; quest’ultima,
inoltre, insieme all’esordiente Gabriele
Marolla, si è cimentata
nel ruolo di conduttrice in cui si sentono
perfettamente a
proprio agio Agnese
Tittoni e la sottoscritta,
tra cui è nata una
eccezionale intesa e
che nel corso di una
delle ultime puntate si
sono lanciate in un
appello agli altri istituti
romani affinché condividessero le meravigliose iniziative kantiane come, ad esempio,
la “Settimana contro
l’omofobia”. Il gruppo
di lavoro si è certamente ridimensionato
a causa dell’incalzante
ritmo scolastico, per
alcuni risultato incompatibile con gli altrettanto incalzanti
ritmi del progetto,
ma i ragazzi non si
danno per vinti.
Nonostante le
nuove sfide proposte da Elleradio,
gli studenti del
Kant dimostrano
grande capacità di
adattamento e
versatilità artistica
nell’affrontare e
superare le stimolanti
prove del concorso. Tra
queste interessante è
una rubrica di cui sono
protagonisti solo ed
esclusivamente i
professori del nostro
istituto, di cui si ringrazia la gentile collaborazione, in particolar
modo del docente di
Storia e Filosofia, Lelio
La Porta, e del docente
di Storia dell’Arte,
Valerio Giannetti, che
già si sono resi disponibili a dare il proprio
contributo. I nostri
insegnanti dovranno in
soli 3 minuti, ogni
puntata, riassumere in
“pillole” di cultura
personaggi e argomenti fondamentali
nelle loro materie
didattiche. Ovviamente non si può non
citare la professoressa
Forconi, referente del
progetto, sempre pronta a sostenere e consigliare i suoi studenti.
Con la certezza che i
nostri compagni,
motivati e ambiziosi,
collezioneranno un
successo dopo l’altro,
sbaragliando la concorrenza, continuiamo
a votare il programma
sul sito www. Highschoolradio.it e rimaniamo sintonizzati,
ogni fine settimana,
sulle frequenze 88.100
di Elleradio: Random
vi aspetta!
— di Giulia Di Censi, IIID
12
INTERVISTE
INTERVISTE
Luce d’Eramo: un esempio di coraggio e
anticonformismo
Intervista al figlio Marco d’Eramo
D
iciotto anni è quell’età critica che ci scaraventa di getto nel mondo più maturo degli adulti, quell’età in cui si cominciano ad assumere le proprie responsabilità o fare le prime
scelte, come quella universitaria per esempio. Ma non era all’università che Luce d’Eramo
stava pensando a diciott’anni: la sua scelta, infatti, fu quella di prendere un treno da Como e andare in un campo di concentramento. Senza essere costretta, denunciata o rastrellata. Difficile
trovare qualcuno che non la definisca una decisione folle e insensata. Tuttavia bisogna prima
conoscere il motivo e soprattutto la personalità di chi si è gettato in un’impresa simile. Solo dopo
potrete esprimere un giudizio.
Luce è una giovane brillante ed energica, cresciuta nel mito fascista (il padre era sottosegretario
all’aviazione nella Repubblica di Salò), che, non credendo alle voci riguardanti l’orrore dei campi
di sterminio, decide di andare a verificare di persona lo stato effettivo dei lager. Così, il 7 febbraio
1944 eludendo la sorveglianza della famiglia, fugge dalla sua elegante villa di Como per andare a
lavorare nella fabbrica del campo di Francoforte-Höchst, Germania. Il viaggio che intraprende si
rivelerà un’odissea di avventure, fughe rocambolesche, incontri e scontri decisivi, tasselli di un’esperienza che incideranno profondamente anche nel suo pensiero ideologico: ripudia, infatti, le
idee fasciste con cui era stata educata per abbracciare principi libertari e di sinistra. Questi eventi
saranno destinati, però, a interrompersi a Magonza il 27 febbraio 1945: mentre tentava di salvare
delle persone rimaste intrappolate dalle macerie di un bombardamento, un muro le crolla addosso. Riuscirà a salvarsi, ma rimarrà immobilizzata per il resto della vita su una sedia a rotelle.
Le viene negato il movimento delle gambe, ma non della mente e della fantasia: riversa così le
sue memorie nel suo primo romanzo, “Deviazione”, pubblicato nel 1979 con un successo editoriale immediato. Da allora Luce continua a seguire la sua vocazione letteraria con Nucleo Zero,
Partiranno, Si prega di non disturbare, divenendo una delle firme più note della letteratura degli
anni ’80. Si spegne il 6 marzo 2001 all’età di 75 anni.
Marco d’Eramo, suo figlio, giornalista e scrittore, ce ne offre un ritratto intenso e, per certi aspetti,
sorprendente.
Come le ha raccontato sua
madre la storia della sua
vita?
Io con la vicenda di mia madre
ci sono vissuto ogni giorno,
standole accanto. Anche mio
padre, Pacifico (anche se tanto
pacifico non era…), ricordava
spesso la campagna di Russia.
Quindi la guerra mi è sempre
stata familiare, basti pensare
poi che negli anni ’50 era come
se fosse accaduta il giorno prima, era presente in tutti i sensi.
Luce insieme al marito Pacifico e il piccolo Marco
13
E cosa ha pensato la prima
volta che ha sentito che era
andata volontaria nei lager?
Mah non lo so, già è poco
normale che una persona vada
in un lager portandosi dietro
Spinoza, Kant e “Mein Kampf”,
quindi all’interno di questa
eccentricità la sua scelta non
risultava tanto più eccentrica…
Lei era fatta così, non c’è nulla
da comprendere. Per esempio
noi abbiamo sempre festeggiato la data del 27 febbraio,
il giorno in cui il muro le è
17 giugno 1925: Luce
crollato addosso. Uno potrebbe
chiedersi perché mai festeggiare quella data, ma perché a lei
non piacevano le persone che
si prendevano troppo sul serio,
tendeva sempre a volgere le
cose in allegria, a guardarle con
una certa canzonatura.
Perché a Verona si è fatta arrestare volontariamente? Ormai
aveva appurato che le voci sui
lager erano vere, quindi perché tornarci?
Mia madre si era resa conto
che fino a quando fosse stata la
figlia di suo padre, la figlia di un
fascista, e avesse avuto con sé i
suoi documenti, sarebbe sempre
stata trattata in modo diverso,
perché il problema non era di
appartenenza nazionale, ma era
un problema di credo politico e
di condizione sociale. E così aveva capito che, in questa situazione, il suo destino sarebbe stato
ineluttabilmente favorito, se non
si fosse scrollata di dosso questa
sua origine sociale. Perciò straccia i documenti e si fa arrestare
a Verona, per tornare lì questa
volta come figlia di nessuno e
vivere fino in fondo, sulla propria
pelle, il destino degli internati.
Qual è la ragione del lungo
periodo di “gestazione” del
libro?
Ci ha impiegato più di trent’anni
per scriverlo.
“Deviazione” non è solo il romanzo di una vicenda di guerra,
ma è anche un romanzo sulla
conquista della memoria di questa stessa vicenda. Mia madre
aveva sotterrato e nascosto quei
ricordi, senza saperlo. Ma questo
può succedere a tutti, quante
volte finita una storia d’amore ce
la raccontiamo in modo diverso? Spesso siamo proprio noi
a deformare il passato, anche
involontariamente, e quindi
riconquistare il passato reale, al
di là della deformazione della
memoria, è la seconda trama del
libro, una storia della riconquista
della verità vissuta.
Nel libro dice più volte di sentirsi diversa, aliena, ma questo
senso di estraneità è sempre
stato insito in lei oppure l’ha
sviluppato dopo l’esperienza
nei lager?
L’ha elaborato nel corso del
tempo, al riguardo ci ha scritto
persino un libro “Io sono un’aliena”, in cui parla proprio di questo, di come si sentiva attratta
dalla diversità, da tutto quello
che non è riconducibile a comportamenti “conformi”, accettati
dalla normalità. Questa era di
fondo la spinta delle storie che
raccontava.
Durante la guerra ci sono stati
tanti casi di eroismo da parte
di giovani che hanno preso
parte attiva alla resistenza.
Secondo lei sono i momenti di
difficoltà che li hanno portati a compiere questi atti di
coraggio oppure si trattava
di una generazione più forte
della nostra?
Per prima cosa dobbiamo
pensare che le persone cambiano tantissimo a seconda della
situazione a cui sono sottoposte.
Però bisogna anche aggiungere
che quella di una volta era una
generazione in cui la retorica
dominante dei mass media esaltava l’eroismo e educava ai valori
del sacrificio, del nazionalismo,
“Lucette” Mangione
(d’Eramo è il nome da
sposata) nasce a Reims,
in Francia; vi rimane fino
al 1939, anno in cui si
trasferisce con la famiglia
in Italia.
7 febbraio 1944: scappa
di casa per andare a lavorare come operaia in un
campo di lavoro tedesco.
2 agosto 1944: a
Verona, dopo essere stata
rimpatriata grazie all’intercessione del console
italiano in Germania, si fa
arrestare volontariamente
da una colonna di soldati
nazisti per tornare nei
lager. Viene internata nel
campo di concentramento
di Dachau.
Dicembre 1944: evade dal
campo durante un bombardamento aereo. Si unisce
a un gruppo di ricercati e
clandestini di varie nazionalità.
27 febbraio 1945: a
Magonza rimane schiacciata da un muro, mentre
tentava di soccorrere delle
persone rimaste intrappolate dalle macerie di
un’abitazione.
7 dicembre 1945: dopo
mesi di convalescenza in
ospedale, torna in Italia.
Gennaio 1979: pubblica
“Deviazione”, dando così
inizio alla sua carriera
letteraria.
6 marzo 2001: muore a
Roma all’età di 75 anni. È
sepolta nel cimitero acattolico della capitale.
14
INTERVISTE
INTERVISTE
mentre oggi tutto questo non accade -magari è
un bene- perché ci sono delle virtù che vengono
insegnate in alcuni periodi e in altri no. Oggi la
generazione è diversa, perché è stata plasmata
diversa e perché gli ideali che le vengono inculcati sono totalmente differenti. Come cambiano
le epoche, mutano anche i valori morali che
vengono considerati giusti.
— di Arianna Antonelli, IIIA
Aquile Randagie
Intervista a Mario Isella
I
l 9 gennaio 1927 una legge fascista decretò lo scioglimento dei gruppi scout nei centri
inferiori a 20.000 abitanti e impostò l’obbligo di inserire nelle insegne scout la sigla ONB
(Opera Nazionale Balilla). Il 24 gennaio dello stesso anno l’ASCI fu dichiarato sciolto da
papa Pio XI mentre il 9 aprile
Questa intervista è stata scritta nel mese di dicembre. Purtroppo però il 1 gennaio
1928 fu soppresso dal Consiglio dei
Mario Isella è morto a causa di difficoltà respiratorie e come è riportato in alcuni giorMinistri. Alcuni scout di Monza e Mila- nali “è tornato alla casa del padre e ora corre per le praterie del cielo”.
no però, pur avendo deposto ufficialmente le proprie insegne, continuarono clandestinamente le loro attività
sotto il nome di Aquile Randagie (AR)
per ben 16 anni, 11 mesi e 5 giorni.
Nella lettera della loro fondazione
il 10 ottobre 1928 si legge: “Noi non
abbiamo intenzione di organizzare insignificanti gruppi alpinistici o ginnastici,
poiché questi rovinano il nostro Metodo
che toccherebbe soltanto il lato materiale
mentre lo scopo dell’ASCI è sempre stato
specialmente la formazione morale.”
Mario Isella è un’AR ormai novantenne, nato il 6 settembre 1923 a Monza ed è uno delle ultime AR ancora
superstiti*. All’età di dodici anni, nel
1935, invitato dal delegato della
sezione aspiranti dell’oratorio del Duomo, Beniamino Casati, iniziò a partecipare ai vari incontri
e campi estivi. “L’ASCI è sciolta, l’ASCI non muore!” era il celebre motto di Casati, che, aiutato da
Ghetti, mantenne fede alla sua Promessa e si unì subito ad altri scout milanesi, che, sotto la guida di Giulio Uccellini e Virgilio Binelli, avevano formato il gruppo delle AR. Nel 1936 partecipò al
suo primo campo estivo in una colonia marina e nel 1938 fu riconosciuto ufficialmente AR con
la cerimonia del “ol-din-dau”. Oggi Isella continua ancora a impegnarsi all’interno del movimento
e ha scritto ben tre libri: “Penne d’aquila”, stralci di corrispondenza tra le AR di Monza negli anni
1929-42, “Fedeli e ribelli” e “Cantando nella notte”.
15
Cosa ti ha spinto a entrare a far parte degli
tuo partecipare clandestinamente a queste
scout?
attività?
Non è che c’è stata una spinta. Non è che ho
I miei genitori erano d’accordo senza spingermi,
deciso… ecco mi son trovato legato con gli
però mi hanno permesso di rimanere e partecialtri. Eravamo tutti amici; siamo rimasti uniti
pare al gruppo.
tra noi da un ideale di lealtà, fraternità. Io con
i miei fratelli maggiori –eravamo tre maschi e
Si sono verificati dei casi in cui si è trovato a
due femmine- andavo all’oratorio dei Barnabiti a faccia a faccia con le autorità?
Monza, ma non mi trovavo molto bene, così un
No, per fortuna no, ma non tutti i miei compagni
giorno ho detto: “Io non vado più”. In casa mia
si sono potuti ritenere altrettanto fortunati.
mi dissero: ”Vai, dove vuoi, ma all’oratorio devi
andare”. Allora sono andato lì al Redentore, dove Le è mai capitato di aiutare in prima persoho trovato i miei compagni di scuola perché
na dei perseguitati politici, ebrei, prigionienel frattempo ho cambiato anche scuola. Prima
ri... o anche dei nemici a fuggire in Svizzera?
andavo alla scuola Raiberti, poi nel
No, io non sono entrato a far parte
1931 ho dovuto frequentare la quar- L’OSCAR (Organizzazione dell’OSCAR. Tra i monzesi, infatti,
Scout Collocamento Assita elementare alla De Amicis.
l’unico a conoscenza di quest’orstenza Ricercati) fu un’organizzazione era don Aldo Mauri
ganizzazione creata dall’AR
Che cosa ti ha dato la forza di
perché già l’8 settembre quando i
dopo l’armistizio dell’Italia
rimanere fedele alla Promessa
militari sono scappati tutti a casa
per aiutare a espatriare in
scout e perseguire i suoi ideali per Svizzera ex-prigionieri, disera cappellano allo stabilimento
sidenti ed ebrei. Il termine
così tanto tempo?
SNIA. Quando i militari se ne sono
Ho fatto una promessa e la promes- “Scout” fu ben presto sostiandati, presso lo stabilimento c’era
tuito con” Soccorso”. Grazie
sa va mantenuta.
una sessantina di operai africani
a questa si salvarono ben
senegalesi o nigeriani, che non
850 prigionieri di guerra, 100
Quali difficoltà e problemi ha
sapevano più cosa fare giacché
ricercati politici, 500 tra renitenti ed ebrei, 200 ricercati,
riscontrato nel partecipare alle
erano tenuti prigionieri dai militari
con 2166 espatri clandestini
attività scout durante il periodo
che se ne erano andati. Don Aldo
e 3000 documenti falsi.
della soppressione del movimenallora li ha caricati tutti su due cato da parte del fascismo?
mion e li ha portati in Svizzera.
Ho cominciato a dodici anni e sono arrivato
a ventidue, nel ’45. Non è stata una cosa così
Qual è uno dei suoi ricordi più belli di quel
istantanea. Cosa che è nata ed è seguita. Come
tempo?
già dicevo, siccome eravamo tra amici già dall’oCertamente il momento della promessa fatta
ratorio si è portata avanti da sola.
il 28 aprile 1940 con i miei amici Giulio Banfi e
Peppino Nobili, anche perché mi è stato asseChe cosa è successo allo scoppio della guergnato il Totem di Bufalo.
ra?
Tutti sono dovuti andare al militare, giacché
S’inizia la cerimonia dell’investitura, ed ecco fra un quadrato di circa 40 persone, io, Isella, Nobili Peppino e Walter (di Milano) siamo
dicevano che nella Promessa si parla anche di
accanto ai nostri padrini, e cioè per me Morgan, per Isella Hati, per
compiere il proprio dovere verso Dio e verso il
Peppino Mowgli, per l’altro Cicca. Primo a pronunciarla sono io, e
non ti saprei spiegare con quale commozione tesi questo braccio
proprio paese, quindi se la Patria ti chiama o ti
pronunciando quella Promessa che tanto avevo desiderato, per
dai disertore e ne subisce danni la tua famiglia o
entrare anch’io nell’immenso numero della famiglia scautistica.
rispetti la tua legge. Uno di noi è persino morto
Venne poi la volta degli altri e tutti con lo stesso entusiasmo ci dichiarammo pronti a seguire quella legge santa e quella Promessa
in Albania, Orsenigo. Dopo l’8 settembre sono
incancellabile nel cuore di un vero cristiano” [tratto dalla lettera di
tornati tutti a casa.
Giulio a Camillo del 1 maggio 1940, Monza].
Che cosa pensavano i suoi genitori riguardo
a ciò? Avete mai discusso e litigato circa il
— di Valentina Midolo, IA
16
RECENSIONI
RUBRICA CINEMATOGRAFICA
Come un romanzo
C
ome un romanzo è un saggio di Daniel
Pennac scritto nel 1993. Durante la
realizzazione del ciclo Malaussène, che
lo ha reso famoso, lo scrittore francese produce
questo straordinario omaggio alla lettura, scritto
con quell’ironia che caratterizza l’artista e che
rende ogni sua opera piacevole, affrontando il
problema, dal punto di vista sia di un romanziere
sia di un insegnante, di come si
possa aiutare i giovani a trovare il
“piacere di leggere”.
<<Il verbo leggere non sopporta
l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo
“amare”… il verbo “sognare”…>>
Con questa frase si annuncia già
l’argomento dell’intero scritto: non
si può obbligare a leggere. Come
insiste Pennac, la lettura dovrebbe
essere concessa gratuitamente, senza pretendere di imporre
alcun sapere, fin dall’infanzia. Ed è
proprio dall’infanzia che il lettore
inizia a formarsi, a partire dalla prima favola raccontata dai genitori e
dalle prime parole che riesce a riconoscere e a scrivere. Poi si arriva
all’età adolescenziale, anni difficili,
nei quali il lettore, non del tutto
completo, si ribella contro la monotonia dei testi
e combatte il fatto che gli si vengano imposti
determinati libri. Qui entra in gioco il problema
del tempo. Ma, se fin da subito si definisce “problema”, allora vuol dire che manca la voglia di
leggere, la forza per fermare tutto e dire “Scusate, devo andare a leggere”. <<In argot francese
leggere si dice ligoter, che vuol dire anche “incatenare”. Nel linguaggio figurativo un grosso libro
è un mattone. Sciogliete quelle catene e il mattone diventerà una nuvola.>> E proprio quando
questo verrà pienamente compreso, quando la
lettura diverrà un piacere, solo in quel momento,
si avrà un vero lettore a cui il dogma del piacere
di leggere si è completamente rivelato.
— di Michela Sabani, IIIGL
17
La mafia uccide solo d’estate
I DIRITTI
IMPERSCRITTIBILI
DEL LETTORE
I . Il diritto di non
leggere
II . Il diritto di
saltare le pagine
III . Il diritto di
non finire un libro
IV . Il diritto di
rileggere
V . Il diritto di
leggere
qualsiasi
cosa
VI . Il diritto al
bovarismo (malattia testualmente
contagiosa)
VII . Il diritto di
leggere ovunque
VIII . Il diritto di
spizzicare
IX . Il diritto di
leggere a voce alta
X . Il diritto di
tacere
GENERE: Docu-commedia
REGIA: Pierfrancesco Diliberto, Pif.
SCENEGGIATURA: Michele
Astori, Pierfrancesco Diliberto,
Marco Martani.
CAST: Pif, Cristiana Capotondi,
Ginevra Antona, Alex Bisconti,
Claudio Gioè.
N
ato a Palermo negli anni ‘70, Arturo è stato concepito la sera in cui
Totò Riina, Bernardo Provenzano e
altri tre uomini della famiglia Badalamenti,
uccisero Michele Cavataio vestiti da militari
della Guardia di Finanza. Da quel momento, la sua vita è costantemente legata alla
mafia ma anche a quei personaggi che la
combattono e che, con il passare degli anni,
vengono falciati, trucidati, fatti esplodere.
Cresciuto in una famiglia passiva e in una
città “muta”, la morte di Giovanni Falcone
e Paolo Borsellino risveglierà Arturo da un
sonno atavico e dentro una Palermo finalmente cosciente.
“La mafia uccide solo d’estate” è un film che
diverte e commuove. Perché si può anche
parlare di mafia con un sorriso. Ed è proprio con questo che Pierfrancesco Diliberto racconta le stragi mafiose della Sicilia
attraverso gli occhi dell’amore, inizialmente
non corrisposto, di Arturo per Flora. Degna
di nota è la capacità del regista di concentrare in un unica pellicola di 90 minuti la
tragica storia della Palermo tra gli anni ‘70
e ‘90 circa: a partire dal commissario Boris
Giuliano e il Generale Dalla Chiesa fino ad
arrivare a Falcone e Borsellino che diedero
“la sveglia” a quei cittadini che fino ad allora
non avevano percepito il vero pericolo della
mafia... o forse il silenzio permetteva loro di
essere ancora vivi.
Non bisogna preoccuparsi delle sparatorie
o delle bombe, perché “La mafia uccide solo
d’estate” assicura il padre del piccolo Arturo, battuta emblematica e divenuta titolo
del film che palesa l’evidente paura di tutte quelle famiglie estranee alla criminalità,
nascosta da un apparente disinteressamento da parte degli stessi.
Un film come questo non è solo un contributo alla memoria di tutti i caduti per mano
mafiosa, ma la presentazione di un nuovo linguaggio per trattare temi di tale importanza, che finora sembra essere sperimentato esclusivamente dal regista e attore
protagonista Pif.
E’ per tutto questo che consiglio vivamente di andarlo a vedere, per dare voce ai protagonisti dell’ottimo cinema italiano emergente.
— di Virginia Cenciarelli, IVAL
18
RECENSIONI
Storie di cani e di
amicizia
L’
associazione MONDI A CONFRONTO si batte ogni giorno per il diritto
di esistere degli animali diversi dall’
essere umano (gli Altri Animali) e proviamo
rabbia per i loro diritti calpestati. Uno dei
nostri obiettivi principali è sensibilizzare l’
opinione pubblica a tutelare e a proteggere
gli animali. L’ immagine che dobbiamo avere
dei nostri animali è quella di compagni di
vita, che hanno una loro dignità e bisogna
rispettarla.
In questo libro ci sono
26 storie di cani narrate
da grandi autori che
celebrano il più antico e
fedele amico dell’ uomo
perché l’incontro con un
cane può diventare una
grande e solida storia d’
amicizia che trasforma la
nostra biografia in un
quadro di cui noi siamo
gli unici pittori.
Autori e personaggi pubblici italiani noti e amati
da tutti si ‘’mettono a nudo’’ raccontando un
episodio con un cane protagonista. Storie brevissime o di respiro più ampio, costituiscono tanti
tasselli di un grande mosaico. Episodi buffi o
commoventi, storie che fanno riflettere a lungo e che con il tempo rivelano il loro senso più
profondo o avvenimenti di immediato impatto
conducono il lettore cinofilo a scoprire e a ritrovare il senso profondo di un’amicizia che dura da
millenni. L’amicizia fra l’uomo e il cane. A tutto, la
prefazione di Roberto Marchesini dà una lettura
personale e fornisce al pubblico anche le chiavi
di interpretazione scientifica dei comportamenti
canini.
Il libro lo trovate in tutte le librerie al prezzo di
14.90 euro, di cui una parte andrà devoluta alla
mia associazione.
Buona lettura!
— di Giuliano Turturro, IIIAL
19
RUBRICA: GREEN(H)EART(H)
GREEN(H)EART(H)
Allevamenti intensivi:
come ti cambiano il
pianeta
N
el numero precedente ho cercato di
introdurre alcuni dei trattamenti che
subiscono gli animali detenuti negli
allevamenti intensivi. Stavolta voglio porre
l’accento sugli aspetti più “tecnici” di queste
gigantesche fabbriche della morte, in particolare l’influenza che esse hanno sull’ambiente.
Una premessa è d’obbligo: per trattare un
argomento tale è necessario analizzare tanto
l’impatto delle strutture sul territorio, quanto
tutto il sistema che vi ruota intorno. Non si
può risalire al quantitativo completo del consumo di acqua in un allevamento solo basandosi su quello adibito all’abbeveraggio degli
animali. Per un esame esauriente va considerata anche la quantità impiegata nelle coltivazioni destinate alla produzione del cibo che
consumeranno, e soprattutto quella utilizzata
per la pulizia delle stalle o altre attività del genere. Lo stesso discorso vale ovviamente per
lo sfruttamento di energia o per l’uso di prodotti chimici, tanto per citarne un paio. Dal
1945 ad oggi, infatti, il consumo dei pesticidi è
decuplicato. Non si tratta però di un problema
legato all’agricoltura in sé, quanto a quella finalizzata all’allevamento: per quanto riguarda
gli erbicidi, ad esempio, è indicativo che l’80%
di quelli usati negli USA venga utilizzato nei
campi destinati al bestiame. Questo massiccio
uso di fertilizzanti è dovuto soprattutto alla
pratica della monocoltura (coltura intensiva
di una sola specie vegetale) che impoverisce il
terreno, il quale necessita dopo pochi anni di
sostanze chimiche per essere recuperato. Se
anziché alla monocoltura fossero destinati a
coltivazioni a rotazione per uso diretto umano, non sarebbero necessari prodotti chimici,
poiché il suolo rimarrebbe fertile.
Gli allevamenti consumano anche una quantità d’acqua molto maggiore di quella necessaria a coltivare vegetali destinati al consumo
umano. L’ennesima prova che se gran parte
dei terreni destinati ad allevamento e ad
UN PO’ DI NUMERI...
• PER PRODURRE 1 KG DI CARNE SERVONO 15 KG DI CEREALI.
• 500.000 LITRI DI ACQUA SERVONO A PRODURRE 5 KG DI
CARNE.
LA STESSA QUANTITÀ È IN MEDIA L’ACQUA CONSUMATA
DA UNA FAMIGLIA MEDIA IN 1
ANNO.
• LA QUANTITÀ DI DEIEZIONI
PRODOTTE DA UNA VACCA
EQUIVALE A QUELLA PRODOTTA DA 20-40 PERSONE.
• OGNI HAMBURGER IMPORTATO DALL’AMERICA COMPORTA
L’ABBATTIMENTO E LA TRASFORMAZIONE A PASCOLO DI 6 m²
DI FORESTA.
• LE EMISSIONI DI GAS SERRA
CAUSATE DAL SETTORE ZOOTECNICO SONO PARI AL 18%
DEL TOTALE.
• IN TOTALE, TRASFORMANDO IL NUMERO DI ANIMALI IN
QUELLO EQUIVALENTE DI PERSONE CHE PRODURREBBERO
LO STESSO INQUINAMENTO DA
DEIEZIONI, GLI ANIMALI EQUIVALGONO A UNA
POPOLAZIONE AGGIUNTIVA DI
137 MILIONI DI CITTADINI.
agricoltura ad esso finalizzata fossero invece rivolti
alla popolazione, non ci sarebbe più fame nel mondo.
Ma a chi appartengono questi terreni? Di certo non, come
ci si potrebbe forse figurare, al contadinello nella campagna di provincia. Due dei fenomeni più strettamente
legati agli allevamenti intensivi sono il disboscamento
e la desertificazione del pianeta. Ogni anno scompaiono 17 milioni di ettari di foreste tropicali, di cui l’88%
adibito a pascolo. Eppure, paradossalmente, l’ecosistema
tropicale non è affatto adatto a questo utilizzo, poiché lo
strato superficiale del suolo contiene poco nutrimento ed
è fragile. Ciò comporta una durata limitata della rendita
e l’indotta sterilità della terra. Allora si passa ad abbattere nuovi ettari di foresta, i cui alberi vengono raramente
commercializzati – spesso è più conveniente bruciarli sul
posto.
C’è un altro aspetto che molti sottovalutano, ed è quello
delle deiezioni animali. Si pensi che in Italia gli animali
d’allevamento producono circa 19 milioni di tonnellate di
escrementi a scarso contenuto organico, che non possono essere utilizzati come concimi. Contengono prodotti chimici (farmaci, fertilizzanti) di cui gli animali sono
imbottiti, e un alto livello di fosforo e azoto che filtrando
nei corsi d’acqua ne alterano la qualità danneggiando
ecosistemi acquatici e zone umide. A questo aspetto sono
anche strettamente collegate le ripercussioni sull’effetto
serra, a causa dei liquami inquinanti e delle emissioni
di gas serra dovuti al processo digestivo degli animali.
Un’altra gran parte delle emissioni di gas serra è provocata dalla trasformazione di cibo vegetale in animale (tutti i
processi industriali necessari a produrre carne, uova, latte,
ecc…), che comporta un grande spreco di risorse (suolo,
acqua, energie, sostanze chimiche). Tutto questo lavoro
contribuisce in maniera determinante all’effetto serra.
Cosa possiamo dedurre da tutto ciò? Semplice: se non
eliminare, quantomeno ridurre il consumo di derivati animali, specialmente di carne, diminuirebbe sensibilmente
gli sprechi e i danni all’ambiente.
A giocare un ruolo di fondamentale importanza è, come
sempre, l’informazione: essere davvero consapevoli, è
questo che rende veramente liberi di poter scegliere e
migliorare.
— di Giuditta Migiani, IIIAL
www.saicosamangi.info
20
RUBRICA: LE VAGAMONDO
RUBRICA: LE VAGAMONDO
La città dei sassi
La rana, l’astronauta
e... la piccola Roma
O
C
apitale della cultura nel 2002, insieme a Bruges, e dichiarata Patrimonio
dell’Umanità dall’UNESCO nel 1985,
Salamanca è una storica e suggestiva città
appartenente alla Comunità Autonoma
della Castilla y León. È sicuramente conosciuta come città del sapere in quanto sede
della più antica università spagnola ancora
esistente, l’Università di Salamanca, la quale,
insieme a quelle di Oxford, Cambridge, Parigi e
Bologna è una delle più antiche di tutta Europa.
Situata sulle sponde del fiume Tormes, ha l’aspetto di una città medievale, con strette viuzze
e suggestivi angoli ed è infatti nota per la sua
ricchezza artistica: cattedrali, conventi, palazzi,
chiese che riuniscono stili come il romanico, il
gotico, il barocco.
La Plaza Mayor è il cuore pulsante della città
dalla quale si diramano varie vie che portano alle
attrazioni principali: la Rua Mayor porta alle due
cattedrali più importanti, la Catedral Nueva in
stile gotico, e la Catedral Vieja, in stile romanico,
e alla Casa de las Conchas, la cui facciata rinascimentale è decorata con conchiglie scolpite.
Salamanca è anche la città delle curiosità nascoste. Tra i suoi simboli, infatti, vi è la famosa rana
raffigurata sopra un teschio sulla facciata della
21
storica Università. La tradizione vuole che porti
fortuna a chi riesca ad individuarla senza aiuti, in
particolare agli studenti che devono dare esami
o laurearsi. Due curiose stranezze si trovano invece sulla facciata della Cattedrale Nuova dove,
su un bassorilievo, sono raffigurati un astronauta e un dragone che regge un cono gelato,
particolari che non risalgono ovviamente alla
costruzione originale, ma che sono stati aggiunti
nell’ultimo restauro.
È una città d’arte che si attesta fra le più importanti, capace di fondere vivacità culturale e
fascino artistico… non a caso è storicamente
chiamata “Roma la chica” -La piccola Roma-.
ggi visiteremo Matera, seconda città
della Basilicata per popolazione, nonché il più grande comune per superficie
della Basilicata. È nota per gli storici rioni sassi
che furono riconosciuti nel 1993 Patrimonio
dell’umanità UNESCO. Matera è un posto incantevole dove il tempo sembra essersi fermato a
2000 anni fa, un luogo davvero molto suggestivo
anche grazie alla grande responsabilità dei materani che tengono molto alla pulizia nei “sassi”.
— di Chiara Innocenzi, IA
nea, l’antico sistema di raccolta delle acque
piovane -scendendo a 18 m di profondità
avrete modo di scoprire gli stratagemmi di
ingegneria idraulica usati diverse epoche
fa.
E infine: dormite nei sassi, in camere scavate nella roccia! Forse sono un po’ fredde e
umide, ma aprire la porta-finestra di queste
“abitazioni” e vedere la luce del mattino
illuminare i sassi… vale la pena usufruire di
qualche comodità in meno!
È un’esperienza da fare, consiglio a chiunque di andarci almeno una volta nella vita e
di godersi la gita, Matera e i materani rimarranno sempre nel vostro cuore.
— di Marta Dibitonto, IA
Gli antichi rioni chiamati sassi, con le cisterne e
i sistemi di raccolta delle acque,
sono la principale caratteristica di
Matera. Le piccole botteghe, poi, le
chiese rupestri e le antiche abitazioni contribuiscono a rendere
questo luogo speciale e magico.
Matera è un patrimonio unico di
cui non si smette mai di meravigliarsi e sicuramente non è una
città che si può scoprire in due ore!
Da includere nella visita a Matera
ci sono: la Chiesa di Santa Maria di
Idris, una chiesa tra le rocce situata
su un masso tufaceo di grande dimensione nel quale è stata scavata;
la Musma -Il Museo della Scultura
Contemporanea; Matera sotterra22
RUBRICA: SCOUT
RUBRICA: BATTAGLIE
Battaglia di
Pistoia
IL PERIODO
STORICO
uesta poco
famosa battaglia si svolse
nel 62 a.C. . La Repubblica era impegnata
in quel momento in
uno sforzo militare
molto importante,
infatti Gneo Pompeo
si stava occupando di
sottomettere i territori
orientali. A Roma, invece, i sostenitori di Silla
erano confluiti, dopo la
sua morte nel 78 a.C.,
sotto Catilina e i suoi
compagni. Questi erano per la maggioranza
persone indebitate e
donne, il fascino da
rivoluzionario, infatti,
era irresistibile per le
donne dell’epoca, abbindolate da promesse
di parità di diritti, che
volevano che il loro
leader diventasse console in modo tale che
egli cancellasse i loro
problemi. Dopo aver
provato per svariate
volte a raggiungere la
massima carica dello
stato legalmente, il
Nostro decise di riunire
sotto il suo comando
i veterani di Silla a lui
fedeli e di effettuare
un colpo di stato. Il
console allora vigente,
Q
23
ovvero Marco Tullio
(non il professore di
religione eh) Cicerone,
riuscì tramite la conoscenza di un’amante di
un congiurato a scoprire e a sventare il colpo
di stato. Catilina, ormai
scoperto, è costretto
a fuggire con il suo
esercito a Pistoia dove,
bloccato dalle forze repubblicane, è costretto
alla battaglia.
I PERSONAGGI
Catilina, leader populares che aspirava al
consolato. Cicerone,
console in carica che
sventò la famosa congiura. Marco Petruvio,
comandante dell’esercito anti-catilinario in
vece del proconsole
della Gallia Cisalpina.
IL LUOGO
Lo scontro si svolse
vicino Pistoia in una
stretta valle; il luogo fu
scelto da Catilina poiché il suo esercito era
in inferiorità numerica
e quindi in tale loco la
superiorità numerica
nemica non si poté
sviluppare.
LE FORZE IN
CAMPO
I Catilinari avevano a
disposizione due legioni di veterani di Silla
che erano stati richiamati dal servizio con
la prospettiva di guadagno, mentre i loro
avversari disponevano
di ben tre legioni .
LO SCONTRO
I due eserciti contrapposti, una volta
organizzata la schiera,
caricarono l’uno contro
l’altro; l’urto fu violento, ma entrambi gli
schieramenti ressero
nonostante il vigoroso
impatto. Man mano
che morivano, i soldati
nell’esercito di Catilina venivano sostituiti
dalle forze di riserva.
Questa tattica è decisamente poco ortodossa,
infatti la seconda e la
terza linea venivano
di norma utilizzate per
aggirare il nemico o
-in situazioni di estrema necessità- dare
man forte in caso di
cedimento. La tattica,
però, ebbe successo
data l’esigua larghezza
della vallata. I legionari
di entrambi gli schieramenti erano molto
agguerriti e lo scontro
si concluse con la vittoria della Repubblica.
Catilina, quando vide
che la sconfitta era ormai prossima, si lanciò
nel folto della battaglia
e morì dopo aver fatto
strage di molti nemici. I
suoi soldati non furono
da meno, infatti, come
ci narra Sallustio, furono tutti ritrovati con
ferite al petto, segno
che non fuggirono,
ma combatterono fino
all’arrivo della loro
morte.
COMMENTO
PERSONALE
Questa battaglia non
fu molto importante
dal punto di vista pratico, infatti la vittoria
dei repubblicani era
scontata, ma lo fu, invece, sul piano morale,
infatti ci mostra come
le lotte più feroci non
furono fra stranieri
ma tra concittadini
mossi da ideali diversi
e pronti a tutto per
difenderli. La congiura,
in generale, ha dato
inoltre l’opportunità a
Cicerone di mettere in
mostra il suo talento
nelle famose orazioni
“Catilinarie” che furono
eseguite contro Catilina.
Note
I più sentiti ringraziamenti a Rachele Caprari che mi ha suggerito di trattare questa
battaglia.
— di Michelangelo
Conserva, IC
“La pioggia
inizia con una
goccia”
e capacità e ciò li esorta a cercare di superarli.
Il progetto Filippide nacque
a Roma come centro sportivo
di eccellenza per tutti i “diversamente abili” e come centro
di ricerca e sviluppo di metodi
innovativi rivolti al trattamento
no dei valori principali
dei ragazzi affetti da autismo,
dello scautismo è lo
patologia che negli ultimi anni
spirito di servizio nei
si sta diffondendo sempre più,
confronti degli altri, indistintacon un tasso d’incidenza sulle
mente dalle condizioni sociali,
nascite pari a 1 su 100 e una
età, provenienza, etnia, lingua,
crescita annuale tra il 10% e il
tradizioni, religione, cultura…
17%, soprattutto tra i maschi,
Uno scout deve essere, infatcolpiti 4 volte più delle femti, sempre pronto a prestare
soccorso al primo che incontra mine. Allarmanti sono i dati
per strada e si trova in difficoltà. dell’Unicef: oggi sono circa 93
milioni i bambini autistici, circa
“Sii preparato” è, infatti, il suo
165 milioni sotto i 5 anni hanno
motto. Spesso collabora con
dei problemi nella crescita.
associazioni e partecipa a iniL’evento è stato organizzato
ziative internazionali, come ad
esempio l’evento che si è tenu- dall’associazione Filippide e
to a Roma dal 29 novembre al 1 patrocinato da Senato della Redicembre 2013, cui ho assistito pubblica, Camera dei Deputati,
Dipartimento della Protezione
con altri clan scout di Roma e
Civile, Ministero dello Sport e
alcuni della Sardegna, gestendo il servizio d’ordine durante la Unicef, con lo scopo di riunire
bambini e ragazzi autistici promanifestazione.
venienti da tutta Italia e, attra“La pioggia inizia con una
verso competizioni sportive di
goccia” è il motto del nuovo
nuoto e atletica leggera, offrire
progetto Filippide, che è una
loro l’occasione di mettersi alla
derivazione dell’Associazione
prova, migliorare le loro capaSport e Società, fondata nel
1983 e affiliata al CIP, l’ente che cità relazionali, ridurre la loro
aggressività e potenziare le loro
si occupa di diffondere e promulgare lo sport tra gli autistici abilità motorie.
La manifestazione è iniziata
come strumento riabilitativo e
terapeutico al fine di aiutarli ad sabato mattina con una gara di
nuoto presso il Centro Sportivo
acquisire una propria autostidell’Acquacetosa ed è prosema, a diventare più autonomi,
guita la sera con la cerimonia
a integrarsi con il resto della
società. Attraverso la partecipa- di apertura nella sala Sinopoli,
all’interno dell’Auditorium Parzione a competizioni e attività
sportive quali l’atletica leggera, co della musica, diretta da Silvio
Sarta in compagnia di Valeria
il nuoto, il pattinaggio, lo sci
Ciardiello. Si è assistito a un’esinordico, il tennis… gli autistici
bizione delle allieve dell’Accaacquisiscono, infatti, maggiore
consapevolezza dei propri limiti demia di danza di Santa Cecilia,
U
a uno spettacolo inneggiante al
mito di Filippide, cui hanno partecipato degli alunni del liceo
Leonardo da Vinci di Pescara e
a una sfilata di ragazzi autistici,
divisi secondo la propria regione di appartenenza e preceduti
da un cartellino con scritto il
nome della propria città. La
cerimonia si è conclusa con
l’arrivo della fiaccola olimpionica con il tedoforo Valerio Russo
accompagnato dal padrino del
progetto “Filippide” Damiano
Tommasi. Erano presenti allo
spettacolo anche il sindaco di
Roma Ignazio Marino, il Presidente del progetto Filippide,
vicepresidente della FISDIR,
Nicola Pintus, il calciatore
Damiano Tommasi e lo speaker
ufficiale dell’AS Roma Matteo
Vespasiani. Domenica infine si è
svolta presso lo stadio di atletica Paolo Rosi la “Run for autism”,
prima gara podistica europea
di sensibilizzazione riguardo a
questo delicatissimo tema.
“Guardate lontano, e anche
quando credete di star guardando lontano, guardate ancora più lontano!”
[Baden Powell]
— di Valentina Midolo, IA
24
RUBRICA: SCACCHI
RUBRICA: SCACCHI
La triste storia
di un campione
C’
era una volta un
ragazzo molto talentuoso, a cui il padre
insegnò a giocare a scacchi
all’età di sei anni. Il piccolo
prodigio migliorava a vista
d’occhio: in poco tempo,
infatti, si mise in mostra in
competizioni di livello internazionale, distinguendosi
come uno dei migliori giocatori al mondo grazie alle sue
straordinarie doti. Oltre allo
stile di gioco brillante, quello
che colpiva di lui era la sua
umiltà, sulla quale si vanno
raccontando aneddoti che
infondono ancor più amarezza in chi conosce la triste sorte che gli toccò: trattava tutti
da suoi pari e appariva sempre sorridente e cortese, anche nei momenti in cui gli si
leggeva negli occhi che c’era
ben poco per cui sorridere.
Chi mai avrebbe trovato la
stessa forza e la stessa motivazione nelle sue condizioni?
Già in età molto giovane,
infatti, scoprì di essere gravemente malato e, solamente
dopo vari interventi, riuscì
a tornare a giocare nei
tornei, ottenendo nuovi
incredibili risultati; dovette tuttavia interrompere
per un’ultima, definitiva
volta la sua ascesa e a
nulla valsero i tentativi
di lottare per ciò che
più desiderava, ovvero
giocare a scacchi: non
gli fu risparmiata la
25
vita.
Non è una favola, ma la storia di
Vugar Gashimov, che è morto
lo scorso 11 gennaio 2014 ricoverato in una clinica a Heidelberg, in Germania. Vugar, nato
in Azerbaigian il 24 luglio 1986,
ha rappresentato il suo paese
ai Campionati europei giovanili dal 1996 al 2000, vincendo
quattro medaglie d’argento, ha
vinto inoltre i fortissimi tornei
internazionali di Cappelle la
Grande e Baku nel 2008 e Reggio Emilia nel 2010, ha giocato
per l’Azerbaigian in quattro
Olimipiadi, rispettivamente nel
2002, 2004, 2006 e 2008 e nel
2009 è stato il protagonista del
Campionato europeo a squadre, dove gli azeri hanno ottenuto la medaglia d’oro grazie
alla sua vittoria nella partita
dell’ultimo turno, che ha tenuto
tutti con il fiato sospeso fino
all’ultimo istante (su youtube è
possibile vedere l’emozionante
video di quella vittoria cercando “17th European Team Chess
Championship- Azerbaijan
chess team is the best in Europe”). Un tragico evento, però,
ha segnato la sua vita: nel 2000
gli sono stati diagnosticati l’epilessia e un tumore cerebrale
e solo dopo ripetuti interventi
è riuscito a tornare in campo
nel 2002. Purtroppo, nel 2012 la
malattia è emersa nuovamente
e, ricoverato a Heidelberg, Vugar ha fatto il suo ultimo tentativo: un’ultima operazione gli
avrebbe permesso di dedicarsi
per sempre agli scacchi, ma,
nel caso in cui non fosse riuscita… avrebbe perso la vita. Ed
è così che oggi l’intero mondo
scacchistico è tremendamente
scosso dalla scomparsa di un
giovane di soli 27 anni che,
oltre ad essere un modello da
seguire alla scacchiera, è anche
un modello di comportamento
da seguire nella vita.
Vugar Gashimov resterà sicuramente uno dei personaggi
più influenti nel mondo degli
scacchi e non solo.
— di Daniela Movileanu, IA
Cosa
regalereste al
campione del
mondo?
P
er quanto mi
riguarda, sono
sempre in
imbarazzo nel dover
scegliere un regalo
di compleanno e
mai particolarmente
fantasiosa. Al contrario, il presidente
del Real Madrid,
Florentino Pérez,
sembra essere
piuttosto disinvolto a tal propo- di non stancarmi troppo nelle
da alcuni considerato addiritsito; ha pensato bene di far inprime sei ore di gioco, al contura il migliore di tutti i tempi,
dossare al norvegese Magnus
trario di Anand. [ ] Mi ha aiutato avrebbe messo fine alla sua
Carlsen la maglia della sua
molto anche il supporto di mio epoca.
squadra preferita
La notizia dell’avvene di fargli battere il
to dell’ “era di Carlsen”
calcio d’inizio nella
(che io, da sua fan, mi
Magnus Carlsen (TønsDanyyil Dvirnyy (San
partita della Liga
auguro duri a lungo)
berg, 30 novembre 1990)
Pietroburgo, 21 ottobre
fra il Real Madrid
ha trovato spazio nei
ha ottenuto il titolo di
1990) si è dedicato agli
Grande Maestro nel 2004.
scacchi a livello agonie il Valladolid in
giornali italiani fin
All’età
di
19
anni
e
1
mese
stico
all’età
di
13
anni,
occasione del
dall’inizio del match.
è stato il più giovane
quando si è trasferito con
suo ventitreesiIl Corriere dello Sport,
giocatore a raggiungere
la famiglia in Italia. Nel
mo compleanno,
edizione cartacea,
la prima posizione nella
2013 ha ottenuto il titolo
lo scorso trenta
che colloca l’evento
classifica mondiale. E’ stadi Grande Maestro ed è
to definito ‘il Mozart degli
attualmente al 4° posto
novembre, fra gli
addirittura in prima
scacchi’
per
il
precocissiin
Italia
dopo
Fabiano
applausi dei 70000
pagina, si concentra
mo talento e l’apparente
Caruana, Sabino Brunello
tifosi riuniti nello
in particolar modo su
naturalezza con cui ottiee Alberto David. Ha vinto
stadio più famoso
come gli scacchi siano
ne i suoi alti risultati.
la 73^ edizione del Camdel mondo, il Sanun gioco ‘violento’.
pionato Italiano Assoluto lo scorso 2 dicembre
tiago Bernabéu.
Il Messaggero, edi2013
a
Roma.
Non è certo il proposito di
padre, che
zione on-line, definiAttualmente risiede a
questo articolo suggerire idee
è stato qui
sce simpaticamente
Treviso.
sui regali di compleanno, ma il
a Chennai
Carlsen come un
mio consiglio è, per quanto si
per tutta
‘secchione glamour’,
possa avere a cuore il Real Mala durata
ricordando come
drid, di escludere dalla lista uno del match cercando di soddiun’ottima memoria sia una
come quello fatto a Magnus.
sfare ogni mia richiesta, e di
delle caratteristiche fondamenNon a caso, infatti, è stato conmia madre e delle mie sorelle,
tali per eccellere negli scacchi.
cesso proprio a lui tale onore:
presenti al via. [ ] Giocare nella
La Repubblica on-line concluun neo-campione mondiale di
città natale di Anand non mi ha de la sezione ‘sport’ con due
scacchi così giovane, da tempo condizionato, anzi, l’organizzaconsiderazioni significative: “La
numero uno nella graduatoria
zione impeccabile del Campio- personalità e il carisma di Carlsen
mondiale, se lo merita!
nato e il grande interesse per
potrebbero essere il trampolino
Otto giorni prima del suo
gli scacchi qui in India hanno
per il rilancio e la diffusione dello
compleanno, Carlsen aveva
reso tutto molto bello”. Nelle
sport a livello mondiale” e “Ora
strappato la corona al quafoto dei primi turni l’espressioCarlsen mette nel mirino Kasparantaquattrenne indiano Vine del volto di Carlsen tradisce
rov e il titolo di miglior giocatore
swanathan Anand, detentore
l’impassibilità che potrebbe
della storia. Ci vorranno anni ma il
del titolo mondiale dal 2007,
trasparire dalla sue parole, ma,
22enne prodigio ha le potenzialità
distaccandolo di tre punti già a a mio parere, è stata proprio
per riuscirci.”
tre partite dalla fine del maquell’espressione da cui traSu Skysport si legge “Compirà
tch, che si è svolto dal 9 al 27
pelava la tensione, ma anche
23 anni la prossima settimana,
novembre a Chennai, la città
la grande determinazione del
è norvegese, bello, è stato sulla
natale di Anand. In un’intervista ‘campione giovane e bello’,
copertina di GQ e in una delle
a fine match, il campione dicome lo definisce Skysport, a
ultime uscite con uno dei suoi
chiara “La preparazione fisica è
travolgere psicologicamente
sponsor ha posato davanti ai fostata molto importante: grazie
Anand, già seriamente impentografi con la bellissima Liv Tyler.
a questa sono stato in grado
sierito dalla certezza che un
No, non è l’ultima star pop della
di mantenere un buon livello e giocatore del livello di Magnus, musica, ma il nuovo campione
26
RUBRICA: SCACCHI
del mondo di scacchi. [ ] Magnus
Carlsen sta riscrivendo la storia
degli scacchi.” e “Magnus, il
secondo occidentale a sfondare
veramente negli scacchi dopo
Fischer, ha rivelato che il suo
avversario principale nei prossimi anni sarà l’italiano Fabiano
Caruana, classe 1992 e attualmente numero 5 del mondo” e
ancora “gli è stato chiesto: “Magnus Carlsen, tu sei un genio,
vero?”. “No, sono soltanto molto
bravo in quello che faccio”.
Altri articoli sono apparsi su
Il Corriere della Sera on-line,
La Stampa on-line e il Sole 24
Ore, per citarne alcuni fra i più
importanti.
Insomma, ce ne sono di motivi
per concedere a Magnus di
battere il calcio d’inizio per la
squadra che tifa!
Nel frattempo, in Italia,
Danyyil Dvirnyy, laureatosi
Campione Italiano lo scorso 2
dicembre a Roma all’età di 23
anni, ha ricevuto i complimenti
sul sito ufficiale dell’ Inter, in
una pagina dedicata interamente alla sua vittoria e in cui
non poteva mancare la foto
che lo immortala al momento
della premiazione con indosso
la sciarpa dell’Inter.
Che sia l’inizio di un periodo
di maggiore interesse verso il
gioco degli scacchi? Non si sa,
ma quel che è certo è che l’avvento della nuova generazione
cambierà la visione che molti
hanno del gioco.
— di Daniela Movileanu, IA
27
RACCONTO
CONCORSO
Esercitatevi con i diagrammi proposti in ogni numero e
partecipate numerosi al torneo che il nostro istituto ha intenzione di organizzare dopo le vacanze natalizie!
Figlie del vento
E
Il Bianco muove e dà scacco matto in
2 mosse
Il Bianco muove e dà scacco matto in
3 mosse
quella stessa notte sparirono. Nessuna donna, giovane o vecchia, moglie o figlia, madre o
sorella, rimase al villaggio. Soltanto il loro profumo aleggiava ancora nell’aria, tra lenzuola
e vestiti, ma era impossibile non notare il vuoto e il silenzio che avevano lasciato. Presto gli
uomini, mariti, padri e fratelli, uscirono dalle proprie case e si diressero nella piazzetta, intorno al
capo villaggio.
Subito quel silenzio e quel vuoto vennero riempiti dai loro brusii e dalle loro imprecazioni piene
d’ira. Ma ad un cenno del capo, tutti tacquero. A volte non c’era bisogno che egli parlasse, i suoi
occhi, il suo sguardo erano in grado di esprimere il significato di mille parole. Essi sapevano che cosa
intendesse dire: qualcuno doveva essere a conoscenza di tutta questa storia. Ma nessuno parlò:
avevano il viso contratto nello sforzo di ricordare qualche particolare sospetto a loro sfuggito, un
incontro, uno scambio di messaggi, fugaci sguardi di complicità tra le loro donne. Ma niente. Eppure
qualcosa avevano notato, ma non era nulla di tutto questo. Negli ultimi mesi sembravano più affaticate, con gli occhi spenti e cerchiati, più remissive del solito e meno inclini a contraddire i mariti. Ne
parlarono tra di loro, riscontrando ognuno questi dettagli.
Ormai non vi era alcun dubbio, erano scappate. Una fuga in massa, ma sembrava ugualmente impossibile: come c’erano riuscite, tutte in una sola notte, senza che nessuno se ne accorgesse? Forse
avevano versato nelle loro bevande, nel cibo delle droghe o dei sonniferi. Questo non fece altro che
accrescere in loro la rabbia. Alcuni tornarono nelle proprie case a prendere corde e fruste, altri slegarono i cani. Erano già pronti a partire alla ricerca delle fuggitive. Una ricerca che ben presto si resero
conto essere tutt’altro che facile.
Tutti immaginavano che, entro la fine della settimana, le avrebbero riportate a casa. In una sola
notte non potevano essersi allontanate di molto. E invece, dopo ben quattro giorni, le squadre di
ricerca ritornarono al villaggio, senza aver scorto una minima traccia del loro passaggio. Sembrava
che si fossero volatilizzate, sparite nel nulla.
Qualcuno imprecò e disse, con l’approvazione degli altri, che potevano farne a meno di loro, che
ben presto sarebbero tornate strisciando, non essendo in grado neanche di badare a se stesse senza
la presenza di un uomo. Questa fu l’opinione di molti; decisero così di cominciare una nuova vita comunitaria interamente gestita da maschi, come se la precedente non lo fosse stata già abbastanza...
Trascorsero i mesi e il villaggio non sembrava più quello di prima: bambini che correvano nudi
per le strade infangate, completamente abbandonati a se stessi, case luride e in disordine, uomini
28
RACCONTO
smagriti con i vestiti sporchi e strappati. Non erano mai arrivati ad una situazione così degradata. Ma
non lo vollero ammettere, sicuri che a breve le loro donne avrebbero fatto ritorno.
Fu quell’inverno ad annullare ogni speranza e a spingerli a trovare una soluzione al problema:
una grave epidemia si diffuse in tutta la regione, mietendo vittime di ogni età, soprattutto giovani.
In breve la popolazione si ritrovò dimezzata. Ogni giorno si vedeva per le strade almeno un padre disperato con in braccio il suo bambino, morto. Nessuno ora poteva più negare che avevano bisogno
di loro, sì, avevano bisogno delle loro donne.
Il capo villaggio indisse un’assemblea, nella quale si decise che prima di tutto bisognava consultare il vecchio saggio. Era un anziano eremita, che viveva ai piedi di una montagna, in una casetta di
legno che aveva costruito lui stesso. Ogni anno un volontario poteva recarsi da lui e chiedere consigli sui maggiori problemi che affliggevano la comunità. Il capo chiese se ve ne era uno per quest’occasione, ma nessuno si offrì. Era un viaggio lungo e pericoloso, soprattutto d’inverno a causa della
neve che bloccava gli accessi principali e obbligava a percorrere altre vie ancora più rischiose.
Tra la folla si levò una mano. Era quella di un giovane uomo, forse l’unico, fra tanti, ad aver sentito
la mancanza della propria donna. Era coraggioso, non si lasciava intimorire dal percorso che doveva
affrontare, per questo decise di farsi avanti. Venne lodato dal capo della comunità come esempio
da imitare; gli consegnò tutto l’occorrente per il viaggio e, dopo avergli dato la sua benedizione, lo
sollecitò a partire.
Il giovane impiegò quasi un mese a raggiungere la sua meta. Appena scorse tra gli alberi la casetta di legno, fu pervaso da una nuova speranza; forse la soluzione di tutti i loro problemi era a pochi
passi da lui. Trovò il vecchio eremita seduto su un masso vicino alla porta d’entrata, nonostante il
freddo pungente, ma il saggio sembrava non percepirlo. Il ragazzo si avvicinò, pensando a cosa dirgli
prima di raccontare la sua storia. Ma l’anziano lo anticipò: “Ancora non hanno fatto ritorno?”. Di fronte all’espressione stupita dell’altro, rispose: “Lo immaginavo. Entra, abbiamo molto di cui parlare”.
Si accomodarono all’interno della casetta. Non appena si misero a sedere, il vecchio iniziò: “Ti
hanno mandato pensando che io potessi farle ritornare o almeno dirvi dove si sono nascoste, vero?
Sbagliato”. Fece una pausa per accendersi una pipa che prese da uno dei cassetti del tavolo. Dopo
qualche minuto riprese la parola: “Uomini… per tutti questi anni le avete trattate come schiave al
vostro servizio, continuamente sfruttate come bestie, punendole per ogni piccolo, insignificante errore, come bambole di pezza che potete gettare nel fango quando volete. Sono state anche
troppo pazienti, pensavo che sarebbero fuggite molto prima, e invece hanno aspettato, vi avevano
dato un’ultima possibilità che voi avete sprecato e di cui neanche ve ne eravate accorti. Cominciate
a sentire la loro mancanza solo ora, quando non vi è nessuno che bada ai vostri bambini, che cura
i vostri figli, che lava i vostri vestiti, che vi cucina e vi tiene in ordine la casa”. Il giovane, rosso per la
vergogna, trovò il coraggio di parlare: “Ma… faranno ritorno?” Il vecchio lo fissò così a lungo che
il ragazzo poté quasi contare tutte le rughe che gli solcavano il volto. “Chi lo sa. Forse sì o forse no.
Forse tra un mese, un anno o mai più. Dipende tutto da voi. Quando comincerete a vederle come
persone e non come oggetti su cui sfogare la vostra rabbia, i vostri desideri, allora, forse ritorneranno. Ma vi avverto: non cercatele più perché sarebbe del tutto inutile, non le troverete mai.
Loro sono come figlie del vento, vi pervadono di freschezza e di vita, ma sono anche veloci a sfuggirvi. Come si può tenere in gabbia la purezza e la potenza dell’aria?”
— di Arianna Antonelli, IIIA
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