Raffaele Stumpo_Il viaggio del lupo

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Raffaele Stumpo_Il viaggio del lupo
IL VIAGGIO DEL LUPO
Cento chilometri dal giorno alla notte
Antefatto
Firenze, 26 maggio 2012
Passeggiare per le strade del centro di Firenze è sempre piacevole, ma quel
giorno aveva un sapore diverso: percorrevo strade e viuzze insieme a mia moglie
Edi, avendo deciso di trascorrere anche il giorno seguente per le vie della città,
questa volta non solo passeggiando ma anche correndo, insieme al nostro nipotino Antonio, in occasione
della DeejayTen&Five. Lo sapevo, era inevitabile, dato che da circa un anno la corsa stava entrando in
maniera prorompente nella mia vita, trasformando lentamente i miei pensieri… ed anche la mia
immagine.
Dopo il ritiro dei pettorali e la consueta pausa pranzo, con schiacciata ripiena ed un buon bicchiere di vino,
nel nostro girovagare incrociamo una fiumana di persone in calzoncini e scarpette: “cosa faranno mai tutti
questi podisti a quest’ora del pomeriggio?”; il mio vocabolario tecnico non mi consentiva ancora di
padroneggiare l’uso della parola runner. Curiosi iniziavamo a seguire alcuni cartelli con la dicitura “100 km
del Passatore” ed eccoci alla zona di ritrovo: migliaia di podisti, in attesa di un segnale, erano assiepati
lungo marciapiedi e stradine; alcuni erano in coda per una foto accanto ad una statua barbuta, altri ancora
scambiavano chiacchiere e facevano complimenti ad un uomo esile, disponibile, determinato.
Rivolgendomi ad Edi le ho chiesto come fosse possibile e, soprattutto, cosa potesse spingere una persona
a correre per cento chilometri!!!???!!!
Qualche anno dopo avrei trovato la risposta.
Il fatto
Vicopisano, 1 dicembre 2014
Ecco… ho completato l’iscrizione al Passatore 2015.
Erano passati circa quattro anni dalla mia prima tapasciata, corsa non competitiva
domenicale, e mi preparavo per correre oltre la distanza della maratona; i
quarantaduecentonovantacinque ormai erano diventati routine, sentivo il
bisogno di sfidare i miei limiti, di vedere dove potesse arrivare “il lupo”, per
correre cento chilometri!!!
#roadtopassatore2015
Il calendario, stilato con la mia consueta ed irritabile pignoleria da ingegnere, prevedeva l’inizio della
preparazione per il 16 febbraio 2015 snodandosi, fino alla fatidica data del 30 maggio 2015, attraverso
ripetute, lunghi, lunghissimi tutti gravitanti intorno ai momenti altalenanti e difficili della vita; poi un treno
in corsa a folle velocità ha travolto la famiglia, è stato impossibile non sbandare, obbligatorio alzare la
testa ed affrontare la situazione promettendoci
#NothingStopUs
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Durante gli allenamenti in solitario e, in particolare, nel corso dei lunghissimi ripercorrevo gli ultimi eventi,
il cuore e le gambe erano sempre pronti ma la testa, ogni tanto, mi lasciava in balia del dolore che si
impossessava delle mie volontà e mi infilava improvvisamente dentro un tunnel: uscirne diventava
complicato.
Il tempo scorreva inesorabile, non sempre tranquillamente, ma scorreva e la preparazione volgeva al
termine: riuscivo a fare una “doppietta” correndo il 25 aprile la 50 km di Romagna e il 26 aprile la Rimini
Marathon; poi un lunghissimo, in autogestione, da 60 km con “scollinamento” del Monte Serra (917 msl) a
30 km dalla conclusione, in una caldissima giornata di metà maggio.
Le sensazioni erano positive, le mie gambe rispondevano bene alle fatiche, la mia testa rispondeva bene al
dolore, il cuore era sempre accanto al cuore della mia Edi.
#persempreinsieme
Il vissuto
Vicopisano – Firenze… verso Faenza
30 maggio 2015 ore 9, il giorno è arrivato!!!
Sveglia, colazione abbondante, tre zaini già preparati la sera precedente, così come l’ultima dose di
carboidrati da mangiare durante il viaggio verso Firenze.
Prima di intraprendere la strada, che mi condurrà verso la linea di partenza di questa nuova sfida, sosta
per un saluto agli amici “sbarrati” Andrea, Beniamino e Silvio, intenti nella preparazione di una delle
nostre corse: quattro chiacchiere, pacche sulle spalle, foto di rito e via alla volta di Firenze.
Arrivato a Firenze, zaini in spalla, la direzione è Piazza della Repubblica per il ritiro documenti, breve
attesa, ed il pettorale 516 è in mio possesso ma la tensione ed i timori dentro di me iniziano ad
amplificarsi, così come il caldo.
Identifico nei portici di Piazza della Repubblica lo “spogliatoio adatto” per compiere il rito della vestizione
e nel giungervi ecco i primi volti noti ed attesi: i nostri amici Angela&Daniele, conosciuti in una “vacanza di
corsa” nelle lontane e fresche isole Lofoten, con cui ormai condividiamo diverse avventure anche se Edi
dice sempre, chissà perché???!!!???, che li devo frequentare poco.
Il tempo trascorre e si avvicina l’ora fatidica; nella mia testa si consolida sempre più l’antipatia verso le
corse che partono il pomeriggio con il caldo e, come il lupo solitario, comincio ad allontanarmi, seguo il
branco da lontano con distacco; mi isolo mentalmente nonostante racconti, risate e preoccupazioni dei
runners attorno a me e, sotto le lenti specchiate degli occhiali, cerco quegli occhi… ci sono, ci siamo…
Una voce mi richiama al vissuto e da dietro una colonna del porticato intravedo l’amico Felice,
accompagnato dall’inossidabile Graziano, venuto a salutarmi prima della partenza: abbraccio e stretta di
mano, foto da postare per la “famiglia” SPQR prima di riversarci verso la partenza. Pronti per dirigerci in
zona partenza ecco avvicinarsi quell’uomo che ho visto tre anni fa, oggi conscio di chi sia, il mito della 100
chilometri Giorgio Calcaterra in gara per la sua consacrazione: vincere per la decima volta consecutiva il
Passatore. Ed allora quale migliore occasione se non quella di una foto di rito tutti insieme, indovinate
dove???, davanti l’effige del Passatore di Romagna al secolo Stefano Pelloni.
Dopo le frivolezze è tempo di riorganizzare i pensieri e di avviarsi verso la zona transennata della
partenza, un abbraccio, un bacio con gli occhi lucidi #roccaforte
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Sono in griglia, volutamente in fondo, ultimi sguardi intorno, mani strette in un cerchio magico con gli
amici runners, ormai manca poco, conto alla rovescia 3,2,1 sparo in cielo per l’inizio del viaggio del lupo.
La partenza scorre tranquilla in direzione Fiesole e Vetta Le Croci, lungo una costante salita di circa 12
chilometri in cui mi impongo di andare piano, se possibile ancora più piano; cerco ombra dappertutto e
bevo ad ogni ristoro, ma il caldo sfianca e ne risento. Al passaggio a Vetta Le Croci sembra di essere
approdato ad una tappa del Giro d’Italia: centinaia di persone non fanno mancare il loro sostegno
applaudendo mentre, lungo la discesa verso Borgo San Lorenzo, i bimbi ti chiedono il “cinque” e le
famiglie ti rinfrescano con ristori “volanti”.
Tranquillo in discesa, sempre a passo costante e sempre piano, arrivo al ventesimo chilometro, chiamo Edi
e mi dice che si trova già a Borgo San Lorenzo per la precisione, meglio di un GPS, dopo 350 metri laddove
spiana dopo la salita all’uscita del paese.
Passaggio a Borgo San Lorenzo, il caldo mi sta fiaccando, i ristori non mi bastano, esco dal paese, salita,
spiana, 350 metri eccola: i miei gesti sono eloquenti, le comunicano tutta la mia stanchezza, la vedo e mi
fermo accanto, bevo ancora, la nausea ha iniziato ad avere il sopravvento e non riesco a mangiare, ma mi
sistemo. Concordiamo la strategia di fermate, battezzate “Edistop”, e riprendo la corsa sotto il suo
incitamento.
La condotta di corsa prevede di correre, piano e se possibile ancora più piano, fino a Ronta, all’inizio della
salita verso il Passo della Colla di Casaglia (913 msl), poi scollinamento a passo svelto così potrò
recuperare energie per la notte ma, soprattutto, mi rinfrescherò!!! Entrando in Ronta, lungo il percorso un
roseto attira la mia attenzione, raccolgo una rosa e stringendola in mano corro per circa due chilometri,
intravedo mia moglie, già posizionata ad inizio salita del Passo, le porgo la rosa accompagnandola con un
bacio, prendo la bottiglina d’acqua e le dico che ora inizierò a
camminare e di aspettarmi più avanti.
Inizia la salita, non molto ripida nei primi chilometri, ma soprattutto
inizia l’aria fresca: una leggera brezza comincia a soffiare ed il sole
finalmente si dilegua all’orizzonte. È il momento “Edistop”, ne
approfitto per indossare lo smanicato, ma ancora non riesco a mangiare e ritorno di passo svelto a salire;
la salita prende una discreta pendenza, sono in prossimità del passo, la strada spiana e torno a correre.
Ecco il passo della Colla: una moltitudine di persone festanti e, soprattutto, la tenda con lo zaino per il
cambio… forse, perché lo zaino non si trova!!! “Leggermente” inalberato con le gentili donzelle, che
allegramente sgambettano sugli zaini, chiamo Edi avvisandola che sono già sulla Colla, purtroppo
“incollato sulla Colla”, non posso cambiarmi perché non trovano la mia sporta!!! Mi rassicura dicendomi
che si trova a 250 metri, dopo il ristoro sulla destra, altro che GPS, e che mi potrò cambiare con la roba nel
terzo zaino, anche se non ho le scarpe di riserva. Nel mentre, dopo aver cortesemente indicato, alle
donzelle di cui sopra, i cumuli sotto cui cercare lo zaino, visto che da venti minuti rovistavano sempre gli
stessi zaini, eccolo emergere: l’hanno trovato!!! Lo prendo, entro nella tenda, mi svesto e mi “cambio
d’abito”. Fresco come un neonato esco dalla tenda, vedo il ristoro e mi assale la fame: rapida occhiata sul
cibo ed il mio “ego gastronomico” si calamita su pane e mortadella. Mangio due panini accompagnati da
un bicchiere colmo di caffè e, come digestivo, un traboccante bicchierone di sali minerali!!!
Riprendo a correre e 250 metri dopo il ristoro sulla destra mi aspetta “Edistop”: rapido scambio di
battute, bacio e via in discesa. La discesa scorre tranquilla, si presta bene ad essere corsa ma io osservo la
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regola certosina “vai piano e se possibile ancora più piano”; vengo superato da tanti altri runners, non me
ne preoccupo, so bene che al termine della discesa saranno ad arrancare.
Inizia l’imbrunire, il tramonto sull’appennino è un’immagine da cartolina, l’aria fresca della sera mi
rallegra, il mio corpo ringrazia, le mie gambe ringraziano ed io corro solitario nella notte, come il lupo fuori
dal branco, perché i branchi a me non sono mai piaciuti, mi lascio condurre dal vento nelle infinite
emozioni che sovrastano i miei pensieri.
Solo correre, nessuna gara, semplicemente godermi l'essenza del correre: un viaggio! Non ho brame di
vittoria ma desiderio di conoscere i miei limiti. D’intorno il buio, illuminato dalle frontali dei runners e
disturbato dal rumore delle scarpette sull’asfalto, i chilometri si susseguono insieme ai ristori con pane e
mortadella, a volte pane e nutella ed a volte pane nutella e mortadella insieme in un unico boccone: la
voracità del lupo!!!
Il lupo corre, lontano dal branco, nel cuore la sua luna sempre pronta a sostenerlo e aggiornarlo sui
messaggi degli amici, alla ricerca di notizie sull’andamento della corsa. Sempre insieme, riflessi l’uno
nell’altra, percorriamo chilometri lungo i paesini che vivono la notte del Passatore.
Crespino, Marradi, San Cassiano, Strada Casale e all’ottantesimo chilometro d’improvviso il cartello
“Toilette da campo” coglie il mio interesse: ne approfitto e mi ritrovo anche a ridere, solitario nel buio
della notte stellata, rendendomi conto che con la frontale sto illuminando il campo e… qualcos’altro!!!
Riprendo a correre, realizzo che manca meno di una mezza maratona, così come è successo prima di
Marradi quando, fermandomi, ho detto a Edi “mi manca solo una maratona!!!”
La strada continua nei suoi saliscendi, arriva un nuovo ristoro mi avvicino per la solita dose di pane e
mortadella ma riecco la nausea, nuovamente non riesco a mangiare e riparto, sono a circa 15 km da
Faenza.
Squilla il telefono mia moglie mi domanda se sono già a Brisighella, la rassicuro dicendole che vedo il
cartello a poco meno di 300 metri e lei mi conferma il prossimo “Edistop” all’uscita dell’area pedonale di
Brisighella.
Entro in Brisighella, rilevamento cronometrico con ristoro annesso, la nausea vince anche questa volta
non mangio e riprendo la mia corsa attraversando la zona pedonale: per la prima volta guardo il GPS e mi
rendo conto che tra poco meno di dodici chilometri, con incedere fiero, raggiungerò la meta ed allora
“ululo”, come ho fatto ogni volta dopo le soste accanto “alla luna”, pregustando la scarica di endorfine
che colpirà il mio corpo ed inebrierà i miei sensi.
Prima di uscire dal centro di Brisighella tre bimbi mi chiedono il “cinque”, è quasi l’una di notte, questi
incitamenti mi infondono felicità e brividi sulla pelle!!!
Schioc, Schioc, Sch… un “cinque” scivolato senza schiocco, il bimbo sfiorato mi urla “anche a me!!!” e
senza pensarci ritorno indietro per il terzo “Schioc” accompagnato da brividi: gli occhi di un bimbo ricolmi
di felicità fanno sparire tutte le incertezze che un adulto può portarsi dietro.
Sono inebriato e inorgoglito, quando un urlo mi riporta alla realtà ed alzando gli occhi dall’asfalto davanti
a me si staglia Andrea fieramente “sbarrato” che, prendendomi quasi per mano, mi intima di seguirlo ed
ascoltarlo. Rimango bloccato per alcuni lunghissimi istanti, nodo in gola, poi riparto insieme a lui: mi
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dispensa consigli, mi anticipa ogni metro che percorreremo fino a Faenza, avendo già percorso il tratto
per venirmi incontro, e mi trattiene nel passo corsa.
Entriamo in Errano e la mia testa mi domanda dove cadrà l’accento sul nome di questo paesino, provo a
pensarci “sarà una parola sdrucciola o piana?”, ma ormai i pensieri errano verso Faenza: mancano meno di
cinque chilometri, mi sento bene, sento il mio corpo godere dei chilometri accumulati, sento i miei
pensieri entrare in un vortice di adrenalina, sento le gambe che girano.
Andrea si volta verso di me dicendomi che, dopo la rotonda con l’effige del Passator Cortese, ci sarà un
“dirittone” lungo circa duemilacinquecentometri e poi avrò portato a termine la mia sfida.
Le gambe continuano a girare, la notte ovatta tutto ciò che mi circonda, i duemilacinquecentometri
sembrano non scorrere, le luci sempre più forti, sempre più persone che applaudono al mio passaggio, le
gambe sempre più sciolte, sempre e solo un pensiero in testa.
Novantanovesimo chilometro mi levo lo smanicato, per mostrare con orgoglio la maglia, ormai ci sono
intravedo Piazza del Popolo illuminata a giorno gremita di persone festanti.
Entro in piazza, solo duecento metri, l’urlo di gioia di Edi riecheggiando nella piazza richiama il mio corpo a
cambiare repentinamente direzione e per raggiungerla mi basta un attimo: ci guardiamo, i miei occhi
riflessi nei suoi, scoppiamo in lacrime come due bambini, ci stringiamo in un abbraccio, l’abbraccio per la
“nostra vita” #persempreinsieme
È un momento che va oltre cento chilometri, è la voglia di vivere, è la mia anima di lupo solitario che
prende luce dal riflesso della mia luna, è la “nostra vita”, ci apriamo nel nostro abbraccio: mi aspetta solo
il traguardo, illuminato dal bagliore delle luci, per il compimento di un viaggio da concludere sorridente a
braccia alate.
Un lupo, una luna, tanti amici, un viaggio lungo cento chilometri: il viaggio del lupo, dal giorno alla notte
#iolacorsalavivocosì
Raffaele Stumpo, 5 giugno 2015
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