Per 1ov Lnquíst® «Lo scrittore deve essere deieffive La storia
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Per 1ov Lnquíst® «Lo scrittore deve essere deieffive La storia
Dialoghi/i Parla l'autore i _ « Medico di corte» la socialdemocrazia, di PAOLO BELTRAMIN Per 1ov Lnquíst® «Lo scrittore deve essere deieffive La storia ìripartita, gli °. croc1 d í ci:AI-Là ogg sono più l a=c° °» eggere i romanzi dello svedese Per Olov Enquist è visitare alcuni luoghi importanti nella storia d'Europa, anche se rimasti fuori dai libri di scuola. Come la Salpêtrière, il ricovero dei pazzi dove a fine Ottocento Jean-Martin Chàrcot fondò la neurologia, e più tardi Marie Curie sperimentò i raggi X. Oppure l'ospedale psichiatrico di Oslo in cui Knut Hamsun, nel 192o Nobel per la letteratura, dopo la fine della Seconda guerra mondiale espiò l'abbraccio con Hitler, follia sua come di altri milioni di persone. O ancora la corte reale di Danimarca, dove un medico arrivato dalla Germania riuscì ad applicare le idee illuministe nel governo dello Stato quindici anni prima della Rivoluzione francese. Enquist, 77 anni, scrittore, giornalista, sceneggiatore televisivo e regista teatrale, più volte candidato al Nobel (anche se lui, giura di no), è un autore di culto in Italia da molto prima dell'ondata dei gialli esistenziali svedesi. Alessandro Bancco su «la Repubblica» ha messo il suo Medico di corte tra i migliori cinquanta libri letti negli ultimi dieci anni. Venerdì sera, 20 aprile, Enquist sarà a Venezia a Punta della Dogana, in uno degli incontri organizzati dal Comune e dall'Università dal titolo «Incroci di civiltà». «Un argomento leggero, una questione da poco...», scherza lò scrittore. Una questione centrale nel passato e nel futuro dell'Europa . E anche nei suoi libri, a partire proprio dal «Medico di corte». «In effetti quella vicenda, realmente accaduta, ha molto da insegnarci sui miracoli che accadono quando le civiltà riescono a incontrarsi. Nel 1768 un medico illuminato di Amburgo, Johann Struensee, fu chiamato alla corte di Copenaghen per prendersi cura del giovane re, Cristiano VII, malato di mente. In soli tre anni, questo dottore visionario e affascinante riuscì a conquistare la fiducia del re e della regina al punto da trasformare una monarchia assoluta e bigotta in uno Stato moderno ed emancipato. Segno che, quando le idee circolano, il mondo progredisce». If finale, però, è terribile. «E vero. Divenuto amante della regina - la giovane, bellissima e ingenua Carolina Matilde - Struensee venne decapitato e la Danimarca ripiombò nell'oscurità del vecchio regime». Insomma, la passione rovinò uno straordinario esperimento politico, un piano di riforme avanzato quanto molte successive conquiste dei rivoluzionari parigini, e senza spargimenti di sangue. «O forse fu proprio la passione a rendere possibile quell'esperimento. Senza l'amore di Carolina Matilde, Struensee non sarebbe certo diventato così influente a corte da determinare le scelte di governo». Molti personaggi dei suoi romanzi incarnano i paradossi della storia. Co= me Blanche Wittman, da internata alla Salpêtrière ad assistente di Marie Curie, e infine di nuovo prigioniera, questa volta del proprio corpo, ridotta a un tronco umano per l'esposizione alle radiazioni. Oppure Knut Hamsun, dal Nobel alla «damnatio memoriae». «Hamsun fu un grandissimo scrittore, tra i maggiori del Novecento. Quando la Germania occupò la Norvegia lui aveva più di ottant'anni ed era un uomo solo, confuso, malato. Allora si schierò col nazismo. Come fu possibile, per un uomo del suo genio, una scelta così insensata? La trovo una materia d'indagine molto affascinante per uno scrittore». Ma il compito dello scrittore è davvero indagare la realtà, come fosse uno storico? «Di più: per me lo scrittore è un detective. Io leggo moltissimo, tutti i giorni. E non intendo romanzi - di quelli ultimamente a dire il vero ne leggo pochi -, ma semplicemente fatti. Documenti storici, testi politici, quotidiani e riviste. Se vuoi scrivere una fiction autentica, prima di tutto devi conoscere il mondo. Dai maestri francesi dell'Ottocento a Tolstoj e Dostoevsldj, in fondo, i grandi del passato facevano tutti cosìì». A leggere i giornali, non sembra che oggi gli incroci di civiltà siano tutti destinati a favorire il progresso, «I giovani hanno di fronte una realtà al contempo spaventosa e affascinante. Quando avevo trent'anni io, negli anni Sessanta, l'Europa sembrava un corpo paralizzato, diviso per sempre tra Est e Ovest. Sembrava che nulla potesse cambiare, se non in peggio, in una guerra totale. Oggi è molto diverso, il mondo si muove così velocemente da giustificare grandi paure, ma anche grandi speranze». La prima speranza degli ultimi decenni, per milioni di persone , è stata l'idea di un'Europa unita. Lei, da sem- pre impegnato nel Partito socialdemocratico svedese , è stato spesso critico verso il processo di integrazione nell'Ue. «Quando il mio Paese votò l'ingresso nell'Unione, nel 1994, io denunciai il rischio di una comunità burocratica dominata dai grandi Paesi, Francia e Germania, a danno dei più piccoli. È un rischio che purtroppo corriamo ancora oggi. Nel 2003, quando vinse il no alla moneta unica, io festeggiai lo scampato pericolo. In poche parole: a me non piace l'euro perché mi piace davvero l'Europa. E oggi le conseguenze negative di quella grande operazione economica stanno affiorando. La realtà è che gli incroci di civiltà sono un processo sociale e culturale, non finanziario». Non c 'entra l'orgoglio - o l'egoismo - di un Paese-piccolo e ricco? «Io sono fiero di essere un cittadino europeo, e anche del mio Stato, che ha solo 9 milioni di abitanti. Mi ha spinto ad andare in giro per il mondo, e mi ha dato una lingua bellissima in cui esprimermi. Sono convinto che se avessi scritto direttamente in tedesco o in inglese, non avrei avuto così tanti lettori. È il fascino irresistibile del pluralismo». Come i suoi romanzi anche il suo Paese, visto da lontano, è un'immagine e il suo contrario . Una civiltà serena, efficiente, solidale. Ma pure lo scenario dei drammi di August Strindberg e dell'omicidio di Olof Palme ; dove perfino l'eroe di una serie di thriller, Kurt Wallander, è inquieto e sofferente come i protagonisti dei drammi di Ingmar Bergman. «Secondo me solo la prima immagine corrisponde alla realtà. Gli svedesi sono davvero un popolo civile e sono davvero contenti di pagare molte tasse, come vuole il luogo comune... Vuole un esempio? Ingmar Bergman, mio grande amico, era una persona vitale, entusiasta e molto divertente. I suoi film mica parlano degli svedesi, ma dell'uomo. La loro forza è proprio questa, riescono ad attraversare i confini delle civiltà». ........................................ ... ..................................... Minacce L'unificazione del nostro continente è un percorso culturale, non c'entra con l'operazione finanziaria della moneta unica opportu ita Negli anni 6o il mondo era immobile, diviso tra Est e Ovest. Ora tutto si muove: i giovani hanno davanti una grande occasione Le opere di Per Olov Enquist (Skellefteá, Svezia, 1934) sono edite da Iperborea e Feltrinelli. A maggio Iperborea ripubblica la biografia di Enquist «August Strindberg: una vita», nel centenario della morte dei maestro svedese; e, in ebook, il saggio inedito «Contro la signorina Julie». In alto: «Una lezione di Charcot alla Salpêtrière» (1875) di André Brouillet; la paziente è Bianche Wittman, protagonista de «Il libro di Bianche e Marie»
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