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DISTURBO NARCISISTICO DI PERSONALITA’: UNA LETTURA PSICOANALITICA DEL
RE LEAR DI W. SHAKESPEARE
Matteo La Rovere
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Parole Chiave: Disturbo narcisistico, Disturbo istrionico, Frustrazione, Vero Sé, Letteratura.
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Durante la conferenza di Gabbard, a Padova il 20.09.20111, è emerso che la commissione preparatoria del
DSM-V intendesse eliminare dal nuovo Manuale Diagnostico i quadri del disturbo narcisistico e istrionico di
personalità. Grazie a una petizione di esperti, guidata da Gabbard, si è ottenuto che almeno il disturbo
narcisistico rientri nella futura edizione. In ogni caso, come lo stesso Gabbard asserisce, ci sono disturbi che
appaiono nella pratica clinica, anche se vengono tolti dal DSM-V: "Se una persona chiude gli occhi e dice
che gli elefanti non esistono, questo non impedirà all'elefante di schiacciarlo!".
Il funzionamento narcisistico di personalità incide pesantemente nei rapporti umani di chi ne è affetto. In
ambito letterario, ne è un possibile esempio la vicenda di re Lear2, protagonista dell'omonima tragedia di
William Shakesperare. Teatro e psicoanalisi, sono due mondi molto diversi, ma in realtà molto vicini,
accomunati dal tentativo di restituire all’uomo un’immagine di se stesso, di rivelarlo nelle sue pieghe più
nascoste. Freud ha fatto spesso riferimento a personaggi teatrali, in particolar modo all’Amleto di
Shakespeare, per descrivere le proprie teorie3. Evidentemente, Freud riconosceva a Shakespeare non solo un
elevato genio letterario, ma anche l’incredibile capacità di descrivere l’animo umano in maniera poliedrica e
verosimile. Emblema di questa maestria è Re Lear, ripetutamente appellato dai critici come la più grande
opera di Shakespeare, il migliore dei suoi drammi, la tragedia nella quale più compiutamente egli esprime le
sue multiformi capacità. Al tempo stesso, questa tragedia è certamente la meno popolare fra le sue famose
quattro (Amleto, Re Lear, Otello, Macbeth). È anche quella meno rappresentata sulle scene e che vi ottiene
minor successo4.
1 Conferenza organizzata dal C.I.S.S.P.A.T, intitolata “Psicoterapia Dinamica in pratica”.
2 Lear, anziano e autoritario re di Britannia, decide di abdicare e dividere il suo regno tra le tre figlie, in base alle dichiarazioni di amore che
esse gli rivolgeranno. Le maggiori, Goneril e Regan esibiscono parole poetiche e altisonanti, mentre Cordelia, la prediletta resta ammutolita.
Il padre di fronte a tale sconcertante ritrosia, la disereda bandendola dal regno. Di lì a poco, una volta ricevuta l’eredità, le sorelle maggiori si
fanno scostanti col padre, fino a respingerlo del tutto. Lear, solo, vaga fuori dal castello sotto il cielo in tempesta e perde la ragione. Si
susseguono complotti e vendette, Goneril e Regan si uccidono a vicenda, mentre Cordelia torna in Britannia nel tentativo di salvare il padre,
insieme all’esercito del neo- marito, re di Francia. Ella viene catturata e uccisa. Nel tragico epilogo Lear, pentito, entra in scena con in
braccio Cordelia morta. Re Lear muore di dolore.
3 Troviamo riferimenti ad Amleto in:
- Lettera a Wilhelm Fliess del 15 ottobre 1897
- L’interpretazione dei sogni (OSF, vol. III, p. 246 e p. 167)
- Totem e tabù (OSF, vol. VII, p. 90)
- Il Mose’ di Michelangelo (OSF, vol. VII p. 300)
- Caso clinico dell’uomo dei lupi (OSF vol. VII p. 491)
- Personaggi psicopatici sulla scena (OSF, vol. V, p. 231)
- Dall’autobiografia (OSF, vol. X, p. 130 )
- Dostoevskij e il parricidio (OSF vol. X, p. 532-533)
- Lettera a Arnold Zweig del 2 aprile 1937
- Compendio di psicoanalisi (OSF, vol. XI, p. 619)
4 Nell’anno di preparazione, il regista Peter Brook notava: "è la più grande opera di Shakespeare e per questa ragione la più difficile". Il critico
letterario Jon Kott sottolinea: "Di fronte a Re Lear persino Macbeth e Amleto impallidiscono, Re Lear è un passaggio obbligato per
Shakespeare.. Questa grande tragedia fa l’effetto di un’immensa montagna che tutti ammirano, ma che nessuno ha voglia di scalare troppo
spesso." (da Shakespeare nostro contemporaneo. Milano: Feltrinelli editore, 2002)
1
L’opera è molto complessa e intreccia tanti temi: il potere, l’ingratitudine, la violenza, l’ingiustizia, la
lussuria, il diritto di nascita, la fedeltà, l’inganno, il possesso e il dominio sugli altri, il sempiterno odio
fraterno di Caino per Abele e, ovviamente, la libertà5.
Altri temi rilevanti nel dramma sono: il declino fisico e l’imprevedibile stralunamento mentale; il doversi
dividere dalle parti vitali e promettenti di sè; l’essere abbandonato dal Sé più giovane e ardente “per
strisciare verso la morte senza più oneri di sorta”; l’infinito dolore per l’invecchiamento e per la morte
corporale, per il deperimento affettivo e mentale, per l’inesorabile e ubiquitaria negazione di onestà,
schiettezza e sincerità. Re Lear rappresenta anche uno scontro generazionale o la crisi dell’aristocrazia, tanto
che Goethe scriveva che “ogni vecchio è sempre un Re Lear” 6.
Data l’incredibile vastità dei temi affrontati, questo dramma è stato persino considerato irrapresentabile7.
Generalmente la critica letteraria e teatrale si sofferma sull'idea che re Lear sia innocente vittima
dell'irriconoscenza delle figlie, la cui crudeltà appare inspiegabile. Ma, Shakespeare, grande genio e
conoscitore del cuore umano, crea dei personaggi tridimensionali, pieni di chiaroscuri, ambivalenti e mai del
tutto buoni o cattivi. Egli rappresenta degli esseri umani poliedrici, che oscillano continuamente tra bontà e
malvagità o per meglio dire, tra pulsioni di amore e di morte.
Una lettura psicoanalitica dell'opera consente di rovesciare i punti di vista e le banali fazioni di buoni e
cattivi, restituendoci una vicenda in cui le ferite interiori di ciascuno causano dolore ad altri, in una spirale
che sembra spezzarsi solo quando è troppo tardi. In particolare, le teorie di Kohut si rivelano utili per
comprendere le dinamiche interiori di Lear. Il narcisismo ferito può esser inteso come il motivo dominante
dell’opera. In quest'ottica, tutti i personaggi principali, primo fra tutti Lear, si muovono, agiscono e
reagiscono in funzione di una profonda frustrazione narcisistica.
Fin dal principio sono evidenti i tratti narcisistici della personalità di Lear. Egli si dimostra irascibile,
arrogante, irragionevole, spavaldo, egocentrico, vanesio. La posizione di potere che ricopre ha permesso ai
lati peggiori del suo carattere di crescere a dismisura8. Già nella prima scena, la sua reazione impulsiva e
violenta nei confronti di Cordelia, la figlia prediletta, lo rivela autoritario, capriccioso e impulsivo. Egli si
considera “re in ogni fibra”, eppure è costantemente ossessionato dal subire qualche affronto alla “dignità
regale”. Accecato dal suo senso di dominio e dalla sua vanità, richiede una dichiarazione d’amore verbale
per “giudicare l’affetto delle figlie”, avvalendosi delle loro parole come fossero prova sicura. Il suo scarso
senso di realtà unito alla sua suscettibilità e alla permalosità permettono alla collera di divampare,
5 Freud sosteneva che in Re Lear emerge: “il duplice saggio precetto secondo cui da un lato non bisogna rinunciare in vita ai propri beni e ai
propri diritti, e dall’altro ci si deve guardare dal prendere le lusinghe per moneta sonante. Questi e altri ammonimenti si traggono in effetti dal
dramma; ma mi pare che non si possa assolutamente spiegare l’effetto straordinario suscitato dal Re Lear in base al suo contenuto
concettuale, o supporre che i motivi personali del poeta si siano esauriti nel proposito di illustrare quei precetti”. (Freud S., Il motivo della
scelta degli scrigni, 1906.
6 Ein alter Mann ist stets ein Koenig Lear (Goethe W. in Gedichte, vol II, 1925)
7 Nel periodo romantico e post romantico si era diffusa l'opinione che l'opera fosse addirittura irrappresentabile. Charles Lamb, nel 1811,
dichiarava che «è fondamentalmente impossibile rappresentare Lear sulla scena»; Henry James, nel 1883, in occasione di uno spettacolo di
Tommaso Salvini, scriveva che «Re Lear non è un dramma da recitare… è un grande e terribile poema – il più sublime, forse, di tutti i poemi
drammatici ma non un dramma»; A.C. Bradley, fondatore della moderna critica shakespeariana, sosteneva che Re Lear fosse «il massimo
risultato di Shakespeare ma non il suo miglior dramma» (da Shakespeare nostro contemporaneo. Milano: Feltrinelli editore, 2002).
8 Ci possiamo chiedere se l’impulsività e la prepotenza di Lear siano un prodotto della vecchiaia o se piuttosto siano un suo tratto del carattere.
Ne discutono, in questo modo, le due figlie maggiori:
REGAN: È un male della vecchiaia. Comunque ha sempre conosciuto poco se stesso.
GONERIL: Anche ai suoi tempi migliori è sempre stato impulsivo.
(REGAN: ‘Tis the infirmity of his age. Yet he hath ever but slenderly known himself.
GONERIL: The best and soundest of his time hath been but rash)
(Atto I, Sc. I, 292-295)
L’ignoranza di Lear è molto persistente: non solo fraintende i toni di coloro che lo circondano (condizione facilitata dalla sua posizione
regale) ma fallisce anche nell’atto di conoscere se stesso.
2
accecandolo. Egli è sordo alle preghiere e alle suppliche completamente travolto dal proprio furore di
vendetta.
I rapporti che Lear intesse con le figlie sono fortemente improntati al soddisfacimento narcisistico delle
proprie esigenze9.Troviamo conferma di questo nel fatto che per rovesciamento Cordelia, sia vista da Lear
come madre10. Il rifiuto di Cordelia, vissuta come seno che lo abbandona, getta il re nel terrore e nell’ira
funesta.
Lear vive una fase cruciale di cambiamento: depone lo scettro del comando e cede il passo alla successiva
generazione. Nei suoi intenti il passaggio doveva essere graduale e, in ogni caso, gratificante dal momento
che manteneva il titolo e alcuni privilegi pur rinunciando ad ogni responsabilità. Ma la sostituzione di una
rappresentazione del Sé con un’altra (da sovrano regnante a sovrano ritirato) è comunque minacciosa per un
Sé la cui precedente strutturazione era imperfetta; e le eventuali precedenti vicissitudini patologiche sono
rivissute come una replica nella nuova situazione11. Ed è per questo probabilmente che Lear non abdica
definitivamente ma intende mantenere cento cavalieri e il titolo di re. Senza questi strumenti di potere (di cui
solo il secondo simbolico), temeva inconsciamente di venire perseguitato e depredato dalle figlie (immagine
rediviva dei genitori).
L’insicurezza che attanaglia Lear, lo induce a tormentare coloro a cui chiede affetta e cura, poiché teme di
perderli, a causa della sua insaziabilità di conferme.12.
La donazione del regno e il mantenimento del titolo di re, dimostrano la volontà di demandare i doveri e
trattenere il potere e il desiderio di legare le figlie a una costante prova di disponibilità. Continuamente le
mette alla prova e continuamente le investe della sua rabbia se percepisce che intendono allontanarsi.
Lear si avvale di comunicazioni a doppio legame13, ovvero di comunicazioni strutturalmente contraddittorie
che pongono le figlie in un terribile impasse. A livello verbale Lear fa delle figlie le nuove sovrane, a livello
pratico le umilia e le disconosce poiché egli è ancora il re.
9 Secondo Kohut i conflitti legati alle mete pulsionali (conflitti strutturali classici) sono secondari nei disturbi narcisistici della personalità. In
alcuni casi il paziente è coinvolto in numerose relazioni oggettuali (Lear con le figlie), che possono creare l’impressione che siano conflitti
relativi alle pulsioni a causare la sua malattia psichica (la pazzia di Lear, appunto), in altre parole conflitti collegabili all’intenso amore o
all’intenso odio del paziente. Tuttavia, queste relazioni di amore o di odio sono difensive, sono tentativi di tenere lontana, mediante relazioni
esagerate di odio o di amore, la perdita dell’oggetto-Sé arcaico, che condurrebbe alla frammentazione del Sé; oppure non sono affatto
espressioni di amore oggettuale o di odio oggettuale ma del bisogno di oggetti-Sé al posto di una struttura del Sé (Kohut H. , La ricerca del
sé, 1982, pagg 131- 132)
10 Sviluppando le teorie sull’attaccamento di John Bowlby , Mary Main ha individuato la categoria di reverse attachment, o attaccamento
invertito, dove il figlio o la figlia vengono spinti a comportarsi come genitori nei confronti della madre o del padre. E’il modello di Lear nei
confronti delle tre figlie. (Security in infancy, childhood and adulthood, in Bretherton I., Waters E., Growing Points of Attachment Theory
and Research, «Monograph Society for Research in Child Development», si. 209, 66-104)
11 “Come la fase puberale di crescita pulsionale, per esempio , oppure il periodo in cui si sceglie un partner per il matrimonio, costituiscono
situazioni emotive nelle quali un complesso edipico latente può essere riattivato, così certi periodi di transizione che ci richiedono un
rimaneggiamento del Sé , il suo cambiamento e la sua ricostruzione , costituiscono situazioni emotive che riattivano il periodo della
formazione del Sé. […] Ma questi processo di sviluppo preprogrammati sociobiologicamente non sono i soli a imporre un cambiamento
drastico del nostro Sé, si consideri ad esempio la situazione in cui il ruolo sociale di una persona subisce una svolta, per il meglio o per il
peggio, come per un improvviso successo o una perdita in campo finanziario”. (KOHUT H. La ricerca del Sè pag 131)
12 "Il nemico che suscita la rabbia arcaica della persona narcisisticamente vulnerabile, non è considerato come una sorgente autonoma
di pulsioni, ma come una macchia in una realtà vissuta narcisisticamente. Il nemico è la parte recalcitrante di un Sé dilatato, su cui la
persona narcisisticamente vulnerabile si aspettava di esercitare un controllo pieno. Il semplice fatto che, in altre parole, l’altra
persona è indipendente o diversa è vissuto come offensivo da chi ha bisogni narcisistici intensi" (Kohut H., La ricerca del Sé , 1982,
pag 150)
13 Vedi, Bateson G. in Verso un’ecologia della mente (Adelphi, Milano 1977) e Watzlawick P.,
(Astrolabio, 1971)
3
Pragmatica della comunicazione umana
Anche il Fool (una sorta di giullare di corte) che è un personaggio molto vicino al sovrano, è da lui vissuto in
maniera narcisistica ed egocentrica. Addirittura, nella mente di Lear, Cordelia e il Fool talvolta si
sovrappongono. Della figlia morta il re dirà: E il mio povero matto è impiccato. Niente, niente, niente vita!
(And my poor fool is hang’d ! No, no, no life!)14.
Inoltre, il rapporto che il sovrano intesse con il Fool si basa su una forte identificazione proiettiva.
Shakespeare utilizzava spesso questo tipo di legame tra i personaggi e lo stesso Freud ne tratta ne Il motivo
della scelta degli scrigni15. Sorprende come attraverso lo studio della letteratura Freud sia arrivato così
vicino al concetto kleiniano di identificazione proiettiva.
La comunicazione tra il re e il suo Fool, dà voce alle dinamiche interiori di Lear. Egli è in una posizione preambivalente in cui amore e odio coesistono in maniera scissa, senza entrare in conflitto. Le pulsioni di odio
vengono proiettate all’esterno e Lear non giungerà mai alla consapevolezza che al suo interno amore e odio
verso la stessa persona sono in conflitto. Egli è scisso in una posizione di vittima che viene attaccata
dall’esterno, e in un’altra sadica che attacca (e lo attacca) per mezzo del Fool, attraverso l’identificazione
proiettiva. 16
Lear è tormentato dalla frustrazione narcisistica e dal tentativo di superare un tremendo rimorso. Riconoscerà
le sue colpe e le sue insensibilità verso Cordelia, ma subito le riproietterà: "Oh, siete fatti di sasso" (Oh, you
are men of stones!): ancora una volta sono gli altri ad essere di pietra e non lui!! Ma il suo sforzo fallirà
soprattutto perché, fino in fondo, vivrà totalmente nemiche Goneril e Regan, le figlie cui non ha saputo dare
sufficiente amore e davanti alle quali ha sempre esibito una sfacciata e narcisistica preferenza per Cordelia.
E’ comprensibile allora, alla luce di queste considerazioni, che esse reagiscano con rabbia e frustrazione nei
confronti di padre e sorella e che alla fine si innamorino follemente di Edmund, un figlio illegittimo che
rovescia l’ordine costituito.
A questo punto risultano scompigliati i ruoli di buoni e cattivi, ed emerge un senso molto più tragico della
vicenda: ognuno è come un animale ferito che addenta gli altri per farsi strada. E dunque si perpetua, di
generazione in generazione, un senso di inadeguatezza e mancanza di valore, che sfocia dapprima in pretese
egocentriche e poi quando sono frustrate, in rabbia e odio verso tutti17. Oltre a re Lear anche le figlie, sono
mosse dal desiderio di essere riconosciute. Goneril e Regan soffrono per non essere le figlie predilette e, se
14 Dal punto di vista scenico il Fool compare in scena quando Cordelia parte e viceversa, scompare definitivamente quando Cordelia rientra.
Certamente questo era legato anche all’esigenza di far recitare più personaggi allo stesso attore, comune ai tempi di Shakespeare, ma
possiamo anche intravvedere qualche intenzione più sottile dell’autore.
Non di rado le parti di Cordelia e del Fool sono state recitate dallo stesso attore anche in tempi recenti; ne è un esempio l’allestimento di
Strehler, in cui Ottavia Piccolo interpretava entrambi i personaggi,
e in alcune occasioni il personaggio del Fool occhieggiava al pubblico mentre si parlava di Cordelia, come se egli ne fosse un alter ego, un
travestimento riconoscibile solo dal pubblico e di cui tutti gli altri personaggi restano inconsci. Questo gioco di dissimulazione è molto più
sottile di quello di Edgar/Tom o’ Bedlam, perché si muove ad un livello onirico/fantasmatico di cui nessun personaggio si accorge, come se
fosse nella mente di Lear.
15 “Ludwig Jekels, in un suo recente studio su Shakespeare, ha creduto di avere scoperto una delle tecniche particolari
del poeta, che potrebbe essere presa in considerazione anche per quanto riguarda il Macbeth. Egli dice che sovente
Shakespeare scompone un carattere in due personaggi , ciascuno dei quali appare non completamente intelligibile,
fino a che non venga ricondotto ad unità con l’altro. […] Insieme, esauriscono ogni possibilità di reazione al crimine,
come due parti disunite di una stessa individualità psichica.” (FREUD, S., Il motivo della scelta degli scrigni)
16 “Nei disordini narcisistici della personalità , la necessità di rispecchiamento e di fusione con l’oggetto-Sé idealizzato, dopo un rifiuto
mortificante in modo traumatico, viene dapprima grandemente intensificata e probabilmente deformata e poi, in questa forma intensificata e
deformata, rimossa oppure scissa e ricusata” (Kohut H. , La ricerca del Sé ,1982, pag 116)
17 La rabbia narcisistica si verifica in molte forme: tutte presentano, tuttavia, un aspetto psicologico specifico che dà loro una posizione definita
entro l’ampia area dell’aggressività umana. Il bisogno di vendicarsi, di raddrizzare un torto, di annullare un danno con qualsiasi mezzo, e
un’implacabile coazione, profondamente ancorata, a perseguire tutti questi fini , che non dà riposo a coloro che hanno sofferto di una ferita
narcisistica, sono le caratteristiche della rabbia narcisistica in tutte le sue forme che la distinguono da altre specie di aggressività. (Kohut H. ,
La ricerca del sé, 1982, pag 140)
4
prima sono unite contro il padre e la sorella, alla fine si combattono fino alla morte per contendersi lo stesso
uomo (Edmund, il figlio illegittimo di Gloucester che lotta ferocemente contro l’ordine costituito che lo
lascia ai margini). Cordelia, la figlia preferita, sembra abbia costruito la sua identità in modo da distinguersi
sempre dalle sorelle, per cui quando queste tessono le lodi del padre, lei non sa come reagire e si distingue
tacendo18, mostrandosi ancora una volta come “l’unica”, quella che si differenzia, che non è – e non può
essere- come le altre, pena la disintegrazione. Anche Edmund, il figlio illegittimo di Gloucester, scatena il
suo odio e la sua rabbia contro il padre e il fratellastro, per farsi spazio all’interno di tutte le gerarchie vigenti
e essere riconosciuto conte, nonostante le sue origini di figlio “bastardo”. Ormai morente, Edmund dice:
“Eppure Edmund fu amato: l’una ha avvelenato l’altra solo per amore mio, e , sempre per
19
amor mio, indi s’uccise.”
E’ evidente la disperata ricerca di amore e considerazione esclusiva, ma la forma di amore di cui si compiace
è comunque perversa e sanguinaria e, dunque, egocentrica e narcisistica.
Alla luce di queste considerazioni è evidente che ognuno dei personaggi considerati reagisce al presente
come se fosse immerso nel passato, pervaso dalle frustrazioni e dalle mancanze vissute, che restano sempre
attive e pervasive. Ognuno è come avvolto nel bozzolo delle proprie ferite, dei propri fantasmi, delle proprie
rivendicazioni e non è in grado di percepire le esigenze altrui20. Solo nell’ultimo atto c’è un brusco risveglio
in Lear, ma è troppo tardi e la tragedia è ormai inarrestabile.
MORTE COME FINE E COME NUOVO INIZIO
A conclusione di questo percorso desidero presentare una interpretazione che Freud ha fornito sulla scelta di
Lear tra le tre figlie. Tale analisi prescinde dall’evolversi di tutta la vicenda e delle relazioni tra i personaggi,
e si concentra sul significato simbolico della situazione iniziale e dell’immagine finale, come se si trattasse di
uno scenario onirico. Tuttavia, la lettura in chiave narcisistica finora presentata è compatibile anche con
questa analisi21.
Come sappiamo, il vecchio Lear decide di spartire il suo regno tra le sue tre figlie, in base all’amore che
ciascuna di esse gli dichiarerà. Le due maggiori, Goneril e Regan, si slanciano in dichiarazioni d’amore e
ammirazione, mentre Cordelia appare reticente. Per Freud, questo mutismo è, secondo il linguaggio onirico,
espressione della morte:
18 CORDELIA: Che mai dirà Cordelia? Ama e taci! […] E ora, povera Cordelia! Eppure non è ancora così, dal momento che sono sicura che
il amore pesa di più della mia lingua!
(What shall Cordelia speak? Love, and be silent. […] Then poor Cordelia! And yet not so; since I am sure my love's More richer than my
tongue. - Atto I, scena II)
19 Yet Edmund was belov'd. The one the other poisoned for my sake, And after slew herself. (Atto V, scena I)
20 Analizzando la figura di un altro personaggio shakespeariano, Riccardo III, Freud scrive:
“Il suo soliloquio significa: « La natura mi ha fatto un grande torto nel momento in cui mi ha negato la bellezza esteriore capace di attirare
l’amore umano. La vita per questo mi deve un risarcimento, che io farò in modo di ottenere. Ho perciò diritto di essere un’eccezione e di
ignorare gli scrupoli da cui altri individui si lasciano ostacolare. Posso arrecare torti perché io stesso ne ho ricevuti.» Ora ci rendiamo conto
che noi stessi potremmo diventare come Riccardo, che anzi, in qualche misura lo siamo già. Riccardo è lo smisurato ingrandimento di
qualche cosa che troviamo anche in noi stessi. Tutti crediamo di avere motivo di rancore verso la natura e il destino per le menomazioni
congenite e infantili; tutti pretendiamo una riparazione che ci indennizzi delle precoci frustrazioni del nostro narcisismo ed egoismo”. (Freud
S., Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico).
21 “La grande letteratura, come la poesia autentica, è tale anche perché è sovradeterminata: non solo lascia vagare su piani diversi e si serve
della polisemicità della parola, ma rivela anche strutture sempre nuove”. (Speziale-Bagliacca R., Crescere corvi, ed Marietti, Genova, 1992)
5
Una libera scelta fra donne va a finire sulla morte , che pur nessuno sceglie e di cui si divien
vittima per volontà del destino. Nella vita psichica esistono motivi capaci di determinare la
conversione nell’opposto mediante la cosiddetta formazione reattiva. La terza delle sorelle non
è più la Morte, ma addirittura la più bella tra le donne , la più buona, la più desiderabile, la più
degna di essere amata. Si tratta anche qui di un desiderio che si esprime mediante
un’inversione. La libertà della scelta sta al posto della necessità, dell’inesorabilità del destino. In
tal modo l’uomo vince la morte che ha dovuto riconoscere con l’intelletto. Non si può
immaginare trionfo maggiore dell’appagamento di un desiderio. Là dove nella realtà si è
costretti a ubbidire per forza, qui si sceglie; e colei che viene scelta non è la terribile ma la più
22
bella, la più desiderabile delle creature .
Sulla base di questa considerazione di Freud possiamo notare che il meccanismo di conversione nell’opposto
della morte in bellezza e della necessità in scelta è lo stesso che muove Lear (e gli altri personaggi)
dall’annientamento narcisistico all’illusione di onnipotenza.
Secondo Freud, nella scena finale in cui Lear porta sul palcoscenico il corpo esanime di Cordelia,
Se si capovolge la situazione, appare un’immagine nota della mitologia germanica: Cordelia è la
23
Morte la quale, come una Valchiria porta via dal campo di battaglia l’eroe caduto . La saggezza
annosa della tradizione, tramite un mito antichissimo, consiglia al vecchio di dire no all’amore,
24
di scegliere la morte, di familiarizzarsi con la necessità del morire.
Per Freud, le tre donne possono rappresentare anche tre forme del materno/femminile nella vita dell’uomo: la
madre vera, la donna amata che egli sceglie secondo l’immagine della madre vera e, infine, la madre-terra
che lo riprende nel suo seno.
Ma quando un uomo è ormai vecchio, il suo anelito all’amore di una donna, a quell’amore che a
suo tempo aveva ottenuto dalla madre, è vano. Solo la terza delle creature fatali, la silenziosa
25
Dea della Morte, lo accoglierà tra le sue braccia. .
Parallelamente possiamo interpretare questa scelta triadica in un modo affine a quanto finora visto a
proposito del narcisismo: l’uomo segnato dalle ferite narcisistiche può continuare a cercare la propria madre
(il seno originario) nella speranza di essere accudito, un suo sostituto che lo possa riscattare o infine può
accettare definitivamente la perdita, lasciare andare il passato, farlo morire per poter finalmente vivere il
presente. In questo caso Lear vecchio e sfiancato dalle ferite affettive, sceglie la Morte, ovvero la fine delle
sue pretese narcisistiche e finalmente comincia a vivere. In quest’ottica la Morte avrebbe buona ragione di
essere la scelta più attraente, perché è solo il travaglio per nascere a sé stessi. Sovrapponendo il piano
simbolico a quello fattuale degli eventi, cogliamo l’essenza del dramma. Proprio nel momento in cui Lear
sceglie la morte delle proprie pretese narcisistiche ed è pronto ad accogliere davvero sua figlia Cordelia per
come è, questa figlia appena ritrovata gli viene uccisa.
22 Freud S., Il motivo della scelta degli scrigni (1906)
23 Allo stesso tempo l’immagine ha una forte assonanza con l’icona cristologica della Madonna che tiene in braccio il figlio morto, vittima
sacrificale della cattiveria altrui. Non è chiaro come mai non sia stata segnalata da Freud.
24 Freud S., Il motivo della scelta degli scrigni (1906)
25 Freud S., Il motivo della scelta degli scrigni (1906)
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BIBLIOGRAFIA
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Freud S., Lettere a Wilhelm Fliess. Torino: Bollati Boringhieri, 1986.
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Freud S.,Il motivo della scelta degli scrigni, in Opere, vol.7. Torino: Bollati Boringhieri.
Freud S., Alcuni tipi di carattere tratti dal lavoro psicoanalitico, in Opere, vol. 8. Torino: Bollati
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Kohut H., La guarigione del Sè. Torino: Bollati Boringhieri 1980)
Kohut H., La ricerca del Sè. Torino: Bollati Boringhieri, 1982)
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