Iconografia

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DOCUMENTAZIONE ICONOGRAFICA
Ecce Homo"
L'immagine riconduce agli episodi finali del processo di Gesù e prelude all'episodio
denominato Ecce Homo, dopo il quale Cristo venne condotto alla crocifissione (Matteo, 27, 27 31; Marco, 15, 16-20; Giovanni, 19,2-3)
Secondo Marco, "i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretori, e convocarono tutta la
corte. Lo rivestirono di porpora (Matteo si riferisce si un manto scarlatto) e, dopo aver intrecciato
una corona di spine, gliela misero in capo. Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!" E
gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si
prostravano a lui".
Nel dipinto in esame si ritrovano i simbolismi di questo episodio, riconoscibili nella corona di
spine e nel meraviglioso manto purpureo.
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Altro elemento di particolare interesse va ritrovato nella corona di spine.
I pittori dell'Europa meridionale tendono infatti a rappresentarla con spine piuttosto piccole,
mentre nella pittura fiamminga e tedesca queste assumono proporzioni enormi, al punto da divenire
pressoché inverosimili.
L'opera in esame non presenta tali incongruenze; le spine della corona, infatti, si presentano
perfettamente proporzionate.
Nell'iconografia nordica la corona è a volte retta da un soldato protetto da un guanto di maglia
metallica, che la pone in capo a Cristo; oppure Gesù è incoronato e le spine gli trafiggono la fronte
facendola sanguinare.
Un motivo così descritto può ispirarsi agli scritti della mistica santa Brigida di Svezia, vissuta
nel XIV secolo, che nelle sue "Revelationes" descrive sin nei minimi particolari e con
impressionante realismo le sofferenze di Cristo.
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Il soggetto dell'incoronazione acquistò una più ampia popolarità a partire dal XIV secolo, per il
diffondersi del culto della presunta reliquia rinvenuta a quell'epoca da Luigi IX.
Ponzio Pilato, governatore romano della giudea, dopo che Gesù fu flagellato e schernito dai
soldati, disse agli ebrei radunati fuori dal pretorio: "'Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate
che non trovo in lui nessuna colpa' ; allora Gesù uscì recando la corona di spine e il mantello di
porpora. E Pilato disse loro: 'Ecco l'uomo!' Al vederlo, i sommi sacerdoti e le guardie gridarono:
'Crocifiggilo, crocifiggilo!'" (Giovanni, 19,4 - 6).
Il tema è raramente trattato nell'arte religiosa prima del Rinascimento, quando si diffuse in
tutte le scuole pittoriche europee.
Esistono due trattazioni del soggetto: come immagine devozionale e come scena narrativa.
Nel primo caso è raffigurato il capo incoronato di spine o la mezza figura del solo Gesù; nel
secondo, l'immagine comprende numerose figure e l'ambientazione è una piazza cittadina o il
balcone del pretorio di Pilato.
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Gesù è comunque sempre rappresentato con gli emblemi regali dei quali i soldati, per schernirlo,
lo hanno adornato: la corona di spine ed il manto di porpora.
L'espressione del viso di Gesù, che in questo soggetto mise sempre a dura prova gli artisti, è per
lo più di compassione per coloro che lo tormentano e nella pittura del primo rinascimento, Cristo
può essere piangente.
Alla luce delle considerazioni prese in esame, si può concludere che l'opera è stata eseguita in
perfetta congruenza con l'iconografia che tratta l'argomento e che rende allo spettatore, attraverso
una stupefacente maestria esecutiva, il messaggio che numerosi pittori si sono cimentati ad
interpretare.
L'impatto con l'opera lascia sbalorditi e trasecolati, nello stupore di una tale maestria esecutiva
e, certamente, riconduce alla mano di un grande artista.
A questo proposito si riconoscono sia elementi spagnoleggianti che fiamminghi, ma l'ipotesi più
probabile riconduce ad un artista italiano, che prese spunto da entrambi.
Infine si ritiene che le caratteristiche dell'opera riconducano ad un periodo compreso tra la fine
del '400 e la prima metà del '500.
Il presente studio circa le caratteristiche dell'opera, riconduce alla personale opinione che il
dipinto sia attribuibile al Correggio.
Si fa notare, a questo proposito, che molte sono le caratteristiche comuni con il pittore in
questione e si ritiene opportuno sottolineare che la qualità dell'opera non rimanda assolutamente ad
un seguace, ma al Correggio stesso.
Si avvalora tale ipotesi segnalando l'esempio di un seguace del pittore esposto alla Pinacoteca
Capitolina di Roma, dove un bel dipinto impersona le caratteristiche dell'opera in esame, seppure di
minore qualità esecutiva, e viena attribuito ad un "pittore emiliano del XVI secolo da Correggio".
Si attendono, comunque, ulteriori informazioni dall'analisi di laboratorio del supporto ligneo.
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