Il paziente anziano oncologico e la sua famiglia
Transcript
Il paziente anziano oncologico e la sua famiglia
Oncologia geriatrica: aspetti diagnostici, terapeutici e assistenziali Fondazione Madre Cabrini ONLUS Sant’Angelo Lodigiano (LO) 24- 25 maggio 2006 Il paziente anziano oncologico e la sua famiglia Accompagnamento e counselling Dr Elena Lucchi Casa di Cura “Ancelle della Carità” Gruppo di Ricerca Geriatrica Cosa significa accompagnare? Andare alla velocità dell’altro Camminare al suo passo Andare nella direzione che ha scelto e non in quella che crediamo migliore Fermarsi e saper aspettare, senza fretta Essere in grado di accogliere a volte quel grido silenzioso che fa così male Corriere della Sera, 29 luglio 2004 FIRENZE - È morto Tiziano Terzani: lo scrittore e giornalista aveva 66 anni. Lo ha annunciato la moglie Angela: “Il 28 luglio, nella valle di Orsigna - si legge in una dichiarazione di Angela Terzani - è serenamente scomparso o, come preferiva dire lui, ha lasciato il suo corpo, Tiziano Terzani. La cerimonia di addio si terrà nella Sala d’Armi di Palazzo Vecchio a Firenze, venerdì 30 luglio, alle ore 17.30.” IN INDIA - Nato a Firenze nel 1938, era una delle voci più limpide e originali del nostro panorama letterario, un profondo conoscitore del continente asiatico e uno dei giornalisti italiani di maggior prestigio a livello internazionale. Cronista e scrittore, è stato autore di reportage e racconti tradotti in tutto il mondo. Da anni era uno dei collaboratori di punta del Corriere. Nel 1971 era diventato corrispondente dall’Asia per il settimanale tedesco Der Spiegel. È vissuto a Singapore, Hong Kong, Pechino, Tokyo e Bangkok. Nel 1994 si era stabilito in India con la moglie Angela Staude, scrittrice, e i due figli. L'ULTIMO LIBRO - Quest’anno, in marzo, era uscito l'ultimo suo libro, «Un altro giro di giostra. Viaggio nel male e nel bene del nostro tempo», edito da Longanesi. Un testo molto coraggioso: l'origine e lo spunto del libro sono la scoperta dell’autore di avere un tumore. È l’inizio di un lungo viaggio alla ricerca di aiuto attraverso civiltà lontane e diverse, ma non solo. Come scrive Terzani «a pensarci bene, dopo un po’ il viaggio non era più in cerca di una cura per il mio cancro, ma per quella malattia che è di tutti: la mortalità». Il 27 e 28 maggio rilascia al regista milanese Mario Zanot una lunga intervista filmata che diventerà poi un film: Anam, il senzanome. Prima di “lasciare il suo corpo”, raccoglie i suoi pensieri in un lungo dialogo-diario con il figlio Folco dal titolo La fine è il mio inizio, pubblicato nel marzo 2006. “Anam, il Senzanome” L'ultima intervista a Tiziano Terzani Di fronte ad una malattia grave: È GIUSTO DIRE LA VERITÀ? Comunicazione della diagnosi Momento fondamentale della relazione medico-paziente. Negli ultimi 20 anni il paziente si è spostato sempre più al centro della relazione: relazione paternalistica alleanza terapeutica Valorizzazione del consenso informato e del concetto di verità. Codice deontologico dei medici (1998) • Art. 30 Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico-terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate; il medico nell'informarlo dovrà tenere conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima adesione alle proposte diagnostico-terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Il medico deve, altresì, soddisfare le richieste di informazione del cittadino in tema di prevenzione. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza. La documentata volontà della persona assistita di non essere informata o di delegare ad altro soggetto l'informazione deve essere rispettata. • Art. 3 L’informazione a terzi è ammessa solo con il consenso esplicitamente espresso dal paziente, fatto salvo quanto previsto all’art. 9 allorché sia in grave pericolo la salute o la vita di altri. • Così disponeva l’art. 39 del codice deontologico del 1989: “Il medico potrà valutare, segnatamente in rapporto alla reattività del paziente, l’opportunità di non rivelare al malato o di attenuare una prognosi grave o infausta”. Comunicazione della diagnosi Molti studi dimostrano che gran parte dei pazienti desiderano la piena informazione, ma il 70% circa delle famiglie desidera che i propri cari non siano informati. La necessità di una maggiore informazione al paziente deriva dalla esigenza di condividere percorsi diagnostici e terapeutici sempre più complessi, riducendo nel paziente ansia e ambivalenza. La verità è un diritto, ma non deve essere imposta Chi deve dire la verità? Quando dire la verità? Come dire la verità? A che dosaggio rivelare la verità? Come accompagnare la verità? La relazione medico-paziente implica da parte del medico: • conoscenze tecniche scientifiche • sviluppo di nuove attitudini (ascolto, riconoscimento delle emozioni, considerazioni aspetti socio-culturali dei pazienti e famiglie) Perché informare il paziente? • Motivazioni etiche e legali. • Per facilitare la partecipazione del paziente alle procedure diagnostiche. • Per migliorare l’adesione alle procedure terapeutiche. • Per evidenziare le preferenze del paziente. • Riduce il rischi di effetti collaterali degli interventi terapeutici. • Per migliorare atteggiamenti e reazioni psicologiche (recupero di autostima, facilitazione delle strategie di coping, riduce ansia e depressione). Aspetti negativi della non informazione • Scarsa motivazione ed adesione al trattamento • Difficoltà di gestione da parte degli operatori • Rischio che le informazioni provengano da fonti non adeguate Perché non si informa? • Presunzione di sapere che il paziente “non vuole sapere” • Pensare che il paziente non è in grado di sopportare • Paura che aumentino ansia e depressione (rischio di suicidio) Ad aumentare la probabilità di suicidio in soggetti con tumore sono fattori quali • Dolore non controllato • Fase avanzata o terminale • Depressione o delirium Per comunicare al paziente la diagnosi bisogna conoscerlo e conoscere: • cosa vuole sapere • cosa è in grado di capire • cosa è in grado di sopportare Cosa comunicare: • gravità e rischi della malattia • possibilità terapeutiche (curative o palliative) • presa in carico e impegno da parte dei medici e dell'équipe Chi deve comunicare la diagnosi? • Il medico che si fa carico del paziente. Chi non deve comunicare la diagnosi? • Il medico dei servizi diagnostici • Psicologi e psichiatri • Infermieri • Volontari • Familiari • Documentazione clinica Come comunicare la diagnosi: • senza togliere la speranza • senza dare illusioni “Dio hatti dato due orecchie et una lingua perché tu oda più che tu non parli” S. Bernardino da Siena La comunicazione della terminalità Per comunicare al paziente è necessario comprendere se il paziente vuole sapere che la morte è vicina e, se sì, come comunicarglielo. La verità favorisce: • la presa di coscienza del momento, del limite • la condivisione e l’autonomia • evita la “congiura del silenzio” • genera dolore disperazione e rabbia Protocollo del buonsenso Buckman, 1992 Fasi della comunicazione della diagnosi di terminalità: 1. preparazione del colloquio 2. capire quanto il paziente sa 3. capire quanto vuole sapere 4. condivisione delle informazioni 5. considerare le emozioni di paziente e famiglia 6. pianificare il procedere “Non venire a me con tutta la verità non portarmi l’oceano se sono assetato né il cielo se chiedo la luce; un raggio, un suggerimento, un po’ di rugiada. Come l’uccello, porto via solo una goccia d’acqua, e come il vento, solo un granello di sabbia.” R. Tagore La presenza fisica, quando diventa presenza emotiva è la migliore risposta che possiamo dare all’assistenza dei nostri malati. La comunicazione della diagnosi è un processo complesso che richiede tempo e competenze specifiche. Non si improvvisa. Il rifiuto della comunicazione veritiera nasconde spesso l’angoscia e la difficoltà dei familiari e degli operatori di affrontare la nuova realtà Con il “Complotto del silenzio” o la “Congiura della menzogna” si perdono momenti magici, quelli che possono dare un ultimo senso alla vita di chi parte e a quella di chi resta… Riflessioni di familiari di pazienti “È un conforto per me sperimentare la sensibilità con cui affrontate ogni giorno il dolore della persona a me cara” “È confortante sapere che ci sono persone che lavorano in luoghi come questo reparto, che si prodigano per quei malati bisognosi soprattutto di un sorriso sincero, di comprensione, di carità e amore: cose che danno valore ad ogni loro giornata.” “La differenza sta nel non provare indifferenza” “Qui abbiamo compreso come amore e professionalità riescano armoniosamente a completarsi al fine di accompagnare chi soffre attraverso il traguardo della vita” “Gli angeli non vivono solo in paradiso, ma anche in questa casa di cura, dove c'è tanto amore e comprensione”. Un paziente nei confronti di un volontario: “C'è qualcuno che ti viene a trovare, che ti chiede come stai […] è già un sollievo che qualcuno si interessi a te come persona”. La famiglia Cerca conforto, comprensione. Cerca modelli del prendersi cura. Il personale curante svolge il ruolo di educatore della famiglia. È il ponte tra noi e il paziente, ma a volte sono gli operatori ad essere l’anello di ricongiungimento tra il paziente e la sua famiglia. La famiglia è parte integrante dell’équipe multidisciplinare che assiste il suo caro. La famiglia Può essere d’aiuto, ma anche da ostacolo. La famiglia non è un’unità omogenea. All’interno di una famiglia, i rapporti tra i componenti sono interattivi. Ci sono delle regole, specifiche per ogni famiglia, regole implicite od esplicite che condizionano i comportamenti dei suoi membri (dobbiamo conoscerle e rispettarle). Perché i famigliari possano diventare questo potente strumento terapeutico, bisogna quindi che siano guidati e sostenuti dall’équipe. Non si può prendersi cura del paziente, senza prendersi cura della sua famiglia. Il Mito di Cura “Mentre Cura stava attraversando un fiume, vide del fango argilloso. Lo raccolse pensosa e cominciò a dargli forma. Ora, mentre stava riflettendo su ciò che aveva fatto, si avvicinò Giove. Cura gli chiese di dare lo spirito di vita a ciò che aveva fatto e Giove acconsentì volentieri. Ma quando Cura pretese di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il suo nome. Mentre Cura e Giove disputavano sul nome intervenne anche Terra, reclamando che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché essa, la terra, gli aveva dato parte del proprio corpo.”... Il Mito di Cura …”I disputanti elessero Saturno a giudice, il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: 'Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito. Tu Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu Cura che per prima diede forma a questo essere, fin che esso vive lo possieda Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami homo poiché è stato tratto da humus'” Il mito di Cura, Higynus, Liber Fabularum, II secolo d.C. Guarigione: è centrata sulla malattia Cura: è centrata sul malato “Quando non c’è più nulla da fare, c’è ancora tutto da fare” Quando non si può più guarire, si deve portare l’attenzione sulla cura. Qualità di vita Controllo del dolore Controllo della sintomatologia Capacità di acquisire una visione della globalità della persona nella molteplicità della sua essenza (emotiva, spirituale, psicologica) Lutto • Presa di coscienza della perdita ormai definitiva di qualcosa, il confronto con se stessi e la realtà per affrontare gli inevitabili e necessari cambiamenti, interni ed esterni. Le lacerazioni, che questi vissuti suscitano, specie inizialmente, vengono in genere rifiutate, rifuggite, perché appaiono cariche di un peso insopportabile, prive di senso e portatrici di significati essenzialmente negativi. • Il termine lutto si può estendere genericamente a ogni tipo di perdita, di separazione. Inoltre la separazione può riferirsi non solo alla perdita di una persona, ma anche a qualsiasi “oggetto” (investimenti affettivi, lavoro, ideali, interessi, attività, ecc.) Ogni lutto è diverso, ma ciò che accomuna tutti i lutti è la presenza di un processo d’elaborazione con delle fasi, che in genere si susseguono con la stessa sequenza: • shock • disperazione • espressione dei sentimenti negativi • accettazione della perdita subita • riorganizzazione di sé Nei primi tempi le persone in lutto, per sopravvivere alla perdita, cercano di attutire le emozioni troppo forti ed evitare il dolore e la sofferenza, tenendo lontano da sé una realtà sentita insopportabile. Spesso possono essere consapevoli razionalmente di ciò che è accaduto, ma non riescono ad accettarlo emotivamente. • Successivamente emergono rabbie, rancori e sensi di colpa con i rispettivi correlati di aggressività e depressione, che sono i compagni più frequenti e fedeli di questo periodo e imprigionano le persone nel passato, allontanandole dal presente. • Il processo di elaborazione e riparazione della perdita si conclude con l’interiorizzazione dell’immagine del defunto, talvolta ridimensionata o idealizzata ma non più investita di odio e ambivalenza, e con la riscoperta delle proprie risorse e funzioni vitali che consentono di procedere nel percorso di individuazione e di riorganizzazione di sé, aprendosi ad altri rapporti e alla realtà. Il paziente terminale ha perso o sta perdendo tutto • Perdita del controllo del suo corpo • Perdita dei ruoli sociali con un sentimento di inutilità e di mancanza d’identità personale • Perdita di amici, della considerazione sociale • Perdita degli affetti • Perdita della capacità di relazionarsi • Perdita del proprio ambiente di vita (casa, cose personali, quadro abituale...) • Perdita dei piaceri di ogni tipo (sport, hobby, abitudini...) • Perdita del controllo dei suoi affari e interessi • Perdita del futuro, dei progetti, dei sogni • Perdita della vita sessuale e del piacere in genere • Perdite sensoriali che rendono difficoltosa la comunicazione • Perdita dei capelli o imbiancamento • Perdita del gusto, dell’appetito • Perdita della coesione del linguaggio • Perdita o vuoti della memoria • Crisi esistenziale che porta alla depressione, al desiderio di morire • Altre perdite in funzione della realtà e del sistema di valori di ognuno... Reazioni normali al lutto • Incredulità e rifiuto. Soprattutto quando la morte della persona cara è stata improvvisa e inaspettata. La mente non riesce ad accettare il fatto che la persona amata non ci sia più. • Dolore. Emozione più prevedibile. Può differenziarsi per intensità e durata. A volte può essere mascherato per farsi vedere ‘forti’, soprattutto se ci sono dei bambini. Quando il dolore non viene accettato e provato fino in fondo, può rivelarsi deleterio per il corpo e per la mente. “Quando scomparirà?” Forse mai del tutto ma cambierà e diventerà più sopportabile, a patto che ci si conceda il tempo per soffrire. Quando soffriamo, lo facciamo per noi stessi, non per la persona morta: bisogna accettare che se ne sono andati, che ci hanno abbandonati, facendoci sentire soli o spaventati. Quando smetteremo di piangere vuol dire che stiamo diventando più forti e non che la persona morta non ci manca più. • Rabbia. Sentimento che lascia sorpresi il più delle volte. Si può essere arrabbiati con la persona che è morta e che ci ha lasciati soli ad affrontare le difficoltà: ci si sente rifiutati. I motivi che scatenano la rabbia possono cambiare in continuazione. Ma sono sintomi passeggeri e fanno parte del dolore. • Senso di colpa. Può insorgere per delle parole sbagliate dette in passato alle quali adesso non si può riparare o legato all’impossibilità di ricucire rapporti non piacevoli. A volte i sensi di colpa dipendono da responsabilità negli eventi che hanno portato alla morte della persona cara (“Se avessi fatto …”). Spesso non c’è un motivo logico per provare questo senso di colpa. • Paura. La morte di una persona cara ci rende terribilmente consapevoli del nostro essere mortali, ci avvicina all’idea che anche noi un giorno moriremo. Ma tutti possiamo scegliere cosa fare nel frattempo. Possiamo vivere in uno stato di apprensione continua, oppure vivere ogni giorno della nostra vita nel modo migliore. Spesso è proprio l’aver visto da vicino la morte che ci porta a vivere la nostra vita intensamente attimo per attimo. • Sollievo. Soprattutto quando la morte segue un lungo periodo di sofferenza e malattia può capitare di avvertire un senso di sollievo per la morte della persona cara. Non è un segno di egoismo, ma anzi mostra che è stata data priorità alle necessità della persona sofferente. • Accettazione • Pace Di fronte al lutto di un’altra persona Non sapevo bene cosa dirgli. Mi sentivo molto maldestro. Non sapevo bene come toccarlo, come raggiungerlo. Il paese delle lacrime è così misterioso. Antoine de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe Come aiutare l’altro in questo difficile percorso? Come aiutarlo a riscoprire amore verso se stesso e verso la vita? Per capire le paure dell’altro devo prima riconoscere le mie. Devo accogliere la paura della persona malata, dei sui cari, dei colleghi… Paura della morte Paura dell’impotenza Paura della verità Paura della relazione Paura del toccare Paura dell’ascolto Paura del dialogo Paura del silenzio Paura dell’amore Paura della famiglia E’ nella presa in carico della globalità della persona che si rafforza la relazione. Accompagnare significa aiutare l’essere fisico l’essere emozionale l’essere relazionale l’essere intellettuale l’essere spirituale Bisogna amare l’altro così com’è in questo momento della sua esistenza, senza cercare quello che è stato e non sarà mai più “Solo coloro che si tengono lontani dall’amore possono evitare la tristezza del lutto. L’importante è crescere, tramite il lutto, e rimanere vulnerabili all’amore” John Brantner Guarire quando si può, prendersi cura fino alla fine Bibliografia • T.Terzani “La fine è il mio inizio”, Longanesi 2006. • M.Zanot “Anam il Senzanome. L'ultima intervista a Tiziano Terzani”, Longanesi, 2005, DVD. • U.Markham “L'elaborazione del lutto”, Mondadori, 1997. • A.Pangrazzi “Il lutto: un viaggio dentro la vita”, Ed. Camilliane, III ed., 2006. • www.associazionepauloparra-art.it - Associazione Paulo Parra per la Ricerca sulla Terminalità