Il couselling genetico della coppia infertile

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Il couselling genetico della coppia infertile
Il couselling genetico della coppia infertile
Introduzione
Circa il 10-15% delle infertilità maschili e l’8-10% delle infertilità femminili sono causate o
associate ad alterazioni genetiche, che possono includere alterazioni cromosomiche o mutazioni di
singoli geni. Dal punto di vista genetico le coppie candidate a tecniche di fecondazione assistita
sono a più alto rischio rispetto alla popolazione generale e pertanto negli ultimi anni è diventata
pratica comune offrire a tali coppie la possibilità di una diagnosi genetica ed un counselling
genetico. Ciò non solo con l’obiettivo di arrivare ad una diagnosi più accurata dell’infertilità, ma
anche di informare le coppie circa il loro rischio riproduttivo ed il rischio di trasmissione ai figli di
anomalie genetiche. Oltre ai test genetici atti ad individuare le specifiche anomalie genetiche
associate all’infertilità, un’anamnesi familiare positiva per specifiche malattie genetiche può
suggerire l’esecuzione di test genetici specifici e una consulenza genetica.
Il percorso che, attraverso la consulenza genetica, porterà la persona o la coppia infertile a maturare
le proprie decisioni è spesso complesso e, in accordo con le indicazioni derivanti dalla letteratura in
materia, deve essere “non direttivo”. Pertanto, la consulenza si dovrebbe limitare ad aiutare la
persona o la coppia a maturare in autonomia le proprie scelte. In effetti, si è affermata l’idea che la
consulenza debba essere “deliberativa”, che cioè le decisioni del/dei consultando/i siano raggiunte
attraverso una discussione razionale, che salvaguardi l’autonomia del paziente e consenta di
prendere decisioni ragionate, dopo aver compreso e interpretato correttamente le informazioni,
spesso difficili e complesse, che sono state comunicate.
È utile chiedersi se la tipologia della consulenza genetica che si rivolge alle coppie infertili abbia
caratteristiche particolari. Per certi aspetti la risposta è affermativa, di fatto, considerata nella sua
globalità, l’infertilità è una condizione comune, a differenza di quasi tutte le patologie che
affluiscono ad un consultorio genetico, che sono rare o addirittura molto rare. L’eziologia è
eterogenea e solo una parte di questa patologia ha un’origine genetica. L’eziologia inoltre è spesso
correlata al sesso del partner. Il laboratorio diagnostico ha un ruolo critico nella gestione del
problema: sono disponibili numerosi test genetici, che consentono di accertare le basi biologiche di
vari tipi di infertilità e di precisare il rischio di una coppia di trasmettere una specifica anomalia
genetica. Infine, le coppie infertili possono rivolgersi ad una tecnica di fecondazione assistita, che
raggira in meccanismi fisiologici del concepimento, ma può rappresentare un rischio genetico per il
neonato, una conseguenza questa che non fa parte degli obiettivi “tradizionali” della consulenza
genetica. La consulenza genetica deve perciò contribuire a chiarire, ai potenziali genitori, i rischi,
per i figli, di ricevere, per trasmissione diretta, determinate malattie genetiche. Questo aspetto è
spesso meno acutamente percepito dai genitori tesi al superamento dell’infertilità, rispetto alle
coppie fertili.
La consulenza genetica della coppia infertile ha un importante punto di riferimento nelle linee guida
che ne regolamentano l’uso dei test genetici (Foresta et al., 2002). Si tratta di raccomandazioni che,
pur basandosi su una classificazioni restrittiva dell’infertilità, che tiene conto delle caratteristiche
del seme e delle anomalie della funzione ovarica, e pur essendo di qualche anno fa, forniscono uno
spaccato sufficientemente ampio delle principali cause genetiche, in termine di prevalenza e rischio
di trasmissione, attualmente note, in questa patologia. In effetti, il riferimento ai test genetici è
critico, sia perché è proprio il laboratorio di genetica a fornire supporto alla diagnosi dell’infertilità,
sia perché la consulenza collegata ai test genetici è in grado do prevenire, nel caso di fecondazione
assistita, la trasmissione alla prole di malattie genetiche che potrebbero essere mascherate
dall’infertilità stessa. D’altra parte, le altre linee guida esistenti (Linee guida Legge 40, Linee guida
della European Association of Urology, Linee guida dell’American Urologic Association e
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American Society of Reproductive Medicine) sono molto parziali e orientate esclusivamente alle
coppie in procinto di intraprendere una tecnica di fecondazione assistita.
Le anomalie genetiche che incidono con una certa prevalenza e che hanno maggior impatto clinico
sono rappresentate dalle alterazioni cromosomiche, dalle microdelezioni del braccio lungo del
cromosoma Y e dalle mutazioni del gene della fibrosi cistica CFTR. Altre anomalie genetiche sono
più rare o il loro ruolo nella patogenesi dell’infertilità non è ancora pienamente condiviso
(mutazioni del gene KAL1 o altri geni responsabili di ipogonadismo ipogonadotropo, mutazioni del
gene per il recettore degli androgeni, mutazioni del gene per la 5α-reduttasi, mutazioni dei geni
dell’LH e FSH, etc). La richiesta di questi test genetici deve quindi essere motivata da un sospetto
clinico o derivante dalla consulenza genetica.
Tutte le anomalie genetiche vengono analizzate su leucociti prelevati da sangue periferico e
vengono perciò definite come anomalie genetiche costitutive, presenti quindi anche nelle cellule
germinali (spermatozoi e ovociti). Anomalie numeriche dei cromosomi spermatici (aneuploidie),
analizzabili mediante FISH, possono essere presenti anche in soggetti infertili non da causa
genetica. Tuttavia le difficoltà tecniche della metodica FISH, la mancanza di valori di riferimento
universalmente accettati, la presenza di aneuploidie anche in soggetti fertili, la possibilità di poter
eseguire l’analisi solo per un numero limitato di cromosomi e il numero a volte esiguo di
spermatozoi da poter analizzare, non consentono allo stato attuale di considerare questo test di
utilità clinica in tutti i casi di infertilità maschile o quale fattore prognostico per le tecniche di
fecondazione assistita. Analogamente, allo stato attuale delle conoscenze non è condivisibile lo
studio della frammentazione del DNA degli spermatozoi quale indice prognostico di successo delle
tecniche di fecondazione assistita, soprattutto per la mancanza di valori di normalità condivisi e per
la diversità delle metodiche utilizzabili per questa analisi.
Tabella 1. Cause genetiche di infertilità maschile
Alterazioni cromosomiche (omogenee o in mosaico)
Cromosomi sessuali
47,XXY (sindrome di Klinefelter)
47,XYY e altre aneuploidie YY
Maschi 46,XX e 45,X
Alterazioni strutturali del cromosoma Y
Delezioni
Anelli
Isocromosomi
Inversioni
Traslocazioni
Autosomi
Traslocazioni (Robertsoniane, reciproche)
Inversioni
Altre alterazioni strutturali
Sindromi cliniche
Trisomia 21
Duplicazioni e delezioni parziali
Mutazioni geniche
Y-linked
Microdelezioni Yq
X-linked
Kallmann
Sindrome da insensibilità agli androgeni
Autosomi
Sindromi genetiche complesse in cui l’infertilità è una manifestazione minore (vedi tab. 3)
Infertilità come manifestazione principale
CFTR
Geni per FSH-beta, LH-beta, FSHR, LHR
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Tabella 2. Cause genetiche di infertilità femminile
Alterazioni cromosomiche (omogenee o in mosaico)
Cromosomi sessuali
Sindrome di Turner e disgenesia gonadica con bassa statura (45,X; mosaicisti tipo 45,X/46,XX e
45,X/47,XXX; isocromosoma Xq; del(Xq); del(Xp); r(X); etc)
Disgenesie gonadiche con linea cellulare Y
Disgenesia mista (45,X/46,XY)
Disgenesia gonadica 46,XY (sindrome di Swyer)
Ermafroditismo vero con linea cellulare Y
Traslocazioni X-autosomi
47,XXX e mosaicismi
Autosomi
Traslocazioni (Robertsoniane, reciproche)
Inversioni
Mutazioni geniche
X-linked
Sindrome dell’X fragile (FRAXA)
Sindrome di Kallmann
Sindrome da insensibilità completa agli androgeni
Autosomi
Sindromi genetiche complesse in cui l’infertilità è una manifestazione minore (vedi tab. 4)
Infertilità come manifestazione principale
Geni per FSH-beta, LH-beta, FSHR, LHR
Gene per GnRHR
BPES (blafarofimosi, ptosi, epicanto inverso)
Sindrome di Danys-Drash
Sindrome di Fresier
Alterazioni cromosomiche – infertilità maschile
Le anomalie cromosomiche alla nascita nella popolazione generale hanno una prevalenza dello 0.50.7%. Le trisomie degli autonomi che si riscontrano più frequentemente nella popolazione generale
(tri13, tri18, tri21) sono più frequentemente ereditate per via materna e sono legate soprattutto
all’età materna, mentre le trisomie dei cromosomi sessuali (47,XXY, 47,XYY, 47,XXX) e le
alterazioni strutturali sono ereditate soprattutto per via paterna.
La prevalenza di anomalie cromosomiche è significativamente maggiore nei maschi infertili (tra il 2
e l’8% con un valore medio di circa il 5%) e tale percentuale è inversamente proporzionale alla
conta spermatica, aumentando fino al 15% nei soggetti azoospermici, nei quali l’anomalia maggiore
è rappresentata dall’aneuploidia 47,XXY (sindrome di Klinefelter). Inoltre, le anomalie
cromosomiche sono più frequenti nei partner maschili di coppie sottoposte a PMA, soprattutto ICSI
(circa 2%).
Le alterazioni dei cromosomi sessuali sono l’anomalia maggiormente riscontrata nei soggetti
azoospermici, ma nei pazienti infertili in generale si possono riscontrare anche diverse anomalie
strutturali degli autosomi, che includono le traslocazioni Robertsoniane e reciproche, inversioni,
duplicazioni e delezioni. È interessante notare che anche i soggetti infertili apparentemente
normozoospermici possono presentare alterazioni cromosomiche, con un’incidenza varia in
letteratura tra l’1 e il 3%, comprendente aneuploidie dei cromosomi sessuali (per esempio 47,XXY
e mosaicismi) e anomalie strutturali bilanciate.
Gli studi più recenti in tema di rapporti tra citogenetica e infertilità maschile hanno permesso di
chiarire alcuni concetti e di rivedere certi luoghi comuni, tra i quali è opportuno sottolineare:
- L’aneuploidia 47,XXY (sindrome di Klinefelter) non si associa obbligatoriamente a sterilità.
Circa il 10% di questi soggetti presenta spermatozoi nell’eiaculato e nel 30-50% dei casi sono
presenti focolai di spermatogenesi intratesticolare. Tali percentuali sono maggiori nelle forme in
mosaicismo. In questi casi possono essere prodotti gameti normali, ma esiste un rischio
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significativamente aumentato di formare gameti aneuploidi. Questo aumento del rischio deve
essere chiarito prima che il paziente sia avviato ad un programma ICSI.
Alcune aneuploidie (XYY, ESAC – Extra Satellite marker Chromosomes) possono comportare
una ridotta fertilità, che non è sempre quantificabile preventivamente.
Solo alcune traslocazioni cromosomiche causano infertilità. In generale gli eterozigoti per
queste anomalie producono una percentuale di gameti a corredo sbilanciato superiore a quello
dei maschi a cariotipo normale. In alcuni casi i gameti sbilanciati sono sottoposti a selezione
prezigotica nel concepimento naturale, meccanismo che può venir meno con le tecniche di
fecondazione assistita.
La presenza di una anomalia n mosaico non consente di stabilre univoche correlazioni cariotipofenotipo.
I rapporti tra alcuni etromorfismi (variazioni nelle dimensioni e nella posizione delle regioni
eterocromatiniche pericentromeriche, variazioni nelle dimensioni della regione
eterocromatinicaa del braccio lungo del cromosoma Y, variazioni nella regioni dei satelliti, etc.)
e l’infertilità hanno solo un fondamento aneddotico e, di fatto, queste alterazioni non
costituiscono di regola un meccanismo di infertilità.
Alterazioni cromosomiche – infertilità femminile
La prevalenza delle anomalie cromosomiche nell’infertilità femminile è variabile nelle casistiche
più rappresentative, con un valore medio che si assesta attorno al 5%. La prevalenza delle anomalie
cromosomiche nelle donne sottoposte a cicli di fecondazione assistita è più alta rispetto alla
popolazione generale (1.2-5.0%), indipendentemente dal tipo di PMA effettuata (IUI, FIVET,
ICSI). Le anomalie cromosomiche più frequenti sono la sindrome di Turner 45,X0, altre aberrazioni
dei cromosomi sessuali e anomalie autosomiche, soprattutto di struttura.
Sebbene il fenotipo sia variabile, gli sbilanciamenti cromosomici si associano in genere ad
ipogonadismo ipergonadotropo con amenorrea primaria o secondaria (compresa la POF –
Premature Ovarian Failure), oppure con oligomenorrea. Quasi un terzo delle amenorree primarie
sono riconducibili ai fenotipi Turneriani. Alcune anomalie, come il complemento sessuale XXX, si
osservano in donne che non hanno apparentemente cause di infertilità. Le anomalie d struttura degli
autonomi sono comuni nella infertilità correlata alla poliabortività nel primo trimestre di
gravidanza.
L’analisi sistematica del cariotipo nelle donne infertili ha consentto di trarre alcune conclusioni
rilevanti per la consulenza genetica, che devono essere tenute presenti, anche in vista di gravidanze
avviate con tecniche di fecondazione assistita:
- la monosemia e i difetti di struttura dell’X, omogenei o, più spesso, in mosaico, sono la
causa più comune di amenorrea primaria (circa il 30% dei casi). Il fenotipo associato a
queste condizioni è più comunemente quello della disgenesia ovarica con bassa statura,
piuttosto che della sindrome di Turner. La delezione parziale del braccio corto dell’X, in
particolare della parte più distale, può associarsi a fertilità.
- La presenza di mosaicismi rende problematiche le correlazioni cariotipo-fenotipo.
L’amenorrea è la conseguenza più comune, quando, in un mosaicismo vero, coesista una
linea con monosomia X in percentuale superiore al 20% delle cellule. Il mosaicismo X/XY
si associa spesso al fenotipo della disgenesia gonadica mista, con espressione variabile dei
genitali esterni, e raccomanda il monitoraggio delle gonadi, in quanto è elevato il rischio di
degenerazione neoplastica.
- I mosaicismi nei quali la linea aneuploide è presente in meno del 5% delle cellule devono
essere interpretati con cautela e necessitano di essere confermati su colture indipendenti. Si
tratta quasi sempre di pseudo-mosaicismi, correlati al protocollo utilizzato nell’allestimento
dei preparati.
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Le traslocazioni X;autosomiche con rottura del braccio lungo dell’X tra le bande q21 e q26
si associano di solito ad amenorrea primaria senza altre manifestazioni fenotipiche.
Il complemento sessuale XXX non si associa necessariamente ad infertilità. Sebbene siano
stati segnalati occasionalmente ritardo del menarca, oligomenorrea, sterilità primaria o
secondaria, menopausa precoce, molte di queste donne hanno pubertà, vita sessuale e
capacità riproduttiva normali e generano figli normali.
Non sono stati dimostrati rapporti tra l’infertilità e gli eteromorfismi cromosomici
(variazioni delle regioni eterocromatiniche e delle regioni dei satelliti).
L’età materna avanzata è il principale fattore di rischio sulla patologia cromosomica
confinata agli ovociti. La produzione di ovociti anueploidi è correlata ad una riduzione della
frequenza della ricombinazione meiotica.
Alterazioni cromosomiche – la coppia e la PMA
In generale i bambini nati mediante IVF-ICSI hanno un più alto rischio di anomalie cromosomiche,
soprattutto dei cromosomi sessuali, confermato anche dagli studi più recenti. Infatti diversi studi
indicano una prevalenza del 1.4-4.3% (con una media del 3%) di anomalie cromosomiche nei nati
da IVF-ICSI, con un’incidenza leggermente maggiore nei nati ICSI rispetto ai nati IVF.
Le linee guida internazionali non sono concordi nelle indicazioni all’analisi del cariotipo prima di
tecniche di PMA. Per quanto riguarda il partner maschile, alcune linee guida consigliano l’analisi
del cariotipo solo in soggetti con azoospermia e grave oligozospermia, mentre altre la suggeriscono
in tutti i casi di fecondazione assistita (inclusa la IUI) anche nei soggetti normozoospermici. Le
linee guida 2008 della legge 40 consigliano l’analisi del cariotipo in caso di ICSI da soggetti con
azoospermia non ostruttiva o “deficit qualitativo grave del liquido seminale”.
Per quanto riguarda il partner maschile, a nostro avviso l’analisi del cariotipo sarebbe utile in tutti i
casi di PMA per fattore maschile (in cui peraltro tale analisi dovrebbe far parte dell’iter diagnostico
pre-PMA). Tale analisi dovrebbe essere offerta anche ai soggetti apparentemente
normozoospermici, data la possibilità che alterazioni cromosomiche “più lievi” (47,XYY,
traslocazioni, etc.) non diano effetti visibili all’analisi del liquido seminale ma portino alla presenza
di spermatozoi sbilanciati.
Per quanto riguarda la partner femminile, oltre ai casi di disfunzione ovarica primaria
(ipergonadotropa) (inclusa la POF) e l’abortività ricorrente che rappresentano indicazione assoluta
all’analisi del cariotipo, l’analisi del cariotipo può essere suggerito anche alle donne che si
sottopongono a PMA (IUI, FIVET, ICSI) con indicazione relativa.
Microdelezioni del braccio lungo del cromosoma Y
Le microdelezioni del braccio lungo del cromosoma Y (Yq) rappresentano la causa genetica
molecolare più frequente di infertilità maschile grave. Esistono tre diversi loci chiamati
“azoospermia factors” (AZFa, b e c) e diversi geni sono stati isolati da queste regioni. Le
microdelezioni dell’Yq determinano una grave testicolopatia che si esprime con azoospermia o
grave oligozoospermia e coinvolgono più frequentemente la regione AZFc (circa 70%) rispetto
all’AZFb (circa 15%) e AZFa (circa 5%). In generale la prevalenza di microdelezioni dell’Yq nei
soggetti infertili è stimata attorno al 5-10%. L’incidenza maggiore si riscontra nelle azoospermie
non ostruttive e nelle oligozoospermie gravi (<5 mil sperm/ml). Molto raramente si riscontrano
microdelezioni nei soggetti con numero di spermatozoi > 5 mil sperm/ml e mai nei soggetti
normozoospermici.
I pazienti con microdelezioni dell’Yq hanno frequentemente spermatozoi nell’eiaculato o nei
testicoli e pertanto sono spesso candidati a tecniche di fecondazione assistita. In questi casi
l’anomalia genetica viene sicuramente trasmessa all’eventuale figlio maschio che quindi erediterà la
stessa malattia del padre (l’infertilità). Poiché non esiste una stretta correlazione tra genotipo (tipo
di microdelezione) e fenotipo (azoospermia o oligozoospermia grave) non è possibile dare
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indicazioni circa il fenotipo dei figli che ereditano la microdelezioni. La coppia va comunque
informata della possibilità che il danno alla spermatogenesi causato dalla microdelezione sia
progressivo nel tempo. Pertanto è consigliato eseguire uno spermiogramma al figlio in età precoce
(16-18 anni) per poter procedere con eventuale terapia medica o crioconservazione degli
spermatozoi. Esistono anche segnalazioni di un’aumentata incidenza di aneuploidie spermatiche nei
pazienti con microdelezioni. Il conseguente rischio sarebbe quindi quello di avere una maggior
probabilità di abortività per aneuploidie degli embrioni e di generare figlie con sindrome di Turner
45,X0 o figli con sindrome di Klinefelter 47,XXY. Tali rischi allo stato attuale sono però solamente
teorici poiché tutti i figli nati da padri con microdelezioni dell’Y riportati in letteratura sono
normali.
Si consiglia di eseguire l’analisi delle microdelezioni dell’Y nei casi di ICSI da soggetti con
azoospermia non ostruttiva e grave oligozoospermia (concentrazione spermatica <5-10 mil/ml), così
come anche suggerito dalle linee guida internazionali e dalle linee guida 2008 della legge 40.
D’altra parte l’analisi delle microdelezioni dell’Yq in questi soggetti dovrebbe far parte dell’iter
diagnostico e non c’è al contrario indicazione ad eseguire tale test in soggetti con più di 5-10
milioni di spermatozoi/ml anche se candidati a tecniche di fecondazione assistita.
Gene CFTR – infertilità maschile
La fibrosi cistica è una delle malattie autosomiche recessive più comuni nella popolazione
caucasica e si manifesta quando entrambi i geni CFTR sono mutati (malattia recessiva). Un
individuo su 2500 ne è affetto e uno su 25 (4%) è portatore asintomatico eterozigote. In omozigosi,
queste mutazioni si associano a fenotipi variabili, da quello normale, all’azoospermia ostruttiva, alle
bronchiectasie disseminate, all’aspergillosi polmonare, alla pancreatine cronica, alla poliposi nasale,
alle rino-sinusiti croniche, alla fibrosi cistica, con o senza insufficienza pancreatica, ad esordio
tardivo o congenita. Il quadro clinico è correlato al tipo di mutazione e alla quantità di proteina che
viene prodotta e consente, con buona approssimazione, di definire correlazioni genotipo-fenotipo,
quanto meno per le mutazioni più comuni.
Il gene CFTR è localizzato sul cromosoma 7q31.1-31.2 e la mutazione più frequente è rappresentata
dalla delezione di una fenilalanina in posizione 508 (∆F508), ma esistono più di 1500 mutazioni
diverse. L’agenesia bilaterale dei vasi deferenti (CBAVD) rappresenta in molti casi una forma lieve
o incompleta di fibrosi cistica, infatti circa il 70-80% di questi soggetti sono eterozigoti o
eterozigoti composti (due mutazioni diverse nei due alleli) per mutazioni CFTR. Una particolare
mutazione associata alla CBAVD è chiamata “allele 5T” (il normale allele ha 7T o 9T nucleotidi
nell’introne 8), che causa la mancata trascrizione dell’esone 9 e bassi livelli di espressione della
proteina CFTR. Anche l’agenesia monolaterale dei deferenti (CUAVD) può essere associata a
mutazioni CFTR. Pertanto la manifestazione clinica dei soggetti con mutazioni del CFTR può
essere sia azoospermia con CBAVD sia oligozoospermia o normozoospermia con CUAVD. In ogni
caso i soggetti con mutazioni CFTR hanno una normale spermatogenesi e quindi possono ricorrere
alla ICSI utilizzando spermatozoi testicolari o epididimali. Non esistono rischi aggiuntivi per i figli
oltre alla trasmissione della mutazione CFTR e alle eventuali manifestazioni cliniche collegate.
La prevalenza di mutazioni CFTR nei soggetti infertili non CUAVD/CBAVD è leggermente più
elevata rispetto alla popolazione generale (6% vs 4%).
Gene CFTR – infertilità femminile
Le mutazioni di CFTR non sono state correlate chiaramente ad una ridotta fertilità nella donna
eterozigote. Al contrario, nelle omozigoti affette da fibrosi cistica, la fertilità è ridotta ed è
aumentato il rischio di una gravidanza complicata. Nelle donne infertili o in quelle sottoposte a
PMA la prevalenze di mutazioni CFTR non è diversa dalla popolazione generale.
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Gene CFTR – la coppia e la PMA
Lo screening delle mutazioni del gene CFTR è un test di elezione nel protocollo di studio dei
candidati alle tecniche di fecondazione assistita. La consulenza genetica deve discutere e chiarire la
possibilità di trasmettere la mutazione ai figli o addirittura di concepire figli con fibrosi cistica.
Anche se i rilievi di tipo epidemiologico giustificherebbero lo screening di popolazione del gene
CFTR, di fatto non è al momento praticabile per l’insufficienza delle strutture ed i costi elevati. Per
questo si tende a privilegiare lo screening “a cascata”, che si rivolge ai familiari di un paziente,
nonché alle coppie che pianificano una gravidanza, in particolare in quelle con problemi riproduttivi
o candidate alle tecniche di fecondazione assistita. Per quanto attiene gli altri potenziali candidati al
test, restano aperte diverse opzioni: solo i pazienti con CBAVD/CUAVD e le loro partner; i due
partner, indipendentemente dalle cause di infertilità; solo un partner (preferibilmente quello sterile),
con eventuale estensione del test all’altro partner in caso di esito positivo.
Il rischio a priori di fibrosi cistica omozigote di ogni coppia (rischio di avere un figlio affetto) è
1/25 x 1/25 (probabilità del matrimonio tra portatori sani) x 1/4 (rischio teorico di trasmettere la
mutazione in forma omozigote ad un figlio), pari a 1:2500. Il calcolo del rischio di generare un
figlio con fibrosi cistica deve tenere in considerazione se uno o entrambi i partner hanno eseguito
l’analisi, il risultato di tale analisi e la sensibilità del test CFTR. Esiste una diversità geografica nella
prevalenza delle diverse mutazioni e il test analizza di routine solo le mutazioni più frequenti (20-40
mutazioni) con una sensibilità massima del 70-90%. Non tutti i laboratori eseguono di routine
l’analisi dell’allele 5T. Esiste quindi una probabilità residua di essere portatore di una mutazione
anche se il test risulta negativo. Per esempio il rischio residuo di essere eterozigote dopo un test
standard che identifichi circa il 75% delle mutazioni è 1/100. Pertanto, il rischio residuo di avere un
figlio affetto da fibrosi cistica se è stato analizzato un partner e questo è risultato negativo è di
1:10.000 (1/100 x 1/25 x 1/4), mentre se sono stati analizzati entrambi i partner ed entrambi sono
risultati negativi è 1:40.000 (1/100 x 1/100 x 1/4). Viceversa, il rischio se un solo partner è stato
analizzato ed è risultato positivo è 1:100 (1 x 1/25 x1/4), mentre se entrambi i partner sono stati
analizzati ed uno solo è positivo è 1:400 (1 x 1/100 x1/4). Il rischio di avere un figlio con fibrosi
cistica se entrambi i partner sono eterozigoti è ovviamente 1:4 (1 x 1 x 1/4).
Le linee guida internazionali non sono concordi su chi consigliare l’esecuzione del test CFTR prima
di una PMA, se non nei casi di CUAVD/CBAVD. Le linee guida 2008 della legge 40 consigliano
l’analisi nei casi di CUAVD/CBAVD solamente prima di una ICSI.
A nostro avviso una diagnosi di CUAVD/CBAVD o un’anamnesi familiare positiva per fibrosi
cistica rappresentano un’indicazione assoluta all’esecuzione del test, indipendentemente dal tipo di
PMA (IUI, FIVET, ICSI). In questi casi, vista l’alta incidenza di mutazioni in queste situazioni, è
consigliata l’analisi anche nella partner. Un’azoospermia ostruttiva o l’infertilità maschile non da
assenza dei deferenti sono indicazione relativa, visto il moderato incremento di prevalenza delle
mutazioni in questi casi rispetto alla popolazione generale. Nei casi di PMA per fattore femminile
non c’è indicazione assoluta dal momento che la prevalenza delle mutazioni non è diversa dalla
popolazione generale. Tuttavia, considerando che il test ha una sensibilità bassa (70-90% nei casi
migliori), ma che la fibrosi cistica è una patologia comunque frequente e con alti costi sociali, dopo
aver informato la coppia sulla possibilità di eseguire il test, è a discrezione della coppia decidere se
eseguirlo. Tale atteggiamento (suggerimento di eseguire il test in entrambi i partner) è consigliato
comunque anche in caso di ricerca di una gravidanza indipendentemente da una PMA. In generale,
se un partner risulta portatore di una mutazione, l’altro dovrebbe essere studiato per un numero
maggiore di mutazioni per aumentare la sensibilità del metodo.
Cause genetiche meno comuni di infertilità maschile e femminile
È stato stimato che la prevalenza dell’infertilità genetica (quanto meno quella maschile) tenderà ad
aumentare con il passare delle generazioni. Il database OMIM (On Line Mendelian Inheritance in
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Man: http://www.ncbi.nlm.gov) elenca oltre 150 condizioni correlate all’infertilità “genica”. Molte
malattie genetiche includono l’infertilità tra le manifestazioni cliniche della sindrome, ma
ovviamente in questi casi non è l’infertilità il segno principale e il problema che porta il paziente dal
medico. Molte alterazioni geniche d’altro canto possono causare infertilità come segno principale
ma la loro prevalenza è molto bassa e quindi i relativi test genetici vanno richiesti solamente sulla
base di un fondato sospetto clinico. Infatti, la maggioranza di tali alterazioni genetiche possono
essere sospettate sulla base di quadri clinici peculiari.
Circa il 2-3% dei soggetti con azoospermia e oligozoospermia grave non ostruttive possono
presentare una mutazione nel gene per il recettore degli androgeni (AR), localizzato sul cromosoma
X. Sono al momento note oltre 300 mutazioni di questo gene, ma non è facile una correlazione
genotipo-fenotipo. Il fenotipo infatti può includere sindromi da insensibilità agli androgeni di
diverso grado, dalle forme complete (sindrome di Morris) con fenotipo femminile, alle forme
parziali con ipospadia, micropene, criptorchidismo, alle forme lievi rappresentate solamente
dall’infertilità maschile, eventualmente associata a segni di ipoandrogenismo quali ginecomastia o
ridotta virilizzazione. Un segno laboratoristico suggestivo di insensibilità agli androgeni è l’elevato
indice di sensibilità agli androgeni (prodotto LH x testosterone). Poiché il gene è localizzato sul
cromosoma X, la mutazione verrà ereditata obbligatoriamente dalla figlia femmina, che non avrà
manifestazioni cliniche, mentre nel caso di gravidanza di un figlio maschio la mutazione verrà
eliminata.
Altre forme monogeniche di infertilità maschile rare sono quelle collegate all’ipogonadismo
ipogonadotropo. Tra queste, la sindrome di Kallmann (prevalenza di circa 1:10.000) è caratterizzata
da anosmia e può essere legata all’X (gene KAL1, mutato nel 10-15% dei casi), autosomica
dominante o autosomica recessiva. Gli altri geni coinvolti nell’ipogonadismo ipogonadotropo sono
SF1, DAX1, GnRHR, GPR54, FGFR1, PROK2, PROKR2, FGF8. Mutazioni del gene per l’FSHbeta e LH-beta sono altrettanto rare e sospettabili sulla base della storia e manifestazioni cliniche.
Un altro gruppo di geni è collegato al criptorchidismo, non necessariamente all’infertilità; tra questi
i più importanti sono INSL3 e il suo recettore RXFP2. Infine, alcuni geni possono essere associati
all’astenozoospermia, associata o meno a sindrome di Kartagener e disgenesia ciliare primitiva:
DNAI1, DNAH5, DNAH11.
Per quanto riguarda l’infertilità femminile, oltre ai geni appena citati, meritano un particolare cenno
le mutazioni di FMR1, che causano la forma mendeliana legata all’X più comune di ritardo mentale
(sindrome dell’X fragile – FRAXA o sindrome di Martin Bell). La mutazione patogenetica consiste
di solito nell’espansione di una tripletta CGG nell’esone 1 del gene-malattia. Mentre nella
popolazione non affetta l’espansione è inferiore alle 50 ripetizioni, l’espansione oltre le 200
ripetizioni causa il ritardo mentale. La premutazione (espansione nel range di 50-200 ripetizioni) si
può associare a POF nel 15-25% delle donne eterozigoti, che per il resto hanno di solito un fenotipo
normale. In caso di gravidanza queste donne sono a rischio di trasmettere ai figli il gene-malattia,
che, a causa dell’instabilità, può presentare un’espansione delle ripetizioni con il passare delle
generazioni producendo quadri clinici sempre più gravi.
Altre alterazioni genetiche sono collegate alle determinazione e sviluppo del sesso: NR5A1
(pseudoermafroditismo), SOX9, SRY, NROB1 (reversione sessuale), WT1 (sindrome di DenysDrash), SRD5A, SRD5A2 (ipospadia pseudo vaginale perineo scrotale), AMH, AMHR (sindrome
da persistenza dei dotti mulleriani), StAR, CYP21, TDD, CYP17 (biosintesi degli steroidi).
Tabella 3. Cause genetiche rare di infertilità maschile o sindromi in cui l’infertilità è una manifestazione minore
Distrofia miotonica
Deficit 5 alfa reduttasi 2
Deficit enzimatici (21 idrossilasi e altri)
Bardet-Biedl
Noonan
Prader-Willi
Atassia cerebellare con ipogonadismo ipogonadotropo
Anemia di Fanconi
8
Prune-Belly
Beta talassemia omozigote
Emocromatosi
Tabella 4. Cause genetiche rare di infertilità femminile o sindromi in cui l’infertilità è una manifestazione minore
Galattosemia
Mucopolisaccaridosi
Deficit enzimatici (21 idrossilasi e altri)
Distrofia miotonica
Prader-Willi
Deficit aromatasi
Beta talassemia omozigote
Emocromatosi
Fibrosi cistica
Mutazioni gene DAX1
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