PROTESI TOTALE DELL` ANCA

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PROTESI TOTALE DELL` ANCA

PROTESI
TOTALE
DELL’
ANCA
INFORMAZIONI
PER
PAZIENTI
Dott.
D.
Togninalli
Chirurgo
ortopedico
FMH
1.
INDICE
1.
Introduzione
2.
Artrosi
dell’anca
3.
La
protesi
totale
dell’anca
dati
tecnici,
risultati
4.
Preparazione
all’intervento
5.
Entrata
in
ospedale,
operazione,
riabilitazione
6.
Vivere
con
una
protesi
dell’anca
7.
Conclusione
8.
Checklist
1.
INTRODUZIONE
Cara/o
paziente,
con
il
suo
medico
curante
e/o
ortopedico,
ha
deciso
di
fare
l’operazione
di
protesi
totale
dell’anca.
L’artrosi
dell’anca
le
procura
infatti
forti
dolori,
limita
la
sua
mobilità
le
sue
attività
quotidiane.
La
clinica
nella
quale
l’intervento
avrà
luogo,
dispone
di
un’infrastruttura
e
di
personale
altamente
qualificato.
Per
permettere
un
decorso
senza
complicazioni
potrà
beneficiare
della
competenza
di
specialisti
di
diverse
discipline
mediche
(anestesisti,
internisti)
e
di
un
servizio
di
fisioterapia
specializzato
nella
rieducazione
post‐operatoria.
Le
note
di
questo
fascicolo
hanno
lo
scopo
di
permetterle
di
conoscere
più
in
dettaglio
l’intervento
di
protesi
totale
dell’anca
e
di
fare
conoscenza
delle
persone
e
dell’infrastruttura
sulla
quale
potrà
fare
affidamento.
La
storia
della
protetica
moderna
dell’
anca
ha
inizio
nei
primi
anni
60
in
Inghilterra
e
Svizzera.
La
prima
protesi
totale
dell’anca
è
stata
impiantata
in
Svizzera
a
San
Gallo
nel
1962
dal
Prof.
M.E.
Müller.
Grazie
a
continui
progressi
chirurgici,
tecnologici
e
clinici,
questo
intervento
ha
raggiunto
uno
standard
di
alta
affidabilità
e
ha
permesso
di
ottenere
ottimi
risultati
clinici
sia
a
breve
che
a
lungo
termine.
Da
alcuni
anni
progressi
tecnici
hanno
portato
allo
sviluppo
di
tecniche
di
impianto
di
PTA
con
ACCESSO
MINI
INVASIVO
(MICRO
HIP).
Nelle
pagine
seguenti
saranno
esposti
temi
che
le
permetteranno
di
meglio
prepararsi
all’intervento.
Buona
lettura,
Dr.
Danilo
Togninalli
2.
ARTROSI
DELL’ANCA
L’artrosi
è
il
risultato
di
un’
usura
meccanica
dell’anca.
La
cartilagine
che
ricopre
quest’articolazione
(che
può
essere
paragonata
a
una
sfera
perfettamente
rotonda
e
liscia),
col
passare
del
tempo
diventa
dapprima
ruvida
per
infine
scomparire
completamente.
Un’
articolazione
perfettamente
mobile
e
indolore,
si
trasforma
così
in
un’
articolazione
rigida
e
dolorosa.
Oltre
all’età
e
l’usura,
vi
sono
altre
cause
meno
frequenti
che
possono
sfociare
in
un’
artrosi
dell’anca.
I
sintomi
dell’artrosi
dell’anca
sono
dolori
nella
regione
inguinale,
nel
ginocchio,
nella
coscia
e
a
livello
dei
glutei
e
una
diminuzione
della
mobilità
(difficoltà
ad
esempio
per
mettere
le
scarpe,
le
calze
o
i
pantaloni).
I
dolori
sono
generalmente
accentuati
dopo
uno
sforzo
o
durante
i
primi
passi
al
risveglio,
il
mattino.
Col
tempo
possono
diventare
continui
e
addirittura
svegliare
il
paziente
la
notte.
L’artrosi
non
può
purtroppo
attualmente
essere
guarita.
Il
trattamento
è
inizialmente
medicamentoso
(medicamenti
contro
idolori
e
l’infiammazione)
e
sintomatico
(fisioterapia,
cure
termali,
utilizzazione
di
una
stampella).
Quando
i
sintomi
diventano
però
troppo
intensi,
la
decisione
di
impiantare
una
protesi
viene
generalmente
presa
dal
paziente
con
il
suo
medico
curante
e
il
chirurgo
ortopedico.
Studi
recenti
confermano
che
vi
è
un
momento
considerato
“ottimale”
per
l’impianto
di
una
PTA.
Contrariamente
a
quanto
consigliato
fino
ad
alcuni
anni
fa,
ossia
di
attendere
il
più
a
lungo
possibile
prima
dell’intervento,
si
è
visto
che
i
risultati
post‐
operatori
sono
migliori
per
il
paziente
se
l’operazione
viene
eseguita
quando
la
muscolatura,
la
mobilità
e
le
capacità
di
deambulazione
sono
ancora
discrete.
Il
momento
ottimale
per
operare
un’artrosi
dell’anca
è
quindi
dato
principalmente
dall’intensità
dai
disturbi
evocati
dal
paziente
associati
al
quadro
di
una
coxartrosi
clinica
e
radiologica.
3.
LA
PROTESI
TOTALE
DELL’ANCA
La
storia
della
protetica
moderna
è
stata
in
grandissima
parte
scritta
da
un
chirurgo
ortopedico
inglese,
sir
John
Charnley,
che
dall’inizio
degli
anni
60
ha
iniziato
a
impiantare
protesi
concepite
con
principi
che
sono
utilizzati
e
considerati
validi
tutt’ora.
Anche
la
Svizzera
può
contare
su
uno
dei
padri
della
protetica
mondiale,
il
Professor
M.
E.
Müller,
che
nel
1962
ha
impiantato
la
prima
protesi
totale
dell’anca
sul
continente
europeo
nella
clinica
ortopedica
dell’ospedale
cantonale
di
San
Gallo.
Grazie
a
questi
pionieri
e
sulla
base
di
una
continua
analisi
dei
dati
di
pazienti
operati
nel
corso
di
decenni,
possiamo
oggi
proporre
ai
nostri
pazienti
un
trattamento
standardizzato
e
affidabile.
Oltre
ai
progressi
tecnologici
a
livello
di
mteriali
sempre
più
raffinati,
negli
ultimi
anni
sono
state
sviluppate
tecniche
chirurgiche
MINI‐INVASIVE
che
permettono
di
introdurre
la
PTA
con
un
trauma
chirurgico
molto
ridotto.
I
pazienti
hanno
dopo
l’intervento
meno
dolori,
vi
è
una
riduzione
del
sanguinamento
al
punto
che
trasfusioni
sanguigne
sono
solo
raramente
necessarie
e
il
ricupero
nelle
fasi
iniziali
è
molto
accelerato.
Protesi
totale
dell’anca
Si
tratta
di
una
articolazione
artificiale
che
si
compone
di
due
parti:
quella
femorale
che
viene
inserita
e
fissata
nel
femore
e
quella
acetabolare
che
viene
fissata
nel
bacino
(vedi
figura).
Per
introdurle
è
necessario
togliere
l’articolazione
malata.
Le
due
componenti
sono
in
parte
metalliche
(leghe
di
cromo‐cobalto
o
titanio
a
seconda
dei
modelli),
in
parte
di
plastica
(polietilene)
e
in
parte
di
ceramica
(testa
femorale).
Evidentemente
sono
continuamente
in
corso
ricerche
per
trovare
materiali
con
caratteristiche
sempre
migliori
e
durature.
La
qualità
della
fissazione
della
protesi
allo
scheletro
è
molto
importante.
A
questo
livello
sono
infatti
legati
i
problemi
di
tenuta
della
protesi
nel
tempo.
Quando
una
protesi
si
«
scolla
»
dall’osso
(scollamento),
ricompaiono
progressivamente
dolori
che
a
volte
richiedono
un
intervento
di
cambio
della
protesi.
Vi
sono
due
tipi
di
fissazione
della
protesi
allo
scheletro:
fissazione
con
un
cemento
speciale
(polimetilmetacrilato,
“protesi
cementata”)
o
fissazione
senza
cemento,
grazie
a
un
semplice
incastro
a
pressione
che
permette
all’osso
in
alcuni
mesi
di
“crescere”
sulla
superficie
della
protesi
in
modo
da
fissarla
definitivamente
(“protesi
non
cementata”).
Benchè
la
protesi
cementata
sia
tuttora
considerata
il
“golden
standard”
della
protesica
dell’anca,
la
tendenza
attuale
è
l’utilizzazione
più
frequente
di
modelli
di
protesi
NON
cementate,
che
permettono
un’integrazione
biologica
dell’osso
nel
materiale
protesico
(esattamente
come
per
gli
impianti
dentari
contemporanei).
Risultati
a
lungo
termine
Disponiamo
oggigiorno
di
grandi
quantità
di
dati
a
livello
mondiale
sul
funzionamento
della
protesi
totale
dell’anca.
A
breve
termine
l’impianto
della
protesi
produce
una
diminuzione
dei
dolori
che
permette
una
graduale
ripresa
di
praticamente
tutte
le
attività
motorie
della
vita
quotidiana.
Per
quanto
riguarda
i
risultati
a
lungo
termine,
oltre
a
quelli
raccolti
da
Charnley
e
Müller
da
quasi
30
anni,
disponiamo
di
registri
nazionali
(Svezia
e
Norvegia)
nei
quali
i
risultati
di
durata
di
tutte
le
protesi
impiantate
in
quelle
nazioni
sono
controllati
statisticamente
quasi
due
decenni.
Queste
fonti
permettono
di
affermare
che
per
la
protesi
utilizzata
nel
suo
caso
la
probabilità
che
sia
ancora
funzionante
è
dopo
10
anni
di
95‐97.
In
altri
termini
il
rischio
di
dover
subire
un
cambio
della
protesi
è
solo
del
3
a
5%
nei
primi
10
anni.
4.
PREPARAZIONE
ALL’INTERVENTO
Per
giungere
in
stato
di
salute
ottimale
all’intervento
è
importante
prevedere,
qualora
ciò
non
sia
stato
fatto
nei
mesi
precedenti,
un
controllo
generale
(check
up)
presso
il
proprio
medico
curante.
Questa
sarà
l’occasione
per
ricontrollare
o
riadattare
una
terapia
medicamentosa,
di
verificare
che
non
vi
sia
un’infezione
(urinaria,
polmonare,
bronchiale,
ORL,
per
esempio),
e
di
prevedere
esami
più
specifici
in
vista
dell’intervento/anestesia
se
il
suo
stato
di
salute
lo
richiede.
Vi
sono
alcuni
medicamenti
quali
anti‐aggreganti
come
l’aspirina
o
i
suoi
derivati
o
anticoagulanti
(sintrom
o
marcoumar)
che
non
devono
essere
presi
le
2
settimane
prima
dell’intervento
per
il
rischio
aumentato
di
emorragia.
Discuta
col
suo
medico
di
alternative
a
questi
medicamenti.
Per
i
dolori
sono
ad
esempio
autorizzati
il
paracetamolo
(panadol
o
simili)
e
anti‐
infiammatori
come
il
voltaren,
e
l’
olfen.
Pianifichi
nel
limite
del
possibile
in
anticipo
con
il
suo
medico
di
famiglia
o
ortopedico
la
fase
dopo
il
ricovero.
Decida
con
se
prevedere
al
rientro
a
domicilio
un
aiuto
domiciliare.
Per
pazienti
oltre
gli
80
anni
le
casse
malati
consentono
di
fare
una
cura
riabilitativa
stazionaria
(Novaggio,
Hildebrand)
di
2
‐
3
settimane.
Preveda
anche
prima
del
ricovero
un
controllo
dal
proprio
dentista
per
determinare
se
non
vi
siano
potenziali
focolai
di
infezioni.
In
caso
di
problemi
dentari
(infezioni,
ascessi),
questi
devono
venir
trattati
prima
dell’intervento.
La
presenza
di
un’infezione
(anche
occulta,
cioè
non
riconosciuta
dal
paziente)
costituisce
un
rischio
importante
di
propagare
l’infezione
alla
protesi
quando
questa
sarà
impiantata.
5.
ENTRATA
IN
CLINICA,
OPERAZIONE,
RIABILITAZIONE
Ammissione
in
clinica
L’ammissione
in
clinica
è
prevista
per
la
vigilia
dell’operazione.
Nel
caso
di
particolari
ragioni
mediche
che
richiedono
ad
esempio
un
controllo
o
una
particolare
preparazione
in
vista
dell’intervento
l’ammissione
può
essere
anticipata
di
un
giorno
oppure
un
consulto
specialistico
con
il
medico
internista
della
clinica
(
che
seguirà
poi
il
paziente
durante
la
degenza)
verrà
organizzato
qualche
giorno
prima
del
ricovero.
La
durata
del
ricovero
dura
generalmente,
tra
i
4
e
10
‐14
giorni
a
seconda
dell’evoluzione.
All’entrata
in
clinica
sarà
ricevuto
dal
personale
infermieristico
del
reparto.
Dopo
i
controlli
medici
di
routine,
il
medico
di
reparto
le
farà
una
visita
completa.
A
fine
pomeriggio
riceverà
la
visita
dell’anestesista
e,
ovviamente,
la
mia.
Operazione
L’impianto
di
una
protesi
totale
dell’anca
può
essere
effettuato
con
un’anestesia
generale
(paziente
addormentato)
o
un’anestesia
locoregionale
(paziente
sveglio).
Dopo
l’anestesia,
il
paziente
viene
portato
in
sala
operatoria.
Un’accurata
disinfezione
e
una
copertura
protettiva
precedono
l’intervento,
che
ha
luogo
in
decubito
laterale,
ossia
sdraiato
sul
fianco.
Per
ridurre
al
minimo
i
rischi
infettivi
legati
all’operazione,
oltre
a
un’accurata
disinfezione,
l’intervento
si
svolge
sotto
una
profilassi
antibiotica
in
un
ambiente
dotato
di
una
ventilazione
speciale
chiamata
flusso
laminare.
I
rischi
di
infezione
peroperatoria
si
riducono
grazie
a
queste
misure
preventive
sotto
all’
1%.
Le
perdite
sanguigne
sono
attualmente
molto
ridotte
soprattutto
nel
caso
di
interventi
eseguiti
con
un
accesso
MINI‐INVASIVO
e
variano
da
o,2
a
0.8
l
a
seconda
dei
casi.
Se
però
queste
sono
state
particolarmente
elevate
o
se
il
paziente
presenta
problemi
di
salute
(cuore),
è
a
volte
utile
e
benefico
per
un
ricupero
più
rapido
e
per
diminuire
il
rischio
di
complicanze,
praticare
una
trasfusione
sanguigna
nelle
ore
o
nei
primi
giorni
dopo
l’operazione.
Dopo
l’intervento
che
dura
da
50
a
90
minuti
il
paziente
viene
osservato
per
alcune
ore
dagli
anestesisti
in
sala
di
risveglio
e
riportato
in
reparto.
Generalmente
non
introduco
alcun
drenaggio.
Solo
in
ceri
casi
un
drenaggio
viene
lasciato
per
24
ore,
per
diminuire
la
formazione
di
ematomi.
Il
medico
anestesista,
specialista
oltre
che
in
anestesiologia
anche
nel
trattamento
del
dolore,
prescrive
una
efficace
terapia
antidolorifica
durante
le
prime
24‐48
ore.
Grazie
ai
notevoli
progressi
in
questo
campo,
il
paziente
beneficia
generalmente
di
un’analgesia
efficace.
I
dolori
post‐operatori
sono
ridotti
al
minimo
in
particolare
nell’intervento
con
accesso
MINI‐INVASIVO.
Riabilitazione,
prevenzione
dei
rischi
post­
operatori
L’importante
fase
della
riabilitazione
inizia
in
realtà
già
prima
dell’intervento.
Un
buon
contatto
con
il/la
proprio/a
fisioterapista
è
primordiale.
Egli
impartisce
i
primi
consigli
al
paziente
già
la
vigilia
dell’operazione.
In
funzione
dello
stato
generale,
il
primo
giorno
dopo
l’operazione
il
paziente
viene
mobilizzato,
prima
seduto
in
poltrona
e
in
seguito
alzato
per
iniziare
a
camminare
con
un
carico
completo
sotto
la
guida
del
fisioterapista.
Per
pazienti
con
accesso
MINI‐INVASIVO,
se
le
condizioni
generali
sono
buone,
il
paziente
impara
da
subito,
a
24
ore
con
il
fisioterapista,
a
fare
le
scale.
La
mobilizzazione
precoce
è
una
misura
di
prevenzione
importantissima.
Il
rischio
di
complicazioni
come
la
trombosi
venosa
profonda,
l’embolia
polmonare
o
l’infezione
respiratoria
è
nettamente
ridotto,
oltre
che
dall’amministrazione
di
medicamenti
che
fluidificano
il
sangue
(punture
sottocutanee
di
eparina
inizialmente,
pastiglie
anticoagulanti
in
seguito)
dalla
ripresa
rapida
della
mobilizzazione
e
da
semplici
misure
di
fisioterapia
respiratoria
(che
il
paziente
può
effettuare
da
solo
senza
difficoltà).
Nell’arco
di
pochi
giorni
il
paziente,
che
fin
dall’inizio
ha
generalmente
meno
dolori
che
prima
dell’operazione,
riprende
una
deambulazione
indipendente
con
due
stampelle.
Sarà
importante
prestare
attenzione
ad
alcuni
gesti
della
vita
quotidiana
per
prevenire
una
possibile
lussazione
della
PTA
(vedi
più
avanti).
Dopo
la
dimissione
esistono
tre
possibilità
per
quel
che
riguarda
la
riabilitazione.
La
prima:
il
paziente
prosegue
una
riabilitazione
in
un
istituto
specializzato,
la
seconda:
il
paziente
rientra
a
domicilio
con
un
eventuale
aiuto
domiciliare
continuando
se
necessario
a
fare
una
fisioterapia
ambulante,
la
terza:
il
paziente
rientra
a
casa
senza
bisogno
di
alcun
aiuto
esterno
poichè
il
livello
raggiunto
è
già
sufficiente
e
soddisfacente.
La
fisioterapia
consiste
inizialmente
unicamente
a
permettere
al
paziente
di
camminare
in
modo
corretto.
La
relativa
instabilità
della
PTA
nelle
prime
6
‐
8
settimane
(vedi
lussazione
PTA)
controindica
infatti
di
fare
esercizi
di
mobilizzazione
o
rafforzamento,
che
potranno
essere
introdotti
a
partire
dal
terzo
mese
post‐operatorio.
Rischi
legati
all’intervento
Trombosi
venosa
profonda
e
embolia
polmonare
Si
tratta
dell’apparizione
di
coaguli
di
sangue
nelle
vene
dei
membri
inferiori
(polpaccio,
coscia
e
bacino),
dovuti
all’intervento
stesso
e
all’immobilizzazione
iniziale.
Una
grave
complicazione
della
trombosi
venosa
profonda
è
l’embolia
polmonare
(coagulo
di
sangue
a
livello
delle
arterie
che
portano
il
sangue
ai
polmoni).
Il
paziente
riceve
medicamenti
anticoagulanti.
Si
tratta
inizialmente
di
iniezioni
sottocutanee
quotidiane
di
eparina
e
di
pastiglie
anticoagulanti
in
seguito
(circa
2‐
3mesi
post‐operatori).
Oltre
alla
profilassi
medicamentosa
un
ruolo
preventivo
importantissimo
è
fornito
dalla
volontà
del
paziente
stesso
che
deve
mobilizzarsi
il
più
presto
possibile.
La
mobilizzazione
precoce
è
la
migliore
profilassi
di
queste
complicazioni.
Infezione
della
PTA
Grazie
alle
misure
preventive
utilizzate
(cura
di
focolai
infettivi
prima
di
fare
l’intervento,
asepsi
rigorosa
e
antibiosi
durante
l’operazione,
ventilazione
con
flusso
laminare
in
sala
operatoria),
l’infezione
della
PTA
è
fortunatamente
estremamente
rara,
inferiore
al
0.5‐1%.
L’infezione
della
protesi
rappresenta
una
complicazione
importante
e
molto
fatsidiosa
per
il
paziente,
poichè
richiede
generalmente
una
o
più
re‐operazioni.
In
casi
estremi
può
addirittura
imporre
l’asportazione
temporanea
della
protesi
per
alcuni
mesi
(fino
a
guarigione
dell’infezione)
seguita
più
tardi
e
dopo
aver
effettuato
un
trattamento
antibiotico,
sall’impianto
di
una
nuova
protesi!
Lussazione
della
PTA
Per
introdurre
la
protesi
dell’anca
durante
l’intervento
la
capsula
articolare
viene
incisa
e
ricucita.
Teoricamente
per
circa
6
‐
8
settimane
dopo
l’intervento
la
cicatrice
è
meno
resistente
e
vi
è
teoricamente
il
rischio
che
con
un
movimento
sbagliato
la
protesi
possa
uscire
dalla
sua
sede
(lussazione).
Con
l’avvento
delle
tecniche
chirurgichew
MINI‐INVASIVE
che
evitano
di
intaccare
durante
l’accesso
chirurgico
i
muscoli,
questo
rischio
è
notevolmente
ridotto
a
ca
1.5
a
3
%
dei
casi.
Durante
le
prime
6
settimane
il
paziente
deve
evitare
un
certo
numero
di
movimenti
che
gli
vengono
comunque
già
spiegati
prima
dell’intervento
e
ripetutamente
ricordati
anche
dopo.
La
terapia
di
una
lussazione
consiste
nella
riduzione
in
anestesia
generale.
Solo
in
rari
casi
è
necessaria
un
re‐intervento
per
riposizionare
la
protesi
affinchè
diventi
più
stabile.
Dopo
i
primi
2
mesi,
il
rischio
di
lussazione
diminuisce
quasi
completamente.
Ossificazioni
Questo
termine
designa
l’apparizione,
nei
muscoli
attorno
all’anca,
di
depositi
di
calcificazioni
che
nei
mesi
seguenti
l’intervento
si
trasformano
in
vera
e
propria
struttura
ossea.
La
formazione
calcio
nel
tessuto
muscolare
può
provocare
una
diminuzione
della
mobilità
articolare
e
dolori.
Per
prevenire
questo
rischio
a
tutti
i
pazienti
che
li
sopportano,
nei
primi
7‐14
giorni
dopo
l’operazione
vengono
amministrati
medicamenti
anti‐infiammatori,
che
oltre
ad
avere
un
effetto
antalgico
(diminuzione
dolori),
riducono
significativamente
anche
l’apparizione
di
questi
depositi.
Malgrado
ciò
vi
sono
circa
il
2
‐5
%
dei
pazienti
che
sviluppano
calcificazioni
nei
muscoli
dell’anca
operata.
Fortunatamente
solo
una
minima
parte
però
ne
è
poi
infastidita.
Solo
in
rarissimi
casi
quindi
un
intervento
è
necessario
circa
1
a
1.5
anni
dopo
l’introduzione
della
PTA
per
asportare
queste
calcificazioni.
Lesioni
a
nervi
Molto
raramente
a
seguito
all’operazione
(0.5%),
data
la
vicinanza
dei
nervi
che
scendono
nel
membro
inferiore,
e
malgrado
tutte
le
precauzioni
che
il
chirurgo
prende
durante
l’operazione,
possono
risultare
delle
lesioni
neurologiche
che
causano
una
debolezza
o
paralisi
di
alcuni
gruppi
muscolari
e
che
possono
provocare
difficoltà
alla
deambulazione.
Il
recupero
da
queste
lesioni
è
generalmente
lungo,
a
volte
solo
parziale.
Si
tratta
di
una
complicazione
rara
ma
purtroppo
estremamente
fastidiosa
e
a
volte
invalidizzante
per
il
paziente.
Catetere
vescicale
Generalmente
dopo
l’operazione
viene
lasciato
in
sede
un
catetere
vescicale
per
circa
24
–
48
ore
per
evitare
al
paziente
appena
operato
di
doversi
alzare
a
più
riprese
per
andare
in
bagno.
Nota
bene
Caro
paziente,
malgrado
i
rischi
descritti,
tutti
relativamente
rari,
non
si
preoccupi
eccessivamente.
L’impianto
di
una
PTA
rappresenterà
per
Lei
con
la
più
grande
probabilità
un’operazione
priva
di
complicazioni
con
un
risultato
sui
dolori
e
sulla
funzione
molto
buono
sia
a
breve
che
a
lungo
termine.
Non
dimentichi
che
una
visione
ottimistica
e
convinta
di
fronte
a
questa
operazione
costituiscono
altrettanti
punti
a
favore
di
un’evoluzione
priva
di
problemi
importanti
!
6.
VIVERE
CON
UNA
PROTESI
DELL’ANCA
Il
fatto
di
beneficiare
di
una
protesi
dell’anca
implica
per
la
vita
di
tutti
i
giorni
e
per
il
futuro
alcune
semplici
misure
precauzionali.
I
primi
due
mesi
Si
tratta
di
una
fase
relativamente
delicata,
durante
la
quale
la
stabilità
della
cicatrice
non
è
ancora
ottimale.
In
questo
periodo
bisogna
evitare
movimenti
che
portino
alla
lussazione
della
protesi.
Dormire
Durante
i
primi
due
mesi
dorma
sulla
schiena
o
sul
fianco
non
operato
con
un
cuscino
tra
le
due
gambe.
Nei
primi
giorni
in
clinica
non
si
giri
da
solo,
ma
solo
con
l’aiuto
di
un’infermiera/e.
Eviti
la
posizione
sulla
pancia.
Posizione
seduta
Eviti
poltrone
troppo
morbide
o
basse
dalle
quali
farebbe
fatica
ad
alzarsi,
con
il
rischio
per
di
più
di
lussare
la
protesi.
Se
necessario
utilizzi
un
apposito
cuneo
che
rialzi
la
sedia.
Non
incroci
le
gambe
ma
le
tenga
leggermente
divaricate
(rischio
di
lussazione).
Eviti
di
piegarsi
eccessivamente
in
avanti
ad
esempio
per
infilare
scarpe
o
calze.
Si
faccia
aiutare
oppure
utilizzi
speciali
calzascarpe
e
calze.
Un
anello
rialzato
per
toilettes,
reperibile
in
negozi
di
articoli
sanitari,
è
a
volte
utile
per
evitare
il
rischio
di
lussazione
quando
si
è
seduti
troppo
bassi.
Guidare
la
macchina
Si
sieda
sempre
sul
sedile
anteriore
dopo
averlo
spinto
più
in
dietro
possibile.
Nell’entrare
e
uscire
sollevi
sempre
la
gamba
operata
con
quella
sana;
prima
di
uscire
dalla
clinica,
provi
questo
movimento
con
la
sua
fisioterapista.
La
ripresa
della
guida
può
aver
luogo
generalmente
tra
le
6
e
le
8
settimane
dopo
l’intervento.
Stampelle
La
protesi
impiantata
permette
teoricamente
DA
SUBITO
un
carico
completo.
Per
questioni
di
dolori
e
equilibrio
si
usano
generalmente
stampelle
per
3
a
6
settimane.
Non
appena
i
dolori
regrediscono,
il
paziente
può
aumentare
il
carico
secondo
dolori
e
togliere
inizialmente
la
stampella
dalla
parte
MALATA.
In
seguito,
e
sempre
secondo
i
disturbi,
potrà
poi
gradualmente
lasciare
anche
la
econda
stampella.
Il
peso
corporeo
La
durata
della
PTA
dipende
dal
peso
del
paziente.
Mantenere
un
peso
forma
ragionevole
è
quindi
importante
per
aumentare
la
durata
della
protesi
nel
tempo.
Protesi
in
pazienti
in
netto
sovrappeso
hanno
una
durata
inferiore.
Attività
sportive
Un’attività
sportiva
regolare
è
molto
benefica
per
la
salute.
Al
paziente
operato
di
PTA
sconsigliamo
discipline
sportive
con
carichi
eccessivi,
in
particolare
colpi
o
violenti
movimenti
di
torsione
come
calcio,
tennis
su
superfici
dure
(sintetiche
o
asfalto),
jogging,
sci
su
piste
dure
o
irregolari,
snowboard.
Discipline
adatte
sono:
ciclismo,
sci
di
fondo,
escursioni
su
terreni
morbidi,
equitazione,
golf,
...
A
titolo
generale
è
consigliato
utilizzare
sempre
scarpe
con
suole
abbastanza
morbide,
capaci
di
assorbire
colpi
eccesivi.
Infezioni
L’apparizione
in
una
qualsiasi
parte
del
corpo
di
un’infezione
(polmoni,
sfera
ORL,
sitema
urinario,
sistema
respiratorio,
dentale,
eccetera)
costituisce
un
pericolo
di
infezione
anche
per
la
protesi.
Per
questo
motivo
ricordi
tempestivamente
al
suo
medico
o
dentista,
non
appena
una
infezione
o
ascesso
dovesse
verificarsi,
che
Lei
è
portatore
di
una
PTA.
Il
suo
medico
provvederà
allora
a
prescriverle
un
trattamento
antibiotico
adattato
a
quel
tipo
di
infezione,
in
modo
sia
di
curarla
che
di
«proteggere»
da
un’infezione
che
potrebbe
avere
conseguenze
gravi
la
sua
protesi.
Controlli
Nel
caso
di
un’evoluzione
senza
problemi
particolari,
si
consigliano
controlli
ortopedici:
a
circa
tre
mesi,
a
un
anno,
a
circa
dieci
anni
Il
primo
permette
di
valutare
l’evoluzione
precoce,
iniziale
dopo
l’intervento.
Se
il
controllo
a
un
anno
è
normale,
le
chances
che
la
protesi
vada
«bene»
fino
a
dieci
anni
sono
molto
elevate,
statisticamente
del
98%.
Qualora
a
un
anno
dovessero
apparire
dei
segni
radiografici
anormali,
potrebbe
venir
deciso
di
effettuare
un
controllo
intermedio
ad
esempio
l’anno
seguente
o
nei
sei
mesi
seguenti.
Il
controllo
a
dieci
anni
è
importante
per
fare
il
punto
della
situazione
a
lungo
termine
(«controllo
dei
100.000
km»).
Qualora
la
protesi
cominci
a
presentare
segni
di
uno
scollamento,
può
ad
esempio
essere
utile
di
decidere,
con
il
paziente,
di
pianificare
un
controllo
successivo
dopo
uno
o
due
anni,
oppure
di
pianificare
addirittura
un
cambio
nell’anno
seguente,
se
necessario.
E
infatti
importante
trovare
il
“buon”
momento
per
cambiare
una
protesi
che
si
è
scollata
o
che
sta
scollandosi.
Un’attesa
troppo
lunga
crea
spesso
un’alterazione
importante
dell’osso
attorno
alla
protesi
con
la
conseguenza
di
rendere
un’operazione
di
cambio
tecnicamente
più
difficile
e
lunga,
dunque
più
pesante
per
il
paziente
e
con
esito
meno
buono
che
non
un’operazione
effettuata
più
precocemente.
7.
CONCLUSIONE
Caro
paziente
grazie
a
queste
informazioni
avrà,
spero,
delle
idee
chiare
sul
trattamento
che
ha
deciso
di
intraprendere.
Se
dovessero
sorgere
altre
domande,
non
esiti
a
porrle.
A
sua
disposizione
sta
l’intero
staff
che
si
occuperà
di
Lei
durante
il
trattamento.
Annoti
ogni
domanda
e
richieda
un
appuntamento
per
chiarire
gli
ultimi
dubbi
qualora
ne
sentisse
il
bisogno.
L’operazione
di
PTA
rappresenta
una
tappa
importante
per
il
miglioramento
della
Sua
qualità
di
vita.
Il
risultato
del
trattamento
dipende,
come
avrà
potuto
constatare,
da
innumerevoli
fattori.
Non
da
ultimo
da
un
paziente
bene
informato,
con
aspettative
realistiche
sul
trattamento
che
affronterà.
Affronti
tutto
il
trattamento
(preparazione,
operazione,
riabilitazione)
serenamente,
convinto
e
con
ottimismo.
Non
dimentichi
che
è
normale
che
ci
vuole
fino
a
un
anno
per
aver
«dimenticato»
di
essere
stati
operati
di
protesi.
All’uscita
dalla
clinica
Le
sarà
dato
un
certificato
che
certifica
che
Lei
è
portatore
di
una
PTA
sul
quale
sarà
indicato
il
modello
utilizzato.
Questo
documento
potrà
esserle
utile
in
viaggio,
particolarmente
negli
aeroporti
(metal
detector)
o
nel
caso
di
problemi
medici
o
chirurgici
all’estero
ad
esempio.
8.
CHECK
LIST
Ecco
per
finire
una
lista
con
i
principali
punti
da
ricordare
prima
del
ricovero
in
ospedale.
1.
Controllo
dal
medico
curante
:
controllo
generale
(check
up)
medicamenti:
terapia
OK
?
stop
aspirina,
antiaggreganti
o
anticoagulanti
2.
Dopo
il
ricovero:
aiuto
domiciliare?
riabilitazione
stazionaria
(paz.
Oltre
80
anni)
?
3.
Formalità
amministrative
di
ricovero
(vedi
documentazione
di
convocazione
per
l’intervento
da
parte
della
clinica)
4.
Appuntamento
di
controllo
dal
suo
dentista
(per
tempo!)
per
la
cura
di
eventuali
focolai
infettivi
nascosti