PROTESI TOTALE DELL` ANCA
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PROTESI TOTALE DELL` ANCA
PROTESI TOTALE DELL’ ANCA INFORMAZIONI PER PAZIENTI Dott. D. Togninalli Chirurgo ortopedico FMH 1. INDICE 1. Introduzione 2. Artrosi dell’anca 3. La protesi totale dell’anca dati tecnici, risultati 4. Preparazione all’intervento 5. Entrata in ospedale, operazione, riabilitazione 6. Vivere con una protesi dell’anca 7. Conclusione 8. Checklist 1. INTRODUZIONE Cara/o paziente, con il suo medico curante e/o ortopedico, ha deciso di fare l’operazione di protesi totale dell’anca. L’artrosi dell’anca le procura infatti forti dolori, limita la sua mobilità le sue attività quotidiane. La clinica nella quale l’intervento avrà luogo, dispone di un’infrastruttura e di personale altamente qualificato. Per permettere un decorso senza complicazioni potrà beneficiare della competenza di specialisti di diverse discipline mediche (anestesisti, internisti) e di un servizio di fisioterapia specializzato nella rieducazione post‐operatoria. Le note di questo fascicolo hanno lo scopo di permetterle di conoscere più in dettaglio l’intervento di protesi totale dell’anca e di fare conoscenza delle persone e dell’infrastruttura sulla quale potrà fare affidamento. La storia della protetica moderna dell’ anca ha inizio nei primi anni 60 in Inghilterra e Svizzera. La prima protesi totale dell’anca è stata impiantata in Svizzera a San Gallo nel 1962 dal Prof. M.E. Müller. Grazie a continui progressi chirurgici, tecnologici e clinici, questo intervento ha raggiunto uno standard di alta affidabilità e ha permesso di ottenere ottimi risultati clinici sia a breve che a lungo termine. Da alcuni anni progressi tecnici hanno portato allo sviluppo di tecniche di impianto di PTA con ACCESSO MINI INVASIVO (MICRO HIP). Nelle pagine seguenti saranno esposti temi che le permetteranno di meglio prepararsi all’intervento. Buona lettura, Dr. Danilo Togninalli 2. ARTROSI DELL’ANCA L’artrosi è il risultato di un’ usura meccanica dell’anca. La cartilagine che ricopre quest’articolazione (che può essere paragonata a una sfera perfettamente rotonda e liscia), col passare del tempo diventa dapprima ruvida per infine scomparire completamente. Un’ articolazione perfettamente mobile e indolore, si trasforma così in un’ articolazione rigida e dolorosa. Oltre all’età e l’usura, vi sono altre cause meno frequenti che possono sfociare in un’ artrosi dell’anca. I sintomi dell’artrosi dell’anca sono dolori nella regione inguinale, nel ginocchio, nella coscia e a livello dei glutei e una diminuzione della mobilità (difficoltà ad esempio per mettere le scarpe, le calze o i pantaloni). I dolori sono generalmente accentuati dopo uno sforzo o durante i primi passi al risveglio, il mattino. Col tempo possono diventare continui e addirittura svegliare il paziente la notte. L’artrosi non può purtroppo attualmente essere guarita. Il trattamento è inizialmente medicamentoso (medicamenti contro idolori e l’infiammazione) e sintomatico (fisioterapia, cure termali, utilizzazione di una stampella). Quando i sintomi diventano però troppo intensi, la decisione di impiantare una protesi viene generalmente presa dal paziente con il suo medico curante e il chirurgo ortopedico. Studi recenti confermano che vi è un momento considerato “ottimale” per l’impianto di una PTA. Contrariamente a quanto consigliato fino ad alcuni anni fa, ossia di attendere il più a lungo possibile prima dell’intervento, si è visto che i risultati post‐ operatori sono migliori per il paziente se l’operazione viene eseguita quando la muscolatura, la mobilità e le capacità di deambulazione sono ancora discrete. Il momento ottimale per operare un’artrosi dell’anca è quindi dato principalmente dall’intensità dai disturbi evocati dal paziente associati al quadro di una coxartrosi clinica e radiologica. 3. LA PROTESI TOTALE DELL’ANCA La storia della protetica moderna è stata in grandissima parte scritta da un chirurgo ortopedico inglese, sir John Charnley, che dall’inizio degli anni 60 ha iniziato a impiantare protesi concepite con principi che sono utilizzati e considerati validi tutt’ora. Anche la Svizzera può contare su uno dei padri della protetica mondiale, il Professor M. E. Müller, che nel 1962 ha impiantato la prima protesi totale dell’anca sul continente europeo nella clinica ortopedica dell’ospedale cantonale di San Gallo. Grazie a questi pionieri e sulla base di una continua analisi dei dati di pazienti operati nel corso di decenni, possiamo oggi proporre ai nostri pazienti un trattamento standardizzato e affidabile. Oltre ai progressi tecnologici a livello di mteriali sempre più raffinati, negli ultimi anni sono state sviluppate tecniche chirurgiche MINI‐INVASIVE che permettono di introdurre la PTA con un trauma chirurgico molto ridotto. I pazienti hanno dopo l’intervento meno dolori, vi è una riduzione del sanguinamento al punto che trasfusioni sanguigne sono solo raramente necessarie e il ricupero nelle fasi iniziali è molto accelerato. Protesi totale dell’anca Si tratta di una articolazione artificiale che si compone di due parti: quella femorale che viene inserita e fissata nel femore e quella acetabolare che viene fissata nel bacino (vedi figura). Per introdurle è necessario togliere l’articolazione malata. Le due componenti sono in parte metalliche (leghe di cromo‐cobalto o titanio a seconda dei modelli), in parte di plastica (polietilene) e in parte di ceramica (testa femorale). Evidentemente sono continuamente in corso ricerche per trovare materiali con caratteristiche sempre migliori e durature. La qualità della fissazione della protesi allo scheletro è molto importante. A questo livello sono infatti legati i problemi di tenuta della protesi nel tempo. Quando una protesi si « scolla » dall’osso (scollamento), ricompaiono progressivamente dolori che a volte richiedono un intervento di cambio della protesi. Vi sono due tipi di fissazione della protesi allo scheletro: fissazione con un cemento speciale (polimetilmetacrilato, “protesi cementata”) o fissazione senza cemento, grazie a un semplice incastro a pressione che permette all’osso in alcuni mesi di “crescere” sulla superficie della protesi in modo da fissarla definitivamente (“protesi non cementata”). Benchè la protesi cementata sia tuttora considerata il “golden standard” della protesica dell’anca, la tendenza attuale è l’utilizzazione più frequente di modelli di protesi NON cementate, che permettono un’integrazione biologica dell’osso nel materiale protesico (esattamente come per gli impianti dentari contemporanei). Risultati a lungo termine Disponiamo oggigiorno di grandi quantità di dati a livello mondiale sul funzionamento della protesi totale dell’anca. A breve termine l’impianto della protesi produce una diminuzione dei dolori che permette una graduale ripresa di praticamente tutte le attività motorie della vita quotidiana. Per quanto riguarda i risultati a lungo termine, oltre a quelli raccolti da Charnley e Müller da quasi 30 anni, disponiamo di registri nazionali (Svezia e Norvegia) nei quali i risultati di durata di tutte le protesi impiantate in quelle nazioni sono controllati statisticamente quasi due decenni. Queste fonti permettono di affermare che per la protesi utilizzata nel suo caso la probabilità che sia ancora funzionante è dopo 10 anni di 95‐97. In altri termini il rischio di dover subire un cambio della protesi è solo del 3 a 5% nei primi 10 anni. 4. PREPARAZIONE ALL’INTERVENTO Per giungere in stato di salute ottimale all’intervento è importante prevedere, qualora ciò non sia stato fatto nei mesi precedenti, un controllo generale (check up) presso il proprio medico curante. Questa sarà l’occasione per ricontrollare o riadattare una terapia medicamentosa, di verificare che non vi sia un’infezione (urinaria, polmonare, bronchiale, ORL, per esempio), e di prevedere esami più specifici in vista dell’intervento/anestesia se il suo stato di salute lo richiede. Vi sono alcuni medicamenti quali anti‐aggreganti come l’aspirina o i suoi derivati o anticoagulanti (sintrom o marcoumar) che non devono essere presi le 2 settimane prima dell’intervento per il rischio aumentato di emorragia. Discuta col suo medico di alternative a questi medicamenti. Per i dolori sono ad esempio autorizzati il paracetamolo (panadol o simili) e anti‐ infiammatori come il voltaren, e l’ olfen. Pianifichi nel limite del possibile in anticipo con il suo medico di famiglia o ortopedico la fase dopo il ricovero. Decida con se prevedere al rientro a domicilio un aiuto domiciliare. Per pazienti oltre gli 80 anni le casse malati consentono di fare una cura riabilitativa stazionaria (Novaggio, Hildebrand) di 2 ‐ 3 settimane. Preveda anche prima del ricovero un controllo dal proprio dentista per determinare se non vi siano potenziali focolai di infezioni. In caso di problemi dentari (infezioni, ascessi), questi devono venir trattati prima dell’intervento. La presenza di un’infezione (anche occulta, cioè non riconosciuta dal paziente) costituisce un rischio importante di propagare l’infezione alla protesi quando questa sarà impiantata. 5. ENTRATA IN CLINICA, OPERAZIONE, RIABILITAZIONE Ammissione in clinica L’ammissione in clinica è prevista per la vigilia dell’operazione. Nel caso di particolari ragioni mediche che richiedono ad esempio un controllo o una particolare preparazione in vista dell’intervento l’ammissione può essere anticipata di un giorno oppure un consulto specialistico con il medico internista della clinica ( che seguirà poi il paziente durante la degenza) verrà organizzato qualche giorno prima del ricovero. La durata del ricovero dura generalmente, tra i 4 e 10 ‐14 giorni a seconda dell’evoluzione. All’entrata in clinica sarà ricevuto dal personale infermieristico del reparto. Dopo i controlli medici di routine, il medico di reparto le farà una visita completa. A fine pomeriggio riceverà la visita dell’anestesista e, ovviamente, la mia. Operazione L’impianto di una protesi totale dell’anca può essere effettuato con un’anestesia generale (paziente addormentato) o un’anestesia locoregionale (paziente sveglio). Dopo l’anestesia, il paziente viene portato in sala operatoria. Un’accurata disinfezione e una copertura protettiva precedono l’intervento, che ha luogo in decubito laterale, ossia sdraiato sul fianco. Per ridurre al minimo i rischi infettivi legati all’operazione, oltre a un’accurata disinfezione, l’intervento si svolge sotto una profilassi antibiotica in un ambiente dotato di una ventilazione speciale chiamata flusso laminare. I rischi di infezione peroperatoria si riducono grazie a queste misure preventive sotto all’ 1%. Le perdite sanguigne sono attualmente molto ridotte soprattutto nel caso di interventi eseguiti con un accesso MINI‐INVASIVO e variano da o,2 a 0.8 l a seconda dei casi. Se però queste sono state particolarmente elevate o se il paziente presenta problemi di salute (cuore), è a volte utile e benefico per un ricupero più rapido e per diminuire il rischio di complicanze, praticare una trasfusione sanguigna nelle ore o nei primi giorni dopo l’operazione. Dopo l’intervento che dura da 50 a 90 minuti il paziente viene osservato per alcune ore dagli anestesisti in sala di risveglio e riportato in reparto. Generalmente non introduco alcun drenaggio. Solo in ceri casi un drenaggio viene lasciato per 24 ore, per diminuire la formazione di ematomi. Il medico anestesista, specialista oltre che in anestesiologia anche nel trattamento del dolore, prescrive una efficace terapia antidolorifica durante le prime 24‐48 ore. Grazie ai notevoli progressi in questo campo, il paziente beneficia generalmente di un’analgesia efficace. I dolori post‐operatori sono ridotti al minimo in particolare nell’intervento con accesso MINI‐INVASIVO. Riabilitazione, prevenzione dei rischi post operatori L’importante fase della riabilitazione inizia in realtà già prima dell’intervento. Un buon contatto con il/la proprio/a fisioterapista è primordiale. Egli impartisce i primi consigli al paziente già la vigilia dell’operazione. In funzione dello stato generale, il primo giorno dopo l’operazione il paziente viene mobilizzato, prima seduto in poltrona e in seguito alzato per iniziare a camminare con un carico completo sotto la guida del fisioterapista. Per pazienti con accesso MINI‐INVASIVO, se le condizioni generali sono buone, il paziente impara da subito, a 24 ore con il fisioterapista, a fare le scale. La mobilizzazione precoce è una misura di prevenzione importantissima. Il rischio di complicazioni come la trombosi venosa profonda, l’embolia polmonare o l’infezione respiratoria è nettamente ridotto, oltre che dall’amministrazione di medicamenti che fluidificano il sangue (punture sottocutanee di eparina inizialmente, pastiglie anticoagulanti in seguito) dalla ripresa rapida della mobilizzazione e da semplici misure di fisioterapia respiratoria (che il paziente può effettuare da solo senza difficoltà). Nell’arco di pochi giorni il paziente, che fin dall’inizio ha generalmente meno dolori che prima dell’operazione, riprende una deambulazione indipendente con due stampelle. Sarà importante prestare attenzione ad alcuni gesti della vita quotidiana per prevenire una possibile lussazione della PTA (vedi più avanti). Dopo la dimissione esistono tre possibilità per quel che riguarda la riabilitazione. La prima: il paziente prosegue una riabilitazione in un istituto specializzato, la seconda: il paziente rientra a domicilio con un eventuale aiuto domiciliare continuando se necessario a fare una fisioterapia ambulante, la terza: il paziente rientra a casa senza bisogno di alcun aiuto esterno poichè il livello raggiunto è già sufficiente e soddisfacente. La fisioterapia consiste inizialmente unicamente a permettere al paziente di camminare in modo corretto. La relativa instabilità della PTA nelle prime 6 ‐ 8 settimane (vedi lussazione PTA) controindica infatti di fare esercizi di mobilizzazione o rafforzamento, che potranno essere introdotti a partire dal terzo mese post‐operatorio. Rischi legati all’intervento Trombosi venosa profonda e embolia polmonare Si tratta dell’apparizione di coaguli di sangue nelle vene dei membri inferiori (polpaccio, coscia e bacino), dovuti all’intervento stesso e all’immobilizzazione iniziale. Una grave complicazione della trombosi venosa profonda è l’embolia polmonare (coagulo di sangue a livello delle arterie che portano il sangue ai polmoni). Il paziente riceve medicamenti anticoagulanti. Si tratta inizialmente di iniezioni sottocutanee quotidiane di eparina e di pastiglie anticoagulanti in seguito (circa 2‐ 3mesi post‐operatori). Oltre alla profilassi medicamentosa un ruolo preventivo importantissimo è fornito dalla volontà del paziente stesso che deve mobilizzarsi il più presto possibile. La mobilizzazione precoce è la migliore profilassi di queste complicazioni. Infezione della PTA Grazie alle misure preventive utilizzate (cura di focolai infettivi prima di fare l’intervento, asepsi rigorosa e antibiosi durante l’operazione, ventilazione con flusso laminare in sala operatoria), l’infezione della PTA è fortunatamente estremamente rara, inferiore al 0.5‐1%. L’infezione della protesi rappresenta una complicazione importante e molto fatsidiosa per il paziente, poichè richiede generalmente una o più re‐operazioni. In casi estremi può addirittura imporre l’asportazione temporanea della protesi per alcuni mesi (fino a guarigione dell’infezione) seguita più tardi e dopo aver effettuato un trattamento antibiotico, sall’impianto di una nuova protesi! Lussazione della PTA Per introdurre la protesi dell’anca durante l’intervento la capsula articolare viene incisa e ricucita. Teoricamente per circa 6 ‐ 8 settimane dopo l’intervento la cicatrice è meno resistente e vi è teoricamente il rischio che con un movimento sbagliato la protesi possa uscire dalla sua sede (lussazione). Con l’avvento delle tecniche chirurgichew MINI‐INVASIVE che evitano di intaccare durante l’accesso chirurgico i muscoli, questo rischio è notevolmente ridotto a ca 1.5 a 3 % dei casi. Durante le prime 6 settimane il paziente deve evitare un certo numero di movimenti che gli vengono comunque già spiegati prima dell’intervento e ripetutamente ricordati anche dopo. La terapia di una lussazione consiste nella riduzione in anestesia generale. Solo in rari casi è necessaria un re‐intervento per riposizionare la protesi affinchè diventi più stabile. Dopo i primi 2 mesi, il rischio di lussazione diminuisce quasi completamente. Ossificazioni Questo termine designa l’apparizione, nei muscoli attorno all’anca, di depositi di calcificazioni che nei mesi seguenti l’intervento si trasformano in vera e propria struttura ossea. La formazione calcio nel tessuto muscolare può provocare una diminuzione della mobilità articolare e dolori. Per prevenire questo rischio a tutti i pazienti che li sopportano, nei primi 7‐14 giorni dopo l’operazione vengono amministrati medicamenti anti‐infiammatori, che oltre ad avere un effetto antalgico (diminuzione dolori), riducono significativamente anche l’apparizione di questi depositi. Malgrado ciò vi sono circa il 2 ‐5 % dei pazienti che sviluppano calcificazioni nei muscoli dell’anca operata. Fortunatamente solo una minima parte però ne è poi infastidita. Solo in rarissimi casi quindi un intervento è necessario circa 1 a 1.5 anni dopo l’introduzione della PTA per asportare queste calcificazioni. Lesioni a nervi Molto raramente a seguito all’operazione (0.5%), data la vicinanza dei nervi che scendono nel membro inferiore, e malgrado tutte le precauzioni che il chirurgo prende durante l’operazione, possono risultare delle lesioni neurologiche che causano una debolezza o paralisi di alcuni gruppi muscolari e che possono provocare difficoltà alla deambulazione. Il recupero da queste lesioni è generalmente lungo, a volte solo parziale. Si tratta di una complicazione rara ma purtroppo estremamente fastidiosa e a volte invalidizzante per il paziente. Catetere vescicale Generalmente dopo l’operazione viene lasciato in sede un catetere vescicale per circa 24 – 48 ore per evitare al paziente appena operato di doversi alzare a più riprese per andare in bagno. Nota bene Caro paziente, malgrado i rischi descritti, tutti relativamente rari, non si preoccupi eccessivamente. L’impianto di una PTA rappresenterà per Lei con la più grande probabilità un’operazione priva di complicazioni con un risultato sui dolori e sulla funzione molto buono sia a breve che a lungo termine. Non dimentichi che una visione ottimistica e convinta di fronte a questa operazione costituiscono altrettanti punti a favore di un’evoluzione priva di problemi importanti ! 6. VIVERE CON UNA PROTESI DELL’ANCA Il fatto di beneficiare di una protesi dell’anca implica per la vita di tutti i giorni e per il futuro alcune semplici misure precauzionali. I primi due mesi Si tratta di una fase relativamente delicata, durante la quale la stabilità della cicatrice non è ancora ottimale. In questo periodo bisogna evitare movimenti che portino alla lussazione della protesi. Dormire Durante i primi due mesi dorma sulla schiena o sul fianco non operato con un cuscino tra le due gambe. Nei primi giorni in clinica non si giri da solo, ma solo con l’aiuto di un’infermiera/e. Eviti la posizione sulla pancia. Posizione seduta Eviti poltrone troppo morbide o basse dalle quali farebbe fatica ad alzarsi, con il rischio per di più di lussare la protesi. Se necessario utilizzi un apposito cuneo che rialzi la sedia. Non incroci le gambe ma le tenga leggermente divaricate (rischio di lussazione). Eviti di piegarsi eccessivamente in avanti ad esempio per infilare scarpe o calze. Si faccia aiutare oppure utilizzi speciali calzascarpe e calze. Un anello rialzato per toilettes, reperibile in negozi di articoli sanitari, è a volte utile per evitare il rischio di lussazione quando si è seduti troppo bassi. Guidare la macchina Si sieda sempre sul sedile anteriore dopo averlo spinto più in dietro possibile. Nell’entrare e uscire sollevi sempre la gamba operata con quella sana; prima di uscire dalla clinica, provi questo movimento con la sua fisioterapista. La ripresa della guida può aver luogo generalmente tra le 6 e le 8 settimane dopo l’intervento. Stampelle La protesi impiantata permette teoricamente DA SUBITO un carico completo. Per questioni di dolori e equilibrio si usano generalmente stampelle per 3 a 6 settimane. Non appena i dolori regrediscono, il paziente può aumentare il carico secondo dolori e togliere inizialmente la stampella dalla parte MALATA. In seguito, e sempre secondo i disturbi, potrà poi gradualmente lasciare anche la econda stampella. Il peso corporeo La durata della PTA dipende dal peso del paziente. Mantenere un peso forma ragionevole è quindi importante per aumentare la durata della protesi nel tempo. Protesi in pazienti in netto sovrappeso hanno una durata inferiore. Attività sportive Un’attività sportiva regolare è molto benefica per la salute. Al paziente operato di PTA sconsigliamo discipline sportive con carichi eccessivi, in particolare colpi o violenti movimenti di torsione come calcio, tennis su superfici dure (sintetiche o asfalto), jogging, sci su piste dure o irregolari, snowboard. Discipline adatte sono: ciclismo, sci di fondo, escursioni su terreni morbidi, equitazione, golf, ... A titolo generale è consigliato utilizzare sempre scarpe con suole abbastanza morbide, capaci di assorbire colpi eccesivi. Infezioni L’apparizione in una qualsiasi parte del corpo di un’infezione (polmoni, sfera ORL, sitema urinario, sistema respiratorio, dentale, eccetera) costituisce un pericolo di infezione anche per la protesi. Per questo motivo ricordi tempestivamente al suo medico o dentista, non appena una infezione o ascesso dovesse verificarsi, che Lei è portatore di una PTA. Il suo medico provvederà allora a prescriverle un trattamento antibiotico adattato a quel tipo di infezione, in modo sia di curarla che di «proteggere» da un’infezione che potrebbe avere conseguenze gravi la sua protesi. Controlli Nel caso di un’evoluzione senza problemi particolari, si consigliano controlli ortopedici: a circa tre mesi, a un anno, a circa dieci anni Il primo permette di valutare l’evoluzione precoce, iniziale dopo l’intervento. Se il controllo a un anno è normale, le chances che la protesi vada «bene» fino a dieci anni sono molto elevate, statisticamente del 98%. Qualora a un anno dovessero apparire dei segni radiografici anormali, potrebbe venir deciso di effettuare un controllo intermedio ad esempio l’anno seguente o nei sei mesi seguenti. Il controllo a dieci anni è importante per fare il punto della situazione a lungo termine («controllo dei 100.000 km»). Qualora la protesi cominci a presentare segni di uno scollamento, può ad esempio essere utile di decidere, con il paziente, di pianificare un controllo successivo dopo uno o due anni, oppure di pianificare addirittura un cambio nell’anno seguente, se necessario. E infatti importante trovare il “buon” momento per cambiare una protesi che si è scollata o che sta scollandosi. Un’attesa troppo lunga crea spesso un’alterazione importante dell’osso attorno alla protesi con la conseguenza di rendere un’operazione di cambio tecnicamente più difficile e lunga, dunque più pesante per il paziente e con esito meno buono che non un’operazione effettuata più precocemente. 7. CONCLUSIONE Caro paziente grazie a queste informazioni avrà, spero, delle idee chiare sul trattamento che ha deciso di intraprendere. Se dovessero sorgere altre domande, non esiti a porrle. A sua disposizione sta l’intero staff che si occuperà di Lei durante il trattamento. Annoti ogni domanda e richieda un appuntamento per chiarire gli ultimi dubbi qualora ne sentisse il bisogno. L’operazione di PTA rappresenta una tappa importante per il miglioramento della Sua qualità di vita. Il risultato del trattamento dipende, come avrà potuto constatare, da innumerevoli fattori. Non da ultimo da un paziente bene informato, con aspettative realistiche sul trattamento che affronterà. Affronti tutto il trattamento (preparazione, operazione, riabilitazione) serenamente, convinto e con ottimismo. Non dimentichi che è normale che ci vuole fino a un anno per aver «dimenticato» di essere stati operati di protesi. All’uscita dalla clinica Le sarà dato un certificato che certifica che Lei è portatore di una PTA sul quale sarà indicato il modello utilizzato. Questo documento potrà esserle utile in viaggio, particolarmente negli aeroporti (metal detector) o nel caso di problemi medici o chirurgici all’estero ad esempio. 8. CHECK LIST Ecco per finire una lista con i principali punti da ricordare prima del ricovero in ospedale. 1. Controllo dal medico curante : controllo generale (check up) medicamenti: terapia OK ? stop aspirina, antiaggreganti o anticoagulanti 2. Dopo il ricovero: aiuto domiciliare? riabilitazione stazionaria (paz. Oltre 80 anni) ? 3. Formalità amministrative di ricovero (vedi documentazione di convocazione per l’intervento da parte della clinica) 4. Appuntamento di controllo dal suo dentista (per tempo!) per la cura di eventuali focolai infettivi nascosti