La diffusione delle innovazioni
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La diffusione delle innovazioni
DISPENSA 9 - ECONOMIA DELL’INNOVAZIONE La diffusione delle innovazioni Testo tratto da F. Lissoni, “La diffusione delle innovazioni”, in F.Malerba (a cura di), Economia dell’innovazione, Carocci, 2000 1. Introduzione Nella maggior parte dei testi introduttivi alla microeconomia e dei modelli microeconomici avanzati, ma non espressamente rivolti allo studio dell'innovazione, viene usualmente introdotta l'ipotesi semplificatrice secondo cui le novità tecnologiche sono immediatamente adottate da tutti gli agenti economici in grado di trame vantaggio. La storia delle tecnologie, al contrario, offre moltissimi esempi di innovazioni la cui diffusione, lungi dall' essere istantanea o comunque rapida, si è rivelata assai più lenta di quanto oggi potremmo sospettare. Più in generale, i dati storici ci impongono di spiegare tre fenomeni ricorrenti: I. Le nuove tecnologie si diffondono in modo relativamente lento e graduale: non arrivano a dominare il mercato istantaneamente dopo la loro comparsa, né giacciono a lungo inutilizzate per poi essere repentinamente adottate da tutti gli interessati. 2. La maggior parte dei cosiddetti "sentieri di diffusione" mostra un andamento sigmoide (Figura 1): dopo il suo avvio, il processo di diffusione dapprima accelera gradualmente, poi raggiunge una punta di velocità massima e infine decelera progressivamente. In alcuni casi il massimo della velocità di diffusione può essere raggiunto esattamente a metà del processo di diffusione (sentiero di diffusione simmetrico), mentre in altri casi questo massimo viene raggiunto prima della metà, spesso subito dopo la comparsa dell'innovazione ed i suoi primi successi (sentiero di diffusione asimmetrico). 3. Innovazioni diverse si diffondono a diverse velocità, così come innovazioni simili si diffondono a diverse velocità se proposte in diversi settori o in diversi paesi. Livello di diffusione 100% simmetrico asimmetrico Tempo Fig. 1 - Sentieri di diffusione sigmoidi 1 Prima di procedere all' esame dei vari modelli di diffusione è opportuno limitare l'ambito della nostra indagine. Lo studio della diffusione delle innovazioni è infatti un campo vastissimo e multidisciplinare. Le innovazioni considerate variano dai nuovi beni di consumo, ai nuovi processi produttivi, alle nuove forme organizzative, fino alle novità scientifiche e culturali in senso più ampio. Tra i maggiori esperti di diffusione ritroviamo non solo gli economisti industriali, ma anche e soprattutto gli studiosi di marketing, i ricercatori di antropologia culturale, gli storici dell'economia e molti altri ancora. Le combinazioni realizzabili tra i possibili approcci metodologici e le definizioni dell'oggetto di studio sono quindi molto numerose. In questo capitolo ci concentreremo quasi esclusivamente sulla diffusione delle innovazioni di processo che, in via provvisoria e introduttiva, definiamo come nuove macchine o tecnologie di produzione1. Questa scelta risponde a due motivazioni: 1. il maggior contributo degli economisti industriali allo studio della diffusione si riferisce proprio alle innovazioni di processo. 2. lo studio delle innovazioni di processo, in particolare delle più semplici tra di esse, ci consente di mantenere il più a lungo possibile le semplificazioni tipiche dei modelli microeconomici più abituali, e di modificarle gradualmente fino a pervenire ad una critica degli stessi, senza dover impostare fin da ora una teoria alternativa dell'impresa e dei suoi processi decisionali. Nel corso della trattazione segnaleremo comunque tutti i possibili legami tra i modelli presentati e la teoria della diffusione delle innovazioni di prodotto, o di quelle innovazioni così radicali da comprendere novità su più fronti. Sottolineiamo infine che la diffusione delle innovazioni discende da fenomeni quasi sempre contemporanei, ma logicamente distinti, consistenti rispettivamente: - nella selezione operata dal mercato a danno delle imprese ritardatarie e a favore di quelle innovative; - nell' imitazione delle imprese innovative da parte di quelle ritardatarie; in questo secondo caso si parla spesso di adozione, in modo da comprendere il caso in cui la nuova tecnologia è liberamente disponibile sul mercato, ovvero è offerta alle imprese interessate da uno o più fornitori specializzati; - nell' entrata nel mercato di nuove imprese già dotate della nuova tecnologia o comunque intenzionate ad adottarla al più presto; questo fenomeno da un lato contribuisce alla erosione delle quote di mercato delle imprese ritardatarie, dall' altro costituisce un atto imitativo nei confronti dei primi adottatori (qualora i primi, i pionieri, siano imprese già insediate) 2. Negli approcci microeconomici di tipo più tradizionale viene usualmente data molta più enfasi al fenomeno dell'imitazione, mentre l'opposto accade in ambito evolutivo. Nel complesso, comunque, i modelli di adozione sono assai più numerosi di quelli di selezione e questo capitolo riflette questo squilibrio. 2. I modelli di adozione Esistono due categorie fondamentali di modelli di diffusione tramite adozione: 1. I modelli "a soglia", che studiano il comportamento individuale delle imprese, ricavandone le condizioni sotto cui queste ultime decidono di adottare. 2. I modelli aggregati, o "a massa critica", che studiano il processo di diffusione nel suo complesso (pur sempre immaginandolo come guidato dalla sola adozione), sulla base di alcune proprietà generali della popolazione degli adottatori e del tipo di innovazione studiata. In questo paragrafo presentiamo entrambe le categorie. 1 Altre rassegne recenti, tutte riferite in modo quasi esclusivo agli studi di diffusione provenienti dall'economia politica, sono quelle di Gruber (1992); Lissoni, Metcalfe (1994); Karshenas, Stoneman (1995); Ottoz (1995), Sarkar (1998) e David (2000). Per le più importanti rassegne sui contributi di altre discipline si vedano le note successive. 2 Le forme di diffusione discusse rappresentano diffusione inter-firm. Un'ulteriore componente della diffusione che trascuriamo è la cosiddetta diffusione intra-firm, che misura il tempo con cui le imprese che adottano una nuova tecnologia convertono completamente il loro apparato produttivo a quest'ultima. Su questo punto cfr. Mansfield (968) e Stoneman (1983). 2 2.1. Modelli di adozione a soglia basati sulla dimensione d'impresa Le idee fondamentali dei modelli di adozione a soglia possono essere ricavate dallo studio di David (1966, 1969) sulla diffusione della mietitrice meccanica negli Stati Uniti durante il periodo precedente la guerra di Secessione3. Il contributo di David mirava ad illustrare le determinanti economiche del processo di diffusione, in contrasto con altre spiegazioni di natura psicologica e sociologica più spesso invocate dagli storici contemporanei. Queste spiegazioni (talora basate sui modelli che presentiamo nel PAR.2.4) si concentravano sulla naturale diffidenza che gli agricoltori americani del secolo scorso, al pari di molti agricoltori di epoche e paesi differenti, nutrivano per le novità tecnologiche. In quest'ottica solo la lenta propagazione di informazioni rassicuranti circa la validità tecnica dell'innovazione e/o alcuni cambiamenti culturali di rilievo potevano spiegare il cambiamento nell' attitudine degli agricoltori verso la mietitrice. Nel modello di David, al contrario, si assume l'assenza di qualunque problema informativo: tutti i potenziali adottatori (cioè gli agricoltori) conoscono la mietitrice prima della sua adozione e sono in grado di valutarne correttamente la produttività. In particolare, essi sanno che questa non è in grado di aumentare la produttività del terreno (e dunque il raccolto della singola fattoria), ma consente comunque di risparmiare lavoro passando da un coefficiente di input ao ad un coefficiente an (ao > an). Pertanto gli agricoltori decideranno di adottare solo se il prezzo dell'innovazione risulta non superiore al risparmio sul costo del lavoro da questa consentito e opportunamente scontato, ovvero: p ≤ [1] w(a0 − an ) S r dove r è il tasso di interesse, p il prezzo dell'innovazione, S l'estensione di terreno della singola fattoria e w il salario unitario4. Sotto l'ipotesi di aspettative miopi sull'evoluzione futura del prezzo dell'innovazione, dei salari e più in generale di ogni altra variabile soggetta a mutamenti temporali, questa condizione per l'adozione è non solo necessaria, ma anche sufficiente5. Da essa si può inoltre ricavare una soglia dimensionale critica per l'adozione. La disequazione [1] può infatti essere riscritta come: S ≥ S*, dove S* = rp w( a 0 − a n ) Questo significa che, ad un dato istante t successivo all'introduzione dell'innovazione, soltanto le fattorie con una dimensione superiore alla soglia dimensionale critica S* risulteranno in possesso della mietitrice. Tutte le altre, pur sapendo dell'esistenza e delle potenzialità dell'innovazione, avranno deciso, in base a criteri di razionalità economica, di non adottare. Poiché la distribuzione dimensionale delle fattorie (così come quella di molte altre imprese in diversi settori) è approssimabile da una curva a campana (asimmetrica, come ad esempio una LogNormale, o simmetrica, come una Normale) nell'istante t osserveremo che tutte le imprese collocate a destra di S* nella distribuzione avranno adottato, mentre quelle a sinistra di S* non lo avranno ancora fatto (Fig. 2). Affinché questa situazione si sblocchi e dia effettivamente luogo ad un processo di diffusione occorre che con il passare del tempo almeno una delle variabili che definiscono S e S* cambi gradualmente. In particolare dobbiamo ipotizzare: - che la soglia critica diminuisca con il trascorrere del tempo (per effetto di una diminuzione del tasso di interesse o del prezzo dell'innovazione, oppure di un aumento dei salari o della produttività della nuova tecnica produttiva); 3 Per una definizione più complessa e non strettamente neoclassica dei modelli di adozione a soglia cfr. Davies (1979). I coefficienti di input sono definiti come: ao = L0/S e an = Ln/S, dove L0 è la quantità di lavoro necessaria per mietere manualmente il grano su una unità di terreno; Ln è la quantità di lavoro necessaria al medesimo scopo, ma con 1'ausilio della mietitrice. Per semplicità ipotizziamo inoltre che il profitto derivante dall'adozione venga scontato su un orizzonte infinito e che la decisione di adozione sia irreversibile. 5 Le imprese hanno aspettative miopi se non tengono conto degli andamenti futuri di variabili quali i salari o i prezzi, e quindi compiono le proprie scelte solo sulla base dei valori dei salari e dei prezzi osservati nell'istante in cui devono prendere la decisione. 4 3 - e/o che la distribuzione dimensionale delle imprese si sposti gradualmente verso destra, cioè che tutte le imprese, indipendentemente dal fatto di avere già adottato oppure no, aumentino la propria dimensione. In questo modo, sotto alcune condizioni aggiuntive relative alla velocità di cambiamento delle variabili citate, si potrà ottenere un percorso di diffusione sigmoide dato dalla cumulata (da destra) della distribuzione dimensionale delle imprese (cfr. ancora la Fig. 2, dove la cumulata da destra è definita come 1-F(S) ). Si otterrà anche una proposizione logica facilmente testabile (ed effettivamente verificata per un numero elevato di casi), secondo cui le imprese di maggiore dimensione adottano prima delle altre . La diffusione in un modello di adozione ‘a soglia’ f(S) 1-F(S) d(t) t t S S*(t1) S*(t0) S = dimensione dell’ impresa f(S) = distribuzione della dimensione t = tempo S S*(t0) S*(t1) S* = dimensione critica (soglia) d(t) = livello di diffusione at tempo t Fig. 2 - Diffusione in un modello di adozione con soglia dimensionale critica Per illustrare il caso della mietitrice, David pone 1'accento sul progressivo aumento del livello dei salari agricoli negli Stati Uniti, che crebbero ininterrottamente per tutto il secolo scorso, costringendo anche le imprese più piccole a sostituire capitale (la mietitrice) a lavoro. In questo modo David ipotizza che il processo di diffusione sia trainato da una forza esogena, cioè da una variabile influenzata dallo scorrere del tempo, ma non dall'azione degli adottatori. Anche il tasso di interesse e, sotto le ipotesi del modello, la distribuzione dimensionale delle imprese sono variabili soggette a cambiamenti esogeni: il tasso di interesse potrebbe diminuire per effetto di politiche macroeconomiche, mentre la dimensione delle imprese potrebbe aumentare in modo generalizzato grazie all' aumento progressivo della domanda per il bene prodotto con l'ausilio dell'innovazione studiata (ad esempio, nel caso della mietitrice meccanica, il grano). Più interessante è però il caso delle forze endogene al processo di diffusione, quali il prezzo dell'innovazione o il coefficiente di input an. In questi casi è l'adozione da parte delle prime imprese (le più grandi) a spingere verso il basso la soglia critica di adozione, per il tramite dei fornitori dell'innovazione, consentendo quindi anche alle imprese minori di adottare. Il ruolo del prezzo dell'innovazione è stato certamente quello più discusso, soprattutto con riferimento a tutti quei casi in cui l'innovazione coincide (così come accadeva con la mietitrice meccanica) con un macchinario bene identificato e sufficientemente facile da utilizzare6. In queste circostanze, infatti, l'adozione dell'innovazione non richiede l'acquisto di molti altri macchinari o input complementari, né radicali riorganizzazioni del processo 6 Cfr. Stoneman, Ireland (1983); David, Olsen (1984); Ireland, Stoneman (1985, 1986); Stoneman, David (1986). Per il ruolo del coefficiente an cfr. le critiche di Olmstead (1975) e Olmstead, Rhode (1995) alla fedeltà del resoconto storico di David (1966) circa la diffusione della mietitrice meccanica, dove essi sottolineano il ruolo giocato dal continuo miglioramento tecnico di quest'ultima. 4 produttivo, e quindi il costo di adozione coincide per intero, o quasi, con il prezzo di acquisto del macchinario in questione. Se a queste ipotesi si aggiunge quella per cui i produttori dell'innovazione si giovano di processi di apprendimento per esperienza (learning by doing), ne consegue che ogni adottatore è in grado di generare una esternalità positiva a favore degli adottatori successivi. Acquistando l'innovazione, infatti, ogni adottatore incrementa le vendite (cumulate) del fornitore presso cui si è servito, consentendo a quest'ultimo di diminuire i propri costi medi di produzione, così da poter offrire l'innovazione a prezzi più bassi agli adottatori successivi. Alternativamente, il processo di apprendimento risulterà in un aumento di produttività dell'innovazione, cioè in una riduzione di an. Le imprese più grandi adotteranno per prime, essendo le uniche a superare la soglia dimensionale critica al momento della comparsa dell'innovazione. Così facendo esse promuoveranno l'apprendimento dei fornitori, contribuendo quindi a far diminuire il prezzo dell'innovazione e dunque a ridurre la soglia critica di adozione. Si tratta di un circolo virtuoso più volte osservato nella diffusione di innovazioni di prodotto (soprattutto per i beni di largo consumo) e delle più semplici fra quelle di processo (Fig. 3). 1.Adozione da parte delle imprese con S > S* 2.Apprendimento dei fornitoriÆdiminuiscono i costi di produzione dell'innovazione 3. Trasferimento dei costi sui prezzi: S* diminuisce. Ruolo cruciale di: - aspettative adottatori - struttura/strategie fornitori Fig. 3 - Diffusione, dimensione critica, apprendimento La misura e la velocità con cui i fornitori dell'innovazione trasferiscono la riduzione dei propri costi sul prezzo dell'innovazione, e dunque la velocità di diffusione, dipendono in modo cruciale da due ulteriori caratteristiche del mercato per l'innovazione (punto 3 del ciclo in figura): 1. le aspettative sul prezzo dell'innovazione nutrite dagli adottatori potenziali; 2. il potere di mercato e le strategie di commercializzazione seguite dai fornitori. Il problema delle aspettative sorge qualora le imprese potenziali adottatrici percepiscano il nesso tra il trascorrere del tempo (che porta con sé l'apprendimento dei fornitori) ed il declino del prezzo dell’innovazione. In questo caso la decisione di adottare può essere ritardata rispetto al caso in cui l'adottatore nutra aspettative "miopi" (cfr. nota 5). Sotto queste condizioni, infatti, alcune imprese potrebbero decidere di adottare non nel momento esatto in cui la condizione S ≥ S* viene ad essere soddisfatta (che definiamo, per semplicità, la data "naturale" di adozione), bensì più tardi, nella speranza di acquistare l'innovazione ad un prezzo più contenuto. Se questa decisione fosse condivisa da molte imprese la diffusione ne sarebbe certamente rallentata. Ad un estremo, ove tutte le imprese decidessero di rinviare l'adozione, questa potrebbe di fatto risultare bloccata. Si verrebbe infatti a creare una situazione di stallo in cui, per poter compiere ulteriori progressi in termini di riduzioni del prezzo, l'innovazione dovrebbe essere adottata da molte imprese (in modo da consentire ai fornitori di discendere lungo la curva di esperienza), ma di fatto nessuno adotterà, attendendosi di poterlo fare con maggior profitto a una data successiva. Ove questa situazione si verificasse all'inizio del processo di diffusione, cioè in corrispondenza della data "naturale" di adozione delle imprese di maggiore dimensione, la diffusione potrebbe abortire sul nascere7. Il regime di aspettative interagisce inoltre con la struttura di mercato e le strategie delle imprese sul lato dell'offerta. Se dotati di sufficiente potere di mercato, i fornitori dell'innovazione possono infatti controllare strategicamente il declino del prezzo di quest'ultima e rallentare o promuovere la diffusione in modo da massimizzare i propri profitti. Le combinazioni possibili tra strutture di mercato e regimi di aspettative sono molto numerose, così come gli esiti in termini di velocità e livelli finali di diffusione (Ireland, Stoneman, 1985, 7 I miglioramenti incrementali nelle prestazioni della tecnologia in questione sollevano un problema di aspettative tecnologiche con effetti molto simili a quelli appena descritti per le aspettative di prezzo. Su questo problema cfr. Rosenberg (1976) e, per un trattamento formale, Balcer, Lippman (1984), ripreso da Lissoni (2000). 5 1986). Soprattutto, queste rielaborazioni del modello di base perdono la possibilità di spiegare la forma sigmoide del sentiero di diffusione: anche confermando la distribuzione a campana della dimensione d'impresa, le accelerazioni, decelerazioni o interruzioni che la diffusione può subire violano le ipotesi necessarie affinché tale distribuzione si accumuli ordinatamente e gradualmente nel tempo, dando luogo al sentiero di diffusione di cui alle Figg. 1 e 2. 2.2. Il limite fondamentale dei modelli basati sulla dimensione d'impresa Il limite più grave dei modelli di adozione basati sulla soglia dimensionale non consiste comunque nella difficoltà che essi incontrano ogniqualvolta il panorama dell'offerta o della domanda sia complicato dall' esistenza di aspettative o di potere di mercato. Ben più limitante è infatti l'ipotesi originale del modello di David, che presume l'indipendenza della dimensione di impresa dall'ordine di adozione. Infatti questa ipotesi richiede che i primi adottatori non possano aumentare significativamente la propria produzione e dunque non siano in grado: - né di far diminuire significativamente il prezzo del bene cui l'innovazione si applica (che definiamo per semplicità "bene finale"); - né di sottrarre quote di mercato alle imprese ritardatarie. Questo significa che la dimensione d'impresa può essere espressa indipendentemente dal prezzo del bene finale e in funzione del solo output fisico. Inoltre, dopo ogni singola adozione, la distribuzione dimensionale di tutte le imprese resta inalterata. Quindi, la dimensione d'impresa precedente all'innovazione (ex ante) e quella ad essa successiva (ex post) coincidono e suggeriscono un ordine "naturale" di adozione, che viene sempre e comunque rispettato. Questa ipotesi risulta però credibile solo nel caso in cui le imprese siano soggette a severi vincoli all'espansione della capacità produttiva, non rimossi per effetto dell'innovazione, né rimovibili per effetto del reimpiego dei profitti netti eventualmente accumulati, dopo un certo periodo, grazie al vantaggio di costo assicurato da un' adozione precoce8. Salvo casi particolari, questa ipotesi può applicarsi solamente ad innovazioni di scarso rilievo, cioè ad innovazioni il cui impatto sui costi dell' adottatore, pur positivo, è molto limitato, se non addirittura trascurabile. In questi casi, infatti, i profitti accumulabili grazie all'adozione dell'innovazione sarebbero comunque troppo contenuti per consentire all'impresa di impiegarli negli investimenti necessari a rimuovere i vincoli che ne limitano la capacità produttiva. Al contrario, ove si vogliano studiare innovazioni più complesse e più rilevanti, si deve ammettere una possibile divergenza fra la dimensione ex ante e quella ex post. In questi casi, infatti, 1'adozione dell'innovazione consentirà di per sé un significativo aumento della capacità produttiva o comunque avrà un impatto sui costi di produzione così radicale da giustificare la realizzazione di investimenti complementari. Questi investimenti si traducono, tra 1'altro, in costi di adozione aggiuntivi rispetto al semplice prezzo dell'innovazione, cosicché il loro impatto sulle scelte strategiche dell'impresa diviene troppo significativo per poter essere trascurato. Di fronte ad innovazioni così complesse e radicali da rendere scarsamente utilizzabili i modelli di diffusione finora esaminati possono essere intraprese due strategie di ricerca: - la prima consiste nel mantenere le ipotesi fondamentali della teoria dell'impresa di stampo neoclassico, già alla base dei modelli fin qui esaminati, aggiungendovi però un più sofisticato trattamento delle implicazioni di natura strategica derivanti dalla divergenza tra dimensione d'impresa ex ante ed ex post; - la seconda consiste nell' abbandono di tali ipotesi fondamentali, sulla base dell' osservazione che la diffusione di innovazioni davvero radicali difficilmente si presta ad un’analisi di pura adozione. Nel primo caso si hanno le tradizionali applicazioni della teoria dei giochi, comuni alla moderna teoria dell'oligopolio. Nel secondo si osserva invece la riformulazione del problema su basi evolutive, con largo spazio ai problemi di selezione. Di questi sviluppi non ci occupiamo tuttavia in queste pagine. 8 Questi profitti sono in effetti nulli se le aspettative degli adottatori sono miopi, ma divengono positivi in regimi di aspettative perfette o comunque più accurate. In questo caso, perciò, è lecito chiedersi quale sia la destinazione dei profitti cumulati nel corso del tempo successivo all' adozione, e la ragione per cui, sulla base della possibilità di un loro reinvestimento nell'espansione dell'impresa, tale adozione non possa essere anticipata rispetto alla data "naturale" suggerita dalla dimensione di impresa corrente. 6 2.3. I modelli a "massa critica" e il ruolo dell'informazione I modelli di diffusione "a massa critica" sono stati i primi ad essere utilizzati nelle scienze sociali e tuttora sono i più comuni, anche se in discipline diverse dall' economia politica. I primi studi sulla diffusione delle innovazioni, infatti, sono attribuibili non ad economisti, ma a sociologi e geografi, a cui vanno aggiunti antropologi e psicologi9. Le innovazioni studiate da questi modelli erano principalmente innovazioni agricole, mediche o genericamente culturali. La diffusione veniva necessariamente considerata un processo di imitazione, a cui dare una spiegazione principalmente sociologica e psicologica. In contrasto con i modelli visti finora, l'ipotesi di fondo di questi studi è che ad ogni istante tutti i soggetti osservati potrebbero trarre un beneficio netto dall' adozione. Come causa esclusiva della lentezza della diffusione viene indicata la carenza di informazioni relative all'esistenza o alla performance dell'innovazione: ad ogni istante t non tutti i potenziali adottatori sanno che l'innovazione esiste ed è disponibile o, più probabilmente, non tutti sono convinti del fatto che l'innovazione sia davvero superiore alle vecchie tecnologie. Ogni agente considera pertanto rischioso abbandonare queste ultime e adottare la novità. Affinché l'innovazione si diffonda è pertanto necessario e sufficiente che si diffonda l'informazione ad essa relativa: una volta accertati i meriti dell'innovazione, ogni agente non mancherà di adottare. Entro questo approccio si possono comunque ottenere modelli diversi a seconda delle ipotesi riguardanti l'origine e la modalità di trasmissione delle informazioni. Nei modelli più comuni si assume che le informazioni più utili per la comprensione e la valutazione dei vantaggi dell'innovazione provengano agli adottatori potenziali non tanto dai promotori per così dire "ufficiali" dell'innovazione (ad esempio i fornitori di nuovi macchinari, o le agenzie pubbliche di trasferimento tecnologico), quanto piuttosto da altri agenti che già hanno fatto uso dell'innovazione stessa e ne conoscono i pregi e i difetti dal punto di vista privilegiato dell'utilizzatore. Si da rilievo al fatto che l’adozione di una nuova idea risulta dallo scambio di informazione attraverso reti interpersonali tra agenti che condividono il medesimo linguaggio e le medesime necessità o timori. Si parla in questo caso di fonti di informazione interne alla popolazione degli adottatori. Poiché il processo di disseminazione di questo genere di informazioni può essere assimilato a quello di trasmissione di una malattia contagiosa, i modelli di questo tipo sono spesso definiti epidemici. L'epidemia ha luogo entro una popolazione di dimensioni date (N individui). La probabilità qt che un agente contragga il virus al tempo t, ovvero ottenga informazioni sufficienti per indurlo ad adottare, cresce con il numero di adottatori nella popolazione e dipende sia dall'intensità della comunicazione fra agenti, sia dall'entità del vantaggio attribuito dagli utilizzatori all'innovazione. Essa può pertanto essere espressa come qt = β nt/N, dove nt è il numero di adottatori e β un parametro riassuntivo sia dell'intensità di comunicazione che del vantaggio dell'innovazione sulle tecnologie rivali. La variazione degli adottatori dnt nell’intervallo dt è dato dal prodotto della probabilità qt per il numero di agenti ancora privi dell’innovazione, ovvero (N - nt): [2] dnt/dt = β nt (N – nt). N La soluzione di tale equazione differenziale è la funzione logistica (vedi fig. 4) che dice qual’è la nt al tempo t: N nt 1 = . N 1 + e −α −βt frazione degli adottatori sulla popolazione [3] Troviamo quindi effettivamente un sentiero di diffusione sigmoide. Si noti che dall’espressione logaritmica della [3] si può agevolmente ottenere il valore di β: [4] ln nt = α + β t. N − nt 9 La rassegna più completa degli studi di diffusione precedenti agli anni sessanta è quella di Rogers (1962), seguita da tre edizioni successive: Rogers, Shoemaker (1971); Rogers (1983, 1995). Cfr. inoltre Valente (1995). 7 nt/N -a -1 (1+e ) Fig. 4 - Funzione logistica di diffusione nel modello epidemico Una peculiarità delle distribuzioni logistiche è quella di generare percorsi di diffusione simmetrici: il punto di flesso della curva a S è cioè collocato esattamente a metà della diffusione. È stato però osservato più volte che, per la stima del sentiero di diffusione, curve sigmoidi possono derivare da molte altre forme funzionali, alcune delle quali consentono di ottenere sentieri di diffusione asimmetrici, cioè con un punto di inflessione prossimo all' origine. In alcuni casi queste curve spiegano i dati meglio di quanto non faccia la logistica (cfr. nuovamente la Fig. 1). Se il nostro interesse fosse limitato ad ottenere la miglior stima possibile della curva di diffusione, questi risultati semplicemente suggerirebbero di testare, accanto alla logistica, anche altri tipi di curve. Tuttavia, l'uso di curve non logistiche, in particolare asimmetriche, impone una riflessione sui fondamenti microeconomici degli studi di diffusione. Entro i confini delle spiegazioni basate sulla disseminazione dell'informazione, l'esistenza di sentieri di diffusione asimmetrici può essere spiegata o dalla presenza di fonti di informazione esterne o dalla compresenza di gruppi eterogenei entro la popolazione osservata. Costituiscono fonti di informazione esterne tutte quelle fonti non dipendenti dal livello di diffusione corrente, ovvero non dipendenti dal numero di adottatori. Semplificando, sono fonti esterne i fornitori dell'innovazione, i diversi mezzi di informazione (televisione, radio, giornali più o meno specializzati) e le agenzie pubbliche di promozione dell'innovazione. Questi riversano sulle imprese una quantità di informazioni non strettamente dipendenti dall' esperienza acquisita dagli utilizzatori e raggiungono in modo uniforme tutti gli adottatori potenziali. Un processo di diffusione trainato dalle sole informazioni di questa natura può essere utilmente rappresentato dalla seguente equazione differenziale: dnt β = (N – nt) dt N usualmente denominata esponenziale modificata e risultante in una curva di diffusione asimmetrica (fig.5). Questa espressione suggerisce che ad ogni istante t una proporzione fissa (β) dei non adottatori venga persuasa ad adottare, in dipendenza dell'intensità dell'informazione ricevuta e dell'attrattività dell'innovazione. Poiché questa proporzione è, come detto, fissa, essa non può in alcun modo dipendere dal livello di diffusione corrente e pertanto va fatta risalire a fonti di informazione esterne. La presenza di queste ultime determina dunque l'esistenza di sentieri di diffusione asimmetrici. Lekvall e Wahlbin (1972) mostrano che semplicemente sommando una esponenziale modificata e una logistica si ottiene un modello generale, cioè in grado di accogliere fonti di informazione sia esterne che interne. Il sentiero di diffusione così ottenuto ha un grado di asimmetricità variabile, tanto maggiore quanto più grande risulta essere il peso relativo delle informazioni di fonte esterna. 8 nt/N t Fig 5 – Funzione esponenziale modificata Un altro modo per raffinare la descrizione dell'informazione e delle sue modalità di trasmissione rispetto ai più semplici modelli epidemici è quello di osservare che questi ultimi ipotizzano che ciascun adottatore comunichi la medesima quantità di informazione e che il beneficio derivante dall'adozione sia il medesimo per ogni membro del campione. È però possibile che il campione sia composto da due o più sottogruppi, non comunicanti fra loro, ciascuno caratterizzato da un valore particolare di β, ovvero da una diversa intensità di comunicazione interna. In questo caso è possibile riscrivere l'equazione differenziale per la diffusione come la somma di due (o più) logistiche, che risulterà in un sentiero di diffusione asimmetrico (Davies, 1979). Da queste semplici osservazioni si è sviluppata, in anni relativamente recenti, una vasta letteratura dedicata alla definizione di forme funzionali adeguate per la rappresentazione di fenomeni diffusivi basati su modalità complesse di disseminazione dell'informazione e di distribuzione dei vantaggi di adozione tra gruppi. Questi sviluppi sono per larga parte da attribuirsi agli studiosi di marketing10 , mentre più rari sono i contributi di economisti11. Va infine ricordato che i modelli basati sulla massa critica si adattano anche a spiegazioni del percorso di diffusione non basate sulla sola diffusione dell'informazione. La loro peculiarità è semplicemente quella di non tentare di spiegare le scelte di adozione individuale sulla base dei postulati di razionalità economica, ma al contrario di fare delle ipotesi sui criteri alla base di queste scelte (fondandole possibilmente su un’analisi qualitativa dei comportamenti individuali) e da queste derivare le dinamiche aggregate del processo di diffusione. 10 11 Tra le rassegne più complete di questo filone citiamo Mahajan, Wind (1986) e Mahajan, Muller, Bass (1990) Cfr. a questo proposito Karshenas, Stoneman (1992) e Zettelmeyer, Stoneman (1993). 9