INFORMAZIONI AGGIUNTIVE SUGLI IMPIANTI DI COMBUSTIONE

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INFORMAZIONI AGGIUNTIVE SUGLI IMPIANTI DI COMBUSTIONE
APPENDICE A (informativa)
INFORMAZIONI AGGIUNTIVE SUGLI IMPIANTI DI COMBUSTIONE TERMICA O
CATALITICA (RECUPERATIVI O RIGENERATIVI) PER L’ABBATTIMENTO DEI VOC
A.1 Generalità
La presente appendice intende fornire alcune utili informazioni aggiuntive
relative al processo di combustione
ed alla valutazione dell’efficienza di abbattimento, alla descrizione delle
possibili tipologie impiantistiche ed ai
principali parametri che regolano il processo. In taluni casi sono fornite anche
indicazioni sui valori più
comunemente riscontrati per tali parametri.
A.2 Valutazione dell’efficienza di abbattimento del processo di combustione dei
VOC
Lo scopo primario di qualsiasi sistema di abbattimento è la riduzione dei VOC
emessi in atmosfera pertanto anche
per la combustione è possibile definire una efficienza di abbattimento .C
(vedere 3.4 della parte 1), data dalla
formula:
.C = 100 x (VOCin - VOCout)/VOCin [%]
dove VOC è la quantità di composti organici volatili presente nell’effluente
aeriforme.
E’ però importante sottolineare il fatto che l’efficienza di abbattimento non
rappresenta in modo univoco le
prestazioni ambientali di un impianto di combustione; infatti, non sempre il
processo di combustione è in grado
di trasformare completamente i VOC in acqua e anidride carbonica: in funzione
delle condizioni operative si può
anche avere la produzione di sottoprodotti definiti in 3.13 come inquinanti da
combustione, i quali possono
influenzare in maniera notevole la bontà del processo di depurazione. Due dei
più importanti inquinanti da
combustione sono il monossido di carbonio (CO) e gli ossidi di azoto (NOx). La
formazione di queste sostanze
dipende molto dalle condizioni operative in cui si svolge il processo di
combustione. Il parametro che ne regola
la formazione è la temperatura: se la temperatura di esercizio è troppo bassa,
la combustione può risultare
incompleta e si ha presenza di CO nei fumi; se le temperature operative sono
troppo elevate (> 1.000°C), si ha
la formazione di ossidi di azoto.
Gli inquinanti da combustione possono essere anche di differente natura ed
origine, in funzione dell’eventuale
presenza di contaminanti non combustibili (o in grado di produrre sostanze
inquinanti non ossidabili quali acidi,
aldeidi, ecc.) nell’effluente aeriforme e/o nel combustibile ausiliario. Per
esempio, l’utilizzo di combustibile
ausiliario differente dal metano, può dar luogo ad emissioni di SO2, mentre nel
trattamento di sostanze clorurate
si ha sviluppo di acido cloridrico (HCl) o di cloro libero (Cl2); oppure, una
incompleta combustione del
dicloroetano può portare alla formazione di cloruro di vinile, composto
anch’esso appartenente alla classe dei
VOC ma non presente inizialmente tra gli inquinanti da trattare. In altre
situazioni si può altresì verificare la
formazione di microinquinanti (3.14) quali idrocarburi policiclici aromatici,
PCB, PCT, PCN, diossine e furani,
ecc., derivati secondari dalla combustione di particolari sostanze.
In generale quindi, nella determinazione dell’efficienza di abbattimento e/o
nella verifica analitica delle emissioni,
dovrebbero essere tenute in debita considerazione tutte queste potenziali
implicazioni; negli specifici campi
applicativi bisognerebbe conoscere con esattezza la composizione degli
inquinanti presenti nell’effluente
aeriforme per valutare l’eventuale necessità di dotare l’impianto di combustione
di apparecchiature supplementari
per l’abbattimento dei sottoprodotti della combustione (per esempio, appositi
“scrubber” nel caso di sottoprodotti
acidi).
A.3 Descrizione sintetica del processo di combustione dei VOC
Generalmente il processo di combustione utilizzato per l’abbattimento dei VOC ed
il contenimento delle emissioni
atmosferiche industriali, avviene in un volume confinato (non in contatto con
l’ambiente esterno) e può essere
di due tipi: termico o catalitico.
Nel primo caso, la trasformazione dell’inquinante avviene a temperatura elevata
(indicativamente maggiore di
760°C); nel secondo caso, la temperatura di processo è più bassa
(indicativamente minore di 300/350°C), in quanto
l’utilizzo di un catalizzatore permette di diminuire l’energia di attivazione
della reazione chimica e di raggiungere
elevate velocità di reazione anche in tali condizioni.
Il processo di combustione prevede sostanzialmente i seguenti passaggi:
l’effluente aeriforme inquinato, dopo
essere stato preventivamente riscaldato, viene inviato all’interno della la
camera di combustione (3.5) nella quale
raggiunge la temperatura di combustione TC (3.23). Tale temperatura, viene
raggiunta sia mediante l’energia
termica rilasciata dalla reazione di combustione stessa, sia mediante
l’eventuale apporto energetico di un
combustibile ausiliario (3.10).
Una volta ossidati i VOC in esso presenti, l’effluente aeriforme può essere
scaricato tal quale in atmosfera, oppure
può necessitare di un ulteriore trattamento qualora contenesse inquinanti da
combustione in quantità non ammesse
dalla legislazione vigente.
In entrambi i casi l’effluente aeriforme, poiché in uscita dalla camera di
combustione possiede ancora un’elevata
energia termica, viene generalmente raffreddato: il calore asportato è
riutilizzato innanzitutto per riscaldare
l’effluente aeriforme in ingresso al combustore ed inoltre (se l’operazione si
rivela conveniente) per eventuali altre
applicazioni (riscaldamento di ambienti, produzione di acqua calda o di vapore a
bassa pressione, ecc.).
A.4 Descrizione delle differenti tipologie impiantistiche possibili
A.4.1 Combustore termico recuperativo
Un combustore termico recuperativo, illustrato schematicamente in figura 1, è
essenzialmente costituito da una
camera di combustione, all’ingresso della quale è posizionato un bruciatore che
innesca e coadiuva il processo
di ossidazione dei VOC; da uno scambiatore di calore primario (preriscaldatore),
il cui scopo è quello di
recuperare parzialmente il calore prodotto dalla combustione e riutilizzarlo per
il riscaldamento dell’effluente
aeriforme; da un camino per lo scarico in atmosfera dell’effluente aeriforme
trattato; da uno o più eventuali
scambiatori di calore secondari (recuperatori di calore) per il recupero del
calore in eccesso presente nei fumi.
A.4.2 Combustore termico rigenerativo
In un combustore termico rigenerativo, illustrato schematicamente in figura 2,
lo scambiatore di calore primario
è sostituito da due o più letti di riempimento di materiale ad elevata capacità
termica, che permettono un recupero
più spinto del calore prodotto dalla combustione. La logica di funzionamento di
tale impianto prevede che un letto
di riempimento, posto a monte della camera di combustione, operi da
preriscaldatore dell’effluente aeriforme
mentre l’altro, posto a valle della camera di combustione, operi da recuperatore
del calore prodotto dalla
ossidazione dei VOC. A tempi prestabiliti, le funzioni dei due letti vengono
invertite.
A.4.3 Combustore catalitico recuperativo
Un combustore catalitico recuperativo, illustrato schematicamente in figura 3, è
essenzialmente costituito da un
bruciatore ed una camera di combustione, al cui interno è posto un letto di
materiale catalitico (a base di metalli
nobili e/o ossidi metallici), che permette l’innesco ed il completamento della
combustione a temperature minori
di quelle di autocombustione proprie dei VOC presenti nell’effluente aeriforme;
da uno scambiatore di calore
primario (preriscaldatore), avente lo scopo di recuperare parzialmente il calore
prodotto dalla combustione e
riutilizzarlo per il preriscaldamento dell’effluente aeriforme; da un camino per
lo scarico in atmosfera
dell’effluente aeriforme trattato; da un eventuale scambiatore di calore
secondario (recuperatore di calore) per il
recupero del calore in eccesso presente nei fumi.
A.4.4 Combustore catalitico rigenerativo
In un combustore catalitico rigenerativo, illustrato schematicamente in figura
4, lo scambiatore di calore primario
è sostituito da due o più letti di riempimento in materiale ad elevata capacità
termica, al di sopra dei quali vengono
posizionati i letti di catalizzatore. La logica di funzionamento prevede che un
letto di riempimento, posto a monte
della camera di combustione, operi da preriscaldatore dell’effluente aeriforme
mentre l’altro, posto a valle della
camera di combustione, operi da recuperatore del calore prodotto dalla
ossidazione dei VOC. A tempi prestabiliti,
le funzioni dei due letti vengono invertite. La combustione delle sostanze
inquinanti avviene sui letti di
catalizzatore.
A.5 Parametri di processo tipici per la combustione
La progettazione dei sistemi di combustione è generalmente eseguita sulla base
di considerazioni teoriche
supportate da un ampio bagaglio di conoscenze empiriche. Si riportano di seguito
alcune considerazioni relative
ai principali parametri che influenzano la combustione termica e la combustione
catalitica.
A.5.1 Parametri di processo tipici per la combustione termica
Nei combustori termici, l’ottimizzazione del processo di conversione e
trasformazione dei VOC è determinata
dall’ottimizzazione di tre parametri di processo fondamentali:
•
la temperatura di combustione,
•
il tempo di permanenza,
•
la turbolenza del flusso all’interno della camera di combustione.
La temperatura di combustione dipende dal tipo di sostanza che deve essere
ossidata e dall’efficienza di
abbattimento che si vuole ottenere; per raggiungere buone velocità di reazione
ed ottenere un rilascio totale del
calore, l’effluente aeriforme dovrebbe essere mantenuto per un tempo di
permanenza adeguato (generalmente
maggiore di 0,6 s) ad una temperatura di almeno 760°C. Per i composti clorurati
meno reattivi, l’intervallo di funzionamento varia tra 950°C e 1250°C in
funzione della
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UNI – Commissione Ambiente
percentuale di cloro contenuta nell’effluente aeriforme. L’ossidazione di questi
ultimi presenta diverse difficoltà
tecniche, relative alla formazione di HCl e Cl2. La loro presenza può provocare
anche grossi problemi di corrosione dei materiali di cui
è composto l’impianto. L’ossidazione completa richiede generalmente temperature
di esercizio più elevate rispetto
agli idrocarburi non alogenati; temperature ancora più elevate sono necessarie
nel caso in cui le sostanze
contengano anche fluoro o quando gli atomi di cloro nella molecola da ossidare
siano in numero elevato. Ciò
accade perché i prodotti della decomposizione iniziale della molecola risultano
più stabili e quindi più
difficilmente ossidabili.
La turbolenza è il terzo parametro che influenza in modo significativo
l’efficienza di abbattimento. Negli intervalli
di temperatura e di tempo di permanenza generalmente utilizzati negli impianti
industriali, la combustione viene
controllata dai processi di miscelazione che avvengono all’interno del sistema;
una buona miscelazione è quindi
molto importante non solo per favorire un intimo contatto tra VOC ed aria di
combustione, ma anche per
incrementare la velocità di combustione grazie al ricircolo dei radicali liberi,
estremamente attivi nell’innesco
rapido delle reazioni di ignizione ed ossidazione.
Le difficoltà nel definire un valore per la turbolenza non consentono di
indicarne dei valori ottimali di progetto;
tuttavia, nella pratica impiantistica, sono di comune adozione e studio
accorgimenti vari per aumentarne
l’intensità.
A.5.2 Parametri di processo tipici per la combustione catalitica
Nei combustori catalitici, il processo di combustione è pressoché analogo a
quello che avviene nei combustori
termici. La principale differenza consiste nel fatto che nella camera di
combustione si realizza un’ossidazione
senza fiamma, utilizzando opportuni catalizzatori che consentono l’ossidazione
dei VOC a temperature più basse.
Rispetto ai parametri di processo precedentemente descritti, la temperatura
rimane ancora il parametro principale;
il suo valore è strettamente dipendente dall’efficienza di abbattimento
richiesta, dal tipo di VOC da trattare, dal
catalizzatore utilizzato e dalla struttura geometrica del letto catalitico.
Le temperature operative generalmente utilizzate variano tra 300°C e 500°C.
L’altro fondamentale parametro nella progettazione dei combustori catalitici è
la velocità spaziale, definita come
il rapporto tra la portata oraria di effluente aeriforme ed il volume di
catalizzatore:
f = Q/Vc
dove
f = velocità spaziale [h-1];
Q = portata volumetrica totale attraverso il catalizzatore [m3/h];
Vc = volume di catalizzatore [m3].
Tramite la velocità spaziale è possibile quindi determinare il quantitativo di
catalizzatore richiesto per ottenere
la desiderata efficienza di conversione alla temperatura di esercizio
prefissata. I valori di velocità spaziale, a parità
di efficienza di abbattimento, dipendono dal tipo di catalizzatore e dai VOC da
trattare.
Si riportano di seguito alcuni valori tipici di velocità spaziale in funzione
del tipo di catalizzatore:
per metalli preziosi a nido d'ape: da 20.000 h-1 a 40.000 h-1
per metalli preziosi su supporto sfuso: da 8.000 h-1 a 15.000 h-1
per ossidi metallici: da 3.000 h-1 a 10.000 h-1
Un aspetto importante della tecnologia di conversione catalitica è rappresentato
dal sistema di contatto tra
effluente aeriforme e catalizzatore. Quest’ultimo viene di solito utilizzato in
due distinte configurazioni strutturali:
monolitica o a letto fisso granulare. Nel primo caso, che è il più ampiamente
utilizzato, il catalizzatore è di solito
disposto sulla superficie di supporti metallici o di ceramica disposti a canali
paralleli, allineati nella direzione del
flusso dell’effluente aeriforme e contenuti in un unico blocco solido. La forma
dei canali può essere tubolare, a
nido d’ape o a maglia. I principali vantaggi di tale configurazione consistono
nelle contenute dimensioni
dell’impianto, e nelle ridotte perdite di carico.
Nella configurazione a letto fisso, il catalizzatore è depositato su piccole
particelle sferiche, cilindriche o ad anello
che, inserite in apposite strutture di contenimento, costituiscono lo strato
attraverso il quale fluisce l’effluente
aeriforme. Il principale vantaggio di questa configurazione è rappresentato dal
minor costo del catalizzatore.
Le perdite di carico risultano peraltro significativamente più elevate.
Nei combustori catalitici, i catalizzatori più comunemente utilizzati sono
quelli a base di metalli nobili
(principalmente platino, puro o in lega con rodio, palladio, ecc.) o di ossidi
di metalli quali nichel, rame, cromo,
stagno, ecc.; sono disponibili anche catalizzatori misti. La scelta del
catalizzatore è condizionata dalla presenza
nell’effluente aeriforme di sostanze che ne possono diminuire l’attività
catalitica in conseguenza di fenomeni
chimici e fisici ed è influenzata dalla natura degli inquinanti da ossidare. Si
possono verificare fenomeni di:
· invecchiamento termico, causato da eccessivi innalzamenti della temperatura di
esercizio (dovuti
all’elevata concentrazione di inquinanti da ossidare)
che possono instaurare processi favorevoli alla sinterizzazione o addirittura
alla fusione del catalizzatore. Per
i catalizzatori a metalli preziosi la temperatura massima ammessa è di 650°C,
mentre per quelli ad ossidi
metallici è di circa 500°C;
·
erosione e/o mascheramento della superficie ad opera delle particelle solide
incombuste trasportate dal flusso
gassoso. La contaminazione del catalizzatore può essere causata dal deposito di
solidi presenti nei fumi o
originatisi in seguito a reazioni secondarie, come nel caso di corrosione od
ossidazione delle apparecchiature
di processo; in taluni casi può essere rimosso semplicemente innalzando la
temperatura del letto di quel tanto
da permettere la combustione di tali sostanze, ma non l’invecchiamento termico
del catalizzatore. Lo
sporcamento (3.22) del catalizzatore può essere causato anche dell’eventuale
presenza di particolato
nell’effluente aeriforme da trattare; si può ovviare a questo inconveniente
predisponendo un apposito prefiltro
(3.15) a monte della camera di combustione;
· inibizione da parte di sostanze particolari, quali composti solforati, che
possono venire adsorbiti
dalla superficie porosa;
· avvelenamento, da parte di sostanze quali metalli pesanti, fosforo e silicone.
A.6 Ulteriori indicazioni relative al rispetto dei limiti di emissione in
atmosfera ed ai costi di gestione degli
impianti
Le soluzioni impiantistiche adottate nella realizzazione di un combustore,
termico o catalitico che sia, possono
differenziarsi da costruttore a costruttore, ma sono tutte rivolte al
raggiungimento di quattro condizioni
fondamentali:
1) massimizzare l’efficienza di abbattimento;
2) minimizzare la formazione di inquinanti da combustione;
3) massimizzare il recupero del calore prodotto durante la combustione;
4) ridurre il consumo di combustibile ausiliario.
I primi due punti rientrano in quella che si potrebbe definire la problematica
delle emissioni in atmosfera e del
rispetto della legislazione vigente; gli ultimi due punti rientrano nella
problematica dei costi di gestione.
A.6.1 Emissioni in atmosfera
Per incrementare l’efficienza di abbattimento dei combustori occorre ottimizzare
quei parametri che regolano lo
svolgimento del processo di ossidazione. Questa affermazione è sostanzialmente
vera nei combustori recuperativi
in cui ingresso ed uscita dell’effluente sono ben distinti e separati, il
processo è lineare e non sono presenti
interferenze o complicazioni procedurali.
Nei combustori rigenerativi invece (sia termici che catalitici), la situazione
si complica per via della
configurazione strutturale e della logica di funzionamento dell’impianto: a
causa della presenza di due o più letti
di riempimento che agiscono alternativamente da preriscaldatore e da
recuperatore di calore, la direzione del flusso
dell’effluente aeriforme non è univocamente definita ed ingresso e uscita si
alternano nella propria funzione, con
una frequenza di scambio che definisce il cosiddetto «ciclo di inversione»
(3.9). Attraversando il riempimento
che opera da preriscaldatore, l’effluente aeriforme, a bassa temperatura, si
riscalda per contatto con le masse
ceramiche fino a raggiungere una certa temperatura alla quale ha inizio il
processo di ossidazione termica dei VOC
in esso contenuti. Il raggiungimento di tale temperatura avviene ad un certa
altezza del letto ceramico, rispetto
al punto di ingresso. Ma in tutta la zona del letto in cui l’effluente aeriforme
non ha raggiunto tale temperatura,
i VOC rimangono incombusti e durante il successivo ciclo di inversione (in cui
il riempimento opera come
recuperatore di calore) vengono espulsi al camino come tali, incrementando il
valore di TOC. E’ allora intuitivo
comprendere come, ad ogni ciclo di inversione, le emissioni al camino siano
caratterizzate da valori di picco che
possono essere anche assai elevati, a seconda della concentrazione iniziale di
VOC. Poiché in genere una
inversione avviene ogni 90 s -120 s, il rispetto dei limiti al camino (anche
come media oraria) può risultare
difficoltoso, se non impossibile, soprattutto in quei casi di elevate
fluttuazioni della concentrazione in ingresso.
Dando per scontato che la conversione dei VOC risulti sempre ottimizzata, le
tecniche adottate per rispettare i
limiti alle emissioni sono tutte rivolte alla riduzione del valore di questi
picchi.
Una possibile soluzione prevede l’allungamento della durata del ciclo di
inversione: viene così ridotta la frequenza
dei picchi e si abbassa di conseguenza anche il valore medio dell’emissione. Ma
questa soluzione è applicabile solo per concentrazioni di V.O.C. in ingresso
entro 1 / 1,2 g/N3.
Un’altra soluzione è quella che prevede l’utilizzo di una terza camera di
riempimento. In questo caso il ciclo di
inversione prevede i seguenti scambi: la camera di preriscaldamento passa in
fase di stand-by e lavaggio; la
camera di recupero passa in fase di preriscaldamento; la terza camera passa in
fase di recupero termico.
UN'ulteriore soluzione, più economica, è quella di sostituire la camera con un
volume vuoto (camera di compensazione) nella quale l'aria ancora inquinata viene
temporaneamente "immagazzinata" per essere poi successivamente trattata
unitamente al gas di processo.
Da segnalare infine la presenza delle valvole di intercettazione sui vari
circuiti dell’effluente aeriforme, soprattutto
per il caso dei rigenerativi: poiché queste componenti devono poter lavorare
anche a temperature sufficientemente
elevate, dovrebbero essere presenti sedi di tenuta tali da poter garantire
l’assenza totale di trafilamenti che
comprometterebbero le prestazioni ambientali del combustore. La garanzia viene
data sia da una accurata scelta
dei materiali, i quali dovrebbero essere resistenti sia alle sostanze trattate
che alle temperature di esercizio, che
dall’affidabilità delle valvole stesse che dovrebbero essere in grado di
effettuare senza problemi l’elevato numero
di operazioni richieste.
A.6.2 Costi di gestione
I costi di gestione di un combustore sono imputabili a più voci, ciascuna con un
propria rilevanza. Tipicamente,
queste voci comprendono: il consumo di combustibile; la sostituzione più o meno
programmata di alcune
componenti; il consumo di energia elettrica e di aria compressa; le ore di
manutenzione ordinaria e straordinaria.
Il consumo di combustibile è la voce che può assumere maggior rilevanza nella
conduzione di un impianto di
combustione.
Dal punto di vista impiantistico, il problema principale nel trattamento di un
effluente contaminato da VOC, è
quello di trovare una soluzione tecnologica opportuna che possa consentire il
maggior recupero del calore di
combustione, contemporaneamente al raggiungimento - ove possibile -delle
condizioni di autosostentamento (3.2)
del sistema.
La condizione di autosostentamento è data da quell’intervallo di concentrazioni
dei VOC nell’effluente aeriforme
all’interno del quale l’energia necessaria al raggiungimento della temperatura
di combustione viene fornita
esclusivamente dal calore recuperato e da quello sviluppato dall’ossidazione del
contaminante, senza alcun
consumo di combustibile ausiliario, riducendo così i costi di gestione.
Ove non sia possibile operare nelle condizioni sopra descritte, il calore
mancante al raggiungimento della
temperatura di combustione prefissata, dovrebbe essere fornito tramite un
opportuno bruciatore che utilizza un
combustibile ausiliario (tipicamente metano, GPL o gasolio).
Nei combustori termici rigenerativi, l’intervallo di concentrazioni di VOC che
permette l’autosostentamento è
compreso approssimativamente tra 1,5 g/m3 e 2,5 g/m3 di inquinante e in funzione
del potere calorifico delle S.O.V. trattate;
nei combustori termici recuperativi il minimo di concentrazione è
approssimativamente di 8/10 g/m3.
L’individuazione dei valori ottimali di concentrazione, tali da poter assicurare
una combustione non assistita,
dovrebbe essere effettuata caso per caso in funzione della tipologia
dell’inquinante da trattare. Bisognerebbe però
tenere presente che tale concentrazione dovrebbe sempre restare al di fuori
dell’intervallo di infiammabilità della
sostanza, per evitare che la miscela si autoinneschi in maniera non
controllabile. E’ pratica comune mantenere
al di sotto del 25% del LEL la concentrazione di VOC nell’effluente aeriforme;
ove necessario le concentrazioni
dovrebbero essere continuamente monitorate tramite appositi analizzatori.
Il consumo effettivo di combustibile per un impianto, è strettamente legato alla
soluzione tecnologica adottata ed
alla correttezza del dimensionamento delle varie componenti del sistema.
L’operazione fondamentale che determina la configurazione finale del combustore,
in termini di dimensioni e di
parametri di processo, è il calcolo del bilancio termico.
In termini generali, il bilancio termico serve principalmente a definire la
quantità di energia necessaria per portare
l’effluente, in ingresso al combustore, dalla temperatura iniziale Ti alla
temperatura di combustione TC prestabilita.
Questa energia non viene totalmente fornita attraverso il bruciatore ma, sia nei
combustori recuperativi che nei
combustori rigenerativi, la maggior parte di essa viene fornita da appositi
scambiatori di calore che recuperano
l’energia termica dei fumi in uscita dalla camera di combustione, operando da
preriscaldatori dell’effluente
aeriforme. Nei combustori recuperativi il preriscaldatore è costituito da uno
scambiatore di calore classico
(normalmente del tipo a fascio tubiero), mentre nei combustori rigenerativi è
costituito da materiale ad elevata
capacità termica (riempimento generalmente di tipo ceramico) presente in due o
più unità d scambio. A valle del
preriscaldatore la temperatura dell’effluente assume un certo valore Tr che
dipende dal dimensionamento del
preriscaldatore stesso.
Nei combustori rigenerativi il riempimento viene dimensionato per ottenere un
valore di Tr pari al 90-95% del
valore di TC. Nei combustori recuperativi invece, per poter mantenere dei
rendimenti di recupero così elevati,
occorrerebbe installare degli scambiatori con superfici di scambio e con
dimensioni di ingombro assai elevate e
ciò risulterebbe decisamente antieconomico.
Si preferisce allora ridurre a valori più bassi il rendimento termico del
preriscaldatore, utilizzando il calore in eccesso al camino per altri scopi .
Per quanto detto, a parità di condizioni
operative e di prestazioni, il consumo di combustibile dei combustori
recuperativi è maggiore di quello dei
combustori rigenerativi; inoltre, a parità di condizioni operative e di
prestazioni, il consumo di combustibile nei
combustori termici è di conseguenza maggiore di quello dei catalitici, operando,
questi ultimi, a valori di TC
decisamente minori.
Per il calcolo del bilancio termico, il primo termine analitico che concorre
alla determinazione del consumo di
combustibile è quello relativo al fabbisogno energetico Pe necessario per
portare la temperatura dell’effluente
aeriforme (di portata volumetrica Qe) da Tr a TC.
Questo primo termine, formalmente, è uguale alla differenza tra l’energia che
occorre fornire a Qe per portarlo
dalla temperatura iniziale alla temperatura di combustione e l’energia fornita
allo stesso Qe dal preriscaldatore.
Tale differenza equivale al fabbisogno Pe di cui sopra.
Nota: in condizioni di assenza di VOC nell’aeriforme, la differenza di
temperatura (Tc - Tr) è equivalente alla
differenza di temperatura (Tu - Ti) tra ingresso ed uscita del combustore, per
lo stesso effluente aeriforme Qe.
A questo primo termine ne possono essere aggiunti altri, in funzione delle
configurazioni progettuali adottate.
Uno di questi è il termine relativo al fabbisogno energetico PC necessario per
portare alla temperatura TC anche
la portata d’aria comburente (QC) che permette la combustione del combustibile
ausiliario nel bruciatore.
La portata d’aria comburente è definita dal fabbisogno stechiometrico necessario
per la combustione, incrementato
dell’eccesso d’aria fissato per sicurezza dall’impiantista; in prima
approssimazione, essa può variare tra il 5% ed
il 10% di Qe, in funzione della temperatura di combustione, della concentrazione
e della natura di VOC presenti
nell’effluente aeriforme.
A seconda del tipo di combustore e delle scelte impiantistiche del costruttore,
essa può essere fornita sia tramite
prelievo di aria esterna (in questo caso la portata Qc si aggiunge a quella
dell’effluente aeriforme Qe), che
utilizzando una parte dello stesso effluente da trattare. L’uso di aria esterna
è previsto solo nei casi in cui
l’ossigeno presente nell’effluente da trattare non è sufficiente a consentire la
combustione degli inquinanti organici
e del combustibile ausiliario: nella pratica impiantistica, questa soglia viene
assunta pari al 20% in volume di O2.
Poiché il termine PC è definibile in prima approssimazione come il fabbisogno
energetico necessario per portare
la temperatura dell’aria comburente dalla sua temperatura iniziale Ta a Tc, le
differenze impiantistiche possono
influenzare in maniera sensibile il valore reale di tale parametro.
Le differenze impiantistiche sono sostanzialmente di tre tipi:
1) nei combustori recuperativi solitamente non viene fatto uso di aria
comburente esterna perché viene adottata
la tecnica della «fiamma in vena d’aria» che consiste nel convogliare parte
dell’effluente aeriforme
direttamente al bruciatore all’interno della camera di combustione. Il vantaggio
di questa soluzione è legato
quindi all’assenza nel bilancio termico del termine di riscaldamento dell’aria
comburente.
2)
nei combustori rigenerativi alcuni costruttori optano per il prelievo esterno
(tramite apposito ventilatore)
dell’aria comburente, da inviarsi ad un bruciatore che solitamente non è posto
all’interno della camera di
combustione ma è dislocato in un apposito vano da dove il calore della fiamma si
diffonde. L’aria comburente
così prelevata è a tutti gli effetti una portata d’aria aggiuntiva che deve
essere sommata a quella dell’effluente
aeriforme nei calcoli progettuali. In questo caso la temperatura Ta dell’aria
comburente equivale alla
temperatura ambiente. L’utilizzo di aria esterna consente una certa regolarità
del processo di combustione,
in quanto il tenore di ossigeno in essa contenuto è pressoché costante;
3)
sempre nei combustori rigenerativi, altri costruttori optano per l’utilizzo,
come aria comburente, di una
frazione dell’effluente stesso, ma, a differenza di quanto avviene nei
combustori recuperativi, essa non può
essere preventivamente riscaldata in quanto la configurazione del bruciatore non
è quella della «fiamma in
vena d’aria» ma è la stessa descritta nel caso 2). La tecnica della «fiamma in
vena d’aria» non può essere
utilizzata nei combustori rigenerativi poiché il continuo alternarsi della
direzione del flusso di processo
(causato dalla inversione dei cicli) provocherebbe ogni volta la rottura della
fiamma con conseguente necessità
di riaccensione della stessa. La soluzione adottata è quindi quella di prelevare
una portata Qc da quella
dell’effluente aeriforme ed inviarla al bruciatore by-passando il riempimento.
In questo caso la temperatura
Ta dell’aria comburente coincide con la temperatura Ti dell’effluente aeriforme.
Il vantaggio di questa
soluzione è legato quindi all’assenza nel bilancio termico del termine di
riscaldamento dell’aria comburente
e tale vantaggio è tanto maggiore (a parità di dimensionamento del riempimento)
quanto maggiore è la
temperatura Ti dell’effluente aeriforme. Un possibile svantaggio deriva invece
dal fatto che, qualora
l’effluente aeriforme dovesse presentare variazioni consistenti nel tenore di
ossigeno (dovuti al tipo di
lavorazione dell’utenza e/o alla frequenza e durata dell’emissione di
inquinanti), la regolarità del processo
di combustione verrebbe compromessa, riducendo così le prestazioni ambientali
dell’impianto. Un ulteriore
aspetto negativo di tale soluzione potrebbe derivare dall’eventuale intasamento
degli ugelli del bruciatore
qualora la concentrazione di particolato nell’effluente aeriforme fosse elevata
e qualora non venissero prese
opportune precauzioni.
Come si può evincere da quanto descritto nei tre punti precedenti, la variazione
nei consumi di combustibile
ausiliario addebitabile al termine Pc, dipende in primo luogo dal valore reale
che vanno ad assumere i parametri
Ta e Ti in condizioni operative, per un dato dimensionamento degli scambiatori
di calore.
Il terzo termine energetico da prendere in considerazione è quello relativo alle
dispersioni termiche verso
l’ambiente (Pw). La sua stima, pur non essendo complicata a livello progettuale,
risulta problematica se la si vuole
esprimere in termini percentuali rispetto al fabbisogno energetico totale, in
quanto le soluzioni impiantistiche
adottate per il contenimento delle dispersioni sono piuttosto diversificate e
strettamente dipendenti dalle
condizioni di processo (si pensi ad esempio alla grossa differenza tra la
temperatura di combustione di un
combustore termico e quella di un combustore catalitico) e dalla configurazione
strutturale dell’impianto. Di fatto
quindi, ogni impiantista ha le proprie procedure di calcolo.
Il quarto termine è quello relativo al fabbisogno energetico Pl necessario per
riscaldare alla temperatura TC la
portata di aria di lavaggio (Ql) che negli impianti rigenerativi viene
utilizzata per il lavaggio della camera di
compensazione o della terza camera. Di solito tale portata è pari circa al 7%
della portata dell’effluente aeriforme
Qe ed è inviata al riempimento (da cui fuoriesce alla temperatura Tr) per essere
anch’essa preriscaldata.
Il quinto termine energetico (Pd) è quello relativo alla portata di aria di
diluizione (Qd) necessaria per ridurre la
concentrazione di VOC nell’effluente al di sotto del valore di sicurezza
stabilito per il LEL. Di solito anche tale
portata viene prelevata dall’ambiente e viene inviata al preriscaldatore, da cui
fuoriesce alla temperatura Tr.
La somma di tutti i termini fin qui descritti, fornisce il fabbisogno energetico
richiesto dal sistema. Tale
fabbisogno viene solo in parte fornito dal combustibile ausiliario, mentre una
quota significativa viene fornita
dagli stessi VOC che operano da combustibile primario. Infatti, poiché la
reazione di ossidazione è esotermica,
al bilancio termico precedentemente descritto va sottratta la quantità di
energia sviluppata dalla combustione dei
VOC. Questa quantità varia in funzione della concentrazione e del potere
calorifico delle sostanze presenti
nell’effluente e contribuisce alla riduzione del consumo effettivo di
combustibile ausiliario.
In fase di dimensionamento, fissato un valore per il potere calorifico inferiore
dei VOC, l’energia sviluppata
dipende solo dalla loro concentrazione. Si possono allora distinguere tre
diverse condizioni:
1) la concentrazione di VOC è minore della concentrazione minima di
autosostentamento del sistema;
2) la concentrazione di VOC è compresa nell’intervallo di autosostentamento;
3) la concentrazione di VOC è maggiore della concentrazione massima di
autosostentamento.
Nella condizione 1) il consumo di combustibile ausiliario può variare da un
massimo, corrispondente ad una
concentrazione di VOC nell’effluente tendente a zero, ad un minimo
corrispondente ad una concentrazione di
VOC prossima al limite inferiore dell’intervallo di autosostentamento. In caso
di fluttuazioni della concentrazione
in ingresso, l’impianto deve essere in grado di ottimizzare l’immissione di
combustibile ausiliario al bruciatore,
ad esempio mediante valvola modulante regolata da sonde di temperatura poste
all’interno della camera di
combustione.
Nella condizione 2) il consumo di combustibile ausiliario è teoricamente nullo,
ma ciò può non essere vero nella
pratica. Tutto dipende dalla possibilità che il bruciatore possa essere spento o
mantenuto al minimo (presenza
di fiamma pilota); le condizioni operative che in genere consentono di spegnere
la fiamma pilota sono quelle che
prevedono la quasi totale assenza di fluttuazioni nella concentrazione di VOC
provenienti dall’utenza ed una
attività dell’impianto di 24 h/d. In caso contrario, l’impianto dovrebbe essere
in grado sia di effettuare un rapido
riscaldamento dopo una breve fermata (nel caso di attività su uno o due turni
lavorativi, ciò avviene ogni giorno)
che di compensare eventuali fluttuazioni di concentrazione al di sotto della
soglia minima di autosostentamento;
esso va dunque tenuto al minimo e, in funzione del rapporto di modulazione
consentito dal bruciatore (1:10; 1:30;
ecc.), si ha un equivalente consumo di combustibile ausiliario che generalmente
non è minore di 2 m3/h -3 m3/h.
Nella condizione 3) valgono le considerazioni del precedente punto 2) ma in più
può presentarsi il rischio di
surriscaldamento del sistema, dovuto all’eccesso di calore sviluppato e
all’incremento della temperatura in camera
di combustione e/o nel letto di riempimento, con conseguente innalzamento della
temperatura al camino. Questa
situazione può presentarsi soprattutto nei combustori rigenerativi nei casi in
cui la concentrazione in ingresso al
combustore manifesti variazioni impreviste (o sottostimate) assai elevate (pari
a 3-4 volte il dato di progetto). Si
presenta allora la necessità di abbassare la temperatura in camera di
combustione e ciò può essere ottenuto con
una soluzione che prevede di prelevare una frazione dell’effluente aeriforme in
uscita
dalla camera di combustione per inviarla, by-passando il secondo riempimento, al
camino dopo averle fatto
attraversare uno scambiatore ad olio diatermico, consentendo così l’eliminazione
del surriscaldamento ed il
recupero secondario del calore in eccesso.
Quanto detto finora sul calcolo del bilancio termico, può essere in prima
approssimazione riassunto mediante due
«formule base», in grado di fornire al potenziale utilizzatore un ordine di
grandezza per una stima preventiva,
seppur approssimativa, dei consumi di combustibile per un impianto di
abbattimento VOC mediante combustione.
Questa formula è da ritenersi di carattere generale ed in essa compaiono tutti i
parametri fin qui esaminati; la sua
applicazione a singoli casi specifici necessita delle opportune valutazioni.
Consumo di combustibile ausiliario [m3/h] = Fabbisogno termico totale [kcal/h] /
8300 [kcal/m3]
Nota: La formula precedente è valida solo se si utilizza metano come
combustibile ausiliario. Nel caso di utilizzo
di altro combustibile, il valore 8.300 deve essere sostituito con il relativo
potere calorifico inferiore del
combustibile usato
Ptot=
[Pe+Pc+Pw+Pl+Pd-PVOC]=
=[Qe*c*(Tc-Tr)+Qc*c*(Tc-Ta)+Pw+Ql*c*(Tc-Tr)+Qd*c*(Tc-Tr)-(Qe*Cvoc*pci)/1000]
dove: Ptot [kcal/h]= fabbisogno termico totale
Pe [kcal/h]= fabbisogno termico necessario per riscaldare la portata di
effluente aeriforme Qe dalla
temperatura Tr alla temperatura di combustione Tc
Pc [kcal/h]= fabbisogno termico necessario per riscaldare la portata di aria
comburente Qc dalla sua
temperatura iniziale Ta alla temperatura di combustione Tc
Pw [kcal/h]= dispersione termica verso l’ambiente
Pl [kcal/h]= fabbisogno termico necessario per riscaldare la portata di aria di
lavaggio Ql dalla
temperatura Tr alla temperatura di combustione Tc
Pd = fabbisogno termico necessario per riscaldare la portata di aria di
diluizione Qd dalla
temperatura Tr alla temperatura di combustione Tc
Pvoc = energia termica sviluppata dalla combustione dei VOC presenti
nell’effluente aeriforme
Qe [m3/h] = portata di effluente aeriforme
Qc [m3/h] = portata d’aria comburente
Ql [m3/h] = portata d’aria di lavaggio
Qd [m3/h] = portata d’aria di diluizione
c [kcal/m3°C]= prodotto tra il calore specifico medio e la densità media
dell’aria; (valore
approssimativo: 0,32)
Cvoc [kg/m3] = concentrazione di VOC presenti nell’effluente aeriforme
pci [kcal/kg] = potere calorifico inferiore dei VOC presenti nell’effluente
aeriforme
Nota: per una stima preventiva del consumo di combustibile, il valore Tr può
essere calcolato come prodotto tra
il valore di Tc ed il valore di rendimento termico del preriscaldatore,
dichiarati dal Costruttore.
Se si volessero effettuare dei calcoli comparativi tra diverse soluzioni
tecnologiche (termica recuperativa, termica
rigenerativa e catalitica recuperativa, ad esempio), si otterrebbero dei
risultati che, a prima vista, si mostrerebbero
decisamente a sfavore della tecnica termica recuperativa, rispetto alla tecnica
rigenerativa, in relazione ai consumi
di combustibile. Ma se cambiando prospettiva ed andando a considerare, in un
bilancio globale dei consumi dovuti
all’installazione di un combustore, anche la quantità di calore che può essere
recuperata per usi secondari
tecnologici (riscaldamento di olio diatermico per la produzione di vapore,
produzione diretta di vapore,
produzione di acqua calda, eccetera), allora si può vedere che il combustore
recuperativo riacquista, nei campi
applicativi di propria competenza, parte della competitività apparentemente
perduta. Infatti, per produrre i fluidi
tecnologici di cui sopra, occorre utilizzare energia termica e quest’ultima la
si ottiene tipicamente mediante la
combustione di un altro fluido (metano, gasolio, eccetera) che viene quindi
consumato. Il bilancio globale dei
consumi dovrebbe quindi tenere in considerazione anche la quantità di
combustibile che viene risparmiata
mediante il recupero del calore in eccesso.
A.7 Ulteriori valutazioni sui dispositivi del particolato
L’argomento è controverso ed assume particolare importanza in alcuni settori,
per esempio quello della
verniciatura, in cui la presenza di “overspray” nell’effluente aeriforme può
essere di notevole entità.
La questione verte sulla necessità o meno della presenza nell’impianto di
combustione di un apposito ed efficiente
dispositivo di filtrazione, in relazione anche ai costi di investimento e di
gestione.
Premesso che questi ultimi dipendono dal grado di filtrazione richiesto e dalla
superficie filtrante totale del
dispositivo (che determinano la frequenza di sostituzione degli elementi
filtranti), nonché dalla eventuale presenza
di dispositivi di autopulizia (che incidono sui consumi energetici), la
valutazione sulla necessità della presenza
di tali dispositivi si basa sul grado di importanza che gli impiantisti
attribuiscono allo sporcamento delle
componenti del combustore causato dal particolato ed alle altre eventuali
conseguenze negative prodotte dalla
sua presenza.
In generale, in assenza di opportuni dispositivi filtranti, il rischio che si
corre è quello di dover sostituire o eseguire una
accurata manutenzione dei letti con frequenze non accettabili. Il filtro è
quindi ritenuto necessario per ottimizzare
il processo di combustione e per preservare l’integrità dell’impianto.