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RESeT INTERNAZIONALE
The New York Times
SUZY MENKES
ED. IT. FEDERICA COSTANZO
21 aprile 2014
Napoli, un rifugio del lavoro sartoriale
Napoli si conferma essere un’icona nel mondo per la sua tradizione nella sartoria e nel
confezionamento di capi su misura, ormai un simbolo della città partenopea al pari delle
sculture e chiese.
NAPOLI – Nel seminterrato su una strada dove moto e clacson sovrastano anche le
campane incessanti delle chiese, Davide Tofani sta lavorando ad una tipica giacca morbida
napoletana. "Quando faccio un abito, è come modellare una seconda pelle del mio cliente",
dice il sarto. "Non posso immaginare di fare un abito senza conoscere il corpo che lo
indosserà."
Nel corso dell'ultimo secolo, il sarto personale, che lavora direttamente con il cliente, è
diventato un simbolo di Napoli come le sue sculture romane e le chiese barocche. Molti
uomini parlando con gli amici per le strade della città o stando seduti sulle panchine,
indossano giacche eleganti, in tweed o di lino, leggere, non standardizzate e
indiscutibilmente su misura.
E i sarti napoletani sembrano essere più apprezzati a confronto della stessa città caotica a
muoversi nel 21° secolo. Come le acque della baia che crescono e si infrangono lungo la
costa, hanno avuto anni buoni e cattivi. Ma, oggi, l'abito su misura è tornato ed è in salute,
anche contro la sfida delle aziende del pronto moda.
Per dimostrare che la tendenza della sartoria è ritornata, i grandi nomi di Napoli hanno
aperto negozi in tutto il mondo. Volano anche grazie alla conoscenza dei loro clienti o così
gli offrono un benvenuto in Italia “casa lontano da casa”.
Rubinacci è uno di quei nomi. Il negozio è sopra Via Chiaia e si trova nello storico Palazzo
Cellamare, con la sua imponente scalinata e lo storico alloggio dell’artista Caravaggio. I
sarti, che lavorano a mano nei locali sopra il negozio, hanno un panorama che parte dal
vasto edificio in pietra ed arriva fino alle onde del mare nella baia.
Mariano Rubinacci, seduto al sole di aprile su una panchina di fronte al negozio, si
presenta come un sarto della vecchia scuola in una giacca impeccabile e una delle eleganti
cravatte in vendita nel negozio. Eppure lui e la sua famiglia sono costantemente in viaggio.
Suo figlio Luca è il direttore creativo del brand e lui “è sempre in viaggio dal Kazakistan a
New York, in Corea o a Singapore” dice Rubinacci. Sua figlia Chiara accompagna suo
fratello gemello gestendo il negozio al suo settimo anno di vita in Mount Street, a Londra.
Rubinacci si è detto orgoglioso del fatto che più di 20 dei suoi 35 sarti hanno meno di 40
anni. “Io ho mio figlio e per lui devo costruire qualcosa”, ha detto il maestro sarto.
Fuori dal centro della città, nella zona industriale di Arzano, c’è casa Kiton. Il marchio è
riconosciuto in tutto il mondo per la sua sartoria, ed è sviluppato in un complesso di edifici
collegati da un corridoio in vetro che mostra gli abiti cerimoniali dal guardaroba del duca
di Windsor, il re inglese che abdicò per amore.
Kiton è stata fondata nel 1956 da Ciro Paone, un’azienda commerciale alla quinta
generazione che ha sviluppato un cammino visionario nella sartoria, secondo il suo nipote,
Antonio De Matteis, ora amministratore delegato della società. Un altro nipote, Antonio
Paone, è presidente e gestisce il business negli Stati Uniti.
Nella mensa dei lavoratori, Paone, che usa una sedia a rotelle a seguito di un ictus, pranza
con gli altri membri del personale composti dalla sua famiglia, tra cui sua figlia Raffaella ed
i suoi cugini.
La società ha sede in un elegante palazzo decorato con mobili d'epoca e opere d'arte
moderna comprate per celebrare il successo commerciale. Dietro questo stile fiorito,
attaccato al retro dell'edificio, c’è il vasto laboratorio per i 350 sarti di Kiton, che creano
componenti frontali, della schiena, colletti, tasche o risvolti nella fabbrica del lavoro a
mano. (Un tradizionale sarto su misura vorrebbe confezionare l'intera giacca con le proprie
mani)
Come con tutti questi sarti napoletani, non vi è nessun computer in vista - anche se Tofani
promuove il suo lavoro via Facebook e Rubinacci conserva la documentazione online dei
suoi clienti internazionali. Una volta sono stati iscritti in un registro, risalente al 1934, che
viene è nel negozio di Napoli, così i clienti possono sfogliare gli ordini del re Umberto II o
del Conte Leonetti, un nobile locale. Gli aristocratici di oggi sono verosimilmente oligarchi
russi o reali malesi.
De Matteis ha detto che il suo "popolo di fabbrica" ha bisogno di lavoro umano più high
tech, nonostante l'opera napoletana è completata da un maglificio a Fidenza e uno per
l'abbigliamento sportivo a Parma. Sul fronte vendita al dettaglio, Kiton ha 45 negozi in
Europa, negli Stati Uniti, nel Medio Oriente e in Asia, tra cui l'Azerbaigian, il Kazakistan e
la Cina. Un nuovo progetto è la sede di Milano, nel palazzo di via Pontaccio che lo stilista
Gianfranco Ferré ha usato prima della sua morte. Questo centro fungerà da quartier
generale di Kiton per i clienti internazionali, dove essi stessi potranno recarsi per farsi
confezionare abiti su misura, acquistare accessori e, infine, cenare in un ristorante dove il
cibo fresco sarà portato ogni giorno da Napoli .
Il team di Kiton è costantemente in movimento, puntando a raggiungere entro
ventiquattro ore un cliente in qualsiasi parte del mondo. Kiton forma le sue nuove
generazioni in una scuola adiacente alla fabbrica. Ogni anno i suoi dodici studenti o
entrano in azienda o trovano lavoro altrove. De Matteis ha detto che l'obiettivo è di avere
un sarto giovane e di recente formazione in tutti i negozi Kiton in tutto il mondo. Non devi
essere un miliardario per ordinare un vestito Kiton (a meno che non sia in vigogna bianco).
Ma sono soprattutto i milionari, molti dalla Silicon Valley in California, che acquistano su
misura, ad un costo medio di €7.000, o $9.670 per un abito tradizionale, più gli accessori,
come cravatte e camicie artigianali. Una giacca richiede ventisei ore per confezionarla, e
una camicia ne richiede cinque. Le scarpe, inoltre, ora sono realizzate su ordinazione da
Kiton.
L'alta qualità nella sua interezza sia su misura sia del pronto moda sembra soddisfare i
consumatori. Quando De Matteis è arrivato, nel 1986 l'azienda registrava vendite annuali
per €4 milioni; nel 2010, le vendite hanno raggiungo i €60mln, e l'anno scorso hanno
raggiunto i €105mln.
Dice che il su misura si avvia dal presupposto che il cliente non ha "bisogno" di un nuovo
abito, ne ha già un armadio pieno. Quando si spendono €100.000 o addirittura €250.000,
invece, si sta acquistando nel mondo del lusso per una vera e propria esperienza personale.
"Per una persona che ha tutto, il tempo libero è ancora più importante e quando lui viene
qui si sente libero", ha detto De Matteis . "La nostra filosofia è: mai metterli sotto
pressione. Fateli sentire come se venissero qui per divertirsi. Se siete in grado di trovare
questa chiave per il consumatore finale, se lo fate nel modo giusto, loro si sentiranno parte
della famiglia."
L'ultima parola sulla filosofia della sartoria napoletana va a Tofani. Oggi 47enne, ha
iniziato a imparare l’arte della sartoria dal padre quando aveva 13 anni e ora lavora con il
fratello Enea, che si è specializzato in pantaloni. Insieme, producono un vestito a
settimana, a seconda del tipo e delle richieste del cliente.
"Dovete capire che la sartoria napoletana è un'arte e non un lavoro" dice Tofani, il quale
spera che il proprio figlio svilupperà questa dote di famiglia .
Aggiunge: "Mio padre mi ha sempre detto 'Non c'è ragione di fare un grande negozio, ma è
importante essere un grande sarto in un piccolo negozio.' Per me sarebbe un incubo
pensare di fare una grande azienda. Non penso di fare un sacco di soldi. Io sono un
artista."
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