Cass. n. 9925 del 2011, Motivazione del licenziamento
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Cass. n. 9925 del 2011, Motivazione del licenziamento
Nota a Cassazione, sez. lavoro, n. 9925 del 5 maggio 2011 – Pres. Lamorgese; Rel. Stile; Pm (conforme) Destro. LA GENERICA MOTIVAZIONE DEL RECESSO EQUIVALE ALLA MATERIALE OMISSIONE DELLA COMUNICAZIONE DEI MOTIVI. di MATTEO BARIZZA SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il fatto e l’iter processuale. – 3. Le motivazioni della decisione della Corte di Cassazione. – 4. L’applicazione del principio caso al specie. – 5. Nota bibliografica. 1. – PREMESSA La Corte di Cassazione è intervenuta in tema di licenziamento del lavoratore e comunicazione dei motivi del recesso e lo ha fatto con una pronuncia confermativa dell’orientamento consolidato in seno alla sezione lavoro. 2. – IL FATTO E L’ITER PROCESSUALE. Il caso è quello di tre lavoratori dipendenti che, licenziati per giustificato motivo oggettivo, avevano chiesto al datore di lavoro l’esplicazione delle motivazioni che ne erano alla base, a norma dell’art. 2 della legge n. 604 del 15 luglio 1966. Il datore di lavoro si era limitato ad indicare, come ragione giustificatrice della intimazione di recesso, una asserita esigenza di riduzione dei costi di gestione e di miglioramento dei servizi, senza alcuna ulteriore specificazione. I lavoratori avevano impugnato i licenziamenti indicati ed avevano proposto ricorso avanti al Giudice del Lavoro, al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità della risoluzione del rapporto. La domanda era stata rigettata dal Tribunale, ma la Corte di Appello aveva riformato la decisione di primo grado, ed aveva accertato l’illegittimità degli intimati licenziamenti, acclarando che la società non avrebbe fornito adeguata motivazione nonostante una esplicita richiesta dei motivi effettuata dai lavoratori. Il Giudice del gravame, in particolare, aveva ritenuto che le ragioni indicate nella lettera di licenziamento fossero state del tutto generiche, tanto da potersi considerare come clausole di stile, e quindi tali da non poter soddisfare quanto richiesto dall’art. 2 della legge n. 604 del 1966. La decisione veniva, quindi, impugnata dal datore di lavoro, ma la Corte di Cassazione rigettava il ricorsi proposti, confermando la statuizione ed il ragionamento seguito dalla Corte di Appello. 3. – LE MOTIVAZIONI DELLA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE. La Corte di Cassazione muove dal dato letterale di cui all’art. 2 della legge n. 604 del 1966 (che prescrive che il datore di lavoro deve comunicare per iscritto i motivi che hanno determinato il recesso nel caso in cui il prestatore di lavoro lo richieda) e lo fa in un’ottica che vuole essere improntata al principio dell’effettività della garanzia delle ragioni e delle posizioni del lavoratore dipendente. La comunicazione dei motivi da parte del datore di lavoro deve essere, infatti, reale ed effettiva, in modo tale da permettere al lavoratore di conoscere le concrete ragioni che sottendono al recesso. Solo in tal modo egli può essere messo nella condizione di individuare con chiarezza e precisione la causa del proprio licenziamento e, conseguentemente, di difendersi adeguatamente. Diversamente, nell’ipotesi in cui la comunicazione sia meramente formale ed i motivi siano indicati con una generica clausola di stile, al lavoratore non sarebbe permesso di difendersi effettivamente e di contestare l’intimato licenziamento. Ecco che, in tale ottica, deve allora ritenersi equivalente alla materiale omissione della comunicazione dei motivi la comunicazione che, per la sua assoluta genericità, sia totalmente inidonea ad assolvere il fine cui tende l’art. 2 della legge n. 604 del 1966. 4. – L’APPLICAZIONE DEL PRINCUPIO AL CASO DI SPECIE. Applicando nel concreto il principio di diritto appena espresso, la Suprema Corte non ha potuto che accertare la correttezza del ragionamento e del risultato cui era giunta la Corte di Appello, la quale aveva ravvisato una assoluta genericità nella comunicazioni delle ragioni del recesso effettuata dal datore di lavoro, tale da poter essere ritenuta equivalente alla materiale omissione della comunicazione dei motivi. La giustificazione addotta alla base del licenziamento, infatti, sarebbe stata un’asserita necessità di soppressione e riorganizzazione di alcune funzioni amministrative cui erano adibiti i lavoratori, “al fine di ridurre i costi di gestione e di migliorare i servizi stessi", senza null’altro specificare, malgrado una esplicita richiesta in tal senso da parte dei lavoratori. 5. – NOTA BIBLIOGRAFICA. Per i precedenti conformi, cfr. ex pl. Cass. n. 7316 del 20 maggio 2002, in La Tribuna, Archivio Civile, 2003, 3, p. 321; Cass. n. 13058 del 6 settembre 2003, in Il Sole 24 Ore, Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 2004, 1/2, p. 93; Cass. n. 834 del 15 gennaio 2009, in Il Sole 24 Ore, Quotidiano, 2009, 25, p. 9; Tribunale di Benevento, sezione lavoro, sentenza n. 325 del 28 gennaio 2009, in Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24; Tribunale di Cassino, sezione lavoro, sentenza n. 983 del 10 luglio 2009, in Il Sole 24 Ore, Mass. Repertorio Lex24; in dottrina, cfr. A. RONDO, Inefficacia di diritto comune del licenziamento e regime previdenziale, in Il Sole 24 Ore, Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 2007, 11, p. 836, in nota a Cass. n. 16675 del 27 luglio 2007; TOFFOLETTO E SOCI, Comunicazione dei motivi di recesso, in Guida al Lavoro, 2009, 10, p. 58, in nota a Cass. n. 834 del 15 gennaio 2009. * * * CORTE DI CASSAZIONE, sezione lavoro - Sentenza n. 9925 del 5 maggio 2011. Pres. Lamorgese; Rel. Stile; Pm (conforme) Destro Svolgimento del processo Con separati ricorsi proposti rispettivamente dal solo M.A. e congiuntamente da L.T. e R.F., veniva appellata la sentenza del Tribunale di Paola del 17.4.03/14.1.2004, con la quale era stata rigettata la loro domanda volta ad ottenere la declaratoria di illegittimità della risoluzione del rapporto di lavoro, disposta, nei loro confronti, dalla Casa di Cura S. srl, per giustificato motivo oggettivo. Con sentenza del 2 febbraio-12 ottobre 2006, l’adita Corte di Appello di Catanzaro, riuniti i gravami, in riforma delle decisione di primo grado, riteneva illegittimi gli intimati licenziamenti, non avendo la società fornito adeguata motivazione degli stessi nonostante una esplicita richiesta dei motivi effettuata dai lavoratori, in quanto le ragioni indicate nella lettera di licenziamento erano del tutto generiche tanto da potersi considerare come clausole di stile ("esigenza di sopprimere e riorganizzare alcune funzioni amministrative — al fine di ridurre i costi di gestione e migliorare i servizi stessi"). Per la cassazione di tale pronuncia ricorre la Casa di Cura S. con due motivi. Resistono con separati controricorsi il M. e sempre congiuntamente la L. ed il R., proponendo altresì ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, cui resiste la Casa di Cura con separati controricorsi. I lavoratori hanno anche depositato memorie ex art. 378 c.p.c.. Motivi della decisione Va preliminarmente disposta la riunione del ricorso principale e dei ricorsi incidentali, trattandosi di impugnazioni avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). Con il proposto ricorso, articolato in due motivi, la Casa di Cura S. denuncia violazione e/o falsa applicazione della art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. In particolare. La ricorrente osserva che la Corte d’Appello di Catanzaro - dopo aver ritenuto insussistenti i vizi di motivazione denunciati dai lavoratori, per avere il Tribunale di Paola "sufficientemente motivato in merito ai vari punti della controversia, aveva analizzato preliminarmente” il motivo di appello inerente alla inefficacia dei licenziamenti per motivi formali, traendone la conseguenza che quanto dedotto sul punto dalla società appellata nella memoria di costituzione, avesse un "indubbio valore di ammissione" in ordine alla mancata risposta alla lettera di richiesta dei motivi dei licenziamenti. Inoltre - prosegue la ricorrente - con riguardo al contenuto specifico che la comunicazione dei motivi del licenziamento deve avere per soddisfare la ratio sottesa alla L. n. 604 del 1966, art. 2, comma 2 il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente affermato che esso doveva ricomprendere tutte le ragioni di fatto e di diritto poste alla base del recesso, ivi comprese quelle per le quali è impossibile ricollocare utilmente in azienda in altra posizione lavorativa il lavoratore licenziato. Le contestazioni della società a tale iter argomentativo non sono fondate. Invero, secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, la motivazione del licenziamento - nel caso in cui il lavoratore licenziato chieda al datore di lavoro la comunicazione dei motivi del recesso - deve essere sufficientemente specifica e completa, ossia tale da consentire al lavoratore di individuare con chiarezza e precisione la causa del suo licenziamento sì da poter esercitare un’adeguata difesa svolgendo ed offrendo idonee osservazioni o giustificazioni, dovendosi ritenere equivalente alla materiale omissione della comunicazione dei motivi la comunicazione che, per la sua assoluta genericità, sia totalmente inidonea ad assolvere il fine cui la norma tende (Cass. n. 7316/2002). Pertanto - come chiarito dalla stessa giurisprudenza- corretta è da ritenersi la decisione dei giudici di merito che ritengano generica la comunicazione con la quale il datore di lavoro si limiti ad indicare, come ragione giustificatrice della intimazione di recesso, una asserita "riduzione del personale determinata dalla necessità di una più economica gestione dell’attività’ produttiva", senza nulla aggiungere circa la ragione della scelta di sopprimere specificamente il posto di lavoro cui era addetto il ricorrente (in tal senso, specificamente, Cass. n. 7316/2002 cit.). Correttamente la Corte d’appello ha, pertanto, ravvisato una tale genericità nella comunicazione con cui il datore di lavoro si era limitato a indicare, come ragione giustificatrice della intimazione di recesso, una asserita soppressione e riorganizzazione di alcune funzioni amministrative -"cui Lei era adibito"- "al fine di ridurre i costi di gestione e di migliorare i servizi stessi ...", senza alcuna ulteriore specificazione, nonostante esplicita richiesta. Non ravvisandosi nell’iter argomentativo seguito dal Giudice d’appello le denunciate violazioni di legge e vizi di motivazione, il ricorso principale va rigettato, con assorbimento del ricorso incidentale condizionato. Le spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito l’incidentale. Condanna la ricorrente principale alle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 19,00 oltre Euro 3.000,00 (tremila/00) per onorario unico difensivo ed oltre spese generali, IVA e CPA.