RELAZIONE 1 Alessandro Fasanaro
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RELAZIONE 1 Alessandro Fasanaro
GIUDICE: Alessandro Fasanaro Giornalista, Scrittore Presentare un libro come questo dovrebbe essere un esercizio piacevole e tutto sommato semplice. Piacevole, lo è davvero. Merito del talento degli autori che ne hanno composto le parti narrative e poetiche, ciascuno rendendoci partecipi di una differente sensibilità umana e stilistica. Merito anche della generosità di tutti coloro che, in forma altrettanto diversa, si sono prodigati nel rendere possibile questo momento d’incontro. Non si può d’altra parte dire che tale operazione sia anche semplice. Mi duole dirlo, ma è così. Nella nostra epoca, quello del “viaggio” sta scivolando sempre più nell’amalgama dei temi politicamente scorretti. Peggio ancora: sta assumendo sempre più i contorni della rêverie narcisistica di una minoranza socialmente privilegiata. Come fare infatti a discutere serenamente del viaggio come esperienza libera o piacevole o spirituale, quando un’ancor crescente porzione dell’umanità lo vive oggi come un’esperienza al contrario difficile e drammatica? Come raccontare il brivido del contatto con mondi diversi, quando molte donne e molti uomini come noi vivono tale brivido in casa propria, per fame o guerre o altro, e trovano semmai sollievo nell’allontanarsene? Il romanzo fondativo della coscienza occidentale, l’Odissea, è sì il racconto di un viaggio lungo e tormentato, ma è soprattutto il racconto di un ritorno a casa. E comincia con una scelta di indicibile potenza poetica: Odisseo, dopo tantissimi anni di guerra e di peregrinazione in mare, aveva la possibilità concreta di mettere radici su un’isola da favola, ospite di una ninfa bellissima, e di trascorrervi la vita eterna di un dio. Rifiutò. Scelse di rimanere uomo e di tornare nella sua “petrosa Itaca” da sua moglie – nel frattempo, chissà, magari invecchiata e imbruttita. Oggi un gesto simile sarebbe considerato folle. L’Odisseo di oggi si comporta esattamente al contrario: abbandona Itaca per non tornarvi più, e soprattutto non per sua scelta. Parte alla ricerca dell’isola di Calipso, abbacinato spesso dalle stesse splendide immagini donate dai miti. Rischia, in questo davvero simile all’eroe omerico, di diventare un naufrago nel mondo. Lo sradicamento non è però un viaggio vero e proprio. È il suo contrario, semmai. Nel viaggio, come viene raccontato nei testi in antologia, è la coscienza del soggetto a trasformarsi, non il luogo della trasformazione. Le motivazioni specifiche che possono portare una persona a riempire zaini e valigie per uscire di casa sono molteplici: basta scorrere qualcuno dei racconti e delle poesie qui presenti per rendersene conto. Non sono neppure necessarie ragioni di chissà quale altezza filosofica: si viaggia per scoprire se stessi, ma anche solo per sfuggire allo stress della quotidianità. Si può viaggiare anche solo per soddisfare un momentaneo capriccio. Tutte le esperienze qui testimoniate presentano tuttavia un minimo comune denominatore, che è il nucleo stesso dell’iniziativa Scripta Volant: il racconto del viaggio come atto di libertà. Una genuina, meravigliosa libertà di cui dovremmo disporre quando più ci aggrada. Libertà di partire, libertà di non tornare più, libertà di tornare a casa come Odisseo. E persino libertà di non partire mai, anche se – diciamolo pure – sarebbe un bel peccato. A molti di noi questo diritto (già, oggi si parla spesso di “diritti”) non è ancora riconosciuto. Di conseguenza gli altri lo detengono come un privilegio. Ce ne dispiace e troviamo cosa buona e giusta lottare perché il nostro mondo migliori anche sotto questo punto di vista. Raccontare il viaggio, e raccontarlo bene come avviene in questo libro, potrebbe essere d’aiuto per quella che deve diventare una battaglia di civiltà: il diritto di ciascuno ad avere un luogo dove tornare, e non solo da dove partire. Alessandro Fasanaro