Salario minimo subito

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Salario minimo subito
Martedì 14 Aprile 2015
Fismic Consal
39
Così si accelera la modernizzazione delle relazioni industriali
Salario minimo subito
No ai limiti per fasce di lavoratori e settori
di
Giorgio Giva *
P
er modernizzare le relazioni industriali in
funzione di una contrattazione collettiva
decentrata più vicina alle esigenze di imprese e lavoratori,
azienda per azienda, è necessario introdurre per legge un
salario minimo universale
interprofessionale e intersettoriale, non limitato solo
a determinate fasce di lavoratori e settori come prevede
il Jobs Act.
Uno dei decreti del Jobs Act
da attuare entro il prossimo
giugno sarà quello relativo al
salario minimo. La legge delega prevede, infatti, che dovrà
essere introdotto, eventualmente anche in via sperimentale, il compenso orario minimo applicabile ai rapporti di
lavoro subordinato e, fino al
loro superamento, ai rapporti
di collaborazione coordinata e
continuativa, nei settori non
regolati da contratti collettivi
nazionali di lavoro. L’art. 36
della Costituzione sancisce
che il lavoratore ha diritto a
una «retribuzione proporzionata alla quantità e qualità
del suo lavoro e in ogni caso
sufficiente ad assicurare a sé
e alla famiglia una esistenza
libera e dignitosa».
Nei fatti, la determinazione quantitativa della retribuzione è stata demandata
alla contrattazione collettiva
grazie anche alla nozione di
retribuzione minima elaborata sin dai primi anni ’50
dalla giurisprudenza, che ha
sempre fatto riferimento, nel
rispetto del dettato dell’art.
36 della Costituzione, ai livelli retributivi definiti nei
contratti collettivi nazionali
di lavoro applicati alla categoria o al settore produttivo
di appartenenza.
Questo orientamento della
magistratura ha consentito
ai lavoratori dipendenti da
imprese non aderenti alle
associazioni imprenditoriali
stipulanti il contratto nazionale di lavoro, e quindi non
tenuti a rispettare i minimi
retributivi della categoria,
a richiedere l’ applicazione
dei minimi contrattuali, con
espresso richiamo proprio al
precetto costituzionale come
interpretato dai giudici di
merito e della Consulta.
Peraltro la funzione di supplenza giudiziaria nella tutela delle retribuzioni non ha,
se non limitatamente, offerto
una protezione alle consistenti fasce di lavoratori che si
sono sviluppate negli ultimi
due decenni (lavoratori atipici, parasubordinati, autonomi), in particolare nei settori
non sindacalizzati dei servizi
e della comunication & information technology.
Un primo intervento legale
sulla retribuzione minima si
è avuto con la legge Fornero
sulla riforma del lavoro, quando ha stabilito che per i lavoratori a progetto i parametri
per fissare il loro compenso
devono essere i minimi retributivi previsti dai contratti
collettivi nazionali di lavoro
di categoria per i lavoratori
che svolgono «mansioni equiparabili».
Il Jobs Act supera ora
l’interpretazione data dalla
giurisprudenza, e dalla legge
Fornero, sulla determinazione della retribuzione come
fissata dalla contrattazione
collettiva, e introduce il compenso orario minimo, anche
se non in maniera universale
ma soltanto ai lavoratori appartenenti a quei settori che
non sono regolati da contratti
collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Per salario legale si intende
la retribuzione minima (oraria, giornaliera o mensile) che
i datori di lavoro devono per
legge corrispondere ai propri
lavoratori. I minimi salariali,
introdotti per la prima volta
in Australia e Nuova Zelanda
alla fine dell’ ottocento, sono
oggi in vigore in molti paesi
del mondo.
Il confronto internazionale
mostra che c’è un ampio spettro nei livelli del salario legale: sul salario mediano, la percentuale va dal 37,8% negli
Stati Uniti al 47,2% in Gran
Bretagna fino a raggiungere
il 61,5% in Francia (dati Ocse
2012); il salario minimo di 8,5
euro introdotto quest’anno in
Germania rappresenta il 58%
del salario mediano di un operaio tedesco.
Nella Unione europea il salario legale è presente ormai
in 19 Paesi e riguarda oltre
l’80% dei lavoratori. Nel nostro Paese un eventuale salario minimo pari a 7,5 euro
(il compenso che oggi riceve
un lavoratore pagato con
voucher) corrisponderebbe
al 74,5% del salario mediano: per equiparare la quota
della Gran Bretagna dovrebbe scendere a 4,7 euro o a 5,8
euro per essere in linea con i
tedeschi.
Gli effetti del salario minimo possono peraltro interagire sull’ occupazione, specie
quella poco qualificata, e sul
sistema di relazioni industriali, in particolare sulla
contrattazione collettiva. Sul
primo versante, il livello del
salario minimo non deve essere troppo alto, per evitare il
rischio di un impatto negativo sulla domanda di lavoro e
sull’occupazione regolare, né
troppo basso, almeno superiore ai sussidi economici pubblici, per riuscire a stimolare
l’offerta di lavoro.
È la questione di cui da un
paio d’anni si sta discutendo
Elezioni Rsa, Fismic unica col segno più
Fismic: liberi, autonomi e moderni! La
Fismic raggiunge uno straordinario 26%
dei voti, confermandosi come l’unica organizzazione sindacale in crescita alle
elezioni Rsa in Fca e CNH Industrial. Una
Fismic rafforzata e vincente, grazie a tutti
i lavoratori che hanno scelto di premiare
la coerenza e la trasparenza della nostra
organizzazione.
Un ringraziamento a tutti i candidati per
il duro lavoro svolto e un particolare ringraziamento a tutti i lavoratori che hanno
sostenuto e continuano a sostenere la nostra organizzazione.
Il confronto
FISMIC
Fim
Uilm
Uglm
Acqf
2012
21,2%
32,8%
27,6%
5,6%
12,8%
2015
26,0%
29,3%
27,2%
4,9%
12,6%
Elezioni RSA in FCA e CNH Industrial
in America tra il Presidente
Obama, che vuole portare il
salario minimo federale da
7,25 a 10,1 dollari, per stimolare i consumi e favorire
la crescita, e la maggioranza
dei repubblicani al Congresso che resiste strenuamente
perché teme, al contrario, una
inversione del trend di discesa del tasso di disoccupazione
tornato ai livelli pre-crisi del
2008. Nel frattempo 29 Stati
americani hanno aumentato
i loro minimi salariali oltre i
9 dollari l’ora, con una previsione, per esempio nel Massachusetts, di raggiungere gli
11 dollari nel 2017.
Sul versante del sistema
delle relazioni industriali, in
Germania l’introduzione del
salario legale è stato il frutto
di un intenso dibattito politico e sindacale motivato, in
primo luogo, dalla necessità
di ridurre l’effettiva copertura
della contrattazione collettiva
a favore di quella aziendale,
sul modello Volkswagen.
Anche da noi sarebbe necessario, per recuperare la
competitività e la produttività perdute, un revirement
delle ormai sclerotizzate relazioni industriali sempre
più fondate su protocolli confederali simili alle «grida» di
manzoniana memoria (quelli
sulla produttività e sulla rappresentatività non sono che
gli ultimi esempi).
È necessario passare a
nuovi sistemi contrattuali
più semplici ed efficaci, e un
contributo a questo obiettivo
può essere dato dall’introduzione per legge di un salario
minimo universale a livello
interprofessionale e intersettoriale e non limitato solo
a determinate fasce di lavoratori e settori, come previsto
oggi dal Jobs Act.
Il salario minimo accelererebbe il processo di modernizzazione delle relazioni
industriali, rendendo formalmente possibile dare avvio a
una contrattazione collettiva
decentrata in grado di essere
più vicina alle esigenze delle imprese e dei lavoratori,
azienda per azienda.
Ciò non significa cancellare le parti normative dei
contratti collettivi nazionali
di categoria (anche se sarebbe
auspicabile una loro drastica
riduzione a poche unità, contro gli oltre 400 censiti dal
Cnel, con le aggregazioni
per esempio per settore: industria, agricoltura, agroalimentare, edilizia, trasporti,
commercio, credito, comunicazione e pubblico impiego),
ma le dinamiche delle retribuzioni, oltre i minimi legali, sarebbero ricondotte, con
la contrattazione aziendale,
al merito e alla motivazione
collegati alla prestazione lavorativa, a vantaggio delle
performance delle imprese e
dei salari dei lavoratori.
Per cambiare verso al sistema di relazioni industriali
nel nostro Paese, ed evitare
che venga intaccato da forme
latenti di opposizione socialsindacale-politica, occorre
dunque intervenire con il
Jobs Act o con un nuovo Codice del Lavoro semplificato
anche sui livelli della contrattazione collettiva e, last but
not least, sulla quantificazione del salario minimo.
* Industrial Relations
Consultant
Fismic
via delle Case Rosse 23
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