Rassegna Stampa Novembre 2016

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Rassegna Stampa Novembre 2016
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA
Novembre 2016
SOMMARIO
I.
NEWS .................................................................................................. 2
In G.U. il correttivo Jobs Act ................................................................................................ 2
Sospeso l’aumento contrattuale CCNL Commercio previsto da novembre 2016 ................. 5
Baby sitter, voucher anche alle autonome .......................................................................... 5
II.
SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO ......................................... 6
Stato di ubriachezza e lavoro .............................................................................................. 6
Indennità trasferta estero nel ccnl Metalmeccanica ............................................................ 6
Trasformazione d’ufficio del contratto a termine: poteri dell’ispettore ................................7
Sanzione di 153 euro al giorno per chi non assume disabili ...................................................7
Sanzionatorio il ricorso al lavoro intermittente oltre i limiti imposti dal Ccnl ....................... 9
No al cambio “unilaterale” del contratto ............................................................................10
Cambio contratto collettivo con votazione lavorato ..........................................................10
Dipendente deceduto ........................................................................................................ 11
Una badante per assistere due persone .............................................................................12
III.
APPROFONDIMENTI ............................................................................ 13
La contabilizzazione degli incentivi all’esodo ..................................................................... 13
La Cigo dopo la circolare Inps 139/16: tra miglioramenti e vecchi retaggi ...........................14
Signorini Associati
NEWS
In G.U. il correttivo Jobs Act
Con la pubblicazione nella G.U. 7 ottobre 2016, n. 235, del D.Lgs. 24 settembre 2016, n. 185, a
decorrere dal giorno 8 ottobre 2016 sono in vigore le misure correttive relative ai D.Lgs. attuativi
Jobs Act.
L’intervento correttivo con decreto trova il suo fondamento giuridico nell’articolo 1, comma 13, L.
183/2014, che legittima il Governo ad adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti
attuativi, emanati nel corso del 2015, entro 12 mesi dalla loro entrata in vigore sulla base delle
“evidenze” operative nel frattempo emerse.
Nei 6 articoli di cui è composto il decreto sono state apportate una serie di modifiche
quantitativamente limitate, ma di grande impatto, nella gestione e amministrazione del
personale.
Nella tabella che segue si sintetizza il contenuto delle disposizioni del D.Lgs. 185/2015, fornendo
altresì il testo coordinato delle norme toccate dalla riforma e indicando in corsivo le variazioni
apportate. Nei prossimi numeri de “La circolare di lavoro e previdenza” saranno approfondite con
specifici articoli le modifiche più importanti.
Art. D.Lgs.
185/2016
MODIFICA APPORTATA IN SISTESI
APPRENDISTATO ALTA FORMAZIONE E DI RICERCA
Articolo 1, A seguito della modifica introdotta, le Regioni possono regolamentare il contratto di
comma 1, apprendistato per attività di ricerca o per percorsi di alta formazione, anche per
quanto riguarda la sua durata, senza dover giungere a un accordo con organizzazioni
lettera a)
datoriali e sindacali ed enti di ricerca, come nella normativa previgente: è sufficiente
la consultazione.
Fino a che le Regioni non regolamentano il contratto di apprendistato per attività di
ricerca o per percorsi di alta formazione, sono applicabili gli standard formativi
definiti con D.M. e le convenzioni, sottoscritte sulla base della disciplina previgente,
stipulate dai datori di lavoro o dalle loro associazioni con enti formativi o di ricerca.
LAVORO ACCESSORIO MEDIANTE VOUCHER
Articolo 1, Al fine di contrastare l’utilizzo fraudolento del lavoro accessorio mediante voucher,
comma 1, viene modificata la comunicazione preventiva per il ricorso al lavoro accessorio alla
sede territoriale competente dell'Ispettorato nazionale del lavoro (quella già prevista
lettera b)
alla DTL non è mai divenuta operativa: vedi nota n. 3337/2015 del Ministero del
lavoro): almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione, i committenti
professionisti o imprenditori devono effettuare la comunicazione indicando i dati
anagrafici del lavoratore, il luogo, il giorno e l’ora di inizio e fine della prestazione (in
agricoltura non sono richieste l’ora di inizio e di fine), mediante posta elettronica o
sms Il Ministero del Lavoro potrà regolamentare con decreto le procedure
amministrative: essendo in vigore dal giorno 8 ottobre 2016, si consiglia, in attesa di
chiarimenti ministeriali, in via cautelativa di inviare Pec alla DTL territorialmente
competente.
Rispetto alla normativa previgente, non vi è più alcun richiamo alla possibilità di
indicare un arco temporale di 30 giorni in cui si andranno a svolgere le prestazioni
accessorie: solo per l’agricoltura è previsto un arco di 3 giorni.
La mancata comunicazione è sanzionata con un importo da 400 a 2.400 euro in
relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione, non
diffidabile (sanzione ridotta: 800 euro).
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APPRENDISTATO PER LA QUALIFICA E PER IL DIPLOMA PROFESSIONALE
Articolo 1, È prevista la proroga di 1 anno per i contratti di apprendistato per la qualifica e per il
comma 1, diploma professionale, stipulati ai sensi dell'articolo 3, D.Lgs. 167/2011, in corso al
giorno 8/10/2016, qualora alla scadenza non sia raggiunto il diploma o la qualifica.
lettera c)
DOMANDA DI CIGO
Articolo 2, Viene posticipato alla fine del mese successivo rispetto alla sospensione o riduzione
comma 1, il termine ultimo per la presentazione della domanda di Cigo per gli “eventi
oggettivamente non evitabili”.
lettera a)
INIZIO DELLA SOSPENSIONE PER CIGS
Articolo 2, Rispetto alla disciplina previgente, la sospensione o la riduzione dell'orario ha inizio
comma 1, entro 30 giorni dalla data di presentazione della domanda e, quindi, se così stabilito
dalle parti, anche il giorno successivo alla presentazione dell’istanza. Il testo
lettera b)
previgente imponeva, viceversa, di attendere 30 giorni dall’istanza e, solo
successivamente, far decorrere le sospensioni o le riduzioni d’orario.
CONTRATTI DI SOLIDARIETA’ ESPANSIVA
Articolo 2, Viene riproposto il contratto di solidarietà espansivo, che fino a oggi ha avuto scarsa
comma 1, fortuna nell’applicazione, come successiva conversione di contratti di solidarietà
difensivi ai sensi dell’articolo 21, comma 5, D.Lgs. 148/2015.
lettera c)
I contratti di solidarietà di cui all'articolo 21, comma 5, in corso da almeno 12 mesi, e
quelli stipulati prima del 1° gennaio 2016 possono essere trasformati in contratti di
solidarietà espansiva, a condizione che la riduzione complessiva dell'orario di lavoro
non sia superiore a quella già concordata.
La riduzione oraria, a seguito delle assunzioni intervenute, comporta per i lavoratori
un trattamento di integrazione salariale di importo pari al 50% della misura
dell'integrazione salariale prevista prima della trasformazione del contratto e il
datore di lavoro integra tale trattamento almeno sino alla misura dell'integrazione
originaria.
RIFINANZIAMENTO CIGS
Articolo 2, Per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015,
comma 1, riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale che
comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di
lettera d)
sviluppo economico territoriale, a cui sono stati riconosciuti trattamenti di Cigs, è
previsto il rifinanziamento per il 2018.
Inoltre, per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015
riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l'economia nazionale, che
comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di
sviluppo economico territoriale, e il cui piano industriale abbia previsto l'utilizzo del
contratto di solidarietà con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può, altresì, essere concessa,
su domanda, la reiterazione della misura, di cui all’articolo 6, comma 4, D.L.
510/1996, nel limite massimo di 24 mesi.
NASPI PER GLI STAGIONALI DEL TURISMO
Articolo 2, Viene prevista la possibilità di incrementare di un mese la durata della NASpI per il
comma 1, 2016 per i lavoratori stagionali del settore Turismo, se il normale criterio di calcolo
determina una durata inferiore rispetto a quella che deriverebbe senza scomputare
lettera e)
dal quadriennio di riferimento i periodi di contribuzione che hanno dato luogo a
prestazioni di disoccupazione, purché la differenza non sia inferiore a 12 settimane:
in ogni caso la NASpI così determinata non può superare i 4 mesi.
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CASSE INTEGRAZIONI E MOBILITA’ IN DEROGA
Articolo 2, Con riferimento ai trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche in deroga
comma 1, alla legislazione vigente, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
possono disporre nell'anno 2016 l'utilizzo delle risorse ad esse attribuite in misura non
lettera f)
superiore al 50% anche in deroga ai criteri di cui agli articoli 2 e 3, decreto 83473/2014
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ovvero in eccedenza a tale quota,
disponendo l'integrale copertura degli oneri connessi a carico delle finanze regionali
o delle risorse assegnate alla Regione o alla Provincia autonoma nell'ambito di piani
o programmi coerenti con la specifica destinazione, destinandole preferibilmente
alle aree di crisi industriale complessa di cui all'articolo 27, D.L. 83/2012, convertito
con modificazione dalla L. 134/2012. In alternativa, le Regioni e le Province autonome
di Trento e di Bolzano hanno facoltà di destinare tali risorse ad azioni di politica attiva
del lavoro.
CIGS IMPRESE OPERANTI AREA DI CRISI INDUSTRIALE COMPLESSA
Articolo 2, Può essere concesso un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria,
comma 1, sino al limite massimo di 12 mesi, alle imprese operanti in un'area di crisi industriale
complessa riconosciuta all’8 ottobre 2016: le imprese interessate devono presentare
lettera f)
un piano di recupero occupazionale che prevede appositi percorsi di politiche attive
del lavoro, concordati con la Regione e finalizzati alla rioccupazione dei lavoratori,
dichiarando contestualmente di non poter ricorrere al trattamento di integrazione
salariale straordinaria.
ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO
Articolo 3, Sono state modificate alcune disposizioni a carattere organizzativo del nuovo
Ispettorato del lavoro, includendo nelle tematiche dell’attività di promozione della
comma 1
legalità e prevenzione anche i tirocini non regolari.
ANPAL E SERVIZI PER L’IMPIEGO
Articolo 4
Sono state oggetto di modifica alcune disposizioni del riordino dei servizi per
l’impiego previsto dal D.Lgs. 150/2015, norma che ha istituito l’Anpal.
Tra le varie disposizioni, si segnala che è assegnata all’Anpal la vigilanza sulla
gestione dei Fondi interprofessionali.
Viene modificata la denominazione dell’Isfol, ora Inapp (Istituto nazionale per
l’analisi delle politiche pubbliche).
Infine, è stato previsto, modificando l’articolo 21, comma 7, lettera d, D.Lgs.
150/2015, che il rifiuto di un’offerta congrua determina la decadenza dallo stato di
disoccupazione dei fruitori NASpI.
DISABILI ASSUNTI CON COLLOCAMENTO ORDINARIO
Articolo 5, I lavoratori già disabili prima della costituzione del rapporto, assunti con il
collocamento ordinario, possono essere computati in caso di riduzione della capacità
comma 1
lavorativa pari o superiore al 60% (prima: superiore al 60%).
NUOVO APPARATO SANZIONATORIO COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO
Articolo 5, Viene modificata la sanzione amministrativa in caso di mancato rispetto, trascorsi 60
giorni, dell’obbligo di assumere disabili, purché sia imputabile al datore di lavoro: ora
comma 1
è pari 5 volte il contributo di esonero, pari a 30,64 euro (153,20 euro).
È applicabile la diffida: per poter accedere alla riduzione della sanzione sono
necessari la presentazione agli uffici competenti della richiesta di assunzione ovvero
la stipulazione del contratto di lavoro con la persona con disabilità avviata dagli uffici.
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IMPIANTI AUDIOVISIVI E ALTRI STRUMENTI DI CONTROLLO
Articolo 5, Viene assegnata alla competenza dell’Ispettorato nazionale del lavoro, sedi
territoriali o sede centrale, a seconda dei casi, l’autorizzazione per gli impianti di
comma 2
videosorveglianza e controllo, in assenza di accordo sindacale.
Inoltre viene espressamente previsto che i provvedimenti di autorizzazione rilasciati,
sia a livello territoriale o a livello centrale dall’Ispettorato del lavoro, non possono
essere impugnati in via amministrativa con ricorso gerarchico, fermo restando la
possibile tutela giudiziaria (TAR).
DIMISSIONI TELEMATICHE
Articolo 5, Viene escluso l’obbligo delle dimissioni telematiche per i dipendenti della P.A..
Inoltre sono stati inclusi tra i soggetti autorizzati alla trasmissione delle dimissioni
comma 3
telematiche i consulenti del lavoro e le sedi territoriali degli Ispettorati del lavoro.
ENTRATA IN VIGORE
Articolo 6
Il decreto è in vigore dal giorno 8 ottobre 2016.
Sospeso l’aumento contrattuale CCNL Commercio previsto da novembre 2016
In data 24 ottobre 2016 la Confcommercio e Filcams-CGIL, Fisascat-CISL e Uiltucs-UIL hanno
firmato un accordo integrativo all’accordo del 30 marzo 2015 per la sospensione degli aumenti
contrattuali previsti con decorrenza Novembre 2016 per il CCNL Commercio Confcommercio.
Tale accordo nasce dal frutto di considerazioni relative all’andamento economico, soprattutto le
statistiche sul ribassamento PIL 2016. Si è preso atto anche dell'adeguamento dell'indicatore
economico dei prezzi al consumo, adeguamento che vede una riduzione percentuale per gli anni
2016/2017, con ovvie conseguenze anche in termini di crescita economica del paese.
Le parti inoltre spiegano che questa sospensione nasce anche in considerazione della situazioni
di crisi dei bilanci delle aziende che operano nel settore. Tale CCNL, con i relativi rinnovi, è
fortemente legato agli equilibri relativi alla domanda interna, equilibri che in questo momento
sono particolarmen te “incerti”.
Sindacati firmatari e Confcommercio concordano, in conclusione, di incontrarsi entro e non oltre
il 5 Dicembre 2016 per definire le nuove decorrenze degli aumenti contrattuali.
Baby sitter, voucher anche alle autonome
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di ieri il decreto del ministero del Lavoro del 1°
settembre 2016 che attua l’estensione, per quest’anno, del contributo per pagare l’asilo nido o la
baby sitter alle lavoratrici autonome e alle imprenditrici, come previsto dalla legge di Stabilità
2016. Il voucher ha un importo di 600 euro mensili per un massimo di 3 mesi ed è alternativo al
congedo parentale. Le domande possono essere presentate, tramite i canali telematici dell’Inps,
entro un anno dalla nascita del bambino e per il 2016 comunque entro il 31 dicembre.
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SVOLGIMENTO DEL RAPPORTO DI LAVORO
Stato di ubriachezza e lavoro
Nel caso in cui un Preposto si accorga che una delle persone da lui gestite sia in uno stato di
alterazione (es. ubriachezza) che tipo di azione può porre a protezione del dipendente stesso e dei
colleghi? Si tenga presente che nel caso di specie la mansione non ricade tra quelle soggette a
controllo di alcooltest.
L’art. 2104 c.c. impone al lavoratore di eseguire la prestazione con la dovuta diligenza, ossia con
l’obbligo di rispettare tutte le prescrizioni concrete connesse alla prestazione lavorativa; tale
obbligo comprende dunque quanto fissato direttamente dalla legge, dal contratto collettivo e
dalla regolamentazione interna. L’ubriachezza o uno stato di alterazione comportano
sicuramente una violazione delle regole e dell’obbligo di diligenza. Nel quesito si fa riferimento a
un preposto, ipotizzando dunque che si tratti di un datore di lavoro, o di un responsabile di un
determinato servizio al quale sono addetti lavoratori subordinati, è opportuno invitare il
dipendente almeno a un colloquio riservato onde richiamarlo al rispetto delle regole generali in
base alla quale deve essere resa la prestazione e, quindi, invitarlo per iscritto a lasciare il posto di
lavoro per motivi di sicurezza. E’ comunque consigliabile procedere, per via più diretta, a
contestare la violazione e a imporre al dipendente di uscire dal luogo di lavoro trattenendo la
retribuzione per la giornata di lavoro (o la sua quota parte) non prestata. All’esito della
presentazione delle giustificazioni, è possibile optare per il proseguimento dell’azione disciplinare
ovvero limitarsi a un invito a comportarsi correttamente per il futuro. Si segnala che molti
contratti collettivi contengono nella parte disciplinare le misure da adottare in caso di
ubriachezza del lavoratore. Inoltre, la materia è particolarmente delicata per gli aspetti in materia
di sicurezza del lavoro (responsabilità del datore di lavoro qualora tolleri situazioni del genere).
Infine, qualora non sia possibile ricorrere al test di controllo è opportuno dimostrare (anche con
testimoni) lo stato di alterazione (modo di parlare, di muoversi, consumo e/o presenza di alcool
sul luogo di lavoro etc.).
Indennità trasferta estero nel ccnl Metalmeccanica
Per un’azienda che applica Ccnl Metalmeccanica – Aziende Industriali e che dovrà inviare
temporaneamente un lavoratore all’estero, il Ccnl di settore non disciplina espressamente la
trasferta estero, l’indennità estero e l’indennità di trasferta estero sono da intendersi il medesimo
istituto? In tal caso, oltre alla modalità di determinazione dell’importo da corrispondere al lavoratore
medesimo, quale è il trattamento ai fini previdenziali e fiscali?
Il quesito trova risposta nell’art. 51 del Testo Unico delle Imposte Dirette (TUIR), letto alla luce
della Circolare n. 326 del 23 dicembre 1997 e della giurisprudenza della Suprema Corte. Nel caso
di specie si è in presenza di una trasferta, istituto distinto dal trasferimento e dal distacco i cui
elementi caratterizzanti sono stati individuati nel tempo dalla giurisprudenza civilistica. Nello
specifico, mediante l’istituto della trasferta, il datore di lavoro può richiedere al proprio
dipendente di mutare temporaneamente il luogo di esecuzione della propria prestazione
lavorativa, al fine di rispondere ad esigenze di servizio di carattere transitorio e contingente,
imprevedibili al momento dell’assunzione. In occasione della trasferta all’estero può essere
prevista dalla contrattazione collettiva o dalla contrattazione individuale l’erogazione di una
specifica indennità di trasferta (sulla natura risarcitoria o remunerativa dell’indennità di trasferta,
si rinvia a Cass. 17 febbraio 2010, n. 3684; Cass. 30 dicembre 2009, n. 27826) e/o rimborsi spese, il
cui regime fiscale e contributivo è delineato dal comma 5 dell’art. 51 del TUIR, che esplicitamente
fissa tetti di esenzione più alti in presenza di trasferte estere. Il sistema forfetario è generalmente
concepito per agevolare le procedure aziendali di rimborso, con la previsione dell’erogazione di
una indennità giornaliera al dipendente determinata in via forfetaria e diretta a rimborsare le
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spese sostenute nel corso della trasferta. Tale indennità risulta esente per un importo giornaliero
massimo di euro 46,48, elevato a euro 77,47 per le trasferte all’estero. In caso di trasferta non
trovano però applicazione le indennità di trasferimento, di prima sistemazione ed equipollenti di
cui al co. 7 dell’art. 51 del TUIR per l’assenza di occasionalità e per la previsione di una modifica
stabile e duratura della sede di lavoro del dipendente, pur non escludendone un’eventuale
temporaneità, come nel caso, ad esempio, di distacco di personale dipendente. Anche per
l’indennità per servizi prestati all’estero (indennità estero) di cui al co. 8 dell’art. 51 del TUIR
occorre effettuare dei distinguo, trattandosi di indennità corrisposte a lavoratori trasferiti o
distaccati in un Paese estero al fine, da un lato, di compensare il lavoratore per il disagio connesso
all’assegnazione estera e, dall’altro, di remunerarlo in funzione dell’attività svolta all’estero (cfr.
Cass. 19 febbraio 2004, n. 3278 per la quale, indipendentemente dalla natura delle voci che la
compongono, l’indennità forfetaria estera ha natura interamente retributiva). Nell’ambito di una
stessa assegnazione all’estero di personale dipendente non è ammissibile la contemporanea
presenza del regime fiscale in commento con quello proprio della trasferta, in quanto alternativi
e incumulabili. Come chiarito dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 326/1997, “la
precisazione potrebbe risultare priva di effettivo contenuto atteso che si tratta di due ipotesi
diverse: nelle trasferte lo spostamento è del tutto momentaneo ed è collegato allo svolgimento
di uno specifico incarico, l’assegno di sede e le indennità per i servizi prestati all’estero sono,
invece, collegati ad un trasferimento, sia pure a tempo determinato, della sede di lavoro del
dipendente”.
Trasformazione d’ufficio del contratto a termine: poteri dell’ispettore
Un'impresa aveva stipulato contratti a tempo determinato, superando le 6 proroghe. Finito il periodo
di lavoro, l’impresa ha trovato nuovi occupati. I servizi ispettivi, hanno indicato che per la
regolarizzazione il datore debba procedere alla trasformazione del rapporto di lavoro. Secondo il Dlgs
81/15 all'articolo 28 il dipendente che deve impugnare il superamento e il giudice deve ricostituire il
rapporto. Può il servizio ispettivo imporre la trasformazione soprattutto quando il lavoratore non
lavora più lì?
Secondo l’articolo 21 del decreto legislativo 81/2015, il termine del contratto a tempo
determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale
del contratto sia inferiore a trentasei mesi, e, comunque, per un massimo di cinque volte nell'arco
di trentasei mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia
superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza
della sesta proroga. La trasformazione è automatica, anche se l’interesse alla continuazione del
rapporto è solitamente del lavoratore, al quale è assegnato peraltro il risarcimento del danno a
ristoro delle conseguenze retributive e contributive relative al periodo tra la scadenza del termine
e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto (art. 28). I servizi
ispettivi possono autonomamente verificare il rispetto delle proroghe, anche al fine della corretta
instaurazione del rapporto di lavoro tra le parti, anche se nella fattispecie probabilmente non vi
sono ulteriori oneri contributivi per il datore di lavoro. Ma rimane comunque un interesse pubblico
nell’applicazione delle sanzioni amministrative in merito alla mancata comunicazione
dell’avvenuta trasformazione (in questo senso depongono le istruzioni ministeriali, fin dalla
circolare n. 18/2014.
Sanzione di 153 euro al giorno per chi non assume disabili
Più che raddoppiate le sanzioni in caso di mancata assunzione dei disabili. Lo prevede il Dlgs
correttivo del Jobs Act. L’articolo 15 della legge 68/99 stabilisce che, trascorsi sessanta giorni dalla
data in cui scatta l’obbligo di assumere disabili, il datore di lavoro è tenuto al versamento di una
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somma pari a 62,77 euro al giorno, per ciascun lavoratore disabile che risulti non occupato. Tale
meccanismo scatta se il mancato rispetto della quota dell’obbligo (ossia il 7% dei lavoratori
computabili) risulti non coperta per cause imputabili al datore di lavoro.
La quota deve essere versata al Fondo regionale per l’occupazione dei disabili ed è direttamente
proporzionale al periodo di mancata copertura: può raggiungere, pertanto, importi anche molto
elevati, se il datore di lavoro tarda a regolarizzare l’inadempienza.
Comportamenti nel mirino
Sta al datore di lavoro monitorare costantemente il rapporto tra i lavoratori computabili e la
percentuale riservata ai disabili (come stabilito dall’articolo 3 della legge 68/99): quando il numero
dei disabili è inferiore alla percentuale stabilita dalla legge, il datore di lavoro ha 60 giorni di tempo
per procedere alla assunzione.
In passato il Ministero ha equiparato alla mancata assunzione anche quei comportamenti non
collaborativi posti dai datori di lavoro, che di fatto non consentono l’avviamento da parte degli
uffici competenti. Con nota del 2 ottobre 2002 ha precisato infatti che - pur non esistendo una
sanzione che punisca specificamente l’invio di prospetti informativi lacunosi e considerato che
tale comportamento potrebbe essere strumentalmente posto in essere dai datori di lavoro, al fine
di aggravare e rallentare l’attività degli uffici competenti all’avviamento al lavoro dei disabili - si
ritiene che la condotta in esame possa essere inquadrata più correttamente nell’ambito della
fattispecie prevista dall’articolo 15, comma 4, della legge 68/1999.
Il contributo esonerativo
Con la modifica introdotta dal decreto correttivo, la sanzione resta crescente come prima e cioè
aumenta per ogni giorno di mancata copertura, ma cambia il valore giornaliero: non più 62,77
euro da rivalutare ogni cinque anni , ma un importo pari a cinque volte la misura del contributo
esonerativo di cui all’articolo 5, comma 3-bis della stessa legge 68/99.
Il contributo esonerativo è pari a 30,64 euro, che moltiplicato per 5 diventa 153,2 euro e quindi
oltre il doppio della sanzione attuale. Un mese di scopertura, ipotizzando 22 giorni lavorativi,
costa quindi al datore di lavoro 3.370 euro, più di quanto costerebbe, in media, un dipendente in
forza. Se si voleva introdurre un meccanismo dissuasivo alla violazione dell’obbligo, questo è
molto efficace, perchè ora diventa più conveniente, in termini economici, assumere un
dipendente disabile, piuttosto che non assumerlo. Anche questo importo, comunque, è soggetto
rivalutazione quinquennale.
La diffida
Come contropartita al sensibile aumento della sanzione giornaliera, il decreto correttivo ha
previsto, a fronte della violazione della norma che impone l’assunzione di disabili, la procedura
della diffida. L’articolo 13 del Dlgs 128/2004, che disciplina questa procedura, prevede che in caso
di constatata inosservanza delle norme di legge, o del contratto collettivo in materia di lavoro e
legislazione sociale, prima di procedere alla applicazione delle sanzioni, il personale ispettivo
provveda a diffidare il trasgressore alla regolarizzazione delle inosservanze comunque
materialmente sanabili.
In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore è ammesso al pagamento di una sanzione
ridotta, il cui pagamento estingue il procedimento sanzionatorio limitatamente alle inosservanze
oggetto di diffida.
Nel caso di violazioni dell’obbligo di assunzione dei disabili, il decreto prevede che il trasgressore,
in relazione alla quota d’obbligo non coperta, presenti agli uffici competenti la richiesta di
assunzione o la stipulazione del contratto di lavoro avviata dagli uffici. In caso di ottemperanza
alla diffida, il datore di lavoro sarà ammesso al pagamento di una sanzione pari a un quarto di
quella stabilita.
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Di seguito le misure:
VECCHIA DISCIPLINA
NUOVA DISCIPLINA
1) COMPUTO DISABILI ANTE COSTITUZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO, ASSUNTI CON
COLLOCAMENTO ORDINARIO
La riduzione della capacità lavorativa richiesta
deve essere superiore al 60%
La riduzione della capacità lavorativa richiesta
deve essere pari o superiore al 60%
2) SISTEMA SANZIONATORIO
La sanzione per ogni giorno in cui non è assolto
l’obbligo di assunzione è pari ad euro 62,77 (per
singolo disabile/categoria protetta non
assunto)
La sanzione per ogni giorno in cui non è assolto
l’obbligo di assunzione è pari 5 volte la misura
del contributo esonerativo (poiché attualmente
il contributo è pari ad euro 30,64, la sanzione
diventa euro 30,64x5, cioè euro 153,20 per
singolo disabile/categoria protetta non
assunto)
-
Per la violazione dell’obbligo di assunzione del
disabile è ammessa la procedura di diffida ex
articolo 13 del Dlgs 124/2004
Ogni 5 anni con apposito Dm sono adeguate sia
le sanzioni per la mancata/tardiva
presentazione del prospetto informativo
(comma 1) che quelle per il mancato
assolvimento dell’obbligo di assunzione
(comma 4)
Ogni 5 anni con apposito Dm sono adeguate le
sole sanzioni per la mancata/tardiva
presentazione del prospetto informativo.
Il Dm non adegua più la misura della sanzione
per mancata assunzione del disabile, in quanto
quest’ultima è legata all’importo del contributo
esonerativo e quindi si adegua in funzione di
quest’ultimo
Sanzionatorio il ricorso al lavoro intermittente oltre i limiti imposti dal Ccnl
Se si ricorre al lavoro intermittente oltre i limiti imposti dalla contrattazione collettiva, il contratto
viene convertito a tempo pieno e indeterminato. L’indicazione è contenuta nella nota 18194 del
ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 4 ottobre 2016.
L'articolo 13 del Dlgs 81/2015 dispone che il lavoro intermittente è il contratto, anche a termine,
con il quale un lavoratore si pone a disposizione di un datore che ne può utilizzare la prestazione
in modo discontinuo o intermittente secondo le esigenze individuate dai contratti collettivi,
anche con riferimento alla possibilità di svolgere le prestazioni in periodi predeterminati nell'arco
della settimana, mese o anno (in mancanza di contratto collettivo, i casi di utilizzo del lavoro
intermittente sono individuati dal ministro del Lavoro).
Il contratto di lavoro intermittente può in ogni caso essere concluso con soggetti con meno di 24
anni di età, purché le prestazioni lavorative siano svolte entro il 25° anno, e con più di 55 anni.
Pertanto è il Ccnl che individua le esigenze organizzative e produttive con riferimento alle quali
possono svolgersi prestazioni di lavoro intermittente. In caso contrario, come previsto
dall'articolo 55, comma 3, del Dlgs 81/2015, si applicano le disposizioni previste dal decreto
ministeriale 23 ottobre 2004 che fa rinvio alla tabella allegata al regio decreto 2657/1923. A tal
proposito viene in supporto l'interpello 10/2016.
Nel caso prospettato nell'interpello, in cui una società aveva stipulato contratti di lavoro
intermittente in violazione delle previsioni del Ccnl che aveva espressamente stabilito il divieto
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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dell'utilizzo di tale forma contrattuale per il periodo di riferimento in ragione della mancata
individuazione delle ragioni e delle esigenze produttive che ne giustificassero l'applicazione,
secondo il ministero la violazione di tali clausole determina, in base alla circolare 20/2012,
l'applicazione della sanzione della conversione in rapporto di lavoro a tempo pieno e
indeterminato, dovuta alla carenza delle condizioni che giustificano il ricorso al lavoro
intermittente non ricorrendone i requisiti soggettivi.
No al cambio “unilaterale” del contratto
Passare da un contratto metalmeccanico a uno del commercio non è passaggio facile né
tantomeno scontato. Lo dimostra la sentenza del tribunale di Torino nella vicenda che ha visto
contrapposti l’azienda Altran, società francese che si occupa di servizi di ingegneria – con oltre
2.700 addetti in Italia – e un lavoratore, dipendente dal 2008. Al centro del pronunciamento del
giudice Salvatori, la decisione unilaterale dell’azienda di modificare il contratto collettivo di
riferimento – dal Ccnl metalmeccanici al contratto del Commercio – per quei lavoratori, un
centinaio, ancora titolari del contratto dell’industria, con l’obiettivo di armonizzare la situazione
degli addetti.
Il tribunale fissa due principi: la disdetta di un contratto spetta unicamente «alle parti stipulanti»,
sindacati e associazioni datoriali, e non invece al singolo lavoratore e o al datore di lavoro; è
illegittimo il comportamento del datore di lavoro che recede dal Ccnl fino ad allora, «di cui era
obbligatoriamente tenuto a dare applicazione in forza dell’adesione all’associazione datoriale
firmataria di quel contratto». Un passaggio importante che fa tornare alla mente la vicenda Fiat,
nel 2011: l’azienda diede disdetta del contratto dei metalmeccanici e contestualmente uscì da
Confindustria e Federmeccanica. Su questo il giudice è chiaro e l’azienda, in contrapposizione, lo
è altrettanto. La sentenza chiarisce come l’azienda faccia capo a Federmeccanica alla luce della
sua adesione al sistema confindustriale (attraverso Assolombarda e Unindustria Roma). Altran
invece, attraverso il direttore HR Claudio Barillari ribadisce di non aver mai aderito a
Federmeccanica «avendo alle sue dipendenze meno del 4% dei lavoratori a cui si applicava il Ccnl
Industria Metalmeccanica mentre il restante 96% è inquadrato secondo il Ccnl Terziario,
Distribuzione e Servizi». Per la Fiom di Torino, che ha patrocinato la vertenza, la sentenza è «un
risultato importante nella battaglia contro il dumping contrattuale praticato secondo
convenienza da parte di alcune aziende». Nel caso di Altran, dove oltre l’80% degli addetti lavora
in trasferta, secondo il sindacato le maggiori disparità riguarderebbero i riconoscimenti
economici su straordinari e trasferte, più favorevoli nel contratto metalmeccanici che in quello
del commercio.
Cambio contratto collettivo con votazione lavorato
In un'azienda, non iscritta ad alcuna associazione datoriale, in cui sono presenti 42 dipendenti di cui
28 iscritti ad un'unica OO.SS., si è raggiunto un accordo in base al quale si abbandona l'attuale
Contratto Aziendale siglato con la stessa OO.SS. e si aderisce a Contratto Nazionale, disciplinando
armonizzazione con Contratti II Livello. La condizione è che la maggioranza dei lavoratori votino a
favore di tale passaggio. In caso di votazione in assemblea, se non si presentano tutti i lavoratori, e
dei presenti votanti la metà accetta il passaggio, tale volontà avrebbe validità per tutti, anche i non
votanti oppure la metà deve essere valutata su tutto il personale? In pratica chi stabilisce la
maggioranza? Esistono delle regole?
Le regole di efficacia dei contratti collettivi aziendali sono definite nel c.d. Testo Unico sulla
Rappresentanza sottoscritto da Confindustria, CGIL, CISL e UIL il 10 gennaio 2014. Il Testo Unico
dispone che i contratti collettivi aziendali approvati dalle rappresentanze sindacali aziendali che
detengono la maggioranza delle deleghe conferite dai lavoratori dell’azienda nell’anno
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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precedente a quello della stipula, devono essere sottoposti al voto dei lavoratori; il referendum è
promosso dalle rappresentanze sindacali aziendali stesse, a seguito della richiesta avanzata da
un'organizzazione sindacale o da almeno il 30% dei lavoratori dell’impresa. Ai fini della validità
della consultazione è richiesta la partecipazione del 50% più uno degli aventi diritto al voto e
l'accordo si intende respinto con il voto negativo espresso dalla maggioranza semplice dei votanti.
Per l'approvazione dell'accordo aziendale che dispone il passaggio dal contratto di livello
aziendale al Contratto Collettivo Nazionale è necessaria quindi la partecipazione alla
consultazione del 50% più uno dei lavoratori aventi diritto al voto e il voto positivo della
maggioranza semplice dei votanti. L'accordo aziendale così approvato avrà efficacia nei confronti
della generalità dei dipendenti dell'azienda e non solo di coloro che hanno partecipato alla
consultazione. A nulla rivela, nell’ambito di tale meccanismo di approvazione, la mancata
iscrizione dell’azienda ad associazioni datoriali.
Dipendente deceduto
Dipendente deceduto, eredi rinunciano all'eredità, come si svolgono gli adempimenti del cedolino con
i ratei, Tfr e preavviso? Tfr e preavviso, vanno comunque agli eredi che rinunciano? Lo stipendio e
ratei in capo a chi? Il cedolino va comunque emesso per pagare i contributi? (l'Inps vuole i contributi?
A che deve essere intestato il cedolino?)
L’estinzione automatica del rapporto di lavoro causato dal decesso del lavoratore dipendente
pone il datore di lavoro dinanzi ad una serie di problematiche relative sia alle spettanze retributive
maturate in costanza di rapporto e non ancora liquidate, sia riguardo agli adempimenti
obbligatori da effettuare. È il caso di chiarire preliminarmente che l’insieme di queste spettanze
non confluisce indistintamente nell’asse ereditario del lavoratore deceduto, ma viene
assoggettata a una particolare disciplina in base alla diversa natura delle stesse. Il legislatore,
infatti, distingue due diverse categorie di emolumenti. Somme acquisite per iure proprio Si tratta
dell’indennità sostitutiva del preavviso e del trattamento di fine rapporto. La corresponsione di
dette somme è indipendente dall’accettazione dell’eredità: esse sono assegnate ex lege ai
superstiti e non appartengono all’asse ereditario. Secondo quanto previsto dall’art. 2122 c.c. le
somme spettanti a titolo di TFR (art. 2120 c.c.) e di indennità di mancato preavviso (art. 2118 c.c.)
spettano al coniuge, ai figli e – se viventi a carico del prestatore di lavoro – ai parenti entro il terzo
grado e agli affini entro il secondo grado. Tali soggetti si ripartiscono le somme secondo un libero
accordo privato (sempreché tutti maggiorenni) o, in mancanza, “secondo il bisogno di ciascuno”.
Qualora i soggetti indicati dall’articolo 2122 c.c. manchino o rinuncino, i beneficiari saranno
individuati in base alle norme sulla successione testamentaria (art.587 ss. c.c.) e sulla successione
dei legittimari (art.536 c.c.) nel caso in cui il lavoratore deceduto abbia fatto testamento o, in
mancanza, sulla successione legittima (art.565 ss. c.c.). Somme acquisite per iure successionis Si
tratta di quelle maturate dal lavoratore per effetto della prestazione lavorativa resa fino al
momento del decesso e non ancora liquidate attraverso l’emissione del cedolino paga (si tratta
normalmente delle competenze dell’ultimo mese di lavoro, quali retribuzione, straordinario,
festività e di quelle relative ad istituti plurimensili maturati ma non ancora liquidati, quali 13°
mensilità, indennità per ferie e permessi individuali retribuiti non goduti). Tali emolumenti sono
ricompresi nell’eredità e conseguentemente corrisposti agli eredi nella misura a ciascuno
spettante oppure secondo quanto disposto nel testamento. Il datore di lavoro non può comunque
erogare tali spettanze se non dopo aver accertato che gli eredi interessati abbiano regolarmente
adempiuto alla dichiarazione di successione. Se gli eredi, come nel caso in questione, dichiarano
di aver rinunciato all’eredità, avranno di conseguenza rinunciato anche alla riscossione di tali
compensi e il datore di lavoro non sarà tenuto ad erogarli. Si ritiene, tuttavia, che i contributi
previdenziali siano comunque dovuti all’INPS per effetto del c.d. principio di competenza,
secondo il quale le somme e i valori spettanti al lavoratore assumono rilevanza, ai fini della
determinazione dell'imponibile previdenziale e della quantificazione delle relativa contribuzione,
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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nel momento in cui sono maturati, indipendentemente dall'effettiva percezione degli stessi da
parte del lavoratore. Il rapporto giuridico contributivo, infatti, è autonomo, e riguarda
esclusivamente il datore di lavoro e l’ente previdenziale. Il relativo cedolino paga di liquidazione
va emesso a nome del de cuius.
Una badante per assistere due persone
In applicazione del ccnl Colf Badanti, si trovano motivi ostativi nel Ccnl, nella normativa vigente o
nella prassi affinché un lavoratore assunto con contratto di badante possa assistere due persone che
domiciliano nella stessa abitazione? Una badante può essere assunta da un datore di lavoro (diverso
dalle persone da assistere) con un unico contratto per assistere due persone? Questo può essere
esplicitato nel contratto di lavoro? In caso di risposta negativa è necessario stipulare due contratti
distinti per ogni persona da assistere anche se il datore di lavoro coincide? (es. un figlio che intende
assumere una per assistere entrambe i genitori)
La prestazione di lavoro domestico risponde ad un bisogno personale del datore di lavoro, legato
al funzionamento della vita familiare. Tale requisito è soddisfatto anche nell’ipotesi in cui la
prestazione lavorativa sia resa in favore di un soggetto diverso dal datore di lavoro, purché questo
ultimo vi abbia un interesse. Il datore di lavoro è infatti colui che promette la retribuzione e riceve
l’impegno a collaborare e non necessariamente il destinatario delle prestazioni. Ne consegue che,
per esempio, può essere datore di lavoro il figlio dell’anziano assistito da badante, se contatta la
lavoratrice non per mandato ricevuto dal genitore ma per sua iniziativa. Si ritiene, inoltre, sia
possibile stipulare un contratto di lavoro domestico tra datore di lavoro e lavoratore per
l’assistenza dei genitori dello stesso datore di lavoro; non si ravvisano, infatti, al riguardo limiti da
parte del contratto collettivo nazionale di lavoro “sulla disciplina del rapporto di lavoro
domestico”, il quale, alla lettera l) articolo 6, prevede la mera indicazione del luogo di
effettuazione della prestazione lavorativa, che potrà giocoforza essere diverso dalla residenza del
datore di lavoro.
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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APPROFONDIMENTI
La contabilizzazione degli incentivi all’esodo
I costi di riduzione del personale quali gli incentivi per favorire l'esodo o la messa in mobilità del
personale dipendente e dei lavoratori assimilabili, per rimuovere inefficienze produttive,
commerciali o amministrative e simili, non sono capitalizzabili nell’attivo patrimoniale in quanto,
oltre a sostanziarsi in una eliminazione di fattori produttivi, vengono sostenuti in contesti della
vita della società nei quali l’aleatorietà della loro recuperabilità è talmente elevata da non
soddisfare i requisiti per la capitalizzazione.
Questo è quanto emerge dalla lettura dell’OIC 24 nella attuale formulazione ancora in bozza per
la consultazione.
La precisazione chiarisce il nodoso interrogativo che più volte ha interessato gli amministratori
delle società circa l’esistenza o meno dei requisiti necessari alla capitalizzazione. Si rammenta,
difatti, che gli oneri pluriennali possono essere iscritti nell’attivo dello stato patrimoniale solo se:
 è dimostrata la loro utilità futura;
 esiste una correlazione oggettiva con i relativi benefici futuri di cui godrà la società;
 è stimabile con ragionevole certezza la loro recuperabilità. Essendo la recuperabilità
caratterizzata da alta aleatorietà, essa va stimata dando prevalenza al principio della
prudenza.
In ogni caso l’utilità pluriennale è giustificabile solo in seguito al verificarsi di determinate
condizioni gestionali, produttive, di mercato che al momento della rilevazione iniziale dei costi
devono risultare da un piano economico della società.
In assenza dell’intervento dell’OIC, facendo riferimento alla natura dell’incentivo all’esodo, era
plausibile pensare che esso fosse il risultato di un periodo di lavoro che si snoda lungo la vita
aziendale, con la conseguenza che lecitamente l’azienda poteva immaginare di gravarne il
relativo costo sullo stesso arco di tempo cui le mensilità corrisposte al personale uscente
potevano riferirsi, e non nel solo esercizio in cui il piano fosse approvato. L’OIC stronca ogni
considerazione in merito e chiarisce la competenza e la contabilizzazione di tali spese.
Da quanto detto deriva che i costi per la ristrutturazione aziendale sono di competenza del
periodo in cui:
 gli amministratori formalmente decidono di attuare il piano e
 tali costi siano attendibilmente stimabili.
Ciò detto occorre capire come rilevarli contabilmente considerato che essi dovranno confluire in
conto economico. Più precisamente gli oneri di ristrutturazione aziendale dovranno essere
considerati quali oneri la cui contropartita sarà rappresentata da un fondo ristrutturazione da
iscrivere in B.3 di stato patrimoniale.
Il fondo accantonato comprenderà l’intera spesa di ristrutturazione, mano a mano però che le
spese verranno sostenute tale fondo verrà stornato ottenendo in tal modo un effetto “neutrale”
sul bilancio.
Chiaramente potrebbero verificarsi, tra l’accantonato ed il sostenuto, delle differenze positive o
negative; tali differenze, se positive, costituiranno sopravvenienze attive dovute alla esuberanza
del fondo, se negative, rappresenteranno sopravvenienze passive.
Al contrario l’ammontare delle retribuzioni corrisposte al personale in vigenza di rapporto di
lavoro destinato però alla risoluzione andranno comunque rilevate negli ordinari conti accesi alle
spese per le retribuzioni del personale.
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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La Cigo dopo la circolare Inps 139/16: tra miglioramenti e vecchi retaggi
Il panorama delle integrazioni salariali ha sicuramente subito nell’ultimo anno innovazioni
sostanziali e profonde, quantomeno nella forma; con l’emanazione del D.Lgs. 148/2015 è infatti
iniziata una stagione di importanti novità, sia per ciò che attiene agli aspetti più squisitamente
pratici sia per quello che invece riguarda quelli più squisitamente contenutistici.
In questo arco temporale, un ruolo centrale e nevralgico è stato sicuramente giocato dalle
circolari emanate dall’Istituto, su tutte la n. 197/2015, una sorta di testo unico sulla Cigo.
La stagione che viviamo in relazione agli ammortizzatori sociali in generale, e per la Cigo in
particolare, è sicuramente delicata e segnata da una netta ed evidente volontà di regolarizzare la
concessione dell’istituto, andando a prevederne il ricorso solo laddove ricorrano situazioni tali per
cui la contrazione dell’attività produttiva risulti avere determinate caratteristiche (che verranno
diffusamente affrontate ed esaminate nel corso del presente articolo).
La naturale conseguenza di questo nuovo orientamento è rintracciabile nella previsione da parte
dell’Inps di una documentazione sempre più stringente e puntuale, riflesso della marcata volontà
di dimostrare la reale e concreta sussistenza dei presupposti fissati dalla vigente normativa.
È da tale slancio e su tali presupposti che promana la circolare n. 139/2016.
La finalità della circolare, almeno nelle intenzioni dell’Istituto, è quella di definire i contorni
dell’iter autorizzativo, dedicando (ovviamente) ampio risalto alle condizioni che ne possono
determinare il positivo esito.
A ben vedere infatti, solo l’incipit è dedicato specificatamente alle fasi attraverso le quali si
concretizzano l’inoltro, la disamina e la comunicazione dell’esito dell’istruttoria, mentre la parte
centrale, e decisamente più consistente della circolare, è proprio finalizzata a ribadire le
condizioni al verificarsi delle quali è possibile avere l’accoglimento della richiesta.
Parte centrale della circolare è costituita dagli allegati, che di fatto danno la stura dell’impatto
concreto che l’Inps ha inteso realizzare.
Il D.M. 95442/2016, pubblicato in G.U. il 14 giugno e quindi pienamente operativo dal 29 giugno
2016, rappresenta il fulcro da cui la circolare stessa promana.
Il D.M. 95442/16
Il provvedimento ministeriale in questione si preoccupa in primo luogo di definire quali
circostanze possono supportare il ricorso alla Cigo, definendone appunto le caratteristiche.
L’articolo 1 stabilisce che il ricorso alla Cigo ordinaria può realizzarsi nei casi in cui ricorrano
situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti (incluse
le intemperie stagionali). Tale elemento si caratterizza quindi:
 sia dalla possibilità di prevedere già al momento della richiesta la ripresa dell’attività
produttiva (articolo 1, comma 1, lettera b, D.M. 95442/2016);
 sia dalla non imputabilità all’impresa e ai suoi lavoratori, della situazione aziendale
venutasi a creare (sia in termini di imputabilità sia di imperizia).
Su questi pilastri si fonda di fatto lo sviluppo dell’intera circolare: di seguito tali aspetti saranno
trattati in maniera diffusa ed esaustiva.
L’articolo 2 svolge un ruolo centrale nell’intera struttura del D.M., e più in generale nell’iter di
presentazione dell’istanza di Cigo e del successivo accoglimento della stessa.
In questa sede infatti è prevista innanzitutto la redazione di una relazione tecnica contenente le
ragioni che hanno determinato la sospensione (ovvero riduzione dell’attività lavorativa),
supportando inoltre la presenza degli elementi sanciti dall’articolo 1 (temporaneità, non
imputabilità e previsione attendibile di ripresa dell’attività aziendale).
I successivi articoli poi vanno a definire le diverse fattispecie (tipizzandole) di sospensione:
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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1. mancanza di lavoro o crisi di mercato (articolo 3): tale fattispecie fa riferimento sia alle
condizioni interne aziendali sia a quelle generalizzate del settore di appartenenza
dell’azienda richiedente;
2. fine cantiere, fine lavoro, fine fase lavorativa, perizia di variazione e suppletiva di progetto
(articolo 4): tali fattispecie attingono perlopiù dal mondo dell’edilizia, e più in generale da
quei lavori che presuppongono un’attività legata alla cantieristica;
3. mancanza di materie prime o componenti (articolo 5);
4. eventi meteo (articolo 6)
5. sciopero di un reparto o di altra impresa (articolo 7);
6. incendi, alluvioni, sisma, crolli, mancanza di energia elettrica, impraticabilità dei locali
(anche per ordine di pubblica autorità), sospensione o riduzione dell’attività per odine di
pubblica autorità per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori (articolo 8): l’articolo
8 D.M. rappresenta di fatto un contenitore all’interno del quale confluiscono tutti quegli
eventi di natura straordinaria ed esterna rispetto all’attività dell’impresa, ma tali da
causarne la sua sospensione (o quantomeno sensibile riduzione), si potrebbe dire, per
ragioni di forza maggiore;
7. guasti ai macchinari e sospensione straordinaria (articolo 9).
Le fattispecie tipizzate di ricorso alla Cigo saranno ovviamente in seguito riprese e diffusamente
commentate, anche e soprattutto alla luce delle specificazioni offerte dalla circolare Inps n.
139/2016.
Da ultimo, il D.M. si preoccupa di andare a trattare il tema della convivenza tra Cigo e
ammortizzatori al reddito di natura e carattere straordinario, e in particolare i contratti di
solidarietà, i quali, a detta dell’articolo 10, D.M. 95442/2016 possono coesistere a patto che si
riferisca a lavoratori distinti e che la richiesta di Cigo non ecceda i 3 mesi, fatti salvi i casi di ricorso
alla cassa ordinaria per eventi oggettivamente non evitabili.
Gli allegati: i fac simile delle relazioni tecniche
A ulteriore corollario, tra gli allegati trovano spazio i modelli fac simile delle relazioni tecniche da
presentare in caso di richiesta di Cigo.
L’Inps ha elaborato tanti modelli quante sono le fattispecie, andandone ovviamente ad adeguare
e tarare il contenuto e le informazioni richieste, alla genesi dell’intervento e quindi alle
informazioni che in qualche modo possono incarnare le caratteristiche richieste a supporto del
positivo accoglimento della richiesta di Cigo.
Anche per questi, di seguito saranno diffusamente illustrati contenuti, che come detto
rappresentano il riflesso diretto delle cause e del contesto che ha portato alla richiesta di Cigo.
La relazione tecnica rappresenta di fatto un’evoluzione di ciò che fino a pochi mesi fa hanno
rappresentato i questionari.
Anche l’evoluzione contenutistica dei questionari suddetti, merita un breve focus, perché
sintomatica delle parallele evoluzioni normative.
Prima che la crisi economica assumesse le dimensioni tristemente note, e quindi quando il ricorso
alla Cigo era sensibilmente più contenuto, la compilazione del questionario era fase ascrivibile al
ruolo di corollario della trasmissione formale del modello IGI 15.
Con il passare del tempo, e con l’acuirsi delle difficoltà economiche delle aziende (con contestuale
aumento del ricorso alla Cigo), le richieste dell’Istituto in merito a tale adempimento si sono fatte
sempre più stringenti, andando a prevedere l’inserimento di informazioni via via più dettagliate
circa le motivazioni della contrazione dell’attività, nonché delle attività poste in essere
dall’azienda per fronteggiare il momento di difficoltà produttiva.
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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La circolare n. 139/2016
Di seguito si andranno a esaminare i vari passaggi e gli argomenti trattati dalla circolare n.
139/2016, distinguendoli per tematiche e incidenza.
L’iter autorizzativo
Come già accennato, la parte iniziale della circolare è depositaria di informazioni operative di
carattere generale, che descrivono quello che è il procedimento di ricezione e di disamina delle
istanze di Cigo da parte dell’Inps.
Dal punto di vista dell’inoltro, si registra un rafforzamento della centralità di due canali già
ampiamente ricorrenti nella quotidiana gestione dei rapporti con l’Inps, e cioè il ricorso alla
procedura UniCigo (con annessa emissione e abbinamento al Ticket generato dal sistema) e il
conseguente utilizzo dei flussi UniEmens.
Il punto 3, articolo 2, contiene la definizione pedissequa della procedura autorizzativa, andandone
a prevedere i tratti salienti:
 competenza alle sedi Inps, con la conseguente e annessa soppressione delle commissioni
provinciali Cigo (anche se a parere di chi scrive è auspicabile una mera riorganizzazione
interna che coinvolga le medesime figure, vista la delicatezza del ruolo svolto e delle
dinamiche normative e pratiche);
 individuazione di criteri univoci e standardizzati per la valutazione delle domande. In
quest’ottica va già la tipizzazione delle fattispecie di ricorso alla Cigo e della conseguente
previsione di modelli standardizzati e correlati per la richiesta. Tale indirizzo pare andare
a consolidarsi nella prassi dell’Istituto (in tal senso sembra muoversi anche l’intervento in
materia di formulari di distacco in ambito comunitario previsto dal messaggio n. 218/2016,
analogo nella struttura e nelle modalità utilizzate). Sulla carta è sicuramente linea
condivisibile, sia dal punto di vista della chiarezza in sede di compilazione sia in termini di
supporto generale alle situazioni che possono incarnare un sano e valido ricorso alla Cigo.
Le perplessità (che verranno in seguito meglio esplicitate) risiedono perlopiù nel fatto che
la realtà pratica ha spesso sfumature di complessa semplificazione e sintesi teorica e, di
conseguenza, non è certo sempre agevole (specie in alcune fattispecie) riuscire a illustrare
con argomentazioni scritte, la realtà aziendale e fattuale concreta. Il formalismo appena
enunciato si concreta nell’obbligo di redazione di una relazione tecnica per la quale, come
già accennato, l’Inps nella stessa circolare ha previsto dei fac simile;
 è poi prevista la facoltà in capo alla sede Inps competente di richiedere un supplemento
informativo nel caso in cui la documentazione prodotta non sia ritenuta sufficiente per
l’accoglimento della richiesta ed al contempo la fattispecie non sia reputata passibile di
rigetto immediato.
Di seguito verranno ora approfondite le caratteristiche, comuni a tutte le fattispecie tipizzate, che
segnano il discrimine in merito alla possibilità di ricorrere alla Cigo.
Le caratteristiche dell’evento a supporto della contrazione: la breve durata
Il primo degli aspetti che deve essere riscontrato al fine di consentire il ricorso alla Cigo è quello
della breve durata della contrazione.
Tale condizione in buona sostanza si concretizza con la possibilità di dimostrare che, entro
tempistiche relativamente contenute, l’impresa avrà la possibilità di reimmettersi sul mercato
alle condizioni previste all’inizio della contrazione.
A questo aspetto è strettamente correlato anche quello ulteriore della valutazione ex ante delle
richieste: la sede Inps competente fonda la sua disamina, e quindi anche la propria decisione, sulle
condizioni presenti e illustrate all’inizio del periodo di sospensione richiesto.
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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È quindi in questa fase che deve essere fatta la valutazione circa la brevità della durata della
sospensione (come anche agli altri aspetti di transitorietà e non imputabilità che saranno di
seguito esaminati); eventuali nuovi elementi emersi in corso d’opera potranno semmai essere
utili ai fini della concessione di un’eventuale proroga.
Tale concetto è presente più volte all’interno della circolare (e sempre in maniera nitida) e
presuppone quindi un’attenta disamina da parte aziendale, delle condizioni e delle congiunture
che determinano la riduzione o la sospensione dell’attività.
Le caratteristiche dell’evento a supporto della contrazione: la transitorietà
Elemento strettamente correlato a quello precedente, è la transitorietà delle situazioni e delle
contingenze poste alla base della richiesta di Cigo.
Anche in questo caso, centrale è la possibilità di dimostrare la ripresa dell’attività lavorativa.
La circolare però non si limita a questo, andando a integrare questo concetto, specificando che la
ciclicità della contrazione in questo senso stride con la temporaneità.
Il concetto di ciclicità della riduzione/sospensione è ripreso anche nell’ultima specificazione
dell’ultima caratteristica richiesta, la non imputabilità, alla quale si rimanda per il completamento
della trattazione.
Nella definizione della transitorietà, la ciclicità è elemento ostativo del ricorso alla Cigo, per via
del fatto che rappresenta la manifestazione di una contrazione che quantomeno non può dirsi
circoscritta nel tempo.
Le caratteristiche dell’evento a supporto della contrazione: la non imputabilità
Ultimo degli elementi è dato dalla non imputabilità delle situazioni che hanno determinato le
condizioni di contrazione dell’attività, all’imprenditore e/o ai lavoratori coinvolti nell’attività
aziendale.
Il significato che assume tale concetto all’interno della circolare è decisamente ampio, e spazia
dalle scelte imprenditoriali effettuate alla condotta tenuta dalle persone che operano all’interno
dell’azienda (e annessa dimostrazione di assenza di forme di negligenza).
Anche in questo contesto trova spazio la ciclicità della contrazione, vista questa volta come una
forma di errata organizzazione dell’attività da parte dell’imprenditore sotto il profilo strutturale
(che ad esempio avrebbe potuto definire in maniera e più rispondente alle proprie esigenze la
determinazione della forza lavoro).
Le fattispecie tipizzate di ricorso alla Cigo: di seguito verranno illustrate le fattispecie tipizzate di
ricorso alla Cigo, andando a calare in ciascuno dei contesti specifici le caratteristiche sopra
esposte.
Mancanza di lavoro e crisi di mercato
Inutile dire che questa è la fattispecie, se non più ricorrente, sicuramente più complessa da gestire.
A parere di chi scrive, l’irrigidimento delle informazioni e della modulistica richiesta sono da
ascrivere all’esplosione delle richieste in questo senso.
La contrazione lavorativa è ammessa sia in caso di mancanza di lavoro (causa interna) derivante
dal sensibile calo delle commesse, sia per contrazione dell’intero mercato di riferimento
all’interno del quale opera l’azienda (fattispecie esterna).
Come si possono in questo contesto rintracciare gli elementi visti in precedenza?
Si tratta sicuramente di un approccio complesso e che richiede un’analisi molto accurata e
approfondita della situazione aziendale.
La circolare Inps fornisce in questo un duplice fac simile di relazione tecnica, uno per ciascuna
delle fattispecie appena descritte.
LA NOSTRA RASSEGNA STAMPA – OTTOBRE 2016
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La relazione tecnica prevista in caso di contrazione degli ordini deve contenere, oltre alla
descrizione dell’attività aziendale, anche l’indicazione del decremento degli ordinativi e le cause,
che non debbono ovviamente essere imputate a negligenza dell’imprenditore o dei lavoratori.
Deve poi contenere l’elenco degli elementi che fanno presupporre al piena ripresa dell’attività
produttiva.
A completamento viene inserita anche una griglia dove indicare alcuni indicatori economici (per
l’anno in corso e per i due immediatamente precedenti) quali il fatturato, il risultato operativo e
d’impresa (distinguendo utile, pareggio o perdita), il grado di indebitamento, l’entità dei debiti
finanziari e l’indicazione dei soggetti verso i quali sono stati contratti, nonché quelli verso i
fornitori.
Breve riflessione sull’arco temporale indicato, testimonianza forse dell’Istituto di valutare
l’andamento economico aziendale in un arco temporale congruo.
A parere di chi scrive, in tale lasso di tempo è auspicabile, ai fini del positivo accoglimento della
richiesta di Cigo, la presenza di un trend, sebbene in calo, privo di sensibili picchi e variazioni, al
fine di testimoniare una situazione di solidità generale e strutturale.
La struttura di relazione tecnica prevista in caso di crisi di mercato è di fatto speculare, con la sola
specificazione di estraneità e assenza di negligenza nei confronti di eventi esterni, dati dalle
condizioni di mercato.
A fronte di richieste chiare, come è possibile in concreto esaminare e gestire una crisi d’impresa?
E, soprattutto, come è possibile valutare, e comunicare in maniera corretta e chiara la presenza
degli elementi di temporaneità, non imputabilità e certezza della ripresa?
Sono sicuramente questi gli interrogativi che chi professionalmente segue le aziende è chiamato
ad affrontare e risolvere, soprattutto dando non solo un taglio concreto all’attenta disamina della
situazione in essere, ma anche e soprattutto una fotografia nitida e veritiera a chi sarà chiamato
a valutare la pratica.
A parere di chi scrive, in questo delicato passaggio sono determinanti due elementi.
In primo luogo, è fondamentale e imprescindibile analizzare la situazione strutturale aziendale,
in termini di liquidità, di gestione di conti correnti e, più in generale, di comprovata continuità
dell’attività aziendale, andando a indicare nella relazione tecnica anche elementi collaterali, che
poi di fatto tali non sono.
Può ad esempio essere utile dimostrare la piena operatività dei conti correnti, il mantenimento
dei beni strumentali quale prova della piena continuità dell’attività aziendale.
Sempre lungo questo solco, importante è anche esplicitare quelle che sono le politiche
commerciali adottate per fronteggiare la contrazione (sia essa interna sia derivante da situazioni
di mercato), indicando a esempio anche ordinativi di clienti concreti e potenziali.
In secondo luogo, ma in maniera correlata a quanto appena visto, l’analisi di chi è chiamato a
collocare la natura della contrazione, non può e non deve prescindere dalla più ampia e complessa
valutazione dell’intero sistema aziendale; la temporaneità della riduzione o della sospensione
dell’attività, come anche l’annessa prospettiva certa di ripresa, sono scenari che non sono per
niente affatto slegati dalla situazione globale dell’impresa interessata.
Non prendere in esame questo dato può essere pericolo e fuorviante, e condurre ad un’errata
gestione della contrazione dell’attività.
Fine cantiere/fine lavoro – Fine fase lavorativa – Perizia di variante suppletiva
Si tratta di fattispecie caratterizzate dallo svolgimento di lavorazioni in cantieri o comunque
strutturate in commesse, tale tipizzazione ha la finalità di sopperire ai periodi di sospensioni al
verificarsi delle situazioni suddette.
Anche in questo caso, nella relazione tecnica deve emergere l’assenza di negligenza ed elementi
strutturali ostativi e in linea con la temporaneità della contrazione dell’attività.
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In quest’ottica si inserisce la previsione che il periodo di sospensione tra la fine di una lavorazione
e l’inizio di quella successiva non può eccedere l’arco temporale di 3 mesi).
Mancanza di materie prime – componenti
Tale situazione si sostanzia al verificarsi del blocco (o comunque della riduzione) dell’attività
produttiva derivante dalla mancanza di materie prime o comunque di componentistica
necessaria per il corretto espletamento del ciclo produttivo.
Anche in questa fattispecie deve essere comprovata l’assenza di negligenza da parte del
personale operante in azienda, sia in merito alla corretta valutazione degli ordinativi sia per ciò
che riguarda l’efficiente stoccaggio delle materie prime.
Evento meteo
A tale fattispecie, la circolare in oggetto dedica ampio risalto, anche grazie alla frequenza con cui
nella pratica si verifica.
La circolare n. 139/2016 rimanda al messaggio n. 28336/1998 per ciò che riguarda la
determinazione degli eventi atmosferici che possono determinare e giustificare la sospensione
dell’attività.
Altra importante novità in materia è data dall’obbligo di allegare alla domanda di Cigo il
bollettino meteo per le giornata di richiesta di sospensione, al fine di comprovare l’effettiva
impossibilità ad effettuare la prestazione lavorativa.
Vista la novità dell’adempimento, la circolare prevede la possibilità da parte delle sedi territoriali,
di fornire l’indicazione delle fonti prese in esame per la corretta determinazione del meteo.
In altra sezione, e in particolare in quella dove si prevede l’esonero del contributo di ingresso per
gli eventi oggettivamente non evitabili (per i quali peraltro il recente decreto correttivo ha
posticipato l’invio della denuncia entro il termine del mese successivo rispetto al verificarsi
dell’evento), ma non meno importante (tutt’altro semmai), è poi specificato che gli eventi meteo
possono ben essere causa di ricorso alla Cigo, indipendentemente dal settore di appartenenza e,
quindi, anche per attività differenti da quelle canonicamente rientranti tra quelle che si svolgono
prevalentemente all’aperto (o che comunque prevedono un’esposizione).
Sciopero di un reparto – sciopero di altra azienda
Questa fattispecie si verifica nel momento in cui l’interruzione volontaria da parte di un reparto
della medesima impresa, o di altra collegata, è alla base della sospensione dell’attività aziendale.
Fondamentale in questo caso provare il nesso e la connessione tra i due eventi (sciopero e
interruzione dell’attività con annesso ricorso alla Cigo).
Incendi, alluvioni, sisma, crolli, mancanza di energia elettrica, impraticabilità dei locali (anche per
ordine di pubblica autorità), sospensione o riduzione dell’attività per odine di pubblica autorità
per cause non imputabili all’impresa o ai lavoratori (articolo 8): l’articolo 8 D.M. rappresenta di
fatto un contenitore all’interno del quale confluiscono tutti quegli eventi di natura straordinaria
ed esterna rispetto all’attività dell’impresa, ma tali da causarne la sua sospensione (o
quantomeno sensibile riduzione), si potrebbe dire, per ragioni di forza maggiore.
Questa macro categoria potrebbe essere ascrivibile alla più generale fattispecie di cause di forza
maggiore.
Senza entrare nel merito delle singole situazioni e calamità, che meritano ovviamente specifica e
approfondita trattazione, è utile in ogni caso in questa sede soffermarsi sulla documentazione e
sulle informazioni che debbono corredare la relazione tecnica. Tra questi spiccano ad esempio
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verbali di organi (anche di ordine pubblico e pubblica sicurezza) competenti, circa la situazione
venuta a manifestarsi, oltre, come di consueto, la completa estraneità da parte dell’azienda.
Controverso è capire poi come in questo contesto possano inserirsi i concetti di temporaneità e
di previsione di ripresa, che, se non smentiti (e non potrebbe essere altrimenti visto che siamo pur
sempre all’interno di una circolare che disciplina la Cigo), devono comunque sussistere.
A parere di chi scrive, è plausibile supporre che detti eventi, sebbene di natura imprevedibile e
impattante, possano verificarsi in forme e modalità tali da non pregiudicare la previsione di
ripresa a breve termine. L’assenza del suddetto elemento potrebbe ben inficiare il ricorso alla
Cigo.
A conclusione della disamina degli eventi oggettivamente non evitabili (tra i quali ovviamente
figurano anche quelli derivanti da fattori atmosferici), due precisazioni che la circolare fa quasi a
chiusura:
1. in queste fattispecie non è necessario riscontrare il requisito di anzianità pari almeno a 90
giorni per avere accesso alla Cigo;
2. gli eventi oggettivamente non evitabili (a esclusione di quelli occorsi ad aziende operanti
nel settore edile), non debbono essere computati tra quelli che utili a concorrere al
raggiungimento delle 52 settimane nel biennio mobile, ma debbono comunque essere
presi in considerazione ai fini del limite dei 24 mesi nel quinquennio mobile.
Guasti ai macchinari – manutenzione straordinaria
Anche l’ultima fattispecie contemplata dalla circolare n. 139/2016 accorpa due fattispecie attigue
ma non coincidenti.
In caso di guasti, deve essere comprovata la diligenza del personale preposto (e anche
dell’imprenditore) nell’effettuazione della manutenzione ordinaria, in ossequio al sovraordinato
principio di non imputabilità della sospensione per la quale si richiede la Cigo.
In caso di manutenzione straordinaria, invece, deve essere prodotta la documentazione rilasciata
dall’azienda che ha effettuato l’intervento eccezionale, ai fini di provare la sua stessa necessità, e
la non imputabilità a negligenza aziendale.
Alcune riflessioni finali
A conclusione della disamina del D.M. 95442/16 e della circolare n. 139/2016 è possibile fare
alcune riflessioni, soprattutto in relazione alla tipizzazione delle fattispecie, e alla meticolosità e
alla forza con le quali vengono sanciti i crismi che la fattispecie posta a base della sospensione
deve presentare ai fini della concessione del trattamento di Cigo.
A parere di chi scrive, è sicuramente positivo l’orientamento di tipizzare le fattispecie che possono
incarnare una sospensione temporanea dell’attività, non imputabile a negligenza datoriale o dei
lavoratori, e che quindi presupponga una previsione attendibile di ripresa. Quello che però fa da
contraltare è l’oggettiva difficoltà di fare previsioni circa quella che forse, in termini di incertezza,
è la principale delle fattispecie controverse, e cioè quella legata a contrazioni produttive connesse
a crisi aziendali e di mercato. In questo caso, è fondamentale una disamina attenta e approfondita
della realtà imprenditoriale interna e di settore, volta a cogliere realmente la situazione in cui
versa l’azienda, al fine di valutare nella maniera più attendibile possibile la reale sussistenza degli
elementi di temporaneità, non imputabilità e fondata previsione di ripresa.
Come spesso avvenuto già in passato, anche ad opera di altre istituzioni e del Legislatore stesso
(si pensi in questo senso alla stretta sulle collaborazioni a progetto), il messaggio che sembra
trapelare tra le righe è quello di una più rigida vigilanza da parte dell’Istituto, volta a concedere il
sostegno della Cigo solo laddove le situazioni concrete e reali lo giustifichino.
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