Schede film discussi insieme 2010
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Schede film discussi insieme 2010
22 Lo spazio bianco Lo regia FrancESca coMEncini sceneggiatura FEdErica PonTrEMoli, FrancESca coMEncini fotografia lUca BiGaZZi montaggio MaSSiMo Fiocchi musica nicola TEScari interpreti MarGhEriTa BUy, Giovanni lUdEno, anTonia TrUPPo, GaETano BrUno FrANCESCA CoMENCINI nazione iTalia durata 96 1984 Pianoforte 19.08.1961 - Roma 2009 2006 2004 2001 1991 1988 lo spazio bianco a casa nostra Mi piace lavorare (Mobbing) le parole di mio padre annabelle partagée la luce del lago Lo spazio bianco 189 La storia In una Napoli lontana dai cliché Maria, quarantenne insegnante di italiano in una scuola serale, diventa madre di Irene, una bimba nata prematura. Maria dovrà percorrere insieme ad Irene lo spazio bianco, i due mesi cioè in cui la bambina rimarrà nell’incubatrice del reparto prematuri in attesa di sapere se riuscirà a crescere fino ad acquisire la capacità di respirare da sola. Questa attesa s’intreccia con i flash back dell’infanzia di Maria e le vicende della scuola serale. La critica Ispirato al bel libro di Valeria Parrella edito da Einaudi, il nuovo film di Francesca Comencini, lasciata nella Milano distrutta di “A casa nostra”, riporta una speranza. Quella ontologica, vera, primordiale della maternità con la storia esistenzial ginecologica di Maria, donna che partorisce al sesto mese di gravidanza una bimba e nell’attesa di sapere se vivrà, fa i suoi conti esistenziali, assenti (in)giustificati gli uomini; e ritrova verità di rapporti prima di tutto con se stessa. La Buy è strepitosa: noi le diamo la Coppa Volpi, la merita. Maurizio Porro, il corriere della Sera, 16 ottobre 2009 Maria (Margherita Buy) ha da tempo smarrito le illusioni. I suoi primi quarant’anni sono trascorsi senza lampi. La realtà è tra le luci basse di un doposcuola serale, annusando il profumo non sempre soave del quotidiano. L’amore somiglia a un passaggio a livello in disuso. La barriera si alza e si abbassa, al solo ritmo delle disperazioni concentriche. Da un incontro rubato alla malinconia, nasce un’inattesa creatura. Viene al mondo troppo presto. Non c’è certezza che ai suoi sei mesi, possa seguire un’esistenza. Da un bel romanzo di Valeria Parrella, Francesca Comencini non disonora il padre Luigi. “Lo spazio bianco”, il limbo tra ragione, desiderio e paura, si colora di verità ed emozione. Personaggi, volti, eccellenti prove minori. È l’insieme a convincere, quando sei nato non puoi più nasconderti ma prima di gioire, il contratto prevede clausole dolorose. Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano, 17 ottobre 2009 190 FILM Lo spazio DISCUSSI biancoINSIEME Destinataria a sorpresa di un premio del Movimento per la vita, Francesca Comencini, femminista, tre figli, politicamente molto di sinistra, ha spiegato nel riceverlo: «Sono per la vita anch’io, attraverso un percorso radicalmente opposto. Il Movimento combatte una battaglia che non è la mia. Eppure siamo entrambi dalla parte della vita». Discorso ragionevole, civile, che fa tutt’uno con il film per il quale è stata premiata: “Lo spazio bianco”, dal romanzo di Valeria Parrella. Margherita Buy, che si conferma attrice versatile, toccante, ormai affrancata dai cliché di amabile nevrotica, pure disponibile a spogliarsi, vi incarna Maria, un’insegnante di scuole serali a Napoli. Scopertasi incinta dopo un’avventura con un uomo già padre, decide di portare avanti la gravidanza da sola. Però Irene nasce prematura, così fragile da dover restare tre mesi nell’incubatrice: sospesa tra vita e morte. È questo “lo spazio bianco”, metaforico e reale insieme (il biancore del reparto ospedaliero popolato di mamme a metà), nel quale sprofonda la quarantenne. Una sorta di apnea passiva, un escludersi dal mondo, mentre allievi, amici, una giudice sotto scorta, anche un medico amoroso, provano a scuotere Maria da quel limbo snervante. Profondo quando pedina la sofferenza/insofferenza della protagonista, il film divaga nel ritratto di una certa Napoli marginale, sbanda nell’intermezzo onirico del balletto in corsia e certo non si avvantaggia di un uso scriteriato delle canzoni in inglese. Ma merita una visita per come tocca un tema così sensibile. Michele Anselmi, il riformista, 17 ottobre 2009 Una donna sola, per scelta, per indipendenza, per orgoglio, resta incinta di un nuovo amore, decide di tenere la bambina anche se lui ha già figli e la lascia, perché vista l’età potrebbe essere la sua ultima occasione e perché tanta solitudine forse inizia a pesarle. Poi ha un parto prematuro, la bambina viene messa in incubatrice, non si sa se sopravviverà né in che condizioni, si può solo aspettare e sperare. Così questa donna colta, battagliera, benestante e talvolta scostante, fiera del proprio lavoro in una città non facile come Napoli (insegna italiano a studenti-lavoratori), passa vari mesi sospesa in uno strano limbo, strappata alla sua routine, immersa nelle luci artificiali e nel gergo dei medici, costretta a reggere l’urto di un’angoscia senza rimedio insieme a persone cui nulla la unisce se non quella condizione assurda. Anche se proprio in questi mesi di “vuoto” scoprirà tempi e modi e rapporti personali di una ricchezza e una varietà mai sospettata prima. Tratto dal bel romanzo di Valeria Parrella (Einaudi), “Lo spazio bianco” di Francesca Comencini poteva cadere nel sociologico o nel dimostrativo. Invece una regia attentissima e inventiva, il montaggio che accelera e rallenta, sottolinea e nasconde creando continuamente pieni e vuoti, una Margherita Buy indurita e molto efficace, come tutto il cast, ci danno un quadro fedele, palpitante e come in soggettiva della “società liquida” in cui viviamo e di quell’incrinatura forse irrimediabile nei rapporti fra i sessi che è fra i dati più vistosi dei nostri anni. Con episodi allarmanti (l’irruzione della polizia in sala parto per rianimare a forza un feto abortito oltre i termini di legge) e impennate poetiche (la seduta di musicoterapia, con quelle puerpere così diverse riunite in una specie di danza) che allargano il campo e danno a ogni cosa un peso e un rilievo speciali. Come se il punto di vista femminile non coincidesse solo con la maternità ma con una visione più acuta e dolorosa dei torti, delle disparità sociali, della segregazione in agguato dietro un gesto, un’abitudine, una frase. E a forza di esporsi e andare verso gli altri, Maria/Margherita Buy è come se si imbattesse in un’altra se stessa. Scrutata dalla Comencini con lo sguardo complice e insieme intransigente che si riserva alle compagne o alle sorelle. Sullo sfondo di una Napoli quasi astratta che è uno dei dati più significativi di un film forte, azzardato, personale, da vedere e rivedere. Fabio Ferzetti, il Messaggero, 16 ottobre 2009 I commenti del pubblico da PrEMio GIorGIo vANottI Splendido ritmo narrativo, descritto con rapide pennellate. Superlativa la Buy. oTTiMo MArIA SANtAMbroGIo Brava, molto brava Margherita Buy! Comunque molto buona anche la regia. Un film veramente ben fatto. MArIA GrAzIA CAPASSo Interpretazione superba di Margherita Buy. Storia triste di una donna molto sola, poco realizzata, insicura, indecisa e quasi crudele nella sua sincertà, alla ricerca disperata di calore, affetto, amore. Nell’attesa, quasi come spettatrice più che come protagonista, si abbandona (allo spazio bianco) lasciandosi trasportare dagli avvenimenti finché un giorno, imparando ad amare, comprende come sia più appagante donare più che ricevere l’amore. ELENA CHINA-bINo Film poetico e drammatico. Un incubo durato tre mesi, ma che, durante il suo lentissimo svolgimento fatto di pochi avvenimenti, di pochi gesti, pare “senza fine”, l’unica canzone in sintonia con il film. Ho trovato fuori luogo tutte le canzoni in inglese. Bella la scena di Maria che cammina in una Napoli vuota (senza persone, senza auto, senza rumori) verso lo scioglimento di quell’incubo: Irene morirà o nascerà. La scena sottolinea il peso di quella solitudine dolorosa e angosciosa che accompagna quei tre mesi di attesa. Si legge pure una certa leggerezza nel procedere deciso verso la speranza. Bella la fotografia. Bravissimi tutti. Una citazione speciale per Margherita Buy, mai sopra le righe. roSA LUIGIA MALASPINA Spazio bianco come spazio di attesa, interiore, introspettivo, doloroso, di vite sospese, di quotidianità faticosa. Di cose non scelte ma che si portano avanti in attesa che succeda qualcosa, la vita come la morte e intanto si fanno i conti con il proprio vissuto, con le proprie mancanze, disperazioni, occasioni perse. E si conclude che si sbaglia sempre... Con lo sfondo aderente di una Napoli bellissima, fatiscente, decadente. Molto poetica, emozionante la danza delle mamme durante la seduta di musicoterapia, fatta di movimenti fluidi, dolci, che uniscono. Direi che è un film danzato per le movenze, le sospensioni, i colori lattiginosi. Bravissima Margherita Buy. PIErGIovANNA brUNI Un film misto di astrattismo, surrealismo, e realismo creativo. Attuale nel considerare il valore della vita all’infuori dei canoni sociali e del trascendente. Una regia innovativa volutamente schizofrenica che segna il passo col nostro vivere moderno nel bene e nel male. La corporeità di Maria (interpretata Lo spazio bianco 191 da urlo da Margherita Buy) ha uno spazio bianco in cui la maternità è obnubilata dal mistero della sopravvivenza di un fragile esserino incubato che cerca di nascere al di fuori del grembo materno. Tre mesi in uno spazio che è una specie di limbo in cui madre e figlia altro non sono che uno spaventoso interrogativo della nostra fragile esistenza. Le sequenze finali commuovono. Forse solo una donna può comprendere ciò che il calore di un corpicino vivo tra le braccia infonde in tenerezza e amore. Questo calore è l’appagamento dell’istinto materno sia umano che animale. Non tralasciamo però il fatto che esiste anche l’istinto paterno. Ormai, l’emozione per la nascita di un bimbo non è sempre condivisa da due individui di sesso diverso. Purtroppo c’è una disgregazione della famiglia e il gelo che si respira nel film con le sue luci artificiali è dovuto a questo: l’uomo moderno non vive più nei canoni ancestrali ma si vede vivere, proiettato nel futuro sempre più solo e chiuso in un inspiegabile egoismo. BUono ALESSANDrA CASNAGHI La sceneggiatura di questo film della Comencini propone, con precisione e molto equilibrio, una trama e un contenuto degni di attenzione perché insoliti. La realizzazione mi è parsa un po’ di maniera, con qualche siparietto familiare di troppo. CAtErINA PArMIGIANI Margherita Buy interpreta in modo superbo il ruolo di una donna nevrotica che scopre, dopo vari fallimenti sentimentali, l’affetto istintivo per la sua bambina: se non ci fosse lei con un’interpretazione così intensa il film evidenzierebbe con maggiore chiarezza i numerosi difetti: i troppi silenzi, le forzature simboliche, la frammentarietà di molte sequenze, i flash-back poco efficaci. Bella, come sempre, la “luce” di Bigazzi. MArIAGrAzIA GorNI Per raccontare questa “storia di vita” Francesca Comencini sa usare toni delicati, riuscendo a coinvolgerci nel profondo, aiutata da una intensissima Margherita Buy e da un montaggio sapiente. Qualche passaggio narrativo mi è parso meno 192 Lo spazio bianco riuscito, ad esempio il rapporto con il giovane medico, ma nell’insieme lo giudico un buon film. MIrANDA MANFrEDI Margherita Buy interpreta egregiamente la donna di oggi, nevrotizzata dalle sue scelte di vita. La solitudine diventa depressione, attutita da amori temporanei. Il lavoro d’insegnante per adulti semianalfabeti non è dei più soddisfacenti. Un’imprevista gravidanza e una difficile nascita prematura inseriscono nella vita di Maria un’attesa, che riempie gli spazi bianchi della sua esistenza. La regia del film è volutamente fatta di frammenti episodici, di giornate esasperate da attese, che vengono appagate da un sentimento materno, che prevale sempre, anche in una donna di oggi, stressata dalle sue scelte. Nello spazio bianco bisognerà forse inserire come prioritaria l’educazione dei figli, che hanno bisogno di una famiglia stabile e attenta. CArLA tEStorELLI Il film, essenzialmente monocorde e concentrato esclusivamente sull’angosciosa attesa della protagonista, costretta a partorire al sesto mese una bambina destinata a vivere nell’incubatore fino al momento di un suo possibile respiro autonomo o di una morte definitiva, ha un suo ritmo quasi ipnotico. In realtà, durante questa angosciosa attesa, lo spettatore assiste a una lenta evoluzione del carattere della madre, prima sicura e quasi sprezzante, poi lentamente conscia della realtà delle sue compagne di attesa, donne talvolta intelletualmente modeste, ma dotate di una grossa carica umana, che riescono a sorridere e a dare, nonostante la situazione. Con l’aiuto di una di queste modeste madri, l’attesa si fa meno dura, il sorriso appare talvolta sul viso della Buy, splendida protagonista, fino al momento della catarsi: un primo piano di una neonata sorridente. MArIA CrIStINA brUNI zAULI Una pellicola carica di significati, in cui si riflette sulla “attesa”, momento dell’esistenza ultimamente molto sottovalutato nella attuale società consumistica, fatta di fugaci quanto mai improvvise condizioni e di target a brevissimo spettro. La donna è protagonista nella sua solitudine, nella sua introspezione, nel suo desiderio tardivo di maternità che deve fare i conti con le aspettative deluse dalle verità biologiche, molto spesso tradite. Margherita Buy supera il suo personaggio/stereotipo nevrotico e lunatico verso qualcosa di più, un modello di donna single del duemila che decide inaspettatamente anche per lei, di eliminare il vuoto attorno a se stessa, di superare il suo egoismo attraverso un atto estremo comunque egoistico per il nascituro, quale la nascita di un figlio portata avanti senza partner/padre. Questo film nella sua descrizione della attesa di vita e nelle sue sequenze ripetitive e fisse, mi ha fatto pensare al film rumeno, “4 mesi 3 settimane e 2 giorni”, nell’attesa dell’aborto e della morte. Per entrambi vi è il dolore della maternità voluta e non voluta, legittima o illegittima, tardiva o precoce. Ci sono alcuni manierismi in questo film della Comencini, come nel precedente “Mi piace lavorare”, alcuni personaggi troppo calcati come la Giudice, l’impiegata dell’ufficio anagrafe, ma nel complesso è una opera interessante e che fa riflettere sul fatto che le paure di una madre che vede tutti i giorni il suo feto nell’incubatrice sono forse maggiori di quelle che una madre vive nel suo utero. La vista non tranquillizza: è la comunicazione che si ricerca e molto spesso manca anche con il personale medico. GIULIo KoCH Film di grande introspezione della protagonista, che appare la mattatrice: il resto dei personaggi è contorno, con qualche sussulto a tratti, come Gaetano, la Magistrata, il collega di Scuola e poco più. La regista vuole scavare dentro una donna di oggi che diventa inaspettatamente madre, che prima appare ricca di manie ossessive (fumo, lavarsi le mani, andare al cinema, mantenere un buon ordine nella sua vita ecc.) e poi, dopo la nascita in due fasi della figlia si scioglie e assume connotati più normali e promette a se stessa di cambiare, attraverso una lunga fase di gestazione. Accanto a lei è protagonista Napoli, nella sua versione più triste e nera, senza gioia e allegria, ma con enormi ricchezze naturali e altrettanto grandi problemi. Invece paradossalmente resta inespresso lo spazio bianco: non è protagonista la sala in ospedale, rimane appena accennato con Gaetano il giorno dell’esame, resta inespresso nelle scelte della Magistrata, nel modo in cui i dottori lo vivono, ma soprattutto non è ben rappresentato il processo di gestazione di Maria: sembra che le sue scelte siano abbastanza casuali, e che il suo travaglio sia piuttosto debole e forse un po’ finto: se questo voleva essere un punto importante, mi pare che l’obiettivo sia fallito. Debole la colonna sonora, ottima Margherita Buy, ma non tutti sono bravi gli attori, buona la sceneggiatura, con tante situazioni paradossali ma vere, buona la regia, anche se poteva far meglio. EDoArDo IMoDA Ma cos’è questo spazio bianco che dà il titolo al film di Francesca Comencini? Si è tentato di dare una risposta in sede di dibattito, ma non mi sembra, si sia giunti, almeno fino a quando vi ho partecipato, a una risposta univoca. Ma deve essere una risposta univoca o forse nel film sono lasciati allo spettatore spazio e tempo per pensare a una personale interpretazione dello spazio bianco. Spazio bianco può essere quello che sto riempiendo in questo momento facendo partecipi altri delle mie sensazioni. Lo spazio bianco nel film può essere quello rappresentato dalle tende che dividono ciascuna incubatrice da un’altra lasciando ogni storia alla propria intimità, anche proprio quando viene soppresso tirando le tende, a fare partecipi gli altri/le altre delle paure e delle speranze di ciascuna puerpera. Una Napoli non abituale fa da sfondo a queste storie parallele di marginalità dalla protagonista principale non più giovane, ma ancora alla ostinata ricerca di un amore in technicolor, al magistrato che, per scelte personali ideologiche, ha perso anche i collegamenti con la famiglia come marginali sono gli alunni della scuola serale, a tal punto che non trovano un’aula in cui studiare. Forse lo spazio bianco sta in ciascuno di noi che, come la protagonista, facciamo tutti da soli e forse a un certo punto della vita ci troviamo come l’alunno delle serali a dover inserire “uno spazio bianco” nella nostra vita perché ci è difficile coniugare il presente con il futuro, il nostro io con la società che vorticosamente ci gira attorno e ci impedisce di cogliere piccoli ed importanti momenti come quello unico di stringere fra le braccia una nuova creatura. Complessivamente un buon film con un’ottima attrice ma con molte, troppe chiavi di lettura che alla fine stordiscono non poco lo spettatore. diScrETo M. AUGUStA SCArPELLI bIzzArrI Molto brava la Buy. CArLo CHIESA Il film è fatto su misura per Margherita Buy (e ho detto tutto). Lo spazio bianco 193 ANNA CoLNAGHI Troppi problemi in un solo film. Spesso ripetitivo. L’argomento principale (il parto prematuro, la lunga attesa) è interessante e coinvolgente, ma con tutto il resto diventa quasi moralistico. Brava Margherita Buy. vIttorIo zECCA Un soggetto bello e forte, una interpretazione della Buy di elevato livello. Ma, complessivamente, un film prolisso, in alcuni aspetti superficiale e appesantito dall’abuso del primo piano come metodo per introdurci nei sentimenti e nei pensieri dei personaggi. FrANCA tAGLIAbUE Il film è nel complesso convincente e gli attori bravi. L’unico aspetto che non mi ha convinto è la frammentarietà del racconto, interrotto continuamente da flash-back, che ci stanno bene, ma potevano forse essere ridotti di numero per consentire una maggiore fluidità di narrazione. MEdiocrE ANNA LUCIA PAvoLINI DEMoNtIS Interessante il tema della sopravvivenza di una bambina nata prematura da una donna che è “sola”. Ma non il modo in cui è trattato. La vita di Maria è fredda, cupa. Anche l’attività della protagonista fuori dell’ospedale non muta linguaggio. E poi che senso ha il balletto delle sue compagne di sventura? Non mi è piaciuto. 194 Lo spazio bianco