I pazienti degli ambulatori oncologici accolti tra vecchiume e incuria

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I pazienti degli ambulatori oncologici accolti tra vecchiume e incuria
SANITA’
L’arredo e le strutture «antiche» quanto l’ospedale, altro che igiene e decoro
La faccia brutta del Goretti
I pazienti degli ambulatori oncologici accolti tra vecchiume e incuria
DI PIERFEDERICO PERNARELLA
ettete che abbiate un famigliare che debba effettuare una vista presso gli ambulatori di oncologia del
«Goretti», padiglione «Porfiri».
Bene, se un giorno doveste trovarvi in questa situazione, una precauzione è d’obbligo: bendarsi gli
occhi. Perché la sanità, all’ospedale del capoluogo pontino, anche laddove operano valenti professionisti, è una brutta sanità.
Brutta da vedere, brutta da toccare, brutta da starci. Ecco quello
che abbiamo visto, anzi quello
che non avremmo mai voluto vedere, soprattutto in luogo frequentato da pazienti malati di tumore. Il nostro viaggio inizia in
un luogo fuori dal tempo e dallo
spazio: l’ascensore. Un non-luogo. Il design rimanda al Paleolitico, mentre il pannello dei pulsanti
sembra una specie di gioco della
Settimana Enigmistica - «Indovina il piano giusto» - e funziona più
o meno così: il piano 2 è il piano
3; il piano 2 è il piano 1; il piano
1 è il piano 0 da una parte e terra
dall’altra; il piano 0 è il piano -1.
Alla fine ce la facciamo ad orientarci e arriviamo a destinazione: il
piano 1 uno che sarebbe il piano
zero, insomma avete capito. Usciti dall’ascensore, ce ne troviamo
di fronte un altro. Quello utilizzato per il trasporto delle barelle. In
basso a sinistra la plastica protettiva è stracciata. Ma la vera chicca
sta al fianco. Una porta arancione,
M
ALCUNE IMMAGINI DELL’ARREDO E DELLE STRUTTURE
DEL PADIGLIONE PORFIRI DELL’OSPEDALE «GORETTI»
DOVE SI TROVANO GLI AMBULATORI ONCOLOGICI
con la maniglia rotta rattoppata
con garza e cerotto. Ci sembra
giusto no, siamo pur sempre in un
ospedale. Andando avanti l’assedio di vecchiume e incuria continua a non lasciare scampo. Figuriamoci i pazienti. Già, i pazienti.
Latina Oggi
Domenica 8 Settembre 2013
Oncologici. Aspettano tutti il proprio turno in un corridoio angusto,
lungo circa quattro metri, largo la
metà. Nell’ora di punta scoppia di
gente. L’aggeggio rosso, lo stesso
utilizzato nei supermercati, è senza numeretti. Si fa come facevano
gli antichi: «Chi è l’ultimo?».
Chissà se funzionano i pulsanti
dei campanelli all’ingresso delle
stanze mediche vecchi quanto il
«Goretti». Non c’è più una sedia
libera: le più comode sono quelle
in plastica, ai più sfortunati toccano delle panchinacce in legno,
dure e scomode come la pietra.
Nel corridoio c’è una statuetta di
Maria Goretti. Messaggio subliminale: non resta che appellarsi
PARADOSSI DI STATO
NEI BAGNI NON C’È UN LAVANDINO,
LA ASL IN CASA SUA NON RISPETTA
NEMMENO UNA DEL MILIONE
DI REGOLE CHE PRETENDE
FAR RISPETTARE AGLI ALTRI
alla Santa? Consigliabile. Fuori
nell’atrio c’è un’altra panchina
con le sedie di plastica. In mezzo
a questo marasma, è un via vai di
gente diretta verso altri ambulatori e reparti. Ogni tanto passa anche una barella con un paziente
appena operato. L’attesa può durare anche ore, per i pazienti in
attesa non c’è alcuna clemenza.
Zitti e seduti in questo buco con
l’arredo che neanche l’ultima sala
la galleria
COSE INCREDIBILI
UNA PORTA RATTOPPATA
CON I CEROTTI E QUALCHE
TERMOSIFONE È GIÀ ACCESO
d’attesa dell’ultimo stazione
dell’ultimo paese. Buon viaggio.
Un viaggio che, così come era
iniziato, continua. Al di fuori del
tempo e della civiltà. Le pareti
non conoscono una mano di vernice dal tempo che fu. Gli angoli
delle porte sono state rattoppate
con la calce lasciata a vista, quando però non sono state lasciate
sgretolate. C’è la rampa dei disabili e pare un miraggio, ma sul
muro l’etichetta «poliambulatori»
è stata staccata e appoggiata su un
termosifone. Poco distante c’è un
altro termosifone: scotta. Prove
tecniche per l’inverno che verrà,
quando i termosifoni puntualmente non funzioneranno? Dobbiamo andare al bagno. Auguri.
Su un lato c’è un cestino per
l’immondizia di quelli che non si
usano più nemmeno nelle fabbriche. Qualche volenteroso ha vergato la scritta «W.C.» sulla porta
del bagno con un pennarello. A
terra è appoggiato il cartello giallo
«attenzione è bagnato». Ma è stato davvero lavato il bagno? Non si
direbbe, ma questo è l’ultimo dei
problemi. Prese della corrente e
interruttori non ci sono più, senza
e con i fili a vista. Tutte e tre le
porte sono uscite fuori quadra e
non si chiudono più. Al bagno
tocca andarci con il «palo». E
tutto il resto. Ovviamente. In nessuno dei tre c’è un porta carta
igienica intatto, anche perché della carta igienica nemmeno a parlarne. I soffitti sono visibilmente
rovinati dalle infiltrazioni. I calcinacci cadono e non cadono. E non
c’è un lavandino. Proprio così,
non c’è un lavandino. La Asl, ente
preposto al controllo dell’igiene,
in «casa sua» non rispetta nemmeno una del milione di regole
che pretende far rispettare agli
altri. E non è soltanto una questione di forma, ma anche di sostanza,
di principi, anzi del principio,
l’unico che dovrebbe valere in un
ospedale: il rispetto del paziente.
Per dove e soprattutto come viene
accolto. Perché non ci potrà mai
essere una buona sanità fino a
quando continuerà ad essercene
una brutta.
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