La ghigliottina

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La ghigliottina
SCIENZAeTECNICA
La ghigliottina
Lo strumento della
ghigliottina
«Il supplizio che ho
inventato è così dolce
che, se non ci
aspettassimo di
morire, non
sapremmo cosa dire e
crederemmo di aver
sentito sul collo una
leggera sensazione di
freschezza...». Queste
le parole del dottor
Guillotin dinanzi
all’Assemblea
nazionale.
Nel marzo del 1847, la ghigliottina, per la prima volta dalla sua introduzione (1792), rischiò di non essere utilizzata per eseguire una condanna capitale. Quando il 17 di quel
mese il procuratore generale di Parigi ordinò al boia della città di eseguire una nuova
condanna, il magistrato esterrefatto si sentì rispondere dal carnefice, Henry-Clément
Sanson, ultimo esponente della famiglia che aveva ricoperto quella carica onorevolmente dal lontano 1688, che il suo abituale strumento di lavoro si trovava momentaneamente pignorato da un creditore! Henry-Clément, subentrato al padre nel 1840 come boia di Parigi, con la sua condotta di vita dissoluta, aveva rapidamente dilapidato l’intero patrimonio familiare, finendo per impegnare i propri «arnesi» da lavoro. Al coscienzioso guardasigilli non restò che riscattare la preziosa macchina, estinguendo il debito contratto dal boia, che fu immediatamente rimosso dal suo incarico.
In realtà, fin dalla sua introduzione, risalente agli anni della rivoluzione francese, la ghigliottina aveva ridimensionato il ruolo del boia, che aveva perso la sua antica aura di temibilità e sacralità. L’uomo incappucciato, armato di ascia e dai muscoli possenti, che fino a quel momento aveva eseguito le condanne a morte sulla pubblica piazza in nome
del re e di Dio, tra le urla del condannato che risuonavano all’aperto e il sangue di questi che gli schizzava addosso, insudiciando la sua figura imperturbabile, mentre gli spettatori assistevano inorriditi, era stato relegato ad una funzione secondaria. Non più responsabile diretto dell’uccisione del condannato ma semplice appendice di una macchina anonima, che uccideva le sue vittime in serie, senza nessun personale coinvolgimento emotivo e umano. In questo senso la ghigliottina era uno strumento «democratico», perché uccideva tutti i condannati nello stesso identico modo, in maniera istantanea e, si sosteneva, senza particolari sofferenze fisiche. Un taglio secco e preciso, non più
affidato alla mano incerta dell’uomo, provocato da una lama affilata e pesantissima lasciata cadere da una determinata altezza sul collo del condannato, facendone saltare la
testa di netto, senza provocare dolore. Queste sono le ragioni per cui Joseph-Ignace Guillotin, professore d’anatomia all’Università di Parigi e deputato all’Assemblea degli Stati
generali, ne aveva perorato l’introduzione già nel 1789. Malgrado il suo ostinato rifiuto,
Guillotin era destinato a dare il suo nome a questo nuovo strumento di morte. A realizzare materialmente la
ghigliottina furono però
il medico Antoine Louis
(e perciò fu detta anche
Lo uiso n) e il costruttore
di strumenti musicali e
falegname di origini tedesche Tobias Schmidt.
La macchina dapprima
fu sperimentata con la
decapitazione di alcune
pecore, poi si passò ai cadaveri e infine ai condannati a morte. Nel marzo
del 1792, infatti, l’Assemblea legislativa ne decideva l’adozione per l’esecuzione delle condanne capitali. Quando il 25 aprile dello stesso anno la
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ghigliottina entrò per la prima volta in funzione per decapitare tale Nicolas Jacques Pelletier, essa non appariva come un simbolo di crudeltà e barbarie. Costituiva anzi il punto di arrivo di un lungo dibattito, animato da illuministi e riformatori, che si erano scagliati contro gli strumenti di tortura e gli innumerevoli supplizi normalmente adoperati
per accrescere le sofferenze di quanti erano incorsi nelle maglie della giustizia. Squartamenti, tagli della mano, marchiature a fuoco, eseguite pubblicamente a scopo di monito, caratterizzavano il vasto panorama delle punizioni inflitte dal carnefice, il cui ruolo
di esecutore della volontà regia per diritto divino ne faceva una delle strutture portanti
dell’ancie n ré gime .
La ghigliottina invece si presentava come uno strumento di morte più moderno, capace di risparmiare inutili sofferenze al condannato. Non tutti però la pensavano così.
Alcuni medici sostenevano che la morte celebrale sopraggiungeva soltanto alcuni
minuti dopo l’esecuzione, a causa della maggiore irrorazione sanguigna del cervello
provocata dall’intensa emozione dovuta alla paura; a tal riguardo, c’era chi sosteneva
di aver visto teste che continuavano a ruotare gli occhi con espressione di terrore per
alcuni istanti dopo la decapitazione.
Ciò nonostante, dopo la rivoluzione francese la ghigliottina continuò ad essere utilizzata per lungo tempo e in molte nazioni. Nel corso del XX secolo, ad esempio, nella
Germania nazista furono eseguite con questo strumento oltre 10.000 sentenze di morte, mentre in Francia, dove la pena di morte è stata abolita soltanto nel 1981, essa fu
impiegata fino al 1977.
Oggi per somministrare la morte ai condannati si ricorre ad altri strumenti: in Cina la
fucilazione resta ancora il metodo più diffuso, mentre negli Stati Uniti la sedia elettrica e l’iniezione letale vengono considerati, come un tempo la ghigliottina, un modo
«civile» di togliere la vita a un essere umano.
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Pierre Antoine de
Machy, «Esecuzione
capitale sulla Place de la
Révolution», 1793
[Musée Carnavalet, Parigi]