Parigi, o cara! (G. Verdi, la “Traviata”, atto III)

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Parigi, o cara! (G. Verdi, la “Traviata”, atto III)
Editoriale del Presidente Nazionale
Parigi, o cara! (G. Verdi, la “Traviata”, atto III)
L
a notte del 13 novembre scorso (ma guarda un
po’, un venerdì), gruppi coordinati di terroristi,
al grido di “Allah u akbar” (Dio è il più grande)
hanno messo a ferro e fuoco Parigi, colpendo non a
caso, come qualcuno si è subito affrettato a dichiarare, ma secondo uno schema ben preciso e con una
pratica dimostrazione di pianificazione ed addestramento militare. Sono stati colpiti simboli della nostra
civiltà, del nostro modo di vivere e di convivere. Un
teatro, dove era in corso un concerto rock, lo stadio
dove si stava svolgendo una partita di calcio, un ristorante dove giovani e coppie stavano trascorrendo la
serata. Simboli, dicevo, del nostro costume, quello
che a loro, ai terroristi islamici, proprio non va giù,
simbolo del nostro modo di intendere la vita (e della
corruzione dei costumi, secondo loro). La nostra libertà, il nostro modo di vivere sono il risultato di secoli di storia, di evoluzione continua del modo di pensare, della irrevocabile separazione fra ambito civile
ed ambito religioso. Ricordate? “Dal dì che nozze e tribunali ed are …” (Ugo Foscolo, Dei sepolcri) pensiamo sia giusto che ognuno abbia diritto di pensarla come vuole, ma altrettanto giusto è che se tu vieni a casa mia devi rispettare il mio stile, il mio modo di concepire la vita. Perché questo è il frutto della vita e dell’impegno di generazioni di miei antenati, dei miei
nonni e padri. A casa mia ci si comporta così (un proverbio inglese recita: a Roma fai come fanno i romani). Se non ti sta bene, sei libero di (ed invitato a) tornare a casa tua. Qui da me sei libero di circolare, pensare e vivere in santa pace,
anche non pensandola come me. Qui puoi mantenere il tuo credo, pregare come e chi vuoi. L’unico vero discrimine è che non accetterò mai che tu voglia ed agisca per sopraffare il mio mondo, per distruggerlo nel nome di un fanatismo e per sostituirlo
con il tuo. Vieni pure da me, vivi pure accanto a me,
ma a patto che tu rispetti le regole che qui vigono, parli la mia lingua, accetti e condividi la mia storia, le mie
leggi, i miei costumi. Qui sei tu l’ospite, non io, e gli
ospiti hanno i loro diritti (in primis quello di essere accolti con cortesia) ma hanno e devono accettare di assolvere ai loro doveri. Perché allora quando vieni tu
da me vuoi ostentatamente andare a volto coperto
quando le mie leggi impongono il volto scoperto, perchè
non vuoi lasciarti identificare con le impronte digitali, quando tutti noi, cittadini europei, riportiamo le impronte sui nostri documenti? Le nostre donne sono libere di indossare la minigonna o la canottiera, i pantaloncini o i fuseax, noi non imponiamo che anche le
tue li indossino, ma pretendiamo rispetto per le nostre scelte ed il nostro modo di vivere. Noi abbiamo lo
stato laico e la libertà di religione, di opinione, di
stampa, abbiamo maggioranza e minoranza, entrambe con diritto di esprimersi e di fare propaganda. Noi
adeguiamo le leggi alle necessità della società, al modo di vivere, alla tecnologia, all’evolversi del sentire e
del costume. Se tutto questo a qualcuno non va, non
è chiaramente accettato, qui non può trovare posto.
Cosa fare allora? Abbiamo leggi democraticamente
accettate e condivise ma non possiamo continuare in
eterno a trattare secondo queste leggi chi le medesime non solo non accetta ma combatte. E pensare che
chi reclutava ed addestrava terroristi a Merano aveva
da noi, da tutti noi, ricevuto asilo politico, un alloggio
ed un sussidio, viveva cioè grazie a noi ed alle nostre
leggi ed alla nostra solidarietà! A Parigi, abbiamo offerto l’altra guancia, ne abbiamo solo due, non una di
più. Prima che si scateni un’ incontrollata ed ingiusta
xenofobia, distinguiamo il grano dal loglio ed estirpiamo il loglio. Se poi questa pianta invasiva ed infestante continua a infiltrarsi nel campo di grano, allora abbiamo tutti i diritti di estirparla ed andare ad
estirparla ovunque si trovi, prima che i suoi semi si
espandano e divengano incontrollabili. Non possiamo più aver timore di andare a teatro o allo stadio perché non siamo sicuri di ritornarne vivi! Le garanzie costituzionali devono essere assicurate ai cittadini perbene, non a coloro che non condividono le leggi ed
anzi ne approfittano per cercare di destabilizzare col
ferro e col fuoco, la nostra vita. Questo vorrei dire in
memoria di quelle centinaia di giovani vittime di Parigi, di null’altro colpevoli se non di voler vivere alla nostra maniera, uscendo la sera per una cenetta o per
un concerto rock o per una partita di calcio (per ironia
della sorte, amichevole): mai più. D’altra parte, come
dicevano i nostri padri romani, “vim vi repellere licet”
ossia è lecito respingere la violenza con la violenza.
Dedicato a Valeria Solesin nnn