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PREvisioni a cura di Arianna Dagnino, Stefano Gulmanelli, Giordano Stabile GLOBALIZZAZIONE Sommersi da orde di teleturisti (ignoranti) D i teleturismo si può gioire o perire. Le «migrazioni» di turisti sulle tracce di luoghi e personaggi di film di successo (vedi l’effetto Codice da Vinci) non è una novità ma oggi il fenomeno sta estendendosi anche alle fiction televisive, sia italiche (Carabinieri e Il Commissario Montalbano) che straniere, (l’inglese Heartbeat o la francese Dolmen). Con effetti contrastanti. Se in alcuni casi l’impatto di tali produzioni è positivo quanto a visibilità e indotto economico-occupazionale, in altri ne risulta danneggiata l’identità storico-culturale delle comunità locali. Come s’intuisce dal commento, al limite della discriminazione turistico-antropologica, di un operatore di Città della Pieve: «Il turismo che arriva per Carabinieri è di bassa lega. È gente che viene per farsi fare la foto con gli attori. Mentre qui abbiamo il Perugino!». Uno studio commissionato dalla BIT (Borsa Internazionale del Turismo) a Luoghi & Locations (Centro Studi sui rapporti tra audiovisivo e territorio, www.luoghielocations.net) ha evidenziato i vari rischi che le comunità possono correre nel farsi trasformare in location tivù. Come nel caso della serie Heartbeat, grazie a cui le presenze turistiche a Goathland – villaggio gioiello del Parco nazionale di North York Moors e set della fiction – sono passate in poco tempo da 200mila a 1,5 milioni di individui l’anno, creando non pochi attriti con i locali. Da qui il monito-consiglio di Sue Beeton, studiosa di questo tipo di fenomeni: «Prima di decidere se accettare di “finire in tivù”, le comunità devono valutare non solo i benefici, ma anche i fattori che nel lungo periodo possono distruggere il tessuto di una comunità».. NUMERI DAL MONDO 300.000 tonnellate di sacchetti di plastica prodotti ogni anno in Italia (www.edizioniambiente.it) milioni di tonnellate di carne che saranno prodotte nel 2050 (dai 229 del 2001) (Fao) 465 130.000 km di ferrovia cinese (1/3 del totale) che nel 2020 saranno percorsi da treni a 250 kmh (Ministero Ferrovie Cinese) Le tonnellate di rifiuti domestici prodotte giornalmente a New York (NY Dept of Environmental Conservation) 13.000 ALIMENTAZIONE Mangeremo all’aborigena U n popolo fra i più antichi della Terra non poteva mancare all’appello delle mode gastronomiche legate a filo doppio con il cibo d’impronta etnica. E così Mark Olive (sopra), chef e membro della tribù aborigena dei Bundjalung, ha deciso di re-interpretare ricette e sapori della tradizione di famiglia a uso e consumo dei palati europei, giapponesi e australiani (bianchi). Olive – celebre in patria per aver condotto il primo show tivù sulla gastronomia aborigena (The Outback Café, www.theoutbackcafe.com) – è diventato ambasciatore dei sapori del bush di marca Ozzie che presenta in tour nelle capitali del mondo. «Mi ha aiutato avere come maestro uno chef italiano», racconta Olive, che non a caso ama far provare i mix di erbe aromatiche dell’outback intingendole nell’olio di oliva e servendole su fette di pane in versione bruschetta. È così che propone infusi di semi di mimosa arrostiti, mirto d’anice (dal vago sapore di liquirizia), «prezzemolo di mare» (foglie essiccate e tritate di Apium prostratum, un arbusto che cresce vicino al mare) e salse di pomodoro selvatico con cui arricchire piatti di pesce (barramundi) e carne (canguro, emù, agnello, pollo) alla griglia. L’iniziativa di Olive non è solo gastroLA FRASE nomica: i proventi della vendita online delle spezie indigene vanno infatti alle comunità aborigene, che hanno iniziato a coltivare le erbe aromatiche per Il giornalismo soddisfare i gusti di una clientela inter- è solo una prima nazionale. Il tutto mentre i giovani abo- stentata bozza rigeni trovano nella figura del primo della Storia loro chef un modello di riscatto e un Geoffrey Ward, scrittore e storico motivo di orgoglio identitario. SPECCHIO | 25 PREvisioni AMBIENTE Torniamo ai motori a elica (inquinano meno) SCIENZA Studiare le salamandre per far ricrescere gli arti È uno dei pochi vantaggi evolutivi che gli anfibi hanno sui mammiferi: poter rigenerare arti persi per traumi o amputazioni. Ma un paio di team di scienziati sta cercando di capire se è possibile mettere gli umani in pari con salamandre e tritoni ( e rettili come le lucertole). Il progetto vede due Università, la Tulane e il McGowan Institute for Regenerative Medicine dell’Università di Pittsburgh, studiare il modo di mettere in condizione un mammifero di produrre un blastema (massa di cellule che si de-differenziano, regredendo allo stadio di staminali per ricreare quanto serve) che funga da base per la rigenerazione. Il primo passo dello studio (finanziato con 9 milioni di euro da Darpa, l’agenzia per la ricerca a scopi militari del Pentagono) è quello di riuscire entro il 2010 a far ricrescere un dito amputato a una cavia da laboratorio. Se anche il progetto non riuscisse a centrare l’obiettivo pieno prefissato i benefici sarebbero comunque notevoli. «Faremo certamente un enorme passo in avanti nelle tecniche di rigenerazione dei tessuti e cicatrizzazione delle ferite», sottolinea Ken Muneoka della Tulane University. Ma l’eventualità del fallimento appare quantomeno improbabile a un altro degli scienziati coinvolti nella ricerca, il dottor Stephen Badylak del McGowan Institute: «Siamo capaci di far crescere in nove mesi un essere umano intero», chiosa scherzando ma non troppo Badylak: «Fare altrettanto con un arto dovrebbe essere uno scherzo». MEDICINA Dall’alito si vede se hai il cancro U n test dell’alito non per verificare il tasso alcolico di chi ha alzato un po’ troppo il gomito ma per scoprire il prima possibile un eventuale tumore ai polmoni. Gli scienziati della Cleveland Clinic hanno messo a punto un kit di analisi capace di individuare i cambiamenti indotti dall’insorgenza di un tumore ai polmoni nella produzione corporea di composti organici volatili. Il kit – che si è dimostrato in grado di individuare tre volte su quattro i malati di cancro al polmone esaminati – verte su di un sensore chimico cromatico, facile da usare, di dimensioni ridotte (come una moneta da due euro) e soprattutto assai poco costoso. SPECCHIO | 26 L’ aviazione civile brucia ogni anno circa 130 mila tonnellate di kerosene, producendo più di 300 milioni di tonnellate di anidride carbonica. In rapporto alle emissioni totali di gas serra, la fetta dovuta ai viaggi in aereo è ancora piccola (poco più del 2 per cento), ma è in crescita fortissima. Il New Scientist ha calcolato che a questo ritmo le emissioni saliranno a 1 miliardo e 500 milioni Pullman nel 2050. L’aereo è il mezzo di trasporto più inquinante (a 29 kg destra, le emissioni per passeggero a km un tragitto di 700 chiTreno lometri), ma c’è anche uno scenario più ottimistico. Sterzando con decisione verso 36 l’innovazione tecnologica, la kg crescita delle emissioni dell’aviazione civile potrebbe Auto piccola cilindrata essere contenuta in 200 milioni di tonnellate di ani44 dride carbonica all’anno. I kg progetti non mancano e puntano soprattutto sull’aerodiAuto grossa cilindrata namica, per ridurre al minimo l’attrito e quindi i consumi, e su nuovi tipi di 143 kg motori, meno dispendiosi. Un ingegnere aeronautico Aereo dell’Università di Cambridge, Cesare Hall, ha proposto addirittura di tornare alla 170 kg propulsione a elica, una tecnologia che aveva raggiunto i suoi limiti fisiologici alla fine degli anni Quaranta. Oltre certe velocità, infatti, le turbolenze indotte dalle eliche rendono possibile ulteriori miglioramenti. Ma l’open-rotor proposto da Hall (sopra) potrebbe spingere un grosso aeroplano fino a 675 chilometri all’ora, con un risparmio del 30 per cento di carburante. m !"#$ H H 4 PREvisioni SCOPERTE Piero Bianucci Balene e neutrini spiati negli abissi L’ SPECCHIO | 28 DOMANI Ma chi comanda in Rete? Q ual è la legge vigente nei mondi paralleli del cyberspazio quali Second Life o World of Warcraft? Qual è la pena da infliggere se un avatar ne attacca un altro, senza che questo sia lo scopo del gioco in cui ci si trova? E come si disciplina il commercio - con soldi del tutto reali - di oggetti e strumenti del tutto virtuali che hanno vita e funzione solo all’interno dei cybermondi? Domande come queste – astruse per chi non ha familiarità con le comunità virtuali sempre più sofisticate sviluppatesi sul Web – stanno divenendo talmente pressanti che sempre più spesso accademici e giuristi si riuniscono per trovarvi una risposta. Come nel caso del recente simposio State of Play (intrigante gioco di parole: Stato del Gioco) tenutosi alla New York Law School. Per tutti i relatori il punto di partenza è stato che, per quanto agli editori dei mondi virtuali e ai loro frequentatori piaccia pensarlo, i cybermondi non sono né possono essere mondi a sé, perlomeno dal punto di vista della vigenza della legge. Ma dire che la legge in vigore è quella dello Stato non sposta il problema: anche per la difficoltà di comprensione del fenomeno da parte del legislatore, le leggi oggi esistenti hanno applicabilità quasi nulla nei mondi virtuali. Di qui la conclusione – in parte sconsolata – del simposio: per le dispute fra gli editori dei mondi virtuali e i membri degli stessi i Tribunali «in carne e ossa» possono essere di un qualche aiuto, trattandosi in questo caso di materia soprattutto contrattualistica; per le contese che dovessero sorgere fra i giocatori o i residenti, non resta che l’autosufficienza e il ricorso a quel mix di regole e convenzioni sociali che da sempre governa la frequentazione dei luoghi dell’oltre-Schermo. IL DATO Dolce, carissima casa Fonti: The Economist ▼ Rallenta la crescita dei prezzi negli Stati Uniti, mentre in Gran Bretagna sembra riprendere la corsa. Vanno giù i mercati tedesco e giapponese Variazione 2005-6 Variazione 2005-6 4° trim. 3° trim: ’97-’06 4° trim. 3° trim: ’97-’06 Irlanda 23,3 18,7 115 Stati Uniti 7,7 12,7 110 Sud Africa 12,7 20,7 327 Italia 6,6 7,3 88 Francia 12,5 15,5 127 Cina 5,4 5,5 np Belgio 11,8 20,0 118 Svizzera 2,0 0,8 16 Spagna 10,8 13,4 173 Germania -0,8 -1,3* -1# Gran Bretagna 9,6 2,7 192 Giappone -2,7 -5,4 -32 * 2004 #1997-2005 ▼ obiettivo finale è studiare i neutrini ad alta energia in arrivo dal centro della galassia stando ben nascosti in fondo al mare, dove non arriva il rumore di fondo dei raggi cosmici. Ma nell’attesa i fisici hanno offerto le loro strutture ai biologi, e subito ne è uscita una scoperta interessante: i capodogli del Mediterraneo sono molto più numerosi di quanto si pensasse. La scoperta, dunque, è anche una buona notizia. L’esperimento dell’Istituto nazionale di fisica nucleare si chiama Nemo e ai profani può sembrare folle. Occuperà un chilometro cubo di mare a 3.500 metri di profondità e a 80 chilometri da Capo Passero (Siracusa). In quello spazio si leveranno dal fondale marino 80 torri alte 750 metri, che nell’insieme sosterrano 5.000 sensibilissimi rivelatori di luce. Ma negli abissi non regna il buio? Certo. Ma il passaggio di particelle nucleari che viaggiano a velocità superiore a quella con cui si propaga la luce nell’acqua crea minuscole tracce luminose che i sensori ottici riusciranno a individuare. Le particelle atomiche in questione sono muoni, a loro volta generati da neutrini provenienti dallo spazio. Questi ultimi, prodotti in quantità industriale quando collassano stelle di grande massa, di per sé sono difficilmente identificabili. I muoni però faranno da tracciante, perché si muovono nella stessa direzione del neutrino che li ha generati. Sarà come quando deduciamo che c’è un’auto vedendo due fari correre nella notte. Per ora si è costruito al largo di Catania solo un piccolo modulo di Nemo per mettere a punto la tecnica. Lì i biologi del Centro interdisciplinare di bioacustica dell’Università di Pavia hanno sistemato degli idrofoni e con essi hanno potuto ascoltare i caratteristici schiocchi che i capodogli emettono quando si immergono: ne passa in media uno ogni due giorni, mentre si pensava di osservarne un paio al mese. Spiare i neutrini, sarà più difficile. PREvisioni TECNOLOGIA Da un pallone l’energia del vento G alleggia» in aria per meglio intercettare i venti propizi e ricavarne energia. L’Air Rotor – sviluppato dall’azienda canadese Magenn Power (www.magenn.com) – è in pratica un pallone aerostatico che sorregge una turbina in grado di catturare l’energia eolica per poi inviarla (tramite il cavo che la ancora a terra) a un trasformatore che la traduce in elettricità. A tenere sospesa la turbina ci pensano da un lato l’elio con cui è riempito l’involucro in cui è inserita la turbina e dall’altro il cosiddetto effetto Magnus, vale a dire una spinta verso l’alto derivante dal movimento rotatorio dell’oggetto. Il costo dell’elettricità prodotta con l’Air Rotor è ben più basso di quello dell’eolico tradizionale, data l’assenza dei costi di costruzione delle torri di sostegno e per la possibilità di spostare (o alzare) la turbina per meglio sfruttare i venti. I primi modelli, per uso residenziale, saranno sul mercato quest’estate: produrranno 4 kW e costeranno circa 8.000 euro. LAVORO Sopravvivere alle iene È il sogno di ogni uomo o donna d’azienda: avere colleghi capaci di comportarsi decentemente. Vale a dire rispettosi di regole che recitano: «Avrò considerazione degli altri e ascolterò i loro pareri»; «riconoscerò i meriti di tutta la squadra se si vince e non la butterò alle ortiche se si perde»; o ancora «comunicherò le informazioni in modo leale e trasparente». È proprio a una serie di regole simili che i dipendenti di un numero crescente di aziende americane (una fra tutte: la SuccessFactors, specializzata in software gestionale per lo sviluppo di talento e performance) debbono prestare giuramento per essere assunti. Come peraltro prescrive il manuale di Robert Sutton (professore di Scienze dell’organizzazione aziendale alla Stanford Engineering School) diventato un bestseller della letteratura business: The No Asshole Rule: Building a Civilized Workplace and Surviving One That Isn’t (La regola antistronzo: costruire un luogo di lavoro civile e sopravvivere a uno che non lo è). Ma, a dispetto di decaloghi e impegni solenni, le regole non vengono comunque rispettate, notano con amarezza diversi dipendenti di SuccessFactors e altre aziende con «giuramento incorporato». È per questo che lo stesso Sutton ha elaborato insieme ai ragazzi di Electric Pulp (una web agency dinamica e spregiudicata) un test di auto-analisi disponibile online (http://electricpulp.com/guykawasaki/arse/ per scoprire quanto si è s… sul lavoro. Fra le domande cui va risposto «vero» o «falso» ce n’è una particolarmente infida: «Vi capita di gioire segretamente vedendo i colleghi soffrire e andare in difficoltà?». A chi legge l’amara sentenza. ARCHITETTURA LA FRASE Luminoso dentro quanto lo è fuori L a luce è quella naturale, entra da un soffitto trasparente che funge da prisma e ne smorza l’effetto abbagliante per poi venir diffusa in tutte le stanze dei dodici piani dell’edificio grazie a batterie di specchi sospesi che un computer tiene costantemente orientati verso il sole. È così che lo studio Behnisch Architekten (con sede a Venice in California, www.behnisch.com) ha concepito l’illuminazione del Genzyme Centre a Cambridge, sede dell’omonima azienda biotech e delle quasi mille persone che vi lavorano. L’effetto è quello che l’interno dell’immobile – al centro del quale c’è un enorme atrio cavo che oltre a permettere i «giochi di specchi» riflettenti agevola il ricambio d’aria – è luminoso quasi quanto l’esterno. Il che si traduce in costi per il consumo di energia elettrica quasi dimezzati. Ma soprattutto in un’atmosfera complessiva assolutamente «innaturale» per un posto di lavoro. SPECCHIO | 30 Quando la tecnologia ci porta a poter istantaneamente condividere con altri ogni sensazione, nasce una nuova dipendenza. Quella per cui abbiamo bisogno degli altri anche solo per avere una sensazione Sherry Turkle, autrice de La vita oltre lo schermo (Apogeo, 1997)