le novelle della nonna» di emma perodi tra prospettiva pedagogica

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le novelle della nonna» di emma perodi tra prospettiva pedagogica
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA
CORSO DI LAUREA TRIENNALE IN LETTERE MODERNE
TESI DI LAUREA IN
ISTITUZIONI DI LETTERATURA ITALIANA
«LE NOVELLE DELLA NONNA» DI EMMA
PERODI TRA PROSPETTIVA PEDAGOGICA E
CARATTERE POPOLARE
Relatore:
Laureanda:
Chiar.ma Prof.ssa Laura Melosi
Valentina Fabbri
ANNO ACCADEMICO 2013-2014
INDICE
INTRODUZIONE ....................................................................................... 3
CAPITOLO 1
EMMA PERODI: VITA, CARRIERA ED OPERE .................................... 5
1.1 Premessa .................................................................................................. 5
1.2 Cenni biografici ....................................................................................... 7
CAPITOLO 2
LE NOVELLE DELLA NONNA: CONOSCERE L’OPERA ....................... 13
2.1 Un secolo e oltre di edizioni e ristampe ................................................ 13
2.2 Struttura e contenuto .............................................................................. 15
CAPITOLO 3
LE NOVELLE DELLA NONNA: COMPRENDERE L’OPERA ................. 19
3.1 Un’opera problematica ......................................................................... 19
3.2 Il mosaico delle fonti .......................................................................... 24
3.3 La prospettiva pedagogica .................................................................... 32
3.4 Il carattere popolare ............................................................................... 37
1
CAPITOLO 4.
IL MEDIOEVO FANTASTICO NELLE NOVELLE ................................. 40
4.1 Medioevo reale e Medioevo perodiano: un’infedeltà calcolata ............ 40
4.2 Il Medioevo perodiano: immaginario e immaginato ............................. 45
CONCLUSIONI .......................................................................................... 53
BIBLIOGRAFIA ......................................................................................... 55
SITOGRAFIA ............................................................................................. 59
2
INTRODUZIONE
«È abbastanza facile, nel tentare di definire le Novelle, scoprire che cosa esse non
sono.»1
Così dichiara Faeti nel celeberrimo saggio introduttivo all’edizione einaudiana
delle Novelle2.
Se il nostro obiettivo è quello di trovare una definizione per l’opera perodiana,
proprio come Faeti, anche noi siamo convinti che sia più facile creare una
definizione per difetto. Non sono un folk tale, non sono un romanzo di
formazione, non sono un autentico marchen. Eppure proprio dalla somma di
queste negazioni emerge un collage che permette di visualizzare tutte le
componenti costitutive del testo perodiano.
L’impulso all’analisi di quest’opera ottocentesca nasce proprio dalla voglia di
cimentarsi con un testo che offre ancora oggi tanti stimoli, quesiti e spunti agli
studiosi. La sua natura miscellanea e composita permette un approccio su più
livelli, da quello linguistico a quello storico, da quello pedagogico a quello
folklorico. Nel nostro caso si è scelto di seguire un approccio squisitamente
letterario, andando, dopo un breve ragguaglio sulla vita e la carriera dell’autrice, a
delineare la trama dell’opera, per poi offrire un personale percorso critico da
intraprendere nella lettura delle Novelle. Abbiamo deciso di focalizzarci su quegli
aspetti che, pur non qualificando totalmente l’opera, individuano tuttavia dei punti
nodali. A nostro avviso il processo creativo che sta a monte delle Novelle si regge
proprio su questi puntelli, attorno ai quali si convogliano e si diramano
le
invenzioni, i rimandi, le reminiscenze, i legami e i nessi che compongono quel
groviglio fantasioso che sono le Novelle.
1
ANTONIO FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in EMMA PERODI, Fiabe fantastiche. Le
novelle della nonna. Saggio introduttivo di Antonio Faeti, Torino, Einaudi, 1974, riprodotto in
appendice in Casentino in fabula: Cent’anni di fiabe fantastiche (1893-1993), «Le novelle della
nonna» di Emma Perodi, Atti del Convegno (Poppi, 18-19 settembre 1993), a cura di Viviana
Agostini-Ouafi, Firenze, Polistampa («Quaderni della Rilliana», 22), 2000, p. 284.
2
D’ora in poi citeremo nel nostro testo l’opera perodiana Le novelle della nonna. Fiabe
fantastiche anche con l’abbreviazione Novelle.
3
Questi punti nodali sono costituiti dalla prospettiva pedagogica e dal carattere
popolare sotteso al testo. La scrittrice infatti vuole realizzare un’opera che rispetti
le aspettative civico-educative del suo tempo. Eppure il suo obiettivo la porta a
creare un testo fortemente inconsueto rispetto ai dettami e alla produzione per
l’infanzia di fine Ottocento. Servirsi del genere fantastico in campo educativo è
già di per sé un elemento sufficientemente indicativo della divergenza delle
Novelle rispetto ai precetti dell’epoca. Inoltre le fiabe fantastiche vengono
realizzate mescolando e rielaborando novelle, leggende pseudostoriche con
contributi originali e con apporti di altri generi e sottogeneri, in modi poco o
affatto sperimentati nell’Italia di fine XIX secolo. Il risultato è quindi una
composizione che sfugge ad una classificazione, poiché risente di influssi troppo
vari e troppo vasti, per poter aderire ad una sola etichetta. Ma è proprio questo
essere non conformi ad un genere specifico che determina l’originalità delle
Novelle e il loro successo.
Per motivare la nostra ipotesi, vale a dire la sostanziale natura miscellanea del
testo perodiano, in cui tuttavia, come dimostreremo, è riscontrabile una spiccata
ascendenza pedagogica e popolare, abbiamo analizzato il contesto storico in cui
sono immersi i racconti fantastici, il Medioevo, mostrando come dalla sua analisi
e dal confronto fra il Medioevo reale e il Medioevo perodiano, emergano indizi
sulle intenzioni dell’autrice, che sono alla base del processo creativo e sostanziano
la natura dell’opera.
4
CAPITOLO 1
EMMA PERODI: VITA, CARRIERA ED OPERE
1.1 Premessa
La vita di Emma Perodi è in gran parte celata nel mistero. Poco sappiamo di
questa scrittrice, giornalista e traduttrice, per l’infanzia e non, che fu apprezzata e
conosciuta nel suo tempo, molto più di quanto lo sia oggi. Prolifico e poliedrico
sono gli aggettivi che quasi sempre vengono associati al suo talento. Basta un
veloce sguardo alla sua produzione per capire che non ci sono altri termini per
qualificare la mole del suo operato, che per quantità e qualità è davvero sconfinato
ed eterogeneo. I motivi per cui questa rigogliosa scrittrice è stata a lungo tenuta
nell’ombra sono tuttora sconosciuti ma, a ormai quasi un secolo dalla sua morte,
gli studiosi hanno ripreso a parlare di lei, a interessarsi ai suoi scritti, riportando
alla luce questo personaggio ottocentesco di indubbio interesse. Nel 19933 si è
svolto a Poppi, per la ricorrenza del centenario della prima edizione dell’opera
magna perodiana, Le novelle della nonna. Fiabe fantastiche, un Convegno in cui
molti celebri studiosi hanno dedicato finalmente la giusta attenzione all’opera, e di
conseguenza anche alla sua autrice, che ormai senza alcun dubbio è degna di
essere annoverata tra i classici della letteratura ottocentesca per l’infanzia. Nel
2013 la Giornata di Studio4, tenutasi presso la Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, ha avuto invece l’obiettivo di valorizzare la produzione minore
perodiana. Le iniziate volte alla riscoperta e alla rivalutazione della scrittrice sono
3
Il Convegno Cent’anni di fiabe fantastiche. 1893-1993. «Le Novelle della nonna» di Emma
Perodi si è tenuto a Poppi il 18-19 settembre 1993, è stato organizzato su progetto di Alessandro
Brezzi e Mara Rengo. Gli atti del Convegno sono stati pubblicati in Casentino in fabula:
Cent’anni di fiabe fantastiche (1893-1993), «Le novelle della nonna» di Emma Perodi, Atti del
Convegno (Poppi, 18-19 settembre 1993), a cura di Viviana Agostini-Ouafi, Firenze, Polistampa
(«Quaderni della Rilliana», 22), 2000.
4
La Giornata di Studio Emma Perodi: non solo novelle si è tenuta a Firenze il 9 maggio 2013 su
iniziativa di Bibliografia e Informazione in collaborazione con i Comuni di Cerreto Guidi e Poppi.
Gli atti non sono ancora stati editi.
5
oggi piuttosto numerose e mostrano come l’interesse nei suoi confronti sia un
fenomeno in via di espansione.
Gli studi critici sulla scrittrice vantano un buon numero di testi, la cui bibliografia
è stata sapientemente elaborata da Federica Depaolis e Walter Scancarello in
Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, e nel sito dell’associazione culturale
Bibliografia e Informazione troviamo il Fondo Emma Perodi, attivo dal 2006 e
dedicato alla scrittrice, in cui vengono raccolti documenti, saggi e altro materiale
relativo ad essa. Inoltre un’ampia documentazione è conservata presso la
Biblioteca Comunale Emma Perodi di Cerreto Guidi che nel Fondo Emma Perodi
raccoglie articoli e libri sulla scrittrice cerretese. Gli studi biografici e bibliografici
presentano ancora molte lacune, a causa della scarsità di notizie e/o difficoltà di
reperimento di esse. Risale infatti al 1993 il saggio bio-bibliografico più completo
sulla scrittrice. Tuttavia la ricerca è sempre attiva e non mancheranno sicuramente
in futuro nuove scoperte. Nuove informazioni ci giungono per mano di
Scancarello e Depaolis che nel saggio Sulle tracce di Emma Perodi: nuovi spunti
e ipotesi biografiche riescono a «gettare un po’ di luce su zone biografiche che
finora sembravano inaccessibili» 5 . Per la stesura della nostra nota biografica
abbiamo attinto alle fonti precedentemente citate.
5
FEDERICA DEPAOLIS e WALTER SCANCARELLO, Sulle tracce di Emma Perodi: nuovi spunti ed
ipotesi biografiche, in Le figure e le storie. Scrittori, illustratori, editori per l’infanzia in Toscana
tra Otto e Novecento, Atti della Giornata di studi (Firenze, 8 ottobre 2010), a cura di Franco
Cambi e Walter Scancarello, Pontedera, Bibliografia e Informazione, 2012, p.88.
6
1.2 Cenni biografici
Maria Emma Caterina Matilde Perodi nasce il 31 gennaio 1850, a Cerreto Guidi6
in provincia di Firenze. L’autrice stessa, nella dedica premessa al libro Diciotto
mesi in convento, ci informa che in questa località la sua famiglia possedeva una
«villa» 7 . Sul luogo di nascita vi sono state a lungo incertezze, taluni infatti
collocavano i natali della Perodi a Firenze, altri a Fiesole. I dubbi sono stati fugati
dal ritrovamento dell’atto di battesimo della scrittrice, conservato presso
l’Archivio parrocchiale della pieve cerretese di San Leonardo8. «Proveniente dalla
media borghesia toscana», figlia di Federigo Perodi e di Adelaide Morelli
Adimari, la Perodi cresce «in un contesto familiare alfabetizzato»9. Il padre di
origini piacentine, nato il 27 novembre 1805, esercita la professione di «ingegnere
sempre al lavoro in vari centri toscani: a Pitigliano (1830-1833), a Guardistallo
(1835-1838), e poi a Massa Marittima (1839-1840), Campiglia (1841), Pontedera
(1842-1849), Lucca (1850-1852) e Montepulciano (1853-1857)» 10 . La madre
Adelaide, membro di una delle famiglie «che anticamente era stata padrona della
pieve», è parente non solo dei Niccolini, infatti «il nonno materno di Emma
Perodi, il Cavalier Filippo Morelli Adimari, […] aveva sposato Maddalena
Niccolini, stretta parente di Giovanni Battista Niccolini» 11 , ma anche di
Ferdinando Bartolommei, marito di Teresa Morelli Adimari, zia materna della
Perodi, e padre di Matilde Gioli Bartolommei, «”carissima cugina”, come ricorda
6
Cfr., GIUSEPPE MICHELI, La Perodi è nata a Cerreto, in Emma Perodi: saggi critici e
bibliografia, a cura di Federica Depaolis e Walter Scancarello, Pontedera, Bibliografia e
Informazione, 2006, p. 17.
7
PIERO SCAPECCHI, Una donna tra le fate. Ricerche sulla vita e sulle opere di Emma Perodi,
Poppi, Edizioni della Biblioteca Rilliana («Quaderni della Rilliana», 11), 1993, ora pubblicato in
Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.26.
8
Cfr., MICHELI, La Perodi è nata a Cerreto, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.18.
9
ALBERTO CARLI, Prima del «Corriere dei Piccoli»: Ferdinando Martini, Carlo Collodi, Emma
Perodi e Luigi Capuana fra giornalismo per l’infanzia, racconto realistico e fiaba moderna,
Macerata , Eum, 2007, p.70.
10
PIERO SCAPECCHI, Emma Perodi, una bibliografia difficile, in Casentino in fabula, p. 62.
11
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.71.
7
la stessa Perodi» 12 in una lettera. La Perodi ebbe una figlia, Alice Perodi,
anch’essa giornalista, di cui non abbiamo altre notizie13.
Pochissime sono le informazioni relative agli anni dell’infanzia e soprattutto della
formazione di Emma. Il saggio bio-bibliografico Una donna tra le fate, tracciato
da Piero Scapecchi nel 1993, costituisce ancora oggi uno degli strumenti più
completi per qualsiasi studio preliminare sulla Perodi. Esso si fonda, in buona
parte, su dati raccolti da vari carteggi: fondamentali si sono rivelate le lettere e i
biglietti conservati nel fondo Uzielli presso la Biblioteca Nazionale Centrale di
Firenze, grazie ai quali apprendiamo notizie sugli «spostamenti dovuti all’impiego
del padre», ed «accenni anche alla piccola Emma»14.
Particolarmente interessante una lettera del dicembre 1864 in cui Emma
rivolgendosi all’amico Uzielli «si dice promessa sposa dai genitori e, infatuata di
Parigi dove l’Uzielli si trovava per studio, descrive la sua attesa per Firenze
prossima capitale del Regno d’Italia»15. Del 1867 è invece una lettera della madre
Adelaide, sempre destinata all’Uzielli, in cui si apprende che Emma è a Firenze16.
Dopo questa lettera sulla vita della Perodi cala l’oscurità. Il vuoto, secondo
Scapecchi, è «dovuto forse all’assenza [della scrittrice] per gli studi compiuti
prima a Pisa e poi a Berlino – che la indirizzeranno anche nella sua attività di
traduttrice – come testimonia De Gubernatis»17. Una lettera del 1872 rompe il
silenzio: Emma si trova a Luserna, per motivi di studio18.
12
SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.26.
Cfr., Ivi., p.37.; Cfr. anche, DEPAOLIS e SCANCARELLO, Sulle tracce di Emma Perodi, in Le
figure
e
le
storie,
p.95-96.,
Cfr.
anche
http://www.bibliografiaeinformazione.it/pagina.php?IDarticolo=91 in cui viene riportato un
necrologio apparso sul Giornale d’Italia in cui, dopo parole di commiato per la morte di Emma
Perodi, si legge: «alla sua Alice, che dalla fondazione del giornale è nostra quotidiana
operosissima collega di redazione il compianto di tutti i compagni del Giornale d’Italia.», ibid.
14
SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.26.
15
Ibid.; Cfr. Banca Nazionale Centrale di Firenze (d’ora in poi abbreviata con BCNF), Fondo
Uzielli, 53/716/24.
16
Cfr., CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.72; Cfr. BNCF, Fondo Uzielli- cass.61,n.928/9.
17
SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.26., Cfr.
ANGELO DE GUBERNATIS, Dictionnaire International des escrivains du jour, Florence, 1881-1891,
ad vocem.
18
Cfr., SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.26.; Cfr.
BNCF, Fondo Cambray Digni, App.,XXII, 52,da Luserna, 30 XI [post 1872-ante 1880].
13
8
Il talento poliedrico della Perodi si manifesta sin dalle sue prime pubblicazioni.
Mentre il romanzo d’esordio Il Cavalier Puccini, uscito nel 1877 a Firenze presso
la Tipografia della Gazzetta d’Italia, è rivolto ad un pubblico adulto; la seconda
opera a stampa A veglia, edita dall’editore Trevisini nel 1883 nella collana
Biblioteca Educativa ed Istruttiva per le Scuole, è chiaramente pensata e voluta
per i bambini. Qualche anno prima, precisamente nel 1880, la rivista Cornelia:
rivista letteraria, educativa, dedicata principalmente agli interessi morali e
materiali delle donne italiane pubblica il racconto perodiano Le idee di Elena,
uscito a puntate ma rimasto interrotto a causa della fine del periodico, che attesta
l’interesse per le tematiche femministe e «la vicinanza della Perodi all’ambiente
dei movimenti femminili della seconda metà»19 dell’ Ottocento. La penna della
Perodi, sin dalle sue prime prove, si divide tra carriera letteraria e giornalistica,
spaziando tra generi, stili e destinatari diversi. Una peculiarità, quella di essere
versatile, che la scrittrice non perderà mai e che accomuna la Perodi ad altre
grandi intellettuali della seconda metà dell’ Ottocento, quali Ida Baccini, Matilde
Serao e Grazia Deledda, le quali
«fra grandi fatiche e sacrifici innervarono, trasformarono e
indubbiamente arricchirono il contesto culturale italiano, [assumendo]
nella loro tastiera compositiva forme letterarie che contemplano la
scrittura di denuncia, quella di genere, quella “rosa”, quella per
l’infanzia, riuscendo anche all’occorrenza nella trasformazione dello
stile»20.
L’utilizzo di un doppio canale, monografia e articolo, è proprio un aspetto tipico
del mondo letterario di quegli anni21.
Nel 1881 l’autrice è a Roma22 dove collabora con diverse riveste: La Stampa, il
Fanfulla della domenica, La Nuova Antologia. Il periodo romano è denso di
impegni e la Perodi stessa in una lettera inviata a Francesco Protonotari, direttore
19
SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.27.
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.65.
21
Cfr., SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi. Saggi critici e bibliografia, p.31.
22
Cfr., Ivi., p.28.
20
9
de La Nuova Antologia, si definisce «occupatissima»23. In questi anni la Perodi si
divide tra Roma e Milano, infatti mentre nel 1884 esce una nuova raccolta per
bambini, sempre presso Trevisini, i Racconti della zia, già nel 1883 si apre a
Roma la collaborazione con Il Giornale per i Bambini (fondato da Ferdinando
Martini e diretto nominalmente da Carlo Collodi) che finirà per dirigere nel 1887,
dopo aver per lunghi anni affiancato nella direzione Collodi. Nonostante
l’impegno maggiore della scrittrice sia rivolto alla letteratura per l’infanzia, la
Perodi non smise mai di dedicarsi alla letteratura e al giornalismo di segno adulto.
Nel 1884 esce, nella collezione Sommaruga e successivamente nella Biblioteca
del Fanfulla, Sull’Appennino, una raccolta che tratteggia «una serie di figure
femminili alle prese con l’amore e il matrimonio» 24 . Nel 1887 Emma Perodi
collabora con i fratelli Treves, presso cui esce Sposati: scene della vita, che
«testimonia, ancora una volta, […], una continua attenzione da parte della Perodi
alla scena della letteratura popolare per adulti» 25 . In quell’anno ha inizio la
proficua collaborazione con l’editore Edoardo Perino, con il quale firmò molti
articoli su diverse riviste 26 . Su Il Popolo romano cura la rubrica La cronaca
dell’eleganza. Due volumi, Cento dame romane. Profili e Roma italiana,
raccolgono la produzione perodiana sulla società romana, «apparsa su quotidiani e
uscita in fascicoli in quegli anni»27. Oltre alla collaborazione con i già ricordati
Perino e la Nuova Antologia, la Perodi lavorò anche con il Corriere della sera,
che pubblicò a puntate Il Principe della Marsiliana. Romanzo romano, pubblicato
successivamente presso Treves nel 1891. A questi medesimi anni risale sia la
collaborazione con l’editore fiorentino Paggi, con la pubblicazione di Cuoricino
ben fatto nel 1886 (che risente del successo del Cuore deamicisiano), sia con
Paravia di Torino, che pubblica nel 1888 Passeggiate al Pincio e Per tutto il
mondo vario e rotondo nel 1890. La collaborazione con Paggi attesta la
frequentazione della Perodi dell’ambiente in cui circolano grandi nomi dell’epoca:
Collodi, Baccini e Roux. Ma è soprattutto con Collodi che la strada della Perodi è
23
Ibid.
Ivi., p.29.
25
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.77.
26
Per maggiori informazioni Cfr. SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici
e bibliografia, p.31 e nota 18 a p.42.
27
Ivi., p.31.
24
10
destinata ad incrociarsi: «Paggi, Paravia e Il Giornale dei Bambini» testimoniano
lo «stretto rapporto»28 che intercorre tra i due scrittori.
Nel 1892-1893, quando escono Le novelle della nonna. Fiabe fantastiche, la
Perodi «non è certo una sconosciuta né una scrittrice alle prime armi»29 . Dopo la
morte di Perino nel 1895 «la vita e l’attività di Emma Perodi sono protagoniste di
un processo di delocalizzazione»30: se nel 1898 inizia la collaborazione con la
casa editrice Salvatore Biondo di Palermo, città nella quale la scrittrice «risiedé
fino alla morte, avvenuta il 5 marzo 1918»31, Emma continua a pubblicare presso
Salani e frequenta Roma fino al 1902, come testimoniano i carteggi 32. Il periodo
siciliano influì sull’attività della scrittrice, arricchendo di nuovi temi, quali la
povertà e le problematiche sociali legate alla mafia, le pagine perodiane. Nella
città siciliana Emma lavora con la Casa Editrice Biondo, presso cui dirige
l’«intero settore destinato ai più piccoli»33 e si dedica totalmente alla scrittura per
l’infanzia. L’interesse della casa editrice per il mondo della scuola è testimoniato
perfettamente dalla pubblicazione della serie di letture scolastiche perodiane
Cuoricino d’oro. Dal 1903 la Perodi collabora anche con la rivista Psiche. Arte.
Letteratura. Musica. Moda. Gran mondo. Teatri. Sport. Varietà., edita da Biondo
dal 1885. Nel 1907 Emma firma con la Salani il contratto per la pubblicazione dei
tre volumi di Al tempo dei tempi, «dedicati al Pitrè che “mi concesse attingere scrive l’autrice- nel ricco tesoro da lui raccolto”» 34 . Ciò non solo dimostra i
rapporti della Perodi con Pitrè, il quale aveva recensito le Novelle per l’edizione di
Salani del 1906, ma anche l’attenzione della scrittrice verso le leggende siciliane e
le ricerche folkloriche. Nonostante il grande impegno assunto dalla Perodi con
Biondo, è proprio presso Salani che si concentra la sua maggior produzione, da
considerarsi «segno di stima verso la scrittrice perché l’editore assunse un cauto
atteggiamento imprenditoriale verso gli autori contemporanei»35. Presso l’editore
28
Ivi., p.32.
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.74.
30
Letteratura per l’infanzia. Dall’unità d’Italia all’epoca fascista, a cura di Stefano Calabrese,
Milano, BUR Rizzoli, 2011, p.251.
31
SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.37.
32
Cfr., Ivi, p.36.
33
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.99.
34
SCAPECCHI, Una donna tra le fate, in Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.38.
35
Ivi., p.37.
29
11
fiorentino escono, tra il 1911 e il 1915, Il brigante Ciriminna e Bernoccolino, due
romanzi perodiani incentrati sulle difficili tematiche sociali siciliane e la malavita,
che avevano colpito la sensibilità della scrittrice e che ritroviamo nella narrazione
verista di Capuana e Nuccio, testimoniando così quanto la Perodi fosse inserita
nell’ambiente intellettuale siciliano. Curioso notare che dieci anni prima la Perodi
avesse pubblicato a Palermo I briganti di Cerreto Guidi, che affronta tematiche
simili ed è dedicato al suo paese natio e alla sua Toscana.
In ultimo è d’obbligo almeno un accenno all’attività di traduttrice della Perodi36.
In questa sede ci limitiamo a ricordare che nel 1903 esce la prima versione italiana
de Le affinità elettive di Goethe ad opera di Emma Perodi e Arnaldo de Mohr37.
Nei carteggi che ci rimangono più volte la Perodi fa riferimento ai sui interessi e
alla «propria cultura in fatto di letteratura tedesca»38 e straniera in generale.
Come precedentemente accennato la Perodi muore nel 1918 a Palermo, città dove
ha trascorso l’ultimo ventennio della sua vita, tuttavia recenti studi condotti da
Scancarello hanno fatto emergere un problema non indifferente. Lo studioso ha
infatti richiesto al Municipio di Palermo -ripartizione di stato civile- di
confermare la data e il luogo del decesso della scrittrice toscana, e dai rilievi
eseguiti risulta che: «”Perodi, Emma. Non figura negli indici degli atti di morte di
questo comune”.»39
A quanto pare, come è accaduto per il luogo dei natali, anche per quello della
dipartita sorgono incertezze che solo il tempo e le future ricerche potranno fugare.
36
Per la bibliografia completa delle pubblicazioni di Emma Perodi, rimandiamo al volume, Emma
Perodi: saggi critici e bibliografia, a cura di Federica Depaolis e Walter Scancarello Pontedera,
Bibliografia e Informazione, 2006, p.111-144.
37
Cfr., Ivi, p.123.
38
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.86.
39
DEPAOLIS e SCANCARELLO, Sulle tracce di Emma Perodi: nuovi spunti ed ipotesi biografiche, in
Le figure e le storie., p.100.
12
CAPITOLO 2
LE NOVELLE DELLA NONNA: CONOSCERE L’OPERA
2.1 Un secolo ed oltre di edizioni e ristampe
La prima edizione delle Novelle esce presso l’Editore Perino nella collana
Biblioteca fantastica, tra il 1892 e il 1893 in settanta dispense, raccolte in cinque
volumi numerati dal trentuno al trentacinque, illustrate con venti disegni originali
da Leonida Edel. La seconda edizione del 1906, in quattro volumi illustrati da
Gustavo Piattoli, è invece curata da Salani nella Biblioteca Salani illustrata, che si
occuperà anche delle successive ristampe e riedizioni nel 1921, nel 1948 (con
illustrazioni di Ezio Anichini) e nel 1960 (con illustrazioni di Carlo Vitoli Russo).
La sesta edizione del 1974, edita da Einaudi nella collana I Millenni, grazie al
corposo saggio introduttivo di Antonio Faeti, riporta l’attenzione sull’opera dopo
anni di silenzio, facendone un classico della letteratura italiana. Da notare che
questa edizione presenta rispetto all’originale un’inversione del titolo con il
sottotitolo: Fiabe fantastiche. Le novelle della nonna, una scelta pensata allo
scopo di enfatizzare l’attinenza del libro con il genere fantastico. L’ordine
originale del titolo viene riproposto da Newton & Compton nell’ edizione del
1992, ne I Grandi Tascabili Economici. A ridosso della celebrazione del
centenario della pubblicazione dell’opera, Einaudi propone nel 1993 una ristampa
in edizione economica e successivamente nel 1996, con un progetto editoriale
assieme a L’Unità, offre una selezione di quattro novelle perodiane, pubblicate
come supplemento al quotidiano40 . Ciò testimonia un ritrovato interesse per le
Novelle nel panorama culturale italiano e una ricezione positiva del pubblico; le
nuove edizioni si protraggono infatti fino ai nostri giorni: sempre per Newton &
Compton escono le edizioni del 2002 nella collezione I Big Newton, del 2003
40
EMMA PERODI, Fiabe Fantastiche, supplemento al N.216 de L’Unità, 11 settembre 1996. Scelta
delle fiabe e nota critica di Carmine De Luca, contiene: Il diavolo che si fece frate, La fidanzata
dello scheletro, L’incantatrice, Il diavolo e il romito.
13
nella collana Le più belle fiabe del mondo e nel 2013 ne I Mammut. Il merito delle
edizioni ad opera della Newton & Compton, a partire da quella del 1992, consiste,
come sostiene anche Agostini-Ouafi, nel aver conferito alle Novelle «un
riconoscimento lusinghiero, anzi una vera e propria consacrazione ufficiale (dopo
quella di Einaudi)» che proviene loro «dall’accostamento così ravvicinato con
autori italiani e stranieri celebri», essendo inserite «nel medesimo cofanetto tra le
fiabe di Andersen, di Capuana, di Collodi e dei fratelli Grimm»41. Ricordiamo in
ultimo che sempre in occasione del centenario dalla pubblicazione dell’opera, tra
le varie iniziative organizzate, nate per celebrare le Novelle, venne allestita presso
il Castello dei Conti Guidi di Poppi una mostra iconografica e bibliografica
dedicata alle edizioni e agli illustratori dell’opera, che riscosse tanto successo da
essere successivamente riallestita nella Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze42.
41
VIVIANA AGOSTINI-OUAFI, Il caso emblematico delle «Novelle» nella letteratura popolare
italiana, in Casentino in fabula, p.16.; L’edizione a cui si riferisce Agostini-Ouafi è EMMA
PERODI, Le novelle della nonna. Fiabe fantastiche, introduzione di Annamaria Andreoli, Roma,
Newton Compton, 1992. Il cofanetto fa parte di «un progetto editoriale più articolato, “Le grandi
fiabe nei Grandi Tascabili Economici Newton”», Ibid.
42
Cfr., ALESSANDRO BREZZI e MARA RENGO, La mostra delle edizioni e delle illustrazioni delle
«Novelle», in Casentino in fabula, pp.55-59. La mostra organizzata su progetto di Brezzi e Rengo,
si tenne nel Castello dei conti Guidi dall’ 8 agosto 1993 al 31 ottobre 1993, fu prorogata e poi
riallestita alla BCNF dal 20 dicembre 1993 al 30 gennaio 1994., Cfr., ivi., p.55.
14
2.2 Struttura e contenuto
«In una casa di Farneta, piccolo borgo sulla via di Camaldoli, la famiglia del
contadino Marcucci era tutta riunita sotto l’ampia cappa del camino basso, che
sporgeva fin quasi a metà della stanza» 43 : con queste parole, a poche righe
dall’inizio della Novelle, la scrittrice ci presenta la famiglia protagonista della
storia che funge da cornice, o meglio da contenitore, ai quarantacinque racconti de
Le novelle della nonna, in quella che sarà la situazione-tipo: i venticinque
componenti dei Marcucci sono raccolti attorno al focolare e la vecchia nonna
Regina si appresta a raccontar loro «con la voce dolce e il purissimo accento» le
novelle che «aveva sempre la virtù di commuoverli.»44
Per un anno, a partire dalla notte della vigilia di Natale, nonna Regina intratterrà a
veglia, in cucina o nell’aia, la sua famiglia e i bambini del circondario, narrando
nei giorni di festa un racconto meraviglioso. Per un anno, la scrittrice intratterrà il
lettore con le vicende dei Marcucci, che si dipanano tra la vita dei campi, il
susseguirsi delle stagioni e delle varie feste liturgiche. Terminate tutte le novelle
conosciute da Regina, si chiude l’opera, ma la scrittrice decide di saziare la
curiosità del lettore e, rivolgendosi direttamente ad esso, scrive: «non potrei
dunque terminare il quarto volume delle novelle senza dirvi che cosa avvenisse
dei Marcucci durante l’inverno successivo» 45 . L’epilogo della storia di queste
«buone e semplici persone» 46 è segnato dalla gioia per la nascita del figlio di
Cecco, il minore dei fratelli Marcucci, e per il matrimonio di Annina, figlia di
Maso, il maggiore e «capoccia», ma anche dal profondo dolore per la morte di
Regina.
Quasi tutte le narrazioni di nonna Regina terminano, fra lo stupore dei presenti per
l’abilità e la memoria della vecchia novellatrice, con consigli e avvertimenti da
43
EMMA PERODI, Le novelle della nonna. Fiabe fantastiche, introduzione di Annamaria Andreoli,
Roma, Newton Compton, 2013, p.3. Tutte le future citazioni di questo testo sono tratte dalla
suddetta edizione.
44
Ivi., p.5.
45
Ivi., p.543.
46
Ibid.
15
parte di quest’ultima che decide di raccontar storie per divertire parenti e vicinato,
ma come ella stessa afferma:
«il solo divertimento non basta, - replicò Regina. – Fin d’ora dovete
assuefarvi a cercare nelle cose più il lato utile che quello divertente;
dovete pensare che la missione dell’uomo è molto seria, e bisogna
prepararvisi fino da piccoli con la riflessione. Chi cerca nella vita solo
il divertimento, va avanti poco bene, ve lo assicuro io.»47
La natura del racconto è pertanto ludica e didattica al contempo, ed è rivolta tanto
ai grandi che ai piccini. E qui ci troviamo dinnanzi ad una mise en abîme: nonna
Regina rappresenta ed incarna Emma Perodi, e i suoi racconti sono una
rappresentazione testuale di ciò che sta facendo la Perodi stessa, cioè scrivere
storie per i suoi lettori. Ecco quindi che gli obiettivi di Regina non sono altro che
quelli della Perodi, trasfigurati con un abile gioco testuale.48
Le vicende della famiglia Marcucci, «talvolta tristi e talvolta gaie»49, vengono a
creare una storia parallela a quella delle fiabe fantastiche, e mentre quest’ultime
costituiscono un corpus molto eterogeneo con trame, personaggi e toni molti
variati, la storia di cornice è un affresco lineare e verosimile di uno spaccato
sociale della Toscana di fine Ottocento. Verosimile perché i toni con cui si
descrivono le vicissitudini e il contesto storico-sociale in cui vive la famiglia di
contadini sono molto manierati. Ma la Perodi non intende realizzare un racconto
storico, bensì fornire un’immagine plausibile dell’Italia appena unificata. Ella
perciò focalizza l’attenzione su quegli elementi che sono funzionali al suo
progetto: dipingere una famiglia di «onesti e meritevoli contadini che continuano
a vivere secondo natura», che funga da «espressione ideologica dell’opinione
liberale».50 Pochi e semplici sono i precetti su cui basa l’etica dei Marcucci: la
dedizione al lavoro e al sacrificio, l’ importanza della concordia e dell’unione tra i
membri della famiglia, l’onestà e la fede in se stessi per superare le avversità.
47
Ivi., pp.534-35.
Cfr., Introduzione di Annamaria Andreoli, Ivi., p.VIII.
49
Ivi., p.543.
50
MARIELLA COLIN, Fiabe della nonna o novelle fantastiche? Emma Perodi tra tradizione e
modernità, in Casentino in fabula, p.90.
48
16
Sono propri questi i principi di cui sono intrise le ultime parole di Regina, che si
spegne «raccomandando ai figli di restare uniti per amor suo, raccomandando ai
nipotini di seguire l’esempio dei genitori e d’essere uomini laboriosi e onesti»51.
La Perodi sceglie di ambientare l’intera storia, sia la cornice che il corpus di
novelle, nella valle del Casentino, che costituisce il territorio unico su cui si
stagliano tutte le vicende tranne una, quella narrata nella novella Il fortunato
Ubaldo ambientata nelle colline fra Recanati e Loreto. Nonostante il territorio sia
sempre la valle dell’Arno, si tratta tuttavia di «due Casentini molti diversi» 52 ,
infatti al Casentino magico-religioso delle novelle, si oppone quello laico e
realistico della cornice. In entrambi i casi si tratta comunque di un «territorio
immaginario», poiché il primo affonda le radici nel mito, che veste questo
paesaggio di valenze fantastico-leggendarie, il secondo è frutto dell’ideologia
liberale e positivista che lo trasforma «nella metafora di una nazione in scala
ridotta, non ciò che il Casentino è realmente ma ciò che l’Italia intera dovrebbe
essere» 53 . Questa duplice rappresentazione del territorio fa sì che lo stesso
paesaggio cambi passando dai racconti alla cornice: la foresta luogo tenebroso in
cui, nelle novelle, avvengono prodigi e stregonerie, perde ogni connotazione
minacciosa nel Casentino dei Marcucci, diventando «un’amica provvidenziale»54
a cui rivolgersi per il sostentamento della famiglia55.
Non esistono per il momento prove che attestino un soggiorno della Perodi nella
valle del Casentino, pertanto la minuzia topografica con cui la scrittrice riporta
51
PERODI, Le novelle della nonna, p.547.
VIVIANA AGOSTINI-OUAFI, Percorsi narrativi e itinerari casentinesi nelle «Novelle della
nonna», in Casentino in fabula, p.195.; per maggiori approfondimenti Cfr., ivi., pp.195.223; Cfr.
anche, EAD. Dalla «Guida del Casentino» del Beni alle «Fiabe Fantastiche» della Perodi:
fenomeni intertestuali, «Annali Aretini», vol. II, Arezzo, Fraternita dei laici, 1994, pp. 231-42.;
EAD., Mitografia di una vallata toscana: il Casentino e «Le novelle della nonna», «Atti e
Memorie dell’Accademia Petrarca di Lettere, Arti e Scienze», vol. LVII, Arezzo, 1995, pp.489514.; EAD., Il Casentino Fantastico di Emma Perodi, metafora della patria ideale, in Emma
Perodi: saggi critici e bibliografia, trad. Laura Geri, pp.69-83.
53
AGOSTINI-OUAFI, Percorsi narrativi e itinerari casentinesi, in Casentino in fabula, p.195.
54
FRANCESCO PASETTO, Storia e paesaggio casentinese nelle «Novelle della nonna», in Casentino
in fabula, p.158.
55
La foresta è un luogo importante nell’economia domestica dei Marcucci: «I ragazzi erano
stanchi per essere stati tutta la mattina nei boschi a coglier fragole, che già avevano spedito ad
Arezzo», PERODI, Le novelle della nonna, p.405.; La foresta nel racconto di cornice è un luogo
affatto spaventoso e frequentato anche dai bambini: «Vezzosa mandò i ragazzi nei boschi in cerca
di rami di quercia, e alle bimbe dette incarico di portare quanti fiori avessero potuto trovare.», Ivi.,
p.415.
52
17
nomi di luoghi e descrizioni paesaggistiche, si deve ad una sua documentazione,
basata principalmente su la Giuda del Casentino di Carlo Beni56 e su altri testi e
guide.57
Se il territorio, pur nella duplice rappresentazione, è uno solo nella struttura del
testo, così non è per il tempo: a differenza della storia di cornice che si svolge a
fine Ottocento, le novelle sono tutte ambientate nel Medioevo, precisamente il
Basso Medioevo, nei secoli tra il XII e il XV.58
«L’età ferrigna del feudalesimo»59 costituisce sicuramente lo sfondo più adatto
per i racconti fantastici e macabri perodiani, di fatto il Medioevo è «la cornice
obbligata della fiaba europea, nata dall’osmosi tra “la contaminazione religiosa
cristiano-pagana e la fantasia feudal-cavalleresca di quell’epoca”» 60 . Cavalieri,
castelli, frati, patti infernali sono elementi fondamentali per innescare il racconto
ed immergerlo in un tempo mitico dove tutto può succedere, proprio perché
lontano. Molte sono le imprecisioni, gli errori e le sviste, su cui torneremo nel
quarto capitolo, che incontriamo nel testo ma non dobbiamo meravigliarci perché
«l’autrice delle Fiabe meravigliose considera la storia come una specie di tronco
selvatico, nel quale innestare le gemme dei racconti fantastici, che devono
produrre il buon frutto dell’ insegnamento morale e civile.»61
56
Cfr., FRANCO NICCOLINI, Tradizione novellistica in Casentino, in Casentino in fabula, p.111113. Per maggiori approfondimenti sull’influenza del testo del Beni nelle Novelle Cfr., VIVIANA
AGOSTINI-OUAFI, Dalla «Guida del Casentino» del Beni alle «Fiabe fantastiche» della Perodi:
fenomeni intertestuali, «Annali aretini», vol.II, Arezzo, Fraternita dei laici, 1994, pp. 231-42.
57
Piero Scapecchi fornisce un’ipotetica serie di testi che la Perodi ha presumibilmente consultato
per documentarsi sul Casentino: «Sul suo scaffale erano certo il Calendario casentinese (uscito
negli anni 1837-1840), la Guida del Beni (edita nel 1881), il saggio del Passerini su Dante e il
Casentino e gli scritti di Antonio Bartolini, di Giovanni Magherini-Graziani e Gattesco Gatteschi»;
Scapecchi, Una donna tra le fate, in Casentino in fabula, p.36.
58
Cfr., FRANCESCO PASETTO, Storia e paesaggio casentinese nelle Novella della nonna, in
Casentino in fabula, p.159.
59
Ibid.
60
COLIN, Fiabe della nonna o novelle fantastiche?, in Casentino in fabula, p.84.
61
PASETTO, Storia e Paesaggio casentinese, in Casentino in fabula, p.163.
18
CAPITOLO 3
LE NOVELLE DELLA NONNA: COMPRENDERE L’OPERA
3.1 Un’opera problematica
Le Novelle della nonna sono decisamente un’opera problematica. È questo
l’aggettivo, politicamente non corretto, da usare per definire il testo perodiano.
Eppure è proprio questa intrinseca ed estrinseca problematicità a rendere le
Novelle non solo affascinanti, ma anche degne del loro successo. E ciò che
stupisce ancora di più è che questa complessità è celata dietro un’apparente
semplicità: una prosa lineare e piana, un’impalcatura testuale solida e ben definita
(fatta di una storia di cornice e di quarantacinque racconti), un titolo e un
sottotitolo che sembrano subito offrire una chiave di lettura. Eppure tutti questi
elementi serviti al lettore su un piatto d’argento, non fanno altro che depistarlo.
Già il titolo Le novelle della nonna e il sottotitolo Fiabe fantastiche, costringendo
due categorie diverse, novelle e fiabe, a convivere nel medesimo testo, non
permettono un’univoca interpretazione. Non possiamo perciò ingenuamente
affidarci ad essi per una vera comprensione della natura dell’opera e una sua
collocazione all’interno della classificazione dei generi. Il fatto poi che titolo e
sottotitolo siano anche stati invertiti nell’edizione di Einaudi del 1974, mostra che
neppure affidarsi alla gerarchia tra i due termini aiuterebbe ai fini interpretativi.
Più si procede nell’indagine delle Novelle più ci si accorge che bisogna armarsi o
meglio disarmarsi di sovrastrutture e archetipi e lasciare che il testo mostri se
stesso pagina dopo pagina. Per apprezzare la bellezza di un mosaico non possiamo
fissare una singola pietra ma dobbiamo ammirarlo nella sua interezza. Per godere
dell’opera l’occhio deve abbandonare la visione del particolare e abbracciare
quella generale, serbando però la consapevolezza che è la giustapposizione delle
tessere, la fonte e la ragione della bellezza. Per le Novelle, ma del resto forse per
ogni libro, occorre procedere allo stesso modo. Dobbiamo leggerle come fossero
un mosaico in cui le citazioni, i rimandi, i richiami costituiscono le tessere che la
19
fantasia perodiana ha incastonato, creando infine un’opera originale e soprattutto
diversa dalle sue fonti. La Perodi raccoglie le sue tessere nei più disparati settori e
generi letterari: racconto leggendario, narrativa fantastica, tradizione favolistica,
cultura folklorica, leggende religiose-agiografiche, romanzo gotico, racconto
pseudostorico. Questa miriade di citazioni, colte e popolari, vengono poi
rielaborate dalla penna della scrittrice creando un’opera nuova, ma che proprio
nelle reminiscenze, di cui è disseminato il libro, attinge la sua bellezza. E se di
bellezza è più giusto parlare per i prodotti delle altre arti, per la letteratura
possiamo più propriamente parlare di piacevolezza. Il gradimento, nel caso delle
Novelle, deriva, per lo meno in parte, dalla capacità del testo di riattivare nel
lettore reminiscenze di letture e conoscenze pregresse, facendogli scorgere le
tessere. Come sostiene Viviana Agostini-Ouafi «la leggibilità delle Novelle risiede
perciò nella capacità che è data a tutti, a cominciare dai bambini, di far emergere
la biblioteca vissuta, di riattivare la memoria di dati culturali, di discorsi e di
letture anteriori».62
I problemi, come dicevamo, si incontrano non appena decidiamo di voler
etichettare l’opera, assegnandole quanto meno un genere d’appartenenza e un
destinatario. Gli indizi offerti dalla scrittrice sono depistanti, ma forse lo sono
perché vogliono e devono spingerci a guardare da un’altra parte. Se ci limitassimo
ad analizzare le quarantacinque novelle, basandoci sul fatto che, nella storia di
cornice, esse sono narrate a voce da una vecchia nonna ai suoi familiari,
potremmo erroneamente accomunare le Novelle alle raccolte di demopsicologia di
Domenico Comparetti, Vittorio Imbriani e Giuseppe Pitrè che vedono la luce
negli anni coevi a quelli della pubblicazione del testo perodiano 63 . Ma come
sostiene Antonio Faeti, nell’illustre saggio introduttivo alle Novelle: esse
«possiedono, […], scarsissimi, trascurabili rapporti di parentela con le raccolte
dovute ai folkloristi»64 e più che per analogia, possono essere accostate ad esse
per contrasto. Dobbiamo tuttavia tenere in considerazione che
62
AGOSTINI-OUAFI, Il caso emblematico delle «Novelle» nella letteratura popolare italiana, in
Casentino in fabula, p.14.
63
Le Novelline popolari italiane di Comparetti sono del 1875, la Novellaia fiorentina di Imbriani
è del 1877, le Novelle popolari toscane del Pitrè escono nel 1885.
64
FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in Casentino in fabula, p.284.
20
«Nel pubblicare per la prima volta Le novelle della nonna, l’editore
Perino intuiva perfettamente il probabile successo di un libro che, con
rara esperienza, avesse saputo coniugare forma letteraria, percezione
del clima scientifico della demopsicologia e sua divulgazione sotto
forma romanzesca.»65
La Perodi infatti è consapevole del successo che in quegli anni sta riscuotendo la
demopsicologia, ne conosce opere ed autori, e scegli quindi non solo di servirsene
come fonte d’ispirazione, ma di elaborare un testo che, attraverso la creazione di
una fittizia novellatrice, un fittizio professore 66 e una fittizia serie di novelle
genuine mandate a memoria dalla vecchia nonna, non si limiti solo a riprodurre il
processo di fruizione orale di racconti folklorici, ma trasformi la demopsicologia
stessa e il suo oggetto di studio, ovvero il sapere popolare-tradizionale, in un
prodotto letterario. La Perodi in sostanza
«non si avvicina al folklore popolare e alla bassa letteratura in genere
con la curiosità scientifica dell’etnologo o dell’antropologo: come
notava anche Faeti, vi attinge al contrario proprio quell’ispirazione
letteraria che la cultura ufficiale si è rifiutata di cercarvi. […] al
disprezzo per il volgo e alla negazione del suo sapere, ella preferisce
la strumentalizzazione di questo stesso sapere per incivilire ed educare
il popolo».67
Ciò che persegue l’autrice toscana nelle Novelle non è la scientificità del suo
lavoro, ella non vuole adoperarsi ad un archiviazione del sapere popolare
realmente carpito dalla bocca di qualche vecchietta casentinese, piuttosto intende
65
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.102.
Il professor Luigi è un personaggio delle Novelle che compare per la prima volta nella storia di
cornice nella novella L’impiccato vivo. Egli è ospite assieme a sua moglie Adele, nel podere di
Farneta dei Marcucci, per un soggiorno di quattro mesi. Dopo aver ascoltato il racconto di nonna
Regina, il professore le rivolge un’entusiastica proposta: «Anzi, - aggiunse egli, - se mi permettete,
la prossima volta che voi racconterete una novella, io la trascriverò, e in seguito darò alle stampe la
narrazione raccolta dalla vostra bocca, senza cambiarvi una parola»; notando lo stupore di Regina
il professore spiega che si tratta di un fenomeno molto in voga: «E allora il professor Luigi disse
alla famiglia Marcucci come altri prima di lui si fossero studiati di raccogliere dalla bocca del
popolo le novelle, specialmente quelle narrate dagli abitanti delle montagne, dove la tradizione e la
lingua si mantengono più pure.» Notiamo come il richiamo alla demopsicologia sia, in questo
caso, esplicito.; PERODI, Le novelle della nonna, p.426.
67
AGOSTINI-OUAFI, Il caso emblematico delle «Novelle», in Casentino in fabula, p.20.
66
21
trasferire quel sapere dalla bassa alla letteratura alta. E la Perodi colpisce nel
segno, infatti, come sostiene Agostini-Ouafi «la sua opera costituisce uno dei rari
esempi di comunicazione riuscita tra alta e bassa cultura nell’Ottocento
italiano».68
La Perodi potremmo dire che si serve del sapere popolare tradizionale come di
una succulenta esca con cui attirare il pubblico in via di alfabetizzazione. Ecco
quindi che l’espediente, di ricreare quella situazione familiare al popolo, la nonna
che racconta storie attorno al focolare o all’aia, diventa il miele con cui
mascherare la medicina, perché il vero scopo é avvicinare il pubblico alla parola
scritta, al libro. Un libro in cui il sapere popolare diventa letteratura. Per far
questo, quel sapere fatto di leggende, novelle, fiabe non deve rimare grezzo, va
rielaborato ed elevato, perciò l’autrice si serve di esso come di una scintilla per
accendere la sua fantasia, vero motore delle Novelle.
Il patrimonio popolare è quindi: da un lato una fucina di stimoli e spunti per
l’inventiva della scrittrice, dall’altro un materiale familiare ai lettori, che permette
loro di scorgere ed apprezzare all’interno del testo perodiano allusioni e rimandi, e
in ultimo è la matrice su cui si deve basare l’educazione dei novelli italiani.
Conscia di questo, la Perodi mesce racconto leggendario e narrativa fantastica in
un apparente folk tale genuino, frutto della sua fantasia ma così finemente
congeniato da sembrare verosimile 69 . Innestando la tradizione popolare con il
proprio contributo creativo, la scrittrice crea un nuovo prodotto letterario capace
di rispondere alle esigenze della neonata Italia e soprattutto capace di contenere,
assorbire e superare la precedente cultura popolare, orale e non, con un testo che
valica i confini di generi e fa di questo la propria cifra letteraria. Per Perino e la
Perodi la sfida era allora quella di affrontare e superare «il difficile passaggio
dalla civiltà della memoria tramandata a quella della lettura»70.
Ecco quindi che la frustrazione che nasce dall’incapacità di catalogare le Novelle,
svanisce e lascia spazio alla consapevolezza che proprio in quel deficit risiede la
68
Ibid.
Cfr. CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.103. ; Cfr. anche, AGOSTINI-OUAFI, Il caso
emblematico delle «Novelle», in Casentino in fabula, p.21.
70
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.106.
69
22
sostanza più autentica del libro: un’opera che è «la rappresentazione narrativa di
una transizione culturale, cioè di quel delicato e difficile passaggio che devono
intraprendere i ceti popolari italiani per passare dal sapere tradizionale
all’alfabetizzazione post-unitaria»71. E per traghettare i lettori nella nuova cultura
Emma si serve proprio del suo libro, che è sia strumento che meta:
«l’operazione
della
Perodi
di
manipolazione,
imitazione,
letterarizzazione della bassa cultura, e segnatamente del folklore
popolare, assume un valore non solo esemplare sul piano estetico ma
anche letterariamente significativo, a prescindere dal fatto che esso sia
stato fecondo o meno nella storia della letteratura italiana.»72
71
72
AGOSTINI-OUAFI, Il caso emblematico delle «Novelle», in Casentino in fabula, p.16.
Ivi., p.25.
23
3.2 Il mosaico delle fonti
Quando osserviamo un mosaico sappiamo che esso è composto da tanti
frammenti, ma ai fini estetici della valutazione della composizione non occorre
conoscere e sapere quale sia la natura, la provenienza del singolo pezzo, perché
ciò che conta è il contributo che esso apporta all’opera finale. Nel comporre le sue
Novelle la Perodi attinge al suo intero bagaglio culturale, a tutta la sua biblioteca
interiore. Quando parliamo delle ipotetiche fonti utilizzate dalla Perodi per la
stesura delle sue Novelle possiamo, per comodità, distinguere fra quelle che hanno
contribuito alla costruzione del racconto di cornice, utilizzate cioè per
documentarsi sul Casentino, al fine di creare un contesto geograficamente,
socialmente e storicamente realistico; e quelle adoperate per trarre ispirazione per
il corpus di racconti fantastici. Diciamo ipotetiche poiché la nostra indagine può
procedere solo per ipotesi poiché, come afferma Lapucci, anche se «sarebbe molto
interessante l’analisi della biblioteca, dell’archivio, della corrispondenza e delle
carte della scrittrice» ciò non è possibile poiché «gli eredi hanno assicurato che
purtroppo tutto quanto appartenne alla Perodi è scomparso sotto un
bombardamento di Pisa durante l’ultima guerra mondiale»73, quindi non possiamo
far altro che basarci sui riscontri e i rilevamenti che emergono dalla lettura del
testo stesso, e sulle nostre congetture. Per l’ambientazione della storia di cornice
la Perodi ha sicuramente contratto un grande debito con la Guida illustrata del
Casentino di Carlo Beni74 da cui «sono stati tratti proverbi, detti e usanze locali»75,
oltre che dettagli topografici e informazioni storico-sociali e culturali sulla realtà
geografica casentinese. L’autrice ha inoltre familiarità con le raccolte folkloriche
toscane da cui ha attinto gli elementi relativi alle usanze, l’abbigliamento,
73
CARLO LAPUCCI, La Toscana nelle «Novelle» di Emma Perodi, in Emma Perodi: saggi critici e
bibliografia, p.96.
74
L’ opera a cui facciamo riferimento è CARLO BENI, Guida illustrata del Casentino, Firenze,
Tipografia Niccolai, 1881.
75
MARA RENGO, Il folklore nascosto nelle «Novelle della nonna», in Casentino in fabula, p.119.;
su questo argomento Cfr. anche, VIVIANA AGOSTINI-OUAFI, Dalla «Guida del Casentino» del Beni
alle «Fiabe fantastiche» della Perodi, «Annali aretini», 2, 1994, p.231-42.
24
l’alimentazione, e altri dati per dare alla sua famiglia di contadini una veste di
credibilità76.
Per quanto concerne i quarantacinque racconti fantastici, fermo restando che si
tratta di narrazioni originali della scrittrice, spunti e ispirazioni arrivano da un
nutrito bagaglio di letture e conoscenze. Innanzitutto la Guida del Beni, che con i
suoi aneddoti, è stata da stimolo anche per la stesura delle novelle. Ovviamente
poi va annoverato il patrimonio fantastico popolare e colto, italiano e straniero,
che ha costituito un ricco bacino da cui attingere personaggi e motivi. Da
profonda cultrice della letteratura tedesca e straniera, alla Perodi non sono affatto
estranei i fratelli Grimm, e non lo so neppure l’olandese Andersen o il francese
Perrault, maestri indiscussi della letteratura fantastica europea. Per quanto
riguarda la cultura autoctona, la tradizione novellistica toscana, ricca di episodi
pseudostorici e leggendari, è sicuramente un’altra fucina di suggerimenti: la
scrittrice conosceva l’opera di autori come Vittorio Imbriani, Giuseppe Pitrè,
Idelfonso Nieri, Gherardo Nerucci, Angelo De Gubernantis, Stanislao Prato. Ma
questo genere non lascia nelle Novelle un’impronta stilistica rilevante, anzi per
molti aspetti lo stile della Perodi è assai lontano da quello della fiaba toscana77. Il
contributo di questo genere perciò non va al di là del suggerimento, dello spunto
che incuriosisce la scrittrice e la spinge a sviluppare attorno ad esso una serie di
invenzioni78. L’atmosfera di certe novelle perodiane è inoltre molto vicina ai toni
del romanzo gotico e del feuilleton, al gusto noir di certa letteratura di epoca
romantica. L’affinità con la tradizione romantica emerge ad esempio, come
76
Per maggiori informazioni su l’argomento Cfr., RENGO, Il folklore nascosto nelle «Novelle della
nonna», in Casentino in fabula, pp.115-26; Rengo nel suo saggio fornisce un’analisi delle usanze,
dell’alimentazione, delle feste, della struttura familiare e di altri aspetti folklorici-tradizionali
casentinesi presenti nella struttura di cornice delle Novelle.; su questo argomento Cfr. anche,
LAPUCCI, La Toscana nelle «Novelle» di Emma Perodi, in Emma Perodi: saggi critici e
bibliografia, pp.91-109.
77
Sulla estraneità delle Novelle rispetto allo stile e alle caratteristiche della fiaba popolare toscana
Cfr., CARLO LAPUCCI, La Toscana nelle «Novelle» di Emma Perodi, in Emma Perodi: saggi critici
e bibliografia, p.91-109. Lapucci sostiene che «di elementi non toscani ve ne sono molti nel testo
della Perodi. Vi è, ad esempio, una presenza invadente del diavolo che non si registra nelle fiabe
toscane, i toni sono quelli cupi dei racconti a effetto d’ oltralpe, abbondano mostri, toni macabri,
ambienti cimiteriali, […]. Soprattutto manca l’ironia, questo ingrediente fondamentale della
narrazione popolare (e letteraria) toscana […].», ivi., pp.94-95.
78
Cfr., GIOVANNI CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della realtà, in Casentino
in fabula, p.147.
25
sostiene anche Cardini, nella figura del Diavolo79, l’antagonista principale di gran
parte delle novelle, che risente per la sua fisionomia e caratterizzazione delle
pagine di Goethe e di Arturo Graf80. Non mancano poi riferimenti letterari più alti:
la Divina Commedia e la documentata presenza del suo autore in Casentino,
hanno esercitato sulla Perodi un indubbio fascino che trova riscontro nelle pagine
delle Novelle.
Nell’opera tuttavia le leggende, le fiabe, la tradizione novellistica, la narrativa
noir ottocentesca non devono essere rintracciate allo scopo di misurarne
l’accuratezza della citazione o la misura del prestito, bensì dobbiamo valutare il
contributo finale che esse hanno accordato al testo perodiano. Se la Perodi attinge
a questi generi e sottogeneri lo fa perché ciascuno arricchisce il suo testo di un
particolare colore: ognuno, con le proprie caratteristiche e i propri stilemi, offre al
mosaico perodiano una particolare sfumatura, che nel complesso contribuisce a
dare alla composizione finale la sua consistenza. Se sono le tinte cupe del
romanzo noir ottocentesco e delle leggende di stampo religioso a prevalere, non
mancano tuttavia a mitigarne i toni, i finali positivi e il taglio più disteso delle
novelle storiche. In quest’opera ogni elemento preserva la sua naturale
individualità,
ma
nell’incontro,
nella
giustapposizione
e
talvolta
nella
commistione con gli altri frammenti, finisce per trasformarsi in qualcosa di nuovo
che ha proprio nella pluralità la sua peculiarità.
Possiamo scorgere, grazie alla presenza di nomi di luoghi, date, battaglie e
aneddoti storici, i prestiti dalle novelle storiche e dai racconti folklorici, che
79
Per un approfondimento sulla figura del Diavolo nelle Novelle Cfr., AURÉLIE LUCAS, «Le
Novelle della nonna. Fiabe fantastiche» (les nouvelles de la grand-mère. Contes fantastiques)
d’Emma Perodi : une œuvre originale dans l’Italie post-unitaire, Universite de Caen BasseNormandie,
Année
universitaire
2004-2005,
tesi
pubblicata
nel
sito,
www.bibliografiaeinformazione.it.; Lo studioso analizza la figura del Diavolo all’ interno della
raccolta perodiana e sostiene che: «Dans le Novelle della nonna, le diable apparaît en tant que
protagoniste ou antagoniste dans les quarante-cinq contes de la vieille narratrice. Il se présente tel
qu’il est représenté dans la civilisation occidentale, c’est-à-dire comme un personnage
monstrueux»; ivi., p.66.
80
Cfr., FRANCO CARDINI, Le forme del magico nelle «Novelle della nonna», in Casentino in
fabula, p.72., Cfr. anche, LUCAS, «Le Novelle della nonna. Fiabe fantastiche» (les nouvelles de la
grand-mère. Contes fantastiques) d’Emma Perodi : une œuvre originale dans l’Italie postunitaire, in cui lo studioso sostiene: «Emma Perodi connaissait bien la monographie d’Arthur Graf
sur le diable, ce qui lui a aussi permis de trouver une bonne source d’inspiration pour ce thème.»,
Ivi., p.66.; Cfr. anche, FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in Casentino in fabula, p.322.
26
proprio nel Casentino, grande scenario geografico del libro, vantano una lunga
tradizione. Pensiamo alla novella La corona della Madonna, ambientata al tempo
dell’antipapa Callisto III nel monastero di Strumi, che narra le vicende del suo
immaginario successore, frate Lamberto, o al racconto La mula della badessa
Sofia, incentrato sullo storico personaggio vissuto realmente a Pratovecchio.
Santi, monaci, la Madonna, Gesù e il Diavolo testimoniano il contributo delle
leggende cristiane e delle agiografie. Usuale è incontrare nelle pagine delle
novelle San Francesco, Sant’ Anna, San Rocco, invocati per la loro protezione;
frequenti sono i miracoli che si verificano nelle storie, come ad esempio ne La
corona della Madonna o ne Il nascondiglio del Diavolo:
«- Mentre accendevo le lampade dinanzi all’immagine della Madonna,
questa ha cominciato a scrollare il capo, prima piano e poi forte, e le è
caduta di testa la corona.»81;
«La Vergine ebbe compassione delle lacrime delle donne e fu
commossa dell’offerta che esse facevano. Ma prima di rivolgersi al
Conte, volle impietosire Ciapo. Egli dormiva ancora, quando la
Vergine gli apparve e gli disse […] »82.
Molti sono poi gli eremiti dai poteri miracolosi, come fra’ Celestino a cui ricorre
ad esempio la contessa Manentessa per salvare il conte Selvatico di Pratovecchio
reso folle dalla persecuzione dallo spettro di Amerigo di Narbona ne L’ombra del
sire di Narbona:
«c’era peraltro, su a Camaldoli, un frate che non poteva alzarsi mai dal
suo strapunto, e perfino in chiesa lo portavano a braccia su quello.
Egli non apriva mai gli occhi, ma in compenso parlava senza chetarsi
un minuto solo. Si diceva che fra’ Celestino avesse continue visioni, e
81
PERODI, Le novelle della nonna, p.151.
Ivi., p.240.
82
27
comunicasse direttamente coi santi, onde a lui ricorreva tutto il
contado e anche persone di alto lignaggio»83 .
La narrativa nera romantica e quella fantastica sono rintracciabili nelle dinamiche
che muovono molti racconti e nei personaggi che li popolano: una lunga schiera di
streghe, mostri, fantasmi, animali immondi, che possono ascriversi tra gli
archetipi del fantastico tradizionale, popolare e non. Pensiamo alle novelle Il lupo
mannaro, I nani di Castagnaio, L’Incantatrice, La matrigna di Lavella, Il
talismano del conte Gherardo, in cui per la presenza di doni magici, di figure e
scenari stregati è facile scorgere gli echi della «grande cultura favolistica
europea» 84 : primi fra tutti i fratelli Grimm ed Andersen 85 . Consideriamo ad
esempio «la rôcca miracolosa»86 che ha un ruolo cruciale ne Il talismano del conte
Gherardo:
«questa dote non consiste in oro o in argento ma in una rôcca coperta
di lana che ella deve filare nel momento del pericolo, bagnandola di
lacrime. Con quel filato ella potrà avvolgere tutte le persone che le
sono care e renderle invulnerabili ai colpi di arma, alle malattie e a
qualsiasi minaccia.»87
Oggetti dotati di poteri sovrannaturali e miracolosi arrivano in soccorso anche di
Santina e Gosto, protagonisti de L’Incantatrice:
«allora condusse il giovane davanti ad una cassa, e, apertala, ne cavò
un campanellino, un coltello e un bastone. […] Ti do il coltello per
difenderti dai malefici, il campanello per avvertirmi dei pericoli che
83
Ivi., p.33.
FRANCO CARDINI, Le forme del magico nelle «Novelle della nonna», in Casentino in fabula,
p.72.
85
Per maggiori informazioni su questo argomento Cfr., ibid., p.69-79.
86
PERODI, Le novelle della nonna, p.462.
87
Ivi., p.455.
84
28
corri, e il bastone lo tengo per me, per raggiungerti in caso di
bisogno»88.
In questa novella incontriamo anche un tipico personaggio del genere fantastico,
la strega, qui chiamata incantatrice, appellativo che da il titolo alla novella stessa,
e descritta secondo i dettami classici:
«L’Incantatrice non poté gettar altro che un grido, che terminò in un
gemito soffocato, perché il desiderio di Santina si era compiuto, e la
bella Fata delle acque era trasformata in una orribile vecchia, bavosa e
rugosa.»89
Personaggi tipicamente fantastici vengono messi in scena anche ne I nani di
Castagnaio, in cui viene descritto una popolazione di nani che ama stordire gli
umani con una «danza vertiginosa »90:
«- C’era dunque una volta a Castagnaio tutto un popolo di Nani, divisi
in quattro tribù, che abitavano i boschi, le piagge, le valli e i poderi,
dove maturano le messi.»91,
Ciò che colpisce scorrendo le novelle è che, pur scorgendo in esse, di volta in
volta, il prevalere o della dimensione storica o di quella fantastica o ancora di
quella devozionale, è impossibile procedere ad una ripartizione se non in modo
solo approssimativo. Nelle novelle L’Incantatrice e Il talismano del conte
Gherardo la dimensione magico-fantastica è contaminata da quella sacrocristiana, in quanto i doni magici sono appartenuti e/o stati consegnati ai
personaggi da figure religiose:
88
Ivi, p.357.
Ivi., p.363.
90
Ivi., p.345.
91
Ivi., p.344.
89
29
«Queste tre reliquie, -ella disse, -non sono mai uscite dalla mia
famiglia. Ecco il campanello di San Romano, che ha un suono che si
sente a qualunque distanza e avverte gli amici del pericolo che corre
colui che lo possiede. Il coltello appartenne a San Donato, e tutto ciò
che tocca sfugge agli incantesimi dei maghi e del Demonio; il bastone
poi è quello del glorioso San Francesco, e conduce dove uno vuol
andare.»92;
«Sant’Anna sparì dopo aver deposta la rocca sul letto, e di poi venne
al mondo Luisa. Alla quale non credo di dover dare altra dote che
quella assegnatale dalla gloriosa Madre della Vergine Maria.»93
Nella novella L’ombra del sire di Narbona invece prevale la dimensione storica,
descritta con precisione e puntualità :
«avvenne giù nel piano di Campaldino e Certamondo una grande
battaglia fra i fiorentini e gli aretini, comandati dal vescovo Guglielmo
degli Ubertini d’Arezzo, […], e i vassalli del conte Guido Novello»94;
«il giorno 11 giugno […] i due eserciti vennero a battaglia»95 .
Tale dimensione non è tuttavia totalizzante, in quanto la narrazione effettua ben
presto una virata nel clima tipico della narrativa noir e fantastica:
«sul nel pian di Campaldino, invece di covoni di grano falciati, vi
rimasero monti di cadaveri, sui quali i corvi facevan baldoria, e la
gente di qui aveva tanta paura ad accostarsi a quel campo di morti»96;
92
IVI.,p.357.
Ivi., p.455.
94
Ivi., p.27.
95
Ibid.
96
Ibid.
93
30
«udì un grido ripercorso da mille bocche, e da quei monti di ossami,
che spiccavano nella notte buia, vide alzarsi a centinaia gli scheletri
dei guerrieri insepolti, e tender le mani per afferrare chi la coda, chi la
criniera, chi le briglie del suo cavallo»97;
«ma appena ebbe chiusi gli occhi gli parve di vedere vicino al suo
letto l’ ombra avvolta nel bianco lenzuolo, e mandando un grido e si
destò»98.
La novella concede inoltre uno spiraglio anche alla sfera religiosa, lasciando che
sia un frate l’aiutante a cui si rivolge la protagonista:
«la contessa di Pratovecchio fece come i monaci le avevano detto di
fare, e, appoggiate le palme su quelle del frate, gli domandò: - Sapresti
tu suggerirmi un rimedio per liberare il signor mio dalla persecuzione
del Sire di Narbona? […]. - Se vuoi salvare il tuo signore, - rispose di
li a poco il fraticello, - devi prendere il cero pasquale […]»99.
Quella che in apparenza poteva sembrava una novella storica, sfuma quindi in un
racconto fantastico, con risonanze del meraviglioso cristiano.
E allora alla fine, terminata la lettura, le tessere del mosaico si polverizzano sotto
la spinta distruttrice della creatività perodiana, che trasforma le Novelle in un
labirinto dove le fonti si perdono e si confondono nel dedalo della fantasia della
scrittrice. Le fiabe non sono più tali perché vestono i panni delle leggende; e così
entriamo nel libro convinti di leggere novelle ma girate le prime pagine, ci
ritroviamo dinnanzi ad un racconto indefinibile, se non come tale.
97
Ivi., p.29.
Ivi., p.30-31.
99
Ivi., p.33.
98
31
3.3 La prospettiva pedagogica
Un momento didattico è espressamente rappresentato nel libro dalle chiuse di
commento alle novelle, dove la nonna assieme al suo uditorio si scambiano
domande e interpretazioni sul racconto appena terminato100:
«Mamma, avete fatto bene a raccontar questa novella. Non si sa mai
se nell’anima di qualcuno dei bambini che vi ha ascoltato non vi sia la
pianta
velenosa
dell’invidia.
Quest’esempio
basterà
loro
ad
estirparla»101;
«Tutti quelli che avevano ascoltato la narrazione, rabbrividivano e
dicevano: - Ma sarà vero? - Maso, per levar la paura di dosso ai bimbi,
cominciò a dire: - Non lo sapete che le son fole! […] Ma né Diavolo
né Santi bazzicano nel mondo, e i morti non risuscitano. La parola
autorevole del capoccia rassicurò i bimbi»102.
La funzione pedagogica di questo procedimento testuale sta proprio nel fatto che
esso esplicita l’atto di dialogo e confronto tra narratore e ascoltare, dal quale ha
origine l’insegnamento. La scrittrice non ha voluto relegare l’ammaestramento
etico ad un rigo come avviene nelle favole che presentano, terminata la storia, la
celeberrima morale. La Perodi ha scelto di rappresentare il momento educativo in
essere, ovvero nel suo svolgimento. Per la Perodi infatti la morale, sottesa a tutto
il suo libro, è l’importanza dell’interazione tra vecchia e nuova generazione, tra
un sapere vernacolare e una nuova cultura letteraria. Ecco perché sceglie di
narrare la scambio di battute che avviene a racconto finito, come a dire che è
proprio dopo il racconto che viene il meglio. Forse allora, quella che tanto
ingenuamente abbiamo relegato a cornice del testo, è qualcosa di più: come
sostiene Andreoli «la cornice, qui, assume una consistenza che travalica il suo
ufficio e tale da consentirne una lettura autonoma»103. Si ha come l’impressione
100
Cfr., Introduzione di Annamaria Andreoli in PERODi, Novelle, p.IX.
PERODI, Le novelle della nonna, p.109.
102
Ivi.,p.147-48.
103
Introduzione di Annamaria Andreoli in PERODi, Novelle, p.VIII.
101
32
che l’interpretazione giusta è quella che ribalta la struttura del testo. Il corpus di
novelle è solo un pretesto, un momento d’intrattenimento, che serve da input a
quello che è il vero fulcro dell’opera: la storia di una famiglia che, dopo aver
ascoltato per un anno le novelle della vecchia nonna, morta quest’ultima, è pronta
ad accogliere un nuovo «passatempo» basato sulla «lettura di buoni libri»104, non
senza una vena di nostalgia: «sarà difficile che in essi troviate maggior diletto e
maggior utile che nelle novelle della nonna» 105 . Allora forse i Marcucci sono
l’allegoria del popolo italiano che sta per entrare in una nuova epoca culturale, in
cui il sapere tradizionale per rimanere vitale deve trasformarsi, deve farsi libro.
Gli anni in cui la Perodi scrive le Novelle, conoscono il boom editoriale e
«l’esplosione del mercato librario»106. È un momento di fermento sia culturale che
politico, vista la recente unificazione del paese. Questo ci lascia presumere come
plausibile, che intellettuali ed editori, sentissero ancor più che in altri momenti, la
responsabilità di formare e istruire una nuova generazione e soprattutto un nuovo
popolo. Visto lo scarsissimo livello di alfabetizzazione popolare 107 il lavoro da
fare è tanto e il libro diventa uno strumento indispensabile e prezioso. Come
sostiene Faeti «quando un libro di testo entrava in una famiglia acquisiva, […], in
essa, un’importanza oggi quasi impensabile, fino a porsi come taumaturgico e
simbolico spartiacque tra chi “sapeva” e chi “ignorava”»108. La Perodi è conscia di
questo immenso potere racchiuso nel libro, vero e proprio veicolo di cultura, ma
sa anche che per essere davvero fruttuoso, deve essere reso appetibile e
commestibile per un pubblico pressoché digiuno di cultura libraria. Nelle Novelle
questo problema emerge esplicitamente per bocca di Regina: «credimi, Vezzosa,
certi libri non son fatti per gli ignoranti come noi. Se ci si comincia a riflettere,
s’ammatisce, perché il nostro cervello non è avvezzo a certo cibo»109. Nel suo
libro inoltre la Perodi vuole concedere al «repertorio mnemonico» tradizionale,
trasfigurato in nonna Regina, la possibilità di congedarsi, per lasciare spazio alla
104
PERODI, Le novelle della nonna, p.534-35.
Ibid.
106
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.104.
107
Cfr. AGOSTINI-OUAFI, Il Casentino fantastico di Emma Perodi, metafora della patria ideale, in
Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.69. Agostini-Ouafi afferma che nella seconda metà
dell’Ottocento «l’analfabetismo tocca il 78% della popolazione, ma si tratta di una percentuale
certamente ottimistica», Ibid.
108
FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in Casentino in fabula, p.297.
109
PERODI, Le novelle della nonna, p.183.
105
33
«lettura di libri stampati, nuovi archivi del sapere e del ricordare, ormai sempre
più accessibili e prossimi al grande pubblico in corso di alfabetizzazione»110. E
quindi la morte di Regina, che si spegne proprio dopo aver terminato di narrare
tutte le novelle che conosce, è l’allegoria di questo «passaggio che conduce dal
raccontare al leggere»111.
Le Novelle nascono perciò per essere soprattutto uno strumento educativo. Non
c’è tuttavia «un accurato lavoro di lima»112. Esse vengono realizzate per assolvere
un compito culturale, nel senso lato del termine, e per questo l’autrice punta tutto
sulla funzionalità. Scritte negli anni di pieno fermento «della cosidetta “questione
della lingua”»113, le Novelle non mirano tanto o solo ad un’educazione linguistica,
ovvero a «contribuire alla diffusione della cosidetta “lingua nazionale”»114, quanto
piuttosto ad un’educazione morale e culturale a tutto tondo, anche se semplicistica
e manierata. Il modello proposto è piuttosto spicciolo ed aderente all’ «ideologia
liberale», contraria alla «mobilità sociale»115: un’umile famiglia contadina dedita
al lavoro, ancorata alle usanze della propria classe e ai valori tradizionali, i
Marcucci. L’autrice stessa interviene nel testo elogiando questa famiglia-modello
e, rompendo la finzione letteraria, si rivolge direttamente al lettore:
«Ormai già conoscete quei buoni contadini e sapete che essi erano
pronti a qualunque sacrificio, pur di risparmiare ai congiunti, e
specialmente alla vecchia Regina, crucci e amarezze. In seguito
vedremo con quale animo forte essi sopportarono la sventura: e
sempre più spinti saremo ad ammirarli. Ma per ora non mettiamo il
110
CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.91.
Ibid.
112
COSTANZA BREZZI, Emma Perodi: non solo novelle, Atti della Giornata di Studio, Biblioteca
Nazionale Centrale di Firenze, 9 maggio 2013, a cura di Walter Scancarello, Bibliografia e
Informazione, 2014 (di prossima pubblicazione).
113
Ibid.; Per maggiori informazioni su tali concetti rimandiamo al suddetto saggio in cui la Brezzi
analizza le Novelle alla luce delle problematiche socio-culturali, sorte dopo l’unità d’Italia,
riguardo alla mancanza di una lingua nazionale: «i primi anni del nuovo regno furono caratterizzati
da numerose dispute sulla questione linguistica portate avanti con grande fervore da studiosi e
scrittori del tempo: tra questi si segnalò in particolar modo Alessandro Manzoni.», ibid.
114
Ibid.
115
COLIN, Fiabe della nonna o novelle fantastiche?, in Casentino in fabula, p.90.
111
34
carro avanti ai buoi, e lasciamo che la narrazione segua il suo
corso.»116
Come nota Lapucci, nel presentare il mondo rurale c’ è da parte della Perodi «una
sostanziale esteriorità», quindi non dobbiamo aspettarci un modello costruito con
perizia: «i suoi schemi sono di maniera, il suo linguaggio asettico, la sua visione
intellettualizzata, la psicologia borghese, i popolani sono quello che i borghesi
pensano dei popolani»117. Per adempiere al suo obiettivo, la Perodi non mira a
realizzare un prodotto ricercato, dai contenuti esemplari, ma preferisce creare
un’opera che sappia avvicinarsi al popolo118 senza intimorirlo, risultando familiare
ed accattivante. Un’opera quindi che recuperi, «secondo il gusto del tempo,
formatosi nel clima letterario del decadentismo, della Scapigliatura» 119 e del
romanticismo, il repertorio della letteratura d’intrattenimento e di quella
fantastica, «amante delle tinte forti, dell’orrido, del raccapricciante, del fantastico
mortuario»120, innestandolo nella letteratura per l’infanzia, in modo da far subito
presa sul lettore sia giovane che adulto. E se può servirsi del «meraviglioso» e del
«fantastico» 121 come strumenti pedagogici, idea inaccettabile per la cultura
italiana alta di fine Ottocento
122
, che li reputa assolutamente inadatti
116
PERODI, Le novelle della nonna , p.390.
CARLO LAPUCCI, La Toscana nelle «Novelle» di Emma Perodi, in Emma Perodi: saggi critici e
bibliografia, p.95.
118
Quando parliamo di popolo per riferirci al pubblico perodiano, intendiamo la borghesia. In
accordo con quanto sostiene Lapucci: la Perodi «non scrisse per i contadini, ma per la borghesia
dell’ epoca, che, come lei era ormai lontana dalla vita rurale, artigiana, paesana del passato e
guardava, magari con un po’ di provincialismo, ad altre realtà portate dall’incipiente
industrializzazione, dalla scolarizzazione», Ibid.; Tuttavia, come constata lo stesso Lapucci, ci
troviamo in un momento storico in cui «il mondo contadino comincia a guardare alla borghesia
come punto di riferimento, cercando d’ inserirvisi. […]. In sostanza si apre una breccia sia nella
borghesia che nel mondo contadino: i due universi cominciano a comunicare questa volta a livelli
di scambio, di matrimonio, di lavoro. Non è certo un mutamento di struttura, ma un movimento
iniziale che è stato notato e descritto con sensibilità e acume dalla Perodi, la quale non
immaginava che questa incrinatura lieve nei due mondi avrebbe portato di lì a pochi decenni
addirittura a una voragine», Ivi., p.105.
119
Ibid.
120
Ivi, p.95-96.
121
COLIN, Fiabe della nonna o novelle fantastiche?, in Casentino in fabula, p.88.
122
Per maggiori informazioni su tale questione rimandiamo a LUCAS, «Le Novelle della nonna.
Fiabe fantastiche» (les nouvelles de la grand-mère. Contes fantastiques) d’Emma Perodi : une
œuvre originale dans l’Italie post-unitaire, in cui lo studioso affronta la questione dell’ assenza di
una letteratura fantastica in Italia: «La situation historique et sociale de la péninsule post-unitaire,
les impératifs éducatifs de la pédagogie libérale et l’hégémonie de l’Eglise catholique fournissent
les principales raisons de l’absence d’une littérature fantastique italienne au XIXème siècle. Les
intellectuels italiens de cette période refusaient les superstitions populaires au nom du bon sens, de
117
35
all’educazione infantile, è solo perché grazie all’espediente testuale della vecchia
novellatrice che narra storie, ha potuto relegare l’elemento terrificante e orroroso,
tipico del genere fantastico, dietro un muro di cinta che separa la realtà, la vita dei
Marcucci, dalla finzione, le novelle raccontate. Ed un grande aiuto, in questo
senso, arriva anche dalla presenza chiaramente pedagogica di un narratore, nonna
Regina, che intervenendo a fine racconto spiega, ammaestra e rassicura123. I primi
a riconoscere e apprezzare questa impareggiabile dote di Regina sono proprio i
suoi familiari, che non mancano di tessere le sue lodi, ed è proprio attraverso le
amorevoli parole di Cecco, che la Perodi ci offre un’importante chiave di lettura:
«Ella, in mezzo a narrazioni fantastiche, vi ha insegnato tante cose;
ogni novella racchiudeva esempi di fortezza di carattere, di virtù e di
rassegnazione nelle sventure, e con tatto squisito ella sceglieva quelle
più adattate al presente stato dell’ animo nostro … Mamma, aggiunse volgendosi verso di lei, - voi non sapete quanto bene ci avete
fatto nei momenti di scoraggiamento e di dolore». 124
la religion et de la science.», Ivi., p.39. ; per ulteriori approfondimenti, Cfr., MARIELLA COLIN, La
difficile naissance de la littérature fantastique en Italie, Paris, «Les langues néo-latines», 272,
1990.
123
Cfr., COLIN, Fiabe della nonna o novelle fantastiche?, in Casentino in fabula, p.88.
124
PERODI, Le novelle della nonna, p.535.
36
3.4 Il carattere popolare
Nonostante l’indiscussa dimensione pedagogica, le Novelle hanno a lungo subito
renitenze ad essere introdotte nella letteratura canonica per l’infanzia, e tuttora la
loro collocazione nel sistema dei generi crea qualche imbarazzo. Per far luce su
tale questione dobbiamo innanzitutto tenere in considerazione che il testo, per
scelta della scrittrice e dell’editore, non ha l’intenzione di essere un libro
esclusivamente per ragazzi 125 . La causa della riluttanza va cercata perciò nella
natura stessa del testo che sfugge, per il suo carattere composito e miscellaneo, ad
una facile catalogazione. La natura eterogenea del libro è dovuta in parte al
contesto editoriale in cui nacquero le Novelle, la casa editrice Perino: «Perino
inventa una letteratura della contaminazione, in cui i generi più diversi devono
mantenere la propria autonoma fisionomia, proprio per far meglio risaltare una
sorta di composizione aperta, mai sufficientemente definita»126. Se queste sono le
volontà dell’editore, non stupisce che egli abbia deciso di pubblicare le Novelle,
che incarnano alla perfezione il tipo di scrittura che Perino sta cercando. Il testo
della Perodi quindi, se da una lato deve e vuole rispondere alle esigenze culturalididattiche della sua epoca, esposte nel paragrafo precedente, dall’altro deve fare i
conti anche con le richieste editoriali. Ecco perciò che accanto ad elementi scelti
per la loro valenza educativa convivono altri, tipici della letteratura noir dalle tinte
forti, la cui presenza tuttavia ha osteggiato l’inserimento delle Novelle nelle fila
dei libri programmaticamente educativi. Tuttavia se la Perodi avesse epurato
l’atmosfera horror, in cui i racconti di nonna Regina sono immersi, la sua raccolta
avrebbe perso quel quid che cattura il lettore popolare. I romanzi d’appendice, la
letteratura d’intrattenimento, come anche quella fiabesca e quella tradizionale di
ascendenza orale, basano il loro successo proprio su quella componente macabra e
misteriosa. La Perodi perciò, nonostante gli intenti didattici del suo lavoro, non
può e non vuole sbarazzarsi proprio di quel elemento che meglio di tutti avrebbe
attirato il pubblico e garantito il successo editoriale. La sua opera deve quindi
125
Per maggiori informazioni su questi concetti Cfr., CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli»,
p.104- 111.
126
FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in Casentino in fabula, p.292.
37
tentare di istaurare un difficile equilibro tra tutte le intestine e conflittuali esigenze
sottese al libro, creando un’impalcatura testuale capace di sorreggerle tutte 127 .
Non va neppure dimenticato che «la dimensione giornalistica da cui
probabilmente
ricavò
l’atteggiamento
preziosamente
contaminatorio»
accompagnò la Perodi «in tutta la sua produzione» 128 e quindi il carattere
miscellaneo delle Novelle va attribuito anche ad un’inclinazione personale
dell’autrice. Ed è proprio questa contaminazione a conferire al testo la sua
peculiarità, perché abbracciando trasversalmente più generi, lo svincola
dell’urgenza della classificazione. L’incontro più audace che avviene nel testo è
sicuramente quello tra bassa e alta cultura, dal quale si genera un prodotto che si
posiziona al centro, in quanto frutto di entrambe le categorie: «la prima grazie al
processo di letterarizzazione della tradizione e soprattutto alla messa in scena
dell’atto del narrare-ascoltare, non è destinata a sparire ad essere sopraffatta, e la
seconda non è inevitabilmente costretta a fagocitarla»129, contribuendo piuttosto
ad elevare la materia ed espanderla in nuove direzioni. Questo nuovo prodotto può
essere definito popolare, a patto che si svincoli il termine da ogni accezione bassa
e paraletteraria, conferendo piuttosto ad esso un significato di modernità, intesa
come attenzione ai gusti del pubblico e soprattutto alle esigenze socio-culturali
dell’epoca. Perino, lo «stampatore per il popolo»130, trova nella Perodi ciò che sta
cercando: una scrittrice per il popolo: «la Perodi non dette e non volle dare una
raccolta di fiabe popolari, ma una libera rielaborazione di temi popolareschi nel
gusto del tempo »131.
La popolarità, in questa nuova accezione del termine, non misura il successo di
un fatto letterario ma la sua capacità di comprendere l’importanza delle radici
127
La capacità della Perodi di porsi al confine di più generi è segnalata anche dallo studioso Lucas:
«Elle a apporté une œuvre qui peut être classée dans la catégorie du fantastique mais qui reste
cependant en accord avec les idéaux pédagogiques et le contexte littéraire italiens de la fin du
XIXème siècle grâce à une narration à deux niveaux.», LUCAS, «Le Novelle della nonna. Fiabe
fantastiche» (les nouvelles de la grand-mère. Contes fantastiques) d’Emma Perodi : une œuvre
originale dans l’Italie post-unitaire, p.106.
128
FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in Casentino in fabula, p.334.
129
AGOSTINI-OUAFI, Il caso emblematico delle «Novelle», in Casentino in fabula, p.33.
130
Cfr., UMBERTO VICHI, Edoardo Perino. Stampatore per il popolo, Roma, Alma Roma, 1967.
Riportiamo qui la formula utilizzata da Vichi nel titolo del volume dedicato all’attività dell’editore
romano, a cui rimandiamo per una maggiore documentazione sull’argomento.
131
LAPUCCI, La Toscana nelle «Novelle» di Emma Perodi, in Emma Perodi: saggi critici e
bibliografia, p.95.
38
culturali di un popolo, traghettarle nel futuro, attraverso nuovi canoni, senza
timore di mescolare e soprattutto attivando una cospicua rete di interscambi tra
generi, modelli e codici. E le Novelle, al di là del loro successo personale o del
risultato qualitativo ottenuto, rappresentano un fatto letterario moderno 132 ,
popolare, e sicuramente «emblematico […] nella storia culturale nel nostro
paese»133, in quanto è stato capace di realizzare «un compromesso esemplare tra
oralità e scrittura, tra cultura del popolo e cultura delle èlites»134, fondamentale
per garantire la coesione nazionale.
132
La novità e la singolarità dell’opera perodiana è stata sottolineata anche da Lucas:
«L’originalité et la modernité de cette œuvre se situent dans le fait que l’auteur a introduit dans les
récits de la conteuse fictive les thèmes et les motifs fantastiques que les intellectuels italiens de
l’époque rejetaient.», LUCAS, «Le Novelle della nonna. Fiabe fantastiche» (les nouvelles de la
grand-mère. Contes fantastiques) d’Emma Perodi : une œuvre originale dans l’Italie postunitaire, p.106.
133
AGOSTINI-OUAFI, Il caso emblematico delle «Novelle», in Casentino in fabula, p.15.
134
AGOSTINI-OUAFI, Il Casentino fantastico di Emma Perodi, metafora della patria ideale, in
Emma Perodi: saggi critici e bibliografia, p.71.
39
CAPITOLO 4
Il MEDIOEVO FANTASTICO NELLE NOVELLE
4.1 Medioevo reale e Medioevo perodiano: un’infedeltà calcolata
Nel procedere all’analisi del contesto storico usato dalla Perodi nelle Novelle,
ovvero il Medioevo, occorre puntualizzare che il nostro obiettivo non è quello di
verificare se le Novelle siano o meno un testo letterario utilizzabile come fonte
storica. Tale verifica terminerebbe molto presto con un esito negativo,
imbattendoci subito in errori, sviste e anacronismi di cui il testo perodiano è ricco.
L’obiettivo è perciò un altro: procedere ad un confronto tra il Medioevo perodiano
e il Medioevo storico, per riuscire a capire e motivare le scelte dell’autrice.
Come detto pocanzi, nessuno suggerirebbe mai le Novelle come testo per
documentarsi sulle vicende medioevali casentinesi. Esse sono piene di
imprecisioni ed errori talvolta anche grossolani, eppure proprio questa infedeltà è
preziosa perché sintomatica di un meccanismo che sta alla base del processo
creativo perodiano. Quando un autore sceglie per il proprio libro un’epoca diversa
da quella in cui è nato, nel ricostruire tale periodo storico, si focalizza su quegli
aspetti che sono funzionali alla sua storia. Egli perciò ricostruisce uno squarcio di
quell’epoca che non può essere esaustivo, per due motivi: da un lato perché l’
autore ha selezionato soltanto ciò che gli occorre per costruire il fondale della sua
trama, dall’ altro perché «qualsiasi epoca del passato, quand’ anche venga pensato
e ricostruito con tutto il possibile sforzo razionale e utilizzando tutte le fonti
disponibili […] si rivela, almeno in parte, un prodotto della fantasia»135. Un autore
che invece scrive di un’epoca in cui vive, non può che costituire di per sé, per
ovvie ragioni, una fonte più autentica. Dalla sua penna infatti emerge l’essenza
più intima dei suoi tempi, e sulla pagina attraverso la visione dell’uomo-autore
traspare il contesto storico-socio-culturale che lo ha cresciuto. Tornando alla
Perodi penso che quanto sopra detto può aiutarci a trovare una giustificazione alle
135
GIOVANNI CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della Realtà, in Casentino in
fabula, p.135.
40
sue inesattezze storiche. Ella sceglie e seleziona del Medioevo quegli aspetti che
sono funzionali alla sua trama. E non dobbiamo limitarci a definire questo
atteggiamento come un atto di superficialità o una mancanza di cultura da parte
dell’autrice. Se vogliamo, ella sceglie di essere imprecisa, sceglie di piegare e
trasformare alcuni elementi del Medioevo perché ciò che conta è la riuscita finale
del racconto. Se per creare più suspence, per aumentare l’orrore è necessario
forzare i dati storici, questo nel libro si può fare. Le Novelle sono un racconto di
fantasia che si serve delle storia come di una qualunque altra fonte d’ispirazione,
e come tale, anch’ essa può subire dalla penna dell’autore modificazioni, ritocchi
e cambiamenti. La Perodi perciò crea un Medioevo che ha quel quid di verosimile
che serve per attirare il lettore, incuriosirlo ed infine depistarlo, facendogli
smarrire i confini tra finzione e realtà, come ci si aspetta del resto da ogni buon
libro che si rispetti.
Il Medioevo è per le novelle di nonna Regina linfa vitale. È il contesto necessario
da cui possono scaturire le storie macabre e terrificanti che vedono cavalieri,
streghe, mostri, santi, diavoli e monaci lottare, truffare, morire e resuscitare in una
sequela di avventure mitico-leggendarie in cui sacro e profano si mescolano con il
magico e il miracoloso: «non si può negare alle novelle della Perodi una forte
capacità di suggestione e una carica evocativa di atmosfere medievali.» 136 Il
Medioevo perodiano, alterato, impreciso, immaginario e immaginato, se da un
lato è un inutile documento storico dall’altro è una preziosa prova delle intenzioni
dell’autrice. Manifesta infatti la volontà della scrittrice di realizzare un’opera in
cui i racconti della nonna siano avvolti da un alone di mistero capace di proiettare
il lettore in una dimensione lontana e mitica, al tempo dei tempi, calandoli tuttavia
in un contesto verosimile, capace di suggestionare il lettore: nell’ «affascinante
Medioevo fantastico della Perodi […] i brandelli del Medioevo reale servono per
dare un’ aria di quotidiana verità alle invenzioni più ardite»137 . La Perodi vuole
rendere le sue storie plausibili, perché lo sgomento e la paura, e quindi
l’attenzione del lettore, aumentano quando un fatto è ammissibile. Per far ciò
immerge le novelle nel Medioevo, in quanto esso costituisce nell’immaginario
136
137
Ivi, p.139.
Ivi., p.148.
41
collettivo, l’ideale contenitore di suggestioni e paure ataviche. Nonna Regina,
sotto i cui panni si cela l’autrice, per catturare l’interesse del suo uditorio colloca
le sue storie in luoghi reali, che delinea con perizia topografica, cita nomi di
personaggi realmente esistiti o di episodi veramente accaduti. Così facendo
insinua il dubbio, che non solo tiene alta l’attenzione, ma carica gli ascoltatori di
tensione che si scioglie a racconto ultimato in un tripudio di domande. Esemplare
la reazione di Annina, al termine de L’ombra del sire di Narbona:
«-Voi, babbo, -domandò l’Annina, rivolta a Maso, -voi che passate dal
piano di Campaldino anche di notte, per andare alla fiera di
Pratovecchio o di Stia, l’avete viste le ombre? […] l’Annina tempestò
di domande tutti gli zii a uno a uno.»138
E quindi se alla scrittura è sottesa la volontà della scrittrice di impressionare il
lettore con racconti di paura, il Medioevo è una scelta quasi obbligata, e le
imprecisioni sono sintomatiche di una narrazione che vuole mantenersi sul piano
del verosimile, per puntare tutto sul coinvolgimento emotivo. La scarsa
attendibilità storiografica è in un certo senso, la giusta modalità con cui presentare
fiabe che hanno ascendenze leggendarie, e quindi in quanto tali scelgono di
abbandonare l’indeterminatezza temporale ma mantengono nell’ errore storico
quel quid di indefinito tipico del racconto fantastico139.
Ma qualcosa di genuino e autentico c’è nelle mistificatorie Novelle: le paure
suscitate dal racconto, tanto nei personaggi quanto nei lettori. Paure che
impressionano l’ uomo di ieri, di oggi e di domani perché affondano le radici in
un patrimonio antropologico ancestrale, che può essere ricondotto al nucleo
essenziale dell’eterna lotta tra il Bene e il Male, declinata in tutte le sue forme:
nella veste soprannaturale-fantastica tra mostro ed eroe, in quella religiosa tra
Gesù e Diavolo, in quella puramente umana tra peccato e virtù, tra giusto e
sbagliato. E se l’aneddoto è tratto dalla fantasia, dalla storia o dalla leggenda,
poco importa purché infiammi il lettore.
138
139
PERODI, Le novelle della nonna, p.37.
Cfr., CARLI, Prima del «Corriere dei piccoli», p.111.
42
Quando parliamo di contesto storico, facciamo riferimento anche all’ambiente
geografico. La Perodi sceglie come unico scenario il Casentino, dove si svolgono
tanto la saga dei Marcucci che le vicende delle novelle. Anche il paesaggio, un
elemento che può con estrema facilità essere oggettivamente descritto, subisce
dalla
penna
della
Perodi
una
deformazione.
Nonostante
l’accuratezza
toponomastica, è facile vedere come il Casentino medioevale perodiano abbia
qualcosa di essenzialmente diverso da quello della realtà. Ancora una volta la
capacità della scrittrice di trasfigurare un elemento reale, ha la meglio sulla
capacità di mimesi. Anche per il paesaggio insomma valgono le stesse regole del
contesto storico: la realtà va piegata alle esigenze dalla scrittura. E così boschi
rigogliosi diventano cupe foreste, climi temperati si irrigidiscono. Appurato, per
l’assenza di documenti, che la Perodi non visitò il Casentino, non possiamo
attribuire l’inesattezza di certe sue descrizioni ad una mancanza di conoscenze,
considerando che, mentre scrive, ha a disposizione testi e guide da cui poteva
attingere qualsiasi informazione 140 . La trasgressione dalla realtà è voluta. La
Perodi vuole mitizzare il suo ambiente, e per farlo il Casentino deve perdere i suoi
connotati familiari e vestirsi di mistero, in modo da diventare il giusto contenitore
per i racconti gotici e macabri della nonna. Di nuovo è l’esigenza del verosimile a
guidare le scelte dell’autrice. «Il ricorso al Medioevo appare più che altro un
espediente per amplificare la risonanza misteriosa del “C’era una volta …”, con
cui inizia ogni fiaba che si rispetti. Anche il paesaggio così vario del Casentino
diventa schematico, come il fondale di un palcoscenico»141. Un fondale che non
rispecchia le amene sembianze delle località Casentinesi, ma piuttosto fa calare su
di esse ombre cupe e minacciose. Le tinte fosche servono per permettere al
soprannaturale di irrompere nei colli, nelle valli e nei boschi di Poppi, Romena,
Campaldino, Camaldoli, trasportando così il lettore in un altrove. E talvolta nei
racconti più spiccatamente fiabeschi, «all’atemporalità del “c’era una volta”» la
Perodi «unisce l’atopia dei riferimenti spaziali. Ed è proprio questa atopia inscritta
140
Cfr., SCAPECCHI, Emma Perodi: una bibliografia difficile, in Casentino in fabula, p.64-65.,
Cfr., FRANCO NICCOLINI, Tradizione novellistica in Casentino, in Casentino in fabula, p., 111-13.
141
PASETTO, Storia e paesaggio casentinese, in Casentino in fabula, p.151.
43
nel realismo topografico casentinese che crea l’atmosfera fantastica delle
novelle»142.
Agostini-Ouafi evidenzia come nelle Novelle la Perodi metta in scena «itinerari e
percorsi mai completamente casuali e sempre connotati da un forte valore
simbolico», il che spiega le mistificazioni e mitizzazioni a cui paesaggio e storia
sono sottoposti. Se da un lato il Casentino medioevale dove si stagliano le novelle,
come abbiamo già detto nel secondo capitolo, si veste di una patina magicoreligiosa, dall’altra il Casentino del XIX secolo in cui vivono i Marcucci è
idealizzato attraverso la lente utopica liberale. Come dimostrano le parole del
signor Durini, nuovo Ispettore forestale: «oh! Se tutta l’Italia fosse così! Quanta
meno miseria e quanti meno malati di pellagra!»143.
Questa assidua ricerca del verosimile, sottesa al tentativo di creare «con uno
scrupoloso dosaggio di notazioni e di allusioni», un testo popolare, che sembri
cioè carpito dalla bocca di una vecchia nonna del Casentino e basato su vere
leggende locali, ha centrato il bersaglio, perché «è riuscito davvero a calarsi in una
memoria collettiva, dalla quale, con un processo inverso, avrebbe dovuto venir
ricavato»144. E, pur sembrando un paradosso, la scrittrice è riuscita ad ottenere ciò
non attraverso una scrittura mimetica, quanto con una mistificatoria. Ciò che non
ha detto, ciò che ha inventato, trasfigurato e sapientemente mescolato con
elementi reali, ha permesso alla raccolta di novelle e ancor più alla sua narratrice
Regina di vivere «una sua propria leggenda» e di venir «ricordata come se fosse
veramente esistita»145.
142
AGOSTINI-OUAFI, Percorsi narrativi e itinerari Casentinesi nelle «Novelle della nonna», in
Casentino in fabula, p.198.
143
PERODI, Le novelle della nonna, p.354.
144
FAETI, Il crepuscolo dell’orco pedagogico, in Casentino in fabula, p.286.
145
Ibid.
44
4.2 Il Medioevo perodiano: immaginario e immaginato
Quando trattiamo degli errori, delle sviste e degli anacronismi presenti nelle
Novelle dobbiamo innanzitutto ricordare che il testo nacque nella seconda metà
dell’ Ottocento, pertanto alcune imprecisioni dipendono dai livelli di conoscenza,
in merito al Medioevo, della ricerca scientifica dell’epoca. Altre volte invece la
scrittrice è volutamente vaga, per conformarsi all’indeterminatezza che è tipica
delle fiabe: «al tempo dei tempi», «tanti e tanti anni fa», «c’era una volta», «molti,
ma molti anni fa», sono alcune delle formule con cui nonna Regina ama dare
inizio al suo racconto. Altre volte ancora l’imprecisione si deve al fatto che «le
nozioni storiche dell’autrice sono state acquisite tramite ricostruzioni letterarie,
più che da uno studio di ricerca storica»146. Questo è un atteggiamento che la
scrittrice condivide con la sua epoca, infatti «il recupero dell’ Età di Mezzo da
parte dei romanzieri e dei letterati […], avvenne non sulla base delle fonti
documentarie ma, di quelle letterarie, […] e di queste erano poche quelle
attendibili»147. Questo ha fatto si che «dall’inchiostro degli scrittori ottocenteschi
spunta[sse] un Medioevo di maniera»148, proprio come quello che ritroviamo nelle
pagine delle Novelle. Tra gli elementi che colpiscono per la loro inattendibilità
citiamo alcuni di quelli individuati da Cherubini: l’uso scorretto del termine
castello, simbolo medioevale per eccellenza nell’ immaginario ottocentesco,
utilizzato dalla Perodi con l’erroneo significato di palazzo in luogo di quello
corretto di villaggio con mura; la confusione tra i titoli di ser e messere; l’errata
attribuzione del titolo di conte a tutti i componenti della famiglia Guidi o
l’altrettanto errata convinzione che fossero tutti ghibellini, quando esisteva già
dal Duecento un ramo guelfo nella famiglia 149 . In questa sede tuttavia non
vogliamo soffermarci sugli errori o gli anacronismi del Medioevo perodiano, per i
quali rimandiamo al saggio di Giovanni Cherubini, vogliamo piuttosto analizzare
quegli elementi che pur allontanandosi dal Medioevo reale, costituiscono proprio
146
LUCIA RICCIARDI, Il profilo del cavaliere nelle «Novelle della nonna», in Casentino in fabula,
p.180.
147
Ibid.
148
Ibid.
149
Cfr., CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della realtà, in Casentino in fabula,
p.135-150.
45
gli «aspetti che hanno fatto la fortuna della raccolta» 150 . Si tratta di ciò che
costituisce la sostanza più intima del Medioevo fantastico perodiano «vale a dire
tutto quello che attiene alla religiosità, alle credenze, al meraviglioso, alle
paure» 151 . Sono motivi che appartengo davvero alla vita medioevale, «ma la
Perodi si allontana da una credibile realtà almeno per due aspetti, quello di fare
occupare a questi aspetti la quasi totalità del quadro, e quello di colorire il suo
neo-gotico di tinte particolarmente cupe»152. Eppure è proprio questa esagerazione
in chiave noir a catturare il lettore.
I frati, i monaci, gli eremiti, i signori e i cavalieri che popolano le Novelle sono i
personaggi che, seppur nella loro imperfetta veste storica, incarnano l’ atmosfera
medioevale, poiché personificano valori, credenze, ideali tipici della mentalità
dell’uomo medioevale, o per lo meno che la scrittrice riteneva tali. Si tratta di
figure tipizzate, senza spessore psicologico e prive di sfumature caratteriali: sono
buone o cattive senza mezze misure. A volte incontriamo personaggi realmente
esistiti: la badessa Sofia del monastero di Pratovecchio, l’antipapa Callisto III, il
conte Selvatico Guidi di Pratovecchio, il pittore Parri di Spinello 153 , Beltramo
Catani signore di Caprese, il poeta fiorentino Bindo de’ Bindi, il falsario mastro
Adamo, la contessa Gualdrada dei conti Guidi di Porciano 154 ; altre volte
personaggi di fantasia, che però è facile immaginare esser vissuti nel Casentino
medioevale: conti e castellane ritratti nelle loro corti, circondati da poeti, buffoni,
esuli e mendicanti. Frati senza vocazione, che vestono il saio solo per
convenienza: pensiamo al «villan di Signa, per nome Lapo»155, protagonista de Il
frate con la gamba di legno o a fra’ Gaudenzio ne Il teschio di Amalziabene. Il
primo «è d’oupo sapere che sebbene egli avesse vestito l’abito di san Francesco,
era più ribaldo che mai» 156 e non solo truffava i fedeli che lo pregavano di
intercedere per loro San Rocco, ma «di questi inganni fra’ Lapo non provava
150
Ivi., p.145.
Ibid.
152
Ibid.
153
Cfr., NICCOLINI, Tradizione novellistica in Casentino, in Casentino in fabula, p.112-113.
154
Cfr., COLIN, Fiabe della nonna o novelle fantastiche?, in Casentino in fabula, p.87.
155
PERODI, Le novelle della nonna, p.39.
156
Ivi, p.47.
151
46
nessun rimorso. Egli non si dava cura altro che di mangiare e bere»157. Scoperte le
sue malefatte e cacciato dalla Verna, fra’ Lapo si curerà solo di contare «i
quattrini accumulati con frode»158, e rapinato da una gazza si abbandonerà senza
rimpianto al suo destino: «-mi pigli anche il diavolo non me ne importa più
nulla!»159. Il secondo, fra’ Gaudenzio, è una delle figure più torbide dell’intera
opera:
«stava proprio in convento come un’anima nel purgatorio, perché lui
non aveva nessuna vocazione di diventar santo; e, se non batteva il
tacco e non buttava via la tonaca , era per evitare il capestro, perché a
Firenze, dov’era nato e cresciuto, ne aveva fatta d’ogni erba un fascio,
e non vedendo più scampo possibile, dopo di avere ucciso uno di casa
Bardi, aveva passato la Consuma e s’era nascosto alla Verna sotto il
saio del frate»160.
La sua immoralità lo porterà ad architettare la morte di frate Amalziabene e «a
servirsi del teschio del morto come di una scodella», ed infine a stringere un patto
col diavolo in cambio di «sanità, lunga vita e un buon arrosto tutti i giorni»161. Pur
essendo personaggi inventati e stereotipati, essi ci aiutano a calarci
immediatamente nel contesto storico, in quel Medioevo dalla spiritualità corrotta
dal vizio. Questo era un aspetto attraente per la Perodi perché proprio la
dissolutezza di questi uomini di fede serviva per innescare la lotta tra il bene e il
male, tra Dio e il Diavolo, che è il motore di molti racconti. La conquista delle
anime è infatti un tema centrale in molte novelle. Citiamo fra tutte la più
emblematica: Il diavolo che si fece frate. Il demonio in persona sceglie di recarsi
alla Verna per mietere un po’ di anime e riuscirà a mettere nel sacco lo stesso
Gesù Cristo che a fine novella, sconsolato per aver perso le anime delle famiglie a
lui più devote, esclamerà: «Il Diavolo è più potente di me!»162.
157
Ibid.
Ivi., p.48.
159
Ivi., p.49.
160
Ivi., p.111.
161
Ivi., p.116.
162
Ivi., p.83.
158
47
Alle figure dannate la Perodi contrappone quelle beate di santi, monache ed
eremiti dai poteri miracolosi. Pensiamo ai protagonisti rispettivamente delle
novelle Il romito dell’ Alpe di Catenaia e Il diavolo e il romito, che aiutano i
bisognosi e lottano contro il male, circondati dalla venerazione delle gente. Come
sostiene Cherubini si tratta di figure diffuse in Casentino a cui si ricorreva per la
loro «fama di santità per guarire le malattie o cacciare i demoni»163.
Accanto alla figura del religioso, declinata nelle sue varie vesti, nelle pagine della
Perodi trova ampio spazio la figura che più di tutte contraddistingue il concetto di
medioevalità: il cavaliere. Alcuni di quelli citati nelle Novelle sono realmente
esistiti come «Amerigo di Narbona, Buonconte da Montefeltro, Guido
Novello»164, la maggior parte nasce invece dalla creatività della scrittrice, ma tutti
hanno in comune l’essere frutto dell’idealizzazione che questa figura subì per
opera del romanticismo e della cultura ottocentesca. Il cavaliere è la «proiezione
degli ideali più alti e nobili»165: la giustizia, il coraggio, la libertà e la devozione.
Il cavaliere perodiano nasce quindi con il peccato originale di essere frutto non di
una ricostruzione storica, ma dell’immaginario collettivo, di una tradizione che ne
ha rifondato la sostanza così in profondità, da rendere indistinguibile «ciò che era
stato nel passato con ciò che, invece, era stato solo immaginato dall’ estro
letterario»166. Quest’accezione del cavaliere, paladino della giustizia e protettore
dei deboli, seppur lontana per certi aspetti dalla verità storica, gode ancora di una
longeva fama e lo rende il protagonista ideale per le novelle che necessitano di un
eroe risoluto, facilmente identificabile, in grado di sconfiggere qualunque nemico,
sia esso reale o soprannaturale. Non tutti i cavalieri sono però eroi senza macchia.
Alcuni sono «avari da fare schifo»167, come i tre fratelli della novella Adamo il
falsario, ambiziosi e spregiudicati. Nella novella Il diavolo alla festa troviamo
entrambe le tipologie di cavaliere, incarnate dai due fratelli di casa Guidi di
Papiano: «Tendegrimo era buono e pronto a soccorrere i bisognosi» mentre
«Tegrimo era avaro, e, se riceveva un’offesa, non aveva pace finché non si era
163
CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della realtà, in Casentino in fabula,
p.145.
164
RICCIARDI, Il profilo del cavaliere nelle «Novelle della nonna», in Casentino in Fabula, p.183.
165
Ivi., p.179.
166
Ibid.
167
PERODI, Le novelle della nonna , p.86.
48
vendicato»168. Non mancano poi i pentiti, come accade ai protagonisti de Il romito
dell’alpe di Catenaia e de Lo stemma sanguinoso, che dopo la contrizione per i
propri sbagli scelgono di cambiare vita per espiare i loro peccati169. Esemplare per
inquadrare la figura del cavaliere perodiano è la novella Messer Gentile e il
cavallo balzano: qui assistiamo all’ascesa di un giovane «bello, cortese e nobile
d’animo», che grazie alle sue doti cavalleresche riesce a ribaltare la sua iniziale
situazione di povertà e di emarginazione, diventando prima cavaliere e poi conte
di Porciano. Nella suddetta novella notiamo un curioso e ben riuscito impasto:
accanto a nomi di personaggi storici reali, quali la contessa Gualdrada Guidi,
figlia del conte di Porciano, e la famiglia Malatesta di Rimini, troviamo
personaggi di fantasia, come il protagonista Gentile, ma anche ultraterreni come la
Madonna che interviene per aiutare il giovane a sfuggire al suo triste destino.
Questa novella costituisce un chiaro esempio di come la vicenda immaginaria ma
verosimile di un cavaliere, costituisca un canovaccio dal sapore storico in grado di
dare credibilità ad un racconto fantastico che accoglie, come elemento
meraviglioso, figure sacre. Se il nostro obiettivo è quello di trovare negli elementi
storici scorretti, una motivazione che vada al di là e prescinda dalla superficialità
della scrittrice, la novella in questione ci mostra che per la Perodi la
manipolazione è il pegno che la storia deve pagare per entrare nel mondo della
letteratura e della fantasia. Non importa quindi il grado di attendibilità degli
elementi storici riportati nel testo, importa solo riuscire tramite essi ad evocare l’
atmosfera e la mentalità di quel periodo storico, per colorire il proprio racconto.
Non sono solo le figure sociali medioevali a scatenare la creatività della scrittrice.
Molto spesso eventi, aneddoti, notizie attinte dalle più disparate fonti
costituiscono il punto di partenza attorno al quale ordire trame indiavolate. Per Il
barbagianni del diavolo lo spunto arrivò da un capitolo della cronaca di Giovanni
Villani, in cui si dice che il 15 maggio 1335
«una falda de la montagna di Falterona da la parte che discende verso
il Decomano in Mugello, per il tremuoto e rovina scoscese più di
168
Ivi., p.138.
Cfr., RICCIARDI, Il profilo del cavaliere nelle «Novelle della nonna», in Casentino in Fabula,
p.185.
169
49
quattro miglia infino a la villa che si chiama il Castagno, e quella con
tutte le case, persone e bestie salvatiche e dimestiche e alberi
sobbissò»170.
Nella novella perodiana l’accaduto è trasposto con precisione:
«questo avveniva nell’inverno dell’anno 1335, quando, la notte del 15
maggio rovinò una falda della montagna della Falterona e scoscese più
di quattro miglia fino a Castagno, travolgendo case, alberi, bestiame e
persone»171.
Come sostiene Cherubini, «questo racconto era troppo ghiotto per la Perodi
perché ella non vi costruisse intorno le sue amate trame di diavoli e di
sortilegi»172. La Perodi però abbandona la realtà storica inserendo, quale artefice
della calamità, il diavolo. Per veder rischiarare le acque dell’Arno, rese torbide
dalla frana voluta dal demonio, sarà contro di esso, trasfigurato nelle sembianze di
immondi animali, che Bencio e i lanaiuoli dovranno lottare, con i soli mezzi
validi contro le forze del male: preghiere, voti, processioni e acqua santa. Anche
in questa novella l’iniziale realismo storico e toponomastico, che ci cala nello
scenario dell’hic et nunc, viene squarciato dall’irruzione di componenti del mondo
soprannaturale e sacro, che ci proietta in un altrove che ha molto di fantastico e
ben poco di storico. Molte altre sono le novelle in cui la Perodi si serve, per
attivare la sua creatività, di aneddoti storici, piegati alle sue fantasiose
macchinazioni, che lasciano irrompere l’ultraterreno nella realtà: pensiamo alla
battaglia di Campaldino che fa da sfondo alla spettrale novella L’ombra del sire di
Narbona, in cui il combattimento è evocato al sol scopo di fornire un’immensa
distesa di cadaveri insepolti, con cui dovrà cimentarsi lo spavaldo signore di
Pratovecchio Guido Selvatico; o la vicenda di mastro Adamo ne Adamo il
falsario, resa celebre da Dante nel XXX canto dell’Inferno, in cui è la dimensione
onirica del sogno premonitore ad offrire una breccia al soprannaturale.
170
CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della realtà, in Casentino in fabula,
p.147.
171
PERODI, Le novelle della nonna, p.309.
172
CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della realtà, in Casentino in fabula,
p.147.
50
Come sostiene Tempesti «gli storici ci hanno da tempo avvisato che la “linea
d’ombra” che divide la storia dal mito, la storia dalla favola, esiste ma è tutt’altro
che facile da determinare»173, ma per la Perodi questo non costituisce un limite
perché ella decide di porre le sue novelle proprio al centro di quella linea d’ombra,
creando un prodotto che faccia della commistione dei generi la sua peculiarità.
La Perodi, più che rifarsi alla storia medioevale del Casentino, vuole attingervi per
ricreare sulla pagina l’immaginario medioevale, ovvero quel bagaglio di credenze,
di ideali, di paure che erano, o si credevano essere, tipiche dell’Età di Mezzo. La
Perodi immagina l’uomo medioevale brancolare nel buio delle superstizioni,
atterrito dalle presenze soprannaturali ma anche pronto a credere a forze benefiche
ultraterrene, amuleti e sortilegi in grado di sconfiggere il male. Anche se «la vita
degli uomini del Medioevo […] pur difficile e resa inquieta da paure e insicurezze
della più diversa natura […] risulta […] dalle testimonianze rimasteci, meno
monocorde e meno cupa»174, alla Perodi poco importa, perché i protagonisti delle
sue Novelle devono non solo lasciarsi impaurire da demoni, fantasmi, streghe e
mostri, ma rendere quella paura così verosimile da insinuarla anche nel lettore, a
costo di esagerare e parodiare la realtà storica.
Alla luce di questo possiamo concludere che l’analisi dell’utilizzo della
componente storica nel corpus delle novelle, è servita a dimostrare che gli errori e
le imprecisioni sono ammessi nelle Novelle poiché i racconti fantastici
costituiscono il momento ludico della lettura, quello cioè che ha lo scopo di
intrattenere il lettore, non di veicolare un messaggio, compito che spetta invece
alla storia di cornice a cui è riservata la funzione didattica di rispecchiare
l’ideologia liberare. L’utilizzo talvolta improprio degli aneddoti storici è
giustificato perciò dal fatto che esso serve soltanto ad accrescere la
verosimiglianza del racconto, il quale tuttavia è e rimane un racconto fantastico e
di fantasia, che sfrutta l’immaginario medioevale solo come fonte d’ispirazione e
come veste pseudorealistica della narrazione, senza tuttavia staccarsi dal piano
173
FERNANDO TEMPESTI, Lingua e fiabe di Emma Perodi, in Casentino in fabula, p.129.
CHERUBINI, Il Medioevo della fantasia e il Medioevo della realtà, in Casentino in fabula,
p.145.
174
51
della finzione fantastica. Quindi le novelle sono sviluppate allo scopo di creare un
racconto godibile per l’uditorio, capace di innescare paure e curiosità, che
vengono poi sciolte, alla fine della narrazione, dalla cara nonna Regina, con una
buona dose di ammonimenti e consigli, rivolti tanto ai personaggi quanto al
lettore, il quale terminata la lettura deve far tesoro della saggia morale dei
Marcucci.
52
CONCLUSIONI
Se le Novelle fossero un prodotto di falegnameria non sarebbero di certo un libro
in legno massello bensì un multistrato. L’opera infatti non è stata ricavata dal
tronco di un unico genere letterario, bensì è stata forgiata attraverso
l’accostamento di più strati, attraverso la giustapposizione di più generi e
sottogeneri. Dal folto bosco della sua fantasia e della sua cultura personale, la
Perodi ha estratto i materiale più disparati per dar vita alle sue Novelle, le quali
pur non avendo l’eleganza e la compattezza di un’opera che affonda le radici nel
terreno di unico settore letterario, hanno comunque una loro robustezza che nasce
dall’avvicinamento di più generi i quali, intersecandosi tra loro, creano un tessuto
narrativo dalla trama a maglie strette, che compone una rete così fitta impossibile
da districare. E il fascino del testo deriva proprio da questo intreccio di colori, di
toni, di rimandi che ogni fonte adoperata dalla scrittrice porta con sé e che la sua
fantasia è riuscita ad amalgamare. Il successo delle Novelle, e l’essere giudicate
ancora oggi il grande capolavoro della Perodi, si deve proprio alla loro capacità di
saper contenere al loro interno un bagaglio di citazioni, di contributi e di
invenzioni tanto vasto e tanto vario. Ciò che abbiamo voluto dimostrare con
questa ricerca è che nell’analizzare le Novelle non dobbiamo cercare di
individuare la categoria che meglio le può definire, bensì dobbiamo fare lo sforzo
inverso, cioè capire che è proprio la loro atipicità l’elemento distintivo. Solo così,
a nostro parere, riusciremo a cogliere il valore del testo e comprendere il motivo
della sua longevità. C’è qualcosa di terribilmente affascinante nella fervida
fantasia della Perodi che ha saputo combinare così tanti elementi in un unico testo.
Anche il lettore più sprovveduto, terminata la lettura, ha la sensazione di aver letto
un libro che racchiude in sé una piccola enciclopedia della cultura fiabesca
tradizionale e non solo. Le Novelle hanno il grande pregio di essere un testo
evocativo: sono farcite di topoi che evocano nel lettore una serie di motivi che
fanno parte del sapere atavico e mitologico dell’umanità. Non sempre i rimandi
hanno un autentico antenato letterario o storico-leggendario, ma è semplicemente
l’abilità della scrittrice ad insinuare questa impressione nel lettore. Tuttavia questo
non deve svilire la qualità dell’opera perché come, molto intelligentemente hanno
53
chiarito Perino e la Perodi, quelle che stiamo leggendo sono Fiabe fantastiche, è
quindi la fantasia può farla da padrone.
Il carattere pedagogico, popolare, storico-leggendario, che di volta in volta
scorgiamo nei racconti, e che noi abbiamo evidenziato, mostrano la pluralità del
testo, e sarebbe inutile sforzarsi di cercare l’elemento che prevale sugli altri,
perché questi elementi si fondono e si intersecano tra loro, impedendo una
classificazione univoca, ma in fondo è proprio in questo che risiede la vera cifra
dell’opera.
Spesso quello che apparentemente può sembrare un difetto cela in realtà il vero
pregio di un prodotto. E se nelle Novelle il difetto è l’impossibilità di catalogare
l’opera, noi crediamo che in verità questa mancanza non crei un vuoto ma apra
una possibilità. La possibilità di indagare, di spingere la nostra analisi in orizzonti
nuovi, dove i confini si perdono e non hanno più consistenza, in quella zona grigia
che è la fantasia, grande motore della macchina narrativa delle Novelle. Ed è lì, in
quel terreno sdrucciolevole che è la creatività, dove il mare dei ricordi si infrange
nel guazzabuglio delle invenzioni, che dobbiamo inoltrarci per poter arrivare a
comprendere ad apprezzare la vera essenza del testo perodiano.
54
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http://www.storicamente.org/index.htm
59
RINGRAZIAMENTI
Non credevo che ce l’avrei mai fatta, ma per fortuna tante persone speciali intorno
a me lo hanno creduto sempre. E’ davvero solo grazie a loro che ho concluso
questo lunghissimo capitolo della mia vita. Mi hanno dato tutta la forza, e
soprattutto la tenacia che mi mancava.
Un sentito ringraziamento alla Chiarissima Professoressa Laura Melosi la cui
collaborazione e professionalità sono state un contributo fondamentale nella
realizzazione di questo elaborato. Grazie per le rassicurazioni e la gentilezza.
Un ringraziamento speciale al Dottor Walter Scancarello per la disponibilità, la
gentilezza e i preziosi suggerimenti.
Ai miei genitori che mi hanno sempre incoraggiata: grazie con tutto il cuore.
Mamma e Papà siete la mia roccia, siete la terra solida e fertile su cui si posano i
miei fragili piedi. Se sono riuscita in questa impresa è solo perché voi me lo avete
permesso con tutti i mezzi a vostra disposizione. Grazie per non avermi mai fatto
mancare la serenità! Senza quella e senza il vostro inossidabile ottimismo non ce
l’avrei fatta! Grazie per ogni momento trascorso ad ascoltarmi, incoraggiarmi e
sostenermi! Per aver sopportato le mie infinite lagne prima di ogni singolo esame
e per averne festeggiato il superamento sempre con gioia! Se sono arrivata fino in
fondo è solo perché mi avete spinto a non mollare! Vi amo e dirvi grazie non sarà
mai abbastanza.
Ai miei fratelli le stelle più preziose del mio cielo! A voi dico grazie per avermi
sopportata e aiutata in tutte le difficoltà incontrate in questo percorso. Francesco
non sei solo il fratello grande ma sei un grande fratello! Federico sei il più
piccolo, ma in verità sei il più grande di tutti noi. Vi ringrazio per avermi
insegnato cos’è la condivisione: gioire e patire insieme ha reso tutto più bello e
leggero!
A Marco che immagino muoia dalla voglia di dirmi “te l’avevo detto”! Avevi
ragione tu: ce l’ho fatta, ed è anche e soprattutto merito tuo! Senza il tuo sostegno
non so cosa avrei fatto! Grazie per non aver mai nemmeno per un istante smesso
60
di credere in me! Dal primo esame, in cui mi hai fisicamente costretto ad uscire di
casa, all’ultimo sei sempre stato presente con la tua pazienza, la tua disponibilità e
il tuo sostegno! Mi hai sempre incoraggiata e spinta a dare il meglio di me! Mi hai
sorretta tutte le volte che ne ho avuto bisogno e so che continuerai sempre a farlo!
Sei il sole che illumina e scalda la mia vita! Grazie infinite!
A Piera l’ insegnante più speciale che si possa incontrare in una vita! Senza di lei
cara Professoressa non avrei mai raggiunto questo traguardo. È impagabile ciò che
ha fatto per me, e davvero mi mancano le parole per esprimerle tutta la gratitudine
e l’affetto che provo per lei. Ciò che mi ha insegnato ha un valore inestimabile:
ora oltre al latino so cos’è la determinazione e il coraggio di superare i propri
limiti! Ma soprattutto so che tipo di persona voglio diventare! Grazie mia
carissima Professoressa.
A zia Marina che un giorno mi ha strappato di bocca la promessa di “farla felice e
finire questi studi per lei”! Oggi finalmente posso dirti con tanto orgoglio: “Zia ce
l’ho fatta!!! Ti dedico questo momento di gioia!”. Grazie per avermi mostrato che
si può lottare contro tutto senza perdere mai il sorriso, anzi è proprio il sorriso a
darci la forza! Ti voglio tanto bene zia!
Ai miei nonni Alberta, Maria ed Elio. Siete le radici della mia vita! Grazie per il
vostro amore incondizionato e per avermi incoraggiata a realizzare tutti i miei
sogni! Grazie con tutto il cuore per ogni parola, ogni consiglio, ogni gesto! Vi
adoro!
A tutti i miei zii e i miei cugini: ciascuno di voi a modo proprio mi ha aiutata e
coccolata in tutti questi anni! Siete un caldo abbraccio in cui trovare conforto!
Grazie a voi non mi sento mai sola! Zia Daniela sei e sarai sempre la mia seconda
mamma! Zia Raffaela sei la mia grande e più cara confidente! Grazie per il
sostegno, l’amore, la stima che non mi avete fatto mai mancare!
Grazie alla mia piccola Elenuccia, che da quando è nata ha reso la mia vita più
bella. Grazie per la tua preziosa compagnia, il tuo affetto e la tua simpatia, che
sono state indispensabili per non impazzire in questo lunghissimo periodo di
studio! Grazie tesoro mio, ti adoro!
61
Alla mia amica più grande Elisa-Jane! Grazie per i momenti passati insieme, per
tutte le parole spese nel tentativo di farmi ragionare! Per avermi sostenuta sempre
e comunque! Per non esserti mai stancata di dirmi che ce la potevo fare! Per
avermi accolta nella tua vita, nella tua casa, come una sorella e per avermi
circonda di un affetto che supera ogni barriera! Sei la mia dolce metà e ti voglio
tanto bene!
A Naomi, un’amica eccezionale. La compagna di tante, tantissime chiacchierate.
Senza le tue parole e le tue riflessioni, mi sarei persa in un labirinto di dubbi.
Grazie per avermi aiutata a mantenere viva la mia passione per la scrittura. Senza
di te la mia mano non avrebbe un dito!!! Ti voglio un modo di bene!
Ai miei amici, in particolar modo a Silvia e Gloria, per i momenti felici, le risate,
le lunghissime chiacchierate, le abbuffate di pizza e porchetta! Grazie per aver
colorato questi anni con tanto brio e affetto! È bello sapere di poter contare su
persone come voi! Grazie!
A Eleonora grazie per aver ascoltato tutte le mie paure, per la sua dolcezza infinita
e l’immensa disponibilità con cui ha esaudito ogni mia richiesta!
A Chiara compagna di questo percorso, la persona più dolce che potessi
incontrare, la cui gentilezza e disponibilità e soprattutto la cui amicizia sono il
frutto più bello che potevo cogliere da questa esperienza!
Ed infine grazie a Ciuci, il mio compagno peloso, che pazientemente mi ha tenuto
compagnia nei lunghissimi pomeriggi di studio ronfando nella sua cesta, senza
lasciarmi mai sola!
A tutti coloro che mi vogliono bene e hanno sempre creduto in me: grazie!!! La
soddisfazione più grande è poter condividere con tutti voi la gioia immensa per la
realizzazione di questo sogno! Grazie grazie grazie e ancora grazie … vi voglio
un mondo di bene!
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