“Segno o Simbolo. La trascrizione di un emblema concettuale: Il

Transcript

“Segno o Simbolo. La trascrizione di un emblema concettuale: Il
“Segno o Simbolo. La trascrizione di un emblema concettuale: Il Labirinto”
ARCH. DOTT. DANIELE CALISI
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA TRE
Via Rimini 14, 00182 Roma, Cell. 335 6586554, [email protected] – www.darc-studio.eu
Il segno può essere inteso come un atto di getto, una veloce trasposizione di un pensiero o di una visione, o
potrebbe anche essere la fine di un processo più lungo, ragionato e concettuale. E spesso questa bivalenza ha
caratterizzato differenti filoni storici di arte, e non solo.
Esistono tuttavia alcuni segni che sono da secoli entrati nell’uso comune, percettivo e simbolico, ma anche
concettuale e filosofico, in varie culture, epoche e luoghi della terra.
Uno tra questi è rappresentato dall'emblema del labirinto: un simbolo antichissimo che si manifesta
attraverso una millenaria tradizione figurativa.
Esso può assumere differenti connotazioni simboliche, tanto che risulta difficile capire il segno grafico, cioè
l’ideogramma: il labirinto evocava la possibilità di arrivare a un traguardo, il nucleo, la vittoria, come nel
primo mito di Teseo nel labirinto di Dedalo.
Da una parte esso manifesta la complessità dell’uomo e della natura, e dall’altra l’universo che interagisce
direttamente con l’uomo, universo che si può conoscere, ma avendo in se la coscienza del dubbio.
Se il percorso è di una sola corsia si dice ‘unicorsale’: all’individuo serve la volontà di entrare e la costanza
nel percorrerlo, se vuole arrivare al centro.
Poiché Cristo come Teseo ebbe questa volontà nel percorrere una vita simbolicamente intricata, ritroviamo il
labirinto 1 come simbolo anche in molte chiese: nel duomo di Lucca o nella pavimentazione del presbiterio
della chiesa di San Michele di Pavia 2, o nella cattedrale di Chartres in uno splendido inserto pavimentale.
Tuttavia il labirinto può essere inteso anche come essenza prima del tracciato che evoca la spirale - universo
come la possiamo trovare in molte culture antiche del mediterraneo e non: segno inciso, scolpito o addirittura
solcato come per le misteriose linee di Nazca.
Nel corso dei secoli, e rispecchiando diverse culture, il labirinto si è trasformato: il suo tracciato è diventato
più complesso, non più unicorsale ma con possibilità di scelta e di errore tra più vie palesando la coscienza di
un uomo prigioniero di un sistema di cammini intricati e svianti che nascondono l'inganno e da cui solo
attraverso la sua intelligenza o perspicacia potrà uscirne.
I labirinti in siepe che troviamo in moltissimi giardini, dal rinascimento al manierismo, fino a quelli barocchi
sono chiaro esempio di questo concetto ma secondo differenti filosofie estetiche.
Ciò nonostante il labirinto così inteso non può considerarsi vera e propria architettura, piuttosto gioco
formale da architetto dei giardini per gli splendidi spazi aperti delle ville di nobile casato.
Tuttavia, come spesso accade negli archetipi, quello che viene tramandato non è tanto un disegno tangibile,
quanto il senso, la volontà, l’intenzione che quel segno può avere.
L’inadeguatezza, lo smarrimento, e il dubbio sono le sensazioni fondamentali che i narratori, gli inventori e i
progettisti volevano infondere nel fruitore del labirinto: non era, in effetti, rilevante se fosse esso costituito
da piantumazioni o da materia.
In architettura il labirinto si manifesta come segno o tracciato proprio per suscitare queste sensazioni.
Nell’architettura contemporanea il segno si è trasformato, rielaborando l’impronta convenzionale,
manifestandosi prevalentemente in complessi museali e monumentali.
Alle due tipologie architettoniche corrispondono i due percorsi descritti, se pur in maniera sommaria, unicorsale o multi percorribile.
È tendenza comune che nel progettare i musei in epoca contemporanea si utilizzi sempre più spesso una
corrispondenza forma - funzione museale: il fruitore deve avere meno scelte possibili di percezione per
godere al meglio delle opere d’arte, pertanto è il percorso che deve dettare la forma.
Nel Guggenheim Museum di F. L. Wright, il tragitto a spirale richiama il labirinto di Cnosso, sebbene nel
primo caso si tratti di un tracciato tridimensionale; nel MAXXI di Zaha Hadid, fin dal primo progetto, i
1
Insieme ad altri simboli correlati al labirinto, come ourobori, serpenti che si mangiano la coda, serpenti la cui coda si torce fino a
creare una specie di labirinto, sirene con coda bifida simmetrica e tendenzialmente circolare, nastri intrecciati sempre ricorrenti e altri
ancora.
2 Sulla simbologia del Labirinto lungo la Via Francigena si veda “IL LABIRINTO DI PONTREMOLI E I SISTEMI SIMBOLICI PER LA SUA
INTERPRETAZIONE” di Fabrizio Vanni.
percorsi si sovrappongono a più altezze, in maniera fluida, fino a culminare nella grande sala vetrata
dell’ultimo livello assimilabile concettualmente al centro del labirinto.
Nell’Holocaust-Mahnmal di Berlino i 2711 blocchi di cemento di varie altezze e distribuiti secondo una fitta
griglia disorientano l’individuo a tal punto da farlo dubitare delle sue certezze, di spazio, di concetto e di
credo. L’individuo può scegliere, e trovare l’uscita, ma solo se è consapevole del dubbio.
Chiaramente per infondere questo status mentis il progettista Peter Eisenmann ha scelto un tracciato che può
essere accostato ai labirinti multi percorribili.
In questi pochi esempi si può intuire come il labirinto non è solo un segno, ma è la trascrizione di un
concetto, rintracciabile in molte altre architetture.
È un segno divenuto simbolo.