Le tecniche murarie

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Le tecniche murarie
I caratteri costruttivi dell’edilizia storica. Le tecniche murarie
Le tecniche murarie
Come a Firenze, ovunque la natura del materiale
disponibile condizionò la tecnica muraria.
I muri in apparecchio lapideo hanno consistenza ed
apparenza molto diversa a seconda del materiale usato
e della tecnica impiegata.
Anche se rappresentano la minoranza delle antiche
murature, quelle a grandi conci sono certamente quelle
che assumono maggior rilevanza per la loro
imponenza, significatività e abilità tecnologica che la
loro complessa realizzazione richiede, e già la scienza
archeologica ha provveduto alla classificazione di
questi apparecchi murari.
Tra essi, uno dei più antichi è senza dubbio
l’apparecchio poligonale, in cui conci irregolari di grandi
dimensioni, posti in opera generalmente a secco, sono
quasi sempre perfettamente accostati fra loro, e solo
sottilissimi giunti dividono gli elementi; impiegato nelle
mura megalitiche, questo apparecchio è diffuso in tutto
il mondo, come è ben dimostrato dalle ciclopiche mura
incaiche di Cuzco che ne rappresentano forse il miglior
esempio. Particolarmente rilevante per la regolarità del
suo aspetto è l’apparecchio quadrato, in cui grandi
conci dalle facce rigorosamente rettangolari si
accostano e sovrappongono in differenti modi, dando
luogo all’opus isodomo, quando i conci sono
perfettamente identici fra loro, o ad apparecchi pseudoisodomi, con conci disposti a filari alterni, a elementi
alterni o in tutte le altre possibili combinazioni. Gli
esempi possibili sono celebri e numerosi, dato che per
la sua bellezza in tutti i maggiori edifici, dall’antichità in
poi, vi si è fatto ricorso, dai temenoi dei templi greci ai
grandi bozzati dei palazzi rinascimentali. Si tratta di un
apparecchio murario in cui i costi di realizzazione sono
molto alti, e questo è particolarmente vero per la
variante isodoma, per la difficoltà di ottenere conci di
grandi dimensioni perfettamente uguali fra loro con
facce così regolari da permetterne la posa con giunti
molto serrati.
Fig.10. Mura incaiche a Cuzco (da C.Latina, Muratura portante in
laterizio, Roma, 1994)
Fig.11. I conci perfettamente regolari della facciata di Palazzo
Antinori a Firenze.
Come conseguenza di ciò, molto spesso, per
risparmiare materiale e soprattutto per facilitare
l’esecuzione, l’apparecchio è solo apparentemente
regolare, mentre in realtà l’uguaglianza dei conci è
ottenuta semplicemente incidendo conci regolari su
elementi di dimensioni irregolari e diverse da essi.
Questa tecnica risulta con grande evidenza applicata
nel paramento della tomba di Cecilia Metella, dove
conci quadrati sono tracciati su elementi rettangolari
di dimensioni molto maggiori.
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I caratteri costruttivi dell’edilizia storica. Le tecniche murarie
L’utilizzo di finti apparecchi è sicuramente più diffuso
di quanto in genere supposto, come fu dimostrato a
suo tempo dal Sanpaolesi con il suo rilievo del prospetto
del fiorentino Palazzo Rucellai, in cui i conci apparenti
venivano messi a confronto con i reali elementi lapidei
della facciata.
Altrettanto importante è il fatto che nella quasi totalità
degli edifici i grandi conci, lungi da costituire l’intero
muro, ne rappresentano solo il paramento esterno, cui
si accosta un corrispondente paramento interno,
realizzato quasi sempre con elementi di piccole
dimensioni, ed in cui la parte intermedia è costituita da
un riempimento eseguito con i materiali e le tecniche
più varie. Ne consegue che in genere negli antichi edifici
siamo in presenza di muri a sacco, in cui i collegamenti
fra paramento interno ed esterno sono spesso, se non
assenti, tanto scarsi da dar luogo più a due muri
accostati che ad una singola muratura, con tutte le
implicazioni statiche e di resistenza che ne
conseguono. Carotaggi eseguiti dallo scrivente sulle
murature di Palazzo Strozzi hanno dimostrato che
anche in architetture di alta qualità (e costo) i grandi
conci non arrivano alla metà dello spessore murario e
che il nucleo interno è costituito da materiale vario
(ciottoli di fiume, frammenti di laterizio, schegge di
lavorazione del paramento,...) non apparecchiato e
legato da una malta poverissima. Per la frequente
difficoltà di reperire il materiale idoneo, ma soprattutto
per il loro costo elevato, le murature a grandi conci
sono ovviamente riservate agli edifici di maggior
importanza. La quasi totalità degli edifici antichi è
pertanto necessariamente costruita con materiali e
tecniche diverse da questa: in muratura lapidea
costituita da elementi di piccola dimensione (conci,
pezzi più o meno regolari, ciottoli, ...), in muratura
laterizia o, ancor più frequentemente, in muratura mista.
Quest’ultima consente infatti di utilizzare qualunque
materiale disponibile, indipendentemente dalla sua
natura, dalla dimensione e regolarità dei pezzi. La
necessità di realizzare comunque strutture dotate di
discreta resistenza ha dato luogo alle murature listate,
in cui elementi di dimensioni più uniformi e in materiale
di buona qualità sono apparecchiati in ricorsi regolari,
e proprio per la regolarità del materiale, le listature sono
quasi esclusivamente eseguite in laterizio. Queste
permettono un’efficiente ripartizione dei carichi ed un
miglior collegamento dell’intera struttura, necessario
perché, come si è avuto modo di notare, le antiche
murature sono quasi sempre a sacco e spesso
addirittura legate, almeno nel nucleo interno, da una
malta terrosa.
Fig.12. Molti dei conci della facciata di Palazzo Rucellai a Firenze
sono solo apparenti.
Fig.13. Lunghi conci di collegamento col paramento opposto in un
muro a sacco.
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Allo stesso scopo, i punti maggiormente sollecitati delle
costruzioni sono sempre eseguiti con murature di
miglior qualità: da qui la pratica di realizzare cantonali
e spallette delle aperture con elementi lapidei in conci
regolari di maggior dimensione o in muratura laterizia.
Anche senza analizzarle in dettaglio, vale comunque
la pena di ricordare l’esteso impiego delle costruzioni
lignee, classificabili con estrema semplificazione in
strutture intelaiate e strutture massicce, entrambe
diffuse soprattutto nell’arco alpino, e delle costruzioni
in terra, che , con le tecnologie del pisé, dell’adobe e
del massone, sono diffusamente presenti in tutta la
penisola, anche se concentrate soprattutto in Sardegna
e nelle Marche. Altrettanto da segnalare è l’impiego di
murature realizzate con elementi prefabbricati in
conglomerato di calce e ciottoli (arenoliti o cantoni)
utilizzati in numerosissime costruzioni povere,
soprattutto rurali, a partire dalla fine del XIX secolo.
Fig.14. Nucleo interno di un muro a sacco della Rocca di S.Silvestro
(LI).
L’impiego del laterizio nelle murature è esteso, anche
se quella del laterizio è una produzione tipica dei periodi
di benessere: abbondante in epoca repubblicana,
imperiale, e nel medioevo in epoca comunale, ma
scarsa nei periodi di crisi, come dopo la caduta
dell’impero romano, quando si persero anche le
conoscenze tecniche per la produzione. Questo spiega
il frequente reimpiego di mattoni prelevati da edifici
preesistenti ed è anche alla base del fatto che le
murature laterizie fossero quasi sempre intonacate,
contrariamente alla falsa convinzione, invalsa a partire
dal XIX secolo, che la stragrande maggioranza di esse
fosse realizzata con mattoni a faccia vista. Infatti, in
questo caso, la realizzazione richiedeva grande
attenzione: impiego di materiale di elevata qualità,
stilatura accurata dei giunti, finitura con trattamenti
superficiali spesso di costosa realizzazione, come la
sagramatura in uso in Emilia dal ‘700 in poi. Conveniva
quindi utilizzare mattoni di recupero o comunque non
perfetti e poi fare un intonaco che simulasse un
apparecchio laterizio, come provato da antichi
documenti di pagamenti per la loro realizzazione: gli
edifici apparentemente in laterizio a faccia vista presenti
negli squarci di città medievali o rinascimentali dei dipinti
giotteschi o di Piero della Francesca dovevano essere
in realtà solo dotati di un intonaco che imitasse la cortina
laterizia. Spesso i mattoni venivano utilizzati crudi e
non cotti. La maggioranza delle cave e delle fornaci
erano poste in prossimità del luogo dove sarebbe
dovuto sorgere l’edificio e solo con l’industrializzazione
molte di esse vennero realizzate in prossimità delle vie
di comunicazione. La formatura dei mattoni avveniva
in stampi, che quasi sempre dovevano rispettare
apposite prescrizioni comunali, che stabilivano regole
Fig.15. Struttura di un muro perimetrale di Palazzo Strozzi ricavata
da carotaggi (L.Giorgi, R.Cecchi, 1982)
Fig.16. Muratura listata di un edificio del complesso di San Vivaldo
presso Montaione (FI).
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ferree riguardo sia alle dimensioni che al peso e agli
impasti, e gli abachi in pietra in cui venivano riportate
le dimensioni del mattone, e spesso anche degli altri
elementi impiegati nelle costruzioni, come coppi, tegole,
ecc., sono ancor oggi presenti sulle facciate di molti
dei nostri palazzi pubblici, insieme con quelli che
riportano le misure di lunghezza in uso nella città.
Fig.17. Muratura in arenoliti, listata in laterizio, di una casa colonica
a Scandicci (FI).
Fig.18. Edificio in terra eseguito con la tecnica del massone a
Corridonia (MC) (foto G.Cruciani Fabozzi).
in basso, a sinistra
Fig.19. La costruzione di un edificio in pisé (da Rondelet).
in basso, a destra
Fig. 20. Intonaco a finta cortina steso su muratura laterizia ancora
in parte presente in un edificio di Fabriano (AN) (foto G.Cruciani
Fabozzi).
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