In questo numero - Parrocchia San Pio X

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In questo numero - Parrocchia San Pio X
“ARRIVANO
I NOSTRI”
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Pagina 1
Distribuzione gratuita
Bollettino periodico dei
giovani da 8 a 98 anni
S . P i o X - Balduina
www.sanpiodecimo.it
Numero 26
Novembre 2009
In questo numero:
LA POLITICA DEL BENE
(Quella della Chiesa)
LUIGI STURZO
(Religione e politica)
STARE NELLA SOCIETA’
( In modo cristiano)
POLITICA-CRISTIANA
(E corretta laicità)
GIORGIO LA PIRA
(Politica con la P maiuscola)
LUCE SULLA MONTAGNA
(L’uomo ne ha bisogno)
LA TERZA REPUBBLICA ?
(Si può ricominciare)
Politico
e
cristiano
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DA CAVOUR A DE GASPERI
(Libera Chiesa e libero Stato?)
BACINO ELETTORALE ?
( I cattolici sono altro)
IN NOME DI GESU
(Destra o sinistra?)
DATE A CESARE
(Quel che è di Cesare)
ASINI & POLITICA
(Strani parallelismi)
LA MADONNINA CADUTA
(Incidente a Monte Mario)
AFRICA EXPRESS
(Leopold Sedar Senghor)
I MIEI GIOVANI
(Ricordi di studenti lontani)
IL DIARIO DI GIORGIA
(Quali obiettivi ?)
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POLITICO &
CRISTIANO
Renato Ammannati
Il tema proposto per
questa edizione del
giornale
appare
estremamente complesso e rischioso, e
certamente non può
essere esaurito nelle
poche righe di un
articolo.
Tuttavia, oggi più
che mai, merita di
essere affrontato per
il fatto che la rappresentatività dell'elettorato cattolico si è dissolta, in
Italia, con la fine della Democrazia Cristiana.
Nella proposta del tema, gli ideatori specificavano
come l'oggetto dovesse essere non tanto l'orientamento politico o di voto degli estensori degli articoli,
quanto piuttosto l'idea personale che ciascuno ha di
come dovrebbe essere un uomo politico che rappresenti al meglio l'identità cristiana di chi lo vota.
Qual è il politico cui un cristiano dovrebbe dare fiducia e voto? Quello che sembra vivere una morale in
linea con i principi cristiani? E che ne sa un elettore
della condotta morale di un candidato alle elezioni?
Si invita il suo confessore personale a parlare pubblicamente, ammesso che ce lo abbia?
Quando è che un aspirante deputato o senatore può
effettivamente dirsi cristiano o no? Dalla mancanza
di processi penali a suo carico? Dalla frequenza alle
messe domenicali? Dalle sue pubbliche esternazioni
a favore della Chiesa e del Papa? Quanti ammiccano
alla Chiesa ed ai suoi ministri per il solo tornaconto
politico, certi di convogliare così su di loro le scelte
di voto dell'elettorato cattolico, ma in fondo a se stessi farebbero volentieri a meno di questa forma di
"scambio commerciale" di favori?
E non c'è poi il vezzo di porre in prima linea certi personaggi di estrazione cattolica, come specchietto
delle allodole per attirare i voti dell'elettorato cristiano salvo, poi, andata al potere quella parte, tentare di
proporre una politica marcatamente laicista, completamente svincolata dal cristianesimo, dalla tradizione
cattolica e dal magistero della Chiesa?
Si prenda il caso del presidente americano Barack
Obama, intorno il quale si raccoglie un vastissimo
consenso d'opinione, in patria e fuori, eppure molto
criticato dai vescovi americani per i suoi orientamenti nel campo della bioetica e la questione dell'aborto.
Il politico ideale, ci pare, è quello che risponde prima
di tutto alle istanze dettate dalla famosa frase di Gesù
nel Vangelo di Marco: "Rendete a Cesare quello che
è di Cesare e a Dio quello che è di Dio", frase che
definisce i due ambiti distinti entro cui possano operare legittimamente due distinte autorità, quella politica e quella religiosa.
La frase, rileggendo il brano e la situazione che l'ha
generata, verteva sugli obblighi cui un cristiano non
può sottrarsi di fronte all'autorità politica ed a quella
di Dio. Applicata nel nostro caso, il politico in linea
con i princìpi cristiani è colui che, indipendentemente dalla sua morale privata, sconosciuta ad un elettore, governa la cosa pubblica richiedendo quanto è
lecito che Cesare richieda, senza mai varcare i confini del suo spazio di legittimità ed estendere la sua
autorità su quello che è invece l'ambito spirituale.
Insomma, chi deve votare un elettore di estrazione
cristiana? L'identikit ideale di un politico cui un cristiano dovrebbe essere propenso a dare il proprio
voto è innanzitutto un politico capace, indipendentemente dalla sua estrazione religiosa, dalla sua aderenza maggiore o minore alla morale cristiana.
Un uomo chiamato alla guida del paese, a qualunque
livello o campo, deve innanzitutto dimostrarsi in possesso delle capacità di risolvere i problemi della
comunità che è chiamato a governare, nell'ambito
che spetta a Cesare, e che anzi è tenuto a risolvere
per il mandato popolare che gli è stato conferito e per
l'autorità che dall'alto gli è garantita ("Tu non avresti
nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato
dall'alto" - Gv 19,11). In secondo luogo deve applicare politicamente, nel campo della morale e dell'etica,
l'insegnamento che proviene dalla Rivelazione e
dalla Chiesa.
In questi giorni, in Gran Bretagna, dove in questo
momento vivo, sta andando in onda la terza parte di
una specie di romanzo storico che ha per trama la
vita di Enrico VIII, uno dei sovrani più noti in patria e
fuori a causa della sua spregiudicata vita sentimentale. Il suo peccato più grande non fu certo quello di
aver avuto sei mogli, per il quale è riuscito a competere per bene con la samaritana incontrata da Gesù
presso il pozzo di Giacobbe.
La sua colpa più grande fu quella di aver causato lo
scisma anglicano pur di poter divorziare dalla prima
moglie e convolare a nozze con la seconda. La sua
colpa fu quella con la quale sancì la sottomissione
del clero al potere temporale dello Stato, cioè, in ultima analisi, consentì a Cesare di estendere il suo
potere oltre i limiti consentiti a lui, occupando i territori dell'autorità divina.
È curioso ciò che sembra verificarsi in questi tempi.
In un mondo dove la morale diviene sempre più un
fatto rigorosamente privato, non più assoggettabile
ad alcun giudizio, rispondono del comportamento
morale privato i rappresentanti della cosa pubblica.
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“C'è oggi bisogno di persone che siano credenti e credibili,
pronte a diffondere in ogni ambito della societa' quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione... Coloro
che sono o possono diventare idonei per l’esercizio dell’arte
politica, così difficile, ma insieme così nobile, si preparino e
si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale. Agiscano con integrità e saggezza contro l’ingiustizia e l’oppressione, il dominio arbitrario e
l’intolleranza d’un solo uomo e d’un solo partito politico; si
prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti. La santita' e' la vocazione universale di tutti i battezzati, che spinge
a compiere il proprio dovere con fedelta' e coraggio, guardando non al proprio interesse egoistico, bensi' al bene
comune, e ricercando in ogni momento la volonta' divina. E
dunque, non basta apparire buoni ed onesti; occorre esserlo realmente.”
Papa Benedetto XVI
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LA POLITICA DEL BENE
don Paolo Tammi
La politica appartiene
al mio codice genetico.
Sono nato in un’epoca
in cui si parlava di
politica in famiglia, si
faceva politica a scuola, ci si univa o divideva per passioni politiche simili o contrapposte.
Sono nato in un’epoca
che mi ha permesso di
conoscere ( anche di
persona) uomini e
donne della politica
che adesso si studiano sui libri di storia contemporanea. A parte
Andreotti “evergreen” e pochi altri, sono quasi tutti
morti o scomparsi dalla scena politica. Ma io mi sono
più volte identificato in loro, in molti di loro. E se è
vero – ed è vero – che abbiamo bisogno di modelli,
anche fuori dalla famiglia, quei personaggi per me lo
sono stati.
Una proiezione psicologica di cui non mi vergogno,
perché l’uomo politico ha sempre rappresentato per
me colui che si prepara, che lotta, che ha una dialettica, che governa, che ascolta, che decide.
Tutte cose nelle quali poi mi sono ritrovato da prete.
Volevo parlare bene come Almirante, avere l’arguzia
e l’ironia di Andreotti, la compostezza e lo sguardo
profondo di Berlinguer, la lucida determinazione di
Craxi, il ragionamento pacato di Moro.
Anche i giornalisti della politica erano una forza.
Chi si scorda di Indro Montanelli, di Nino Nutrizio, di
Giorgio Pisanò, il mitico direttore di “Candido”?
Erano botte dure nelle tribune politiche, sui giornali,
ma nessuno avrebbe fatto quel che ha fatto Feltri
qualche mese fa.
Che cosa chiedevo alla politica allora? Forse niente.
O meglio, qualcosa si. Chiedevo che mi prestasse
una passione, una voglia matta di essere protagonista, di non essere sottomesso, di capire con la mia
testa, di difendere battaglie giuste.
Questo lo dico adesso, col senno di poi.
Allora la politica era scendere in piazza, scioperare,
era un voto in condotta in meno per aver consegnato un tema in bianco alla prof. di italiano (perché
incomprensibile e lontano dalla storia).
Era anche farsi scoprire da papà mentre volantinavo
e promettergli ( che bugia!) che non l’avrei fatto più.
Poi sono entrato in seminario, dopo tre anni di
Università. Concentrato su ben altro ho assistito,
mio malgrado, al crollo della politica, al crollo – ben
più grave – della passione dei giovani per la politica.
Avrò forse – lo confesso – contribuito poco anch’io
quando non ho più avuto fiducia o quando ho male
interpretato la spiritualità evangelica.
Essa non sta fuori dal mondo.
Cesare è nel mondo e a lui qualcosa bisogna rendere. Non solo le tasse, ovviamente, nè solo il rispetto
delle regole. Ma anche il dovere sacrosanto della critica, se necessario, della protesta, o del consenso
parlato e ragionato, non solo espresso col voto.
Il voto, poi ! Veicolato ed “estorto” ormai da una
serie di immagini rassicuranti, di promesse mirabolanti, di idee formatesi davanti a salotti televisivi nei
quali litigare è d’obbligo e farsi capire molto meno.
Ricordo Iader Iacobelli, un signore raffinatissimo,
che sapeva zittire o incoraggiare aiutato però dalla
correttezza obiettiva di quelli che discutevano.
Sempre al di sopra delle parti, sempre come uno che
sembrava fosse lì per imparare qualcosa di nuovo e
non per incitare o leccare o subdolamente indirizzare. Adesso abbiamo il tribuno Santoro e il liquido
Vespa, e tanti altri che stanno sul libro paga o della
Rai o di Berlusconi o di De Benedetti e che sanno
bene come fare gli interessi di una parte, piuttosto
che delle persone normali.
Che cosa chiede la Chiesa alla politica ? Questa è
senz’altro una domanda più interessante e sensata.
La Chiesa sta nella polis. Gesù, a quelli che lo guardavano andare in cielo, ha detto:”Rimanete in città!
A Gerusalemme!”
Lo Spirito Santo che avrebbero di lì a poco ricevuto,
era per loro e per quella gente che da loro avrebbe
tratto esempio e vigore. Cittadini e peccatori, o forse
santi, ma gente che sicuramente doveva lottare ogni
giorno per vivere bene e senza troppi tormenti.
La Chiesa è sempre rimasta nella polis. La polis non
è affare privato di pochi o dei comitati d’affare.
E non è solo problema del verde che non c’è, del traffico che aumenta, di una giustizia che è una lumaca,
di una scuola che spesso – non sempre – affonda in
chili di carta da bollo.
La Chiesa difende il bene. Questo la gente lo sa
molto bene. Gridare che ci sono 127.000 aborti
all’anno in Italia e chiedere che si faccia prevenzione
seria e generosa è difendere il bene.
Gridare che per la famiglia non si fa un tubo, non si
abbassano le tasse, non si costruiscono asili nido
vicino al posto di lavoro, si favorisce – di fatto – la
separazione perché così la quota di imponibile diminuisce e via dicendo, tutto questo è difendere il
bene.
La Chiesa chiede: chi è disposto a trovare mezzi
politici per difendere il bene? Il bene, non i propri privilegi ! Se così fosse, se cioè la Chiesa difendesse
solo i propri privilegi, ci sarebbe da soffrire e da
morire. Nella politica, e nei rapporti col potere politico, la Chiesa ha solo un mezzo: difendere la verità.
Non solo difendere se stessa, ma la verità.
Difendere i poveri, come ha fatto Gesù.
Difendere chi non è difeso, come hanno fatto i santi.
E prendere il largo da politici che la vedono solo
come un impiccio o che la cullano, per sentirsi a loro
volta difesi.
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IL PENSIERO RELIGIOSO
E POLITICO
DI DON LUIGI STURZO
Cesare Catarinozzi
Don Luigi Sturzo nacque a Caltagirone
nel 1871. fu teologo e sociologo, esponente in sociologia del metodo storicocomparitivo, ossia del raffronto tra diversi assetti della società
in diverse epoche storiche.
Fondò il giornale di orientamento politico-sociale “La croce di
Costantino”. Oltre ai consensi il giornale suscitò le ire dei massoni a causa del metodo rettilineo e coraggioso che usava Luigi
Sturzo per ottenere i consensi, quindi il 20 settembre 1897 bruciarono una copia del giornale, nella piazza principale di
Caltagirone.
Con i fatti di maggio del 1898, le repressioni antioperaie di Bava
Beccaria, gli stati d’assedio nelle principali città, si comincia a
delineare l’impossibilità della convivenza all’interno dell’Opera
dei Congressi fra conservatori e democratici cristiani.
Il mantenimento dell’unità dei cattolici, voluta da Papa Leone
XIII, diventava sempre più arduo.
Il sacerdote di Caltagirone tentò invano di introdurre nell’Opera
una riflessione sui problemi dell’Italia Meridionale, che aveva
sempre più approfondito nell’esperienza diretta del mondo contadino negli anni della crisi agraria. Luigi Sturzo nel 1900 fu visto
tra i fondatori della Democrazia Cristiana Italiana, ma il realtà
aveva pure rifiutato la tessera del partito, guidato da Romolo
Murri e nello stesso anno, essendosi scatenata in Cina la persecuzione dei Boxers, che volevano la cacciata degli stranieri dalla
Cina, Sturzo presentò formale domanda al vescovo per partire
missionario in quelle terre lontane, ma il vescovo, datele sue
precarie condizioni di salute, gli negò il suo consenso e Sturzo
ubbidì.
Verso i primi anni del ‘900 Sturzo divenne il collaboratore del
quotidiano cattolico “Il Sole del Mezzogiorno” e nel 1902 guidò i
cattolici di Caltagirone alle elezioni amministrative e nel 1905
verrà nominato consigliere provinciale della Provincia di
Catania. Sempre nel 1905, alla vigilia di Natale, pronunciò il
discorso di Caltagirone su “I problemi della vita nazionale dei
cattolici”, superando il “non expedit”.
Nel 1915 Sturzo fu nominato segretario dell’Azione Cattolica
Italiana e nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano, del quale
divenne segretario politico fino al 1923 e il 18 gennaio 1919: si
compie ciò che a molti è apparso l’evento politico più significativo dall’unità d’Italia: dall’albergo Santa Chiara di Roma, don
Sturzo lancia l’Appello ai Liberi e Forti”, carta istitutiva del
Partito Popolare Italiano: “A tutti gli uomini liberi e forti, che in
questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo
appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli
ideali di giustizia e libertà”.
Nel 1912 divenne vicepresidente dell’Associazione Nazionale
Comuni d’Italia. Nel 1915, essendo stato molto attivo nell’Azione
Cattolica, divenne il Segretario Generale della Giunta Centrale.
Il 12 aprile 1923, al Congresso di Torino del Partito Popolare,
Sturzo fa prevalere la tesi antifascista e l’uscita dei ministri cattolici dal governo Mussolini. Luigi Sturzo sarà costretto a fornire chiarimenti e inoltre alcuni segnali a favore di Mussolini arrivano dai cattolici di destra. Mussolini invita i Popolari, e il segretario Don Sturzo a chiarire o a dimettersi. Luigi Sturzo decise di
lasciare gli incarichi nel partito e si rifugiò dal 1924 al 1940 prima
a Londra, a Parigi e poi a New York.
A Londra animò diversi gruppi politici di italiani fuoriusciti e di
cattolici europei e nel 1936 fonda il People and Freedom Group
e negli USA intrecciò dei rapporti con Carlo Sforza, Lionello
Venturi, Mario Einaudi, Gaetano Salvemini. Dopo questo periodo
ritornò in Italia sbarcando a Napoli e poi si chiuse in un isolamento volontario in un convento di Roma. Difese la libera iniziativa con l’argomento dell’economicità e della libertà.
Nel 1945, finita la guerra, Luigi Sturzo rientra in Italia, riprendendo una vita politica attiva.
Dopo la seconda guerra mondiale non svolse un ruolo dominante nella scena politica italiana, ma il 17 dicembre 1952 fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Luigi
Einaudi. Sturzo accettò la nomina aderendo al gruppo misto
solo dopo aver ricevuto la dispensa da papa Pio XII.
Morì a Roma l’8 agosto 1959 all’età di ottantotto anni e oggi è
sepolto nella Chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone.
Tutta la sua attività politica è fondata su una questione centrale:
dare voce in politica ai cattolici. Sturzo si impegna per dare
un’alternativa cattolica e sociale al movimento socialista.
Per Sturzo i cattolici si devono impegnare in politica, tuttavia tra
politica e Chiesa deve esserci assoluta autonomia.
La politica, essendo complessa, può essere mossa da principi
cristiani, ma non si deve tornare alla vecchia rigidità e all’eccesso schematismo del passato. Il Cristianesimo è, insomma, la
principale fonte di ispirazione, ma non l’unica.
La società deve far riconoscere le aspirazioni di ogni singolo
individuo: “la base del fatto sociale è da ricercarsi nell’individuo” e l’individuo viene prima della società; la società è socialità: si fonda, cioè, su libere e coscienti attività relazionali. Sturzo
è contrario ad una società immobile ed il movimento è dato dalle
relazioni interindividuali tra le persone; la società non deve
essere un limite alla libertà dell’individuo.
Non può essere, tuttavia, definito iper-individualista. All’interno
di questo schema sociale multiforme la religione non può essere strumento di governo. Il cristianesimo ha dato qualcosa ad
ogni corrente politica, quindi nessuno può dire di possedere il
monopolio della verità religiosa.
L’individuo deve scegliere da sé se seguire la propria coscienza
di buon cittadino o di credente; non è la Chiesa che deve indirizzarlo nell’atto della scelta, la quale attiene strettamente alla sfera
individuale del singolo. Il PPI nasce perciò come aconfessionale: la religione può influenzare, ma non imporre. In economia
Sturzo non è un liberale classico, ma da un lato denuncia il capitalismo di Stato che ritiene dilapidatore di risorse, e dall’altro
rimane convinto della possibilità di interventi dello Stato in economia, anche se per un tempo breve e finalizzato ad un risultato.
Il suo faro è la centralità della persona, non delle masse; è un
fautore dello stato minimo e censura già all’epoca l’eccessivo
partitismo, ma si dichiara ostile a una concezione statale pura.
In questo modo fonda il Popolarismo, dottrina politica autonoma
e originale, che non è altro che la messa in pratica della Dottrina
Sociale della Chiesa Cattolica, arricchita dal suo pensiero e
lavoro, spesso profetica e –pur essendo prettamente pragmatica- profondamente intessuta eticamente.
Molti elementi del pensiero di Sturzo conservano ancora oggi, a
mio avviso, una loro attualità. In particolare la ricerca di una
terza via tra liberismo e statalismo e l’ispirazione religiosa, ma
autonoma,del cristiano in politica.
Ma attenzione a chi si dichiara “erede” di Sturzo, senza avere le
carte in regola.
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“AFRICA EXPRESS”
LEOPOLD SEDAR SENGHOR
Quest’anno ricorre il centenario
della nascita di Leopold Sedar
Senghor, uno dei più grandi padri
spirituali dell’Africa. Era nato il 9
ottobre del 1909 a Joal, nel sud
Senegal, non molto lontano da
Gorèe, l’isola tristemente famosa
dalla quale, fino al XIX secolo, partivano le navi negriere per l’America
(vedi anche Arrivano i Nostri di gennaio 2009). La sua era una famiglia
benestante, con probabili, lontane,
origini portoghesi (che spiegano,
forse, anche il cognome Senghor,
dal portoghese senior), ed il padre,
ricco coltivatore e commerciante,
apparteneva
all’etnia
Sérère.
Léopold, da giovane, sposò per dovere (come lui stesso dichiarò una
volta) una donna di origine guianese, figlia di un noto governatore
dell’Africa francese, ma il matrimonio non andò a buon fine e la sposa
della sua vita fu Colette Nubert, una francese di Normandia. La sua
educazione venne affidata alla famiglia paterna, in particolare allo zio
che gli inculcò l’amore per la propria gente, per la propria etnia e per la
terra d’origine. Questo periodo risultò importantissimo per la vita futura di Senghor, sia politica che poetica. Ricevette anche una solida educazione cattolica tanto che, all’età di 8 anni, iniziò i suoi studi in un collegio cristiano e nel 1922, all’età di 16 anni, entrò nel seminario di
Dakar. In questi anni, pur non rinunziando alla propria identità culturale, apprende ed assimila la cultura e l’educazione che gli viene impartita, anche se ben presto comprende che la vita religiosa non fa per lui
e lascia il seminario. Forse le sue origini, di cui era già cosciente, forniscono una prima spiegazione agli atteggiamenti, a prima vista contraddittori di Senghor, fiero della propria pelle nera e di essere un figlio
dell’Africa ma anche privo di animosità e rancore nei confronti del
mondo occidentale, in particolare dell’Europa colonizzatrice. Si iscrive,
quindi, ad una scuola laica ma i principi cristiani appresi nel corso
degli anni precedenti resteranno per lui insegnamenti fondamentali cui
non verrà mai meno. Dichiarò una volta nel corso di una sua lezione
universitaria: “L’educazione cristiana mi ha fatto molto bene. Avevo un
temperamento ed un carattere molto collerico ma la direzione spirituale e la confessione mi hanno insegnato a dominarmi ed a disciplinarmi”. Terminata la scuola, ove si distinse in modo particolare nelle materie classiche (latino e greco) e nella lingua francese, ottiene una borsa
di studio per andare a terminare gli studi a Parigi dove, nel 1935, si laurea, con il massimo dei voti, in Lettere. Subito dopo intraprende la carriera di insegnante prima in vari licei e poi nelle università. Arruolato
nel 1939 nell’esercito francese, subito dopo l’inizio della II^ Guerra
Mondiale fu fatto prigioniero dai Tedeschi. Dopo circa due anni di prigionia fu liberato e, pur riprendendo l’insegnamento, entrò nella resistenza francese. Nel corso di questo periodo ospitò segretamente nella
sua abitazione di Parigi numerosi partigiani ed ebrei sottraendoli ai
rastrellamenti delle truppe naziste. Alla fine della guerra fu eletto deputato alla Assemblea Nazionale di Francia e due anni dopo fondò il
“Blocco Democratico Senegalese” movimento politico che, pur auspicando l’indipendenza del suo paese di origine, perseguiva anche la
costituzione di una confederazione tra le ex colonie francesi propugnando una sorta di Commonwealth francese. Nel 1956, scaduto il
mandato di deputato francese, tornò in patria dove venne eletto
Sindaco di Thies, seconda città dopo la capitale Dakar. Nel 1958 il
Senegal ottiene lo statuto di repubblica autonoma, e nel 1960, ottenuta l’indipendenza piena, insieme al Sudan francese (attuale Mali) si
fuse formando la Federazione del Mali, che divenne completamente
indipendente nell’aprile del 1960. La federazione tuttavia non resse i
problemi derivanti dalla decolonizzazione, e dopo soli 4 mesi, il 20
agosto 1960, le due nazioni dichiararono la rispettiva indipendenza.
Léopold Senghor venne eletto primo presidente del Senegal, nel settembre 1960, restando al potere, con cinque mandati consecutivi, per
i successivi 20 anni. Nel dicembre del 1980, unico caso nella storia
politica dell’Africa moderna, ha spontaneamente rassegnato le dimissioni da Presidente della Repubblica, sostituito da Abdou Diouf. In un
primo momento nessuno ci credeva “perché in Africa sono molti i capi
Lucio Laurita
Longo
di stato, per lo più militari, che hanno più volte annunciato le loro
dimissioni e che invece sono rimasti al potere con la scusa farlo solo
per obbedire alla volontà del popolo!” Nel corso della sua intera vita
politica alla guida del Senegal si è sempre battuto per realizzare un
socialismo umanistico e cristiano pur nelle difficoltà di un paese che
viveva grazie alla monocoltura dell’arachide ed ad una popolazione a
maggioranza musulmana (oltre il 90%). Fu lui che coniò il termine,
all’inizio inteso in senso dispregiativo, di “negritudine”. Secondo la
sua definizione, però, tale concetto “è l’insieme di tutti quei valori, politici, intellettuali, economici, morali, sociali ed artistici, comuni non solo
alle genti dell’Africa nera ma anche alle minoranze nere dell’America.
Ora, i militanti della negritudine assumono questi valori, li fecondano
anche con apporti esterni, per viverli in prima persona, dando così il
loro contributo di Negri nuovi alla Civiltà dell’Universale». Questo concetto di “negritudine” è stato molto criticato, in special modo da parte
del mondo intellettuale africano che accusava Senghor di essere troppo moderato nei confronti del mondo europeo. Dava molto fastidio
anche la sua valutazione, molte volte anche positiva, della cultura dei
bianchi. Ancora oggi vi è un elevato numero di intellettuali di colore
(detti anche afrocentristi) che continuano a ritenere il pensiero di
Senghor troppo morbido ed accondiscendente. Negli ultimi anni, però,
il giudizio favorevole sul ruolo avuto da questo straordinario personaggio è via via aumentato proprio perché ci si è resi sempre più conto
della grande influenza avuta nello sviluppo di una autocoscienza positiva e non violenta da parte di milioni di africani del proprio valore e del
proprio ruolo nel mondo moderno.
In tutti questi intensi anni, però, Senghor non ha mai dimenticato quello che era stato il suo primo grande amore: la cultura classica e la poesia. In quest’ambito scrisse numerose raccolte di poesie tra le quali
spiccano i “Chants d’ombre” del 1945, e le “Ethiopiques” del 1956.
Particolarmente significativa sul pensiero di Senghor è l’introduzione
scritta alla “L’Antholgie de la novelle poésie malgache de langue
Francaise” nel 1948. Pochi sanno, inoltre, che Senghor ha scritto il
testo dell’Inno Nazionale del Senegal il quale, alle prime tre strofe, recita: “Pizzicate tutti le vostre cora, battete i vostri balafon Il leone rosso
ha ruggito. Il domatore della savana Di un balzo s’è slanciato dissipando le tenebre Sole sulle nostre paure, sole sulla nostra speranza;
In piedi fratelli ecco l’Africa riunita Fibre del mio cuore verde spalla
contro spalla Miei più che fratelli. O Senegalesi, alzatevi! Uniamo il
mare e le sorgenti, uniamo La steppa e la foresta. Ti saluto Africa
madre.
Senegal, tu figlio della spuma del leone, Tu sorto dalla notte al galoppo dei cavalli, Rendici, oh ! rendici l’onore dei nostri Antenati Splendidi
come l’ebano e forti come il muscolo! Diciamo diritti - la spada non ha
una sbavatura. Ulteriori raccolte di poesie e scritti sono: “Liberté 1,
Négritude et Humanisme” del 1964 e “Liberté II, Nation et Voie africaine du Socialisme” del 1971.
Dopo il ritiro dalla scena politica torna a vivere in Francia con la moglie
Colette, in Normandia, dove, pur non dimenticando di fornire il suo
apporto prestigioso alla causa africana ogni volta che gli veniva richiesto, si dedica principalmente alla poesia ed allo studio. Divenne il
primo membro di colore della “Accademie francaise” nonché uno dei
primi deputati africani alla Assemblea Nazionale.
Muore il 20 dicembre 2001 in Francia ma i suoi funerali si svolgono il
29 dicembre a Dakar, davanti ad un paese in lutto. Il presidente francese Jacques Chirac alla sua scomparsa dichiarò: “La poesia ha perso
uno dei suoi grandi maestri, il Senegal il suo statista più illustre,
l’Africa un grande idealista e la Francia un grande amico.”
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L’ANGOLO DELLA CUCINA
SALSA PICCANTE PER CARNI ALLA BRACE
(Senegal)
Ingredienti: 100 gr. di peperoncino molto piccante (in Senegal questo tipo di
peperoncini vengono chiamati”cani”), 20 gr. di senape forte, 20 gr. di concentrato di pomodoro, 2 spicchi di aglio, il succo di un lime, olio e aceto.
Preparazione: in un mortaio (o nel minipimer a velocità ridotta) pestate i
peperoncini, con poche gocce di olio, fino a farne una poltiglia. A parte fate
rosolare l’aglio, dopo averlo tritato finemente, in due cucchiai d’olio, unendo
la poltiglia di peperoncino, il concentrato di pomodoro, la senape, il succo di
lime, una spruzzatina di aceto (per insaporire) e un po’ d’acqua. Coprite il
tutto e lasciate cuocere a fuoco basso per circa 20 m. fino a che la salsa non
si restringe. Lasciate freddare insaporite le carni ancora calde.
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LINEE DI UNA
POLITICA
CRISTIANA
Cesare Catarinozzi
Una corretta laicità non esclude, anzi
richiede un’ispirazione religiosa
della politica. Lo spiega anche il neopresidente americano Barack Obama
nel discorso che – allora senatore democratico dell’Illinois –
tenne in una conferenza a Washington.
<<Penso sia un errore - egli disse- non riconoscere la fede
nella vita sociale e non addentrarsi in un dibattito su come conciliare la fede e la nostra democrazia moderna e pluralistica….
Dire che donne e uomini non dovrebbero far confluire la loro
morale personale nei dibattiti pubblici è un assurdo pratico. Il
nostro diritto è per definizione una codifica della morale, basato in larga misura sulla tradizione giudaico-cristiana.>>
La politica è un servizio d’amore ?
Per un cristiano dovrebbe esserlo, impegnandosi per una
società che, come ha indicato Benedetto XVI nell’enciclica
“Caritas in veritate” superi la mera logica del mercato e del profitto. L’impegno della Chiesa Cattolica e delle altre Chiese cristiane è di garantire che il concetto di bene comune non rimanga solo un’entità vaga o astratta, ma possa essere realizzato
attraverso l’impegno di far giungere all’intera comunità la testimonianza e la Parola di Cristo.
Cito ancora Benedetto XVI : “La responsabilità dei cristiani
nella vita sociale e politica è un fatto d’amore e di verità: amore
verso Dio e verso l’uomo….da qui ha origine infatti la solidarietà umana. In esso l’uomo non può riconoscersi come un’isola
INSERIRSI NELLA
SOCIETA’ CIVILE
Eugenia Rugolo
Viviamo in una società estremamente complessa. Spesso ci
manca la preparazione per capire i complicati meccanismi della
politica e dell’economia. Questa può essere un’occasione per
ripensare all’impegno sociale e politico del cristiano e alle tentazioni pericolose ogni qual volta si affrontano queste tematiche. Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da
quelle eterne e spirituali, ma non la separazione.
Per il cristiano tutto nasce da Dio e tende a Lui, ma in mezzo c’è
spazio per la responsabilità dell’uomo. La Chiesa, fin dalle origini ha offerto il suo insegnamento e una propria dottrina sociale,
ossia le proposte di alcune verità di etica cristiana. Il fine è quello di educare le coscienze, lasciando ai cristiani il compito di
inserirsi nella società civile, confrontandosi e dialogando con
gli altri uomini per trovare soluzioni adeguate e appropriate.
Con la fine del vecchio sistema dei partiti e della democrazia
cristiana (disintegrandosi in una miriade di partiti), la collocazione politica dei cattolici è diventata molto più problematica.
Dal punto di vista teorico si fa in fretta ad affermare che un cattolico deve cercare di promuovere i valori cristiani, in pratica si
tratta di scegliere quali delle due coalizioni offre in tal senso,
migliori garanzie; Quel che è certo è che fin ora abbiamo perso
visibilità e influenza, capacità di dialogare e di comunicare, poiché l’appartenenza a schiarimenti diversi sembra prevalere sulla
fede comune. Uno dei rischi che oggi corriamo, a livello mondiale, è di buttar via lo stato sociale: basta pensare alla politica dei
tagli, la privatizzazione selvaggia.
Certo privato è “efficienza”, magari per qualcuno vale anche il
principio secondo cui “privato è bello”: sappiamo bene però che
privato è bello solo per chi ha i soldi e per chi ha il potere.
o vivere e agire come un isolato, ma deve riconoscere con gratitudine il legame profondo che lo lega a Dio ed a tutti i suoi
figli… Come Gesù Cristo anche il cristiano entra nel vivo della
solidarietà umana, non per interesse, ma spinto dalla Carità,
operando così nel lavoro come nella politica come offerta
generosa d’amore”.
Questo è anche ciò che mi insegnò il mio docente di “Storia
delle dottrine politiche” Gerardo Bruni (nella foto sotto), e cioè
che occorre agire in politica non “in quanto cristiano”, secondo una vecchia logica, ma “da cristiano”.
Gerardo Bruni, grande ammiratore di Papa Giovanni, aveva
fondato il “Partito Socialista Cristiano”, ma tale esperienza
ebbe vita breve. Tentò poi di coniugare la religione cristiana
con l’interpretazione idealistica che del marxismo aveva dato il filosofo Labriola, al
tempo stesso scettico e credente.
Ma la visione che Labriola aveva del cristianesimo era troppo intimistica per sposarsi
con l’impegno etico-politico. Labriola pensava infatti che un cristiano ponesse al centro
della sua vita il proprio perfezionamento interiore. Altra cosa è il cristianesimo vissuto,
che è offerta di se stesso agli altri, come troviamo nell’esempio dei missionari.
La politica come missione? Perché no, per un credente ed
anche, occorre riconoscerlo, per tanti laici impegnati, che possiamo considerare “cristiani anonimi”, ossia cristiani che
devono prendere coscienza di esserlo.
I credenti, anziché cercare etichette, devono fermentare come
il lievito la massa. La sociologia cristiana, che in Italia ha avuto
forse il suo massimo esponente in Sabino Acquaviva, ci insegna che dopo “l’eclisse del sacro” c’è oggi una profonda
richiesta di senso. Il cristiano deve fornire una risposta non
solo nella vita privata, ma nella politica intesa come servizio.
Non basta cambiare le regole del gioco: bisogna ridare alla politica una forte tensione morale oppure diventa pura tecnica, semplicemente una gestione del potere da parte di chi il potere lo
controlla, controllandone così i mezzi di informazione, per far si
che questa addormenti le coscienze. In questa situazione è fondamentale investire in controinformazione e in cultura.; deve
essere uno sforzo di tutti noi, quello di informarci e di informare, di aiutare la gente a pensare ad avere fiducia.
Dalle ceneri della politica è nato il volontariato, nei vuoti lasciati aperti dallo stato, si sono inseriti i volontari con una insostituibile azione di supplenza, particolarmente in alcuni settori: le
lotte alle nuove forme di povertà e la ricerca di una migliore qualità della vita. Qui si impone una seria considerazione: se il
volontariato teso a una migliore qualità della vita non può che
essere il benvenuto, quello che colma i vuoti e cerca rimedi alle
inadempienze della politica non può essere accettabile.
La politica deve continuare ad essere un luogo privilegiato per
affrontare i problemi del vivere civile. La politica (= governo
della città) deve congiungersi con giustizia, anche l’ultimo cittadino deve poter contare, far sentire la sua voce, deve avere il
diritto di organizzarsi.
La Chiesa deve sentirsi libera di esprimere i suoi giudizi per
attuare vie nuove di impegno e partecipazione. Nei luoghi significativi dove la comunità si incontra non si parla di queste cose;
Fare politica è compito specifico dei laici e delle famiglie, che
devono far sentire quali sono i veri bisogni; Ma per questo dobbiamo aiutarci, metterci insieme, creare dei gruppi. Solo insieme
si riesce a vincere la sensazione di impotenza che spesso ci
assale. Come cristiani siamo ancora oggi il sale della terra, l’essenziale è che non perdiamo il sapore, che non fuggiamo dalla
nostra funzione- missione.
Non vogliamo essere in contrapposizione a tutti i costi, ma il
dialogo, nella coerenza e nella chiarezza di posizioni. Dio non ci
chiede di salvare il mondo: per fortuna ci ha pensato e ci pensa
Lui che invece ci chiede di annunciare oggi il Vangelo: dunque
nella società in cui viviamo e in cui operiamo.
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L’ANGOLO
DELLA
PREGHIERA
Lucia Aiello
“ Una luce sulla montagna “
Di una cosa sono profondamente convinta. Dove Cristo c’è, si
vede. Se non si vede, vuol dire che non è lì. Inutile nascondersi dietro il velo delle tecniche di comunicazione. Non che siano
inutili, ma vengono dopo. Una città su una montagna si vede
senza bisogno di “fare” niente. Se è tutto buio, non c’è nessuna città. Ecco perché, a parer mio, sono davvero poche e semplici le cose che contano: lasciare entrare Cristo che bussa al
nostro cuore ed essere autentici. Sì autentici. E’ con questo
pensiero che nel 2005 sono partita per la Terra Santa, dove in
effetti la mia vita ha cominciato a cambiare. E al ritorno le persone che mi conoscevano se ne sono accorte. Si fa un bel parlare di identità e di coerenza. Tutte cose importantissime. Ma
l’autenticità è il mio pallino. Lasciare che gli altri ci vedano per
come siamo. Con la nostra fede e con i nostri dubbi. Purulenti
di ferite e colmi di grazia. Ne abbiamo abbastanza, qui in Italia,
di venditori di fumo. E non parlo solo del periodo più recente,
in cui questo è divenuto ancor più evidente. Qualunque sociologo da quattro soldi è capace di scrivere fiumi di inchiostro
sulla melma e il fango in cui siamo scivolati. Proprio del cristiano è vedere il fiore. E dov’è questo fiore? Penso che il fiore da
cui l’Italia potrebbe ripartire è il sangue dei suoi martiri della
vita civile: Bachelet, Falcone, Borsellino, Ambrosoli, Livatino,
ASINI & POLITICA
Sandro Morici
Dovete sapere che nel paesello delle mie origini, là nel profondo Sud, l’amministrazione
comunale sta utilizzando due asinelli per la
raccolta dei rifiuti lungo le viuzze strette di
alcuni rioni. Questi asinelli, di nome Ale ed
Ela, ormai inseriti da tempo nell’entourage di
governo, a forza di interagire con sindaci e
consiglieri, sono diventati dei grossi esperti in
materia di politica. Ebbene, l’altra sera, passando sotto la finestra delle loro stalla, sono
riuscito a raccogliere questa loro testimonianza, mentre erano in vena di confidenze reciproche.
- Scusa Ale, cosa ne pensi dei politici di oggi?
. Ela, stasera hai proprio voglia di stuzzicarmi.
Apri un discorso così ampio e complesso
usando un tono sbarazzino, come se dovessimo parlare di sport…
- Dai, non mi puoi accostare politica e sport
tutt’insieme. Sono due attività umane decisamente diverse anche se forse qualcosa in
comune ce l’hanno.
- Per esempio? Calciopoli e tangentopoli?
- Appunto. La compromissione affaristica, che
ovviamente non va generalizzata all’intera
categoria.
- Perché la chiami “categoria” e non usi la
dizione “casta”, come tutti ormai sanno?
Guarda che parliamo di storia vera con nomi,
date , indirizzi!
- Tutti sanno, ma all’atto pratico fanno finta di
non capire o di non ricordare o, spesso, di
dimenticare in fretta le conseguenze disastrose per le comunità, come per esempio…
- Ti prego, non fermarti a uno, due esempi.
Farei piuttosto riferimento a vasti campi di
attività illecite: le licenze per costruire interi
quartieri in zone geologicamente instabili, i
mancati controlli nella sicurezza dei cantieri
Tarantelli…e molti altri che mi scuso di non elencare. Gente
uccisa mentre e perché faceva il suo dovere tutti i giorni.
Chiunque di noi continua ad alzarsi ogni mattina e ricomincia
da capo la giornata non lasciandosi scoraggiare da quanti dicono che tutto è inutile è, secondo me, un eroe. E di questo ha
bisogno il nostro Paese al più presto, meglio se accompagnato
da un po’ di silenzio. I cristiani hanno fatto male ad allontanarsi dalla politica, anche se non sono convinta che ci vorrebbe un
ritorno al passato, con un unico partito che li rappresenti.
Siamo uomini fra gli uomini. Homo sum, umani nihil a me alienum puto, diceva Terenzio. Sono un uomo, e niente di ciò che
riguarda gli uomini reputo estraneo o diverso da me. Forse è
questo il punto. Ricordarsi di essere uomini e non macchine
programmate per fare carriera a qualsiasi costo. Ricordarsi di
essere uomini e non esseri superiori. E’ dunque insieme agli
altri uomini, anche quelli che non si definiscono cristiani, che
dobbiamo cercare ciò che veramente è umano, confrontandoci
in democrazia su un piano antropologico e non soltanto dogmatico. E’ certo più difficile, ma è ciò che i nostri tempi richiedono. Parlare a tu per tu. In questo modo saremo molto probabilmente contaminati da qualche schizzo di fango e forse ci
sentiremo affondare, ma il Gesù del Vangelo, e non il Messia
trionfatore sui Romani che i suoi contemporanei attendevano,
sarà sicuramente lì a tenderci una mano.
“In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del
fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce
frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.”
“Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e
regneranno nei secoli dei secoli.”
Ap, 22, 2-5
edili o di lavorazioni pericolose all’interno di
capannoni industriali, gli accordi sottobanco
per salvaguardare privilegi di altre caste, sottocaste, castine, e giù di lì che comunque
restano intoccabili.
- Ma oggi sei proprio risoluto, un po’ troppo
severo e intransigente. E che sarà poi questa
tanto deprecata arte del far compromessi!
- Beh, noi siamo asinelli, notoriamente ignoranti. Ma l’altro giorno, durante una pausa in
un vicoletto, sentivo un paesano di passaggio
che, leggendo il libro Sui compromessi di un
certo Nikolaj Lenin, declamava così: “Il compito di un partito veramente rivoluzionario non
consiste nel proclamare un’impossibile rinuncia a qualsiasi compromesso, ma nel saper
conservare attraverso tutti i compromessi inevitabili, la fedeltà ai principi, alla propria classe, al proprio compito rivoluzionario, alla preparazione della rivoluzione e all’educazione
delle masse popolari per la vittoria della rivoluzione”.
- Anch’io posso farti una citazione di un uomo
illustre di cui non ricordo il nome, che recita
così: “Un compromesso politico è un accomodamento…col quale facilmente ci si compromette”.
- Mica male. Intanto però continuiamo a confondere il politico onesto (ce ne sarà uno,
almeno, forse!) con la massa dei politicanti più
o meno implicati, che vanno tutti i giorni sulle
prime pagine.
- E perché ci vanno, secondo te?
- Beh, forse perché una certa intesa collusiva
potrebbe essere stata allacciata proprio tra
mass media e politica. Pensa a quella bolla
mediatica di qualche tempo fa in cui si cercava come far ripulire le mani ma non si trovava
il detersivo giusto per sbiancare le loro
coscienze.
- Ma allora la bella definizione di politica come
“servizio” o “missione presso l’uomo” dove
potremmo mai riscontrarla? Questi poveri cri-7-
sti di paesani, che incontriamo giorno dopo
giorno sempre più preoccupati, avranno mai
avuto una guida, un riferimento?
- Non sono ferrato in materia. Ho solo sentito
parlare, non come poveri cristi ma come convinti cristiani, che una certa istituzione chiamata Chiesa cattolica ha avviato da tempo
(sembra più di un secolo fa) un percorso nell’insegnamento sociale alla luce dei valori cristiani, attraverso l’emanazione di documenti
nominati “encicliche” o “lettere apostoliche”.
Pensa, quasi 39 anni fa la lettera di Papa Paolo
VI, la “Octogesima Adveniens”, indicava tre
momenti d’azione, di cui i primi due di analisi
ed interpretazione delle situazioni socio-politiche di un Paese ed il terzo, più concreto e proattivo, orientato ad “individuare le scelte e gli
impegni che conviene prendere per operare le
trasformazioni sociali, politiche ed economiche”. Il documento promuove tra l’altro la
necessità di un attento discernimento da parte
del cristiano per uscire dal “velo dell’indifferenza”, affinché siano assicurati concretamente valori fondamentali della società politica, soprattutto di libertà e di giustizia, di realizzazione del bene comune, di responsabilità
e di apertura spirituale “che garantiscono lo
sviluppo integrale dell’uomo”. Tutte queste
esortazioni assieme al monito di andare oltre
le ideologie (socialismo democratico, capitalismo tecnocratico, democrazia autoritaria)
sono di un’attualità illuminante.
Certo, se
anche noi asinelli potessimo leggere, meditare, passare “all’azione” secondo uno spirito
evangelico…
- Mio caro Ale, fermiamoci qui. Lasciamo che
altri possano riflettere con la dovuta attenzione. Ormai è notte avanzata e domani ci aspetta un nuovo giorno di fatiche. Prima di addormentarci, però, una promessa puoi farmela:
resta sempre un asino che si interessa alla
politica ma…non diventare mai un politico
asino !
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IL D I AR IO D I
GIORGIA
G i o r g i a Pe r go l i n i
Caro diario,
nel corso della sua vita l’uomo ha
bisogno di porsi degli obiettivi da
raggiungere. Senza questi la sua esistenza risulterebbe pressochè nulla. L’uomo è preda di una continua insoddisfazione, indi
per cui urge necessariamente di questi obiettivi. Ad esempio
l’obiettivo di riuscire nel lavoro, di mettere su famiglia, di trovarsi degli amici o semplicemente di innamorarsi. L’amore e
l’innamoramento sono al giorno d’oggi sulla bocca di tutti;
bambini, adolescenti, adulti tutti almeno ogni giorno pensano
all’amore. La vita dell’essere umano sarebbe incompleta senza
una persona da amare. L’amore è una sfida, è un gioco nel
quale tutti sono ben accetti e tutti vogliono partecipare. Come
ogni gioco ha delle regole, regole non scritte ma dettate dal
tempo e dall’esperienza che ognuno di noi vive; non mostrarsi
troppo possessivi, non chiamare subito dopo aver ricevuto il
numero dell’ “avversario del gioco” e non mostrarsi troppo
accondiscendenti. In questo gioco particolare l’amata metà è
anche l’avversaria, come in una battaglia bisogna calcolare le
mosse che questa farà e soprattutto bisogna saper stupire.
Quest’emozionante sfida incorniciata dall’eros, dalla passione
e dalla complicità è la caratteristica principale della vita dell’uomo. Nessun essere umano saprebbe capace di vivere senza
amarne un altro. Bisogna comunque, caro diario, mettere in
chiaro un avvertimento a tutti i partecipanti; tra l’amore e l’odio
vi è una linea sottile e superabile con estrema facilità. Un cuore
spezzato, un amore finito, la fiducia tradita, tutti elementi che
portano la mente innamorata e irrazionale dell’uomo a quell’amaro sentimento. Odiare chi fino a poco fa si amava non è
raro da vedere. L’odio non è altro che il rifugio di un orgoglio
ferito, il riparo per l’eccessivo senso dell’Io che ci caratterizza.
L’uomo spesso odia il continuare ad amare chi non ricambia,
come succede alla maggior parte dei poeti della letteratura ita-
I “MIEI” GIOVANI
Elena Scurpa
Sono un’insegnante di scuola media in pensione per cui, avendo trascorso buona parte della vita tra i banchi della scuola,
seguo con interesse le vicende del mondo giovanile. Non
posso fare a meno, perciò, in questo tempo in cui si parla tanto
di degrado della scuola sia dal punto di vista culturale sia da
quello organizzativo, di esprimere una mia opinione conseguente alla mia lunga esperienza di lavoro in questo campo.
Premetto che sono sempre stata ottimista ( tanto da essere tacciata di eccessivo mammismo) circa le risorse dei giovani e la
possibilità di riscattarli a volte dal loro totale disinteresse allo
studio e ottenere un comportamento civile, accettabile ed un
rendimento in stretto rapporto alle capacità anche di quelli con-
liana; il povero Leopardi catturato dalla bellezza di Silvia, Dante
incantato dalla purezza di Beatrice e Catullo condannato ad
amare e ad odiare la sua Lesbia senza sapere come ciò sia possibile. Il corteggiamento è un’ altra caratteristica principale di
quest’avventura. Il corteggiamento è un arte, è una competizione, è un misto di complicità e seduzione dove il vincitore sarà
colui che si vanterà di aver catturato la sua preda. Come funziona la seduzione? Come per tutte le cose umane la conoscenza
della cosa nostra ci può indicare solo come, quando e dove sia
più probabile che succeda quello che desideriamo. La natura
umana però si mostra spesso variabile ed imprevedibile, nel
bene e nel male. Ma è proprio questa variabilità ed imprevedibilità che fa magica ed attraente la seduzione. Con la certezza
matematica che qualcosa succeda nulla è più interessante,
nulla di scontato può mai interessarci. Non si possono impartire regole rigide da seguire, al massimo bisogna cercare di
acquistare la più fina percettività emotiva possibile. Se la seduzione si potesse risolvere in una semplice tabellina pitagorica
oppure in complicatissime, lunghe e laboriose formule matematiche, in quello stesso istante la seduzione non esisterebbe più.
Come ogni impegno anche questo comporta dei sacrifici, ma il
punto è quanto siamo disposti a sacrificare per amore pur
sapendo quanto sia alto il rischio di una separazione? È questo
che delimita la razionalità dell’uomo, perchè questo dovrebbe
sacrificarsi e dedicarsi ad un’altra persona senza la completa
certezza dell’impossibilità dell’abbandono? Ovviamente noi
preferiamo vivere il momento senza pensare all’estreme conseguenze, è come gustare il nostro piatto preferito mangiandolo
avidamente senza pensare a cosa succederà quando sarà finito. La separazione è un rischio da correre se si vuole giocare.
La parte più soddisfacente di questo gioco è la complicità.
Spesso due amanti non sono solo complici del loro amore e
della loro felicità ma anche delle loro bugie e dei loro tradimenti. In ogni sfida sono presenti gli strappi alle regole. L’emozione
del segreto e il gusto del proibito sono tutti ingredienti che
danno un tocco più saporito al nostro piatto.
Nel dipinto “Gli amanti” di R.Magritte (1928) traspaiono tutti
questi piccanti elementi, i due innamorati isolati in una stanza
dallo scuro sfondo che si accingono in un appassionante bacio
anche se separati da due veli. Disponibilità, sincerità, ardore,
sensualità ma anche bugie, tradimenti, compromessi e sacrifici
formano questa strana contraddizione che è l’innamoramento,
la sfida ufficiale contro noi stessi, contro la nostra razionalità,
sfida che tutti noi accettiamo.
dizionati dall’ambiente socio-culturale di provenienza molto
problematica.
I giovani hanno bisogno di modelli di vita a cui ispirarsi.
Anche quelli che sembrano restii a qualunque forma di recupero, sono trascinati dall’esempio di chi riesce a carpirne fiducia,
dimostrando loro disponibilità e amicizia, per cui senza rigide
imposizioni si ottengono sorprendenti cambiamenti nel loro
modo di agire. Penso che la chiave del successo riscosso tra
loro sia stato proprio il colloquio amichevole, poco cattedratico
(senza prenderli mai di punta come suol dirsi), senza irrigidirmi
in severi discorsi da moralista, anzi facendo a volte qualche
concessione alla loro mentalità molto discordante dalla mia.
Questa era la leva per stabilire un rapporto valido e produttivo
con loro e recuperarli, là dove era necessario.
Devo ammettere però che i tempi sono molto cambiati, mentre
la mia esperienza risale ad anni lontani quando ancora i giovani non erano vittime di troppi stimoli esterni e travolti dall’attuale vita frenetica che ha generato un sostanziale deterioramento
della vita affettiva: distruzione della famiglia, convivenze controverse, problemi vari.
La vera colpa perciò dello sbandamento dei giovani attuali va
ricercata nell’ambito della famiglia e della società. Ed è proprio
perché i genitori si sentono responsabili non collaborano con
gli insegnanti, anzi li colpevolizzano schierandosi a difesa dei
propri figli per non ammettere le gravi carenze di cui essi sono
vittime nell’ambito della famiglia. Poiché sono una convinta
cattolica osservante, mi auguro che si realizzi un risanamento
generale delle istituzioni rendendole più rispettose dei valori
cristiani in modo che i ragazzi possano respirare un’aria di
affettuosa comprensione e godere i vantaggi alimentati dalla
serenità nell’ambito familiare.
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IL TEMPO DELLA
TERZA REPUBBLICA
Marco Di Tillo
Renato era nato in una famiglia molto povera. Insieme ai suoi
genitori aveva vissuto per vent’ anni nella camera in affitto in
casa del carbonaio del quartiere: lettino ai piedi di quello dei
suoi genitori, gabinetto sul terrazzino, abluzioni nel lavello di
pietra della cucina. Suo padre Salvatore faceva l’artigiano in
una bottega di finimenti per selle da cavallo e morì presto, dopo
lunghi mesi di malattia. Sua madre, la sora Anna, energica donnona di origini trasteverine, per continuare a farlo studiare, era
andata a pulire i corridoi dell’Università La Sapienza. Renato,
dopo aver dapprima pensato di farsi prete ed aver trascorso un
lungo periodo in Seminario, aveva scelto poi di laurearsi a pieni
voti in ingegneria divenendo una specie d’eroe tra tutti i suoi
parenti, la maggior parte dei quali vendeva fiori davanti al
Cimitero del Verano. Per molto tempo aveva lavorato come
ingegnere, costruendo strade, piazze e ospedali nell’Italietta
degli anni cinquanta. Poi, ad un certo punto, aveva scoperto la
politica e ci si era buttato dentro. Il partito di riferimento era
naturalmente quello della Democrazia Cristiana e non sarebbe
potuto essere altrimenti vista la storia della sua giovinezza trascorsa appunto nel seminario di Viterbo e poi nel quartiere di
San Lorenzo dove frequentava l’oratorio ed i campi sportivi
dell’Opera Pio X.
In questo quartiere, durante i bombardamenti americani del 19
luglio ’43, insieme ad altri coraggiosi giovani, salvò dalle macerie decine e decine di persone trasportandoli con i carretti fino
al vicino Ospedale Policlinico e sempre qui, insieme al burbero
e fortissimo padre giuseppino Libero Raganella, suo grande
amico di tutta la vita, organizzò rifugi clandestini per ebrei, soldati americani, disertori italiani, disertori tedeschi e sfollati di
tutti i tipi. Aveva cominciato a frequentare i gruppi giovanili
della Spes già dal dopoguerra. Negli anni seguenti il suo impegno nella realtà cittadina lo portò a ricoprire diverse cariche
pubbliche. Consigliere comunale e regionale. Presidente della
Regione Lazio, dell’Acea, della Libertas. Primo Consigliere del
Sindaco. Il suo nome era sempre presente sui volantini e sui
manifesti delle varie elezioni. Per il suo unico figlio, giovane
ribelle di fine anni ’60, questo era motivo di grande imbarazzo.
Spesso tornava a pranzo da scuola e si trovava a tavola gli alti
esponenti della Democrazia Cristiana di quel periodo.
In genere il ragazzo non mangiava. Si ritirava in camera sua e
A.Vo. G.
chiudeva a chiave la porta, rimuginando sul fatto che suo
padre, religiosissimo frequentatore di future sante, piccoli fratelli, suore e celebri esorcisti, frequentasse pure quell’altro tipo
di gente da lui così tanto disprezzata.
“Che strano - pensava - l’altro ieri, allo stesso posto, erano
sedute Madre Teresa di Calcutta e le sue dolci suorine ed oggi
c’è invece l’infido personaggio, ex picchiatore di destra,
soprannominato “lo squalo”, appena entrato nelle file DC “.
Queste considerazioni lo rendevano ancora più rabbioso nei
confronti di suo padre e di quelle sue scelte a dir poco contratanti. E quando chiedeva a sua madre: “Mamma, ma com’è possibile?” lei rispondeva più o meno così : “ Qualcuno buono di
cuore ci vuole là in mezzo se no restano solo gli squali.”
Non è che il ragazzo si convincesse più di tanto allora e poi a
lui di mangiare insieme allo squalo non gli andava proprio.
La pastasciutta avrebbe rischiato di andargli di traverso e
magari la lingua pure gli andava di traverso e avrebbe finito per
dire allo squalo tutto quello che pensava di lui e della sua condotta politica nonché umana. Così a quei pranzi evitava di
esserci. Digiunava in camera sua, ascoltando la musica dei
Beatles e leggendo “Sulla strada” di Kerouac oppure “Il giovane Holden” di Salinger. Passarono gli anni e finì la Prima
Repubblica nel modo che tutti sappiamo. Il signor Renato, per
raggiunti limiti d’età, smise di fare politica attiva. Nella Seconda
Repubblica scesero in campo volti nuovi e anche volti vecchi,
riciclatisi sotto diverse bandiere. E’ cambiato qualcosa oggi ?
Forse si . Probabilmente no. Il problema rimane l’uomo e cioè
il fatto che ci sono e ci saranno sempre delle brave persone che
devono per forza di cose lavorare fianco a fianco con delle cattive persone, magari nello stesso partito politico. Il ragazzo,
diventato ormai uomo,anzi, in realtà diventato l’autore di questo articolo, ripensa spesso alla risposta di sua madre:
“Qualcuno buono di cuore ci vuole là in mezzo se no restano
solo gli squali”. Probabilmente era una risposta giusta, ancora
applicabile al sistema di massima. Anche se il problema sarebbe quello di riconoscerle davvero queste benedette persone
giuste in mezzo, ad esempio, a quello scalcinato e disastroso
gruppo di politici attuali che non solo non sono cristiani, nella
maggioranza, ma neanche bravi esseri umani. La famiglia, ad
esempio, baluardo dei cattolici da sempre, sembra essere
diventato invece il feudo rispettatissimo della sinistra perchè i
dirigenti nazionali (attenzione: non ho detto “regionali” dopo la
botta del presidente della nostra regione appena arrivata) tipo
Veltroni, D’Alema, Bertinotti, Franceschini, Bersani, Rutelli,
Prodi, Fassino e lo stesso presidente Napolitano stanno insieme alle proprie mogli da una vita intera e al momento non si
conoscono scandaletti negativi al riguardo. Tutti costoro sembrano, almeno esternamente, molto attenti alla crescita dei propri figli, qualcuno di loro ha adottato ragazzi da paesi del terzo
mondo. Al contrario i politici di centro-destra che dovrebbero
fare pappa e ciccia con gli insegnamenti della Chiesa hanno
tutti divorziato più volte, seminato figli a destra e a manca e
sulla maggior parte di loro non ci sono scandaletti ma scandaloni con la S grande come un grattacielo. E quindi ? Se l’esempio conta, e per me conta e deve contare moltissimo, stiamo
proprio messi male. Occorrerebbe probabilmente una Terza
Repubblica, fatta di nuovi politici anzi di nuovi cristiani che,
come ordina perentoriamente il nostro Papa, facciano politica
attiva e testimonino esempio del loro pensiero politico e cristiano nella loro vita di tutti i giorni, privata e pubblica.
Associazione Volontari Policlinico Gemelli
Sostegno alla persona ospedalizzata
Policlinico Gemelli
Ala L - piano 4°
Orario Ufficio: dal Lunedì al Venerdì
dalle ore 10.30 alle ore 13.00
“Il valore di un uomo risiede in quello che da’
e non in quello che è capace di ricevere”.
A. Einstein
Tel e fax 06 30154938
www.avog.altervista.org
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LA POLITICA CON LA
P MAIUSCOLA :
GIORGIO LA PIRA
Celina e Giuseppe
Zingale
L’idea di ricordare la figura di Giorgio La
Pira, per attenerci al tema generale proposto per questo numero, siciliano di nascita
e toscano di adozione, nasce anche dal fatto che, avendo noi origini familiari siciliane e fiorentine, ci sentiamo particolarmente vicini a questa personalità davvero “singolare” che riteniamo possa rappresentare un modello di
riferimento per il modo di concepire e “vivere “ la politica non solo per la coerenza e la tenacia con la quale ha testimoniato le proprie idee e convinzioni, ma anche per la capacità con cui è riuscito a coniugare gli ideali del cattolicesimo con il valore di realizzazioni tangibili. E’ qui possibile tratteggiare
solo “alcuni flash” della intensissima vita cristianamente ispirata e delle moltissime attività che hanno impegnato La Pira; ci limiteremo pertanto a
segnalarne qualcuna con la speranza che chi non ne ha mai sentito parlare, specialmente tra i più giovani (tenuto conto che sono passati più di trenta anni dalla sua morte) sia interessato ad approfondirne la conoscenza.
Giorgio La Pira è nato a Pozzallo in provincia di Ragusa il 9 gennaio 1904
e si è spento a Firenze il 5 novembre 1977. Primogenito di un’umile famiglia
siciliana, dopo essersi diplomato in ragioneria e maturità classica a Messina
conseguì la laurea con lode in Giurisprudenza a Firenze, dove si era recato nel 1926 seguendo il professor Emilio Betti, relatore della sua tesi di
Diritto Romano. Nel 1934 diventa professore ordinario di Diritto Romano
all’Università di Firenze e, nel 1939, fonda la rivista “Principi” di ispirazione
antifascista, che gli vale l’ostilità del regime fino al termine della seconda
guerra mondiale . In una biografia si narra che La Pira quindicenne, rimasto
fortemente colpito nell’’ascoltare un coro di suore, intuì una dimensione profonda dello spirito; nella Pasqua del 1924 quella intuizione giovanile diventa conversione e stile di vita come lui stesso confessa: “....è un’alba nuova
della vita. lo non dimenticherò mai quella Pasqua 1924, in cui ricevetti
Gesù Eucaristico: risentii nelle vene circolare un’ innocenza così
piena, da non potere trattenere il canto e la felicità smisurata” (da una
lettera a Salvatore Pugliatti).
L’incontro eucaristico, si tramuta in bisogno di comunione, desiderio di consacrazione che sarà appagato divenendo terziario domenicano e successivamente, attraverso la fondazione dell’Istituto della Regalità voluto dal francescano Padre Agostino Gemelli. La Pira sceglie di essere “libero apostolo
del Signore”, come lui stesso si definisce cercando la sua missione nella
società. Eletto nel 1946 all’Assemblea Costituente, svolge un’opera
apprezzata nell’ambito della “Commissione dei 75”, specialmente nella
redazione dei Principi Fondamentali. L’attuale Art. 2 della Costituzione viene
modellato attorno alla sua proposta iniziale. L’Articolo 2 della Costituzione
Italiana, recita: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà
politica, economica e sociale. Con le elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto alla Camera dei Deputati e nominato sottosegretario al Ministero del
Lavoro e Previdenza sociale nel Governo De Gasperi . Ma è a Firenze, dove
nel 1951 viene eletto sindaco, che La Pira mette in opera il suo personalissimo, innovativo programma politico. Si dedica senza pregiudizi alla sfera
sociale cercando il dialogo con gli avversari politici e per questo spesso
viene osteggiato e deriso come un “pesce rosso nell’acquasantiera”, ma la
sua amministrazione illuminata ottiene importanti risultati.
Ricordiamo questo suo accorato discorso in difesa del suo operato:
«Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna
ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si
interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza
casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il
mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discrimina-
zioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città
-e quindi capo dell’unica e solidale famiglia cittadina- dalla mia
coscienza di cristiano: c’è qui in gioco la sostanza stessa della grazia
e del Vangelo! Se c’è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l’amore suggerisce e
che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita. Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco
cristiano non c’è!». Nel 1952 organizza il Primo Convegno internazionale
per la pace e la civiltà cristiana. Da esso ha inizio un’attività, unica in
Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Tra l’altro, si reca a Mosca dove parla (con il
benestare papale), al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo, intraprende negoziati per pacificare arabi e israeliani, per convincere gli
Stati Uniti ed il Vietnam del Nord della necessità di un armistizio. Nel 1967
viene eletto presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite. Il suo
slogan è “Unire le città per unire le nazioni”. Continua ad adoperarsi attivando ad ogni livello le istituzioni di tutto il mondo (città, regioni, stati) tramite la
Federazione perché si organizzino incontri al vertice in materia di disarmo,
pace e sicurezza. Non a caso l’operare politico di La Pira è stato definito con
l’espressione l’arte della pace. Fu fortemente orientato alla multilateralità,
alla pariteticità e alla compresenza di più livelli di dialogo per rendere giustizia alla complessità dei conflitti. La sua azione pacificatrice era supportata
dalla preghiera delle suore di clausura, che lui chiedeva come sicuro rimedio ed efficacia per la riuscita delle sue missioni, il cui programma comunicava costantemente alle suore, coinvolgendole. La Pira fu attento al progetto di Gesù Cristo re dell’Universo e re della Storia, che attira a sé e unisce
l’unica famiglia umana. Scrisse numerose pubblicazioni, la cui bibliografia
è curata dalla “Fondazione Giorgio La Pira” di Firenze; il suo motto “Spes
contra spem” lo ricordava ogni qualvolta era impegnato in un faticoso lavoro politico quotidiano, in circostanze che qualche volta avrebbero fatto
disperare chiunque. La Pira può essere annoverato senza dubbio tra gli
uomini politici di quelli (purtroppo sempre più rari ai nostri giorni) che fanno
capire quanto la politica possa essere strumento di bene per la collettività,
se non viene finalizzata alla realizzazione di interessi che nulla hanno a
spartire con tale bene. Ma lasciamo dire a La Pira in “La nostra vocazione
sociale”, come intende lui la “politica” : «Non si dica quella solita frase
poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico - cioè
l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società
in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico - è un impegno
di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare
verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità.»
Il 9 gennaio 1986 l’arcivescovo di Firenze, Piovanelli ha avviato il processo
per la beatificazione di questo grande laico cattolico “venditore di speranza”
nella sua città, in Italia e nel mondo, sempre nell’ottica cristiana; nel 2005 si
è conclusa la prima fase del processo di beatificazione di La Pira che dalla
sua morte viene ricordato da moltissimi come il “sindaco santo” per la testimonianza di povertà, il suo distacco dal denaro, il suo passare per le strade di Firenze con la povertà di chi è davvero povero tra i poveri. Soffermarsi
sulla figura così particolare di un uomo controcorrente, oltre ogni “corrente”, ci richiama alle molte sollecitazioni del Papa Benedetto XVI.
Tra tutte scegliamo quell’invito forte e chiaro espresso in occasione della
Sua visita al Santuario della Madonna di Bonaria di Cagliari.
“In Italia serve una “nuova generazione” di politici cattolici, che abbiano
“rigore morale” e “competenza”. il Papa ha esortato la Chiesa e i cattolici
a tornare ad “essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica” che - ha sottolineato - “necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”.“
Meglio che manchi il pane piuttosto che la giustizia”-ha spiegato il Papa“Un uomo può sopportare e superare i morsi della fame, ma non può vivere laddove giustizia e verità sono bandite. Il pane materiale non basta, non
è sufficiente per vivere umanamente in modo pieno. Occorre un altro cibo
del quale essere sempre affamati, del quale nutrirsi per la propria crescita
personale e per quella della famiglia e della società”.
Quella che deve essere chiamata in causa è sempre più la nostra coscienza di uomini liberi che incarnano nel quotidiano i valori evangelici che consentono di guardare a cieli nuovi su una terra nuova e costruire una politica
degna della P maiuscola !
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GIORNALE NOVEMBRE-.qxp
28-10-2009
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LIBERA CHIESA IN
LIBERO STATO ?
Alfredo Palieri
Libera chiesa in libero stato, sosteneva Cavour. Eppure le
Encicliche dei Pontefici parlano chiaro e forniscono quelle
direttive che ogni governo dovrebbe tener presenti. Non dimentichiamo peraltro che anche Alcide De Gasperi alle volte ebbe
obiezioni a costo di essere giudicato “troppo laico”.
Eppure lui, così come il suo collega Adenauer in Germania,
aveva saputo guidare il suo paese distrutto dalla guerra, sforzandosi di risolvere le esigenze sociali, la sanità, l’istruzione,
etc.., senza imporre gravosi oneri finanziari e allargando il programma del chiuso campanilismo verso un abbozzo, sia pur iniziale, di collaborazione europea. L’Italia, pur vinta, fu rispettata
da tutto il mondo. Ricordiamo tutti la favorevole impressione
che De Gasperi suscitò nella sua visita a Washington.
Ma qui si affacciano altri problemi: soltanto religioni di stato?
Oppure concordati altre con le altre religioni?
Non dimentichiamo che anche non cattolici come Gandhi e
Martin Luther King hanno dovuto soffrire per far valere i concetti basilari di giustizia e di pace.
Ricordiamo che per i greci del V° sec. a.C. sperro era il filosofo
che era chiamato a governare e diventava il politico perché
provvedeva ad assicurare il bene della Polis- Città. Che possiamo dire noi uomini della strada? Buon lavoro, cari politici.
SORRISI
Gregorio Paparatti
Un uomo legge il giornale e dice
alla moglie: - “Sapevi che le
donne utilizzano 30.000 parole al
giorno e gli uomini solo 15.000”?
La donna risponde: “E’ facile da
spiegare, visto che bisogna sempre ripetere due volte la stessa
cosa agli uomini.’ L’uomo distratto si gira verso di lei e dice: ‘Cosa
dicevi?!’
*
A seguito di una disputa, una coppia non si parla piu’. Nessuno
vuole rompere il silenzio. Ad un
tratto il marito si ricorda che deve
alzarsi alle 5 di mattino per prendere l’aereo in vista di un appuntamento di lavoro molto importante. Prende un pezzo di carta e
scrive: - “Svegliami alle 5, devo
prendere l’aereo” e lo mette bene
in vista.
L’indomani mattina, si sveglia alle
9. Furibondo, si alza e vede un
foglio sul comodino dove legge:
“Sono le 5 alzati”.
*
Perche’ le donne scelgono sempre uomini disordinati, infedeli,
insensibili, musoni, freddi e fanatici
dello
sport
in
TV?
Scelgono?Perche’, ce ne sono
degli altri?
*
E, come spesso si ripete nella Messa dopo il Credo, “che lo
Spirito Santo vi illumini perché vi rivolgiate al bene di tutti !”.
E noi, se troviamo qualcosa di sano, ben fatto, onesto, accogliamolo senza stare troppo a criticare se è un’iniziativa della
destra o della sinistra !
C’era una piccola storiella, mi pare di S.Padre Pio. Notando
troppi politici in Paradiso, Gesù chiede spiegazioni a S.Pietro, il
quale confessa che, essendo vecchio, alla sera gli occhi non gli
ci fanno più tanto. Così spesso consegna le chiavi del Paradiso
alla Madonna la quale, nella sua infinita misericordia, si commuove dinanzi alle forbite argomentazioni dei politici e li lascia
entrare. Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è
di Dio, dice il proverbio. Questo concetto è stato spesso alterato. Spesso Cesare veniva considerato Dio e si perseguitavano i
Cristiani così come si trasformava Dio in quello che faceva
comodo all’uomo e si perseguitava chi ragionava e si comportava secondo il vero concetto di Dio. Oppure quest’ultimo concetto veniva per così dire “ghettizzato”: il Dio è soltanto nostro
e bisogna combattere chi la pensa diversamente. Costantino,
con l’editto di Milano del 312, aveva stabilito che il
Cristianesimo era tollerato.
Ma Teodosio ne fece invece “religione di stato” e per rivalsa
rispetto al passato si iniziò a perseguitare i pagani. In seguito la
Storia ci mostra gli effetti devastanti delle guerre di religione,
spesso perfino comici. Federico II° deve proteggere in Sicilia gli
arabi tormentati dai cristiani. Poi ecco la strage degli Ugonotti
costretti a fuggire dalla Francia a Ginevra e ancora Enrico IV
che per le sue mire personali , non esitò a convertirsi al
Cattolicesimo dal suo precedente Protestantesimo perché
“Parigi val bene una messa !”. E poi il “ Cuius regio, illius religio!” di Lutero. Tutti adattamenti di Dio e della Religione alle
nostre esigenze. Nel Medio Evo i guelfi sostennero il Papa ed i
ghibellini invece l’imperatore. Chi invece, a mio avviso, interpretò bene il concetto del cos’è di Cesare e cosa di Dio sono
stati due santi inglesi, entrambi di nome Tommaso. Il primo era
Vescovo di Canterbury e grande amico e saggio consigliere del
re, al quale ebbe anche il coraggio di opporsi a costo della vita
per difendere i diritti esclusivamente del Tribunale
Ecclesiastico nel giudicare i diritti di alcuni chierici. L’altro,
Tommaso Moro, coltissimo, grande politico, amico di Enrico
VIII°, al quale consigliò sagge ed oneste linee di politica. Eppure
nel 1535 affrontò la decapitazione nella torre di Londra per aver
difeso il pensiero della Chiesa contro le pretese del re di annullamento del proprio matrimonio.
Insomma ce n’è per tutti i gusti. La Storia ci ha insegnato molto.
Ma pochi sono quelli che hanno capito davvero.
Un sant'uomo ebbe un giorno da
conversare con Dio e gli chiese:
"Signore, mi piacerebbe sapere
come sono il Paradiso e
l'Inferno."Dio condusse il sant'uomo verso due porte. Aprì una
delle due e gli permise di guardare all'interno. Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola
rotonda.
Al centro della tavola, si trovava
un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso.
Il sant'uomo sentì l'acquolina in
bocca.
Le persone sedute attorno al
tavolo erano magre, dall'aspetto
livido e malato. Avevano tutti
l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi,
attaccati alle loro braccia. Tutti
potevano raggiungere il piatto di
cibo e raccoglierne un po', ma
poiché il manico del cucchiaio
era più lungo del loro braccio,
non potevano accostare il cibo
alla bocca.
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Il sant'uomo tremò alla vista della
loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: "Hai appena visto
l'Inferno."
Dio e l'uomo si diressero verso la
seconda porta. Dio l'aprì.
La scena che l'uomo vide era
identica alla precedente. C'era la
grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l'acquolina.
Le persone intorno alla tavola
avevano anch'esse i cucchiai dai
lunghi manici. Questa volta, però,
le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant'uomo disse a Dio:
"Non capisco ".
"E' semplice, rispose Dio, dipende solo da un'abilità. Hanno
appreso a nutrirsi gli uni con gli
altri mentre gli altri non pensano
che a loro stessi."
GIORNALE NOVEMBRE-.qxp
28-10-2009
15:37
SE I CATTOLICI
SONO SOLO UN
BACINO
ELETTORALE
Giampiero Guadagni
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C’è una parola d’ordine, un
riflesso condizionato, un tic
nervoso della politica italiana. Che negli ultimi anni ha
visto abbandonare il campo
di battaglia e di confronto
non solo dagli eserciti delle
ideologie (fortunatamente) ma anche da quelli dalle
idee e delle identità (purtroppo). E vive con un senso
di frustrazione e sconfitta il fatto evidente che in
quelle macerie ancora fumanti sia rimasto radicato
un pensiero forte, che si sperava anch’esso in ritirata.
Quel pensiero forte è l’insegnamento sociale della
Chiesa. Quella parola d’ordine, quel riflesso condizionato, quel tic nervoso è “ingerenza”. Accusa con
la quale si vorrebbe mettere il silenziatore all’unica
arma disarmata in grado di mettere in discussione il
bipolarismo, mediatico prima ancora che politico,
dominante nella nostra società.
Un’accusa che sfiora il ridicolo, dal momento che si
trasforma, con la velocità del grande Arturo
Brachetti, in apprezzamento, quando è in sintonia
con il proprio tifo partitico.
Ma la questione è seria: perché nasconde il fastidio
e il timore per un ruolo pubblico della religione, che
a volte è vera e propria ostilità verso il cristianesimo
e i cristiani. La cui coscienza rischia a volte di finire
fuori legge. Non è solo una provocazione, ma una
prospettiva reale: il giorno in cui ad esempio passasse una legge come quella bocciata nei giorni scorsi,
tra mille polemiche, riguardante l’omofobia.
E’ sentire comune, dna per un cristiano, la condanna
con il massimo disgusto morale e penale qualunque
forma di violenza nei confronti di omosessuali.
E difatti l’ordinamento italiano, e la magistratura di
conseguenza, giudica abiette tali forme di violenza,
riconoscendo le aggravanti del caso.
Ma l’introduzione nel codice penale di un’aggravante specifica potrebbe avere, tra l’altro, l’effetto di
considerare reato un’opinione: quella di chi sostenendo l’importanza del matrimonio tra uomo e donna
discrimina di fatto gli omosessuali che a quel matrimonio non possono accedere.
Chi in Parlamento, ed è un ampio e maggioritario
fronte trasversale, ha giudicato incostituzionale
quella proposta è finito nel calderone dei servi del
Vaticano. Un marchio, questo, che somiglia ad una
sentenza civile di condanna inappellabile.
“METRO”
San Tommaso Moro, patrono dei governanti e dei
politici, affermava che l’uomo non si può separare da
Dio, né la politica dalla morale.
Tommaso Moro pagò con la vita la difesa inalienabile della coscienza cristiana.
Ma una volta per tutte la politica dovrebbe prendere
atto che per la Chiesa ci sono alcuni contenuti irrinunciabili, il magnete sul quale orientare la bussola
nel momento in cui il cittadino è chiamato a fare scelte politiche ed elettorali ponderate e non emotive.
E’ una sorta di decalogo che peraltro non appartiene
alla interpretazione confessionale della Chiesa cattolica ma al patrimonio comune della civiltà umana.
I cardini sono la difesa del diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale; la protezione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra uomo e
donna; il riconoscimento dei diritti del migrante (in
quanto persona, e non, come sempre più spesso
accade, in quanto risorsa economica o potenziale
bacino elettorale).
Al convegno ecclesiale di Palermo del 1995, in cui la
Chiesa italiana prese atto della fine della Dc,
Giovanni Paolo II disse che i cattolici devono evitare
una facile adesione a forze politiche e sociali che si
oppongano o non prestino sufficiente attenzione ai
principi della dottrina sociale della Chiesa.
Dovrebbe essere superfluo sottolinearlo: tutto questo vale non solo per l’orticello italiano. Pensiamo ad
esempio ai rapporti, in molti momenti faticosissimi,
tra Santa Sede e Stati Uniti su due questioni centrali: la pace e l’etica. Con il repubblicano Bush c’era
sintonia su aborto e bioetica e netta divergenza sulla
politica estera; con il democratico Obama la situazione si è sostanzialmente ribaltata.
La Chiesa non può rinunciare a parlare senza rinunciare a compiere la sua missione.
Così come non può smettere di chiedere a chi la politica la fa, soprattutto ai livelli più alti, stili di vita sobri
e una testimonianza personale convincente.
Anche su questo fronte, in Italia chi è stato chiamato in causa non ha saputo contrapporre altro che
l’accusa di ingerenza.
Il risultato è che l’elettorato cattolico sta attraversando una fase di smarrimento e disorientamento.
Lo ha registrato di recente un autorevole istituto di
sondaggi e flussi elettorali, che segnala il forte
astensionismo dei cattolici alle ultime elezioni, le
Europee di giugno, quando il 39% è rimasto a casa.
Il dato mette in luce il disagio crescente rispetto
all’attuale rappresentanza politica, ritenuta inadeguata. E attenta alle “istanze” dei cattolici solo al
momento di chiederne il voto (oltretutto ad una lista
predeterminata dai vertici di partito, essendo state
abolite le preferenze). Ma gli osservatori più attenti
sanno che i cattolici hanno la potenzialità per essere
volano del cambiamento culturale verso il bene
comune.
Maclo
&
Cuttica
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GIORNALE NOVEMBRE-.qxp
28-10-2009
15:37
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LA MADONNINA CADUTA
Cristian Molella
DESTRA O SINISTRA?
IN NOME DI GESU’ IO
STO AL CENTRO :
IL PERFETTO POLITICO
CRISTIANO
Giulia Bondolfi
Un tempo era facile fare delle scelte di campo. C’erano la destra,
la sinistra e il centro. Oggi è tutto un po’ annacquato e risulta
meno facile fare delle scelte politiche da uomo di fede e perlopiù Cristiano. Tutto sembra così semplice seguendo il Vangelo e
gli insegnamenti di Gesù Cristo.
Nessun “conflitto d’interessi” tra fede e politica. Il Vangelo di
Giovanni ci ricorda che “I Cristiani sono nel mondo ma non sono
del mondo”.
E’ per questo però che il Cristiano oggi come ieri, non può voltare le spalle alle problematiche del mondo ma le deve orientare ,
ispirare ma mai sostituire. E allora come dovrebbe essere “un
perfetto politico Cristiano”?
Credo che ci possa essere di grande aiuto l’ insegnamento del
Concilio Vaticano Secondo che vedeva nella Chiesa e quindi
anche nei suoi fedeli laici, la libertà di coscienza, la ricerca della
verità, mettendosi sempre in dialogo con il proprio tempo e non
perdendo mai di vista gli insegnamenti di Gesù Cristo. Nessun
conflitto d’interessi quindi tra fede e politica perché l’uomo può
realizzare il regno di Dio anche attraverso le cose del mondo.
Per prima cosa io credo che un politico cristiano debba incontrare il mondo e mai mettersi in contrapposizione con esso,
dovrebbe avere quella giusta autonomia dalla fede e distinguere bene l’impegno politico dall’impegno ecclesiale. Un esempio
famoso e direi calzante è il netto rifiuto di Alcide De Gasperi in
una campagna elettorale di piegarsi alle richieste della curia
romana per un’alleanza politica con l’allora Movimento Sociale al
fine di battere i comunisti. De Gasperi rivendicò la sua libertà
politica, non fece alleanze che non condivideva e inaspettatamente vinse comunque le elezioni. Ben diverse sono le scelte di
orientamento prettamente etico che pongono, ad un politico che
si definisce Cristiano, molti dubbi ed interrogativi più alti e complessi. Mi riferisco alla difesa della vita, dal concepimento fino
alla morte, al valore del sacramento del matrimonio, alla difesa
dell’istituzione della famiglia formata da un uomo e una donna.
Ma se è pur vero che la Chiesa deve, nell’assoluta libertà assolvere al suo obbligo morale di orientare il clero e tutti i fedeli, il
compito del politico di orientamento cristiano a mio parere, non
deve mai travalicare il bene comune di tutti i cittadini, i quali
devono essere comunque rappresentati anche se non necessariamente ispirati dalla fede per le loro scelte di vita. Comprendo
che è un’impresa ardua, quasi impossibile da attuare in questo
mondo, ma nulla se ispirato da Dio si può definire impossibile!
Parlo di incontro e non di scontro, di comprensione ma non di
accettazione passiva per stili ed idee molto lontane da un concetto di vita cristiana. Mi riferisco ad uno stato democratico come
il nostro che ha il dovere di rappresentare un po’ tutti i cittadini
nel rispetto e nella libertà di idee diverse anche se non accettabili da un elettorato di ispirazione cristiana. E’ su questo punto
che a mio parere si gioca la profonda ricchezza della tradizione
cattolica che mai costringe ma ha sempre il dovere morale di
convincere, come mi disse un giorno un sacerdote della nostra
parrocchia. E quindi ben vengano le posizioni anche di ispirazione politica diversa tra l’elettorato cattolico. Basta che ogni schieramento, sia esso liberale o democratico, non dimentichi mai la
lezione di vita del Vangelo cercando magari di metterla in pratica
attraverso i suoi politici con un pizzico di coerenza in più da
ambo le parti. Coerenza che negli ultimi anni mi sembra un po’ la
grande assente della politica italiana, senza eccezioni purtroppo
anche tra le file di molti politici che si definiscono cristiani.
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“Nel Maggio di guerra 1944 mentre più gravi incombevano i pericoli di rappresaglie e distruzioni gli amici di Don Orione implorando
l’aiuto di Maria Santissima con voto sottoscritto da oltre un milione
di romani promisero per la salvezza dell’Urbe impegno di vita cristiana e un’opera di fraterna carità”. Così recita la dedica posta
sotto la statua della Madonnina di Monte Mario. Per chi non conoscesse questo simbolo di Roma ripercorriamone brevemente la
storia. Siamo appunto nel maggio del 1944 ed il rischio di bombardamenti su Roma è molto alto; per questo un gruppo di “amici di
don Orione” decise di fare un voto a Maria affinché l’Urbe ne fosse
preservata. La voce del voto si sparse ed oltre un milione di romani vi aderirono. Dopo la guerra gli orfani dell’istituto orionino andarono casa per casa chiedendo rottami di rame per la statua che il
14 aprile del 1953 vide la luce. Ad eseguirla è stato uno scultore
ebreo, Arrigo Minerbi, che l’Opera don Orione ha salvato, insieme
alla sua famiglia, dalle persecuzioni naziste. Egli stesso ricorda:
“La mia ammirazione aumentava nel vedere i sacerdoti che non
avevano riposo; nessuna comodità, né riposo di piume, di tutto si
privavano senza rammarico, a un cenno del Superiore, nessun
mestiere, nessuna mansione anche più vile, respingevano”. In ringraziamento di tutto ciò forgiò la famosa statua con il titolo di
“Maria Salus Populi Romani” ispirandosi per il volto a quello della
Sacra Sindone perché illuminato dall’idea che nel volto del Figlio si
scorge sicuramente quello della Madre. Lo scorso 12 ottobre questa statua è crollata a causa di una tromba d’aria; grazie a Dio il
Comune di Roma, l’Associazione Costruttori Edili di Roma ed il
Ministero per i Beni Culturali si sono già attivati affinché l’amata
effige possa presto tornare a benedire la città dall’alto del centro
don Orione in cui era posta. Questo infausto evento può dare alcuni spunti di riflessione poiché è un po’ il simbolo della società
moderna in cui sta crollando ogni moralità sotto i colpi del vento
del modernismo che vuole sradicarla dalla solida base su cui è
stata fondata, la roccia che è la Santa Chiesa, per trapiantarla sulla
povera sabbia che è l’uomo. Questa visione antropocentrica è esaltata in nome di una falsa libertà che rende l’uomo schiavo dei suoi
istinti e lo riduce dalla condizione di figlio a cui è stato eletto, alla
condizione di schiavo del peccato. Riflettere sulla caduta della
Madonnina in questi termini può essere una buona spinta per un
esame di coscienza; una spinta a chiederci se, anche nei più piccoli aspetti della nostra vita quotidiana, manifestiamo la nostra Fede
sorreggendo quella Madonnina o se la lasciamo cadere perché non
riusciamo a trovare la forza di opporci a quel vento in quanto spesso vi ritroviamo persone a noi care che ancora non si sono lasciate liberare dalla Verità e, schiavi di loro stessi, non vedono in quell’effige la Madre che può condurli alla Salvezza. Poveri noi però se
pensassimo di poter reggere quella statua con le nostre sole forze
perché finiremmo spazzati via. Solo rimanendo fedeli a Dio si può
avere da Lui la forza di opporsi alle intemperie delle persecuzioni
che sono molto più pericolose quando sono intellettuali piuttosto
che fisiche. Specchio della fedeltà a Dio è la fedeltà alla Sua Chiesa
poiché “chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me.
E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato” (Lc 10,16).
Interroghiamoci allora su quanto siamo fedeli alla Chiesa ed al
Santo Padre, o su quanto piuttosto Le siamo infedeli credendocene più saggi e non rispettandone la totalità degli insegnamenti ma
prendendo solo ciò che ci fa comodo. Ricordando ora la povertà
della natura umana quando si chiude all’azione salvifica del
Signore non posso che concludere dicendo: Maria Salus Populi
Romani, ora pro nobis.
Chiunque volesse contribuire al restauro e al riposizionamento della statua, può utilizzare il seguente conto corrente
Bancario intestato a:
“Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione”
IBAN IT22P0513203205853570114971
causale: “ Madonnina Monte Mario”
GIORNALE NOVEMBRE-.qxp
28-10-2009
15:37
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DATE A CESARE
QUEL CHE E’ DI
CESARE…
Maria Rossi
Ho saputo che queste parole di
Gesù sono riprese nel titolo di un
recente libro di Rosi Bindi e non
voglio qui fare pubblicità al libro. Anche se, nel panorama delle
nostre parlamentari, l’autrice è una di quelle che considero più
intelligenti e preparate e il recente attacco del nostro premier al
suo essere poco “femminile” (dove per femminile si deve leggere: disponibile, seducente, tacchi alti, vestiti stretti e forme
prorompenti….) me l’ha resa anche più simpatica. Ma forse proprio la Bindi può servirmi ad entrare nel discorso. Lei che,
come un’altra parlamentare- nonna, la Finocchiaro, fa dell’intelligenza una dote “alta” anche al femminile. Se poi si è anche
gradevoli e piacevoli di aspetto, tanto meglio. E i più maturi tra
noi ricorderanno anche l’Anselmi, donna impegnata e intelligente anche se non proprio affascinante. Nel panorama della
politica italiana le donne sono poche, ma ce ne sono e, se ci
sono e non sono belle, devono essere molto più brave dei loro
colleghi per essere arrivate. Tornando alla Bindi, lei mi riporta
alla mente il 12 febbraio 1980, la Facoltà di Scienze Politiche
della Sapienza e l’assassinio di Vittorio Bachelet di cui era assistente. “Zio” Vittorio: un’amicizia, non una vera parentela, quella nata tra le due famiglie, un’amicizia e un legame quello con i
Bachelet forte e che dura ancora oggi, nato sui banchi del
Mamiani e nella vivacità del quartiere Prati tra la fine degli anni
Sessanta e gli inizi degli anni Settanta. Anni forti, anni pieni di
contrasti, di violenza e di santità, anni di scelte. Poi è venuto
tanto “grigiume” anche nei palazzi della politica, molti politici
(non tutti per fortuna!) sono diventati mezze figure, spesso
neanche in grado di parlare un italiano corretto, figuriamoci se
in grado di comportarsi in modo dignitoso! La preparazione
politico-culturale degli italiani e dei loro rappresentanti è oggi
lontana anni luce da quella degli italiani tra il Dopoguerra e gli
anni Settanta.
C’erano le scuole di partito, c’erano le sezioni, e c’erano gli universitari cattolici e l’Azione Cattolica; c’erano l’abitudine al
dibattito, al confronto e anche allo scontro. C’era “cultura”: cattolica, socialista, marxista ma spesso “alta”. Oggi purtroppo ci
sono moltissima rozzezza e ignoranza, ci sono comportamenti
grossolani e da cabaret in Parlamento. E il grosso guaio è che
questo provoca lo stacco sempre più forte tra le persone pensanti, colte, preparate e la politica. E’un grande male perché i
giovani in gamba si sentono lontani da tutto questo mondo e
spesso lo rifiutano in blocco, lo considerano qualcosa che non
li riguarda. Come dar loro torto tante volte davanti a certi spettacoli? I ragazzi cercano coerenza, valori, sono severi ed
essenziali e come possono “fidarsi”? Ma questa reazione pur
così legittima lascia, poi, spazio proprio a chi questi valori non
li ha, a chi vuole potere, soldi e controllo sugli altri.
Certo, perché un altro grande concetto, che è sparito, è che la
politica sia un “servizio” del cittadino ai suoi concittadini;
uomini, gli optimi viri di Cicerone, che si pongono al servizio
dello Stato, che poi sono le istituzioni e gli altri uomini.
Sembra un concetto antiquato, ma è così che è nata la politica
nella polis greca e poi nella realtà romana. Anche se, neanche
allora, i politici erano tutti corretti e onesti… ma poche volte
come oggi c’è stato un attacco così violento alla dignità delle
persone.
Da credente convinta oggi mi sento poco rappresentata dal mio
Parlamento e, in particolare, non mi sento rappresentata dai
tanti che, pur facendo sfoggio di appartenenza e di dichiarazioni di principio bellissime, hanno amanti ed escort, doppie e triple famiglie, fanno affari e appoggiano lobby, pensano ad arricchirsi….e basta così! E’ brutto che i giovani abbiano davanti
questo esempio. Ed è grave. E’ brutto quando, nell’ultima classe di un Liceo, parlando con i ragazzi che andranno a votare
per la prima volta, senti tanto qualunquismo o entusiasmo –
come è stato sempre per le giovani generazioni nella storia – e
appoggio ai gruppi estremi di protesta, nell’idea del tanto peggio tanto meglio.
I ragazzi non sanno più confrontarsi sui grandi temi, basterebbe lo spettacolo desolante di tante assemblee d’Istituto che
vanno avanti stancamente tra pochi idealisti che intervengono
Nel Somnium Scipionis di Cicerone chi si impegna al servizio
dello stato (Res publica) avrà l’eternità e una collocazione nella
Via Lattea tra le anime dei grandi e dall’alto guarderà questa
piccola terra, “l’aiuola che ci fa tanto feroci” come scriverà
Dante, riprendendo il Somnium, nel canto 22° del Paradiso.
Allora diamo a Dio quel che è di Dio, ma diamo anche a Cesare,
cioè al mondo, la nostra intelligenza, la nostra collaborazione e
il nostro impegno per migliorare la vita di tutti e del nostro
Paese. Torniamo a quello spirito di “servizio” che era in De
Gasperi, in Moro, in Bachelet, in altri meno famosi e in alcuni
(almeno alcuni) dei nostri politici oggi. E non consideriamo il
mondo della politica solo sporco e corrotto, anzi spingiamo un
numero sempre maggiore di ragazze e di ragazzi a “partecipare”. Giorgio Gaber cantava a metà degli anni Settanta: “Libertà
è partecipazione”. Se non partecipiamo e non ci impegniamo
non ci dobbiamo neanche lamentare. Noi adulti possiamo cercare di fare quello che è possibile nel nostro ambiente di lavoro e: Forza, ragazzi! L’invito è rivolto a voi. E’ il vostro futuro!
IL NUOVO SINODO PARROCCHIALE
Nei giorni 23 - 24 e 25 ottobre si sono svolte le riunioni per l’elezione del secondo sinodo parrocchiale in
sostituzione del precedente eletto nel 2005.
Numerosi dei nostri amici parrocchiani hanno partecipato ai lavori che si sono svolti nella giusta atmosfera
di collaborazione e serenità.
Gli eletti potranno partecipare all’attività concreta ed
organizzativa della parrocchia, collaborando insieme al
parroco per la gestione della comunità. La redazione di
“Arrivano i Nostri” è lieta di augurare buon lavoro alla
nuova colomba bianca che sta spiccando il volo, nella
speranza che grandi e positivi progetti possano svilupparsi e vedere la luce nei prossimi anni.
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POLITICO
E
C R IS T I AN O
Giancarlo
Bianconi
«... è incontestabile tuttavia che l’attuale situazione sia veramente
seria e che quindi noi tutti ci troviamo ad attraversare un momento
molto difficile. Non sarò certamente io, pertanto, a disconoscere ciò
che è sotto gli occhi di tutti. Ma io dico pure che non solo non bisogna cedere alla disperazione ma che è preciso dovere di tutti noi
guardare al futuro da buoni cristiani: con fiducia cioè, ottimismo e ....
perché no? con fede. Con fede nella Divina Provvidenza che ....».
Onorevole, quelle che ho appena parzialmente riportato sono le
parole testuali che hanno caratterizzato, tre giorni fa per la precisione, l’intervento conclusivo di un suo collega alla Camera e
che Lei avrà certamente avuto modo di ascoltare. Posso
domandarle se Lei è d’accordo con quanto sostenuto e propugnato dal suo collega?
Intanto per la precisione e per onestà intellettuale debbo premettere di non aver avuto modo di ascoltare l’intervento del mio collega
poiché proprio quel giorno non ero in aula in quanto trattenuto altrove da altri improrogabili impegni. Ho letto però proprio stamani il
resoconto parlamentare dei vari discorsi, fra cui anche quello da lei
appena citato. Detto ciò, mi sento di poter affermare con tutta sincerità di essere d’accordo in larga misura con le considerazioni del mio
collega anche se debbo dire che non posso essere d’accordo su
tutto.
Posso domandarle allora cos’è che non condivide della dichiarazione?
Beh, soprattutto l’impostazione di base, e cioè il fatto che lui dia per
scontato, anzi che ponga come dato di fatto, la disperazione di cui
attualmente tutti noi saremmo preda. Altrimenti non si comprenderebbe la sua esortazione a guardare il futuro in un certo modo.
Lei cioè non ritiene conveniente guardare il futuro con occhi da
cristiano? E quale dovrebbe essere allora il modo più appropriato?
No, no. Non mi fraintenda, la prego. Io non ho detto che non si
debba guardare il futuro con occhi da cristiano, ci mancherebbe! Io
ho semplicemente inteso dire che sarebbe opportuno avere ben
chiaro il significato con cui viene usato il termine “cristiano” prima di
avventurarsi in giudizi che potrebbero poi risultare fallaci o, quanto
meno, affrettati.
Giustissimo! Allora, se permette, le pongono io una domanda:
quali dovrebbero essere, secondo lei, i caratteri dell’uomo politico cristiano che, costantemente sotto gli occhi di tutti,
dovrebbe costituire un esempio per la condotta civile di ciascun individuo?
Eh, bella domanda, questa, non c’è che dire! Comunque: innanzi
tutto la carità, secondo me. La carità come assoluto rispetto del
prossimo e, quindi, mancanza dell’impulso spasmodico al raggiungimento di fini grettamente egoistici. Carattere, questo, che implica
necessariamente quello della temperanza, intesa come disinteresse
nei confronti dei piaceri illeciti e come attitudine al saggio uso dei
beni materiali in vista del conseguimento del bene comune. E sempre in vista del bene comune, altro carattere fondamentale è quello
della giustizia: la predisposizione cioè a rispettare costantemente i
diritti di ciascuno e a promuovere le condizioni indispensabili per
l’affermazione dell’equità nei confronti del prossimo. E poi la prudenza, vale a dire la capacità di discernere in ogni circostanza il vero
bene comune e di scegliere, quindi, i mezzi adeguati per ottenerlo.
Il tutto non disgiunto, ovviamente, dall’amore per la verità, sempre e
comunque, nonché dalla “pulizia” delle proprie mani in ogni circostanza, dalla serietà personale e professionale ....
Ma questa, Onorevole, è la figura ideale di uomo politico che
tutti, me compreso debbo confessarle con tutta sincerità, desidererebbero veder sedere in Parlamento.
Ne sono convinto! Anche perché alla fin fine, a pensarci bene, il politico cristiano non dovrebbe essere niente altro che un buon “cristia-
no” sic et simpliciter, con tutte le potenzialità e capacità ma anche le
imperfezioni, quindi, e debolezze dell’essere umano.
“Con tutte le imperfezioni e debolezze dell’essere umano”....
Giusto! .... Allora, se ho ben capito Onorevole per questa ragione lei potrebbe essere tentato di assolvere quel deputato che
giusto tre giorni fa proprio come lei, invece di trovarsi in aula
stava beatamente al mare in compagnia di (leggi: avvinghiato
a) una più che avvenente rappresentante del gentil sesso nonostante avesse - correttamente, è da dire - preavvertito circa
l’esistenza di improrogabili incombenze che lo avrebbero trattenuto altrove. Sfortunatamente per lui, però, le foto di queste
.... improrogabili incombenze sono finite - a sua completa insaputa (e di sua moglie) suppongo - su di un rotocalco che giusto
ieri mi è caduto sotto gli occhi mentre ero dal barbiere. In ogni
caso ....
M-mia mo-moglie? Ma c-cosa c’entra lei? E do-dove ha visto queste
f-foto? S-su quale ....
Sua moglie? Io non ho parlato di sua moglie. Io intendevo la
moglie dell’altro deputato. Ma che niente niente era Lei ripreso
in quella foto? .... Quanto al rotocalco, no mi dispiace,
Onorevole, ma non mi ricordo quale fosse. Perché, vede, abitualmente io non indulgo a questo genere di letture che, viceversa, mi servono solo per trascorrere il tempo di attesa dal
barbiere, per cui non vi presto molta attenzione, come del resto
accaduto anche questa volta. Ma come mai, se posso essere
indiscreto, le interessa tanto sapere quale fosse il rotocalco in
questione?
N-no, no! Co-così! Do-domandavo così s-solo per ... per cu-curiosità e basta.
Ah! Ma torniamo a noi Onorevole, quale sarebbe il suo orientamento nei confronti di questo deputato che, oltre tutto, come
informava doviziosamente la didascalia, quanto a carità, temperanza, giustizia, etc. etc. ... vanta un ben poco invidiabile curriculum: 55% circa di assenze in Parlamento con una presenza
media sugli scranni di 13 ore alla settimana (stipendio e vantaggi vari, però, percepiti al 100%); stipendio da fame - e in nero
- corrisposto al proprio collaboratore nonostante le somme che
riceve allo scopo, oltre la propria indennità con annessi e connessi; qualche noia con la Giustizia ....
Ora basta! N-non ho alcuna i-intenzione di a-ascoltare oltre le s-sue
insolenti insinuazioni, c-capito? E ppperciò La s-saluto.
Onorevole .... Onorevole .... ma quali insinuazioni .... sono pura
verità .... ma che fa? .... Scappa? .... Onorevole .... È fuggito ....
Ma che abbia capito che quel deputato era proprio lui?... Mah!
SABATO 14 NOVEMBRE
CENTRO CARABINIERI TEVERE
VIA DEI CAMPI SPORTIVI 15
dalle ore 17
L’Associazione per i bambini del Mozambico ha organizzato una festa per
festeggiare il suo 10° anniversario.
Programma: proiezione DVD con la storia di ASEM, lettura poesie di
Barbara Hofmann e dei ragazzi di Beira da parte dell’attrice Daniela
Poggi, musica varia, buffet italo-mozambicano, stand con oggetti africani,
libri e CD di ASEM
Interverranno Barbara Hofmann e l’ambasciatore del Mozambico in Italia.
Il contributo per il buffet di ¤15,00 dovrà essere consegnare direttamente
nelle mani della Sig.ra Maria Pia Cavazzi purché sia stata confermata la
propria presenza entro e non oltre l’8 novembre.
DOMENICA 15 NOVEMBRE
Passeggiata nelle più belle piazze di Roma: piazza Colonna, piazza del
Pantheon e piazza Navona. Si avrà così la possibilità di ammirare, fra i
vari altri splendidi monumenti, Palazzo Chigi (sede del governo nazionale),
Palazzo Montecitorio (sede della Camera dei deputati), la fontana rinascimentale e la colonna che dà il nome alla piazza (Colonna); una fontana
tardo rinascimentale e il tempio del Pantheon.
La passeggiata, nell’ambito del programma di visite guidate ai luoghi più
suggestivi di Roma da tempo lanciato dall’ASEM,sarà curata, come di consueto, dal dottor Giancarlo Bianconi che anche per questa occasione presta la propria assistenza a titolo totalmente gratuito.
Quota di partecipazione: ¤ 5,00 totalmente devoluti all’ASEM.
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Possibilità di affittare gli auricolari (Euro 1,50)
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28-10-2009
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ITALIANI: POPOLO DI SANTI,
POETI E NAVIGATORI.
Alessandra Angeli
Sarà ancora
vero
questo
detto? Forse di
navigatori ce
ne sono più di
un tempo, perché non è solo
il
mare ad
essere attraversato,
ma
con Internet si
naviga un po’
tutti. Di poesia
non mi intendo
granché e di
santi mi sono
scoperta una
grande ignorante.
Tolti alcuni più noti, la cui vita per sommi capi un
po’ la conoscevo, avevo proprio una vasta lacuna.
Non mi era mai interessato l’argomento e nemmeno ne avevo una ben chiara idea in mente.
Non era molto positivo quello che mi era rimasto
impresso delle tante opere artistiche che li raffiguravano: troppo spesso rappresentati con sguardi
severi, facce grigie e sofferenti. Insomma, non è
che ti viene proprio da pensare, “ma guarda questi
come sono felici, vorrei essere come loro, chissà
come hanno fatto….”
Anzi, al contrario, ti dici…”no, non è per me, io
voglio vivere sereno e non avere questo aspetto
così patito”. Sicuramente un bel sorriso unito ad un
colorito un po’ più vivo sarebbero più invitanti ma
come al solito l’apparenza inganna. Fu grazie a
mia suocera che presi confidenza con l’argomento: aveva insegnato dalle parti di Cascia e mi parlava spesso di Santa Rita. Visto che prima di
diventarlo era stata un donna “normale”, con marito e figli, mi aveva incuriosito, perché i santi mi
erano sempre sembrati una razza a parte, quasi
non umani. Nella mia ignoranza abbinai la sua storia al nome di S. Caterina, tanto che un giorno
andai a venerarla nella chiesa invece dedicata a
quest’ultima, a Piazza della Minerva.
E solo dopo aver cominciato a leggerne la vita,
visto che invece di metter su famiglia entrava in
convento, capii che erano due sante diverse. Che
errore e che vergogna !
Il tema
proposto per
il numero di
dicembre è
“I LIBRI
DELLA
MIA
VITA“
Ma la “Legenda Maior” su S. Caterina, che a quel
punto continuai a leggere, fu illuminante.
Mai avevo letto cose simili, mai la mia mente si era
snebbiata e poi stimolata su argomenti fino ad allora piuttosto sconosciuti per me.
Avevo trovato una guida.
Con S. Rita potei riparare con un “provvidenziale”
pellegrinaggio organizzato dalla parrocchia, che mi
consentì di approfondirne la conoscenza; da allora
porto sempre una copia della fede da lei usata,
due mani che si stringono.
E devo ancora finire di vedere un recente film su di
lei, molto bello e coinvolgente. Ecco, queste sono
state le donne, le sante che mi hanno introdotto
alla verità sulla vita dei santi. Per me non sono più
una specie di “extraterrestri” ma esseri umani che
di fronte al mistero di questa vita hanno alzato gli
occhi, ed il loro braccio teso verso l’alto ne ha trovato un altro dalla formidabile presa che non sono
più riusciti a mollare. In ciò hanno riconosciuto le
loro origini, il mondo perfetto da cui tutti proveniamo, in cui la nostra vera essenza, l’ anima, è stata
concepita. Riaffiora allora l’eco del ricordo di Casa,
la forte determinazione a farvi ritorno al più presto,
la consapevolezza di dovervi ricondurre quanti più
fratelli possibile; e poi la presa di coscienza di
avere un avversario, il quale ostacolerà strenuamente tutto questo; lo stesso che con due caramelle, a suo tempo, ci attirò fuori da quella stessa
Casa. Quanto c’ infervoriamo di fronte a film come
“Braveheart” o il “Gladiatore”, dove l’eroe fa cose
mirabolanti contro il cattivo di turno, finendo con
l’immolarsi per una giusta causa. I Santi fanno
altrettanto, solo su un piano diverso. Hanno capito
che il nemico con cui battersi non è un singolo
essere umano; combattono al di là del tempo e
dello spazio, una lotta che è stata prima di altri
uomini e che lo sarà di altri dopo di loro.
Non sguainano gridando spade scintillanti, ma nel
silenzio ed in umiltà di azione imbracciano le loro
armi: il Rosario, la preghiera, il digiuno; riportano
anche loro grandi vittorie, ma su spiriti maligni,
alleggerendo così tanti esseri umani dai loro
aggressori e riavvicinandoli al Padre.
Ma chi glielo fa fare? Dove trovano la forza di tante
fatiche e rinunce? Da quello che ottengono in cambio: un immenso appagamento interiore che niente di terreno ha mai saputo provocare. Nonostante
tutto ciò, molte volte mi sono chiesta: ma quante
persecuzioni, quanti sacrifici, ma il corpo e la
mente umana non reggono, nessuno può essere
tanto masochista.
Anche una ferrea volontà dell’anima finisce con lo
scontrarsi con la debolezza della materia. E come
in un puzzle alla fine ho trovato il pezzo mancante:
l’azione della grazia e dello Spirito Santo. Parole
ARRIVANO I NOSTRI
Autorizzazione del Tribunale
n°89 del 6 marzo 2008
Direttore responsabile
Giulia Bondolfi
Terza pagina:
don Paolo Tammi
Direttore editoriale
Marco Di Tillo
Collaboratori:
Lùcia Aiello, Bianca Maria Alfieri,
Renato Ammannati, Alessandra e
Marco Angeli, Giancarlo e Fabrizio
Bianconi,Tommaso
Carratelli,
Cesare Catarinozzi, Laura
e
Giuseppe Del Coiro, Gabriella
Ambrosio De Luca, Anna Garibaldi,
Massimo Gatti, Pietro Gregori,
Giampiero Guadagni, Lucio Laurita
Longo, Giuliana Lilli, don Roberto
Maccioni, Maria Pia Maglia, Celina
Mastrandrea,
Gloria
Milana,
Cristian Molella, Alfonso Molinaro,
Sandro Morici, Alfredo Palieri,
Gregorio
Paparatti,
Giorgia
Pergolini, Maria Rossi, Eugenia
Rugolo, Maria Lucia Saraceni,
Elena Scurpa, Stefano Valariano,
Gabriele, Roberto e Valerio
Vecchione, Giuseppe Zingale.
Stampato presso la Tipografia
Medaglie d’Oro di via Appiano 36
I numeri arretrati li trovate
online sul sito della parrocchia
www.sanpiodecimo.it
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udite mille volte ma mai capite fino in fondo; mi
mancava la loro applicazione pratica ed ora l’avevo trovata: una sorta di “superpoteri” che scendono dall’alto come premio di tanti sforzi.
Permettetemi questo parallelo dovuto ai cartoni
animati che, avendo figli, ogni tanto mi sorbisco
pure io e con il quale ho spiegato loro questi concetti. Capacità assolutamente estranee alla natura umana che spiegano come i santi ce l’abbiano
fatta. Sono riuscita a dare maggior applicazione
pratica anche al concetto di “intercessione”; ultimamente nella preghiera mi ero resa conto di chiedere un sacco di cose per una marea di destinatari,
così ad un certo punto mi sono detta: ”…e quando
“affitto” con quello che posso offrire in cambio!?”
Poi mi è venuto il flash: “Mi faccio aiutare da quelli che ci sono già passati con successo!
Abbinando i loro nomi ed il loro campo d’azione
terreno alle mie intenzioni avrò sicuro sostegno:
ormai stanno dall’altra parte, chissà che “superpoteri” avranno ora!” Ecco, un po’ come quando nel
nostro mondo si fa una bella raccolta di firme.
Rimanendo sempre in tema di esempi un tantino
infantili, mi sembra di poter dire che la via verso la
santità sia un po’ come la caccia al tesoro.
Vai avanti a tentativi: trovi un indizio qua, uno di
là, poi capisci male un’ indicazione e finisci in un
vicolo cieco, torni indietro ma imbrocchi la traversa
sbagliata e via dicendo.
Insomma si nasce uomini ma si può morire santi.
E’ quello che sicuramente vorrebbe nostro Padre
per ciascuno di noi. Forse basta non mollare.
Quanti si lamentano chiedendosi: “ma dov’è Dio?”
E lo si va a cercare nei posti più sbagliati.
Proviamo allora ad entrare in una libreria religiosa
per comprare, invece dell’ultimo best-seller che ha
venduto milioni di copie in tutto il mondo, la vita di
un santo che ha invece salvato milioni di anime in
tutto il mondo.
Leggi il primo e la tua vita sta al punto di prima;
leggi il secondo e ti sollevi in volo. Io nel mio piccolo ho introdotto nelle preghiere con i figli una
specie d’appello: ognuno chiama il santo di cui
porta il nome, insieme a quelli che conosciamo di
più.
Qualche anno fa, durante il catechismo per la I°
comunione, a mio figlio fu donato un foglio con la
storia del “suo” Santo: forse è il caso di farglielo
incorniciare ed appenderlo in camera sua.
Per conto mio festeggio l’onomastico il 26 agosto
ed ho la coscienza veramente sporca: dopo anni di
auguri e regali, passati senza mostrare il benchè
minimo interessamento per il mio santo, credo sia
giunto il momento di fare “mea culpa”. Perciò vi
saluto, spiego le vele e mi metto a navigare in
Internet verso di lui.
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