In questo numero - Parrocchia San Pio X
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In questo numero - Parrocchia San Pio X
“ARRIVANO I NOSTRI” GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:36 Pagina 1 Distribuzione gratuita Bollettino periodico dei giovani da 8 a 98 anni S . P i o X - Balduina www.sanpiodecimo.it Numero 26 Novembre 2009 In questo numero: LA POLITICA DEL BENE (Quella della Chiesa) LUIGI STURZO (Religione e politica) STARE NELLA SOCIETA’ ( In modo cristiano) POLITICA-CRISTIANA (E corretta laicità) GIORGIO LA PIRA (Politica con la P maiuscola) LUCE SULLA MONTAGNA (L’uomo ne ha bisogno) LA TERZA REPUBBLICA ? (Si può ricominciare) Politico e cristiano -1- DA CAVOUR A DE GASPERI (Libera Chiesa e libero Stato?) BACINO ELETTORALE ? ( I cattolici sono altro) IN NOME DI GESU (Destra o sinistra?) DATE A CESARE (Quel che è di Cesare) ASINI & POLITICA (Strani parallelismi) LA MADONNINA CADUTA (Incidente a Monte Mario) AFRICA EXPRESS (Leopold Sedar Senghor) I MIEI GIOVANI (Ricordi di studenti lontani) IL DIARIO DI GIORGIA (Quali obiettivi ?) GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:36 Pagina 2 POLITICO & CRISTIANO Renato Ammannati Il tema proposto per questa edizione del giornale appare estremamente complesso e rischioso, e certamente non può essere esaurito nelle poche righe di un articolo. Tuttavia, oggi più che mai, merita di essere affrontato per il fatto che la rappresentatività dell'elettorato cattolico si è dissolta, in Italia, con la fine della Democrazia Cristiana. Nella proposta del tema, gli ideatori specificavano come l'oggetto dovesse essere non tanto l'orientamento politico o di voto degli estensori degli articoli, quanto piuttosto l'idea personale che ciascuno ha di come dovrebbe essere un uomo politico che rappresenti al meglio l'identità cristiana di chi lo vota. Qual è il politico cui un cristiano dovrebbe dare fiducia e voto? Quello che sembra vivere una morale in linea con i principi cristiani? E che ne sa un elettore della condotta morale di un candidato alle elezioni? Si invita il suo confessore personale a parlare pubblicamente, ammesso che ce lo abbia? Quando è che un aspirante deputato o senatore può effettivamente dirsi cristiano o no? Dalla mancanza di processi penali a suo carico? Dalla frequenza alle messe domenicali? Dalle sue pubbliche esternazioni a favore della Chiesa e del Papa? Quanti ammiccano alla Chiesa ed ai suoi ministri per il solo tornaconto politico, certi di convogliare così su di loro le scelte di voto dell'elettorato cattolico, ma in fondo a se stessi farebbero volentieri a meno di questa forma di "scambio commerciale" di favori? E non c'è poi il vezzo di porre in prima linea certi personaggi di estrazione cattolica, come specchietto delle allodole per attirare i voti dell'elettorato cristiano salvo, poi, andata al potere quella parte, tentare di proporre una politica marcatamente laicista, completamente svincolata dal cristianesimo, dalla tradizione cattolica e dal magistero della Chiesa? Si prenda il caso del presidente americano Barack Obama, intorno il quale si raccoglie un vastissimo consenso d'opinione, in patria e fuori, eppure molto criticato dai vescovi americani per i suoi orientamenti nel campo della bioetica e la questione dell'aborto. Il politico ideale, ci pare, è quello che risponde prima di tutto alle istanze dettate dalla famosa frase di Gesù nel Vangelo di Marco: "Rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio", frase che definisce i due ambiti distinti entro cui possano operare legittimamente due distinte autorità, quella politica e quella religiosa. La frase, rileggendo il brano e la situazione che l'ha generata, verteva sugli obblighi cui un cristiano non può sottrarsi di fronte all'autorità politica ed a quella di Dio. Applicata nel nostro caso, il politico in linea con i princìpi cristiani è colui che, indipendentemente dalla sua morale privata, sconosciuta ad un elettore, governa la cosa pubblica richiedendo quanto è lecito che Cesare richieda, senza mai varcare i confini del suo spazio di legittimità ed estendere la sua autorità su quello che è invece l'ambito spirituale. Insomma, chi deve votare un elettore di estrazione cristiana? L'identikit ideale di un politico cui un cristiano dovrebbe essere propenso a dare il proprio voto è innanzitutto un politico capace, indipendentemente dalla sua estrazione religiosa, dalla sua aderenza maggiore o minore alla morale cristiana. Un uomo chiamato alla guida del paese, a qualunque livello o campo, deve innanzitutto dimostrarsi in possesso delle capacità di risolvere i problemi della comunità che è chiamato a governare, nell'ambito che spetta a Cesare, e che anzi è tenuto a risolvere per il mandato popolare che gli è stato conferito e per l'autorità che dall'alto gli è garantita ("Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto" - Gv 19,11). In secondo luogo deve applicare politicamente, nel campo della morale e dell'etica, l'insegnamento che proviene dalla Rivelazione e dalla Chiesa. In questi giorni, in Gran Bretagna, dove in questo momento vivo, sta andando in onda la terza parte di una specie di romanzo storico che ha per trama la vita di Enrico VIII, uno dei sovrani più noti in patria e fuori a causa della sua spregiudicata vita sentimentale. Il suo peccato più grande non fu certo quello di aver avuto sei mogli, per il quale è riuscito a competere per bene con la samaritana incontrata da Gesù presso il pozzo di Giacobbe. La sua colpa più grande fu quella di aver causato lo scisma anglicano pur di poter divorziare dalla prima moglie e convolare a nozze con la seconda. La sua colpa fu quella con la quale sancì la sottomissione del clero al potere temporale dello Stato, cioè, in ultima analisi, consentì a Cesare di estendere il suo potere oltre i limiti consentiti a lui, occupando i territori dell'autorità divina. È curioso ciò che sembra verificarsi in questi tempi. In un mondo dove la morale diviene sempre più un fatto rigorosamente privato, non più assoggettabile ad alcun giudizio, rispondono del comportamento morale privato i rappresentanti della cosa pubblica. -2- “C'è oggi bisogno di persone che siano credenti e credibili, pronte a diffondere in ogni ambito della societa' quei principi e ideali cristiani ai quali si ispira la loro azione... Coloro che sono o possono diventare idonei per l’esercizio dell’arte politica, così difficile, ma insieme così nobile, si preparino e si preoccupino di esercitarla senza badare al proprio interesse e al vantaggio materiale. Agiscano con integrità e saggezza contro l’ingiustizia e l’oppressione, il dominio arbitrario e l’intolleranza d’un solo uomo e d’un solo partito politico; si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti. La santita' e' la vocazione universale di tutti i battezzati, che spinge a compiere il proprio dovere con fedelta' e coraggio, guardando non al proprio interesse egoistico, bensi' al bene comune, e ricercando in ogni momento la volonta' divina. E dunque, non basta apparire buoni ed onesti; occorre esserlo realmente.” Papa Benedetto XVI GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:36 Pagina 3 LA POLITICA DEL BENE don Paolo Tammi La politica appartiene al mio codice genetico. Sono nato in un’epoca in cui si parlava di politica in famiglia, si faceva politica a scuola, ci si univa o divideva per passioni politiche simili o contrapposte. Sono nato in un’epoca che mi ha permesso di conoscere ( anche di persona) uomini e donne della politica che adesso si studiano sui libri di storia contemporanea. A parte Andreotti “evergreen” e pochi altri, sono quasi tutti morti o scomparsi dalla scena politica. Ma io mi sono più volte identificato in loro, in molti di loro. E se è vero – ed è vero – che abbiamo bisogno di modelli, anche fuori dalla famiglia, quei personaggi per me lo sono stati. Una proiezione psicologica di cui non mi vergogno, perché l’uomo politico ha sempre rappresentato per me colui che si prepara, che lotta, che ha una dialettica, che governa, che ascolta, che decide. Tutte cose nelle quali poi mi sono ritrovato da prete. Volevo parlare bene come Almirante, avere l’arguzia e l’ironia di Andreotti, la compostezza e lo sguardo profondo di Berlinguer, la lucida determinazione di Craxi, il ragionamento pacato di Moro. Anche i giornalisti della politica erano una forza. Chi si scorda di Indro Montanelli, di Nino Nutrizio, di Giorgio Pisanò, il mitico direttore di “Candido”? Erano botte dure nelle tribune politiche, sui giornali, ma nessuno avrebbe fatto quel che ha fatto Feltri qualche mese fa. Che cosa chiedevo alla politica allora? Forse niente. O meglio, qualcosa si. Chiedevo che mi prestasse una passione, una voglia matta di essere protagonista, di non essere sottomesso, di capire con la mia testa, di difendere battaglie giuste. Questo lo dico adesso, col senno di poi. Allora la politica era scendere in piazza, scioperare, era un voto in condotta in meno per aver consegnato un tema in bianco alla prof. di italiano (perché incomprensibile e lontano dalla storia). Era anche farsi scoprire da papà mentre volantinavo e promettergli ( che bugia!) che non l’avrei fatto più. Poi sono entrato in seminario, dopo tre anni di Università. Concentrato su ben altro ho assistito, mio malgrado, al crollo della politica, al crollo – ben più grave – della passione dei giovani per la politica. Avrò forse – lo confesso – contribuito poco anch’io quando non ho più avuto fiducia o quando ho male interpretato la spiritualità evangelica. Essa non sta fuori dal mondo. Cesare è nel mondo e a lui qualcosa bisogna rendere. Non solo le tasse, ovviamente, nè solo il rispetto delle regole. Ma anche il dovere sacrosanto della critica, se necessario, della protesta, o del consenso parlato e ragionato, non solo espresso col voto. Il voto, poi ! Veicolato ed “estorto” ormai da una serie di immagini rassicuranti, di promesse mirabolanti, di idee formatesi davanti a salotti televisivi nei quali litigare è d’obbligo e farsi capire molto meno. Ricordo Iader Iacobelli, un signore raffinatissimo, che sapeva zittire o incoraggiare aiutato però dalla correttezza obiettiva di quelli che discutevano. Sempre al di sopra delle parti, sempre come uno che sembrava fosse lì per imparare qualcosa di nuovo e non per incitare o leccare o subdolamente indirizzare. Adesso abbiamo il tribuno Santoro e il liquido Vespa, e tanti altri che stanno sul libro paga o della Rai o di Berlusconi o di De Benedetti e che sanno bene come fare gli interessi di una parte, piuttosto che delle persone normali. Che cosa chiede la Chiesa alla politica ? Questa è senz’altro una domanda più interessante e sensata. La Chiesa sta nella polis. Gesù, a quelli che lo guardavano andare in cielo, ha detto:”Rimanete in città! A Gerusalemme!” Lo Spirito Santo che avrebbero di lì a poco ricevuto, era per loro e per quella gente che da loro avrebbe tratto esempio e vigore. Cittadini e peccatori, o forse santi, ma gente che sicuramente doveva lottare ogni giorno per vivere bene e senza troppi tormenti. La Chiesa è sempre rimasta nella polis. La polis non è affare privato di pochi o dei comitati d’affare. E non è solo problema del verde che non c’è, del traffico che aumenta, di una giustizia che è una lumaca, di una scuola che spesso – non sempre – affonda in chili di carta da bollo. La Chiesa difende il bene. Questo la gente lo sa molto bene. Gridare che ci sono 127.000 aborti all’anno in Italia e chiedere che si faccia prevenzione seria e generosa è difendere il bene. Gridare che per la famiglia non si fa un tubo, non si abbassano le tasse, non si costruiscono asili nido vicino al posto di lavoro, si favorisce – di fatto – la separazione perché così la quota di imponibile diminuisce e via dicendo, tutto questo è difendere il bene. La Chiesa chiede: chi è disposto a trovare mezzi politici per difendere il bene? Il bene, non i propri privilegi ! Se così fosse, se cioè la Chiesa difendesse solo i propri privilegi, ci sarebbe da soffrire e da morire. Nella politica, e nei rapporti col potere politico, la Chiesa ha solo un mezzo: difendere la verità. Non solo difendere se stessa, ma la verità. Difendere i poveri, come ha fatto Gesù. Difendere chi non è difeso, come hanno fatto i santi. E prendere il largo da politici che la vedono solo come un impiccio o che la cullano, per sentirsi a loro volta difesi. -3- GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:36 Pagina 4 IL PENSIERO RELIGIOSO E POLITICO DI DON LUIGI STURZO Cesare Catarinozzi Don Luigi Sturzo nacque a Caltagirone nel 1871. fu teologo e sociologo, esponente in sociologia del metodo storicocomparitivo, ossia del raffronto tra diversi assetti della società in diverse epoche storiche. Fondò il giornale di orientamento politico-sociale “La croce di Costantino”. Oltre ai consensi il giornale suscitò le ire dei massoni a causa del metodo rettilineo e coraggioso che usava Luigi Sturzo per ottenere i consensi, quindi il 20 settembre 1897 bruciarono una copia del giornale, nella piazza principale di Caltagirone. Con i fatti di maggio del 1898, le repressioni antioperaie di Bava Beccaria, gli stati d’assedio nelle principali città, si comincia a delineare l’impossibilità della convivenza all’interno dell’Opera dei Congressi fra conservatori e democratici cristiani. Il mantenimento dell’unità dei cattolici, voluta da Papa Leone XIII, diventava sempre più arduo. Il sacerdote di Caltagirone tentò invano di introdurre nell’Opera una riflessione sui problemi dell’Italia Meridionale, che aveva sempre più approfondito nell’esperienza diretta del mondo contadino negli anni della crisi agraria. Luigi Sturzo nel 1900 fu visto tra i fondatori della Democrazia Cristiana Italiana, ma il realtà aveva pure rifiutato la tessera del partito, guidato da Romolo Murri e nello stesso anno, essendosi scatenata in Cina la persecuzione dei Boxers, che volevano la cacciata degli stranieri dalla Cina, Sturzo presentò formale domanda al vescovo per partire missionario in quelle terre lontane, ma il vescovo, datele sue precarie condizioni di salute, gli negò il suo consenso e Sturzo ubbidì. Verso i primi anni del ‘900 Sturzo divenne il collaboratore del quotidiano cattolico “Il Sole del Mezzogiorno” e nel 1902 guidò i cattolici di Caltagirone alle elezioni amministrative e nel 1905 verrà nominato consigliere provinciale della Provincia di Catania. Sempre nel 1905, alla vigilia di Natale, pronunciò il discorso di Caltagirone su “I problemi della vita nazionale dei cattolici”, superando il “non expedit”. Nel 1915 Sturzo fu nominato segretario dell’Azione Cattolica Italiana e nel 1919 fondò il Partito Popolare Italiano, del quale divenne segretario politico fino al 1923 e il 18 gennaio 1919: si compie ciò che a molti è apparso l’evento politico più significativo dall’unità d’Italia: dall’albergo Santa Chiara di Roma, don Sturzo lancia l’Appello ai Liberi e Forti”, carta istitutiva del Partito Popolare Italiano: “A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”. Nel 1912 divenne vicepresidente dell’Associazione Nazionale Comuni d’Italia. Nel 1915, essendo stato molto attivo nell’Azione Cattolica, divenne il Segretario Generale della Giunta Centrale. Il 12 aprile 1923, al Congresso di Torino del Partito Popolare, Sturzo fa prevalere la tesi antifascista e l’uscita dei ministri cattolici dal governo Mussolini. Luigi Sturzo sarà costretto a fornire chiarimenti e inoltre alcuni segnali a favore di Mussolini arrivano dai cattolici di destra. Mussolini invita i Popolari, e il segretario Don Sturzo a chiarire o a dimettersi. Luigi Sturzo decise di lasciare gli incarichi nel partito e si rifugiò dal 1924 al 1940 prima a Londra, a Parigi e poi a New York. A Londra animò diversi gruppi politici di italiani fuoriusciti e di cattolici europei e nel 1936 fonda il People and Freedom Group e negli USA intrecciò dei rapporti con Carlo Sforza, Lionello Venturi, Mario Einaudi, Gaetano Salvemini. Dopo questo periodo ritornò in Italia sbarcando a Napoli e poi si chiuse in un isolamento volontario in un convento di Roma. Difese la libera iniziativa con l’argomento dell’economicità e della libertà. Nel 1945, finita la guerra, Luigi Sturzo rientra in Italia, riprendendo una vita politica attiva. Dopo la seconda guerra mondiale non svolse un ruolo dominante nella scena politica italiana, ma il 17 dicembre 1952 fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Sturzo accettò la nomina aderendo al gruppo misto solo dopo aver ricevuto la dispensa da papa Pio XII. Morì a Roma l’8 agosto 1959 all’età di ottantotto anni e oggi è sepolto nella Chiesa del Santissimo Salvatore a Caltagirone. Tutta la sua attività politica è fondata su una questione centrale: dare voce in politica ai cattolici. Sturzo si impegna per dare un’alternativa cattolica e sociale al movimento socialista. Per Sturzo i cattolici si devono impegnare in politica, tuttavia tra politica e Chiesa deve esserci assoluta autonomia. La politica, essendo complessa, può essere mossa da principi cristiani, ma non si deve tornare alla vecchia rigidità e all’eccesso schematismo del passato. Il Cristianesimo è, insomma, la principale fonte di ispirazione, ma non l’unica. La società deve far riconoscere le aspirazioni di ogni singolo individuo: “la base del fatto sociale è da ricercarsi nell’individuo” e l’individuo viene prima della società; la società è socialità: si fonda, cioè, su libere e coscienti attività relazionali. Sturzo è contrario ad una società immobile ed il movimento è dato dalle relazioni interindividuali tra le persone; la società non deve essere un limite alla libertà dell’individuo. Non può essere, tuttavia, definito iper-individualista. All’interno di questo schema sociale multiforme la religione non può essere strumento di governo. Il cristianesimo ha dato qualcosa ad ogni corrente politica, quindi nessuno può dire di possedere il monopolio della verità religiosa. L’individuo deve scegliere da sé se seguire la propria coscienza di buon cittadino o di credente; non è la Chiesa che deve indirizzarlo nell’atto della scelta, la quale attiene strettamente alla sfera individuale del singolo. Il PPI nasce perciò come aconfessionale: la religione può influenzare, ma non imporre. In economia Sturzo non è un liberale classico, ma da un lato denuncia il capitalismo di Stato che ritiene dilapidatore di risorse, e dall’altro rimane convinto della possibilità di interventi dello Stato in economia, anche se per un tempo breve e finalizzato ad un risultato. Il suo faro è la centralità della persona, non delle masse; è un fautore dello stato minimo e censura già all’epoca l’eccessivo partitismo, ma si dichiara ostile a una concezione statale pura. In questo modo fonda il Popolarismo, dottrina politica autonoma e originale, che non è altro che la messa in pratica della Dottrina Sociale della Chiesa Cattolica, arricchita dal suo pensiero e lavoro, spesso profetica e –pur essendo prettamente pragmatica- profondamente intessuta eticamente. Molti elementi del pensiero di Sturzo conservano ancora oggi, a mio avviso, una loro attualità. In particolare la ricerca di una terza via tra liberismo e statalismo e l’ispirazione religiosa, ma autonoma,del cristiano in politica. Ma attenzione a chi si dichiara “erede” di Sturzo, senza avere le carte in regola. -4- GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:36 Pagina 5 “AFRICA EXPRESS” LEOPOLD SEDAR SENGHOR Quest’anno ricorre il centenario della nascita di Leopold Sedar Senghor, uno dei più grandi padri spirituali dell’Africa. Era nato il 9 ottobre del 1909 a Joal, nel sud Senegal, non molto lontano da Gorèe, l’isola tristemente famosa dalla quale, fino al XIX secolo, partivano le navi negriere per l’America (vedi anche Arrivano i Nostri di gennaio 2009). La sua era una famiglia benestante, con probabili, lontane, origini portoghesi (che spiegano, forse, anche il cognome Senghor, dal portoghese senior), ed il padre, ricco coltivatore e commerciante, apparteneva all’etnia Sérère. Léopold, da giovane, sposò per dovere (come lui stesso dichiarò una volta) una donna di origine guianese, figlia di un noto governatore dell’Africa francese, ma il matrimonio non andò a buon fine e la sposa della sua vita fu Colette Nubert, una francese di Normandia. La sua educazione venne affidata alla famiglia paterna, in particolare allo zio che gli inculcò l’amore per la propria gente, per la propria etnia e per la terra d’origine. Questo periodo risultò importantissimo per la vita futura di Senghor, sia politica che poetica. Ricevette anche una solida educazione cattolica tanto che, all’età di 8 anni, iniziò i suoi studi in un collegio cristiano e nel 1922, all’età di 16 anni, entrò nel seminario di Dakar. In questi anni, pur non rinunziando alla propria identità culturale, apprende ed assimila la cultura e l’educazione che gli viene impartita, anche se ben presto comprende che la vita religiosa non fa per lui e lascia il seminario. Forse le sue origini, di cui era già cosciente, forniscono una prima spiegazione agli atteggiamenti, a prima vista contraddittori di Senghor, fiero della propria pelle nera e di essere un figlio dell’Africa ma anche privo di animosità e rancore nei confronti del mondo occidentale, in particolare dell’Europa colonizzatrice. Si iscrive, quindi, ad una scuola laica ma i principi cristiani appresi nel corso degli anni precedenti resteranno per lui insegnamenti fondamentali cui non verrà mai meno. Dichiarò una volta nel corso di una sua lezione universitaria: “L’educazione cristiana mi ha fatto molto bene. Avevo un temperamento ed un carattere molto collerico ma la direzione spirituale e la confessione mi hanno insegnato a dominarmi ed a disciplinarmi”. Terminata la scuola, ove si distinse in modo particolare nelle materie classiche (latino e greco) e nella lingua francese, ottiene una borsa di studio per andare a terminare gli studi a Parigi dove, nel 1935, si laurea, con il massimo dei voti, in Lettere. Subito dopo intraprende la carriera di insegnante prima in vari licei e poi nelle università. Arruolato nel 1939 nell’esercito francese, subito dopo l’inizio della II^ Guerra Mondiale fu fatto prigioniero dai Tedeschi. Dopo circa due anni di prigionia fu liberato e, pur riprendendo l’insegnamento, entrò nella resistenza francese. Nel corso di questo periodo ospitò segretamente nella sua abitazione di Parigi numerosi partigiani ed ebrei sottraendoli ai rastrellamenti delle truppe naziste. Alla fine della guerra fu eletto deputato alla Assemblea Nazionale di Francia e due anni dopo fondò il “Blocco Democratico Senegalese” movimento politico che, pur auspicando l’indipendenza del suo paese di origine, perseguiva anche la costituzione di una confederazione tra le ex colonie francesi propugnando una sorta di Commonwealth francese. Nel 1956, scaduto il mandato di deputato francese, tornò in patria dove venne eletto Sindaco di Thies, seconda città dopo la capitale Dakar. Nel 1958 il Senegal ottiene lo statuto di repubblica autonoma, e nel 1960, ottenuta l’indipendenza piena, insieme al Sudan francese (attuale Mali) si fuse formando la Federazione del Mali, che divenne completamente indipendente nell’aprile del 1960. La federazione tuttavia non resse i problemi derivanti dalla decolonizzazione, e dopo soli 4 mesi, il 20 agosto 1960, le due nazioni dichiararono la rispettiva indipendenza. Léopold Senghor venne eletto primo presidente del Senegal, nel settembre 1960, restando al potere, con cinque mandati consecutivi, per i successivi 20 anni. Nel dicembre del 1980, unico caso nella storia politica dell’Africa moderna, ha spontaneamente rassegnato le dimissioni da Presidente della Repubblica, sostituito da Abdou Diouf. In un primo momento nessuno ci credeva “perché in Africa sono molti i capi Lucio Laurita Longo di stato, per lo più militari, che hanno più volte annunciato le loro dimissioni e che invece sono rimasti al potere con la scusa farlo solo per obbedire alla volontà del popolo!” Nel corso della sua intera vita politica alla guida del Senegal si è sempre battuto per realizzare un socialismo umanistico e cristiano pur nelle difficoltà di un paese che viveva grazie alla monocoltura dell’arachide ed ad una popolazione a maggioranza musulmana (oltre il 90%). Fu lui che coniò il termine, all’inizio inteso in senso dispregiativo, di “negritudine”. Secondo la sua definizione, però, tale concetto “è l’insieme di tutti quei valori, politici, intellettuali, economici, morali, sociali ed artistici, comuni non solo alle genti dell’Africa nera ma anche alle minoranze nere dell’America. Ora, i militanti della negritudine assumono questi valori, li fecondano anche con apporti esterni, per viverli in prima persona, dando così il loro contributo di Negri nuovi alla Civiltà dell’Universale». Questo concetto di “negritudine” è stato molto criticato, in special modo da parte del mondo intellettuale africano che accusava Senghor di essere troppo moderato nei confronti del mondo europeo. Dava molto fastidio anche la sua valutazione, molte volte anche positiva, della cultura dei bianchi. Ancora oggi vi è un elevato numero di intellettuali di colore (detti anche afrocentristi) che continuano a ritenere il pensiero di Senghor troppo morbido ed accondiscendente. Negli ultimi anni, però, il giudizio favorevole sul ruolo avuto da questo straordinario personaggio è via via aumentato proprio perché ci si è resi sempre più conto della grande influenza avuta nello sviluppo di una autocoscienza positiva e non violenta da parte di milioni di africani del proprio valore e del proprio ruolo nel mondo moderno. In tutti questi intensi anni, però, Senghor non ha mai dimenticato quello che era stato il suo primo grande amore: la cultura classica e la poesia. In quest’ambito scrisse numerose raccolte di poesie tra le quali spiccano i “Chants d’ombre” del 1945, e le “Ethiopiques” del 1956. Particolarmente significativa sul pensiero di Senghor è l’introduzione scritta alla “L’Antholgie de la novelle poésie malgache de langue Francaise” nel 1948. Pochi sanno, inoltre, che Senghor ha scritto il testo dell’Inno Nazionale del Senegal il quale, alle prime tre strofe, recita: “Pizzicate tutti le vostre cora, battete i vostri balafon Il leone rosso ha ruggito. Il domatore della savana Di un balzo s’è slanciato dissipando le tenebre Sole sulle nostre paure, sole sulla nostra speranza; In piedi fratelli ecco l’Africa riunita Fibre del mio cuore verde spalla contro spalla Miei più che fratelli. O Senegalesi, alzatevi! Uniamo il mare e le sorgenti, uniamo La steppa e la foresta. Ti saluto Africa madre. Senegal, tu figlio della spuma del leone, Tu sorto dalla notte al galoppo dei cavalli, Rendici, oh ! rendici l’onore dei nostri Antenati Splendidi come l’ebano e forti come il muscolo! Diciamo diritti - la spada non ha una sbavatura. Ulteriori raccolte di poesie e scritti sono: “Liberté 1, Négritude et Humanisme” del 1964 e “Liberté II, Nation et Voie africaine du Socialisme” del 1971. Dopo il ritiro dalla scena politica torna a vivere in Francia con la moglie Colette, in Normandia, dove, pur non dimenticando di fornire il suo apporto prestigioso alla causa africana ogni volta che gli veniva richiesto, si dedica principalmente alla poesia ed allo studio. Divenne il primo membro di colore della “Accademie francaise” nonché uno dei primi deputati africani alla Assemblea Nazionale. Muore il 20 dicembre 2001 in Francia ma i suoi funerali si svolgono il 29 dicembre a Dakar, davanti ad un paese in lutto. Il presidente francese Jacques Chirac alla sua scomparsa dichiarò: “La poesia ha perso uno dei suoi grandi maestri, il Senegal il suo statista più illustre, l’Africa un grande idealista e la Francia un grande amico.” -5- L’ANGOLO DELLA CUCINA SALSA PICCANTE PER CARNI ALLA BRACE (Senegal) Ingredienti: 100 gr. di peperoncino molto piccante (in Senegal questo tipo di peperoncini vengono chiamati”cani”), 20 gr. di senape forte, 20 gr. di concentrato di pomodoro, 2 spicchi di aglio, il succo di un lime, olio e aceto. Preparazione: in un mortaio (o nel minipimer a velocità ridotta) pestate i peperoncini, con poche gocce di olio, fino a farne una poltiglia. A parte fate rosolare l’aglio, dopo averlo tritato finemente, in due cucchiai d’olio, unendo la poltiglia di peperoncino, il concentrato di pomodoro, la senape, il succo di lime, una spruzzatina di aceto (per insaporire) e un po’ d’acqua. Coprite il tutto e lasciate cuocere a fuoco basso per circa 20 m. fino a che la salsa non si restringe. Lasciate freddare insaporite le carni ancora calde. GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:36 Pagina 6 LINEE DI UNA POLITICA CRISTIANA Cesare Catarinozzi Una corretta laicità non esclude, anzi richiede un’ispirazione religiosa della politica. Lo spiega anche il neopresidente americano Barack Obama nel discorso che – allora senatore democratico dell’Illinois – tenne in una conferenza a Washington. <<Penso sia un errore - egli disse- non riconoscere la fede nella vita sociale e non addentrarsi in un dibattito su come conciliare la fede e la nostra democrazia moderna e pluralistica…. Dire che donne e uomini non dovrebbero far confluire la loro morale personale nei dibattiti pubblici è un assurdo pratico. Il nostro diritto è per definizione una codifica della morale, basato in larga misura sulla tradizione giudaico-cristiana.>> La politica è un servizio d’amore ? Per un cristiano dovrebbe esserlo, impegnandosi per una società che, come ha indicato Benedetto XVI nell’enciclica “Caritas in veritate” superi la mera logica del mercato e del profitto. L’impegno della Chiesa Cattolica e delle altre Chiese cristiane è di garantire che il concetto di bene comune non rimanga solo un’entità vaga o astratta, ma possa essere realizzato attraverso l’impegno di far giungere all’intera comunità la testimonianza e la Parola di Cristo. Cito ancora Benedetto XVI : “La responsabilità dei cristiani nella vita sociale e politica è un fatto d’amore e di verità: amore verso Dio e verso l’uomo….da qui ha origine infatti la solidarietà umana. In esso l’uomo non può riconoscersi come un’isola INSERIRSI NELLA SOCIETA’ CIVILE Eugenia Rugolo Viviamo in una società estremamente complessa. Spesso ci manca la preparazione per capire i complicati meccanismi della politica e dell’economia. Questa può essere un’occasione per ripensare all’impegno sociale e politico del cristiano e alle tentazioni pericolose ogni qual volta si affrontano queste tematiche. Il cristiano accetta la distinzione delle realtà terrene da quelle eterne e spirituali, ma non la separazione. Per il cristiano tutto nasce da Dio e tende a Lui, ma in mezzo c’è spazio per la responsabilità dell’uomo. La Chiesa, fin dalle origini ha offerto il suo insegnamento e una propria dottrina sociale, ossia le proposte di alcune verità di etica cristiana. Il fine è quello di educare le coscienze, lasciando ai cristiani il compito di inserirsi nella società civile, confrontandosi e dialogando con gli altri uomini per trovare soluzioni adeguate e appropriate. Con la fine del vecchio sistema dei partiti e della democrazia cristiana (disintegrandosi in una miriade di partiti), la collocazione politica dei cattolici è diventata molto più problematica. Dal punto di vista teorico si fa in fretta ad affermare che un cattolico deve cercare di promuovere i valori cristiani, in pratica si tratta di scegliere quali delle due coalizioni offre in tal senso, migliori garanzie; Quel che è certo è che fin ora abbiamo perso visibilità e influenza, capacità di dialogare e di comunicare, poiché l’appartenenza a schiarimenti diversi sembra prevalere sulla fede comune. Uno dei rischi che oggi corriamo, a livello mondiale, è di buttar via lo stato sociale: basta pensare alla politica dei tagli, la privatizzazione selvaggia. Certo privato è “efficienza”, magari per qualcuno vale anche il principio secondo cui “privato è bello”: sappiamo bene però che privato è bello solo per chi ha i soldi e per chi ha il potere. o vivere e agire come un isolato, ma deve riconoscere con gratitudine il legame profondo che lo lega a Dio ed a tutti i suoi figli… Come Gesù Cristo anche il cristiano entra nel vivo della solidarietà umana, non per interesse, ma spinto dalla Carità, operando così nel lavoro come nella politica come offerta generosa d’amore”. Questo è anche ciò che mi insegnò il mio docente di “Storia delle dottrine politiche” Gerardo Bruni (nella foto sotto), e cioè che occorre agire in politica non “in quanto cristiano”, secondo una vecchia logica, ma “da cristiano”. Gerardo Bruni, grande ammiratore di Papa Giovanni, aveva fondato il “Partito Socialista Cristiano”, ma tale esperienza ebbe vita breve. Tentò poi di coniugare la religione cristiana con l’interpretazione idealistica che del marxismo aveva dato il filosofo Labriola, al tempo stesso scettico e credente. Ma la visione che Labriola aveva del cristianesimo era troppo intimistica per sposarsi con l’impegno etico-politico. Labriola pensava infatti che un cristiano ponesse al centro della sua vita il proprio perfezionamento interiore. Altra cosa è il cristianesimo vissuto, che è offerta di se stesso agli altri, come troviamo nell’esempio dei missionari. La politica come missione? Perché no, per un credente ed anche, occorre riconoscerlo, per tanti laici impegnati, che possiamo considerare “cristiani anonimi”, ossia cristiani che devono prendere coscienza di esserlo. I credenti, anziché cercare etichette, devono fermentare come il lievito la massa. La sociologia cristiana, che in Italia ha avuto forse il suo massimo esponente in Sabino Acquaviva, ci insegna che dopo “l’eclisse del sacro” c’è oggi una profonda richiesta di senso. Il cristiano deve fornire una risposta non solo nella vita privata, ma nella politica intesa come servizio. Non basta cambiare le regole del gioco: bisogna ridare alla politica una forte tensione morale oppure diventa pura tecnica, semplicemente una gestione del potere da parte di chi il potere lo controlla, controllandone così i mezzi di informazione, per far si che questa addormenti le coscienze. In questa situazione è fondamentale investire in controinformazione e in cultura.; deve essere uno sforzo di tutti noi, quello di informarci e di informare, di aiutare la gente a pensare ad avere fiducia. Dalle ceneri della politica è nato il volontariato, nei vuoti lasciati aperti dallo stato, si sono inseriti i volontari con una insostituibile azione di supplenza, particolarmente in alcuni settori: le lotte alle nuove forme di povertà e la ricerca di una migliore qualità della vita. Qui si impone una seria considerazione: se il volontariato teso a una migliore qualità della vita non può che essere il benvenuto, quello che colma i vuoti e cerca rimedi alle inadempienze della politica non può essere accettabile. La politica deve continuare ad essere un luogo privilegiato per affrontare i problemi del vivere civile. La politica (= governo della città) deve congiungersi con giustizia, anche l’ultimo cittadino deve poter contare, far sentire la sua voce, deve avere il diritto di organizzarsi. La Chiesa deve sentirsi libera di esprimere i suoi giudizi per attuare vie nuove di impegno e partecipazione. Nei luoghi significativi dove la comunità si incontra non si parla di queste cose; Fare politica è compito specifico dei laici e delle famiglie, che devono far sentire quali sono i veri bisogni; Ma per questo dobbiamo aiutarci, metterci insieme, creare dei gruppi. Solo insieme si riesce a vincere la sensazione di impotenza che spesso ci assale. Come cristiani siamo ancora oggi il sale della terra, l’essenziale è che non perdiamo il sapore, che non fuggiamo dalla nostra funzione- missione. Non vogliamo essere in contrapposizione a tutti i costi, ma il dialogo, nella coerenza e nella chiarezza di posizioni. Dio non ci chiede di salvare il mondo: per fortuna ci ha pensato e ci pensa Lui che invece ci chiede di annunciare oggi il Vangelo: dunque nella società in cui viviamo e in cui operiamo. -6- GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 7 L’ANGOLO DELLA PREGHIERA Lucia Aiello “ Una luce sulla montagna “ Di una cosa sono profondamente convinta. Dove Cristo c’è, si vede. Se non si vede, vuol dire che non è lì. Inutile nascondersi dietro il velo delle tecniche di comunicazione. Non che siano inutili, ma vengono dopo. Una città su una montagna si vede senza bisogno di “fare” niente. Se è tutto buio, non c’è nessuna città. Ecco perché, a parer mio, sono davvero poche e semplici le cose che contano: lasciare entrare Cristo che bussa al nostro cuore ed essere autentici. Sì autentici. E’ con questo pensiero che nel 2005 sono partita per la Terra Santa, dove in effetti la mia vita ha cominciato a cambiare. E al ritorno le persone che mi conoscevano se ne sono accorte. Si fa un bel parlare di identità e di coerenza. Tutte cose importantissime. Ma l’autenticità è il mio pallino. Lasciare che gli altri ci vedano per come siamo. Con la nostra fede e con i nostri dubbi. Purulenti di ferite e colmi di grazia. Ne abbiamo abbastanza, qui in Italia, di venditori di fumo. E non parlo solo del periodo più recente, in cui questo è divenuto ancor più evidente. Qualunque sociologo da quattro soldi è capace di scrivere fiumi di inchiostro sulla melma e il fango in cui siamo scivolati. Proprio del cristiano è vedere il fiore. E dov’è questo fiore? Penso che il fiore da cui l’Italia potrebbe ripartire è il sangue dei suoi martiri della vita civile: Bachelet, Falcone, Borsellino, Ambrosoli, Livatino, ASINI & POLITICA Sandro Morici Dovete sapere che nel paesello delle mie origini, là nel profondo Sud, l’amministrazione comunale sta utilizzando due asinelli per la raccolta dei rifiuti lungo le viuzze strette di alcuni rioni. Questi asinelli, di nome Ale ed Ela, ormai inseriti da tempo nell’entourage di governo, a forza di interagire con sindaci e consiglieri, sono diventati dei grossi esperti in materia di politica. Ebbene, l’altra sera, passando sotto la finestra delle loro stalla, sono riuscito a raccogliere questa loro testimonianza, mentre erano in vena di confidenze reciproche. - Scusa Ale, cosa ne pensi dei politici di oggi? . Ela, stasera hai proprio voglia di stuzzicarmi. Apri un discorso così ampio e complesso usando un tono sbarazzino, come se dovessimo parlare di sport… - Dai, non mi puoi accostare politica e sport tutt’insieme. Sono due attività umane decisamente diverse anche se forse qualcosa in comune ce l’hanno. - Per esempio? Calciopoli e tangentopoli? - Appunto. La compromissione affaristica, che ovviamente non va generalizzata all’intera categoria. - Perché la chiami “categoria” e non usi la dizione “casta”, come tutti ormai sanno? Guarda che parliamo di storia vera con nomi, date , indirizzi! - Tutti sanno, ma all’atto pratico fanno finta di non capire o di non ricordare o, spesso, di dimenticare in fretta le conseguenze disastrose per le comunità, come per esempio… - Ti prego, non fermarti a uno, due esempi. Farei piuttosto riferimento a vasti campi di attività illecite: le licenze per costruire interi quartieri in zone geologicamente instabili, i mancati controlli nella sicurezza dei cantieri Tarantelli…e molti altri che mi scuso di non elencare. Gente uccisa mentre e perché faceva il suo dovere tutti i giorni. Chiunque di noi continua ad alzarsi ogni mattina e ricomincia da capo la giornata non lasciandosi scoraggiare da quanti dicono che tutto è inutile è, secondo me, un eroe. E di questo ha bisogno il nostro Paese al più presto, meglio se accompagnato da un po’ di silenzio. I cristiani hanno fatto male ad allontanarsi dalla politica, anche se non sono convinta che ci vorrebbe un ritorno al passato, con un unico partito che li rappresenti. Siamo uomini fra gli uomini. Homo sum, umani nihil a me alienum puto, diceva Terenzio. Sono un uomo, e niente di ciò che riguarda gli uomini reputo estraneo o diverso da me. Forse è questo il punto. Ricordarsi di essere uomini e non macchine programmate per fare carriera a qualsiasi costo. Ricordarsi di essere uomini e non esseri superiori. E’ dunque insieme agli altri uomini, anche quelli che non si definiscono cristiani, che dobbiamo cercare ciò che veramente è umano, confrontandoci in democrazia su un piano antropologico e non soltanto dogmatico. E’ certo più difficile, ma è ciò che i nostri tempi richiedono. Parlare a tu per tu. In questo modo saremo molto probabilmente contaminati da qualche schizzo di fango e forse ci sentiremo affondare, ma il Gesù del Vangelo, e non il Messia trionfatore sui Romani che i suoi contemporanei attendevano, sarà sicuramente lì a tenderci una mano. “In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova un albero di vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.” “Non vi sarà più notte e non avranno più bisogno di luce di lampada, né di luce di sole, perché il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli.” Ap, 22, 2-5 edili o di lavorazioni pericolose all’interno di capannoni industriali, gli accordi sottobanco per salvaguardare privilegi di altre caste, sottocaste, castine, e giù di lì che comunque restano intoccabili. - Ma oggi sei proprio risoluto, un po’ troppo severo e intransigente. E che sarà poi questa tanto deprecata arte del far compromessi! - Beh, noi siamo asinelli, notoriamente ignoranti. Ma l’altro giorno, durante una pausa in un vicoletto, sentivo un paesano di passaggio che, leggendo il libro Sui compromessi di un certo Nikolaj Lenin, declamava così: “Il compito di un partito veramente rivoluzionario non consiste nel proclamare un’impossibile rinuncia a qualsiasi compromesso, ma nel saper conservare attraverso tutti i compromessi inevitabili, la fedeltà ai principi, alla propria classe, al proprio compito rivoluzionario, alla preparazione della rivoluzione e all’educazione delle masse popolari per la vittoria della rivoluzione”. - Anch’io posso farti una citazione di un uomo illustre di cui non ricordo il nome, che recita così: “Un compromesso politico è un accomodamento…col quale facilmente ci si compromette”. - Mica male. Intanto però continuiamo a confondere il politico onesto (ce ne sarà uno, almeno, forse!) con la massa dei politicanti più o meno implicati, che vanno tutti i giorni sulle prime pagine. - E perché ci vanno, secondo te? - Beh, forse perché una certa intesa collusiva potrebbe essere stata allacciata proprio tra mass media e politica. Pensa a quella bolla mediatica di qualche tempo fa in cui si cercava come far ripulire le mani ma non si trovava il detersivo giusto per sbiancare le loro coscienze. - Ma allora la bella definizione di politica come “servizio” o “missione presso l’uomo” dove potremmo mai riscontrarla? Questi poveri cri-7- sti di paesani, che incontriamo giorno dopo giorno sempre più preoccupati, avranno mai avuto una guida, un riferimento? - Non sono ferrato in materia. Ho solo sentito parlare, non come poveri cristi ma come convinti cristiani, che una certa istituzione chiamata Chiesa cattolica ha avviato da tempo (sembra più di un secolo fa) un percorso nell’insegnamento sociale alla luce dei valori cristiani, attraverso l’emanazione di documenti nominati “encicliche” o “lettere apostoliche”. Pensa, quasi 39 anni fa la lettera di Papa Paolo VI, la “Octogesima Adveniens”, indicava tre momenti d’azione, di cui i primi due di analisi ed interpretazione delle situazioni socio-politiche di un Paese ed il terzo, più concreto e proattivo, orientato ad “individuare le scelte e gli impegni che conviene prendere per operare le trasformazioni sociali, politiche ed economiche”. Il documento promuove tra l’altro la necessità di un attento discernimento da parte del cristiano per uscire dal “velo dell’indifferenza”, affinché siano assicurati concretamente valori fondamentali della società politica, soprattutto di libertà e di giustizia, di realizzazione del bene comune, di responsabilità e di apertura spirituale “che garantiscono lo sviluppo integrale dell’uomo”. Tutte queste esortazioni assieme al monito di andare oltre le ideologie (socialismo democratico, capitalismo tecnocratico, democrazia autoritaria) sono di un’attualità illuminante. Certo, se anche noi asinelli potessimo leggere, meditare, passare “all’azione” secondo uno spirito evangelico… - Mio caro Ale, fermiamoci qui. Lasciamo che altri possano riflettere con la dovuta attenzione. Ormai è notte avanzata e domani ci aspetta un nuovo giorno di fatiche. Prima di addormentarci, però, una promessa puoi farmela: resta sempre un asino che si interessa alla politica ma…non diventare mai un politico asino ! GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 8 IL D I AR IO D I GIORGIA G i o r g i a Pe r go l i n i Caro diario, nel corso della sua vita l’uomo ha bisogno di porsi degli obiettivi da raggiungere. Senza questi la sua esistenza risulterebbe pressochè nulla. L’uomo è preda di una continua insoddisfazione, indi per cui urge necessariamente di questi obiettivi. Ad esempio l’obiettivo di riuscire nel lavoro, di mettere su famiglia, di trovarsi degli amici o semplicemente di innamorarsi. L’amore e l’innamoramento sono al giorno d’oggi sulla bocca di tutti; bambini, adolescenti, adulti tutti almeno ogni giorno pensano all’amore. La vita dell’essere umano sarebbe incompleta senza una persona da amare. L’amore è una sfida, è un gioco nel quale tutti sono ben accetti e tutti vogliono partecipare. Come ogni gioco ha delle regole, regole non scritte ma dettate dal tempo e dall’esperienza che ognuno di noi vive; non mostrarsi troppo possessivi, non chiamare subito dopo aver ricevuto il numero dell’ “avversario del gioco” e non mostrarsi troppo accondiscendenti. In questo gioco particolare l’amata metà è anche l’avversaria, come in una battaglia bisogna calcolare le mosse che questa farà e soprattutto bisogna saper stupire. Quest’emozionante sfida incorniciata dall’eros, dalla passione e dalla complicità è la caratteristica principale della vita dell’uomo. Nessun essere umano saprebbe capace di vivere senza amarne un altro. Bisogna comunque, caro diario, mettere in chiaro un avvertimento a tutti i partecipanti; tra l’amore e l’odio vi è una linea sottile e superabile con estrema facilità. Un cuore spezzato, un amore finito, la fiducia tradita, tutti elementi che portano la mente innamorata e irrazionale dell’uomo a quell’amaro sentimento. Odiare chi fino a poco fa si amava non è raro da vedere. L’odio non è altro che il rifugio di un orgoglio ferito, il riparo per l’eccessivo senso dell’Io che ci caratterizza. L’uomo spesso odia il continuare ad amare chi non ricambia, come succede alla maggior parte dei poeti della letteratura ita- I “MIEI” GIOVANI Elena Scurpa Sono un’insegnante di scuola media in pensione per cui, avendo trascorso buona parte della vita tra i banchi della scuola, seguo con interesse le vicende del mondo giovanile. Non posso fare a meno, perciò, in questo tempo in cui si parla tanto di degrado della scuola sia dal punto di vista culturale sia da quello organizzativo, di esprimere una mia opinione conseguente alla mia lunga esperienza di lavoro in questo campo. Premetto che sono sempre stata ottimista ( tanto da essere tacciata di eccessivo mammismo) circa le risorse dei giovani e la possibilità di riscattarli a volte dal loro totale disinteresse allo studio e ottenere un comportamento civile, accettabile ed un rendimento in stretto rapporto alle capacità anche di quelli con- liana; il povero Leopardi catturato dalla bellezza di Silvia, Dante incantato dalla purezza di Beatrice e Catullo condannato ad amare e ad odiare la sua Lesbia senza sapere come ciò sia possibile. Il corteggiamento è un’ altra caratteristica principale di quest’avventura. Il corteggiamento è un arte, è una competizione, è un misto di complicità e seduzione dove il vincitore sarà colui che si vanterà di aver catturato la sua preda. Come funziona la seduzione? Come per tutte le cose umane la conoscenza della cosa nostra ci può indicare solo come, quando e dove sia più probabile che succeda quello che desideriamo. La natura umana però si mostra spesso variabile ed imprevedibile, nel bene e nel male. Ma è proprio questa variabilità ed imprevedibilità che fa magica ed attraente la seduzione. Con la certezza matematica che qualcosa succeda nulla è più interessante, nulla di scontato può mai interessarci. Non si possono impartire regole rigide da seguire, al massimo bisogna cercare di acquistare la più fina percettività emotiva possibile. Se la seduzione si potesse risolvere in una semplice tabellina pitagorica oppure in complicatissime, lunghe e laboriose formule matematiche, in quello stesso istante la seduzione non esisterebbe più. Come ogni impegno anche questo comporta dei sacrifici, ma il punto è quanto siamo disposti a sacrificare per amore pur sapendo quanto sia alto il rischio di una separazione? È questo che delimita la razionalità dell’uomo, perchè questo dovrebbe sacrificarsi e dedicarsi ad un’altra persona senza la completa certezza dell’impossibilità dell’abbandono? Ovviamente noi preferiamo vivere il momento senza pensare all’estreme conseguenze, è come gustare il nostro piatto preferito mangiandolo avidamente senza pensare a cosa succederà quando sarà finito. La separazione è un rischio da correre se si vuole giocare. La parte più soddisfacente di questo gioco è la complicità. Spesso due amanti non sono solo complici del loro amore e della loro felicità ma anche delle loro bugie e dei loro tradimenti. In ogni sfida sono presenti gli strappi alle regole. L’emozione del segreto e il gusto del proibito sono tutti ingredienti che danno un tocco più saporito al nostro piatto. Nel dipinto “Gli amanti” di R.Magritte (1928) traspaiono tutti questi piccanti elementi, i due innamorati isolati in una stanza dallo scuro sfondo che si accingono in un appassionante bacio anche se separati da due veli. Disponibilità, sincerità, ardore, sensualità ma anche bugie, tradimenti, compromessi e sacrifici formano questa strana contraddizione che è l’innamoramento, la sfida ufficiale contro noi stessi, contro la nostra razionalità, sfida che tutti noi accettiamo. dizionati dall’ambiente socio-culturale di provenienza molto problematica. I giovani hanno bisogno di modelli di vita a cui ispirarsi. Anche quelli che sembrano restii a qualunque forma di recupero, sono trascinati dall’esempio di chi riesce a carpirne fiducia, dimostrando loro disponibilità e amicizia, per cui senza rigide imposizioni si ottengono sorprendenti cambiamenti nel loro modo di agire. Penso che la chiave del successo riscosso tra loro sia stato proprio il colloquio amichevole, poco cattedratico (senza prenderli mai di punta come suol dirsi), senza irrigidirmi in severi discorsi da moralista, anzi facendo a volte qualche concessione alla loro mentalità molto discordante dalla mia. Questa era la leva per stabilire un rapporto valido e produttivo con loro e recuperarli, là dove era necessario. Devo ammettere però che i tempi sono molto cambiati, mentre la mia esperienza risale ad anni lontani quando ancora i giovani non erano vittime di troppi stimoli esterni e travolti dall’attuale vita frenetica che ha generato un sostanziale deterioramento della vita affettiva: distruzione della famiglia, convivenze controverse, problemi vari. La vera colpa perciò dello sbandamento dei giovani attuali va ricercata nell’ambito della famiglia e della società. Ed è proprio perché i genitori si sentono responsabili non collaborano con gli insegnanti, anzi li colpevolizzano schierandosi a difesa dei propri figli per non ammettere le gravi carenze di cui essi sono vittime nell’ambito della famiglia. Poiché sono una convinta cattolica osservante, mi auguro che si realizzi un risanamento generale delle istituzioni rendendole più rispettose dei valori cristiani in modo che i ragazzi possano respirare un’aria di affettuosa comprensione e godere i vantaggi alimentati dalla serenità nell’ambito familiare. -8- GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 9 IL TEMPO DELLA TERZA REPUBBLICA Marco Di Tillo Renato era nato in una famiglia molto povera. Insieme ai suoi genitori aveva vissuto per vent’ anni nella camera in affitto in casa del carbonaio del quartiere: lettino ai piedi di quello dei suoi genitori, gabinetto sul terrazzino, abluzioni nel lavello di pietra della cucina. Suo padre Salvatore faceva l’artigiano in una bottega di finimenti per selle da cavallo e morì presto, dopo lunghi mesi di malattia. Sua madre, la sora Anna, energica donnona di origini trasteverine, per continuare a farlo studiare, era andata a pulire i corridoi dell’Università La Sapienza. Renato, dopo aver dapprima pensato di farsi prete ed aver trascorso un lungo periodo in Seminario, aveva scelto poi di laurearsi a pieni voti in ingegneria divenendo una specie d’eroe tra tutti i suoi parenti, la maggior parte dei quali vendeva fiori davanti al Cimitero del Verano. Per molto tempo aveva lavorato come ingegnere, costruendo strade, piazze e ospedali nell’Italietta degli anni cinquanta. Poi, ad un certo punto, aveva scoperto la politica e ci si era buttato dentro. Il partito di riferimento era naturalmente quello della Democrazia Cristiana e non sarebbe potuto essere altrimenti vista la storia della sua giovinezza trascorsa appunto nel seminario di Viterbo e poi nel quartiere di San Lorenzo dove frequentava l’oratorio ed i campi sportivi dell’Opera Pio X. In questo quartiere, durante i bombardamenti americani del 19 luglio ’43, insieme ad altri coraggiosi giovani, salvò dalle macerie decine e decine di persone trasportandoli con i carretti fino al vicino Ospedale Policlinico e sempre qui, insieme al burbero e fortissimo padre giuseppino Libero Raganella, suo grande amico di tutta la vita, organizzò rifugi clandestini per ebrei, soldati americani, disertori italiani, disertori tedeschi e sfollati di tutti i tipi. Aveva cominciato a frequentare i gruppi giovanili della Spes già dal dopoguerra. Negli anni seguenti il suo impegno nella realtà cittadina lo portò a ricoprire diverse cariche pubbliche. Consigliere comunale e regionale. Presidente della Regione Lazio, dell’Acea, della Libertas. Primo Consigliere del Sindaco. Il suo nome era sempre presente sui volantini e sui manifesti delle varie elezioni. Per il suo unico figlio, giovane ribelle di fine anni ’60, questo era motivo di grande imbarazzo. Spesso tornava a pranzo da scuola e si trovava a tavola gli alti esponenti della Democrazia Cristiana di quel periodo. In genere il ragazzo non mangiava. Si ritirava in camera sua e A.Vo. G. chiudeva a chiave la porta, rimuginando sul fatto che suo padre, religiosissimo frequentatore di future sante, piccoli fratelli, suore e celebri esorcisti, frequentasse pure quell’altro tipo di gente da lui così tanto disprezzata. “Che strano - pensava - l’altro ieri, allo stesso posto, erano sedute Madre Teresa di Calcutta e le sue dolci suorine ed oggi c’è invece l’infido personaggio, ex picchiatore di destra, soprannominato “lo squalo”, appena entrato nelle file DC “. Queste considerazioni lo rendevano ancora più rabbioso nei confronti di suo padre e di quelle sue scelte a dir poco contratanti. E quando chiedeva a sua madre: “Mamma, ma com’è possibile?” lei rispondeva più o meno così : “ Qualcuno buono di cuore ci vuole là in mezzo se no restano solo gli squali.” Non è che il ragazzo si convincesse più di tanto allora e poi a lui di mangiare insieme allo squalo non gli andava proprio. La pastasciutta avrebbe rischiato di andargli di traverso e magari la lingua pure gli andava di traverso e avrebbe finito per dire allo squalo tutto quello che pensava di lui e della sua condotta politica nonché umana. Così a quei pranzi evitava di esserci. Digiunava in camera sua, ascoltando la musica dei Beatles e leggendo “Sulla strada” di Kerouac oppure “Il giovane Holden” di Salinger. Passarono gli anni e finì la Prima Repubblica nel modo che tutti sappiamo. Il signor Renato, per raggiunti limiti d’età, smise di fare politica attiva. Nella Seconda Repubblica scesero in campo volti nuovi e anche volti vecchi, riciclatisi sotto diverse bandiere. E’ cambiato qualcosa oggi ? Forse si . Probabilmente no. Il problema rimane l’uomo e cioè il fatto che ci sono e ci saranno sempre delle brave persone che devono per forza di cose lavorare fianco a fianco con delle cattive persone, magari nello stesso partito politico. Il ragazzo, diventato ormai uomo,anzi, in realtà diventato l’autore di questo articolo, ripensa spesso alla risposta di sua madre: “Qualcuno buono di cuore ci vuole là in mezzo se no restano solo gli squali”. Probabilmente era una risposta giusta, ancora applicabile al sistema di massima. Anche se il problema sarebbe quello di riconoscerle davvero queste benedette persone giuste in mezzo, ad esempio, a quello scalcinato e disastroso gruppo di politici attuali che non solo non sono cristiani, nella maggioranza, ma neanche bravi esseri umani. La famiglia, ad esempio, baluardo dei cattolici da sempre, sembra essere diventato invece il feudo rispettatissimo della sinistra perchè i dirigenti nazionali (attenzione: non ho detto “regionali” dopo la botta del presidente della nostra regione appena arrivata) tipo Veltroni, D’Alema, Bertinotti, Franceschini, Bersani, Rutelli, Prodi, Fassino e lo stesso presidente Napolitano stanno insieme alle proprie mogli da una vita intera e al momento non si conoscono scandaletti negativi al riguardo. Tutti costoro sembrano, almeno esternamente, molto attenti alla crescita dei propri figli, qualcuno di loro ha adottato ragazzi da paesi del terzo mondo. Al contrario i politici di centro-destra che dovrebbero fare pappa e ciccia con gli insegnamenti della Chiesa hanno tutti divorziato più volte, seminato figli a destra e a manca e sulla maggior parte di loro non ci sono scandaletti ma scandaloni con la S grande come un grattacielo. E quindi ? Se l’esempio conta, e per me conta e deve contare moltissimo, stiamo proprio messi male. Occorrerebbe probabilmente una Terza Repubblica, fatta di nuovi politici anzi di nuovi cristiani che, come ordina perentoriamente il nostro Papa, facciano politica attiva e testimonino esempio del loro pensiero politico e cristiano nella loro vita di tutti i giorni, privata e pubblica. Associazione Volontari Policlinico Gemelli Sostegno alla persona ospedalizzata Policlinico Gemelli Ala L - piano 4° Orario Ufficio: dal Lunedì al Venerdì dalle ore 10.30 alle ore 13.00 “Il valore di un uomo risiede in quello che da’ e non in quello che è capace di ricevere”. A. Einstein Tel e fax 06 30154938 www.avog.altervista.org -9- GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 10 LA POLITICA CON LA P MAIUSCOLA : GIORGIO LA PIRA Celina e Giuseppe Zingale L’idea di ricordare la figura di Giorgio La Pira, per attenerci al tema generale proposto per questo numero, siciliano di nascita e toscano di adozione, nasce anche dal fatto che, avendo noi origini familiari siciliane e fiorentine, ci sentiamo particolarmente vicini a questa personalità davvero “singolare” che riteniamo possa rappresentare un modello di riferimento per il modo di concepire e “vivere “ la politica non solo per la coerenza e la tenacia con la quale ha testimoniato le proprie idee e convinzioni, ma anche per la capacità con cui è riuscito a coniugare gli ideali del cattolicesimo con il valore di realizzazioni tangibili. E’ qui possibile tratteggiare solo “alcuni flash” della intensissima vita cristianamente ispirata e delle moltissime attività che hanno impegnato La Pira; ci limiteremo pertanto a segnalarne qualcuna con la speranza che chi non ne ha mai sentito parlare, specialmente tra i più giovani (tenuto conto che sono passati più di trenta anni dalla sua morte) sia interessato ad approfondirne la conoscenza. Giorgio La Pira è nato a Pozzallo in provincia di Ragusa il 9 gennaio 1904 e si è spento a Firenze il 5 novembre 1977. Primogenito di un’umile famiglia siciliana, dopo essersi diplomato in ragioneria e maturità classica a Messina conseguì la laurea con lode in Giurisprudenza a Firenze, dove si era recato nel 1926 seguendo il professor Emilio Betti, relatore della sua tesi di Diritto Romano. Nel 1934 diventa professore ordinario di Diritto Romano all’Università di Firenze e, nel 1939, fonda la rivista “Principi” di ispirazione antifascista, che gli vale l’ostilità del regime fino al termine della seconda guerra mondiale . In una biografia si narra che La Pira quindicenne, rimasto fortemente colpito nell’’ascoltare un coro di suore, intuì una dimensione profonda dello spirito; nella Pasqua del 1924 quella intuizione giovanile diventa conversione e stile di vita come lui stesso confessa: “....è un’alba nuova della vita. lo non dimenticherò mai quella Pasqua 1924, in cui ricevetti Gesù Eucaristico: risentii nelle vene circolare un’ innocenza così piena, da non potere trattenere il canto e la felicità smisurata” (da una lettera a Salvatore Pugliatti). L’incontro eucaristico, si tramuta in bisogno di comunione, desiderio di consacrazione che sarà appagato divenendo terziario domenicano e successivamente, attraverso la fondazione dell’Istituto della Regalità voluto dal francescano Padre Agostino Gemelli. La Pira sceglie di essere “libero apostolo del Signore”, come lui stesso si definisce cercando la sua missione nella società. Eletto nel 1946 all’Assemblea Costituente, svolge un’opera apprezzata nell’ambito della “Commissione dei 75”, specialmente nella redazione dei Principi Fondamentali. L’attuale Art. 2 della Costituzione viene modellato attorno alla sua proposta iniziale. L’Articolo 2 della Costituzione Italiana, recita: La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Con le elezioni del 18 aprile 1948 viene eletto alla Camera dei Deputati e nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro e Previdenza sociale nel Governo De Gasperi . Ma è a Firenze, dove nel 1951 viene eletto sindaco, che La Pira mette in opera il suo personalissimo, innovativo programma politico. Si dedica senza pregiudizi alla sfera sociale cercando il dialogo con gli avversari politici e per questo spesso viene osteggiato e deriso come un “pesce rosso nell’acquasantiera”, ma la sua amministrazione illuminata ottiene importanti risultati. Ricordiamo questo suo accorato discorso in difesa del suo operato: «Ebbene, signori Consiglieri, io ve lo dichiaro con fermezza fraterna ma decisa: voi avete nei miei confronti un solo diritto: quello di negarmi la fiducia! Ma non avete il diritto di dirmi: signor Sindaco non si interessi delle creature senza lavoro (licenziati o disoccupati), senza casa (sfrattati), senza assistenza (vecchi, malati, bambini, ecc.). È il mio dovere fondamentale questo: dovere che non ammette discrimina- zioni e che mi deriva prima che dalla mia posizione di capo della città -e quindi capo dell’unica e solidale famiglia cittadina- dalla mia coscienza di cristiano: c’è qui in gioco la sostanza stessa della grazia e del Vangelo! Se c’è uno che soffre io ho un dovere preciso: intervenire in tutti i modi con tutti gli accorgimenti che l’amore suggerisce e che la legge fornisce, perché quella sofferenza sia o diminuita o lenita. Altra norma di condotta per un Sindaco in genere e per un Sindaco cristiano non c’è!». Nel 1952 organizza il Primo Convegno internazionale per la pace e la civiltà cristiana. Da esso ha inizio un’attività, unica in Occidente, tesa a promuovere contatti vivi, profondi, sistematici tra esponenti politici di tutti i Paesi. Tra l’altro, si reca a Mosca dove parla (con il benestare papale), al Soviet Supremo in difesa della distensione e del disarmo, intraprende negoziati per pacificare arabi e israeliani, per convincere gli Stati Uniti ed il Vietnam del Nord della necessità di un armistizio. Nel 1967 viene eletto presidente della Federazione Mondiale delle Città Unite. Il suo slogan è “Unire le città per unire le nazioni”. Continua ad adoperarsi attivando ad ogni livello le istituzioni di tutto il mondo (città, regioni, stati) tramite la Federazione perché si organizzino incontri al vertice in materia di disarmo, pace e sicurezza. Non a caso l’operare politico di La Pira è stato definito con l’espressione l’arte della pace. Fu fortemente orientato alla multilateralità, alla pariteticità e alla compresenza di più livelli di dialogo per rendere giustizia alla complessità dei conflitti. La sua azione pacificatrice era supportata dalla preghiera delle suore di clausura, che lui chiedeva come sicuro rimedio ed efficacia per la riuscita delle sue missioni, il cui programma comunicava costantemente alle suore, coinvolgendole. La Pira fu attento al progetto di Gesù Cristo re dell’Universo e re della Storia, che attira a sé e unisce l’unica famiglia umana. Scrisse numerose pubblicazioni, la cui bibliografia è curata dalla “Fondazione Giorgio La Pira” di Firenze; il suo motto “Spes contra spem” lo ricordava ogni qualvolta era impegnato in un faticoso lavoro politico quotidiano, in circostanze che qualche volta avrebbero fatto disperare chiunque. La Pira può essere annoverato senza dubbio tra gli uomini politici di quelli (purtroppo sempre più rari ai nostri giorni) che fanno capire quanto la politica possa essere strumento di bene per la collettività, se non viene finalizzata alla realizzazione di interessi che nulla hanno a spartire con tale bene. Ma lasciamo dire a La Pira in “La nostra vocazione sociale”, come intende lui la “politica” : «Non si dica quella solita frase poco seria: la politica è una cosa ‘brutta’! No: l’impegno politico - cioè l’impegno diretto alla costruzione cristianamente ispirata della società in tutti i suoi ordinamenti a cominciare dall’economico - è un impegno di umanità e di santità: è un impegno che deve potere convogliare verso di sé gli sforzi di una vita tutta tessuta di preghiera, di meditazione, di prudenza, di fortezza, di giustizia e di carità.» Il 9 gennaio 1986 l’arcivescovo di Firenze, Piovanelli ha avviato il processo per la beatificazione di questo grande laico cattolico “venditore di speranza” nella sua città, in Italia e nel mondo, sempre nell’ottica cristiana; nel 2005 si è conclusa la prima fase del processo di beatificazione di La Pira che dalla sua morte viene ricordato da moltissimi come il “sindaco santo” per la testimonianza di povertà, il suo distacco dal denaro, il suo passare per le strade di Firenze con la povertà di chi è davvero povero tra i poveri. Soffermarsi sulla figura così particolare di un uomo controcorrente, oltre ogni “corrente”, ci richiama alle molte sollecitazioni del Papa Benedetto XVI. Tra tutte scegliamo quell’invito forte e chiaro espresso in occasione della Sua visita al Santuario della Madonna di Bonaria di Cagliari. “In Italia serve una “nuova generazione” di politici cattolici, che abbiano “rigore morale” e “competenza”. il Papa ha esortato la Chiesa e i cattolici a tornare ad “essere capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia, della politica” che - ha sottolineato - “necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati, capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile”.“ Meglio che manchi il pane piuttosto che la giustizia”-ha spiegato il Papa“Un uomo può sopportare e superare i morsi della fame, ma non può vivere laddove giustizia e verità sono bandite. Il pane materiale non basta, non è sufficiente per vivere umanamente in modo pieno. Occorre un altro cibo del quale essere sempre affamati, del quale nutrirsi per la propria crescita personale e per quella della famiglia e della società”. Quella che deve essere chiamata in causa è sempre più la nostra coscienza di uomini liberi che incarnano nel quotidiano i valori evangelici che consentono di guardare a cieli nuovi su una terra nuova e costruire una politica degna della P maiuscola ! - 10 - GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 11 LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO ? Alfredo Palieri Libera chiesa in libero stato, sosteneva Cavour. Eppure le Encicliche dei Pontefici parlano chiaro e forniscono quelle direttive che ogni governo dovrebbe tener presenti. Non dimentichiamo peraltro che anche Alcide De Gasperi alle volte ebbe obiezioni a costo di essere giudicato “troppo laico”. Eppure lui, così come il suo collega Adenauer in Germania, aveva saputo guidare il suo paese distrutto dalla guerra, sforzandosi di risolvere le esigenze sociali, la sanità, l’istruzione, etc.., senza imporre gravosi oneri finanziari e allargando il programma del chiuso campanilismo verso un abbozzo, sia pur iniziale, di collaborazione europea. L’Italia, pur vinta, fu rispettata da tutto il mondo. Ricordiamo tutti la favorevole impressione che De Gasperi suscitò nella sua visita a Washington. Ma qui si affacciano altri problemi: soltanto religioni di stato? Oppure concordati altre con le altre religioni? Non dimentichiamo che anche non cattolici come Gandhi e Martin Luther King hanno dovuto soffrire per far valere i concetti basilari di giustizia e di pace. Ricordiamo che per i greci del V° sec. a.C. sperro era il filosofo che era chiamato a governare e diventava il politico perché provvedeva ad assicurare il bene della Polis- Città. Che possiamo dire noi uomini della strada? Buon lavoro, cari politici. SORRISI Gregorio Paparatti Un uomo legge il giornale e dice alla moglie: - “Sapevi che le donne utilizzano 30.000 parole al giorno e gli uomini solo 15.000”? La donna risponde: “E’ facile da spiegare, visto che bisogna sempre ripetere due volte la stessa cosa agli uomini.’ L’uomo distratto si gira verso di lei e dice: ‘Cosa dicevi?!’ * A seguito di una disputa, una coppia non si parla piu’. Nessuno vuole rompere il silenzio. Ad un tratto il marito si ricorda che deve alzarsi alle 5 di mattino per prendere l’aereo in vista di un appuntamento di lavoro molto importante. Prende un pezzo di carta e scrive: - “Svegliami alle 5, devo prendere l’aereo” e lo mette bene in vista. L’indomani mattina, si sveglia alle 9. Furibondo, si alza e vede un foglio sul comodino dove legge: “Sono le 5 alzati”. * Perche’ le donne scelgono sempre uomini disordinati, infedeli, insensibili, musoni, freddi e fanatici dello sport in TV? Scelgono?Perche’, ce ne sono degli altri? * E, come spesso si ripete nella Messa dopo il Credo, “che lo Spirito Santo vi illumini perché vi rivolgiate al bene di tutti !”. E noi, se troviamo qualcosa di sano, ben fatto, onesto, accogliamolo senza stare troppo a criticare se è un’iniziativa della destra o della sinistra ! C’era una piccola storiella, mi pare di S.Padre Pio. Notando troppi politici in Paradiso, Gesù chiede spiegazioni a S.Pietro, il quale confessa che, essendo vecchio, alla sera gli occhi non gli ci fanno più tanto. Così spesso consegna le chiavi del Paradiso alla Madonna la quale, nella sua infinita misericordia, si commuove dinanzi alle forbite argomentazioni dei politici e li lascia entrare. Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, dice il proverbio. Questo concetto è stato spesso alterato. Spesso Cesare veniva considerato Dio e si perseguitavano i Cristiani così come si trasformava Dio in quello che faceva comodo all’uomo e si perseguitava chi ragionava e si comportava secondo il vero concetto di Dio. Oppure quest’ultimo concetto veniva per così dire “ghettizzato”: il Dio è soltanto nostro e bisogna combattere chi la pensa diversamente. Costantino, con l’editto di Milano del 312, aveva stabilito che il Cristianesimo era tollerato. Ma Teodosio ne fece invece “religione di stato” e per rivalsa rispetto al passato si iniziò a perseguitare i pagani. In seguito la Storia ci mostra gli effetti devastanti delle guerre di religione, spesso perfino comici. Federico II° deve proteggere in Sicilia gli arabi tormentati dai cristiani. Poi ecco la strage degli Ugonotti costretti a fuggire dalla Francia a Ginevra e ancora Enrico IV che per le sue mire personali , non esitò a convertirsi al Cattolicesimo dal suo precedente Protestantesimo perché “Parigi val bene una messa !”. E poi il “ Cuius regio, illius religio!” di Lutero. Tutti adattamenti di Dio e della Religione alle nostre esigenze. Nel Medio Evo i guelfi sostennero il Papa ed i ghibellini invece l’imperatore. Chi invece, a mio avviso, interpretò bene il concetto del cos’è di Cesare e cosa di Dio sono stati due santi inglesi, entrambi di nome Tommaso. Il primo era Vescovo di Canterbury e grande amico e saggio consigliere del re, al quale ebbe anche il coraggio di opporsi a costo della vita per difendere i diritti esclusivamente del Tribunale Ecclesiastico nel giudicare i diritti di alcuni chierici. L’altro, Tommaso Moro, coltissimo, grande politico, amico di Enrico VIII°, al quale consigliò sagge ed oneste linee di politica. Eppure nel 1535 affrontò la decapitazione nella torre di Londra per aver difeso il pensiero della Chiesa contro le pretese del re di annullamento del proprio matrimonio. Insomma ce n’è per tutti i gusti. La Storia ci ha insegnato molto. Ma pochi sono quelli che hanno capito davvero. Un sant'uomo ebbe un giorno da conversare con Dio e gli chiese: "Signore, mi piacerebbe sapere come sono il Paradiso e l'Inferno."Dio condusse il sant'uomo verso due porte. Aprì una delle due e gli permise di guardare all'interno. Al centro della stanza, c'era una grandissima tavola rotonda. Al centro della tavola, si trovava un grandissimo recipiente contenente cibo dal profumo delizioso. Il sant'uomo sentì l'acquolina in bocca. Le persone sedute attorno al tavolo erano magre, dall'aspetto livido e malato. Avevano tutti l'aria affamata. Avevano dei cucchiai dai manici lunghissimi, attaccati alle loro braccia. Tutti potevano raggiungere il piatto di cibo e raccoglierne un po', ma poiché il manico del cucchiaio era più lungo del loro braccio, non potevano accostare il cibo alla bocca. - 11 - Il sant'uomo tremò alla vista della loro miseria e delle loro sofferenze. Dio disse: "Hai appena visto l'Inferno." Dio e l'uomo si diressero verso la seconda porta. Dio l'aprì. La scena che l'uomo vide era identica alla precedente. C'era la grande tavola rotonda, il recipiente che gli fece venire l'acquolina. Le persone intorno alla tavola avevano anch'esse i cucchiai dai lunghi manici. Questa volta, però, le persone erano ben nutrite e felici e conversavano tra di loro sorridendo. Il sant'uomo disse a Dio: "Non capisco ". "E' semplice, rispose Dio, dipende solo da un'abilità. Hanno appreso a nutrirsi gli uni con gli altri mentre gli altri non pensano che a loro stessi." GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 SE I CATTOLICI SONO SOLO UN BACINO ELETTORALE Giampiero Guadagni Pagina 12 C’è una parola d’ordine, un riflesso condizionato, un tic nervoso della politica italiana. Che negli ultimi anni ha visto abbandonare il campo di battaglia e di confronto non solo dagli eserciti delle ideologie (fortunatamente) ma anche da quelli dalle idee e delle identità (purtroppo). E vive con un senso di frustrazione e sconfitta il fatto evidente che in quelle macerie ancora fumanti sia rimasto radicato un pensiero forte, che si sperava anch’esso in ritirata. Quel pensiero forte è l’insegnamento sociale della Chiesa. Quella parola d’ordine, quel riflesso condizionato, quel tic nervoso è “ingerenza”. Accusa con la quale si vorrebbe mettere il silenziatore all’unica arma disarmata in grado di mettere in discussione il bipolarismo, mediatico prima ancora che politico, dominante nella nostra società. Un’accusa che sfiora il ridicolo, dal momento che si trasforma, con la velocità del grande Arturo Brachetti, in apprezzamento, quando è in sintonia con il proprio tifo partitico. Ma la questione è seria: perché nasconde il fastidio e il timore per un ruolo pubblico della religione, che a volte è vera e propria ostilità verso il cristianesimo e i cristiani. La cui coscienza rischia a volte di finire fuori legge. Non è solo una provocazione, ma una prospettiva reale: il giorno in cui ad esempio passasse una legge come quella bocciata nei giorni scorsi, tra mille polemiche, riguardante l’omofobia. E’ sentire comune, dna per un cristiano, la condanna con il massimo disgusto morale e penale qualunque forma di violenza nei confronti di omosessuali. E difatti l’ordinamento italiano, e la magistratura di conseguenza, giudica abiette tali forme di violenza, riconoscendo le aggravanti del caso. Ma l’introduzione nel codice penale di un’aggravante specifica potrebbe avere, tra l’altro, l’effetto di considerare reato un’opinione: quella di chi sostenendo l’importanza del matrimonio tra uomo e donna discrimina di fatto gli omosessuali che a quel matrimonio non possono accedere. Chi in Parlamento, ed è un ampio e maggioritario fronte trasversale, ha giudicato incostituzionale quella proposta è finito nel calderone dei servi del Vaticano. Un marchio, questo, che somiglia ad una sentenza civile di condanna inappellabile. “METRO” San Tommaso Moro, patrono dei governanti e dei politici, affermava che l’uomo non si può separare da Dio, né la politica dalla morale. Tommaso Moro pagò con la vita la difesa inalienabile della coscienza cristiana. Ma una volta per tutte la politica dovrebbe prendere atto che per la Chiesa ci sono alcuni contenuti irrinunciabili, il magnete sul quale orientare la bussola nel momento in cui il cittadino è chiamato a fare scelte politiche ed elettorali ponderate e non emotive. E’ una sorta di decalogo che peraltro non appartiene alla interpretazione confessionale della Chiesa cattolica ma al patrimonio comune della civiltà umana. I cardini sono la difesa del diritto alla vita, dal concepimento alla morte naturale; la protezione della famiglia fondata sul matrimonio monogamico tra uomo e donna; il riconoscimento dei diritti del migrante (in quanto persona, e non, come sempre più spesso accade, in quanto risorsa economica o potenziale bacino elettorale). Al convegno ecclesiale di Palermo del 1995, in cui la Chiesa italiana prese atto della fine della Dc, Giovanni Paolo II disse che i cattolici devono evitare una facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano o non prestino sufficiente attenzione ai principi della dottrina sociale della Chiesa. Dovrebbe essere superfluo sottolinearlo: tutto questo vale non solo per l’orticello italiano. Pensiamo ad esempio ai rapporti, in molti momenti faticosissimi, tra Santa Sede e Stati Uniti su due questioni centrali: la pace e l’etica. Con il repubblicano Bush c’era sintonia su aborto e bioetica e netta divergenza sulla politica estera; con il democratico Obama la situazione si è sostanzialmente ribaltata. La Chiesa non può rinunciare a parlare senza rinunciare a compiere la sua missione. Così come non può smettere di chiedere a chi la politica la fa, soprattutto ai livelli più alti, stili di vita sobri e una testimonianza personale convincente. Anche su questo fronte, in Italia chi è stato chiamato in causa non ha saputo contrapporre altro che l’accusa di ingerenza. Il risultato è che l’elettorato cattolico sta attraversando una fase di smarrimento e disorientamento. Lo ha registrato di recente un autorevole istituto di sondaggi e flussi elettorali, che segnala il forte astensionismo dei cattolici alle ultime elezioni, le Europee di giugno, quando il 39% è rimasto a casa. Il dato mette in luce il disagio crescente rispetto all’attuale rappresentanza politica, ritenuta inadeguata. E attenta alle “istanze” dei cattolici solo al momento di chiederne il voto (oltretutto ad una lista predeterminata dai vertici di partito, essendo state abolite le preferenze). Ma gli osservatori più attenti sanno che i cattolici hanno la potenzialità per essere volano del cambiamento culturale verso il bene comune. Maclo & Cuttica - 12 - GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 13 LA MADONNINA CADUTA Cristian Molella DESTRA O SINISTRA? IN NOME DI GESU’ IO STO AL CENTRO : IL PERFETTO POLITICO CRISTIANO Giulia Bondolfi Un tempo era facile fare delle scelte di campo. C’erano la destra, la sinistra e il centro. Oggi è tutto un po’ annacquato e risulta meno facile fare delle scelte politiche da uomo di fede e perlopiù Cristiano. Tutto sembra così semplice seguendo il Vangelo e gli insegnamenti di Gesù Cristo. Nessun “conflitto d’interessi” tra fede e politica. Il Vangelo di Giovanni ci ricorda che “I Cristiani sono nel mondo ma non sono del mondo”. E’ per questo però che il Cristiano oggi come ieri, non può voltare le spalle alle problematiche del mondo ma le deve orientare , ispirare ma mai sostituire. E allora come dovrebbe essere “un perfetto politico Cristiano”? Credo che ci possa essere di grande aiuto l’ insegnamento del Concilio Vaticano Secondo che vedeva nella Chiesa e quindi anche nei suoi fedeli laici, la libertà di coscienza, la ricerca della verità, mettendosi sempre in dialogo con il proprio tempo e non perdendo mai di vista gli insegnamenti di Gesù Cristo. Nessun conflitto d’interessi quindi tra fede e politica perché l’uomo può realizzare il regno di Dio anche attraverso le cose del mondo. Per prima cosa io credo che un politico cristiano debba incontrare il mondo e mai mettersi in contrapposizione con esso, dovrebbe avere quella giusta autonomia dalla fede e distinguere bene l’impegno politico dall’impegno ecclesiale. Un esempio famoso e direi calzante è il netto rifiuto di Alcide De Gasperi in una campagna elettorale di piegarsi alle richieste della curia romana per un’alleanza politica con l’allora Movimento Sociale al fine di battere i comunisti. De Gasperi rivendicò la sua libertà politica, non fece alleanze che non condivideva e inaspettatamente vinse comunque le elezioni. Ben diverse sono le scelte di orientamento prettamente etico che pongono, ad un politico che si definisce Cristiano, molti dubbi ed interrogativi più alti e complessi. Mi riferisco alla difesa della vita, dal concepimento fino alla morte, al valore del sacramento del matrimonio, alla difesa dell’istituzione della famiglia formata da un uomo e una donna. Ma se è pur vero che la Chiesa deve, nell’assoluta libertà assolvere al suo obbligo morale di orientare il clero e tutti i fedeli, il compito del politico di orientamento cristiano a mio parere, non deve mai travalicare il bene comune di tutti i cittadini, i quali devono essere comunque rappresentati anche se non necessariamente ispirati dalla fede per le loro scelte di vita. Comprendo che è un’impresa ardua, quasi impossibile da attuare in questo mondo, ma nulla se ispirato da Dio si può definire impossibile! Parlo di incontro e non di scontro, di comprensione ma non di accettazione passiva per stili ed idee molto lontane da un concetto di vita cristiana. Mi riferisco ad uno stato democratico come il nostro che ha il dovere di rappresentare un po’ tutti i cittadini nel rispetto e nella libertà di idee diverse anche se non accettabili da un elettorato di ispirazione cristiana. E’ su questo punto che a mio parere si gioca la profonda ricchezza della tradizione cattolica che mai costringe ma ha sempre il dovere morale di convincere, come mi disse un giorno un sacerdote della nostra parrocchia. E quindi ben vengano le posizioni anche di ispirazione politica diversa tra l’elettorato cattolico. Basta che ogni schieramento, sia esso liberale o democratico, non dimentichi mai la lezione di vita del Vangelo cercando magari di metterla in pratica attraverso i suoi politici con un pizzico di coerenza in più da ambo le parti. Coerenza che negli ultimi anni mi sembra un po’ la grande assente della politica italiana, senza eccezioni purtroppo anche tra le file di molti politici che si definiscono cristiani. - 13 - “Nel Maggio di guerra 1944 mentre più gravi incombevano i pericoli di rappresaglie e distruzioni gli amici di Don Orione implorando l’aiuto di Maria Santissima con voto sottoscritto da oltre un milione di romani promisero per la salvezza dell’Urbe impegno di vita cristiana e un’opera di fraterna carità”. Così recita la dedica posta sotto la statua della Madonnina di Monte Mario. Per chi non conoscesse questo simbolo di Roma ripercorriamone brevemente la storia. Siamo appunto nel maggio del 1944 ed il rischio di bombardamenti su Roma è molto alto; per questo un gruppo di “amici di don Orione” decise di fare un voto a Maria affinché l’Urbe ne fosse preservata. La voce del voto si sparse ed oltre un milione di romani vi aderirono. Dopo la guerra gli orfani dell’istituto orionino andarono casa per casa chiedendo rottami di rame per la statua che il 14 aprile del 1953 vide la luce. Ad eseguirla è stato uno scultore ebreo, Arrigo Minerbi, che l’Opera don Orione ha salvato, insieme alla sua famiglia, dalle persecuzioni naziste. Egli stesso ricorda: “La mia ammirazione aumentava nel vedere i sacerdoti che non avevano riposo; nessuna comodità, né riposo di piume, di tutto si privavano senza rammarico, a un cenno del Superiore, nessun mestiere, nessuna mansione anche più vile, respingevano”. In ringraziamento di tutto ciò forgiò la famosa statua con il titolo di “Maria Salus Populi Romani” ispirandosi per il volto a quello della Sacra Sindone perché illuminato dall’idea che nel volto del Figlio si scorge sicuramente quello della Madre. Lo scorso 12 ottobre questa statua è crollata a causa di una tromba d’aria; grazie a Dio il Comune di Roma, l’Associazione Costruttori Edili di Roma ed il Ministero per i Beni Culturali si sono già attivati affinché l’amata effige possa presto tornare a benedire la città dall’alto del centro don Orione in cui era posta. Questo infausto evento può dare alcuni spunti di riflessione poiché è un po’ il simbolo della società moderna in cui sta crollando ogni moralità sotto i colpi del vento del modernismo che vuole sradicarla dalla solida base su cui è stata fondata, la roccia che è la Santa Chiesa, per trapiantarla sulla povera sabbia che è l’uomo. Questa visione antropocentrica è esaltata in nome di una falsa libertà che rende l’uomo schiavo dei suoi istinti e lo riduce dalla condizione di figlio a cui è stato eletto, alla condizione di schiavo del peccato. Riflettere sulla caduta della Madonnina in questi termini può essere una buona spinta per un esame di coscienza; una spinta a chiederci se, anche nei più piccoli aspetti della nostra vita quotidiana, manifestiamo la nostra Fede sorreggendo quella Madonnina o se la lasciamo cadere perché non riusciamo a trovare la forza di opporci a quel vento in quanto spesso vi ritroviamo persone a noi care che ancora non si sono lasciate liberare dalla Verità e, schiavi di loro stessi, non vedono in quell’effige la Madre che può condurli alla Salvezza. Poveri noi però se pensassimo di poter reggere quella statua con le nostre sole forze perché finiremmo spazzati via. Solo rimanendo fedeli a Dio si può avere da Lui la forza di opporsi alle intemperie delle persecuzioni che sono molto più pericolose quando sono intellettuali piuttosto che fisiche. Specchio della fedeltà a Dio è la fedeltà alla Sua Chiesa poiché “chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato” (Lc 10,16). Interroghiamoci allora su quanto siamo fedeli alla Chiesa ed al Santo Padre, o su quanto piuttosto Le siamo infedeli credendocene più saggi e non rispettandone la totalità degli insegnamenti ma prendendo solo ciò che ci fa comodo. Ricordando ora la povertà della natura umana quando si chiude all’azione salvifica del Signore non posso che concludere dicendo: Maria Salus Populi Romani, ora pro nobis. Chiunque volesse contribuire al restauro e al riposizionamento della statua, può utilizzare il seguente conto corrente Bancario intestato a: “Piccola Opera della Divina Provvidenza di Don Orione” IBAN IT22P0513203205853570114971 causale: “ Madonnina Monte Mario” GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 14 DATE A CESARE QUEL CHE E’ DI CESARE… Maria Rossi Ho saputo che queste parole di Gesù sono riprese nel titolo di un recente libro di Rosi Bindi e non voglio qui fare pubblicità al libro. Anche se, nel panorama delle nostre parlamentari, l’autrice è una di quelle che considero più intelligenti e preparate e il recente attacco del nostro premier al suo essere poco “femminile” (dove per femminile si deve leggere: disponibile, seducente, tacchi alti, vestiti stretti e forme prorompenti….) me l’ha resa anche più simpatica. Ma forse proprio la Bindi può servirmi ad entrare nel discorso. Lei che, come un’altra parlamentare- nonna, la Finocchiaro, fa dell’intelligenza una dote “alta” anche al femminile. Se poi si è anche gradevoli e piacevoli di aspetto, tanto meglio. E i più maturi tra noi ricorderanno anche l’Anselmi, donna impegnata e intelligente anche se non proprio affascinante. Nel panorama della politica italiana le donne sono poche, ma ce ne sono e, se ci sono e non sono belle, devono essere molto più brave dei loro colleghi per essere arrivate. Tornando alla Bindi, lei mi riporta alla mente il 12 febbraio 1980, la Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza e l’assassinio di Vittorio Bachelet di cui era assistente. “Zio” Vittorio: un’amicizia, non una vera parentela, quella nata tra le due famiglie, un’amicizia e un legame quello con i Bachelet forte e che dura ancora oggi, nato sui banchi del Mamiani e nella vivacità del quartiere Prati tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta. Anni forti, anni pieni di contrasti, di violenza e di santità, anni di scelte. Poi è venuto tanto “grigiume” anche nei palazzi della politica, molti politici (non tutti per fortuna!) sono diventati mezze figure, spesso neanche in grado di parlare un italiano corretto, figuriamoci se in grado di comportarsi in modo dignitoso! La preparazione politico-culturale degli italiani e dei loro rappresentanti è oggi lontana anni luce da quella degli italiani tra il Dopoguerra e gli anni Settanta. C’erano le scuole di partito, c’erano le sezioni, e c’erano gli universitari cattolici e l’Azione Cattolica; c’erano l’abitudine al dibattito, al confronto e anche allo scontro. C’era “cultura”: cattolica, socialista, marxista ma spesso “alta”. Oggi purtroppo ci sono moltissima rozzezza e ignoranza, ci sono comportamenti grossolani e da cabaret in Parlamento. E il grosso guaio è che questo provoca lo stacco sempre più forte tra le persone pensanti, colte, preparate e la politica. E’un grande male perché i giovani in gamba si sentono lontani da tutto questo mondo e spesso lo rifiutano in blocco, lo considerano qualcosa che non li riguarda. Come dar loro torto tante volte davanti a certi spettacoli? I ragazzi cercano coerenza, valori, sono severi ed essenziali e come possono “fidarsi”? Ma questa reazione pur così legittima lascia, poi, spazio proprio a chi questi valori non li ha, a chi vuole potere, soldi e controllo sugli altri. Certo, perché un altro grande concetto, che è sparito, è che la politica sia un “servizio” del cittadino ai suoi concittadini; uomini, gli optimi viri di Cicerone, che si pongono al servizio dello Stato, che poi sono le istituzioni e gli altri uomini. Sembra un concetto antiquato, ma è così che è nata la politica nella polis greca e poi nella realtà romana. Anche se, neanche allora, i politici erano tutti corretti e onesti… ma poche volte come oggi c’è stato un attacco così violento alla dignità delle persone. Da credente convinta oggi mi sento poco rappresentata dal mio Parlamento e, in particolare, non mi sento rappresentata dai tanti che, pur facendo sfoggio di appartenenza e di dichiarazioni di principio bellissime, hanno amanti ed escort, doppie e triple famiglie, fanno affari e appoggiano lobby, pensano ad arricchirsi….e basta così! E’ brutto che i giovani abbiano davanti questo esempio. Ed è grave. E’ brutto quando, nell’ultima classe di un Liceo, parlando con i ragazzi che andranno a votare per la prima volta, senti tanto qualunquismo o entusiasmo – come è stato sempre per le giovani generazioni nella storia – e appoggio ai gruppi estremi di protesta, nell’idea del tanto peggio tanto meglio. I ragazzi non sanno più confrontarsi sui grandi temi, basterebbe lo spettacolo desolante di tante assemblee d’Istituto che vanno avanti stancamente tra pochi idealisti che intervengono Nel Somnium Scipionis di Cicerone chi si impegna al servizio dello stato (Res publica) avrà l’eternità e una collocazione nella Via Lattea tra le anime dei grandi e dall’alto guarderà questa piccola terra, “l’aiuola che ci fa tanto feroci” come scriverà Dante, riprendendo il Somnium, nel canto 22° del Paradiso. Allora diamo a Dio quel che è di Dio, ma diamo anche a Cesare, cioè al mondo, la nostra intelligenza, la nostra collaborazione e il nostro impegno per migliorare la vita di tutti e del nostro Paese. Torniamo a quello spirito di “servizio” che era in De Gasperi, in Moro, in Bachelet, in altri meno famosi e in alcuni (almeno alcuni) dei nostri politici oggi. E non consideriamo il mondo della politica solo sporco e corrotto, anzi spingiamo un numero sempre maggiore di ragazze e di ragazzi a “partecipare”. Giorgio Gaber cantava a metà degli anni Settanta: “Libertà è partecipazione”. Se non partecipiamo e non ci impegniamo non ci dobbiamo neanche lamentare. Noi adulti possiamo cercare di fare quello che è possibile nel nostro ambiente di lavoro e: Forza, ragazzi! L’invito è rivolto a voi. E’ il vostro futuro! IL NUOVO SINODO PARROCCHIALE Nei giorni 23 - 24 e 25 ottobre si sono svolte le riunioni per l’elezione del secondo sinodo parrocchiale in sostituzione del precedente eletto nel 2005. Numerosi dei nostri amici parrocchiani hanno partecipato ai lavori che si sono svolti nella giusta atmosfera di collaborazione e serenità. Gli eletti potranno partecipare all’attività concreta ed organizzativa della parrocchia, collaborando insieme al parroco per la gestione della comunità. La redazione di “Arrivano i Nostri” è lieta di augurare buon lavoro alla nuova colomba bianca che sta spiccando il volo, nella speranza che grandi e positivi progetti possano svilupparsi e vedere la luce nei prossimi anni. - 14 - GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 15 POLITICO E C R IS T I AN O Giancarlo Bianconi «... è incontestabile tuttavia che l’attuale situazione sia veramente seria e che quindi noi tutti ci troviamo ad attraversare un momento molto difficile. Non sarò certamente io, pertanto, a disconoscere ciò che è sotto gli occhi di tutti. Ma io dico pure che non solo non bisogna cedere alla disperazione ma che è preciso dovere di tutti noi guardare al futuro da buoni cristiani: con fiducia cioè, ottimismo e .... perché no? con fede. Con fede nella Divina Provvidenza che ....». Onorevole, quelle che ho appena parzialmente riportato sono le parole testuali che hanno caratterizzato, tre giorni fa per la precisione, l’intervento conclusivo di un suo collega alla Camera e che Lei avrà certamente avuto modo di ascoltare. Posso domandarle se Lei è d’accordo con quanto sostenuto e propugnato dal suo collega? Intanto per la precisione e per onestà intellettuale debbo premettere di non aver avuto modo di ascoltare l’intervento del mio collega poiché proprio quel giorno non ero in aula in quanto trattenuto altrove da altri improrogabili impegni. Ho letto però proprio stamani il resoconto parlamentare dei vari discorsi, fra cui anche quello da lei appena citato. Detto ciò, mi sento di poter affermare con tutta sincerità di essere d’accordo in larga misura con le considerazioni del mio collega anche se debbo dire che non posso essere d’accordo su tutto. Posso domandarle allora cos’è che non condivide della dichiarazione? Beh, soprattutto l’impostazione di base, e cioè il fatto che lui dia per scontato, anzi che ponga come dato di fatto, la disperazione di cui attualmente tutti noi saremmo preda. Altrimenti non si comprenderebbe la sua esortazione a guardare il futuro in un certo modo. Lei cioè non ritiene conveniente guardare il futuro con occhi da cristiano? E quale dovrebbe essere allora il modo più appropriato? No, no. Non mi fraintenda, la prego. Io non ho detto che non si debba guardare il futuro con occhi da cristiano, ci mancherebbe! Io ho semplicemente inteso dire che sarebbe opportuno avere ben chiaro il significato con cui viene usato il termine “cristiano” prima di avventurarsi in giudizi che potrebbero poi risultare fallaci o, quanto meno, affrettati. Giustissimo! Allora, se permette, le pongono io una domanda: quali dovrebbero essere, secondo lei, i caratteri dell’uomo politico cristiano che, costantemente sotto gli occhi di tutti, dovrebbe costituire un esempio per la condotta civile di ciascun individuo? Eh, bella domanda, questa, non c’è che dire! Comunque: innanzi tutto la carità, secondo me. La carità come assoluto rispetto del prossimo e, quindi, mancanza dell’impulso spasmodico al raggiungimento di fini grettamente egoistici. Carattere, questo, che implica necessariamente quello della temperanza, intesa come disinteresse nei confronti dei piaceri illeciti e come attitudine al saggio uso dei beni materiali in vista del conseguimento del bene comune. E sempre in vista del bene comune, altro carattere fondamentale è quello della giustizia: la predisposizione cioè a rispettare costantemente i diritti di ciascuno e a promuovere le condizioni indispensabili per l’affermazione dell’equità nei confronti del prossimo. E poi la prudenza, vale a dire la capacità di discernere in ogni circostanza il vero bene comune e di scegliere, quindi, i mezzi adeguati per ottenerlo. Il tutto non disgiunto, ovviamente, dall’amore per la verità, sempre e comunque, nonché dalla “pulizia” delle proprie mani in ogni circostanza, dalla serietà personale e professionale .... Ma questa, Onorevole, è la figura ideale di uomo politico che tutti, me compreso debbo confessarle con tutta sincerità, desidererebbero veder sedere in Parlamento. Ne sono convinto! Anche perché alla fin fine, a pensarci bene, il politico cristiano non dovrebbe essere niente altro che un buon “cristia- no” sic et simpliciter, con tutte le potenzialità e capacità ma anche le imperfezioni, quindi, e debolezze dell’essere umano. “Con tutte le imperfezioni e debolezze dell’essere umano”.... Giusto! .... Allora, se ho ben capito Onorevole per questa ragione lei potrebbe essere tentato di assolvere quel deputato che giusto tre giorni fa proprio come lei, invece di trovarsi in aula stava beatamente al mare in compagnia di (leggi: avvinghiato a) una più che avvenente rappresentante del gentil sesso nonostante avesse - correttamente, è da dire - preavvertito circa l’esistenza di improrogabili incombenze che lo avrebbero trattenuto altrove. Sfortunatamente per lui, però, le foto di queste .... improrogabili incombenze sono finite - a sua completa insaputa (e di sua moglie) suppongo - su di un rotocalco che giusto ieri mi è caduto sotto gli occhi mentre ero dal barbiere. In ogni caso .... M-mia mo-moglie? Ma c-cosa c’entra lei? E do-dove ha visto queste f-foto? S-su quale .... Sua moglie? Io non ho parlato di sua moglie. Io intendevo la moglie dell’altro deputato. Ma che niente niente era Lei ripreso in quella foto? .... Quanto al rotocalco, no mi dispiace, Onorevole, ma non mi ricordo quale fosse. Perché, vede, abitualmente io non indulgo a questo genere di letture che, viceversa, mi servono solo per trascorrere il tempo di attesa dal barbiere, per cui non vi presto molta attenzione, come del resto accaduto anche questa volta. Ma come mai, se posso essere indiscreto, le interessa tanto sapere quale fosse il rotocalco in questione? N-no, no! Co-così! Do-domandavo così s-solo per ... per cu-curiosità e basta. Ah! Ma torniamo a noi Onorevole, quale sarebbe il suo orientamento nei confronti di questo deputato che, oltre tutto, come informava doviziosamente la didascalia, quanto a carità, temperanza, giustizia, etc. etc. ... vanta un ben poco invidiabile curriculum: 55% circa di assenze in Parlamento con una presenza media sugli scranni di 13 ore alla settimana (stipendio e vantaggi vari, però, percepiti al 100%); stipendio da fame - e in nero - corrisposto al proprio collaboratore nonostante le somme che riceve allo scopo, oltre la propria indennità con annessi e connessi; qualche noia con la Giustizia .... Ora basta! N-non ho alcuna i-intenzione di a-ascoltare oltre le s-sue insolenti insinuazioni, c-capito? E ppperciò La s-saluto. Onorevole .... Onorevole .... ma quali insinuazioni .... sono pura verità .... ma che fa? .... Scappa? .... Onorevole .... È fuggito .... Ma che abbia capito che quel deputato era proprio lui?... Mah! SABATO 14 NOVEMBRE CENTRO CARABINIERI TEVERE VIA DEI CAMPI SPORTIVI 15 dalle ore 17 L’Associazione per i bambini del Mozambico ha organizzato una festa per festeggiare il suo 10° anniversario. Programma: proiezione DVD con la storia di ASEM, lettura poesie di Barbara Hofmann e dei ragazzi di Beira da parte dell’attrice Daniela Poggi, musica varia, buffet italo-mozambicano, stand con oggetti africani, libri e CD di ASEM Interverranno Barbara Hofmann e l’ambasciatore del Mozambico in Italia. Il contributo per il buffet di ¤15,00 dovrà essere consegnare direttamente nelle mani della Sig.ra Maria Pia Cavazzi purché sia stata confermata la propria presenza entro e non oltre l’8 novembre. DOMENICA 15 NOVEMBRE Passeggiata nelle più belle piazze di Roma: piazza Colonna, piazza del Pantheon e piazza Navona. Si avrà così la possibilità di ammirare, fra i vari altri splendidi monumenti, Palazzo Chigi (sede del governo nazionale), Palazzo Montecitorio (sede della Camera dei deputati), la fontana rinascimentale e la colonna che dà il nome alla piazza (Colonna); una fontana tardo rinascimentale e il tempio del Pantheon. La passeggiata, nell’ambito del programma di visite guidate ai luoghi più suggestivi di Roma da tempo lanciato dall’ASEM,sarà curata, come di consueto, dal dottor Giancarlo Bianconi che anche per questa occasione presta la propria assistenza a titolo totalmente gratuito. Quota di partecipazione: ¤ 5,00 totalmente devoluti all’ASEM. - 15 - Possibilità di affittare gli auricolari (Euro 1,50) GIORNALE NOVEMBRE-.qxp 28-10-2009 15:37 Pagina 16 ITALIANI: POPOLO DI SANTI, POETI E NAVIGATORI. Alessandra Angeli Sarà ancora vero questo detto? Forse di navigatori ce ne sono più di un tempo, perché non è solo il mare ad essere attraversato, ma con Internet si naviga un po’ tutti. Di poesia non mi intendo granché e di santi mi sono scoperta una grande ignorante. Tolti alcuni più noti, la cui vita per sommi capi un po’ la conoscevo, avevo proprio una vasta lacuna. Non mi era mai interessato l’argomento e nemmeno ne avevo una ben chiara idea in mente. Non era molto positivo quello che mi era rimasto impresso delle tante opere artistiche che li raffiguravano: troppo spesso rappresentati con sguardi severi, facce grigie e sofferenti. Insomma, non è che ti viene proprio da pensare, “ma guarda questi come sono felici, vorrei essere come loro, chissà come hanno fatto….” Anzi, al contrario, ti dici…”no, non è per me, io voglio vivere sereno e non avere questo aspetto così patito”. Sicuramente un bel sorriso unito ad un colorito un po’ più vivo sarebbero più invitanti ma come al solito l’apparenza inganna. Fu grazie a mia suocera che presi confidenza con l’argomento: aveva insegnato dalle parti di Cascia e mi parlava spesso di Santa Rita. Visto che prima di diventarlo era stata un donna “normale”, con marito e figli, mi aveva incuriosito, perché i santi mi erano sempre sembrati una razza a parte, quasi non umani. Nella mia ignoranza abbinai la sua storia al nome di S. Caterina, tanto che un giorno andai a venerarla nella chiesa invece dedicata a quest’ultima, a Piazza della Minerva. E solo dopo aver cominciato a leggerne la vita, visto che invece di metter su famiglia entrava in convento, capii che erano due sante diverse. Che errore e che vergogna ! Il tema proposto per il numero di dicembre è “I LIBRI DELLA MIA VITA“ Ma la “Legenda Maior” su S. Caterina, che a quel punto continuai a leggere, fu illuminante. Mai avevo letto cose simili, mai la mia mente si era snebbiata e poi stimolata su argomenti fino ad allora piuttosto sconosciuti per me. Avevo trovato una guida. Con S. Rita potei riparare con un “provvidenziale” pellegrinaggio organizzato dalla parrocchia, che mi consentì di approfondirne la conoscenza; da allora porto sempre una copia della fede da lei usata, due mani che si stringono. E devo ancora finire di vedere un recente film su di lei, molto bello e coinvolgente. Ecco, queste sono state le donne, le sante che mi hanno introdotto alla verità sulla vita dei santi. Per me non sono più una specie di “extraterrestri” ma esseri umani che di fronte al mistero di questa vita hanno alzato gli occhi, ed il loro braccio teso verso l’alto ne ha trovato un altro dalla formidabile presa che non sono più riusciti a mollare. In ciò hanno riconosciuto le loro origini, il mondo perfetto da cui tutti proveniamo, in cui la nostra vera essenza, l’ anima, è stata concepita. Riaffiora allora l’eco del ricordo di Casa, la forte determinazione a farvi ritorno al più presto, la consapevolezza di dovervi ricondurre quanti più fratelli possibile; e poi la presa di coscienza di avere un avversario, il quale ostacolerà strenuamente tutto questo; lo stesso che con due caramelle, a suo tempo, ci attirò fuori da quella stessa Casa. Quanto c’ infervoriamo di fronte a film come “Braveheart” o il “Gladiatore”, dove l’eroe fa cose mirabolanti contro il cattivo di turno, finendo con l’immolarsi per una giusta causa. I Santi fanno altrettanto, solo su un piano diverso. Hanno capito che il nemico con cui battersi non è un singolo essere umano; combattono al di là del tempo e dello spazio, una lotta che è stata prima di altri uomini e che lo sarà di altri dopo di loro. Non sguainano gridando spade scintillanti, ma nel silenzio ed in umiltà di azione imbracciano le loro armi: il Rosario, la preghiera, il digiuno; riportano anche loro grandi vittorie, ma su spiriti maligni, alleggerendo così tanti esseri umani dai loro aggressori e riavvicinandoli al Padre. Ma chi glielo fa fare? Dove trovano la forza di tante fatiche e rinunce? Da quello che ottengono in cambio: un immenso appagamento interiore che niente di terreno ha mai saputo provocare. Nonostante tutto ciò, molte volte mi sono chiesta: ma quante persecuzioni, quanti sacrifici, ma il corpo e la mente umana non reggono, nessuno può essere tanto masochista. Anche una ferrea volontà dell’anima finisce con lo scontrarsi con la debolezza della materia. E come in un puzzle alla fine ho trovato il pezzo mancante: l’azione della grazia e dello Spirito Santo. Parole ARRIVANO I NOSTRI Autorizzazione del Tribunale n°89 del 6 marzo 2008 Direttore responsabile Giulia Bondolfi Terza pagina: don Paolo Tammi Direttore editoriale Marco Di Tillo Collaboratori: Lùcia Aiello, Bianca Maria Alfieri, Renato Ammannati, Alessandra e Marco Angeli, Giancarlo e Fabrizio Bianconi,Tommaso Carratelli, Cesare Catarinozzi, Laura e Giuseppe Del Coiro, Gabriella Ambrosio De Luca, Anna Garibaldi, Massimo Gatti, Pietro Gregori, Giampiero Guadagni, Lucio Laurita Longo, Giuliana Lilli, don Roberto Maccioni, Maria Pia Maglia, Celina Mastrandrea, Gloria Milana, Cristian Molella, Alfonso Molinaro, Sandro Morici, Alfredo Palieri, Gregorio Paparatti, Giorgia Pergolini, Maria Rossi, Eugenia Rugolo, Maria Lucia Saraceni, Elena Scurpa, Stefano Valariano, Gabriele, Roberto e Valerio Vecchione, Giuseppe Zingale. Stampato presso la Tipografia Medaglie d’Oro di via Appiano 36 I numeri arretrati li trovate online sul sito della parrocchia www.sanpiodecimo.it - 16 - udite mille volte ma mai capite fino in fondo; mi mancava la loro applicazione pratica ed ora l’avevo trovata: una sorta di “superpoteri” che scendono dall’alto come premio di tanti sforzi. Permettetemi questo parallelo dovuto ai cartoni animati che, avendo figli, ogni tanto mi sorbisco pure io e con il quale ho spiegato loro questi concetti. Capacità assolutamente estranee alla natura umana che spiegano come i santi ce l’abbiano fatta. Sono riuscita a dare maggior applicazione pratica anche al concetto di “intercessione”; ultimamente nella preghiera mi ero resa conto di chiedere un sacco di cose per una marea di destinatari, così ad un certo punto mi sono detta: ”…e quando “affitto” con quello che posso offrire in cambio!?” Poi mi è venuto il flash: “Mi faccio aiutare da quelli che ci sono già passati con successo! Abbinando i loro nomi ed il loro campo d’azione terreno alle mie intenzioni avrò sicuro sostegno: ormai stanno dall’altra parte, chissà che “superpoteri” avranno ora!” Ecco, un po’ come quando nel nostro mondo si fa una bella raccolta di firme. Rimanendo sempre in tema di esempi un tantino infantili, mi sembra di poter dire che la via verso la santità sia un po’ come la caccia al tesoro. Vai avanti a tentativi: trovi un indizio qua, uno di là, poi capisci male un’ indicazione e finisci in un vicolo cieco, torni indietro ma imbrocchi la traversa sbagliata e via dicendo. Insomma si nasce uomini ma si può morire santi. E’ quello che sicuramente vorrebbe nostro Padre per ciascuno di noi. Forse basta non mollare. Quanti si lamentano chiedendosi: “ma dov’è Dio?” E lo si va a cercare nei posti più sbagliati. Proviamo allora ad entrare in una libreria religiosa per comprare, invece dell’ultimo best-seller che ha venduto milioni di copie in tutto il mondo, la vita di un santo che ha invece salvato milioni di anime in tutto il mondo. Leggi il primo e la tua vita sta al punto di prima; leggi il secondo e ti sollevi in volo. Io nel mio piccolo ho introdotto nelle preghiere con i figli una specie d’appello: ognuno chiama il santo di cui porta il nome, insieme a quelli che conosciamo di più. Qualche anno fa, durante il catechismo per la I° comunione, a mio figlio fu donato un foglio con la storia del “suo” Santo: forse è il caso di farglielo incorniciare ed appenderlo in camera sua. Per conto mio festeggio l’onomastico il 26 agosto ed ho la coscienza veramente sporca: dopo anni di auguri e regali, passati senza mostrare il benchè minimo interessamento per il mio santo, credo sia giunto il momento di fare “mea culpa”. Perciò vi saluto, spiego le vele e mi metto a navigare in Internet verso di lui. NUOVI COLLABORATORI Chi vuole inviare articoli,disegni, vignette oppure critiche, suggerimenti o solo offerte per sostenere la pubblicazione, può lasciare una busta nella nostra buca di posta presso la Segreteria Parrocchiale. Oppure inviate una mail a: arrivanoinostri @ fastwebnet.it ano i Arriv i ! Nostr