Composizione di Nino Greco

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Composizione di Nino Greco
V EDIZIONE PREMIO “THEMIS”
Un tuffo nel passato. Quando la mente dimentica, il cuore ricorda
La “manicula”
Paradiso, 2 novembre 2014
Caro Nino,
Come stai? Stai studiando? Da quassù mi sembra che vada tutto bene e me lo
auguro.
In questa lettera ti voglio raccontare la storia della nostra famiglia, fatta di duro
lavoro, fatica e forza di volontà. La nostra storia la puoi “vedere” andando nello
studio di papà. Accanto alle medaglie che ho meritato alla fine della seconda guerra
mondiale, c’è una cazzuola, da noi chiamata “manicula”. Questa cazzuola è stato lo
strumento di lavoro del mio papà, che si chiamava Nino come te…
Quando ero piccolo, vivevo in una famiglia povera e il mio papà, per mantenerci,
oltre a fare il muratore, si arrangiava in altri lavori, per mettere qualcosa in più sulla
nostra umile tavola.
Una domenica, quando avevo la tua età, mio padre mentre lavorava ebbe un tragico
incidente, in cui morì schiacciato dal materiale edile.
Io ero distrutto, ma facendomi forza fui costretto a impugnare la “manicula”, la
cazzuola di mio padre, e ad andare a lavorare, infatti non c’era nessun altro che
poteva mantenere la famiglia: avevo una sorella malata di poliomielite, e per
studiare dovetti andare alla scuola serale.
La mattina uscivo presto di casa e mi ingegnavo a fare tutti i lavori possibili.Feci il
marmista, il panettiere, l’aiuto barbiere, il muratore, ma non mi scoraggiavo,
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pensavo a tutti i sacrifici che aveva fatto mio padre, addirittura emigrando in
Argentina e facendo il panettiere nella grande guerra, alla fine della quale nacqui io.
Poila sera tornavo a casa, mangiavo la pasta fredda che mia madre e mia sorella
avevano consumato a pranzo, e uscivo subito per andare a scuola.
Devi sapere che botte… anche per una stupidaggine, come unpo’ d’inchiostro
versato sul quaderno, o perché sbagliavo a usare il pennino.
Appena conseguii il diploma professionale, mi arruolai in aereonautica come
marconista, per avere un lavoro stabile, e anche per non partecipare a quei raduni
assurdi dei giovani fascisti, a tutti i riti del fascismo in genere.
Poco dopo scoppiò la guerra e fui mandato prima nel Dodecaneso e dopo a Creta.
Era una cosa orribile, lo strazio, la distruzione, le bombe che cadevano, gli spari!
Per fortuna non uccisi nessuno, dato che ero addetto alla comunicazione con i
caccia.
A Creta mi capitò un fatto curioso. Avevo un barboncino bianco, adottato lì.
Un giorno dovetti andare al fronte e, nonostante lo avessi nascosto nel mio
giubbotto, fu scoperto e dovetti lasciarlo alla base, ma lui dopo tanto tempo riuscì a
ritrovarmi. Era magrissimo e tutto sporco, ma la nostra gioia di ritrovarci ancora
insieme fu immensa.
Venne l’8 settembre del ’43, i tedeschi ci circondarono e ci dissero di dividerci in due
gruppi, a destra sarebbero andati i soldati che volevano rimanere con i tedeschi,
mentre a sinistra quelli che erano contro il fascismo. Io non esitai e, pur sapendo che
sarei stato portato in un campo di prigionia o fucilato, mi schierai contro i tedeschi.
I nazisti ci disserodi disporci in fila, ma io e alcuni miei compagni riuscimmo a
scivolare via dal nostro gruppo: c’era intorno una gran confusione infatti molti
ancora non erano a conoscenza dell’armistizio e non capivano cosa stesse
succedendo. Anch’io,che mi trovavo in mezzo a queldisordineforsennato e avevo
paura di essere preso e fucilato, pensavo a me e alla mia famiglia e intanto
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scappavo, correvo a più non posso.Riuscii a fuggire evitando le SS che entravano e
uscivano dal campo, per portare via i prigionieri.
Una volta fuori dal campo, però, avevo un altro problema: dovevo attraversare la
terra di nessuno, per poi andare dagli inglesi.
Avevo molta paura, si udivano gli spari, i rumori atroci delle bombe che cadevano;
ma dopo un respiro profondo, mi misi a correre verso gli inglesi, col cuore in gola.
Finalmente, fui accolto amichevolmente degli inglesi, che qualche giorno dopo mi
imbarcarono su un convoglio di tre navi come cobelligerante diretto a Taranto,
ormai liberata.
Al largo di Creta, un rumore inquietante, un rombo di motori, e poco dopo…
Ecco gli aerosiluranti della Luftwaffe… poi un’esplosione, enorme, micidiale, colpì la
mia nave. Senza possibilità di scelta, mi buttai in mare e vi rimasi per molto tempo,
rischiando di affogare, dato che non sapevo nuotare, e dovetti rimanere immobile,
sostenuto da un salvagente a pancia in su.
Finalmente, all’orizzonte, una nave, e inglese. Fui salvato e finalmente arrivai a
destinazione, a Taranto.
Rimasi lì sino alla fine della guerra, nel ’45, quando Berlino cadde.
Per ritornare a casa dovetti affrontare un viaggio un po’ a piedi, un po’ con qualche
passaggio. Dovetti abituarmi alla fame, mangiando ortiche che bollivo per renderle
commestibili.Ormai m’ero abituato, le mangiavo anche nel Dodecaneso, in assenza
di cibo.
Arrivato a Reggio Calabria, dopo giorni di marcia e cavalcate su muli grazie a
passaggi datimi da contadini locali, avevo un grande problema… attraversare lo
Stretto.
Dopo molte peripezie, trovai dei pescatori, con una barchetta di legno a remi, che
molto gentilmente e con un po’ di pena nei miei confronti, mi fecero attraversare lo
Stretto, e mi lasciarono a Messina.
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Mi mancava l’ultimo tratto, ma qui avevo molte conoscenze che mi aiutarono ad
arrivare a Catania. Arrivato nella mia città, Lentini, mia madre già sapeva che stavo
arrivando! Infatti vicini e conoscenti che già mi avevano visto in fondo alla lunga
strada che mi riportava a casa erano corse ad avvisarla.La vidi venirmi incontro
correndo, con il suo fazzoletto nero in testa e ancora più dimagrita e invecchiata di
quando l’avevo lasciata. Che gioia!
In seguito conobbi tua nonna Graziella, e poco tempo dopo ci sposammo.
Nel ’46 venne il grande referendum per decidere tra re e repubblica. Io votai la
repubblica, perché tutti potessero scegliere i propri rappresentanti.
L’anno seguente è nato il tuo papà, e quattro anni dopo tuo zio.
Nel ’57 comprammo il frigorifero, la televisione e la FIAT 600.
La mia mamma, devi sapere, la prima volta che ha visto la televisione, si sistemò
come dovesse ricevere una persona di riguardo perché pensava che il giornalista la
potesse vedere!
Il resto, te lo può raccontare benissimo il tuo papà.
In conclusione, ti dico, non ti scoraggiare davanti alle difficoltà di oggi, e pensa a
quelle che ha dovuto affrontare la mia generazione, quindi studia, impegnati,
impara a fare sacrifici, che solo in questo modo potrai permetterti una vita serena,
felice e da persona perbene, e permettere ai tuoi figli una buona istruzione.
Quindi guarda la “manicula”, simbolo del sacrificio dei tuoi avi, e pensa a continuare
a sopportare le privazioni, che poi ti frutteranno.
Cari saluti da me e dalla nonna a te e i tuoi genitori, mio caro nipotino Nino, che ho
avuto la gioia di cullare e abbracciare quand’eri piccolino e che ora sono felice di
vedere crescere bene.
Tuo nonno Santino che ti vuole tanto bene
PS: Buona fortuna!
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