Programma elettorale - swas.polito.it

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Sergio Dequal
Programma elettorale
Cari Colleghi e Collaboratori,
sono certo che, nel ricevere questo ennesimo “documento”, molti di Voi avranno pensato: “lean out!”, che in
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inglese non significa nulla , ma in piemontese vuol dire “éccone lì un altro!”.
E’ proprio così: dopo un vago e confuso circolare di voci (riportate anche in articoli sulla Repubblica e sulla
Stampa) che ha sorpreso anche me, si è concretizzata recentemente la proposta di una mia candidatura
che, come prevede lo Statuto, è stata presentata formalmente con la firma di oltre 20 colleghi e amici (si fa
per dire!) e che ho accettato con convinzione.
Ho dichiarato pubblicamente e ribadisco che:
?? non ho sollecitato la mia candidatura ma, in generale, considero un dovere istituzionale offrire la disponibilità, da parte di chi ne ha titolo e qualche idea da proporre, ad assumere cariche impegnative, se invitato a farlo.
?? ho grande considerazione per i Colleghi che sono già stati candidati, o che hanno espresso disponibilità
ad esserlo. Questo mi rassicura sul fatto che il confronto sarà certamente sereno e positivo, a tutto vantaggio dell’Istituzione e degli elettori, messi in condizione di poter effettuare una scelta ampia e articolata, lontana dalla logica di imbarazzanti “liste bulgare” o di soluzioni preconfezionate. E’ una situazione
più stimolante e gratificante anche per il futuro eletto.
Il rispetto e la stima nei confronti della “concorrenza” non mi esimono dall’esprimere le inevitabili differenze di
opinione oltre, perché no, a sottolineare i punti di convergenza. Nella riunione del 8/5, cui partecipavo allora
in veste di futuro “elettore attivo”, ho detto che in ciascuno dei documenti programmatici presentati dai
Colleghi avevo trovato spunti che giudicavo assai positivi, e qualcosa da cui dissentivo.
Poiché arrivo buon ultimo, mi sembra inutile (e noioso) produrre un altro “saggio sulle caratteristiche del
Rettore ideale”. Invece, a vantaggio sia del lettore che dei miei “concorrenti”, intenderei utilizzare spesso riferimenti ai programmi da loro prodotti per indicare molto più brevemente, nel seguito, gli argomenti che condivido (con uno o più segni +) e altri da cui mi differenzio (e che giudico, quindi, di segno -). Confido che ne
esca un quadro inequivocabile, nel quale le mie posizioni (condivise o meno) risultino chiare ed esplicite.
1. C’È CHI “VOLA ALTO”
“Internazionalizzazione dell’Università (Del Tin), “Società, Stato, Università” (Perona), “Autonomia didattica”
(Ferraro; ho letto con attenzione le 8 pagine del suo programma, non ancora il rimando a “ulteriori riferimenti
estesi”!): si tratta di argomenti di carattere generale, di alto livello, citati più marginalmente, ma sempre con
grande competenza e impegno, anche da parte di altri Candidati, e sono condivisibili in pieno (+++). Francamente, mi sembra difficile che qualcuno possa dissentire. L’elettore tipo (ad es. un nostro Professore Associato che, dopo 10 anni di attesa e un concorso superato, aspira legittimamente a un avanzamento di carriera e gli manca una frazione di “punto organico”) sarà folgorato dal candidato Rettore che gli assicura di
mantenere il Politecnico in Europa e di non abbassare il livello della formazione? Ne dubito. Credo che sia
necessario scendere un po’ più nel concreto, discutendo dei problemi con cui ciascuno di noi si confronta
quotidianamente. Non ritengo utili trattazioni troppo generiche (- -).
2. FACOLTA’ E DIPARTIMENTI
E’ un argomento fondamentale nel definire l’organizzazione dell’Ateneo. Le Facoltà e i Dipartimenti sono le
strutture centrali di riferimento, nei confronti delle quali ciascuno di noi sente un profondo senso di appartenenza, in cui alcuni privilegiano l’aspetto “facoltà-centrico”, altri quello “dipartimento-centrico”. Checché se
ne dica (il mio attuale ruolo di presidente del Collegio dei Direttori di Dipartimento mi collocherebbe d’ufficio
nella seconda categoria), sono un convinto assertore della necessità di una precisa definizione dei ruoli di
ciascuna delle strutture suddette e di un equilibrata affezione e attenzione a entrambe. Non ha senso un
“tifo” contrapposto di tipo Juve – Toro. La legge (382/81 e successive modificazioni), lo Statuto e il Regolamento Generale del Politecnico definiscono chiaramente i ruoli di ciascuna delle strutture suddette. Il problema è che, in pratica, questi ruoli non sono rispettati e che esiste una confusione dannosa e un evidente
(dannoso anch’esso) squilibrio a favore delle strutture didattiche, che inducono effetti perversi. Basti per tutti
il fatto che il più autorevole organo di governo dell’Ateneo, il Senato Accademico, istruisce buona parte delle
sue decisioni utilizzando il suo “Consiglio di Presidenza” in cui sono presenti, a maggioranza precostituita, i 5
Presidi di Facoltà (su 9 componenti), che a breve diventeranno 6 (includendo, com’è giusto, il Prof. Rossetto,
quale preside della SPEO: fortuna che Rossetto è anche direttore di Dipartimento e, come tale (ne sono
certo), si farà portavoce anche di questi ultimi!). Come meravigliarsi, in questa situazione, che vengano
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A dire il vero, significa “spòrgiti!” o “espòniti!”. Coincidenza o segno del destino?
prese decisioni ai limiti del buon senso e del rispetto dei ruoli istituzionali, per cui gli assegni di ricerca vengono attribuiti alle Facoltà (strutture didattiche), invece che ai Dipartimenti (strutture di coordinamento della
ricerca)?!
Sulle evoluzioni future, il Candidato che più di tutti si pone come “continuatore” dell’attuale impostazione, il
collega Roscelli (su questo aspetto, mi perdoni, il mio giudizio è - - !), dice testualmente:
“Una riorganizzazione e un punto di equilibrio più avanzati tra le strutture (Facoltà e Dipartimenti) è ovviamente possibile rispetto a quanto a tutt'oggi prevede lo Statuto (…..), ma credo che per incidere in maniera
ancor più rilevante, sarebbe necessario affrontare il tema ambizioso, ma anche oggettivamente complesso
(sia per quanto riguarda i tempi, sia per quanto riguarda i modi) di una riorganizzazione dei dipartimenti in
modo da favorire un riaccorpamento tematico, riducendone il numero, - aumentandone contemporaneamente dimensione e rilievo - in termini tali da renderli sostanzialmente coincidenti con le strutture didattiche. Diventerebbe così del tutto priva di significato la competizione tra i due ambiti, per alcuni
versi non comprensibile rispetto alla concomitante appartenenza dei singoli ad entrambi le strutture (Dipartimenti e Facoltà). “
Francamente, mi sembra una visione da respingere in toto, perché è la premessa di una “balcanizzazione”
dell’Ateneo, con la creazione di steccati autarchici inaccettabili. Lo schema auspicabile, a mio avviso è in direzione opposta, nella quale coesistano in armonia le strutture didattiche e quelle dipartimentali in un rapporto “uno a molti”, in cui ogni Facoltà si rapporti a molti (al limite a tutti) i Dipartimenti e, simmetricamente,
ogni Dipartimento fornisca didattica a molte (auspicabilmente, al limite, a tutte) le Facoltà. Ciò comporterebbe arricchimento culturale e spunti di ricerca enormi, in linea con le tendenze presenti nelle università di
tutto il mondo.
3. LA DIDATTICA COMPLEMENTARE
E’ l’argomento di maggiore attualità in questo momento, in particolare nell’ambito della 1.a Facoltà di Ingegneria e nella 2.a Facoltà di Architettura. E’ oggettivamente vero che nel nostro Ateneo si svolge una quantità di didattica pro-capite (retribuita o no) anomala rispetto alle altre sedi universitarie consimili. Le motivazioni inerenti hanno radici profonde e relativamente lontane nel tempo. Un dato certo è che nell'Ateneo nell'ultimo decennio è stato trascurato l’obiettivo di quel giusto equilibrio tra attività didattiche e di ricerca, che
deve caratterizzare il docente universitario. Si è perseguita la nascita di iniziative didattiche a raffica, al fine
di attingere ai sostanziosi finanziamenti legati a iniziative quali i Diplomi Universitari, le Sedi decentrate e
quant'altro, spesso non accompagnate da un'adeguata indagine sull'effettiva possibilità di sopportare nel
tempo questi carichi aggiuntivi e garantire ragionevoli riconoscimenti al personale docente così pesantemente sollecitato. Ciò ha comportato la necessità, per molti, di trasformarsi in "professionisti della didattica
complementare", con l’assunzione di 3 o più corsi, oltre al carico istituzionale, tutti rigorosamente retribuiti.
Diretta, ovvia conseguenza dell'aumento progressivo del carico didattico è stata una progressiva riduzione
del tempo e delle risorse dedicati alla ricerca. Nell'ultimo biennio, per cause congiunturali (minori finanziamenti esterni per la didattica, necessità di trovare nuove fonti di finanziamento, etc.), politiche e quant'altro,
le priorità dell'Ateneo sono cambiate e il nuovo messaggio è diventato: "occorre privilegiare la ricerca di qualità (possibilmente retribuita!)". Tale cambiamento di rotta, però, si scontra con oggettive difficoltà, fra cui la
comprensibile inerzia di coloro che, dopo avere svolto quasi esclusivamente compiti didattici per 7-8 anni,
hanno difficoltà a riprendere lo svolgimento di un'attività di ricerca di qualità. Ciò spiega e giustifica, almeno
in parte, la notevole riduzione del budget di Ateneo attualmente messo a disposizione per la didattica complementare retribuita.
Senza affanno e improvvisazione (come invece mi sembra stia avvenendo), ma in tempi più graduali e ragionevoli, bisognerebbe rimeditare su questi punti e perseguire un'attenta politica di riequilibrio tra didattica e
ricerca di qualità, con la consapevolezza che sono entrambi fattori ugualmente essenziali per un corretto
sviluppo dell'Ateneo: non vi può essere una didattica di qualità senza una adeguata interfaccia con il mondo
della ricerca applicata e di base.
Occorre quindi porre un tetto massimo per ogni docente di ore di didattica frontale (retribuita o gratuita, è un
altro problema), e tali limiti devono essere uniformi per tutto l'Ateneo, a prescindere dalle diverse Facoltà. E'
importante attribuire una quota parte del budget inerente alla didattica complementare ad una didattica "interfacoltà" ai fini di evitare un progressivo isolamento delle diverse Facoltà che, per “risparmiare", o eliminano i corsi che sarebbero svolti da docenti appartenenti ad altre Facoltà dell’Ateneo, o ricorrono a risorse
interne con competenze meno specifiche.
Per il raggiungimento di un giusto equilibrio tra didattica e ricerca, infine, è fondamentale una equilibrata valutazione di entrambe per l'assegnazione di punti organico, ai fini dell’attribuzione di nuove posizioni e/o
avanzamenti di carriera (vedi punto seguente).
4. LA GESTIONE DELLE RISORSE DI DOCENZA (PO e FIP)
Molto sentito e strettamente connesso con il tema precedente, è quello delle risorse di docenza, che condiziona le legittime aspettative di avanzamenti di carriera da parte della quasi totalità del corpo docente (unici
esclusi, ovviamente, i professori ordinari). Alcuni (Roscelli -) sostengono l’opportunità di un deciso ridimen-
sionamento della consistenza numerica di settori poco trainanti a favore di quelli più attivi (il cosiddetto
“riequilibrio”), altri difendono lo status quo: la gran parte delle risorse che si rendono disponibili per effetto
del turn over siano automaticamente riassegnate ai settori di provenienza (Ferraro -). Ritengo che, come
spesso accade, la via intermedia sia la più saggia ed efficace. Un moderato riequilibrio è necessario e induce le strutture a competere con maggiore impegno. Attualmente la gestione delle risorse da parte della
Commissione Risorse di Ateneo (CRA) è su questa linea: dei punti organico di sua competenza, ben l’83%
ritorna ai Dipartimenti di competenza, e solo il 17% viene usato per il riequilibrio. Il vero problema, a mio avviso, è che la gestione delle risorse di docenza è affidata a più “tavoli” completamente scoordinati. Alla CRA
compete il 60% del totale, il 10% è assegnato alle Facoltà e ben il 30% è gestito dal Senato Accademico per
“operazioni mirate” che, di fatto, si sono finora ridotte a riattribuire quote consistenti di tali risorse alle stesse
Facoltà (a causa delle anomalie già evidenziate al punto 2). In assenza di regole certe, nei rapporti con il SA
e le Facoltà, prevale la tecnica della “questua”, avvilente e destinata a vanificare qualsiasi politica seria di
sviluppo e di programmazione. A mio avviso, l’intera partita dovrebbe essere gestita (come a suo tempo
aveva proposto il Collegio dei Direttori di Dipartimento) attorno ad un unico tavolo decisionale, la CRA, comprendente i Dipartimenti e le Facoltà. Il SA dovrebbe svolgere il ruolo “forte” di tipo politico, dando indicazioni
di indirizzo, affidandone l’attuazione alla stessa CRA e monitorando rigorosamente i risultati. Questo costituirebbe una benefica semplificazione, un contributo alla trasparenza e alla razionalizzazione, una drastica riduzione dei tempi attuativi. La gestione delle risorse in uno schema meno frazionato consentirebbe di affrontare più efficacemente anche il problema dei richiami degli idonei, destinando ad essi una congrua porzione delle risorse disponibili, compatibilmente con l’esigenza di salvaguardare anche le altrettanto legittime
aspirazioni in termini di nuovi concorsi banditi dal Politecnico.
5. IL PERSONALE AMMINISTRATIVO E TECNICO
E’ una componente essenziale per la vita dell’Ateneo, e pertanto è importante che ci si esprima in proposito
(pochi candidati lo hanno fatto finora -), anche se ad essi il meccanismo elettorale attribuisce un peso modesto. Bisogna distinguere, a mio avviso, tre tipologie di personale: gli amministrativi che operano presso
l’Amministrazione centrale, quelli incardinati dei Dipartimenti e i tecnici (anch’essi, per la massima parte,
operanti nei Dipartimenti). I problemi sono in parte diversi per queste tre categorie.
L’Amministrazione centrale, gestita da un “matriarcato di ferro”, è un esempio di efficienza e di professionalità, a conferma del mio convincimento che le donne sono molto migliori degli uomini (e infatti le preferisco!).
Alcuni settori sono oberati di lavoro e, pertanto, vivono in uno stato di stress permanente, ma ciononostante
ho sempre trovato negli uffici competenza e cortesia (che costa poco, ma vale molto!). La complessità crescente delle procedure burocratico/amministrative può essere modificata da noi in minima misura, attraverso
l’ottimizzazione e l’automazione di alcune procedure. Ma si ha un bel dire “sburocratizziamo!”: il quadro
generale è sconfortante e non dipende certo da noi. Solo per fare un esempio, chiunque abbia partecipato a
un progetto di ricerca europeo sa quale pesantissimo iter amministrativo/burocratico comporti ogni singola
fase, da quella progettuale iniziale alla rendicontazione finale. A mio avviso, l’Amministrazione centrale è
perfettamente idonea a svolgere i suoi compiti, e le operazioni di incentivazione e gratificazione già in atto
(cui si dovrà dare pratica attuazione nel prossimo futuro) garantiranno il mantenimento e il miglioramento dei
livelli di professionalità presenti.
Meno rosea è la situazione nei Dipartimenti, con le debite eccezioni. Il forte aumento delle competenze, cui
non ha corrisposto né un idoneo aumento numerico del personale, né adeguate incentivazioni o avanzamenti di carriera, ha creato una situazione di crisi, nonostante l’impegno quotidiano della maggior parte degli
operatori. Vi sono anche (rari) casi di scarso impegno, che costituiscono fonte di sperequazioni e malumori e
di fronte ai quali i modesti strumenti di riconoscimento e incentivazione possono incidere ben poco.
Un discorso a parte merita la componente del personale tecnico. Personalmente, anche per il settore di ricerca cui appartengo, ho sempre considerato i tecnici una componente irrinunciabile sia per le attività di ricerca che per l’ausilio alla didattica. Per il docente, il tecnico è un collaboratore prezioso e spesso un vero
amico, da coinvolgere a pieno titolo nella ricerca (pubblicazioni, partecipazione a congressi, ….) e nelle attività didattiche sperimentali (laboratorio, attività sul terreno, …). Purtroppo mi sembra di rilevare che, in generale, la situazione non è così idilliaca: vi è una disaffezione crescente, un malinteso e mal regolato “conflitto
di interessi” nella fase di distribuzione degli utili fra docenti e personale non docente, una difficoltà oggettiva
a mantenete nel tempo il livello elevato di professionalità che si richiede a un operatore del Politecnico (difficoltà, del resto, comune anche fra il personale docente). E’ necessario affrontare il problema al più presto,
cogliendo le opportunità offerte dal nuovo contratto, e coinvolgendo il personale nei progetti di sviluppo, di
ristrutturazione, di responsabilizzazione, a fronte di forme concrete di gratificazione (che non sono solo di
natura economica).
6. LA “FONDAZIONE” (PRUDENZA!)
Affidare l’amministrazione del bilancio e del patrimonio del Politecnico a una “fondazione”, com’è possibile ai
sensi dell’ultima legge finanziaria, è considerata un’opportunità da cogliere al più presto per uscire da una
situazione economica che qualcuno sostiene essere preoccupante (Perona +). Firrao (+) e lo stesso Perona
(++) affrontano il problema con serietà e competenza, descrivendone vantaggi e rischi.
Personalmente, avendo parlato con alcuni colleghi del Politecnico di Milano (che sembra avviato su quella
strada) sono dell’idea che questa opportunità vada verificata a fondo, ma con grande prudenza: il vero rischio è che il Politecnico e il suo Rettore vengano di fatto esautorati. Il potere decisionale potrebbe passare
al Presidente della Fondazione, espressione di potentati economici esterni all’Università (un vecchio proverbio dice: “articolo quinto: chi l’ha in mano ha vinto”, sottinteso: il denaro!). Questo altererebbe completamente i valori e i rapporti di lavoro all’interno dell’Ateneo. Se si deciderà di imboccare questa strada, è necessario cautelarsi con un regolamento ferreo, che stabilisca e garantisca inequivocabilmente la prevalenza
della componente accademica nei confronti della Fondazione.
7. DESTRA/SINISTRA - CONTINUITA’/CAMBIAMENTO
“Di destra” o “di sinistra” sono etichette che non vorrei venissero applicate al nostro futuro Rettore. L’essere il
rappresentante di tutti e avere contatti con il mondo esterno nei contesti più vari impone un atteggiamento
distaccato ed equidistante dalle parti politiche. E’ ovvio che ciascuno abbia le proprie idee e che si comporti
di conseguenza, ma ciò non significa che per un Rettore sia opportuno possedere tessere di partito o che
egli debba rispondere del proprio operato di fronte ad altri che non sia il proprio elettorato accademico.
Essere autonomi dev’essere una delle caratteristiche peculiari degli uomini di cultura e di chi li rappresenta.
Analoga riflessione va fatta sul termine, spesso citato nei programmi dei Candidati, di “cambiamento” in contrapposizione a “continuità”, con riferimento alla passata gestione. Se cambiamento significa innovazione
meno tumultuosa, qualche saggia pausa di riflessione, consolidamento delle posizioni individuate o
raggiunte, prudenza e realismo nell’intraprendere nuove iniziative, allora sono per il cambiamento.
Se invece significa rifiuto di ciò che di positivo è stato fatto in questi anni (ed è tanto!), difesa dei privilegi di
pochi a scapito delle componenti più deboli, restaurazione conservatrice e ritorno a un lontano passato improbabile e improponibile, allora sono per la continuità.
8. CHI SONO I CANDIDATI
Molti di noi vivono nel Politecnico da decenni, e pertanto ci conosciamo abbastanza bene. Ma abbiamo anche scoperto (ce l’ha detto il Decano) che siamo oltre 1800 votanti, e quindi è plausibile che per molti (soprattutto per i giovani, beati loro!) questa conoscenza sia superficiale o inesistente. Ho apprezzato molto
(++), nel documento di Donato Firrao, l’aggiunta in calce di “note biografiche”. Tutti i candidati a Rettore, chi
più chi meno, viaggiano intorno alla sessantina: è un’età in cui è naturale fare il consuntivo della propria vita
accademica (e non solo) e, nel momento in cui ci si candida a una carica così rappresentativa, è opportuno
renderlo pubblico. Pertanto allego un mio curriculum sintetico, e invito caldamente gli altri Candidati a fare
altrettanto (alleghino il loro, non il mio!).
9. BREVE CURRUCULUM
Sergio DEQUAL è nato a Trieste il 16.10.1940.
Laureato a pieni voti al Politecnico di Milano nel 1965, in Ingegneria Civile (Trasporti). Servizio militare: Ufficiale di Complemento nel Genio Alpini. Sposato felicemente da 33 anni, 2 figli.
Borsista del Ministero PI al Politecnico di Torino dal 1.1.1968. Professore Straordinario (peccato diventare,
poi, ordinari!) di Topografia e Fotogrammetria dal 1.11.1975.
Autore di oltre 100 pubblicazioni in ambito nazionale e internazionale.
Presidente della Commissione Europea “Large Scale Mapping” per 6 anni.
Rappresentante italiano nell’International Committee for Architectural Photogrammetry (CIPA) per 8 anni.
Rappresentante it. nell’International Society of Photogrammetry and Remote Sensing (ISPRS) per 8 anni.
Rappresentante it. nella III commissione della Fédération Internationale des Géometres (FIG) per 3 anni.
Presidente del CS delle Assoc.ni Scientifiche per le Informazioni Territoriali e Ambientali (ASITA) per 6 anni.
Presidente del CS della Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia (SIFET) per 6 anni.
Consulente di numerose Regioni, Provincie ed Enti Locali per progetti, realizzazioni e collaudi di cartografia
e Sistemi Informativi Territoriali.
Consulente del Catasto (Min. delle Finanze), della Galileo S.p.A., della NIKON S.p.A., per sviluppo di procedure e strumentazioni innovative.
Membro del Comitato Tecnico del Consigli dei Ministri (Intesa Stato/Regioni/Enti Locali) per la cartografia e i
Sistemi Informativi Territoriali.
Svolge attualmente, al Politecnico, i seguenti compiti organizzativi e gestionali:
Direttore del Dipartimento di Georisorse e Territorio
Presidente del Collegio dei Direttori di Dipartimento e Centri Autonomi
Coordinatore della Commissione Risorse di Ateneo (CRA)
Presidente del DU in Ingegneria delle Infrastrutture
Hobbies: vela latina, orologi solari (meridiane).
Sergio Dequal