Programma Elettorale del Prof. Riccardo ROSCELLI

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Programma Elettorale del Prof. Riccardo ROSCELLI
Programma Elettorale del Prof. Riccardo ROSCELLI
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La situazione attuale e le prospettive
Avendo avuto l'opportunità di partecipare e contribuire direttamente, a vari livelli di
responsabilità, a questi anni di crescita del Politecnico, ritengo che sia stato ampio e tuttora
riconoscibile il consenso sulle strategie di fondo che sono state portate avanti durante il Rettorato
Zich.
Credo sia utile ricordare, tra i molti risultati raggiunti:
- il contributo che il Politecnico ha offerto a livello nazionale per conseguire i diversi livelli
dell'autonomia universitaria (da quella amministrativa a quella didattica);
- il forte e radicato inserimento nel contesto nazionale e internazionale;
- la notevole e continua capacità di sviluppo che ha garantito in questo decennio una
considerevole crescita del personale e il sostegno della didattica complementare, indispensabile
per far fronte all'impetuosa crescita e alla diversificazione dell'attività formativa (dall'avvio dei
diplomi universitari alle diverse attività post-lauream, alle sedi decentrate e, più recentemente,
all'attivazione del primo e del secondo livello di laurea).
Analogamente occorre sottolineare il rilievo che ha assunto il concreto avvio del "Progetto
Raddoppio" e - soprattutto - il reperimento delle risorse per garantirne la fattibilità (circa 250
MLD).
In questi anni sono state stipulate intese (dall'accordo di programma con il MURST a quelli con la
Compagnia di San Paolo sulle ICT, con la Fondazione CRT per l'Incubatore, con Motorola, con il
Comune e la Provincia di Torino, la Regione Piemonte, con la FIAT per l'Ingegneria
dell'autoveicolo e con altri soggetti imprenditoriali) che danno la misura reale di come siano
radicalmente cambiate le regole del gioco per assicurare le risorse necessarie a garantire la qualità
dello sviluppo dell’Ateneo e - in qualche modo - la stessa capacità di far fronte in modo adeguato
alla nostra missione istituzionale.
Si può certamente lamentare una insufficienza di investimenti e dotazioni da parte dello Stato per
mantenere livelli accettabili di competitività a livello internazionale, ma la giusta rivendicazione
non è in grado da sola di risolvere il problema e credo che si debba concordare sul fatto che il
Politecnico si è mosso in questi anni, cogliendo con intelligenza ogni opportunità proveniente dalla
realtà esterna per garantire margini di sviluppo all'attività didattica e di ricerca.
La capacità di relazione con il mondo delle imprese, il sistema socioeconomico, il territorio, va
inoltre sottolineata, non solo in quanto è in grado di sostenere specifiche linee formative e di
ricerca o alcuni progetti (come ad esempio quello di espansione edilizia e le realtà didattiche
decentrate), ma soprattutto perché consente di interagire costantemente con la domanda di
formazione, con le esigenze poste dal mercato e dalla società, mano a mano che queste si
manifestano, contribuendo a qualificare con continuità e a mantenere aggiornata la nostra attività
didattica e di ricerca .
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Il consolidamento degli obbiettivi di fondo
L'insieme di questi obbiettivi e comportamenti costituisce una opzione strategica, che è
assolutamente necessario mantenere e se possibile allargare, per garantire efficacia, qualità e
risorse disponibili per una politica di sviluppo dell'Ateneo.
Chiunque sia il prossimo Rettore dovrà fare i conti con questo ordine di problemi, dovrà portare
avanti questi obbiettivi, dovrà proseguire e rafforzare queste linee di azione.
Se si intende rinunciare a questo sistema di relazioni, immaginando di poter meglio governare una
realtà universitaria per così dire ridotta, ma più qualificata, magari con l'intento di delegare ad altre
istanze la formazione triennale di primo livello (sull'esempio del modello tedesco) e la ricerca più a
carattere applicativo, di immediato trasferimento, si deve sapere che perseguendo una logica
malthusiana, si finirà per arretrare anche in termini di qualità e che a un certo momento non vi
sarà più alcun soggetto credibile, istituzionale e non, disponibile ad investire risorse proprie sullo
sviluppo e la qualificazione del Politecnico.
Ogni ritorno indietro da questa direzione rischia di produrre esiti negativi, almeno per Atenei come
il nostro costantemente esposti ai ritmi dell'innovazione scientifica e tecnologica e al continuo
spostarsi in avanti della frontiera del cambiamento.
Per queste ragioni ritengo che il nuovo Rettore debba consolidare questo percorso, rafforzarlo ed
estenderlo, ad esempio attraverso la costituzione di una "Fondazione" (su cui, tra l'altro sta
impegnandosi il Politecnico di Milano), sfruttando interamente l'opportunità che a questo proposito
viene data dall'ultima legge finanziaria: Fondazione cui affidare compiti specifici nei rapporti
esterni con l'intento di semplificare e snellire - e in questo senso rendere più esplicite - le complesse
e spesso farraginose procedure che caratterizzano il rapporto tra Università ed altri soggetti (di
natura pubblica o privata), salvaguardando scrupolosamente tutti i poteri di indirizzo e controllo
dell'Ateneo.
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Un maggiore livello di partecipazione
Per consolidare questo percorso è però necessario un maggiore livello di partecipazione e una
conoscenza del contesto nel quale ci muoviamo più diffusa ed allargata nell'Ateneo.
Quando si tratta di svolgere una azione di consolidamento è infatti indispensabile un
coinvolgimento più diretto nella gestione, perché attraverso una maggiore consapevolezza aumenta
il livello di coesione in grado di garantire condivisione delle scelte, stabilità e maggiore probabilità
di successo ad ogni ulteriore iniziativa. E' necessario che questa rete di rapporti esterni crei
opportunità più ampie nell'Ateneo, rivolte ad ogni settore che possieda requisiti di qualità e quindi
non soltanto a quelli quantitativamente più rilevanti o meglio organizzati.
A questo proposito, può essere utile individuare "appositi referenti" con deleghe ad hoc per quelle
problematiche trasversali a più macroaree, in cui siano ricomprese le professionalità esistenti nel
Politecnico o funzioni specifiche di interesse più generale.
Credo anche che vadano incoraggiate ed ampliate le iniziative a sostegno del settore dell'Ingegneria
Civile - Edile- Architettura - Ambiente - Territorio, che rappresenta un insieme di competenze assai
rilevanti per la qualità dello sviluppo, su cui esistono nel nostro Ateneo risorse consistenti e di
eccellenza, pronte a rendersi disponibili per collaborazioni stabili con l'esterno, non solo sul
versante degli Enti Territoriali.
Penso inoltre che il grande comparto dell'Ingegneria Industriale possa, già nel breve periodo,
valorizzare pienamente l'intesa raggiunta in occasione della ricorrenza del centenario dalla nascita
della FIAT per l'attivazione dell'Ingegneria dell'Autoveicolo, con l'utilizzo della nuova sede del
Lingotto (oltre 10.000 mq di superficie) e delle rilevanti risorse disponibili per la gestione didattica,
rafforzando l'iniziativa attraverso lo sviluppo di attività di ricerca nel settore, estendibili anche in
altre direzioni, come si richiede ad un Politecnico come il nostro e nella tradizione industriale
torinese.
Anche la Scuola Politecnica in Economia e Organizzazione, può svolgere un importante ruolo
trasversale (tra le diverse strutture didattiche negli ambiti di Ingegneria ed Architettura e fra queste
e la Scuola Superiore di Scienze Umane), ricoprendo e dando risposta ad uno spazio scientifico e
culturale in sicura espansione per i prossimi anni, mentre occorre proseguire l'insieme di attività
avviate nelle ICT attraverso il "Boella", nell'ambito dell'Ingegneria dell'informazione e delle
telecomunicazioni.
L’intenzione di operare in un clima di forte collaborazione interna – al quale credo fermamente –
per consolidare e adeguare i risultati via via conseguiti dal nostro Ateneo, è una condizione
importante per consentire a tutte le strutture di partecipare alla competizione che è in atto, in modo
da cogliere ricadute positive più allargate e opportunità più distribuite su obbiettivi praticabili e
sostenibili, nell’interesse generale nell’avanzamento della ricerca scientifica e della didattica.
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Il decentramento gestionale
L'autonomia e la prosecuzione di una linea di decentramento gestionale e di maggiore articolazione
funzionale deve essere continuata, in modo da evitare sovrapposizioni del processo decisionale tra
organi di governo e strutture e un rallentamento delle nostre capacità organizzative e di intervento.
In questo senso una maggiore autonomia va data alle Facoltà, per quanto attiene l'organizzazione
della didattica e ai Dipartimenti, per quanto riguarda lo sviluppo della ricerca, ferme restando le
prerogative di indirizzamento del Senato Accademico e i vincoli di compatibilità economica delle
scelte, che sono di competenza del Consiglio di Amministrazione.
Una riorganizzazione e un punto di equilibrio più avanzati tra le strutture (Facoltà e Dipartimenti)
è ovviamente possibile rispetto a quanto a tutt'oggi prevede lo Statuto (che pure ha prodotto alcune
importanti innovazioni, in particolare nei rapporti tra strutture didattiche e di ricerca e nei modi di
rapportarsi alla realtà esterna), ma credo che per incidere in maniera ancor più rilevante, sarebbe
necessario affrontare il tema ambizioso, ma anche oggettivamente complesso (sia per quanto
riguarda i tempi, sia per quanto riguarda i modi) di una riorganizzazione dei dipartimenti in
modo da favorire un riaccorpamento tematico, riducendone il numero, - aumentandone
contemporaneamente dimensione e rilievo - in termini tali da renderli sostanzialmente coincidenti
con le strutture didattiche. Diventerebbe così del tutto priva di significato la competizione tra i due
ambiti, per alcuni versi non comprensibile rispetto alla concomitante appartenenza dei singoli ad
entrambi le strutture (Dipartimenti e Facoltà).
E’ del tutto evidente che i Dipartimenti cui fanno prevalentemente capo le discipline di base,
dovrebbero sostanzialmente mantenere il loro attuale assetto, precisando il proprio ambito di
autonomia e di servizio nelle attività didattiche e di ricerca.
In tal modo sarebbe destinato a diminuire il possibile antagonismo tra organi di governo e tra
amministrazione centrale e strutture, fermo restando il compito istituzionale del Rettore di
mantenere elevata la capacità di ascolto e di dialogo tra le diverse istanze dell'Ateneo.
Naturalmente lo sviluppo del processi di decentramento funzionale deve portare - pena il rischio di
insuccesso e il blocco del percorso decisionale - ad una "piena assunzione di responsabilità" nella
definizione e nel raggiungimento degli obbiettivi di ogni singola struttura ed organo, con tutte le
conseguenze che ne derivano in termini di "valutazione dei risultati".
Tale percorso dovrebbe essere agevolato dalla nuova composizione del futuro Senato Accademico
e potrebbe essere guidato, nelle proposte di indirizzo generale, da apposite Conferenze
Programmatiche di Ateneo.
Non è prerogativa del Rettore predisporre l'adozione di scelte che riguardano l'attività didattica e
di ricerca, ma piuttosto agevolare percorsi decisionali coerenti che devono trovare negli organi di
governo e nelle strutture didattiche e di ricerca, di volta in volta a seconda delle circostanze, la
sede idonea di indirizzo o di decisione e di verifica.
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L'organizzazione della didattica
E' già stato detto che didattica e ricerca hanno possibilità di qualificazione e sviluppo se rimane
alto il livello di interazione e la capacità di colloquio con la realtà esterna e se si hanno spazi e
risorse adeguati (in altri termini sviluppo edilizio e capacità progettuali con il contesto
socioeconomico ai diversi livelli: locale, nazionale, internazionale). Tuttavia devono essere svolte
su entrambi i versanti alcune brevi considerazioni generali, per così dire riepilogative del periodo
più recente.
Come è noto l'Ateneo si è notevolmente esposto e impegnato nella nuova architettura formativa
organizzata su tre livelli: laurea, laurea specialistica, dottorato.
Lo sforzo è stato ed è notevolissimo, poiché tra l'altro è necessario procedere in parallelo con i
precedenti percorsi formativi ed anche perché il nuovo modello non è esente da contraddizioni,
come sempre accade quando si avvia una riforma.
Bisognerà, nei prossimi anni, completare l'intenso lavoro iniziato nelle Facoltà, monitorando il
processo in corso, in collegamento con la realtà esterna e il mondo del lavoro e delle professioni,
cui in definitiva è rivolta la configurazione di nuove competenze, valorizzando il confronto in atto
nelle Consulte che si sono costituite, ai diversi livelli, nell'Ateneo.
D'altra parte sarà necessario abituarsi a modelli formativi più flessibili e orientati a cogliere
rapidamente le innovazioni che si producono nella realtà, in modo da sistematizzarle e renderle
fruibili in un processo di formazione continua che dovrà vedere il Politecnico pronto a cogliere
spazi e opportunità di intervento, ad esempio nell'ambito della riqualificazione professionale, che si
rende ormai necessaria in tutto l'arco della vita lavorativa, nei settori di propria competenza.
L'aspetto più delicato della sperimentazione in atto, consiste nell'attenzione costante che deve
essere posta alla qualità dell'apprendimento, in ciascuno dei livelli individuati, che dovrà essere
valutata anche con riferimento agli standard internazionali.
Una notevole opportunità di completamento dei nuovi percorsi formativi (nel senso di un
indirizzamento specialistico più adeguato alle direzioni emergenti del mercato, senza rinunciare alla
solida preparazione di base tradizionalmente offerta dal Politecnico), è sicuramente possibile con
una diffusa attivazione di Master di primo e secondo livello, successivi all'acquisizione del titolo, al
cui sostegno possono concorrere tra l’altro le realtà esterne (imprenditoriali e istituzionali) in grado
di esprimere la domanda.
Va anche svolta una valutazione ed un bilancio delle attività formative decentrate sul territorio per
proporne una ottimizzazione.
Personalmente ritengo che queste esperienze (Mondovì, Alessandria, Aosta, Ivrea, Biella), oltre
naturalmente Vercelli che è sede di una delle Facoltà di Ingegneria, abbiano svolto una funzione
assai positiva di raccordo con il territorio, configurando un Ateneo reticolare a livello regionale,
mettendosi in sintonia più diretta con alcuni segmenti di domanda formativa che non avremmo
potuto catturare e alla quale non saremmo riusciti a dare risposta.
Ciò detto, occorre però fare un'analisi dei costi e dei benefici (compresi ovviamente i benefici
indotti e indiretti) su quanto si è sperimentato nel tempo ed eventualmente proporre soluzioni ridimensionamenti ma anche ulteriori investimenti - rispetto ad una "verifica - valutazione" più
puntuale dei risultati attesi ed effettivamente ottenuti.
Sulla didattica più in generale - e sui suoi conseguenti carichi a livello di singoli docenti, compreso
lo sviluppo per certi versi abnorme che ha avuto la cosiddetta didattica complementare - vanno
svolte attente considerazioni che non possono tuttavia prescindere dalla necessità di affrontare
alcune questioni di merito relative all'organizzazione della didattica.
La ricomposizione e il riaccorpamento di competenze spesso separate e segmentate, talvolta
forzosamente, in singoli settori scientifico- disciplinari non dovrebbe essere letta in modo distorto
come un fattore di diminuzione della qualità didattica, ma - al contrario - come uno strumento che
tende ad evitare, soprattutto nel percorso di primo livello, alcuni iperspecialismi impropri nella
fase di apprendimento e a promuovere invece una maggiore integrazione interdisciplinare, più
orientata al saper fare.
Vale la pena, dopo una fase di forte diversificazione dell'offerta formativa, pensare a percorsi
didattici più aggregati, che si differenzino successivamente in specifici indirizzi, anziché per interi
corsi di laurea.
Occorre svolgere una analisi attenta sulla afferenza degli allievi all'interno dei percorsi formativi e
poi nei singoli corsi (magari organizzati sulla base di pochi crediti), per evitare sprechi (di risorse
umane, di spazi, di implementazione eccessiva delle verifiche di esame) che tendono, tra l'altro, a
provocare un allungamento improprio della durata degli studi, spesso senza aumentarne la qualità.
Una soluzione al problema potrebbe essere quella di conservare specifiche competenze
specialistiche, che rappresentano comunque un valore per l'Ateneo, nei percorsi di studio superiori
(ai livelli Master o nella Scuola di Dottorato), ancorandoli maggiormente all'attività di ricerca.
E’ importante pensare agli studenti come utenti di un servizio, sia pure particolarmente delicato e
complesso, piuttosto che come soggetti passivi di una attività da impartirsi senza alcun vincolo e
controllo.
Gli studenti devono essere considerati soggetti attivi e come tali portatori di doveri e diritti, ai quali
è necessario corrispondere sulla base di regole del gioco dichiarate e verificabili.
In questo senso, anche nel quadro di un pieno decollo del Progetto Socrates, per far fronte agli
impegni assunti (e destinati a crescere) nei confronti dei nostri allievi in mobilità verso l’estero e
degli studenti stranieri in arrivo, non solo dall’Europa, ma anche dai Paesi nord e sud Americani,
Asiatici, Mediorientali e Africani, è indispensabile colmare rapidamente il deficit che registriamo
(non per nostra colpa) nella residenzialità studentesca, cogliendo le opportunità che lo svolgimento
delle Olimpiadi invernali del 2006 può produrre a Torino, nel riutilizzo di strutture realizzate per lo
svolgimento dei Giochi.
Più in generale è indispensabile – nell’ambito del Progetto Raddoppio puntare ad un incremento
significativo degli standard, come ad uno degli obbiettivi più rilevanti a sostegno della qualità
didattica.
Va in questa direzione il consolidamento del CPD e della figura del Garante degli studenti, i cui
compiti tuttavia possono oggi essere meglio definiti, a seguito della sperimentazione chi si è avuta
dal momento della sua istituzione.
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L'organizzazione della ricerca
E' già stato osservato - anche nell'ultima Conferenza di Ateneo sulla ricerca - che, nonostante
l'incremento delle nostre capacità contrattuali verso l'esterno, e più recentemente, verso l'Unione
Europea, cominciamo a patire ritardi sulle attività di ricerca, in particolare la ricerca fondamentale.
Alcune misure incentivanti sono adesso in corso di attuazione (ad esempio con l'avvio dei LAQ) e
dovranno continuare ad essere supportate e dotate di spazi e attrezzature adeguati (e qui torniamo
alla centralità del Progetto Raddoppio che deve essere visto come una concreta opportunità per tutti
i Dipartimenti e le Facoltà dell'Ateneo, comprese le strutture che rimarranno in corso Duca degli
Abruzzi e al Castello del Valentino, come prevede tra l'altro il programma di investimenti dei
prossimi due anni).
Va innanzitutto ricordato che si è spostato l'asse verso i canali di finanziamento disponibili in sede
comunitaria (IV-V Programma Quadro), che hanno visto una presenza del Politecnico assai
significativa tra i progetti selezionati, come è avvenuto anche per il PRIN (Progetti di Rilevante
Interesse Nazionale). Una continuazione - ed anzi una estensione - di azioni di sostegno
dell'Ateneo in questo senso andrà rafforzata e, se possibile, estesa nei confronti dei nostri
riferimenti istituzionali a livello nazionale (MURST e CNR in particolare).
La necessità di supporti specifici si pone per alcuni settori di ricerca di eccellenza, che sono
presenti nell'Ateneo anche attraverso le attività che singoli scienziati svolgono a livello
internazionale, come peraltro è previsto tra i principi definiti nel nostro Statuto.
Si tratta di attività che non sempre - e comunque non solo – hanno bisogno di risorse economiche,
quanto piuttosto di promozione, maggiore visibilità, ambiente favorevole: in questo senso è da
favorire l'iniziativa di avviare una Academic Press di Ateneo ed una riflessione più attenta tra
didattica e ricerca, non solo sul versante quantitativo, che potrebbe avvenire sistematicamente,
nelle sedi opportune (ad esempio tra gruppi di Dipartimenti affini).
Sul tema della ricerca di qualità andrebbero favorite le esperienze interdisciplinari e comunque
quelle a maggiore trasversalità, più in grado di rappresentare le potenzialità e soprattutto la
spendibilità (teorica ed operativa) della "cultura politecnica".
Per quanto riguarda la Scuola di Dottorato, ritengo che la struttura vada potenziata in tempi
brevi, ma anche più finalizzata nelle sue specifiche articolazioni ad uno sbocco professionale
esterno all'università (verso le imprese, gli enti di ricerca, il territorio) in particolare se si pensa come è auspicabile - ad un significativo aumento degli iscritti. In questa prospettiva, naturalmente,
sarebbe necessaria una semplificazione delle modalità di accesso ed una rimodulazione dei
programmi.
Occorre poi sottolineare - anche perché non è scontato - che è divenuto nel tempo assai rilevante
l'ammontare dei finanziamenti esterni per attività di ricerca, sia in termini globali, sia in termini
percentuali rispetto ai singoli.
Si tratta di attività contrattuali, spesso a carattere innovativo, assolutamente rilevanti, non solo in
quantitativamente, ma soprattutto perché sottintendono un sistema di relazioni con il contesto
socioeconomico, che è di per sé un indicatore assai significativo di capacità progettuale e
innovativa.
Questo insieme di attività va quindi sostenuto e difeso anche nelle sue caratteristiche di
incentivazione individuale diretta. Così come vanno sostenute quelle iniziative di formazione
continua/ricerca che rappresentano un valore per l'Ateneo in attività di frontiera, come quelle che
si riferiscono alla crescita/sperimentazione di nuova imprenditorialità, a particolari attività
brevettuali e di ricerca applicata, che si stanno sviluppando nell'Incubatore del Politecnico.
E’ appena il caso di sottolineare che la ricerca scientifica – e in particolare la ricerca tecnologica
innovativa – vive e si sviluppa all’interno di un complesso sistema di relazioni internazionali che va
costantemente rafforzato, favorendo scambi, interazioni e accordi soprattutto tra le Università e le
Reti Cluster.
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Le risorse umane
Poiché non vi è una alternativa credibile che non contempli per il Politecnico il consolidamento e la
prosecuzione di una politica di sviluppo, va da se che occorre reperire le risorse necessarie a
garantire qualificazione e incremento delle unità di personale.
Per il personale docente ritengo, per molte ragioni, che vada confermato l'attuale stato giuridico,
in modo da garantirne l'autonomia didattica e di ricerca.
Gli attuali meccanismi concorsuali (valutazioni comparative) devono essere invece profondamente
rivisti, perché rischiano un forte condizionamento localistico a scapito della qualità della selezione e
alcune regole e condizioni improprie nel reclutamento, soprattutto per i professori idonei, al
momento della chiamata. Vanno inoltre individuati meccanismi di estensione degli accessi alla
docenza , che sono oggi condizionati da quelli relativi allo sviluppo interno delle carriere, che pure
è necessario mantenere ma non a scapito di nuovi ingressi.
Scelte in questa direzione possono oggi essere attuate, ad esempio dal Senato Accademico e dal
Consiglio di Amministrazione secondo le competenze, in occasione della cessazione o della andata
in quiescienza del personale docente e comunque mano a mano che si liberino risorse economiche
aggiuntive spendibili per queste finalità .
Analoga politica, sia pure in un contesto differente, che deve confrontarsi con le rappresentanze
sindacali della categoria, va svolta per il personale tecnico e amministrativo, in una logica che
deve tendere a premiare e valorizzare il patrimonio di professionalità e di competenze esistente nei
servizi dell'Amministrazione e nei Dipartimenti, estendendolo con una forte attività formativa,
attraverso la quale possano essere acquisiti crediti per l'avanzamento della propria carriera.
Occorre sottolineare che il ruolo del personale tecnico e amministrativo non può avere un carattere
“residuale” in un programma di sviluppo e qualificazione del Politecnico, giacchè è del tutto
evidente che efficacia ed efficienza nei modi di funzionamento dei servizi e dell’Amministrazione di
un Ateneo proiettato verso il futuro hanno una importanza almeno pari ai ritmi di adeguamento
delle strutture e dei suoi meccanismi di gestione.
Nonostante il numero di docenti, personale tecnico e amministrativo sia globalmente aumentato è
diffusa la convinzione che alla poderosa crescita di attività che abbiamo avviato e sostenuto in
questi anni e alla velocità con cui questa è avvenuta, non sia corrisposto un impegno altrettanto
forte sul fronte interno (sul funzionamento della "macchina" che, in rapporto ai nuovi compiti, è
rimasta almeno in parte inadeguata), e in particolare verso i docenti e il personale, che insieme
hanno sopportato direttamente l'impatto più forte delle trasformazioni avvenute, dimostrando tra
l'altro uno straordinario senso di appartenenza.
La questione - alla quale non si è potuto fino ad oggi offrire risposte adeguate - ha un suo
fondamento e comunque è ora di mettervi mano, ponendo un accento particolare sulla "politica
interna", senza tuttavia correre il rischio di rimanere fermi, perché si tratterebbe di un lusso che non
ci possiamo consentire e che produrrebbe - al contrario - un aggravamento di tutti i problemi
irrisolti.
E' indubbio comunque che nella ripartizione delle risorse disponibili deve essere svolta un'azione
mirata ad investimenti diretti verso quelle situazioni e realtà (siano esse strutture specifiche o
servizi dell'amministrazione) più esposti sul versante della nostra missione istituzionale, che resta
ancorata alle attività didattiche e di ricerca.
Ritengo che, nel pieno rispetto delle prerogative degli organi di governo e degli spazi di autonomia
individuabili nelle strutture didattiche e di ricerca, si possano agevolmente (e in tempi ragionevoli)
risolvere alcuni problemi aperti e, in particolare, quelli relativi agli aspetti connessi con i
meccanismi della gestione, attraverso un lavoro collegiale e di squadra, aperto verso l'Ateneo e
disponibile al cambiamento dove è necessario.
Riccardo Roscelli