la nostra prima prosa poetica - Liceo Scientifico Michelangelo

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la nostra prima prosa poetica - Liceo Scientifico Michelangelo
la nostra prima prosa poetica
È quando le lacrime rivestono l’occhio, quando ti fanno da lente per la vita, e
scendendo scrivono sul volto la tua storia.
Quando le parole costituiscono un appiglio per il baratro, per il bianco della realtà, per
tutto ciò che tace.
Quando spieghi le ali, e crei: pura follia, pura pazzia di chi non sa niente, ma in realtà
ha capito.
È quando ci si sente diversi.
È questo il poeta: è un fingitore, è un albero di limoni, un distillatore.
Sono due dita in gola, è lo stomaco che rigurgita, è il sangue finale, sono le lacrime di
chi è diverso.
Diverso e solo, divisibile per uno e per se stesso.
A tratti scomodo, dissimile da ciò che è la normalità: ma in fondo chi impone i limiti?
Chi sancisce le regole di questo gioco, talvolta crudo e ingiusto?
Credo che il più grande ostacolo non sia non accettare la diversità che ti
allontana dal mondo, quanto il non essere ascoltato. Il più delle volte non
capito, frainteso.
E allora anche la parola, primo strumento di liberazione, unico sostegno, diventa la
tua croce.
Schiavo di quella verità, a cui gli altri non badano, uomini che non si voltano, cadaveri
differiti, bestie sazie.
Ma poesia non preclude sempre le parole “dolore” e “menzogna”.
La poesia è anche quell’essere vicino al creatore, compartecipe alla sua opera.
È il sole che insanguina il cielo, è il lieve filo che lega la terra al firmamento.
Quella firma che ci pone tutti indistintamente davanti a opera compiuta.
Solo alcuni ne colgono il senso profondo, rendono grazie.
Altri si accontentano dell’inganno comune; galleggiano “ a morto”.
Riuscire a immergersi e ritornare in superficie è il vero scopo.
Camilla Cardia
II B
Il poeta è una persona diversa, uno sfgato afflitto dal dolore?
Il poeta vive in un mondo suo, un mondo dove solo lui può
entrare?
È vero che il poeta può essere inteso come un diverso, dato
che è l’unico che sente
il bisogno di scrivere,
di creare dal nulla,
di confessarsi alla carta,
di macchiare quest’ultima
con pezzi della propria vita,
pezzi di segreti,
di dolori inconfessabili.
Essere diverso vuol dire essere solo.
Emily Dickinson, non trovando interesse nella vita terrena e
comune, decide di chiudersi in una stanza della casa del padre,
per scrivere e vivere in solitudine.
Anche Leopardi si rifugia nella grande biblioteca del padre
dove, giorno dopo giorno, per sette lunghi anni, parla e convive
con i suoi migliori amici, i libri.
Ma chi è davvero il diverso?
Noi che viviamo con superficialità, dando tutto per scontato o il
poeta che vive in solitudine ponendosi continue domande?
Non è possibile giudicare una persona e le sue scelte, le sue
azioni/reazioni, posso solo dire che a volte “ staccare la spina”,
andare “via di qua”, non importa dove, è fondamentale.
È isolandosi dal mondo reale, scrivendo, ponendosi domande,
che i poeti si avvicinano più alla felicità che al dolore.
Questo è un superiore divertimento.
Quindi è “qui” , in questo “hic”, in questo deittico, che noi
“persone comuni” sbagliamo.
I poeti sì, sono diversi, ma evidentemente la felicità, che
provano nello scrivere, colma qualsiasi altra forma di dolore.
Non sarà quindi il poeta a invidiare noi, ma il contrario: lui
sa farci ridere, piangere, riflettere, con l’arte di scegliere le
parole su una doppia scala di valori.
Riesce a farci provare le sue emozioni, le nostre
emozioni, “emozioni”.
Lo si chiami “fingitore, distillatore, simile a un fanciullino,
albatros in terra, diverso, sfigato”:
il poeta grazie alla sua “derisa diversità”
è l’unica persona che riesce a percepire il mistero della natura,
è l’unica persona che riesce veramente a comunicare
attraverso l’uso artistico, artificioso, artefatto di significanti e
significati di parole:
“ la poesia infatti è un esperienza individuale e
universale” .
Loi Giacomo II B
Sempre, prima di leggere una poesia, cerco di uscire dal mio io, di estraniarmi da ciò
che sono stata. Cerco di presentarmi vergine agli occhi di una poesia. Sono infatti
convinta che solo il poeta possa realmente, interamente, capire la sua “creatura”:
cancello momentaneamente tutto ciò che sono stata, divento una pagina bianca per
riscrivermi in modo più affine al poeta. Mi immedesimo, cerco di pensare con i suoi
pensieri, cerco di risvegliare, di evocare i meccanismi che un giorno, una notte, hanno
innescato l’ispirazione in lui.
È stato il dolore a far sì che si compisse il miracolo?
O l’improvvisa consapevolezza del nulla?
“Epifania del nulla” …forse del tutto…
Un’ improvvisa felicità?
Emozioni; sensazioni:
quando si risvegliano in noi ci cambiano,
in “diversi”.
Quando iniziano i titoli di coda,
quando si accendono le luci,
si precipita con le emozioni……..
io non mi alzo mai subito, aspetto:
si adagino nel fondo,
trovino posto in me.
Leggere una poesia è come tirare un sasso dentro un lago: si crea il caos, ma
dopo qualche secondo è la calma: il cosmos dentro di noi.
Apparentemente tutto come prima, immutato: ma sul fondo qualcosa è
cambiato, quel corpo estraneo è incastonato in terra come pietra preziosa. Preziosa,
cosi come preziosa è quella piccola sfumatura di noi che ha cambiato per sempre il
nostro sguardo. Che meraviglia riconoscere il medesimo sguardo nei “diversi ”, in
coloro che vedono il mondo in modo diverso.
Vorrei dare una penna ad ognuno di loro.
Invece capita spesso, specialmente nelle scuole, di notare sguardi vaghi, spenti,
disincantati nel sentire una poesia: sono loro gli uomini che non si voltano, che non
ci arriveranno mai, i cui occhi resteranno appannati. Miopi per sempre. Privi di protesi.
Spregiudicati. Ah! L’uomo che se ne va sicuro….
Penso che ognuno di noi sia diverso, unico e quindi capace di dare e trasmettere
tanto, ma in una società sempre più conformista e selettiva come la nostra, si reprime
quel desiderio di essere speciale, innato in ognuno di noi.
Sì, perché per essere se stessi
serve un coraggio non servo.
Serve una forza non serva.
Serve tenere la lanterna ferma.
Serve affrontare il viaggio.
Sicuro è il rischio:
solo essere solo,
non compreso.
Ser-vo.
Ser-vo del non –verso comune.
Davvero di-ver-so
Diverso è il pazzo
che guarda il cielo quando tutti guardano in terra,
che vede un fiore quando tutti guardano la spina.
Diverso è il bambino
davanti alla formica, davanti alla neve, spalle ai problemi del mondo.
Diverso è il poeta,
colui che distilla le immagini, che finge di provare ciò che prova, che crea
sensazioni, che è capace di rendere canzoni le urla dal proprio animo..
Suscita emozioni la moltiplicazione di significati “altri” tra “altri” significanti, è
bello com-prendere, prendere-con e sentire le parole sulle nostre labbra: canzoni
senza musica, danza delle corde vocali.
Amo le poesie “belle da leggere”, le ripeto per il gusto di sentirle, per
soddisfare l’egoistico piacere delle orecchie. Per questo imparo le poesie a memoria,
per poterle dire sottovoce
per strada, al mare,
ogni volta che mi pare.
… in inglese “by heart”, in francese “par coeur”: con il cuore…
… e con il cuore vivrò la mia vita.
Ilaria Manchinu II B
Senza parole, sì sono rimasta senza parole, quando ho scoperto che la poesia
non mi è totalmente indifferente, quando ho scoperto che esistono altre emozioni,
diverse da quelle che si provano vedendo una nuova playstation, o un qualsiasi altro
gioco.
La poesia è come uno sfogo, come se il foglio su cui si scrive fosse “un vero amico”, un
amico che non giudica, che non fa sentire diverso il poeta, che non vede il poeta come
un albatros sulla tolda di una barca, che non chiama il poeta “sfigato”, perché in realtà
gli sfigati sono coloro che ignorano il superiore divertimento.
Sino a un anno fa, per me la poesia era solamente un testo composto da parole
“messe un po’ a casaccio”. Non la comprendevo e non ho mai “sprecato” tempo per
leggerne una; immaginavo il poeta come una persona priva di impegni, e libera di
scrivere “menzogne”.
Dopo ho capito che quelle che chiamavo menzogne erano parole che racchiudevano il
poeta, erano il suo pensiero, il suo dolore emersi dall’anima con un senso di piacere,
quasi una liberazione.
Io ero, e forse un po’ lo sono ancora oggi, un signor Kam, una persona che ha tutto,
tranne la poesia.
Oggi sono per così dire quasi “guarita” da una malattia: la superficialità, che
impedisce l’ebbrezza di nuove emozioni.
Grazie alle mie attuali letture ho imparato a vedere il “mondo” da un’altra prospettiva,
con altri occhi. Proprio per questo chiamo “speciali” i poeti: loro mi hanno permesso di
crescere.
Ora non voglio sembrare innamorata della poesia, ma comunque attratta da qualcosa
di misterioso, unico e prezioso.
La poesia è come un fiore,
quando si rac-coglie si coglie un senso di piacere.
si sente un profumo inebriante
come colore che riscalda,
come calore che scioglie la freddezza
invernale, il rigido gelo che è in noi.
Laura
Farris II B
Chi è il poeta ? Da dove nasce la poesia ?
Il poeta è genericamente considerato, a priori, una persona diversa, afflitta dal dolore
e dalla sfortuna. E le poesie sembrano, a prima vista, necessariamente connesse a
sofferenza e a diversità.
In un certo senso il poeta è un diverso perché sente il bisogno viscerale di creare dal
nulla, insiema alla necessità “fatale” di imprimere le proprie sensazioni sulla carta:
soddisfacendo questi suoi desideri egli si avvicina però più alla felicità che al dolore.
Chi non capisce la poesia, e della poesia il superiore divertimento, sarà allora afflitto
da vero dolore, proprio perché privato di questo piacere ?
Intorno alla poesia e al poeta vi sono tantissime domande: ed è davvero difficile
definire l’uno o l’altra, soprattutto se non ci si avvicina ad essi ( e questa osservazione
è derivata da un esperienza personale ).
La vita di molti poeti è marchiata dalla sofferenza ed è fuori dal comune, ma la
sofferenza è la realtà anche di tantissime altre persone, come di chi perde un genitore.
Si può certo definire il poeta “diverso”, ma questo aggettivo è usato dalla gente
comune in modo sbagliato, perché per “diverso” essi intendono una persona pazza o
ambigua. Ma la diversità del poeta è dovuta alla sua capacità, fuori dal comune, di
far provare sensazioni “in-descrivibili” tramite l’uso di parole accuratamente scelte
per rievocare o creare emozioni.
Ma se il poeta cerca di esprimere una sensazione vera, spontanea, se vuole rievocare
ricordi veri, come mai usa parole accuratamente scelte, artifci ? Il poeta è un
fngitore e la poesia una menzogna ?
Sì, il poeta è un fingitore, finge così completamente che arriva a fingere che sia dolore
il dolore che davvero sente. Ma il suo è un “mentire autentico” perché il sentimento
provato dal poeta non cambia, ma è reso più vivo e attraente dalle artificiali tecniche
poetiche. Tecniche poetiche necessarie per raggiungere l’obiettivo comunicativo:
rendere la poesia - unica realtà per l’individuo e l’universo - “autenticamente falsa” ,
“vera menzogna”.
Alessio
Marino II B