Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani

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Rassegna stampa - Ordine degli Avvocati di Trani
ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
Ufficio stampa
Rassegna
stampa
29 -31 luglio 2006
Responsabile :
Claudio Rao (tel. 06/32.21.805 – e-mail:[email protected])
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Via G.G. Belli, 27 – 00193 Roma – Tel. 06.32.18.983 – 06.32.21.805 – Fax 06.32.19.431
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
SOMMARIO
Pag. 3 LIBERALIZZAZIONI: Avvocati pronti a tornare in piazza a settembre (il corriere della sera)
Pag. 4 LIBERALIZZAZIONI: Gli avvocati in piazza attendono segnali dal Governo (che
non risponde) (diritto e giustizia)
Pag. 5 LIBERALIZZAZIONI.: Avvocati, geologi, odontiatri tutti arrabbiatissimi (il tempo)
Pag. 6 LIBERALIZZAZIONI: Le professioni in piazza a Roma (la padania on line)
Pag. 7 LIBERALIZZAZIONI: Tutti in piazza contro Bersani (la stampa on line)
Pag. 8 LIBERALIZZAZIONI: Roma: 500 professionisti in corteo (la stampa on line)
Pag. 9 LIBERALIZZAZIONI: «Esonerare i legali dalla deregulation» (il sole 24 ore)
Pag.10 LIBERALIZZAZIONI: Puniti solo gli avvocati deboli (il giornale)
Pag.11 LIBERALIZZAZIONI: Bertinotti lancia il primo segnale (italia oggi)
Pag.12 LIBERALIZZAZIONI: News agenzia (adnkronos)
Pag.13 LIBERALIZZAZIONI:News agenzia (apcom)
Pag.14 LIBERALIZZAZIONI:News agenzia (agi)
Pag.15 LIBERALIZZAZIONI:”Liberalizzazioni, la fase 2è gia à in pista”(il messaggero)
Pag.17 LIBERALIZZAZIONI: Riecco Mastella: “Non ci sono soldi” (il tempo)
Pag.18 LIBERALIZZAZIONI: Mastella: riformare le carceri (la stampa)
Pag.20 LIBERALIZZAZIONI: La lobby che tiene famiglia
di Sergio Romano (il corriere della sera)
Pag.21 LIBERALIZZAZIONI: Manovrina blindata lunedì alla camera (italia oggi)
Pag.22 LIBERALIZZAZIONI: Bechis: «Queste liberalizzazioni le ha volute
Confindustria» (libero)
Pag.24 LIBERALIZZAZIONI: Professionisti cotti al Sole
di Franco Bechis – Direttore Italia Oggi (italia oggi)
Pag.25 LIBERALIZZAZIONI: Attenti a quei due, ve l'avevano detto (italia oggi)
Pag.26 LIBERALIZZAZIONI: Una stangata alla confindustriale (italia oggi)
Pag.27 LIBERALIZZAZIONI: Decreto Bersani: l'irragionevole aumento del contributo
unificato nei giudizi amministrativi - di Donatello Genovese – Avvocato (diritto e giustizia)
Pag.31 STUDI LEGALI: La pubblicità degli avvocati premia le sponsorizzazioni (il sole 24 ore)
Pag.32 INCIDENTI STRADALI: Il rito del lavoro per gli incidenti stradali? Non serve per abbreviare i
tempi e i giudici di pace non lo conosco - di Rolando dalla Riva - Giunta nazionale AIGA
(diritto e giustizia)
Pag.34 AFFIDO CONDIVISO: In tribunale vince l’affido condiviso (il sole 24 ore)
Pag.35 AFFIDO CONDIVISO: Nell'applicare le regole ci vuole maggiore coraggio (il sole 24 ore)
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ORGANISMO UNITARIO DELL’AVVOCATURA ITALIANA
IL CORRIERE DELLA SERA
Avvocati pronti a tornare in piazza a settembre
Gli avvocati si sono dati appuntamento in piazza a settembre, per riprendere la protesta. «Se il decreto
passa pensiamo di riuscire a portare in piazza decine di migliaia di professionisti» ha detto il presidente
della Cassa Forense, Maurizio De Tilla, annunciando che i legali sono al lavoro per smontare il
provvedimento del governo: «Due giuristi hanno scritto un documento dicendo che il decreto è
incostituzionale». «Oggi è stata la prova generale di ciò che faremo a settembre, non ci
preoccupano le sanzioni» ha aggiunto Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario
dell'avvocatura italiana.
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Gli avvocati in piazza attendono segnali dal Governo (che non risponde)
Con un corteo – stavolta autorizzato – i professionisti venerdì hanno sfilato per le vie di Roma per dire il loro no
al decreto Bersani. Avvocati, farmacisti, ma anche geologi, dentisti, e periti industriali sono partiti dal Colosseo
per raggiungere piazza Santi Apostoli. Le proteste dell’avvocatura non si sono fermate al decreto Bersani: «Non
svendete la giustizia, non uccidete la libertà» riportava lo striscione dell’Unione italiana forense, mentre quello
dell’Associazione giovani forensi diceva «l’indennizzo diretto nella Rc auto viola i diritti dei cittadini e crea un
milione di disoccupati», con riferimento al regolamento di attuazione del D.Lgs 209/05 che presto arriverà sulla
Gazzetta (vedi tra gli arretrati di mercoledì 26 luglio).Come già in occasione della manifestazione – non
autorizzata in quel caso – della settimana scorsa (vedi tra gli arretrati del 22 luglio) a fianco dei manifestanti si
sono schierati gli esponenti dell’opposizione come Gianni Alemanno Maurizio Gasparri e Ignazio La Russa
(An). Il primo ha rinnovato l’invito e la disponibilità dell’opposizione ad un lavoro di correzione del decreto,
mentre il secondo ha parlato di «decreto vendetta scientificamente studiato per colpire categorie e settori non
vicini a chi governa».
Nella stessa giornata ha manifestato anche una delegazione del Movimento nazionale dei liberi farmacisti a
sostegno del decreto Bersani. Ricevuti dal sottosegretario alle Attività produttive Paolo Giarretta i liberi
farmacisti hanno avuto rassicurazioni circa la ferma volontà del Governo di approvare in tempi brevi e senza
modifiche il progetto uscito dal Senato venerdì scorso.
Una delegazione dei rappresentanti del mondo forense è stata ricevuti invece dal presidente della Camera Fausto
Bertinotti. Il presidente della Cassa forense, Maurizio De Tilla ha consegnato alla terza carica dello Stato due
pareri che sostengono l’incostituzionalità del provvedimento (leggibili tra i documenti correlati) che nei prossimi
giorni verranno consegnati anche al Capo dello Stato Giorgio Napolitano. De Tilla nel pomeriggio, durante
l’incontro presso l’Auditorium della Cassa forense, dove si sono riuniti tutti i rappresentanti degli ordini
professionali, si è detto soddisfatto della grande mobilitazione. «Secondo i dati – ha affermato – in piazza
eravamo circa 2.500, e per la prima volta c’erano tutti quanti i professionisti. Siamo stati noi i primi ad iniziare la
protesta il 10 luglio e poi grazie alla nostra convinzione si sono mobilitati tutti gli altri ordini professionali».
Secondo il presidente dell’Organismo unitario dell’avvocatura Michelina Grillo, la protesta tornerà a farsi
più dura a settembre. «Quella di questa mattina – ha detto – è stata la prova generale della grande
manifestazione che faremo a settembre se non verranno accolte le nostre richieste». Richieste ormai note
al mondo politico, vale a dire lo stralcio dell’articolo 2 del decreto Bersani e una vera riforma delle
professioni che tuteli i diritti dei cittadini e la qualità delle prestazioni. «In queste settimane di agitazione e
di sciopero – ha aggiunto Grillo – abbiamo cercato di spiegare che questo decreto colpisce innanzitutto i
cittadini e la qualità dei servizi per i consumatori. L’Avvocatura con moderazione e senso di responsabilità
ha invitato al dialogo. La decretazione di urgenza prima e il voto di fiducia poi, hanno però compresso
ogni margine di confronto». La protesta, ha concluso il presidente dell’Oua, continuerà fino a che non
verrà formalizzata la nascita di un tavolo di concertazione «che possa portare all’individuazione di una
corsia preferenziale per il varo di una riforma delle professioni organica e condivisa da tutti i
professionisti». Al presidente della Camera Valter Militi, presidente dell’Associazione italiana giovani avvocati
ha ribadito la contrarietà alle norme rilevando che esse determinano lo svilimento e la mortificazione dell’intero
ceto libero professionale e che nella loro attuazione pratica si riveleranno estremamente dannose proprio per quei
giovani professionisti che a parole il governo afferma di voler tutelare. Per il momento l’unico ad aver ricevuto i
rappresentanti del mondo forense è stato Bertinotti, nessun segnale invece è arrivato dall’esecutivo, neanche da
via Arenula che dalle prime battute del decreto Bersani ha rivendicato la titolarità della materia. Mille
emendamenti presentati venerdì scorso in commissione Bilancio alla Camera, tutti dell’opposizione, ma il
ministro dello Sviluppo economico Pierluigi Bersani ha già parlato di testo blindato.
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IL TEMPO
Avvocati, geologi, odontiatri tutti arrabbiatissimi
ERANO cinquecento, ma sono cresciuti fino a duemila. Notai in prima fila, poi avvocati, farmacisti,
geologi, ingegneri, odontoiatri, consulenti del lavoro, periti industriali, agrotecnici, architetti, revisori
contabili, tutti insieme a corteo, ieri, nella capitale dal Colosseo a piazza Santi Apostoli. Bersaglio della
protesta sempre «loro», il ministro Bersani e il suo decreto sulla liberalizzazione delle professioni. Una
manifestazione che si è conclusa con la consegna al presidente della Camera, Fausto Bertinotti e al
Quirinale, di due documenti sulla presunta incostituzionalità del decreto stesso. «Non si svende la
Giustizia, non uccidete la libertà», «No al supermarket della Giustizia», «Bersani vergogna, ritorna a
Bologna», questi alcuni degli striscioni che campeggiavano lungo il corteo. Verso le dieci, ora del
raduno, i presenti erano ancora meno di cinquecento. I farmacisti i più numerosi. Gli altri sono arrivati
pian piano, nei successivi trenta minuti. Il massimo delle presenze si è concretizzato nell’ora
successiva, a piazza Santi Apostoli dove il corteo è stato raggiunto dai commercialisti, impegnati fino a
quel momento in un’assemblea generale a piazza di Spagna. «Il metodo utilizzato per disegnare questo
decreto, è condannabile – afferma Marina Calderone, presidente dell’associazione nazionale consulenti
del lavoro – Sono due legislazioni che chiediamo una riforma delle professioni, ma per farla occorre la
concertazione con le parti per capire le peculiarità delle varie professioni. A nostro danno si è data
l’immagine di evasori fiscali, proprio noi che facciamo pagare le tasse alla gente». «La decretazione
d’urgenza, peraltro sospettata di incostituzionalità e il voto di fiducia non hanno permesso fino ad ora
nessun dialogo» dice Pietro De Paola, presidente dei geologi italiani. «La manifestazione è stata la
prova generale di quella, molto più grande, che faremo a settembre, se non verranno accolte le
nostre richieste – ribadisce Michelina Grillo, presidente dell’organismo unitario dell’avvocatura
italiana – Chiediamo l’apertura di un tavolo di confronto». Il corteo ha percorso via dei Fori
Imperiali, piazza Venezia nella rovente atmosfera romana e alle 12,30 ha raggiunto piazza Santi
Apostoli, accogliendo poco dopo i commercialisti. Il tutto dopo uno scontro, più verbale che fisico, con
quattro rappresentanti della Cgil in attesa, coincidenza, nella stessa piazza. «Due milioni di
professionisti sono stati calpestati dal Governo – dice Maurizio De Tilla, presidente della Cassa forense
e dell’Adepp, l’associazione delle casse previdenziali privatizzate - Hanno ritenuto di andare avanti
senza ascoltarci e senza concertazione. Loro convertono il decreto, ma noi ci fermeremo solo alla sua
revoca. Faremo valere di fronte alla Corte Costituzionale tutte le illegittimità del decreto». «Questo è
solo l’inizio – sottolinea Raffaele Sirica, presidente del Consiglio nazionale degli architetti e del Cup, il
comitato di ordini e collegi – Entro ottobre dovremo essere tutti uniti per avere un confronto serio e
fattivo». A conclusione della manifestazione De Tilla ha portato al presidente della Camera Bertinotti e
al Quirinale i due documenti sulla presunta incostituzionalità del decreto Bersani, redatti dal professore
Paolo Ridola, ordinario di diritto costituzionale comparato alla Facoltà di Giurisprudenza de La
Sapienza e dal professore Massimo Lucani. Il contrasto con la norma costituzionale verterebbe sulla
mancanza dei presupposti d’urgenza che consentono al governo di utilizzare lo strumento del decreto
legge, emanabile con valore di legge ordinaria solo con delega delle Camere. In venti pagine si
esaminano comunque diversi punti del decreto.GIUSEPPE GRIFEO
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LA PADANIA ON LINE
Le professioni in piazza a Roma
Avvocati, notai, farmacisti, geologi, architetti, dentisti, ingegneri, revisori contabili e periti industriali.
Tutti in piazza contro il decreto Bersani. Oltre 2.500 rappresentanti degli Ordini professionali si sono
dati appuntamento ieri a Roma dove hanno sfilato dal Colosseo fino in piazza Santi Apostoli per poi
radunarsi presso l’Auditorium della Cassa forense per chiedere l’apertura di un tavolo serio che porti ad
una valida e costruttiva riforma delle professioni. Presenti al corteo per essere vicini al ceto medio e ai
professionisti «contro un decreto che ha colpito categorie e settori che più di altri stanno pagando
questa sete di vendetta firmata Bersani-Visco» anche i Senatori della Lega Nord Paolo Franco, Sergio
Divina, Massimo Polledri e Piergiorgio Stiffoni
«Siamo stati ricevuti dal presidente della Camera dei deputati Fausto Bertinotti - ha detto il Presidente
della Federazione degli ordini forensi europei (Fbe) e della Cassa forense, Maurizio De Tillache ha
ricevuto una delegazione e una lettera con i pareri di illustri giuristi che mettono in evidenza i
molteplici profili di incostituzionalità delle norme del dl Bersani che riguardano i professionisti». I
giudizi verranno fatti avere anche al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che a giorni
dovrebbe incontrare le categorie, e in mancanza di un riscontro positivo in programma per settembre vi
è una manifestazione che viene prevista ancora più imponente rispetto a quella di ieri. «Quella di
questa mattina (ieri ndr) - ha spiegato il presidente dell’Oua, l’organismo unitario
dell’Avvocatura, Michelina Grillo - è stata la prova generale della grande manifestazione che
faremo a settembre se non verranno accolte le nostre richieste. Chiederemo innanzitutto lo
stralcio dell’art. 2 del decreto Bersani e l’apertura di un tavolo di confronto per una vera riforma
delle professioni che tuteli i diritti dei cittadini e la qualità delle prestazioni». La Grillo ha parlato
di una «riforma da approvare rapidamente, con una corsia preferenziale in Parlamento, anche
partendo dalla bozza Vietti elaborata nella scorsa legislatura».
Tra i rappresentanti degli altri ordini professionali intervenuti nella riunione organizzata all’Auditorium
della Cassa forense per fare il punto sulla manifestazione contro il dl Bersani anche il presidente dei
geologi, Pietro De Paola.
«La decretazione d’urgenza e il voto di fiducia -ha dichiarato De Paola- non hanno permesso fino ad
ora nessun dialogo. Chiediamo quindi che a settembre si avvii un serio confronto con tutti i
professionisti per una vera riforma delle professioni. Qui sono in gioco i diritti dei cittadini». «Il nostro
obbiettivo -ha spiegato il presidente dei geologi- è di mettere in evidenza l’importanza della tutela del
territorio. Qui non si può giocare al ribasso. L’attenzione del mondo politico e dell’opinione pubblica
deve restare alta sulla necessità di rilanciare con forti e incisive azioni nel prossimo settembre sicurezza
e miglior rapporto tra costo e qualità delle prestazioni». Francesca Cassani
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LA STAMPA ON LINE
Tutti in piazza contro Bersani
ROMA. Tutti in piazza. E poi tutti (o quasi) davanti a palazzo Chigi. Per Roma (e le forze dell’ordine) quella di
oggi si annuncia come un’altra giornata di fuoco: protestano tutte le categorie interessate dal decreto Bersani
sulle liberalizzazioni, dai farmacisti (che da oggi fanno sciopero ad oltranza) ai geologi, dagli avvocati agli
ingegneri, dai commercialisti agli architetti, fino ad arrivare ai dentisti. Appuntamento alle 10 davanti al
Colosseo per marciare su piazza Santi Apostoli: da qui, polizia permettendo, una delegazione farà rotta su piazza
Colonna e Montecitorio. Poi nel pomeriggio maxi-adunata all’auditorium della Cassa forense in via Visconti. A
poche centinaia di metri, in via Veneto, quasi in contemporanea contromanifestazione degli iscritti al Movimento
nazionale liberi farmacisti che si raduneranno davanti al ministero per lo Sviluppo economico per proclamare il
loro appoggio ad una riforma che smantella «il monopolio delle farmacie». A guidare il nuovo «assalto» di
oggi, dopo il tentativo fallito della scorsa settimana, sono ancora una volta gli avvocati. «Siamo sotto un
attacco politico e mediatico senza precedenti - spiega la presidente dell’Organismo unitario
dell'avvocatura Michelina Grillo -. I professionisti additati come una delle cause dei mali del nostro Paese
e gli avvocati considerati come il freno alla competitività dell’Italia». E il presidente degli Ordini forensi
Maurizio De Tilla aggiunge: «Lo stato di agitazione non si fermerà: per tutta la settimana faremo lo sciopero
bianco, poi a settembre si riprende».
La protesta dei farmacisti, invece, dovrebbe proseguire ad oltranza. E crescere ancora di livello: ieri Federfarma
ha chiesto a tutti di disdire gli ordini di medicinali senza obbligo di acquisto non ancora evasi per estendere la
pressione sulle aziende produttrici. Alla seconda ondata di chiusure che parte oggi, però, non tutta la categoria si
presenta compatta e Federfarma per arginare la fronda ha deciso di sospendere per quattro mesi le associazioni
provinciali di Bologna, Firenze, Prato, Trento, Bolzano e Sassari che si sono pronunciate contro lo sciopero del
19. Il clima era tanto teso che in mattinata era circolata la voce che la federazione di Roma avrebbe adottato un
identico provvedimento a carico dei farmacisti della capitale ricordando loro, tra l’altro, che in questo modo
rischiavano di non incassare gli arretrati della Regione Lazio frutto di un accordo contrattato dall’associazione
romana. Notizia contestata nel tardo pomeriggio dalla sezione regionale della federazione dei titolari di farmacia.
Oggi restano come sempre aperte in tutta Italia le farmacie comunali, mentre in Lombardia non dovrebbero
chiudere nemmeno quelle private grazie all’intervento del presidente della Regione Roberto Formigoni:
confermato lo stato di agitazione ad oltranza ma nessuna serrata no-stop.
I consumatori e la Cgil criticano Federfarma, il ministro della Salute Livia Turco la invita invece a revocare lo
sciopero, a riaprire il dialogo e soprattutto «a valutare con attenzione e senso di responsabilità verso i cittadini le
ricadute per la tutela della salute della popolazione di una chiusura ad oltranza». Secondo il presidente della
Commissione di garanzia sugli scioperi, Antonio Martone, la nuova protesta costituisce «un fondato pericolo di
un pregiudizio grave e imminente ai diritti alla vita e alla salute dei cittadini» e in una lettera inviata al ministro
della Salute, ai presidenti di Camera e Senato e alla presidenza del Consiglio caldeggia di fatto la precettazione
dei camici bianchi.
Ieri, in un’audizione alla Camera (dove il Servizio bilancio segnala problemi di copertura al decreto per il venir
meno di una parte del gettito garantito dai notai), il ministro Bersani è tornato a difendere la validità del suo
progetto sollecitandone un’approvazione senza modifiche per evitare una terza lettura al Senato. A suo parere la
reazione dei farmacisti è «sproporzionata», mentre ai taxisti ha confermato che fra sei mesi si farà una verifica
dei risultati della riforma. «Sulle liberalizzazioni - ha poi aggiunto - c’è ancora tanto da fare, ad esempio sulla
pubblicità televisiva. Mi rammarico di non essere intervenuto su questo, ma questa è una materia da trattare
all’interno della riforma del settore radio-tv». A proposito di taxi: ieri il Comune di Roma ha formalizzato
l’intesa verbale raggiunta a inizio settimana e l’Ugl si è già dissociata. Al sindacato vicino alla destra non sta
bene che sia stata decisa una tariffa fissa per i viaggi da e per Fiumicino. Vuoi vedere che oggi il loro
coordinatore, Pietro Marinelli, torna il piazza anche lui?
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LA STAMPA ON LINE
Roma: 500 professionisti in corteo
ROMA. È inferiore alle attese la partecipazione alla manifestazione unitaria dei professionisti italiani
indetta dal Comitato unitario delle professioni (Cup) per protestare contro il decreto Bersani. Circa 500
tra avvocati, farmacisti in camice bianco, commercialisti, geologi, periti industriali e architetti si sono
ritrovati davanti al Colosseo, da dove è partito il corteo che sfilerà lungo via dei Fori Imperiali, per
giungere a piazza Santi Apostoli dove si terranno i comizi finali. Sotto un sole cocente, in un centro
storico semideserto, i più numerosi a sfilare sono ancora i farmacisti con i loro fischietti e i loro slogan
contro la vendita dei farmaci nei supermercati, a 48 ore dalla manifestazione sotto il ministero dello
Sviluppo. Sono particolarmente compatti gli avvocati, pronti a sfilare dietro un grande striscione con su
scritto «Non svendete la giustizia, non uccidete la libertà», firmato dall'Unione italiana forense. Poco fa
si è unito alla manifestazione anche il deputato di An Maurizio Gasparri, secondo il quale «il decreto
Bersani è stato studiato scientificamente per colpire categorie e settori non vicini a chi governa. È un
decreto vendetta - ha aggiunto - perchè non liberalizza le grandi centrali cooperative, non toglie ai
sindacati il monopolio dei Caf, e non interviene sulle aziende municipalizzate che mal gestiscono in
regime di monopolio i servizi pubblici esseniali».
A ribadire le ragioni della protesta è il presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura (Oua),
Michelina Grillo: «Chiediamo di stralciare l'articolo 2 del decreto Bersani, e che venga formato
un tavolo di concertazione, che possa portare all'individuazione di una corsia preferenziale per il
varo di una riforma delle professioni organica e condivisa da tutti i professionisti».
La manifestazione di oggi, spiega la Grillo, non è che l'anticipo «della grande mobilitazione di
settembre, con tutti i professionisti italiani. Fino ad oggi inspiegabilmente non siamo stati
ascoltati: chiediamo maggiore rispetto».
«Il nostro obiettivo - ha sottolineato a sua volta Pietro De Paola, presidente del Consiglio nazionale dei
geologi - è di tenere desta l'attenzione del mondo politico e della stessa opinione pubblica sulla
necessità di pervenire ad una organica riforma delle professioni, anche per garantire ai cittadini etica,
sicurezza ed un migliore rapporto tra costo e qualità delle prestazioni». Intanto il corteo, suddiviso
rigorosamente tra le varie professioni, è giunto a piazza Venezia. Il clima è assolutamente tranquillo, e
complice forse la canicola romana, sono assai radi i cori e gli slogan che caratterizzavano le precedenti
manifestazioni.
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IL SOLE 24 ORE
Avvocati
«Esonerare i legali dalla deregulation»
«La scelta primaria è quella dell'esonero degli avvocati dall'articolo 2 del Dl Bersani,che due autorevoli
pareri legali indicano come costituzionalmente illegittimo. Per questo, intraprenderemo iniziative
coerenti in sede giudiziaria». A ribadirlo è Guido Alpa,presidente del Consiglio nazionale forense, a
nome di una categoria, quella degli avvocati, che dopo due settimane di sciopero prepara un'altra
agguerrita astensione a settembre «in coincidenza con il congresso del Cnf». I legali contestano tutto. Il
merito perché, spiega il presidente della Cassa forense, Maurizio de Tilla «il decreto legge, limitando
l'autonomia degli Ordini, che sono enti pubblici, ha profili di incostituzionalità ».
Nel merito, invece, gli avvocati - spiega l'Oua – si oppongono all'abolizione delle tariffe minime
«che fanno venir meno la qualità della prestazione», del divieto di patto di quota lite «perché lede
la dignità della professione "agganciare"gli onorari ai risultati ottenuti». Infine, contrari anche
alla pubblicità «che deve essere misurata e informativa» (niente giornali, Tv, radio e internet) e
alle società di capitale «che mettono a rischio l'indipendenza professionale».
Una contrarietà confermata da Valter Militi, presidente dei giovani avvocati dell'Aiga ma non da
Gaetano Romano, alla guida dell'Anpa-Giovani legali italiani, secondo cui le obiezioni delle
rappresentanze legali sono invece «nostalgie di una sfera generazionale di libere professioni convinta
che si possa cambiare tutto per non cambiare niente». Romano plaude al Dl Bersani e all'idea del
ministro di creare uno sportello per ascoltare le richieste dei giovani professionisti. Laura Cavestri
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IL GIORNALE
Puniti solo gli avvocati deboli
La legge non incentiverà la concorrenza ma favorirà solo gli studi più ricchi e famosi
Mi chiamo Maurizio Colaiacovo e faccio l'avvocato. Sono figlio di operai e, con molti sacrifici,
sono riuscito ad avviare un piccolo studio legale in un paesino di poco più di tremila anime.
Dimenticavo: sono un elettore di sinistra (o meglio, lo ero). Ma l'opinione pubblica si rende conto che
la stragrande maggioranza degli avvocati è composta da professionisti giovani e meno fortunati che
arrivano a malapena a guadagnare poco più di mille euro al mese, lavorando in continuazione, o pensa
che la nostra categoria sia formata solo da quei colleghi famosi che vanno in televisione in
continuazione a parlare dei loro casi e successi professionali? Noi avvocati senza nomi altisonanti,
senza un padre alle spalle che ci ha regalato un avviatissimo studio legale, dobbiamo fare sacrifici
enormi per sostenere i costi dello studio, nonchè gli oneri ed i balzelli fiscali e previdenziali.
Certa sinistra dovrebbe smetterla con la demagogia spicciola della serie «gli avvocati sono tutti uguali,
e sono uguali ai notai, ai farmacisti. ecc.». Non è vero che si incentiva la concorrenza e la possibilità di
accesso alle professioni per i più giovani con i provvedimenti varati dal governo. Consentire la
pubblicità indiscriminata sui media significa consolidare le posizioni di quegli studi più grandi e dotati
di risorse finanziarie (che già se ne fanno abbastanza, come sopra detto), a scapito di noi <<pesci
piccoli» destinati a soccombere nella feroce «caccia al cliente». I meccanismi tariffari previsti
favoriranno un «cannibalismo» sulle somme spettanti agli assistiti, con assurde pattuizioni e mercimoni
sulle proprie prestazioni professionali. Si vuole che, come accade negli Usa; stuoli di avvocati cclù e
par~egali affollino le corsie degli ospedali in caccia di clienti infortunati per un incidente stradale o
feriti in una rissa? La sinistra si è sempre detta attenta alle classi sociali più deboli, attenta ai bisogni
della gente, poi -quando va al potere - adotta provvedimenti che incidono profondamente su centinaia di
migliaia di professionisti unilateralmente, senza quella «concertazione» tanto sbandierata. È facile
sparare a zero sugli avvocati, dimenticando che nei tribunali da anni – tanto per fare un esempio – non
vi sono cancellieri che fanno assistenza in in udienza e siamo noi legali a dover scrivere materialmente i
verbali e, come sottolineato dal presidente dell' Oua, Grillo,fornendo addirittura i fogli uso bollo.
Diceva un mio caro amico: «Noi di sinistra siamo capaci solo di fare l'opposizione»; spiace ammetterlo,
ma si sta dando dimostrazione che è proprio così.
Maurizio Colaiacovo
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ITALIA OGGI
Continua a infuriare la protesta contro le conseguenze del dl Bersani con cortei e manifestazioni
Bertinotti lancia il primo segnale
Il presidente della camera riceve un gruppo di professionisti
Alla fine è stato il presidente della camera, Fausto Bertinotti, a dare un segnale ai professionisti. Non si
tratta ancora del contatto più volte richiesto dalle categorie con il ministro per lo sviluppo economico,
Pierlugi Bersani, o con il collega della giustizia, Clemente Mastella. Ma almeno è un primo passo. Di
portata non tale, però, da ricondurre entro certi limiti una protesta di piazza che ormai ha preso piede e
che minaccia di avere appendici di non poco conto a settembre (vedi sul punto ItaliaOggi del 28 luglio
scorso).
Sta di fatto che ieri una delegazione di professionisti condotta in primis dagli avvocati, tra i più colpiti
dalle conseguenze del dl 223, è stata ricevuta dal presidente della camera dopo un corteo di protesta che
gli stessi legali hanno guidato a capo di molte altre rappresentanze professionali. A rappresentare il
gruppo, in particolare, sono stati il presidente dell'Oua, Michelina Grillo, il presidente della della
Federazione degli ordini forensi europei e della Cassa forense, Maurizio De Tilla, quello dei geologi
Pietro De Paola e quello dell'Aiga (associazione dei giovani avvocati italiani), Valter Militi. Gli
avvocati, tra l'altro, a suffragio delle proprie rivendicazioni hanno fatto pervenire allo stesso Bertinotti e
al presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, una lettera contenente due pareri, formulati dai
costituzionalisti Massimo Luciani e Paolo Ridola, che dimostrerebbero l'incostituzionalità del decreto
legge Bersani. I legali, in ogni caso, sembrano soddisfatti dell'incontro ottenuto dopo i tanti tentativi
portati avanti senza successo.
´Siamo stati ricevuti dal presidente della camera e a giorni dovremmo incontrare anche il capo dello
stato', ha sintetizzato ieri De Tilla dopo l'ennesima giornata difficile.
L'avvocatura, in sostanza, è tornata a chiedere, con qualche dettaglio in più, ciò che va rivendicando da
qualche settimana. In particolare è stata la Grillo a chiarire che la priorità delle priorità ´è lo
stralcio dell'articolo 2 del decreto legge Bersani', quello cioè che abolisce le tariffe minime,
introduce il patto di quota lite e le società multiprofessionali. E poi l'apertura di un tavolo di
confronto per ´una vera riforma delle professioni che tuteli i diritti dei cittadini e la qualità delle
prestazioni'.Si tratta di una riforma, hanno avuto modo di rimarcare le categorie professionali,
da approvare rapidamente con una corsia preferenziale in parlamento, magari partendo dalla
bozza Vietti (dal nome dell'ex sottosegretario Udc al ministero della giustizia) elaborata durante
la scorsa legislatura. La Grillo ha poi sottolineato che in un contesto così difficile come quello di
questi giorni ´abbiamo apprezzato la scelta del presidente della camera che, ben conoscendo il
valore della concertazione, ha scelto di incontrare oggi una nostra delegazione'. Durante il corteo
che si è svolto in mattinata oltre agli avvocati erano presenti farmacisti, consulenti del lavoro,
ingegneri, periti industriali, dentisti, architetti e revisori contabili. I quattro sindacati di commercialisti e
ragionieri, invece, hanno partecipato a una manifestazione che si è svolta sempre ieri a piazza di
Spagna. Stefano Sansonetti
29/07/2006
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ADNKRONOS
28/07/2006 - 16.49.00
COMPETITIVITA': DE TILLA, PROFESSIONISTI RICEVUTI DA BERTINOTTI (2)
ZCZC ADN1052 5 ECO 0 RTX ECO NAZ COMPETITIVITA': DE TILLA, PROFESSIONISTI RICEVUTI
DA BERTINOTTI (2) = PRESIDENTE OUA, LA MANIFESTAZIONE DI QUESTA MATTINA PROVA
GENERALE (Adnkronos) - Anche il presidente dell'Oua, l'organismo unitario dell'Avvocatura, Michelina
Grillo, ha fatto il punto della calda giornata di mobilitazione ed ha annunciato che la protesta tornera' a
farsi piu' dura gia' dai primi di settembre. ''Quella di questa mattina -ha spiegato l'avv. Grillo- e' stata la
prova generale della grande manifestazione che faremo a settembre se non verranno accolte le nostre
richieste. Chiederemo innanzitutto lo stralcio dell'art. 2 del decreto Bersani e l'apertura di un tavolo di
confronto per una vera riforma delle professioni che tuteli i diritti dei cittadini e la qualita' delle
prestazioni''. Il presidente dell'Oua ha parlato di una ''riforma da approvare rapidamente, con una corsia
preferenziale in Parlamento, anche partendo dalla bozza Vietti elaborata nella scorsa legislatura''. La
Grillo ha sottolineato come ''in un contesto cosi' difficile, come quello di questi giorni, abbiamo apprezzato
la scelta del presidente della Camera Fausto Bertinotti, che ben conoscendo il valore della concertazione
ha scelto di incontrare oggi una nostra delegazione, composta da professionisti di varie categorie''. ''In
queste settimane di agitazione e di sciopero -ha aggiunto la presidente dell'Oua- abbiamo cercato di
spiegare che questo decreto colpisce innanzitutto i cittadini e la qualita' dei servizi per i consumatori.
L'Avvocatura con moderazione e senso di responsabilita', ha invitato al dialogo. Per queste ragioni
continueremo la nostra protesta''. (segue) (Mrg/Pn/Adnkronos) 28-LUG-06 16:50 NNNN
28/07/2006 - 16.49.00
PRESIDENTE OUA, LA MANIFESTAZIONE DI QUESTA MATTINA PROVA GENERALE (Adnkronos) –
Anche il presidente dell'Oua, l'organismo unitario dell'Avvocatura, Michelina Grillo, ha fatto il punto
della calda giornata di mobilitazione ed ha annunciato che la protesta tornera' a farsi piu' dura gia' dai
primi di settembre. ''Quella di questa mattina -ha spiegato l'avv. Grillo- e' stata la prova generale della
grande manifestazione che faremo a settembre se non verranno accolte le nostre richieste. Chiederemo
innanzitutto lo stralcio dell'art. 2 del decreto Bersani e l'apertura di un tavolo di confronto per una vera
riforma delle professioni che tuteli i diritti dei cittadini e la qualita' delle prestazioni''. Il presidente
dell'Oua ha parlato di una ''riforma da approvare rapidamente, con una corsia preferenziale in
Parlamento, anche partendo dalla bozza Vietti elaborata nella scorsa legislatura''. La Grillo ha
sottolineato come ''in un contesto cosi' difficile, come quello di questi giorni, abbiamo apprezzato la scelta
del presidente della Camera Fausto Bertinotti, che ben conoscendo il valore della concertazione ha scelto
di incontrare oggi una nostra delegazione, composta da professionisti di varie categorie''. ''In queste
settimane di agitazione e di sciopero -ha aggiunto la presidente dell'Oua- abbiamo cercato di spiegare che
questo decreto colpisce innanzitutto i cittadini e la qualita' dei servizi per i consumatori. L'Avvocatura
con moderazione e senso di responsabilita', ha invitato al dialogo. Per queste ragioni continueremo la
nostra protesta''.
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APCOM
PC-MANOVRA BIS/ PROFESSIONISTI: A SETTEMBRE DI NUOVO..- RPT
Dopo l'estate tutti di nuovo in piazza contro il decreto Bersani sulle liberalizzazioni delle professioni: è
questo l'appuntamento che le categorie che questa mattina hanno sfilato a Roma contro le decisioni del
Governo (farmacisti, avvocati, periti industriali, geologi, commercialisti, architetti, dentisti, consulenti
del lavoro, notai, ingegneri, ragionieri, revisori contabili) si sono dati in una conferenza stampa,
conclusiva della mobilitazione.
«Dal primo settembre riprenderemo alla grande questa iniziativa - ha detto, prendendo la parola a nome
di tutti i professionisti il presidente della Cassa Forense De Tilla -: se il decreto passa pensiamo di
riuscire a portare in piazza decine di migliaia di professionisti». L'avvocato ha spiegato che questa
mattina «la polizia ha contato nel corteo 2.500 persone: c'erano tutte le professioni e non abbiamo
voluto dare la parola a nessun politico perché non apparteniamo a nessun partito. In questa logica – ha
proseguito - rientra il lavoro che gli avvocati stanno svolgendo: due giuristi hanno infatti scritto un
documento dicendo che il decreto è incostituzionale soprattutto perché c'è assenza totale di
concertazione 'prima e dopò» e per questo «è grave che c'è una caduta democratica su 2 milioni di
persone. Per noi c'è una deriva democratica e il pericolo che tutto l'assetto del Paese si trasformi a colpi
di maggioranza: Bersani - ha concluso De Tilla con ironia - avrà la vita breve per come si sta
comportando, tutti gli iettatori napoletani gli stanno mandando messaggi».
«Vogliamo aprire a tutti i costi il cantiere delle riforme delle professioni - ha invece sottolineato
Michelina Grillo, presidente dell'Organismo unitario dell'avvocatura italiana - si tratta di una
battaglia di civiltà per ammodernarle. Oggi è stata la prova generale di ciò che faremo a
settembre, non ci preoccupano le sanzioni». Secondo Grillo oltre a manifestare serve «un
contrasto legale tramite motivi di incostituzionalità, un'iniziativa politica forte e un tavolo di
confronto dove emergeranno le contraddizioni del Governo».
Il corteo di questa mattina, ha detto Raffaele Sirica, presidente del Comitato unitario dei professionisti,
è stato «una scena importante per i lavoratori delle professioni: non avevamo scelta, dovevamo per la
prima volta nella storia apparire nella piazza per essere ascoltati su temi che - ha concluso - riguardano
tutti i cittadini». Sav/Ral
28 jul 06 1805
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AGI
LIBERALIZZAZIONI: APPUNTAMENTO A SETTEMBRE PER GRANDE CORTEO
(AGI) - Roma, 28 lug. - Le poche speranze di modifica delle norme contestate si fondano ora sui due pareri di
incostituzionalità del decreto stesso, firmati da due illustri giuristi e recapitati oggi a Bertinotti e, indirettamente,
al presidente della Repubblica Napolitano. 'Soprattutto – ha sottolineato De Tilla - si contesta l'incostituzionalità
della mancanza assoluta di concertazione, sia prima che dopo l'elaborazione del decreto. Abbiamo denunciato a
Bertinotti la deriva democratica a cui assistiamo, con un governo che decide a colpi di decreti e di voti di fiducià.
A parlare sono stati anche i rappresentanti delle altre categorie, a partire da Michelina Grillo, presidente
dell'Organismo Unitario dell'Avvocatura (Oua), che ha rilanciato la necessità di un cantiere unitario per
la riforma delle professioni. Mentre Raffaele Sirica, presidente del'Ordine degli Architetti e leader del Cup, il
Comitato Unitario Permanente di ordini e collegi professionali, ha rivendicato la scelta, pressoché inedita, di
manifestazioni di piazza collettive, perchè 'non avevamo scelta, dovevamo per la prima volta nella storia
scendere in piazza per essere ascoltati su temi che riguardano tutti. Su di noi - ha concluso - c'è un pregiudizio,
siamo stati descritti come gli untori, e solo così possiamo avere l'attenzione dell'opinione pubblicà. (AGI) Pgi
28 LUG 06 1736
LIBERALIZZAZIONI:ROMA,MANIFESTANTI CHIEDONO INCONTRO A GOVERNO
(AGI) - Roma, 28 lug. - Sotto un sole impietoso, nella fornace di piazza SS. Apostoli, si è conclusa da poco la
manifestazione unitaria dei professionisti italiani, indetta dal Cup (Comitato unitario delle professioni) per
protestare contro il decreto Bersani. Confermata la linea dura nell'opposizione al decreto sulle liberalizzazioni,
con i consueti slogan anti-governo e anti-Bersani, ma anche un'atmosfera quasi di rassegnazione di fronte alle
intenzioni del governo di non modificare le norme contestate, anche se i manifestanti hanno inviato una
delegazione a Palazzo Chigi per chiedere un nuovo incontro con l'esecutivo. Non molte le presenze, forse meno
di un migliaio (l'altro ieri solo i farmacisti avevano richiamato in piazza 4.500 persone) per un corteo che si è
snodato lungo via dei Fori Imperiali, suddiviso per le diverse professioni. Hanno sfilato i farmacisti (sempre in
camice bianco), i geologi, gli avvocati, i commercialisti, gli ingegneri, i consulenti del lavoro, e altre categorie,
con rappresentanze che andavano da poche centinaia ad appena alcune unità. Assenti numerosi leader nazionali
di categoria tra cui quelli di Federfarma, riuniti in un'assemblea delle libere professioni nei pressi di piazza di
Spagna, a guidare il corteo è stata la presidentessa dell'Organismo unitario dell'Avvocatura (Oua),
Michelina Grillo, che ha ribadito le ragioni della protesta chiedendo al governo 'un tavolo di concertazione
che porti all'individuazione di una corsia preferenziale per il varo di una riforma delle professioni
organica e condivisa, e dando appuntamento a settembre 'per un'altra, grande manifestazione unitaria di
tutti i professionisti italiani. Accanto a lei, numerosi politici della Cdl che hanno scelto di intervenire alla
manifestazione, da Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno e Roberta Angelilli di An a Alfredo Biondi di
Forza Italia. Tranquillo il clima, funestato nel finale dall'aggressione da parte di una ventina di farmacisti
contro alcuni manifestanti della Slc-Cgil. Brevi gli interventi in piazza SS.Apostoli, dove hanno parlato tra
gli altri la stessa Michelina Grillo, la presidente dei consulenti sul lavoro Marina Calderone e il segretario
dei periti industriali di Torino Amos Giardino. Al ermine, è partita la delegazione diretta a Palazzo Chigi per
chiedere un incontro col governo. Ne fanno parte, tra gli alti, la Grillo, Maurizio De Tilla, presidente della Cassa
forense, Pietro De Paola presidente dell'Ordine dei Geologi e Walter Militi, presidente dell'Associazione italiana
giovani avvocati. Un altro delegato si recherà invece alla Camera con una lettera per il presidente Bertinotti, più
un allegato contenente diversi pareri di incostituzionalità del decereto Bersani, che verranno recapitati anche al
Capo dello Stato Giorgio Napolitano. (AGI) Pgi
281354 LUG 06 1354
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IL MESSAGGERO
Parla il ministro dello sviluppo: il Parlamento non è prigioniero delle lobby, mi appello ad un rapido
varo a settembre delle tre leggi già all’esame delle Camere
”Liberalizzazioni, la fase 2 è gia à in pista”
Bersani: presto un nuovo pacchetto di semplificazioni, stop ai rincari indebiti della benzina
ROMA - «L'altra sera è piovuto un sasso sulla soglia di casa mia. Lì per lì mi sono anche impensierito
poi l'ho raccolto e c'era attaccato un bigliettino: «Caro ministro, per favore non mollare». Rilassato, a
riposo per qualche ora nella sua casa di Piacenza, il ministro dello Sviluppo economico Pier Luigi
Bersani racconta l'episodio come prova dell'appoggio alle liberalizzazioni di buona parte dell'opinione
pubblica ma anche per ribadire che c'è molto altro che bolle in pentola.
Quali saranno le prossime liberalizzazioni, ministro?
«La fase due delle liberalizzazioni in realtà è già iniziata»
Fase due? Si spieghi meglio...
«Il decreto è arrivato in dirittura d'arrivo nel giro di poco più di un mese, dunque il Parlamento è meno
prigioniero delle lobby di quanto si pensi. E allora mi permetto di lanciare un appello alle istituzioni
parlamentari affinché a settembre vengano esaminate ed approvate tre norme importantissime già
depositate presso le Camere»
Le vuole ricordare?
«Il disegno di legge sulla liberalizzazione dell'energia; il disegno di legge sulla" class action" , ovvero
sulla possibilità da parte dei consumatori di fare azioni collettive contro chi li truffa; e la legge delega
sulla riforma dei servizi pubblici locali. Il nostro obiettivo è rimuovere ostacoli alla concorrenza e, in
questo contesto, siamo pronti ad ascoltare le proposte dell'opposizione»
Cos'altro bolle in pentola?
«Con la ripresa autunnale arriverà la riforma degli ordini professionali del ministro Mastella e quella
dell'antitrust nel settore delle Comunicazioni di competenza di Gentiloni. Noi stiamo dando una mano
ad un corposo pacchetto di semplificazioni cui stanno lavorando i ministri degli Affari Regionali, Linda
Lanzillotta, e della Funzione Pubblica, Luigi Nicolais»
Ma è vero che state lavorando alla liberalizzazione degli impianti di distribuzione della benzina?
«Stiamo monitorando il settore perché se fosse più efficiente i carburanti potrebbero costare un po'
meno. Si tratta di interventi complessi perché coinvolgono anche norme urbanistiche e quindi occorre la
collaborazione degli enti locali)
Intanto il prezzo dei carburanti corre...
«Intanto lo Stato non è più interessato agli aumenti perché dal gennaio 2007, lo prevede il disegno di
legge sull'energia, rinunciamo ai maggiori incassi fiscali. Però desidero sottolineare che stiamo tenendo
d'occhio i petrolieri. Da questa settimana il ministero monitora i prezzi senza tasse delle benzine italiane
e li confronta con quelli europei. E i petrolieri devono stare molto attenti Perché se la forbice fra i
prezzi italiani ed europei dei carburanti aumenterà senza giustificazioni interverremo con la dovuta
energia”
Restiamo su questo settore: oltre che con le liberalizzazioni i prezzi potrebbero scendere anche se
avessimo i rigassificatori...
«E li faremo, ricordo che la legge sull'energia prevede forme di aiuto per le comunità locali che
accettano la costruzione di infrastrutture. Ma devo dire che l'orizzonte nel quale dobbiamo muoverci
non è solo italiano”
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Cosa vuol dire?
«Serve più Europa. Solo l'Unione Europea può far capire ai paesi che dispongono di gas e petrolio che
non possiamo berci qualunque prezzo perché può mettere sul piatto qualcosa come 450 milioni di
consumatori. L'alternativa è che ogni Paese europeo privilegi il proprio monopolista ma nessuno
dispone di una tale massa critica da "fare" il prezzo. La strategia, dunque, va definita a livello di capi di
governo dell'Ue”
Torniamo alle liberalizzazioni. Prima i tassisti, poi, per la prima volta in assoluto, i cortei di
professionisti e farmacisti. Se li aspettava? Che idea si è fatto di queste categorie?
«Tutte le associazione di categoria, sindacati compresi, hanno un problema di fondo: la società è
diventata più complessa e gli interessi fra i loro associati sono diversificati. Infatti il fronte dei
farmacisti fin da subito non è stato compatto. Ma prendiamo gli avvocati: siamo sicuri che gli interessi
di un professionista di paese siano gli stessi di un grande studio oppure di un giovane professionista che
deve farsi strada?”
Perché questa volta non hanno "retto"?
«In un mondo che cambia velocemente si nascondevano da anni dietro qualche norma di legge. Hanno
pensato di fermare l'acqua con le mani”
Si, ma i tassisti...
«Si tratta di capire che governare vuoi dire cambiare ma senza fare la guerra a nessuno. In Italia ci
vorrebbe più concretezza invece c'è una fortissima attenzione ai simboli per cui si perde o si vince in
base alle immagini televisive e non sulla base di quello che succede davvero”.
Diceva che anche i sindacati hanno questo problema...
«Si, ma lo affrontano con flessibilità. Ad esempio i sindacati si sono aperti ai consumatori oppure ai
precari. Anche le associazioni del commercio, dopo la riforma del settore, hanno imparato a favorire il
franchising. Ma c'è un ultimo elemento che pochi hanno notato”
Quale?
«Tutto il decreto sulle liberalizzazione è stato fatto in casa. Il ministero per lo Sviluppo non ha speso
una lira in consulenze. C'è un'amministrazione pubblica fatta di funzionari fedeli e con la schiena dritta
che trovano la loro missione nel togliere e non nel mettere paratie. Se dovessi indicare un senso
profondo del decreto sulle liberalizzazioni parlerei di un'alleanza fra cittadini-consumatori, imprese e
amministrazione pubblica per liberare gli italiani da qualche peso”. Diodato Pirone
31/07/2006
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IL TEMPO
Riecco Mastella: “Non ci sono soldi”
Il ministro torna alla carica: “Mancano 300 milioni, rischiano di chiudere Procure e Tribunali”
Trecento milioni per tribunali, carceri e amministratori di giustizia. Euro più, euro meno, a tanto
ammonterebbe il debito del ministero con sede in via Arenula, raccolto in cinque anni di finanziarie di
centodestra. Il ministro della Giustizia Mastella, per la prossima settimana, ha organizzato una
conferenza per illustrare nel dettaglio la situazione attuale, mentre si trova ancora impegnato nella
discussioni che ruotano attorno alla pubblicazione, o meno, delle intercettazioni telefoniche. Le cause?
Sono da rintracciare prima di tutto per i tagli effettuati al sistema-giustizia. L’allarme-tribunali è stato
lanciato ieri, dall’Unione Generale del Lavoro ed è stato subito raccolto dal Capo Dipartimento Claudio
Castelli che, in seguito alla nota, ha incontrato il sindacato nel primo pomeriggio di ieri. I fondi
disponibili per il 2006 ammontano a 279,9 milioni di euro - di cui 154,5 mln per l’amministrazione
giudiziaria, 103,5 mln per quella penitenziaria, ventidue milioni per la giustizia minorile. Senza
contemplare i fondi necessari per le spese di giustizia da «approvare nel corso dell’anno». L’Unione
Generale del Lavoro, dal canto suo, promette battaglia indicendo, per il mese di settembre, scioperi a
catena e assemblee di amministratori all’interno dei tribunali, per sollevare la questione e,
possibilmente, cercare di trovare una soluzione adeguata. L’allarme era già stato lanciato nel mese di
giugno, al momento dell’insediamento vero e proprio dell’entourage di Mastella nel ministero di via
Arenula. Questi ultimi avevano «fatto rapporto» circa la situazione reale - dati e statistiche alla mano del quartier generale della Giustizia. Secondo la situazione tratteggiata da quei dati, a essere messo in
discussione era il «regolare andamento della gestione dell’esercizio amministrativo» e, su un totale di
239,9 milioni di debiti, 121,6 milioni erano dell’amministrazione giudiziaria, 100 milioni di quella
penitenziaria e 18,3 milioni della giustizia minorile nonché «la mancata riqualificazione del personale e
la mancata ridistribuzione del Fondo Unico d’Amministrazione». «Il capo dipartimento Castelli - ha
commento il segretario nazionale Ugl Ministeri Paola Saraceni - conosceva bene la situazione delle
carceri che, fondamentalmente, è una situazione di collasso. A modo suo ha ricambiato questa
preoccupazione anche perché, arrivando da Milano - ha continuato la Saraceni - conosceva bene la
situazione reale dei tribunali italiani. Le spese della giustizia che provengono dalla periferia sono spese
incontrollate perché mettono in moto - partendo da lontano - un meccanismo "lungo", sopratutto dal
punto di vista di norme che, in fin dei conti, hanno dei costi molto alti. È per questo che ci siamo
ritrovati in una situazione di degrado. Ancora, in questa maniera è stato messo in moto un meccanismo
di "giustizia garante" dal punto di vista normativo con spese molto alte. A questo punto, ciò che noi
chiediamo è almeno il riconoscimento delle funzioni del personale e il pagamento del FUA (Fondo
Unico per l’Amministrazione). Abbiamo consigliato - ha continuato - quanto meno di uilizzare, in
mancanza d’altro, quei finanziamenti per dare una mano al personale. Inoltre - ha concluso - le ricadute
immediate sono sulla situazione delle carceri visto che più della metà dei detenuti sono in attesa di
giudizio e non solo, come se non bastasse più della metà dei detenuti sono in attesa di giudizio e, i
processi, sono lentissimi tanto che l’Italia, ogni anno, viene caricata di debiti dal tribunale di
Strasburgo, per i ritardi appunto e noi, dal canto nostro, stiamo mantenendo lo stato di agitazione». «I
lavoratori non possono pagare per una gestione finanziaria fallimentare - ha commentato Raffaele
Pinto, presidente dell’Associazione Informatici Pubblica Amministrazione abbiamo carenze organiche
anche del 30% che si riflettono sull’efficienza e interpelli bloccati mentre, per quanto riguarda la
riqualificazione alla giustizia, è l’unico ministero dove non è stata effettuata, sebbene i soldi ci siano».
Gianni Di Capua
29/07/2006
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LA STAMPA
ALL’INDOMANI DEL SOFFERTO SUCCESSO SULL’INDULTO IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA RILANCIA SUI
PROVVEDIMENTI PER SVUOTARE LE PRIGIONI
Mastella: riformare le carceri
«Da settembre lavoriamo alle riforme dalla legge sulla droga alla ex Cirielli»
ROMA. Il giorno dopo, portata a casa la vittoria sull’indulto, il ministro della Giustizia, Clemente
Mastella, si fa prudente come un gatto svizzero. Tende la mano all’altro campagnolo di governo,
Antonio Di Pietro, e si trattiene dal parlare di rivincita della Dc, quindici anni dopo. Non fa niente se il
matrimonio del figlio Pellegrino è stato celebrato a Ceppaloni, fra ospiti di alto lignaggio politico, torte
disneyane e piramidi di pesche in uno sfarzo (finalmente) da latifondista della Prima repubblica. E
meno ancora fa se l’ha spuntata sulla clemenza sbaragliando il fronte - ora sparuto e in parte annoiato che ai tempi di Mani pulite sbaragliò la Balena Bianca.
«Non ho vendette da consumare», dice, nemmeno con Tonino e nemmeno se Tonino, come ha
ricordato, «nel ‘92 mi voleva arrestare». Era successo che il tremillesimo pentito era andato dall’Eroe a
denunciare l’estorsione quantificabile in 84 milioni di lire in vestiti consegnati all’allora semi-leader
democristiano. «Col solo risultato di far incazzare il mio sarto», ricorda Mastella. Gli preme piuttosto di
ripetere al collega che «è inaccettabile che lui tiri in ballo la mia moralità, lui e gli altri, quelli che
dicono chissà quale inciucio c’è dietro, chissà quale compromesso. Devono capire che Silvio
Berlusconi è un avversario di cui ho rispetto». Eppoi è compromissioria anche la Costituzione, «una
grande Costituzione, e figlia, come ovvio, della trattativa». Ritira in ballo Giovanni Paolo II, il debito
con lui del Parlamento, le ragioni profonde di coscienza eccetera, e cioè: «Non avevo tutta questa
voglia di finire sul blog di Beppe Grillo come amico dei corrotti. Lo sono anche il presidente della
Repubblica, che a dicembre sfilò con Marco Pannella, e Karol Wojtyla?».
E piuttosto, insiste, questi saltimbanchi della rettitudine dovrebbero piantarla di farsi avanguardia della
società civile: «Si presentino al voto, vediamo che forza hanno. E peggio quelli che li spalleggiano dal
Parlamento. Tutta gente che fa coalizione con me, liberamente». Per esempio Franca Rame, che al
«Manifesto» ha detto di aver votato no pensando agli operai morti sul lavoro. «Un ragionamento
assurdo, specie perché proviene da lei che s’è sempre battuta per i detenuti. Ma che significa? Per
amore dei lontani non aiuti quelli vicini?». Ne ha sentite, dice, di obiezioni strampalate. Lo hanno
colpito specialmente quelle di Eugenio Scalfari, «piene di virulenza e prive di logicità», e cioè ritiene
illogico abbandonare migliaia di reclusi per colpire settanta colletti bianchi. E si è dunque rafforzato
nella convizione che «si deve diffidare dei teologi del moralismo». Quelli che vogliono applicare la
propria morale agli altri perché quella degli altri è una morale immorale. Adesso non gli sfugge la
necessità di preparare riforme strutturali, «visto che quello dell’indulto è un provvedimento eccezionale
ed eccezionale deve rimanere». Concorda in pieno con Giuliano Pisapia, di Rifondazione comunista,
secondo il quale si debbono studiare forme alternative di pena per i tossicodipendenti. Significa anche
rivedere la legge Giovanardi, molto punitiva sulla questione droga. In effetti le prigioni traboccano di
drogati, piccoli spacciatori, e poi di extracomunitari, e si può immaginare che a causa della Cirielli (la
legge con cui la recidiva viene pagata duramente) il problema si aggraverà. «Questi sono i punti su cui
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dobbiamo concentrarci da subito», dice. E spera di mettere mano a quelle norme in accordo con
l’opposizione, «la quale deve sapere che non abbiamo intenzione di buttare a mare tutto il lavoro fatto
nella precedente legislatura».
Se ne riparlerà comunque a settembre, insieme con l’ipotesi di costruire nuove carceri, «sebbene sia più
urgente sistemare quelle vecchie. Sono stato di recente a San Vittore e mi sono venuti i brividi.
Ringrazio il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni, con cui collaboreremo per migliorare la
vivibilità dell’istituto». La priorità è di organizzarsi per indirizzare gli effetti dell’indulto. Il ministro
chiederà l’appoggio del Consiglio superiore della magistratura, dei magistrati di sorveglianza, dei
volontari, dei cappellani, «e dei vescovi, soprattutto, perché vadano a parlare con chi sta uscendo, li
motivino, li aiutino a non delinquere più». Ma non è che le polemiche finiranno qui. Quando il primo
dei beneficiari dell’indulto ci ricascherà, se ne scateneranno di nuove. Per cui potrebbe essere un’idea,
fra sei mesi o un anno, fare un monitoraggio per capire come è andata. «Ci si può pensare, bisogna
capire se si può farlo e come, ma non lo escludo».
Con Mastella non si può non finire a parlare della politica puramente all’italiana, quella della strategia,
del cambio di alleanze. C’è ora l’ipotesi bertinottiana dell’allargamento della coalizione. Mastella non
ne è ostile a prescindere, «è che mancano le condizioni». Almeno finché a sinistra si continuerà a
parlare del Partito democratico (fusione di Ulivo e Margherita) e a destra del partito unico, «e non si
faranno né l’uno né l’altro. Io auguro ai miei amici di riuscire a mettere in piedi il Partito democratico,
ma non ci credo, perché non vedo entusiasmo, e quando non c’è entusiasmo non si va né da una parte
né dall’altra. Però questi progetti impediscono che se ne abbozzino di alternativi, anche di ampliamento
della maggioranza». Poi, detto questo, si sappia che «la costruzione del grande centro resta sempre in
cima ai miei pensieri e in fondo al mio cuore». Mattia Feltri
31/07/2006
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IL CORRIERE DELLA SERA
La lobby che tiene famiglia
di Sergio Romano
Spero che il ministro Pier Luigi Bersani riesca a vincere la sua battaglia per le liberalizzazioni.
Ma è possibile che il risultato, alla fine della partita, sia soltanto la versione aggiornata e migliorata di
alcuni fra i numerosi concordati che lo Stato italiano è stato costretto a stipulare con i piccoli e grandi
poteri corporativi della società nazionale. Gli ordini professionali e le associazioni di categoria
cederanno alcune prerogative e apriranno qualche varco nelle loro fortezze. Ma si batteranno per
conservare il diritto di autogovernoe di cooptazione. Sosterranno che questi diritti vengono esercitati
nell'interesse della comunità e servono a garantire la qualità del servizio prestato. Sono argomenti
discutibili, spesso infondati, ma le corporazioni possono contare, per opporsi all'iniziativa del ministro
per lo Sviluppo economico, sulla complicità di una parte importante del Paese. Se la battaglia di
Bersani è così difficile, la causa non è l'importanza dell'associazione interessata da un singolo
provvedimento o la sua capacità di nuocere con la propria resistenza al traffico di una città, al lavoro
dei tribunali o alle legittime aspettative del cittadino consumatore. La sua forza sta nel tacito consenso
di una società nazionale in cui ogni cittadino sa che la sconfitta di una corporazione può preannunciare
la fine della propria. Vi è una vecchia leggenda che occorre forse sfatare. Gli italiani non sono
individualisti. Il «particulare» di cui parlava Guicciardini non è l'interesse del singolo cittadino, deciso
a realizzare se stesso in libera gara con coloro che praticano lo stesso mestiere e hanno le stesse
ambizioni. Il «particulare» italiano è l'interesse di gruppi organizzati in cui l'individuo è anzitutto
socio,collega,sodale, fratello, compare. Alcuni fra i migliori economisti italiani, da Mario Monti a
Francesco Giavazzi, ci hanno spiegato negli scorsi giorni quali effetti negativi queste corporazioni
possano avere sul costo, sulla qualità e sull'efficacia dei loro servizi. A me sembra che accanto a questo
effetto ve ne sia un altro, forse più grave. Le corporazioni diffidano del merito. Sanno che
l'applicazione di questo criterio per il reclutamento e la promozione delle singole persone introduce
nella professione un intollerabile elemento di imprevedibilità ed è un attentato al diritto di cooptazione.
Gli avvocati, i notai, i professori universitari e altri membri di antiche professioni liberali si considerano
comproprietari di un sodalizio cui debbono poter accedere anzitutto i figli, i congiunti, gli allievi, i
collaboratori fedeli. E questa la ragione per cui in Italia i pubblici concorsi vengono spesso ritardati,
rinviati, aggiustati o più semplicemente aggirati con il sistema della chiamata personale, del
reclutamento clientelare o dell'ape legis. Il merito come criterio di scelta rappresenta per tutte le
corporazioni un fastidioso fattore di disturbo. E meglio cooptare sulla base di altri criteri: i legami di
sangue, lo scambio di favori o la fedeltà. Commetteremmo un errore se pensassimo che queste
caratteristiche appartengono soltanto alle associazioni contemplate nei primi provvedimenti di Bersani.
Ve ne sono molte altre, fra cui persino quella dei giornalisti, che dovrebbero guardarsi allo specchio e
fare un esame di coscienza. Le società di mestiere, con i loro statuti di autoprotezione, hanno svolto in
alcuni momenti un ruolo utile al Paese. Oggi sono uno dei motivi della lentezza con cui l'Italia si adatta
alle condizioni di un mondo in cui vincono, nelle battaglie dell'economia e del progresso scientifico,
soltanto quelli che mettono in campo i migliori.
31/07/2006
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ITALIA OGGI
Manovrina blindata lunedì alla camera
La manovrina di liberalizzazione e correzione dei conti pubblici sbarca dall'inizio della prossima
settimana a Montecitorio con l'ombra di un ennesimo voto fiducia. Alla camera, in particolare, il
provvedimento è atteso lunedì per la discussione generale, mentre il giorno successivo si comincerà a
votare sulle proposte di modifica. L'alto numero degli emendamenti che verranno dall'opposizione, ma
soprattutto i tempi così stretti da rendere praticamente impossibile la terza lettura al senato, faranno
molto probabilmente sì che ci sia una nuova fiducia.
Nel frattempo ieri sono stati respinti in commissione alla camera tutti gli emendamenti presentati. Le
proposte di modifica al decreto Bersani ´si intendono complessivamente votati e respinti tecnicamente
per l'aula', ha spiegato il presidente della commissione bilancio di Montecitorio, Lino Duilio,
riassumendo il lavoro delle commissioni congiunte bilancio e finanze sui circa 900 emendamenti (oltre
cento erano stati dichiarati inammissibili), presentati dall'opposizione al provvedimento di correzione
dei conti pubblici e di liberalizzazione.
Un piccolo slittamento dei tempi si è avuto per la richiesta di votare tre emendamenti, subito respinti.
Quindi le due commissioni hanno conferito l'incarico ai due relatori, Riccardo Milana per il pacchetto
Bersani e Laura Fincato per la parte fiscale, di riferire in aula sul testo del senato. Lunedì quindi il
decreto sbarca in aula a Montecitorio per la discussione generale.
Alle 8,30 di martedì si riunisce il comitato dei nove mentre dalle 9,30 l'aula inizia a votare sulle
proposte di modifica. Considerando l'elevata quantità di emendamenti e la volontà dell'opposizione di
contrastare il provvedimento, è possibile il ricorso alla fiducia da parte del governo.
Del resto, come già annunciato nei giorni scorsi dal ministro dello sviluppo economico, Pierluigi
Bersani, e dal sottosegretario allo stesso dicastero, Paolo Giaretta, il testo è blindato, anche perché il
senato potrebbe chiudere per la pausa estiva in tempi brevissimi, e quindi non ci sarebbe tempo per una
terza lettura del provvedimento (di nuovo a palazzo Madama) che scade il 4 settembre.
29/07/2006
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LIBERO
Il direttore di Italia Oggi
«Queste liberalizzazioni le ha volute Confindustria»
..
Bechis: a Vicenza Montezemolo ha ottenuto l'ok per smontare gli ordini
II decreto Bersani?È made in Confindustria. II provvedimento che ha messo in croce tassisti, farmacisti,
avvocati, fornai e agenzie immobiliari sarebbe stato partorito a Vicenza, nel giorno in cui Romano
Prodi presentò il suo programma elettorale. Il giorno prima del Berlusconi day, quando l'allora premier
fu protagonista dello scontro con Diego Della Valle,tra i fischi da stadio del parterre formato da
imprenditori veneti. Tutti rivolti a mister Tod's. Luca di Montezemolo, il suo vice Andrea Pinifarina,
l'editorialista del Corriere della Sera Francesco Giavazzi e Ferruccio De Bortoli, direttore de Il Sole-24
Ore: sono loro i mandanti del decreto sulle liberalizzazioni. Venerdì 17 marzo, una data un
presagio,Prodi è il super ospite del convegno sul tema "concorrenza". Cerca di accattivarsi le simpatie
della Franco base degli industriali annunciando che, nel programma dei primi 100 giorni di governo,
avrebbe ridotto di cinque punti il cuneo fiscale. Una promessa non mantenuta, rinviata alla prossima
Finanziaria. Altro che cento giorni. Luca di Montezemolo si dice «molto soddisfatto» del Professore.
Ma leggendo l'editoriale del direttore Franco Bechis su Italia Oggi si scopre che gli apprezzamenti del
numero uno del Cavallino si riferivano non tanto al discorso del Professore, quanto all'accordo che
aveva appena siglato con il leader dell'Unione. Un patto finalizzato a spezzare le reni alle professioni
per conquistate più potere all'interno del mondo produttivo. Non a caso Prodi spiegò, durante la tavola
rotonda con 12imprenditori, che «occorre una politica industriale che favorisca gli accorpamenti ».
Basta comunque rileggere certe dichiarazioni dei presenti a Vicenza quel funesto venerdì 17per capire
dove nasce il decreto Bersani. A cominciare dallo stesso Montezemolo: «Bisogna insistere sulle
liberalizzazioni, non è possibile essere liberisti solo a parole. Va rivista tutta la macchina: c'è troppa
burocrazia a tutti i livelli».Cinzia Palazzetti, leader di Un industria Pordenone: «La questione sulla
concorrenza è sulla nostra agenda da molto tempo. L'abbiamo posta all'attenzione del mondo politico,
oltre che dell'opinione pubblica, forse nel momento e nel modo migliore ».Frasi sibilline, come quelle
dell'imprenditore ravennate Andrea Gallignani, che chiedeva interventi mirati contro le rendite di
posizione.
Direttore Bechis, allora le liberalizzazioni avevano un obiettivo diverso da quello annunciato?
«Della libertà di mercato importa un fico secco ai più: quel che conta è prendersi il mercato.
Confindustria ha fatto bene a chiedere il decreto al governo: è nel suo interesse smontare gli ordini
professionali. Così può aumentare i suoi iscritti, quindi incassare più quote di iscrizione»
In sostanza questo decreto è una cambiale a Montezemolo
«Proprio così. Quel venerdì 17 la gran parte dei giornalisti era attenta all'applausometro più che ai
contenuti della tavola rotonda. Certo che, a rileggersi gli stenografici dei dibattiti sulla concorrenza
condotti da De Bortoli,è tutto chiaro: si comprende come il decreto che avrebbe fatto imbufalire
centinaia di migliaia di professionisti sia stato concepito nel dettaglio proprio in quell' occasione. Tutto
era contenuto nelle richieste avanzate da Confindustria, ripetute anche nei primi incontri a Palazzo
Chigi e confermati dallo stesso Bersani a Santa Margherita Ugure, in occasione del meeting dei giovani
industriali".
Si dice che Prodi abbia voluto colpire chi non ha votato per l'Unione. È vero?
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«In parte sì, perché i professionisti generalmente non stanno con la sinistra. Certo è che il governo ha
colpito anche gli amici, come gli artigiani della Cna: sono furibondi perché, nel giorno in cui sono stati
convocati sul Dpef, nessuno ha comunicato loro del decreto, presentato mezz' ora dopo».
Sulle liberalizzazioni è apparso assordante il silenzio della Cgil. Non è aveva ragione Prodi quando
disse che n suo programma era uguale a quello della Cgil, e poi che c'erano delle coincidenze con
quello degli industriali?
«Può essere. Confindustria è impegnata a spezzare le radici che hanno tenuto assieme le varie
professioni, riunite in ordini o associazioni, e anche alla Cgil va bene che gli autonomi siano in
difficoltà, che perdano potere a vantaggio dei lavoratori dipendenti. Prodi ha preso due piccioni con una
Fava”..
Giuliano Zulin
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ITALIA OGGI
Professionisti cotti al Sole
La stangata di Bersani fu preparata a Vicenza da Confindustria
Franco Bechis – Direttore Italia Oggi
Fissarsi a mente una data: 17 marzo 2006. Segnare sul taccuino pochi nomi: Romano Prodi, futuro
presidente del consiglio. Luca Cordero di Montezemolo, presidente di Confindustria. Andrea
Pininfarina, vicepresidente di Confindustria, Francesco Giavazzi, economista. Sandro Trento, direttore
del centro studi di Confindustria. Ferruccio de Bortoli, direttore del Sole-24 Ore, quotidiano della
Confindustria. In quel giorno, a Vicenza, fra quei protagonisti ora citati è nato il decreto Bersani-Visco.
Lì, mentre tutti eravamo distratti dalla campagna elettorale e dai fuochi di artificio del duello ProdiSilvio Berlusconi, è stata partorita la stangata su tutti i professionisti italiani (...) Basta dare un'occhiata
alla copiosa documentazione assemblata per il convegno degli industriali a Vicenza, e rileggersi lo
stenografico dei dibattiti sulla concorrenza condotti dal direttore del Sole-24 Ore per comprendere
come quel decreto legge che avrebbe fatto imbufalire centinaia di migliaia di professionisti sia stato
concepito nel dettaglio proprio in quella occasione. Tutto era contenuto nelle richieste avanzate da
Confindustria, e non sarebbe un'esagerazione sostenere che gli uffici tecnici di Bersani abbiano preso
proprio da quella documentazione porzioni abbondanti di testo per poi incollarle nel provvedimento
presentato alle camere. Intendiamoci, la buona fede del ministro è fuori dubbio. Bersani molte di quelle
norme le aveva annunciate nella sua relazione alla conferenza programmatica dei Ds nel dicembre
2005. Il suo collega di governo, Enrico Letta, le aveva scritte sul suo sito internet il 5 aprile scorso, a
pochi giorni dalla prova elettorale. Ma che dietro quel decreto ci sia un braccio di ferro promosso da
Confindustria per societarizzare e poi inglobare al suo interno il mercato delle professioni, è altrettanto
chiaro. Per questo i professionisti faticano a trovare un posto al Sole. Con tutta la buona volontà del
mondo, la Confindustria intera è impegnata ventre a terra a spezzare le radici che hanno tenuto insieme
le varie professioni, riunite in ordini o associazioni. Come sempre in Italia bisogna diffidare delle
bandiere sventolate con tanta generosità. Quando sentite parlare di libero mercato o di tutela dei
consumatori, mettetevi le mani sul portafoglio: normalmente c'è il trucco. Sono le guerre di potere, gli
eserciti contrapposti che normalmente vanno in scena all'ombra di quelle bandiere ideali. Delle libertà
di mercato importa un fico secco ai più: quel che conta è prendersi il mercato...
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ITALIA OGGI
Liberalizzazioni annunciate un anno fa nell'indifferenza generale di chi oggi scende in piazza
Attenti a quei due, ve l'avevano detto
Decreto Bersani, un programma anticipato. Anche da Letta
´Non si è mai abbastanza attenti nella scelta dei propri nemici'. Ah, se avessero letto Oscar Wilde, i
professionisti. Adesso saprebbero che i loro nemici si chiamano Pierluigi Bersani ed Enrico Letta e che avevano
già detto le cose contro le quali adesso protestano.
Già, perché in tempi non sospetti il ministro allo sviluppo economico e il sottosegretario alla presidenza del
consiglio annunciavano che cosa si sarebbe apprestato a fare il governo Prodi in caso di vittoria. Ma tutto è stato
detto e scritto nella disattenzione generale. Quando? Per esempio il 1° dicembre scorso. Alla conferenza
programmatica dei Ds a Firenze. Bersani, il ministro dal titolo facile (vedi il decreto ´il cittadino consumatore'),
nella relazione ´Amare l'Italia' propone ´l'abolizione delle tariffe minime dei professionisti, la liberalizzazione
della vendita dei medicinali da banco' e annuncia ´azioni coraggiose' per ´aprire e regolare nuovi mercati fuori da
assetti monopolistici e corporativi'.
Andando indietro, Bersani in un'intervista con il Corriere della Sera del 27 novembre elenca le cose da fare una
volta al governo: ´Inizieremo con il togliere le tariffe minime e il divieto di pubblicità o aprendo alle società
professionali. E le liberalizzazioni ci stanno bene'. Concetto quest'ultimo ripetuto in un'altra intervista con il
quotidiano di via Solferino datata questa volta 14 maggio 2005: ´Per il futuro mi sta bene tutto, anche un
pacchetto immediato di liberalizzazioni'.
Il 15 aprile precedente, partecipando a un incontro sulle tariffe organizzato da Romano Prodi nella sede della
Fabbrica del programma, nel ricordare ancora una volta che bisogna andare avanti con le liberalizzazioni, invoca
´qualche normativa che possa portare munizioni a chi è sul fronte e non a chi sta nelle retrovie di questa
battaglia'. Brescia, 18 marzo 2005, presente con Fausto Bertinotti alla presentazione del libro Il diavolo e
l'acquasanta di Maurizio Zipponi, il ministro, allora responsabile economico dei Ds, addirittura punta il dito
contro ´i settori non liberalizzati, in cui vanno accumulandosi zone di rendita che vanno tolte'. Più o meno quanto
detto il 17 febbraio di quell'anno in un'intervista con l'Unità e il 10 febbraio intervenendo sullo stato dei conti
pubblici. Fino a ribadire a ItaliaOggi il 9 febbraio 2005 che ´sarebbe necessario uno straccio di politica dei
redditi per sostenere il potere d'acquisto e controllare prezzi e tariffe'. Insomma, è da un anno che Bersani dice
ciò che poi realmente fa, facendo infuriare i distratti professionisti. E se la memoria non è lunga, sarebbe bastato
prestare l'orecchio a quanto il già ministro dichiara il 10 giugno scorso a Santa Margherita Ligure, durante il
convegno dei giovani imprenditori: ´Presto qualcosa ci sarà sulle liberalizzazioni', e quel qualcosa, secondo
indiscrezioni, sono provvedimenti su taxi, farmacie ma anche appalti e servizi locali.
Ma Bersani non è il solo ad aver anticipato cose nell'indifferenza generale. Il 5 aprile, sul suo sito personale,
l'attuale sottosegretario Enrico Letta scrive che ´liberalizzazione per noi significa contrastare rendite
monopolistiche e corporative, migliorare qualità e prezzo per consumatore. A tal fine uno sforzo si impone a
intervenire nei settori nei quali si annidano rendite improprie e inefficienze; in particolare ci riferiamo al settore
dei servizi professionali e alla distribuzione commerciale'. Letta, in pratica già tre mesi prima della presentazione
del decreto Bersani, ritiene che ´alcuni settori sono protetti da norme che restringono l'accesso alla professione,
limitano la concorrenza e riservano ai loro utenti costi troppo elevati'.
Un anno di allarmi, ma nessun segnale è stato captato. (riproduzione riservata) E.Gioventù
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ITALIA OGGI
Già a Vicenza i suggerimenti al governo per eliminare le barriere che impediscono la concorrenza
Una stangata alla confindustriale
Le liberalizzazioni di Prodi dettate da viale dell'Astronomia
La stangata era stata predisposta già nel marzo del 2006. Ma era rimasta nell'ombra. Nascosta dalla clamorosa
invettiva contro gli industriali che non possono essere di sinistra lanciata dall'ex presidente del consiglio, Silvio
Berlusconi, nel corso del convegno di Vicenza. Una sparata che aveva fatto passare sotto silenzio il vero
obiettivo di quell'evento, officiato dal presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, e dal suo
vice, Andrea Pininfarina: liberalizzare, liberalizzare, ancora liberalizzare, per fare in modo che l'Italia ´torni a
correre', come si legge nel testo dell'intervento del numero due degli industriali. Nella sua relazione, tanto per
fare capire quanto Pininfarina abbia contribuito ad alimentare il programma di liberalizzazioni avviato dal
ministro dello sviluppo economico, è indicato con chiarezza il percorso da seguire: ´Si deve completare il
programma di liberalizzazioni avviato ma non concluso nel corso degli anni Novanta', ha scritto in grassetto il
vicepresidente di viale dell'Astronomia'. Se non bastasse come indizio, eccone un altro. ´A livello locale ci sono
ampi margini per una politica di rimozione delle barriere amministrative all'entrata di altri vincoli alla
concorrenza', è la diagnosi. Con la prognosi e la cura indicata tra parentesi: ´Si pensi alla distribuzione
commerciale, alle farmacie e ai taxi', cioè ai primi obiettivi colpiti da Bersani. C'è poi, per i più esigenti, i
perfezionisti che non si accontentano di due indizi, una terza traccia. ´Le normative che regolano i settori dei
servizi, pensiamo alle professioni in senso lato, ma non solo, sono in genere ispirate a principi derogatori rispetto
alle regole della libera concorrenza e del libero mercato', scrive Pininfarina, ´giustificati in teoria dall'opportunità
di garantire la qualità delle prestazioni e di proteggere i consumatori da comportamenti scorretti'. Ma la realtà,
secondo Confindustria, è diversa, perché i mercati non sono trasparenti. Per le professioni, quindi, ´vanno
rimosse le tariffe minime e massime, va lasciata piena libertà alle parti nella fissazione dei prezzi, va consentita
la possibilità di costituire società di capitali, facilitando in questo modo la nascita di grandi operatori in grado di
offrire servizi migliori e di competere ad armi pari con le società estere'. C'è di più, perché ´il divieto di
pubblicità che vige in questo settore è una limitazione al confronto competitivo che non ha ragion d'essere'. A
questo punto gli indizi sono tanti, e come diceva Hercule Poirot, il detective belga immaginato da Agatha
Christie, ne bastano solo tre per fare una prova. Ma come avviene nei libri gialli, l'investigatore non si
accontenta. E scopre, nel volume del Centro studi Confindustria dedicato alle ´Restrizioni normative alla
concorrenza nei servizi privato', l'arma del delitto e il mandante. Nel documento, redatto nell'ambito di un
progetto concorrenza coordinato da Stefano Micossi, Innocenzo Cipolletta e Giangiacomo Nardozzi, si
suggerisce ´ai singoli stati membri dell'Ue di anticipare l'applicazione di alcuni principi della direttiva
comunitaria sui servizi, per rimuovere dal proprio ordinamento restrizioni ingiustificate della concorrenza'. Gli
stessi economisti da sempre nel Gotha confindustriale, in una ricerca Demos sul tema ´Tra concorrenza e
protezione, indagine sull'atteggiamento degli italiani nei confronti del mercato', parlano apertamente di
´professionisti protezionisti'. E osservano: ´Nei confronti degli ordini si osserva un atteggiamento (degli italiani,
ndr) ambivalente. Ricorrere a un professionista iscritto, per acquistare un medicinale o a maggior ragione, per
comprare o vendere un'auto o una casa non appare giusto. Però le stesse persone, gli stessi italiani, in larghissima
maggioranza, considerano giusto, perfino naturale, che per svolgere una professione, anzi qualsiasi professione,
sia necessario essere iscritti a un albo'. In larghissima maggioranza, ma non tutti. Non certo la Confindustria, che
ha cominciato ad armare la mano di Bersani. (riproduzione riservata) Giampiero Di Santo
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Decreto Bersani: l'irragionevole aumento del contributo unificato nei giudizi
amministrativi
di Donatello Genovese - Avvocato
L'art. 21, 4° comma, del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 recita: “6-bis. Per i ricorsi proposti davanti ai
Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di Stato il contributo dovuto e' di euro 500; per le istanze
cautelari in primo e secondo grado, per i ricorsi previsti dall'articolo 21-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,
aggiunto dall'articolo 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per quelli previsti dall'articolo 25, comma 5, della
legge 7 agosto 1990, n. 241, e per i ricorsi di ottemperanza il contributo dovuto e' di euro 250”.
Nel testo della legge di conversione approvato dal Senato nella seduta del 26 luglio 2006 l'art. 21 del decreto è
stato così riformulato: “6bis. Per i ricorsi proposti davanti ai Tribunali amministrativi regionali e al Consiglio di
Stato il contributo dovuto è di euro 500; per i ricorsi previsti dall'articolo 21bis della legge 6 dicembre 1971, n.
1034, aggiunto dall'articolo 2 della legge 21 luglio 2000, n. 205, per quelli previsti dall'articolo 25, comma 5,
della legge 7 agosto 1990, n. 241, per i ricorsi aventi ad oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di
soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato, e per i ricorsi di esecuzione della sentenza o di ottemperanza del
giudicato il contributo dovuto è di euro 250. L'onere relativo al pagamento dei suddetti contributi è dovuto in
ogni caso dalla parte soccombente anche nel caso di compensazione giudiziale delle spese e anche se essa non si
è costituita in giudizio. Ai fini predetti, la soccombenza si determina con il passaggio in giudicato della sentenza.
Non è dovuto alcun contributo per i ricorsi previsti dall'articolo 25 della citata legge 241 del 1990 avverso il
diniego di accesso alle informazioni di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005 n. 195 di attuazione della
direttiva 2003/4/CE sull'accesso del pubblico all'informazione ambientale”.
La nuova formulazione della disposizione elimina giustamente l'autonoma ed aggiuntiva tassazione delle “istanze
cautelari in primo e secondo grado” nel processo amministrativo, che appariva irragionevole e sperequata,
considerato che per il processo civile restava ferma la regola per la quale “il contributo unificato non è dovuto
per il processo cautelare attivato in corso di causa” (art. 10, 5° comma, T.U. sulle spese di giustizia - D.P.R.
115/2002).
Apprezzabile è pure la previsione di un contributo unificato in misura ridotta (250 euro) per i ricorsi dinanzi al
giudice amministrativo avverso il silenzio della pubblica amministrazione, per i ricorsi in materia di accesso agli
atti amministrativi (salvo che per quelli in materia ambientale, che ne vengono esentati), per i ricorsi aventi ad
oggetto il diritto di cittadinanza, di residenza, di soggiorno e di ingresso nel territorio dello Stato e per i ricorsi di
esecuzione della sentenza o di ottemperanza del giudicato, evidentemente in considerazione della specialità del
rito e/o dell'attinenza ad interessi primari degli amministrati.
Resta, invece, la previsione di un contributo unificato di iscrizione a ruolo in misura fissa, di ben 500 euro, per le
cause dinanzi agli organi della giustizia amministrativa, indipendentemente dal valore della controversia, in
deroga alla regola, sancita per le cause civili, ed in precedenza anche per quelle amministrative, dall'art. 13 del
T.U. sulle spese di giustizia (D.P.R. 115/2002), secondo la quale la misura del contributo dovuto è normalmente
rapportata al valore della lite (da un minimo di 30 euro per i processi di valore fino a 1.100 euro, ad un massimo
di 1.110 euro per i processi di valore superiore a 520.000 euro) ed è fissa per i soli processi di valore
indeterminabile (pari ad euro 340).
L'innovazione viene così motivata nella relazione al disegno di legge (n. 741) di conversione del decreto legge
presentata al Senato: “La previsione di un contributo di importo fisso per i processi amministrativi si giustifica
per il fatto che la maggior parte dei ricorsi davanti al giudice amministrativo (presumibilmente circa il 90 per
cento) sono diretti ad ottenere l'annullamento di un atto e, pertanto, sono di valore indeterminabile. Inoltre, pur
quando si tratta di ricorsi diretti al conseguimento di un bene della vita, spesso il petitum è espresso in forma
generica. Questa consuetudine si spiega in quanto nel processo amministrativo il valore della causa è irrilevante
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ai fini processuali. In realtà il valore sostanziale delle vertenze supera spesso il limite che si riferisce alle cause di
valore indeterminato. La contribuzione in misura fissa semplifica il controllo da parte dell'ufficio preposto alla
ricezione del ricorso, che richiederebbe, altrimenti, un esame del ricorso e del fascicolo e determinerebbe, per
conseguenza, un rilevante e non sostenibile aggravio di lavoro”.
Ebbene, tale giustificazione appare fragile e pretestuosa, ove si consideri che:
a)
se è vero che la maggior parte dei ricorsi davanti al giudice amministrativo sono diretti all'annullamento di
un atto e, pertanto, dovrebbero considerarsi di valore indeterminabile, almeno secondo un certo orientamento
giurisprudenziale (v. Cassazione civile, sez. II, 19 agosto 2003, n. 12178), esistono nondimeno numerose ipotesi
nelle quali il valore della causa è determinabile, perché, ad esempio, si discute della legittimità della pretesa di
una somma di danaro da parte della pubblica amministrazione (si pensi ai ricorsi per la determinazione dell'entità
dell'oblazione nel condono edilizio o degli oneri relativi al permesso di costruire) o si chiede la condanna della
pubblica amministrazione al risarcimento dei danni;
b)
anche nei ricorsi diretti all'annullamento di un atto amministrativo esistono risvolti patrimoniali ed è spesso
ben possibile risalire al valore reale della controversia (si pensi all'ipotesi dell'impugnazione degli atti del
procedimento di aggiudicazione di un appalto, ove il valore può essere determinato con riferimento all'importo a
base d'asta);
c)
in ogni caso appare ingiustificata la previsione di un importo di 500 euro per le liti di valore
indeterminabile dinanzi al giudice amministrativo, quando le controversie di valore indeterminabile dinanzi al
giudice civile (tribunali, corti d'appello e Corte di cassazione) restano assoggettate ad una contribuzione
sensibilmente inferiore (pari a 340 euro). Certamente non possono essere invocate ragioni legate alla collegialità
del “lavoro” del giudice amministrativo, dato che tale situazione ricorre anche nel processo civile, almeno nei
giudizi di appello e di legittimità. Né nel processo amministrativo il giudice è soggetto ad un lavoro più gravoso
rispetto a quello del giudice civile, considerato che la trattazione dei ricorsi, nella quasi totalità dei casi, si risolve
in non più di due udienze (quella cautelare e quelle di merito), al contrario di quanto accade nei giudizi civili di
primo e di secondo grado;
d)
è assurdo, poi, che la contribuzione in misura fissa venga legata alle esigenze del “controllo da parte
dell'ufficio preposto alla ricezione del ricorso” (segreterie dei TAR e del Consiglio di Stato), onde evitare “un
rilevante e non sostenibile aggravio di lavoro” per tale ufficio, quando dovrebbe essere considerato primario
l'interesse dell'utente della giustizia e le stesse ragioni ricorrerebbero anche per le cancellerie del giudice civile (il
cui lavoro, invece, non viene semplificato).
e)
E evidente, pertanto, che la nuova regola non trovi alcuna logica giustificazione e si appalesi del tutto
ingiusta ed iniqua, essendo manifestamente irragionevole sottoporre alla medesima tassazione, ad esempio,
giudizi nei quali si faccia questione della legittimità dell'ordine di demolizione di una baracca o di rimozione di
una recinzione, del valore di poche migliaia di euro, e giudizi nei quali si discuta della legittimità
dell'aggiudicazione di appalti di svariati milioni di euro (si pensi all'appalto per il ponte sullo Stretto di Messina).
f)
In linea generale, la nuova normativa determina un notevole aggravio del prelievo fiscale a carico della
(sola) parte ricorrente nei giudizi amministrativi, a danno delle classi meno abbienti, traducendosi in una
autentica restrizione all'accesso alla giustizia (si pensi alle situazioni dei ricorrenti avverso le graduatorie per
l'assegnazione di alloggi di edilizia residenziale).
g)
Si ricorda che, prima dell'introduzione del contributo unificato, avvenuta nell'anno 2002, la tassa (fissa) di
iscrizione a ruolo dei ricorsi dinanzi al giudice amministrativo era pari ad attuali 90 euro (L. 180.000) e che per
celebrare un processo amministrativo tutte le parti raramente spendevano in bolli più di L. 500.000, pari ad
odierni 250 euro.
h)
Dunque il legislatore, nel volgere di pochi anni, finisce col raddoppiare il prelievo fiscale a carico
28
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dell'utente della giustizia, pur in presenza di un servizio spesso inadeguato, considerata l'esasperante durata dei
giudizi.
i)
Appare evidente, allora, l'incostituzionalità delle suindicate disposizioni del decreto legge n. 223/2006, pur
nel testo modificato dal Senato, per violazione dei principi di ragionevolezza, di parità di trattamento, di
uguaglianza, di tutela del diritto alla difesa e di garanzia del diritto dei non abbienti di agire in giudizio, sanciti
dagli artt. 3 e 24 della Costituzione della Repubblica Italiana.
j)
Ciò posto, resta da chiedersi quali possono essere i rimedi avverso questa ingiusta ed oppressiva forma di
tirannia fiscale, a scapito dei più deboli.
k)
A mio avviso la reazione più incisiva dovrebbe consistere nel dichiarare e corrispondere il contributo
unificato in rapporto al valore della lite, nella misura prevista dagli scaglioni di cui al primo comma dell'art. 13
del D.P.R. 115/2002, e quindi attendere l'iniziativa recuperatoria dell'ufficio per contestare dinanzi al giudice
competente l'integrazione richiesta, sollevando la questione di legittimità costituzionale della nuova disposizione.
l)
E' da considerare, al riguardo, che l'ufficio incaricato della gestione delle attività connesse alla riscossione
è quello presso il magistrato dove è depositato l'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo
unificato (art. 247 D.P.R. 115/2002).
m) La segreteria del giudice amministrativo dovrebbe, entro trenta giorni dal deposito dell'atto cui si collega il
pagamento o l'integrazione del contributo, notificare alla parte nel domicilio eletto, nelle forme degli atti
processuali civili, l'invito al pagamento dell'importo dovuto, con espressa avvertenza che, in caso di mancato
pagamento entro un mese, si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito di sanzioni ed interessi al saggio
legale (art. 248 D.P.R. 115/2002).
n)
In caso di mancato pagamento, la segreteria dovrebbe chiedere l'iscrizione a ruolo del contributo unificato
non versato (art. 249, che rimanda ai precedenti artt. 213 e ss., del D.P.R. 115/2002), dando, così, adito
all'esecuzione esattoriale.
o)
Ciò posto, va subito detto che non è pacifico, in giurisprudenza, quale sia il giudice dotato di giurisdizione
in materia.
p)
Secondo un primo indirizzo, il contributo unificato, in quanto fattispecie sostitutiva dell'imposta di bollo,
ha natura di prestazione imposta rientrante nel concetto di tributo; ne consegue che sussisterebbe la giurisdizione
delle commissioni tributarie avverso l'invito di pagamento emesso a titolo di integrazione del contributo versato
per l'iscrizione a ruolo di una causa (Comm. trib. prov. di Foggia, sez. XI, 15 aprile 2003, n. 100).
q)
Secondo altro orientamento, invece, i rapporti tributari che possono essere dedotti dinanzi alle
Commissioni tributarie sono soltanto quelli che attengono ai tributi applicati dall'Amministrazione finanziaria
dello Stato e dagli enti locali. Ne resterebbero di conseguenza esclusi tutti quei rapporti che, se pure hanno
natura tributaria in senso lato, discendono da soggetti diversi. In particolare resterebbe escluso dalla giurisdizione
delle commissioni tributarie il contributo unificato sugli atti giudiziari in quanto applicato dal Ministero di
giustizia e la cui riscossione può essere sospesa, a norma degli artt. 28 e 29 del D.Lgs. n. 46/1999, del
giudice ordinario, ai sensi dell'art. 226 del D.P.R. 115/2002 (Comm. trib. prov. di Cagliari, sez. II, 1° luglio
2003, n. 431).
r)
A mio avviso sembra più corretta la prima opinione, atteso che:
1)
la natura tributaria del contributo unificato è stata recentemente affermata dalla Corte Costituzionale (sent.
11 febbraio 2005, n. 73: “La natura di "entrata tributaria erariale" del predetto contributo unificato si desume
infatti, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla normativa che lo disciplina: a) dalla circostanza che
esso è stato istituito in forza di legge a fini di semplificazione e in sostituzione di tributi erariali gravanti
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anch'essi su procedimenti giurisdizionali, quali l'imposta di bollo e la tassa di iscrizione a ruolo, oltre che dei
diritti di cancelleria e di chiamata di causa dell'ufficiale giudiziario (art. 9, commi 1 e 2, della legge n. 488 del
1999); b) dalla conseguente applicazione al contributo unificato delle stesse esenzioni previste dalla precedente
legislazione per i tributi sostituiti e per l'imposta di registro sui medesimi procedimenti giurisdizionali (comma 8
dello stesso art. 9); c) dalla sua espressa configurazione quale prelievo coattivo volto al finanziamento delle
«spese degli atti giudiziari» (rubrica del citato art. 9); d) dal fatto, infine, che esso, ancorché connesso alla
fruizione del servizio giudiziario, è commisurato forfetariamente al valore dei processi (comma 2 dell'art. 9 e
tabella 1 allegata alla legge) e non al costo del servizio reso od al valore della prestazione erogata. Il contributo
ha, pertanto, le caratteristiche essenziali del tributo e cioè la doverosità della prestazione e il collegamento di
questa ad una pubblica spesa, quale è quella per il servizio giudiziario (analogamente si sono espresse, quanto
alle caratteristiche dei tributi, le sentenze n. 26 del 1982, n. 63 del 1990, n. 2 del 1995, n. 11 del 1995 e n. 37 del
1997), con riferimento ad un presupposto economicamente rilevante”);
2)
secondo l'art. 2, 1° comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, recante “disposizioni sul processo
tributario” (come modificato prima dall'art. 12 della L. 448/2001 e poi dall'art. 3-bis del D.L. 205/2003, conv. in
L. 248/2005), “appartengono alla giurisdizione tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni
genere e specie comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali e il contributo per il
Servizio sanitario nazionale, nonché le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni amministrative, comunque
irrogate da uffici finanziari, gli interessi e ogni altro accessorio. Restano escluse dalla giurisdizione tributaria
soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella
di pagamento e, ove previsto, dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente
della Repubblica”;
3)
la circostanza che l'art. 10 del medesimo D.Lgs. 546/1992 preveda la capacità di essere parte nel processo
tributario, oltre che del ricorrente, soltanto dell'ufficio del Ministero delle finanze o dell'ente locale o del
concessionario del servizio di riscossione, non esclude la possibilità che al processo partecipino uffici diversi, in
considerazione dell'allargamento dell'oggetto della giurisdizione tributaria attuato con l'art. 12 della L. 448/2001
e l'art. 3-bis del D.L. 205/2003, conv. in L. 248/2005, a cui la disposizione dell'art. 10 non è stata adeguata per
mera dimenticanza del legislatore;
4)
l'art. 226 del D.P.R. 115/2002, laddove richiama gli artt. 28 e 29 del D.Lgs. 46/1999 non appare risolutivo,
poiché quest'ultimo articolo prevede la giurisdizione residuale del giudice ordinario “per le entrate tributarie
diverse da quelle elencate dall'articolo 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e per quelle non
tributarie”, mentre il contributo unificato, come detto sopra, è un tributo, rientrante a pieno titolo nella previsione
dell'art. 2 del D.Lgs. 546/1992.
5)
Ciò detto, ritengo, però, che non possa essere seguito il primo indirizzo giurisprudenziale laddove afferma
essere impugnabile dinanzi al giudice tributario l'invito al pagamento del contributo unificato di cui all'art. 248
D.P.R. 115/2002, poiché quest'ultimo non può considerarsi un atto assimilabile all'avviso di accertamento di cui
all'art. 19, lett. a, del D.Lgs. n. 546/1992, ma sembra essere un mero “invito”.
6)
Invece il ricorso dovrebbe potersi proporre avverso l'iscrizione a ruolo del contributo unificato e la cartella
di pagamento (art. 19, lett. d, del D.L.gs. 546/1992).
7)
Nulla, impedisce, peraltro, nel dubbio, di impugnare in sede tributaria entrambe le categorie di atti e di
chiedere la riunione dei ricorsi.
29/07/2006
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IL SOLE 24 ORE
Gestire lo studio
La pubblicità degli avvocati premia le sponsorizzazioni
Tra le modifiche al codice deontologico approvate dal Consiglio nazionale forense a gennaio, l'articolo
17 (Informazioni sull'attività professionale) afferma testualmente che sono consentite, a fini non
lucrativi,l' organizzazione e la sponsorizzazione di seminari di studio, di corsi di formazione
professionale e di convegni in discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di
società o di associazioni di avvocati, previa approvazione del Consiglio dell'Ordine del luogo di
svolgimento dell' evento. L'articolo 17introduce così lo strumento delle sponsorizzazioni con una
legittima prudenza che si riassume nell'approvazione dell'Ordine. Il testo dell'articolo bene si integra
con una positiva forma mentis mirante a una maggiore efficacia dell'attività forense in termini di
apporto, ma nel contempo l'ancoraggio a un utilizzo parziale penalizza le potenzialità dello strumento.
Tutto questo, ora, potrebbe cambiare. L'articolo 2 del decreto legge approvato dal Consiglio dei ministri
del 30 giugno 2006 abroga, infatti, il divieto, anche parziale, di pubblicizzare i titoli e le
specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto e il prezzo delle
prestazioni,legittimando indirettamente anche lo strumento delle sponsorizzazioni. Che si affermano
come metodo di comunicazione utile per far emergere non tanto il corpus, quanto l'animus che sottende
al corpus. Pertanto, anche qualora venga convertito in legge l'emendamento al Dl 223/06 proposto
dall'Esecutivo e che punta a circoscrivere l'ambito della pubblicità professionale all'ambito puramente
"informativo" ,la categoria delle sponsorizzazione dovrebbe risultare valorizzata. Con queste premesse
è così possibile delineare un ipotetico quadro operativo di vantaggi e criticità delle sponsorizzazioni nel
settore della pubblicità degli studi legali. Tra i vantaggi, paradossalmente, quello per cui l'attività di
sponsorizzazione, proprio perché complessa e strutturata, prevede un'esposizione finanziaria non
indifferente. Pur potendo essere modulata e calibrata per ogni dimensione, infatti, la sponsorizzazione
rimane pensata per le realtà medio grandi. Il peso economico, nel contempo, può essere condiviso
attraverso" alleanze" tra piccoli studi che si occupino di diverse materie, così da non sovrapporsi
nell'invio del messaggio promozionale alla potenziale clientela. È questa una delle principali criticità
dello strumento, soprattutto quando l'evento viene sponsorizzato da più realtà che, conseguentemente,
avranno diversi obiettivi. È importante, a tal proposito, strutturare l'evento attraverso un incontro delle
singole componenti identitarie delle realtà legali coinvolte, anche al fine di prevedere vantaggi e oneri
equilibrati tra loro. Attuato tale processo non si può non pensare ai vantaggi professionali soprattutto
per strutture legali composte da giovani professionisti; il tutto in una duplice visuale. La prima,
finalizzata a portare all'esterno la competenza e la dedizione nei confronti dei temi oggetto della
sponsorizzazione (e dell'attività professionale). La seconda - che si lega idealmente alla possibilità di
stringere alleanze con altre realtà professionali – in una otti-ca di visibilità interna, quindi finalizzataa
rendere evidente la propria preparazione di fronte a colleghi. In conclusione, il discorso sulle
sponsorizzazioni non appare già ultimato ma assume un carattere ancora transitorio di cui l'articolo 17
del Codice deontologico e l'articolo 2 del decreto legge 223/06 non sono altro che positivi punti d'inizio
del dibattito. Ma oltre alle regole, necessarie per disciplinare al meglio l'utilizzo e gli obiettivi dello
strumento, serve anche una visione d'insieme che non veda nello stesso un tentativo di dequalificare la
dignità da sempre propria dell'attività forense, ma solo un modus operandi differente che integri,
migliorando lo, l'apporto della categoria forense di fronte ad alcuni temi quali la cultura e il sociale.
Oggi più che mai, le tematiche tendono a incontrarsi e intrecciarsi necessitando – per una soluzione che
sia completa e non parziale - dell'apporto di tutti gli interlocutori coinvolti. Escludere da questo ideale
simposio la figura dell'avvocato sarebbe un errore imperdonabile. Stefano Martello
31/07/2006
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DIRITTO E GIUSTIZIA
Il rito del lavoro per gli incidenti stradali? Non serve per abbreviare i tempi e i
giudici di pace non lo conosco
di Rolando dalla Riva - Giunta nazionale AIGA
L’articolo 3 della legge 21 gennaio 2006 n. 102 prevede che: “Alle cause relative al risarcimento dei
danni per morte o lesioni, conseguenti ad incidenti stradali, si applicano le norme processuali di cui al
libro II, titolo IV, capo I del Cpc” (pubbl. in G.U. il 17.3.2006 ).La norma citata è inserita all’interno di
una disciplina più articolata (che comprende misure che inaspriscono le sanzioni amministrative e
penali conseguenti agli incidenti stradali, l’abbreviazione di termini per le indagini preliminari per fatti
da circolazione stradale, la liquidazione anticipata di somme da parte della Compagnia di assicurazione)
diretta al contenimento del fenomeno degli incidenti stradali, allo snellimento delle procedure di
liquidazione e ad una maggiore speditezza delle cause per danni da circolazione dei veicoli.In
particolare, l’applicazione del c.d. “rito lavoro” a questo contenzioso dovrebbe soddisfare – nelle
intenzioni del legislatore – una delle finalità appena sopra enunciate perché dovrebbe garantire la
riduzione dei tempi di celebrazione dei relativi processi.In realtà la riforma, anche se animata dai
migliori propositi, non consentirà di raggiungere gli scopi auspicati perché, contrariamente alle
aspettative, sta mettendo in crisi il già poco efficiente sistema giudiziario sia per le implicazioni che la
sua attuazione sta avendo sul piano organizzativo degli Uffici sia per la laconicità della norma che sta
dando luogo a non pochi problemi interpretativi. Infatti, mentre l’introduzione del rito speciale per le
cause relative alle controversie individuali del lavoro all’inizio degli anni ’70 venne accompagnata da
una profonda riorganizzazione degli uffici giudiziari attraverso l’istituzione delle sezioni lavoro presso
le allora preture (e le corrispondenti sezioni lavoro presso i Tribunali per i giudizi di appello) ed il
reclutamento di un apposito contingente di magistrati, la estensione di questo rito alle controversie di
infortunistica stradale non è stata preceduta o seguita da analoga riorganizzazione.
Peraltro:
- i giudici di pace sono privi di una qualche formazione specifica in materia di rito del lavoro: è la
prima volta, infatti, che un rito caratterizzato da elementi di particolare specializzazione, tanto da
giustificare la costituzione di apposite sezioni all’interno degli uffici giudiziari, sarà applicato da
magistrati non professionali, con intuibili conseguenze sul carico dei Tribunali, che saranno gravati da
un maggior numero di appelli per errori processuali;
- le norme che disciplinano il rito dinanzi al Giudice di pace prevedono già una semplificazione del
processo ed hanno consentito di ridurre la durata dei giudizi;
- il rito del lavoro, invece, non fa più registrare tempi ragionevoli di definizione delle controversie;
- la applicazione del rito lavoro anche alle controversie pendenti dinanzi alle sezioni dei Tribunali
ordinari, che già non riescono a smaltire rapidamente l’arretrato, non garantirà una trattazione più
spedita delle cause di infortunistica stradale e sta disorientando gli operatori del diritto, chiamati a
doversi cimentare, oramai, con un numero impressionante quanto inutile di riti.
La frettolosità con la quale è stata approvata la norma che estende il rito del lavoro alle cause di
risarcimento dei danni da lesione o morte derivanti da circolazione stradale è all’origine anche delle
numerosissime questioni interpretative con le quali si stanno misurando quotidianamente avvocati e
magistrati.
In particolare:
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a) la assenza di una disposizione transitoria non consente di stabilire con certezza il rito applicabile ai
processi già pendenti. Nessuna norma, infatti, è stata dedicata al “raccordo” tra le cause attualmente
pendenti e la normativa ora in vigore, né le opzioni interpretative a cui la giurisprudenza ha fatto ricorso
possono definirsi sicure;
b) La tecnica normativa utilizzata, con rinvio alle norme processuali di cui al libro II, titolo IV, capo I
del codice di procedura civile, ha reso incerto il giudice competente. È stato infatti sostenuto che
l’applicazione di tutte le disposizioni che disciplinano il rito lavoro comporti un’implicita attribuzione
di tutte le cause relative al risarcimento dei danni da lesione o morte derivanti dalla circolazione
stradale alla competenza del Tribunale, con la conseguenza pratica che alla competenza del Giudice di
pace sarebbe sottratta buona parte di quel contenzioso per il quale questa magistratura onoraria è stata
pensata ed istituita;
c) Il mero rinvio alle norme del libro II, titolo IV, capo I (nella loro interezza) del Cpc non chiarisce,
inoltre, se debbano applicarsi anche le norme che disciplinano il tentativo obbligatorio di conciliazione
nelle controversie di lavoro: peraltro, ove si optasse per la interpretazione che ritiene necessario il
preventivo esperimento del tentativo di conciliazione, la disposizione sarebbe comunque destinata ad
essere disapplicata per la mancanza di un ufficio preposto a svolgere questa attività, non potendosi
affidare la gestione di tale tentativo alle commissioni di conciliazione costituite presso le direzioni
provinciali del lavoro a causa della loro evidente specializzazione.
d) La mancanza di una disposizione ad hoc che stabilisca quale rito si debba adottare nel caso di
connessione o cumulo di domande assoggettate a riti diversi, implica la applicazione dei vigenti
principi processuali e, dunque, la prevalenza del rito ordinario su quello speciale tutte le volte che nello
stesso giudizio siano proposte sia la domanda per il ristoro dei danni fisici che quella per il risarcimento
dei danni materiali, ovvero allorquando sia proposta una domanda per garanzia impropria. È agevole
osservare, infatti, che in tutte queste ipotesi, in verità abbastanza frequenti, la riforma non troverebbe
attuazione e, pertanto, sarebbero significativamente ridimensionati i vantaggi che ad essa ha attribuito il
legislatore.
In definitiva, la estensione del rito lavoro alle cause di risarcimento dei danni da lesione o morte
conseguenti ad incidenti stradali operata dall’articolo 3 della legge 102/06, ha dato luogo a tanti e tali
problemi di ordine pratico ed interpretativo che appare opportuno espungere dal vigente ordinamento la
norma sopra richiamata.
Per tali ragioni, si sottopone alla attenzione del Parlamento la proposta di legge che segue.
PROPOSTA DI LEGGE
Articolo 1
1. L’articolo 3 della legge 21 febbraio 2006 n. 102 è abrogato.
2. Nelle cause pendenti introdotte ai sensi dell’articolo 3 delle legge 21 febbraio 2006 n. 102 il giudice
alla prima udienza utile di comparizione delle parti provvede ai sensi dell’articolo 427 del codice di
procedura civile.
3. Alle prove acquisite durante lo stato di rito speciale si applica la disposizione dell’articolo 427, 2
comma, codice di procedura civile.”
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IL SOLE 24 ORE
In tribunale vince l’affido condiviso
Padri e madri separati che decidono insieme se mandare il figlio a un campo scout, quale sport dovrà
frequentare o a che scuola iscriverlo. Non è un'utopia, ma realtà. È quanto emerge da una prima
indagine sull'applicazione della legge 54 del febbraio 2006 che ha istituito l'affido condiviso dei minori.
La norma sancisce che entrambi i genitori, e non più solo quello affidatario, hanno voce in capitolo
sulle scelte di vita dei figli.
L'affido condiviso è largamente applicato soprattutto nella prima fase dei procedimenti contenziosi e, in
linea generale, nelle città più grandi. Là dove c'è accordo tra gli ex coniugi, invece, alcuni tribunali
sono ancora orientati ad affidare il minore a un solo genitore. Una resistenza al nuovo istituto si
riscontra, per esempio, in piccole realtà come Campobasso, L'Aquila, Ancona e Perugia, dove la
percentuale di casi definiti con l'affido condiviso va dal 5 al 19per cento. Secondo i dati forniti dai
tribunali dei capoluoghi di Regione, dall'entrata in vigore della legge (il 16 marzo) fino al 30 giugno, è
nei provvedimenti presidenziali adottati nella prima fase dei divorzi e delle separazioni conflittuali, che
si rileva la maggiore applicazione dell'affido condiviso. I magistrati, infatti, lo hanno disposto, nel 90%
dei casi, a Genova, Torino, Firenze, Bari, Cagliari, Trieste o Trento. Il presidente Siniscalchi precisa
che anche a Milano l'istituto è molto applicato. Si differenziano Ancona(con l'11-%) e Roma (con il 60
per cento). Nelle separazioni consensuali, in cui le parti si presentano dal giudice già con un accordo, la
tendenza dei tribunali è di applicare come regola l'affido condiviso. Ma esistono realtà, quali Roma e
Bari, dove il vecchio affido esclusivo vanta ancora percentuali ampie. I giudici, infatti, tendono a
rispettare la volontà dei genitori, qualora non sia contraria all'interesse del minore. Ecco perché nella
capitale l'affido condiviso - sempre nelle separazioni consensuali - perde appeal (è stato disposto solo
nel 20% dei casi), e così a Bari (15%),mentre a Cagliari la percentuale è salita solo nell'ultimo mese. A
Firenze, Genova, Torino e Trieste, invece, l'affido condiviso è la regola e si invitano i genitori ad
adeguarvisi. «Il legislatore - afferma Marina Ponzetto, presidente della settima sezione del tribunale di
Torino - pone come interesse prioritario del minore il suo affidamento a entrambi i genitori. Perciò,
l'affido condiviso va applicato, a meno che non ci siano motivi plausibili per rifiutarlo ». Concorda
Isabella Mariani, magistrato a Firenze: «Concediamo l'affido esclusivo solo in rari casi. L'ordinaria
conflittualità tra genitori o la residenza in comuni diversi non sono motivo valido per ottenere il vecchio
istituto”.. A Roma, il presidente della prima sezione, Alberto Bucci, precisa che la legge non vieta
l'affido esclusivo e, anzi, prevede un'apertura verso l'accordo tra le parti. «Quasi sempre - spiega – i
coniugi chiedono l'affido esclusivo unito all'esercizio congiunto della potestà. Nella sostanza cambia
poco rispetto al nuovo istituto e l'interesse del minore è comunque tutelato». Anche Giangiacomo
Pisotti, presidente di sezione al tribunale di Cagliari, è convinto che spesso l'applicazione dell'affido
condiviso differisca poco dall'affidamento a un solo genitore, in termini di mantenimento, permanenza
del figlio presso padre o madre e assegnazione della casa. C'è poi un problema di giurisdizione. La
nuova legge non chiarisce se sia competenza del tribunale ordinario o minorile decidere sull'affido dei
figli nati da genitori non sposati. Un esempio pratico di questa situazione è Milano, dove entrambi i
tribunali, con due recenti sentenze, si sono dichiarati non competenti. Elisa Esposito
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Le reazioni. Gli avvocati ei genitori
Nell'applicare le regole ci vuole maggiore coraggio
Un provvedimento dalle grandi potenzialità ma che stenta a decollare, soprattutto a causa dei ritardi
culturali del nostro Paese. A quattro mesi dall' entrata in vigore della legge sull'affido condiviso il
giudizio delle associazioni degli avvocati e di quelle dei genitori è unanime: l'affermazione del
principio della bigenitorialità è un importante passo in avanti a tutela del minore, ma da solo non basta.
«La sensazione ~ afferma Marina Marino, avvocato del consiglio di presidenza dell' Aiaf (Associazione
italiana degli avvocati per la famiglia e i minori) - è che la legge sia in anticipo rispetto ai tempi». Per
Marino la maggior parte degli italiani deve ancora assimilare il principio della condivisione delle
responsabilità nella crescita, nell'educazione e nel mantenimento dei figli. «Eravamo convinti prosegue - che la legge 54/2006 avrebbe portato a un aumento delle richieste di revisione degli affidi
esclusivi decisi prima della sua entrata in vigore, ma questo non è avvenuto (si veda anche l'articolo
sopra, ndr). E il motivo è che spesso, per ragioni culturali o di lavoro, molti genitori non si sentono
pronti a garantire una presenza costante nella vita del figlio». Ma per l'avvocato i problemi sono anche
altrove. «Va fatta chiarezza - precisa - su cosa si intende per affido condiviso. Alcuni tribunali pensano
che stabilire l'abitazione prevalente presso la madre e permettere al padre di vedere il figlio un paio di
giorni ogni due settimane significhi applicare il principio della bigenitorialità. Per noi la condivisione
significa invece stabilire per l'altro genitore giorni, scadenze e obblighi specifici,in modo da renderlo
effettivamente partecipe della crescita e dell'educazione del figlio». Sulla stessa linea d'onda Aldo
Dinacci,presidente dell'Associazione padri separati italiani di Bologna. «Servirebbe – sostiene - più
coraggio nell'applicazione dell'affido condiviso. Rileviamo una notevole resistenza della magistratura a
dare seguito fino in fondo ai principi della legge». Secondo Dinacci la legge 54 non è riuscita a rendere
veramente uguali i genitori. «Ancora oggi denuncia - i tribunali tendono a tutelare soprattutto la
madre:l'affido è condiviso, ma il genitore scelto come convivente è sempre quello di sesso femminile».
Eppure, secondo i primi dati, i giudici tenderebbero sempre più a insistere sull'affido condiviso, anche
quando i genitori sono d'accordo nel richiedere l'affidamento esclusivo. «Un approccio che condivido commenta Minacci -. Fanno bene i tribunali che affermano la responsabilità verso i figli di entrambi i
genitori ». Sulla scarsità delle richieste di revisione degli affidi esclusivi, invece, Dinacci ha una
opinione precisa: «Per molti genitori separati è difficile scegliere questa opzione. Le decisioni
intervenute precedentemente hanno già cambiato in profondità le loro vite. Senza contare che. avviare
una causa di revisione significa imbarcarsi in una battaglia lunghissima, snervante e molto costosa. Alla
fine il genitore che parte in posizione di svantaggio preferisce lasciar perdere. Questa è la realtà. Ma noi
ci stiamo battendo per cambiarla”. Domenico Lusi
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