Villaggio - Fantozzi e l`apertura della caccia

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Villaggio - Fantozzi e l`apertura della caccia
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Progetto Libri digitali dell'Istituto 16 Valpantena – Verona
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Paolo Villaggio
Fantozzi e l'apertura della caccia
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Paolo Villaggio
Fantozzi e l'apertura della caccia
Anche Fantozzi ha partecipato all'ultima apertura di caccia. Non era un
appassionato, anzi non era mai stato a caccia in vita sua, ma il suo collega di stanza
Fracchia aveva tanto insistito che lui aveva dovuto cedere. L'appuntamento era
stato fissato a un'ora crudele, le 3 del mattino, al casello dell'autostrada. Le due
utilitarie arrivarono puntualissime. Da una uscì faticosamente Fracchia: berretto alla
Sherlock Holmes, gigantesco giaccone di velluto a coste, calzoni alla zuava gonfi
come palloni sonda, calze di lana, scarpe da tennis con sopra galoches, un piccolo
cane pechinese al guinzaglio e a tracolla un vecchissimo fucile a tromba tipo
brigante calabrese. Dall'altra Fantozzi: berretto bianco da marinaio, tragico
impermeabile stretto in vita da cartucciera di mitragliatrice, residuato della 2a
guerra mondiale, calzoni di tela, piedi nudi, un guanto di lana, una fionda a elastico
rubata a qualche ragazzo e a guinzaglio sua moglie signora Pina che nella notte
aveva truccato alla meno peggio da bracco. I due si salutarono e andarono con i
“cani” al bar del casello dell'autostrada per bere un caffè “corretto”. Il bar era
gremito di cacciatori armati fino ai denti: mitragliere, bombe a mano e armi per la
guerra batteriologica. Tutti guardavano con grande curiosità i “cani” degli ultimi
arrivati. Uno cercò di accarezzare la signora Pina, ma poco mancò che questa
ringhiando non gli staccasse un dito.
Partirono con la macchina di Fracchia. In sei ore terribili arrivarono alla “macchia”
scelta per la battuta. Erano circa 600 in 15 metri quadrati e si guardavano con
grande diffidenza. Lo stesso atteggiamento avevano assunto i cani tra di loro.
Attendevano tutti da circa due ore quand'ecco che il “cane” di Fantozzi si irrigidì in
atteggiamento da punta (gli altri cani si erano assopiti perché non abituati a quelle
sveglie drammatiche). Tutti guardavano verso un cespuglio che ondeggiava
leggermente. Tutti spianarono i fucili, la “cosa” uscì furtivamente dalla macchia e
allora 2 fecero fuoco tutti insieme: era un cacciatore ritardatario che Fantozzi
ricordava impiegato in una società di navigazione. Lo finirono a coltellate. Tutti
avevano sparato finalmente i primi colpi dell'“apertura”, ma Fracchia, che stava
ancora armeggiando al suo trombone, fece cenno finalmente a quelli con i coltelli di
aprirsi e fece fuoco, appoggiando la guancia al calcio del fucile. Andò a terra con un
urlo soffocato perché il rinculo tremendo gli aveva “sgranato” diciotto denti.
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Gli altri cacciatori decisero di cambiare posizione e loro rimasero per vedere di
riattivare il “trombone”. Armeggiavano già da qualche tempo, quando alle loro
spalle ecco arrivare vestito da generale prussiano un grosso funzionario della loro
ditta. I due e i “cani” si inchinarono a baciargli la mano destra che questi aveva teso
imperiosamente e gli chiesero piangendo aiuto. Cominciò ad armeggiare anche il
generale prussiano. Aprì la canna del fucile. guardò attentamente tutto con
attenzione, poi disse: “Ma che cretini che siete, è scarico! Tenga” disse a Fantozzi,
porgendogli il “trombone”. “Me lo regga.” Mise l'occhio in canna e aggiunse: “Ma
non lo vedete che è completamente sca...”. Non finì la frase, la valle fu squarciata da
una tremenda esplosione. Lo nascosero con delle frasche confidando nella fionda di
Fantozzi.
Verso sera la battuta degenerò in battaglia autentica. I più facoltosi si avvalevano
dell'apporto di carri armati pesanti e caccia bombardieri: ma era prevalentemente
una guerra statica di trincea. Al calar della notte ci fu una tregua e cominciò il
ritorno. Fracchia pregò Fantozzi, che era anche ferito a un braccio, di farsi legare per
i piedi sul tetto dell'utilitaria come fagiano, per salvare la faccia. Lui accettò ed ebbe
un po' freddo in autostrada. All'arrivo in città non appena Fracchia aprì la porta
dell'utilitaria scappò proditoriamente il “cane” di Fantozzi. Ma, siccome lui non
aveva mai pagato la tassa per la moglie, questa fu subito presa da due feroci
accalappiacani e con un furgone portata al canile municipale. Quella notte Fantozzi
ne sentì un po' la mancanza, ma dopo una settimana non ci pensò più. Quando gli
scrissero che se la rivoleva doveva pagare la tassa, lui non rispose neppure.
(Tratto da: Paolo Villaggio, Fantozzi, Bur Biblioteca Universale Rizzoli)
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