Curriculum della attività scientifica svolta dal dott

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Curriculum della attività scientifica svolta dal dott
Curriculum del dott. Sandro Fadda
Matricola 6159
TERRA E AMBIENTE
Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria IGAG del CNR
UOS di Cagliari
Diplomato al Liceo Scientifico col massimo dei voti, mi laureo con punti 110/110 in
Chimica Industriale presso la Facoltà di Scienze Matematiche e Fisiche dell’
Università di Cagliari nel 1980, sostenendo poi con successo l’Esame di Stato. Dopo
qualche anno di supplenze negli Istituti Tecnici Superiori vinco il Concorso
Regionale per l’insegnamento nelle Scuole Statali, Cattedra di Chimica ma non
prendo servizio avendo quasi contemporaneamente vinto il Concorso per un posto di
CTP assegnato al Centro Studi Geominerari e Mineralurgici del CNR di Cagliari
dove ho preso servizio
il 1 Gennaio 1985. Affidatami
la Responsabilità del
Laboratorio di Spettrometria XRF dell’allora Istituto di Giacimenti Minerari dell’
Università (sezioni I e II del Centro Studi CNR), mi dedicai a questo incarico
affrontando tutta una serie di difficoltà legate sia alla vasta problematica teorica e
pratica di questa tecnica analitica strumentale, sia alle adempienze connesse con la
detenzione e l’uso di una sorgente radiogena. Non mancò il riconoscimento dei
colleghi e cominciai a lavorare in una ricerca sulle mineralizzazioni
a solfuri
associate alle vulcaniti terziarie della Sardegna. Compresa l‘importanza della messa
a punto di metodiche analitiche per l’ottenimento di dati chimici precisi ed accurati
nello studio dei campioni geologici ed ambientali decisi di andare oltre lo schema
analitico della spettrometria
XRF i cui limiti di rivelabilità restringono il range
degli elementi determinabili nei campioni di minerali e rocce. Così, nell’ambito di
una coutenza con il Dipartimento di Scienze della Terra di Cagliari, mi sono
dedicato alla messa a punto di una metodica per l’analisi delle Terre Rare in
campioni di fluorite mediante spettrometria ottica in emissione al plasma indotto
(ICP-AES) pubblicata nelle Memorie della Associazione Mineraria Sarda.
Nell’analisi chimica dei metalli preziosi nei campioni geologici, l’utilizzo di resine a
scambio ionico mi ha consentito di ottenere arricchimenti in oro ed argento nelle
soluzioni ottenute mediante attacco chimico di campioni in polvere sino a
portarne le concentrazioni entro i limiti di rivelabilità di uno spettrofotometro ad
assorbimento atomico (AAS). Collaborando così alle ricerche sulle mineralizzazioni
aurifere del Sarrabus ho cominciato ad interessarmi ai fenomeni metallogenici per la
ricostruzione delle caratteristiche genetiche ed evolutive del giacimento di Baccu
Locci nel quadro della metallogenesi paleozoica sarda arrivando alla prima
pubblicazione su rivista internazionale. Nel novembre del 1987 vengo nominato
componente della Commissione Esaminatrice nel Concorso per Operatore T.P.
assegnato all’Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania. Il 1 Luglio 1989
vengo inquadrato nel III° livello professionale profilo “Ricercatore”.
Nel Laboratorio XRF ho affrontato il problema dei campioni mineralizzati che
non rientravano nelle routine analitica del laboratorio; la loro matrice infatti si scosta
da quella di una “normale” roccia silicatica e non può pertanto essere confrontata
con quella degli standards internazionali di rocce
comunemente utilizzati per
costruire la curva di lavoro dello spettrometro. Così, nell’ambito di una ricerca sulle
mineralizzazioni metalliche alla base del Miocene della Sardegna occidentale, ho
preparato, partendo da sali puri mixati ed omogeneizzati una serie di standards
sintetici
per la calibrazione dello spettrometro e l’analisi XRF di campioni
prevalentemente a ossidati di bario e piombo provenienti da un deposito sedimentario
a cerussite e barite. In questo lavoro ho dato il mio contributo da chimico alla
formulazione delle ipotesi genetiche con le relative modellizzazioni geochimiche
partecipando anche alla prospezione e campionatura. I risultati sono stati comunicati
in congressi nazionali ed internazionali e pubblicati poi su rivista internazionale. Il
lavoro è proseguito con la campionatura su una vasta area della Sardegna nordoccidentale,
il
Logudoro
dove
una
prospezione
preliminare
ha
portato
all’individuazione di mineralizzazioni del tipo “strata-bound” prevalentemente
cuprifere associate ai sedimenti della base della trasgressione marina miocenica. Ho
collaborato anche a ricerche petrografiche utilizzando, oltre allo spettrometro XRF il
diffrattometro a raggi X (XRD) non solo per il riconoscimento delle fasi
mineralogiche, ma anche per la determinazione di alcuni parametri della cella
elementare e per misure di cristallinità con risultati presentati in convegni nazionali
ed internazionali e pubblicati poi su una rivista internazionale. Nel settore dei
minerali industriali ho partecipato allo studio geochimico e mineralogico dei
giacimenti di albite della Sardegna Centrale per poi delinearne il processo genetico in
una pubblicazione su rivista internazionale. Mi sono interessato della strumentazione
per l’analisi chimica degli elementi in tracce, in particolar modo degli spettrometri
con sorgente al plasma indotto e detector a “quadrupolo” per la risoluzione delle
masse (ICP-MS). Ho visitato importanti laboratori a Ispra, Monza, Uberlingen,
Duhram sempre riferendo con rapporti tecnici e seguendo corsi di aggiornamento.
Negli anni 1993-94 ho avuto la possibilità di collaborare con un laboratorio privato
a Porto Torres (SS) dotato di uno spettrometro ICP-MS. Ho affrontato svariati
problemi analitici e sviluppato metodiche per l’analisi degli elementi in tracce nei
campioni geologici e ambientali con due pubblicazioni su importanti riviste
internazionali: Journal of Analytical Atomic Spectrometry della Royal Society of
Chemistry dove riporto i risultati ottenuti utilizzando fondenti a base di potassio, per
evitare le alte diluizioni, nella preparazione delle soluzioni analitiche per le
determinazioni in ICP-MS, ottenendo limiti di rivelabilità per le Terre Rare nei
campioni geologici
letteratura
di un ordine di grandezza migliori
di quelli riportati in
con la precisione e l’accuratezza richieste negli studi geochimici e
petrogenetici. Geostandards Newsletter, rivista internazionale dedicata allo studio ed
alla promozione degli standards geochimici di riferimento, è l’organo ufficiale
dell’IWG, organizzazione con la quale ho collaborato in occasione
della
preparazione e certificazione di alcuni nuovi standards; ha pubblicato un mio lavoro
sull’analisi degli elementi in tracce mediante ICP-MS in campioni di carbone con
estrazione acida degli analiti in fornetto a microonde direttamente dai campioni in
polvere senza il preliminare incenerimento degli stessi con riduzione dei tempi di
lavoro e sensibilità, precisione e accuratezza adeguate agli studi di natura geochimica
e ambientale. Geostandards and Geoanalytical Research, rivista internazionale di
ricerche sulle metodiche analitiche nel campo delle scienze della terra ed ambientali,
ha pubblicato un mio lavoro sulla analisi degli elementi maggiori costituenti la
matrice minerale del carbone. Per le determinazioni strumentali ho utilizzato lo
spettrometro con sorgente al plasma in corrente continua (DCP-AES) in dotazione al
nostro laboratorio. Recentemente ho ampliato il mio campo di studio interessandomi
nel settore geo-ambientale dei fenomeni di dispersione degli elementi metallici dagli
affioramenti dei corpi mineralizzati e dalle discariche delle attività minerarie col
conseguente rischio di inquinamento dei suoli e delle risorse idriche. Lasciata la
responsabilità del Laboratorio di Spettrometria XRF dell’Università ho iniziato a
collaborare alle ricerche sulle tecnologie per la riabilitazione dei terreni contaminati
con la messa a punto di tecniche di lisciviazione e lavaggio o di immobilizzazione
dei metalli nei suoli pubblicando i risultati su una rivista internazionale.
Nella Seduta del 5/6/97 del Consiglio Scientifico sono stato nominato, su proposta
del Direttore e con l’approvazione unanime, Responsabile del Laboratorio di Analisi
Chimica Strumentale del Centro Studi Geominerari e Mineralurgici del CNR,
incarico che ricopro attualmente nell’ IGAG, UOS di Cagliari. Il 28/12/2001, vengo
inquadrato, a seguito di concorso pubblico, nel II° livello professionale – III fascia
con 28 mesi di anzianità - profilo I° Ricercatore.
Il mio interesse alle problematiche metallogeniche mi ha portato ad inserirmi in una
tematica di ricerca di grande interesse in Sardegna che riguarda le mineralizzazioni di
tipo idrotermale in particolar modo quelle aurifere iniziando ad approfondire lo
studio della paragenesi della mineralizzazione di Osilo (SS) dove varie ricerche
relative ai fenomeni epitermali legati al vulcanismo terziario della Sardegna, hanno
portato alla scoperta di un gruppo di corpi mineralizzati ad oro ed argento ospitati
nelle vulcaniti calcalcaline. Oltre alle specie ben riconosciute, dall’electrum al corteo
dei vari solfuri e solfosali, altre, ancora in studio alla microsonda elettronica,
presentano stechiometrie particolari ancora da definire. I rapporti paragenetici tra i
vari minerali sembrano piuttosto complessi e necessitano di ulteriori indagini.
Tuttavia i dati sinora disponibili consentono di formulare una ipotesi genetica e
classificare il giacimento tra gli epitermali di tipo “low sulfidation” anche se per la
definizione certa del modello bisogna avviare nuove serie di analisi mineralogiche,
studi isotopici e delle inclusioni fluide.
Nell’ambito delle ricerche sulla dispersione di elementi metallici in aree minerarie si
sono ricostruite al computer le mappe di distribuzione per 16 degli elementi che
vanno accumulandosi sul fondo del
Lago del
Flumendosa, il più importante
collettore del sistema idraulico Flumendosa-Campidano, valutando per ciascuno gli
effetti di dispersione
o
concentrazione nei sedimenti. Questa mappatura ed il
trattamento statistico dei dati ci ha consentito di formulare ipotesi precise sulle
litologie di provenienza e sui possibili rischi di inquinamento delle acque che
raggiungono gli impianti di potabilizzazione. Questa è una tematica di ricerca che si
propone di evidenziare il rischio di un possibile trasferimento meccanico e/o chimico
di metalli pesanti nel circuito della biosfera, nei suoli e nei corsi d’acqua. Un
problema importante per la Sardegna dove, con il declino dell’attività estrattiva nel
comparto metallifero si sono abbandonate vaste aree, sedi in passato di intensa
coltivazione mineraria e ora con valori particolarmente alti di elementi tossici. Le
ricerche svolte hanno riguardato tutto il sistema dei laghi artificiali della Sardegna
meridionale. Nell’isola infatti sono stati creati più di trenta laghi artificiali per i
rifornimenti idrici. La maggior parte di questi bacini sono impostati in terreni
paleozoici che ospitano numerose mineralizzazioni metallifere, molte delle quali
interessate da lavori di ricerca e di coltivazione; sia le discariche conseguenti a
questi lavori, sia gli affioramenti delle manifestazioni non esplorate, contribuiscono
all’apporto di metalli nei bacini. I sedimenti che vanno accumulandosi nei fondi di
questi laghi, rivestono particolare importanza nello studio della qualità delle acque
destinate ad usi civili, agricoli e industriali. Sembra infatti che in essi si concentrino
i metalli. Il regime sommerso intermittente dei sedimenti, legato alle notevoli
oscillazioni del livello delle acque è peculiare di questi laghi. Ai riempimenti durante
la stagione piovosa invernale-primaverile si contrappongono periodi di magra per
gli elevati consumi estivi, talvolta aggravati da episodi di siccità. Lo studio si è
articolato partendo dalla individuazione degli apporti dei vari metalli drenati in
ciascun lago dai vari corpi minerari, ricostruendo gli schemi di drenaggio delle aste
fluviali sommerse ed impostando la campionatura su questi schemi. I campioni
prelevati nel periodo di massimo abbassamento dei laghi sono stati studiati mediante
analisi granulometriche, mineralogiche e chimiche. In generale, la composizione
chimica dei sedimenti rispecchia la litologia e la geochimica dei rispettivi bacini
imbriferi con la forte influenza delle mineralizzazioni e dei meccanismi di
solubilizzazione e trasporto dei metalli. La tipica oscillazione del livello dei laghi
espone all’atmosfera i metalli ossidabili contenuti nei sedimenti che possono così
essere rimessi in circolo con conseguenze per la qualità delle acque. Un importante
ruolo è giocato dal pH delle acque dei laghi come fattore di regolazione degli
equilibri di solubilizzazione dei metalli. L’elevato valore di questo parametro
favorisce la formazione di composti meno solubili con una riprecipitazione dei
metalli che si concentrano nelle parti più profonde dei sedimenti. I sedimenti lacustri
fungerebbero così da trappola per i metalli e solo cambiamenti importanti delle
condizioni chimico fisiche ne causerebbero un rilascio
con
eventuali rischi di
inquinamento.
Nel settore geoambientale abbiamo lavorato nel sito di Lasasai-Bonucoro (Orani,
NU) dove la profondità raggiunta nei lavori di estrazione a cielo aperto del minerale
di talco ha prodotto due grandi cavità in cui, con l’interruzione dei drenaggi si sono
formati due piccoli laghi. Il rilievo topografico aveva consentito di definire le aree
degli interventi per il rimodellamento della morfologia mediante opere strutturali
antierosive e di consolidamento dei fronti della vecchia cava abbandonata
prevedendo la riabilitazione dei suoli e dei pendii denudati. Conclusa questa fase, è
iniziata la caratterizzazione del basamento cristallino dell’area allo scopo di
localizzare le strutture geologiche profonde e le discontinuità strutturali che possono
consentire e guidare la circolazione dell’acqua tra i due laghi. I dati geologici di
superficie sono stati così integrati con i risultati dell’indagine geofisica condotta
mediante VLF-EM (Very Low Frequency Electromagnetic Method ) allo scopo di
evidenziare e mappare zone di frattura o faglia che possono mettere in connessione
idraulica i due laghi. L’uso di un Digital Scenery Generator
(DSG)
ha poi
consentito la visualizzazione tridimensionale del quadro idrogeologico. Nel 2010
abbiamo pubblicato su una rivista internazionale di geotecnologie ambientali un
articolo in cui si descrive un progetto multi tecniche specifico per il recupero di cave
abbandonate, numerose nel settore minerario di Ottana-Orani, che si propone come
modello di riferimento, un modus operandi per simili iniziative nei numerosi siti
presenti nell’area. Nella Sardegna centrale infatti negli anni ’70 a causa dei crescenti
costi di produzione e per le difficoltà sui mercati, diverse miniere a cielo aperto di
feldspato sodico, talco e clorite, cessarono l’attività e vennero abbandonate lasciando
profondi cambiamenti nel paesaggio. L’esperienza nel settore della riabilitazione e
ripristino di questi siti è scarsa; la buona riuscita di interventi geotecnici di questo
tipo richiede una profonda conoscenza e comprensione dell’ecosistema e delle
interazioni tra i vari elementi a livello del paesaggio: caratteristiche del suolo e della
vegetazione, il clima, qualità delle acque nel reticolo idrografico. Una stretta
collaborazione e consultazione tra i vari soggetti attivi in questi progetti deve essere
mantenuta in tutte le fasi della pianificazione e della realizzazione che deve
coinvolgere i progettisti e i cittadini, le compagnie minerarie e tutto il pubblico in
generale descrivendo le metodologie attuative e i risultati attesi. A tale scopo può
essere di grande utilità ed efficacia comunicativa la creazione al computer di ambienti
geografici virtuali capaci di simulare, con modellizzazioni grafiche tridimensionali i
vari stadi di avanzamento dei lavori di riabilitazione sino alla
visualizzazione
dell’atteso risultato finale. La proposta metodologica contenuta nel nostro lavoro
consente di sviluppare il progetto di ripristino ambientale combinando diverse
tecniche strumentali partendo da misurazione geodetiche convenzionali e satellitari di
tipo GPS per il rilievo topografico dell’area in esame, integrandole quindi con riprese
fotografiche e fotogrammetriche per arrivare con tecniche di visualizzazione 3D e
altre tecnologie di informazione e comunicazione quali il GIS
(Geographical
Information System) a fornire una immagine tridimensionale degli interventi in
corso e, in prospettiva, i cambiamenti pianificati per il sito con la valutazione di
impatto ambientale (VIA) in perfetta integrazione con le aree circostanti.
Il “case study” preso in esame è rappresentato dalla vecchia miniera di talco a cielo
aperto di Lasasai-Bonucoro. L’intervento di ingegneria naturalistica proposto per
questa località rappresenterebbe, se realizzato una occasione di sviluppo per tutta
l’area con nuove opportunità economiche e culturali per la comunità.
Nello stesso anno si è presentato un più ampio resoconto dei risultati di un
programma di prospezione iniziato nella Sardegna centrale lungo l’orizzonte delle
mineralizzazioni a solfuri misti di età Ordoviciana – Siluriana
che riteniamo
rappresentino i “protores” per i successivi cicli metallogenici correlati all’orogenesi
Ercinica. Il magmatismo ercinico infatti avrebbe rimobilizzato e concentrato queste
preesistenti mineralizzazioni dando luogo alla formazione di nuovi e più consistenti
adunamenti
di
minerali
metallici
e
industriali.
Seguendo
una
guida
strutturale/stratigrafica, numerosi indizi mineralizzati sono stati riconosciuti nell’area
di Castello Medusa (Asuni) nei calcari e negli scisti pre-ercinici. I risultati analitici
sono stati confrontati con i dati relativi ai corpi mineralizzati post-permiani raccolti
lungo lo stesso orizzonte stratigrafico nel corso di un programma quinquennale di
prospezione svoltosi negli anni ‘80 nell’ambito del progetto “Geodinamica” del CNR.
Si è quindi avviato uno studio sulle relazioni che intercorrono tra i bacini di accumulo
di sedimenti mineralizzati ed il basamento continentale di provenienza focalizzando
lo studio sulla natura delle mineralizzazioni a manganese presenti alla base del
Miocene sedimentario nel nord Sardegna per caratterizzarne gli ambienti di
deposizione e formulare ipotesi genetiche.
Nel 2011 si sono pubblicati i primi interessanti risultati di una ricerca di dettaglio
sui paleofluidi del sistema idrotermale delle mineralizzazioni ad albite, talco e
clorite a Sa Matta e Su Venosu, distretto di Orani, Sardegna centrale. La ricerca si è
svolta in collaborazione con l’Università di Leoben in Austria dove sono state
eseguite le analisi chimiche delle inclusioni fluide ricavandone informazioni sulla
natura e sulla composizione delle soluzioni mineralizzanti. Studi recenti sulle facies
granitoidi erciniche hanno rivelato che gli elementi del gruppo delle Terre Rare sono
comunemente presenti in alcuni minerali accessori,
principalmente allanite, nel
protolita non metasomatizzato. I processi di alterazione
che hanno portato alla
formazione dei corpi mineralizzati ad albite, talco e clorite sembra che abbiano
distrutto le allaniti magmatiche presenti nel protolita granitoide solubilizzando i
lantanidi per ridistribuirli in fasi secondarie di nuova formazione rinvenute nei corpi
albitizzati. I fluidi metasomatizzanti sarebbero quindi responsabili della lisciviazione
delle terre rare dal granito, della simultanea formazione delle albititi e infine della
deposizione di talco/clorite. Lo scopo di questa ricerca è quello di individuare nei
fluidi la presenza di possibili agenti di complessazione capaci di aumentare la
solubilità delle REE nell’ambiente idrotermale. I primi risultati analitici sembrano
confortare l’ipotesi che a lisciviare i lantanidi siano soluzioni ad elevate salinità e
ricche in alogeni (F, Cl, Br, I, Na, K, Ca, Mg) in particolare il bromo. Nello stesso
anno abbiamo pubblicato una breve cronistoria della scoperta in Sardegna di una
nuova provincia metallogenica, risultato delle ricerche iniziate negli anni ’80 nelle
vulcaniti calcalcaline del Terziario. Diverse campagne di prospezione rivelarono in
quei terreni una diffusa alterazione idrotermale con diversi affioramenti di corpi
mineralizzati a rame e metalli preziosi. Seguirono campagne di esplorazione che
portarono alla scoperta dei due importanti sistemi epitermali di Furtei e Osilo.
Proseguono gli studi sulle relazioni genetiche intercorrenti tra le mineralizzazioni
presenti alla base del Miocene marino ed il basamento continentale di provenienza
degli elementi studiando in particolare la mobilità di alcuni metalli pesanti. Con
l’instaurarsi di una trasgressione marina si è depositata una serie sedimentaria la cui
parte basale include termini clastici derivanti dall’erosione delle rocce vulcaniche. Al
contatto tra vulcaniti ed i sedimenti terrigeni basali, sono presenti concentrazioni
stratabound di diversi metalli.
Nel Logudoro, Sardegna nord-occidentale sono
presenti corpi mineralizzati, in prevalenza cupriferi, generalmente ospitati nelle rocce
sedimentarie vulcanoclastiche del Miocene inferiore. Le vulcaniti continentali,
sorgente dei metalli nel processo metallogenico, contengono diffuse concentrazioni di
diversi metalli, ma solo alcuni di essi sembrano concentrarsi nei fluidi metallizzanti
che raggiungono i bacini. La selezione dei metalli può essere imputata ai fenomeni di
“weathering” dei suoli dove nelle diverse condizioni paleoclimatiche si è determinata
la separazione dei metalli. Il clima caldo e semiarido
ha favorito l’estrazione
selettiva del rame dai terreni (bisiallitizzazione) lasciando nei suoli una
concentrazione residuale di piombo e in misura minore di zinco. Il rame così
mobilizzato può viaggiare verso i bacini di sedimentazione e concentrazione. Tali
studi si svilupperanno anche in altre parti del vasto bacino terziario sardo, specie
dove si ritiene che l'apporto metallifero provenga dalle vulcaniti oligo-mioceniche.
Un preliminare lavoro di prospezione in campagna e di prima campionatura
consentirà di localizzare altri contesti simili e ricostruire dal punto di vista geogiacimentologico, tutta la “Fossa sarda”. In questo modo, oltre alla definizione del
modello genetico per questo tipo di mineralizzazioni, si vuole delineare una guida
alla prospezione utile per l’individuazione delle condizioni geogiacimentologiche,
strutturali, paleogeografiche e paleoclimatiche favorevoli alla formazione di depositi
economicamente utili. Per quanto riguarda le ricerche sulle materie prime strategiche
e metalli preziosi per l’Europa, un tema di principale interesse è rappresentato dalle
nuove esplorazioni in depositi minori scarsamente coltivati in passato (Ni-Co, Sn,
Mo, W, Sb, REE, Au, Ag) per i quali esistono tuttavia numerose indicazioni che
rendono interessante, anche in funzione del momento storico e di mercato, la verifica
delle potenzialità dei distretti sardi per una serie di risorse, inclusi molti CRM
(Critical Raw Materials). A tal fine si sono ripresi gli studi nell’area di Sarroch
(Sardegna sud-occidentale), nel quadro delle mineralizzazioni legate al magmatismo
ercinico in Sardegna e in una visione integrata delle operazioni, recupero delle
risorse, trattamento dei rifiuti delle attività estrattive, bonifica dei siti dismessi. Si
tratta di una serie di stocks mineralizzati che si susseguono con continuità lungo una
fascia di 5 km di lunghezza e 1.5 km di larghezza dove, oltre alle manifestazioni
conosciute, altri affioramenti granitici potrebbero essere mineralizzati. Sono state
individuate aree di un certo interesse con vene e stockworks di quarzo con
molibdenite, molibdenite disseminata, disseminazioni a Sn, vene di quarzo con
calcopirite, minerali di terre rare tra i quali la bastnaesite, segnalata per la prima volta
in Sardegna. Sono stati rinvenuti anche minerali di stagno (cassiterite), bismutinite e
bismuto nativo. Queste ricerche mettono in evidenza le analogie tra il modello dei
giacimenti a molibdeno tipo Climax e il sistema porfirico in esame ampliando le
conoscenze dell’area di Sarroch sotto il profilo geologico-petrografico e
giacimentologico. Queste mineralizzazioni hanno costituito probabilmente la fonte
alimentatrice, non ancora nota,
dei minerali rinvenuti negli anni settanta nei
sedimenti della piattaforma continentale prospiciente l’area in esame durante la
campagna “Oceanografia e Fondi Marini” del CNR.
Partecipazioni ad attività dell’ International Working Group
( GIT – IWG )
per la certificazione di nuovi standards geochimici.
1) S. Fadda as partecipating analyst to:
K. Govindaraju; 1987
Compilation
Report
on
Ailsa Craig
Granite
partecipation of 128 GIT - IWG Laboratories
AC–E
with
the
IWG - International
Working Group
Geostandards Newsletter, Vol. 11, N° 2, codice di partecipazione 060
2) S. Fadda as partecipating analyst to:
K. Govindaraju, P.J. Potts, P.C. Webb and J. S. Watson; 1994
Compilation
Report on Whin Sill Dolerite WS-E from England and
Microgabbro PM-S from Scotland: assessment by one hundred and four
International Laboratories
IWG – International Working Group
Geostandards Newsletter, Vol. 18, N° 2, codice partecipazione 060