Curriculum della attività scientifica svolta dal dott
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Curriculum della attività scientifica svolta dal dott
Curriculum del dott. Sandro Fadda Matricola 6159 TERRA E AMBIENTE Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria IGAG del CNR UOS di Cagliari Diplomato al Liceo Scientifico col massimo dei voti, mi laureo con punti 110/110 in Chimica Industriale presso la Facoltà di Scienze Matematiche e Fisiche dell’ Università di Cagliari nel 1980, sostenendo poi con successo l’Esame di Stato. Dopo qualche anno di supplenze negli Istituti Tecnici Superiori vinco il Concorso Regionale per l’insegnamento nelle Scuole Statali, Cattedra di Chimica ma non prendo servizio avendo quasi contemporaneamente vinto il Concorso per un posto di CTP assegnato al Centro Studi Geominerari e Mineralurgici del CNR di Cagliari dove ho preso servizio il 1 Gennaio 1985. Affidatami la Responsabilità del Laboratorio di Spettrometria XRF dell’allora Istituto di Giacimenti Minerari dell’ Università (sezioni I e II del Centro Studi CNR), mi dedicai a questo incarico affrontando tutta una serie di difficoltà legate sia alla vasta problematica teorica e pratica di questa tecnica analitica strumentale, sia alle adempienze connesse con la detenzione e l’uso di una sorgente radiogena. Non mancò il riconoscimento dei colleghi e cominciai a lavorare in una ricerca sulle mineralizzazioni a solfuri associate alle vulcaniti terziarie della Sardegna. Compresa l‘importanza della messa a punto di metodiche analitiche per l’ottenimento di dati chimici precisi ed accurati nello studio dei campioni geologici ed ambientali decisi di andare oltre lo schema analitico della spettrometria XRF i cui limiti di rivelabilità restringono il range degli elementi determinabili nei campioni di minerali e rocce. Così, nell’ambito di una coutenza con il Dipartimento di Scienze della Terra di Cagliari, mi sono dedicato alla messa a punto di una metodica per l’analisi delle Terre Rare in campioni di fluorite mediante spettrometria ottica in emissione al plasma indotto (ICP-AES) pubblicata nelle Memorie della Associazione Mineraria Sarda. Nell’analisi chimica dei metalli preziosi nei campioni geologici, l’utilizzo di resine a scambio ionico mi ha consentito di ottenere arricchimenti in oro ed argento nelle soluzioni ottenute mediante attacco chimico di campioni in polvere sino a portarne le concentrazioni entro i limiti di rivelabilità di uno spettrofotometro ad assorbimento atomico (AAS). Collaborando così alle ricerche sulle mineralizzazioni aurifere del Sarrabus ho cominciato ad interessarmi ai fenomeni metallogenici per la ricostruzione delle caratteristiche genetiche ed evolutive del giacimento di Baccu Locci nel quadro della metallogenesi paleozoica sarda arrivando alla prima pubblicazione su rivista internazionale. Nel novembre del 1987 vengo nominato componente della Commissione Esaminatrice nel Concorso per Operatore T.P. assegnato all’Istituto Internazionale di Vulcanologia di Catania. Il 1 Luglio 1989 vengo inquadrato nel III° livello professionale profilo “Ricercatore”. Nel Laboratorio XRF ho affrontato il problema dei campioni mineralizzati che non rientravano nelle routine analitica del laboratorio; la loro matrice infatti si scosta da quella di una “normale” roccia silicatica e non può pertanto essere confrontata con quella degli standards internazionali di rocce comunemente utilizzati per costruire la curva di lavoro dello spettrometro. Così, nell’ambito di una ricerca sulle mineralizzazioni metalliche alla base del Miocene della Sardegna occidentale, ho preparato, partendo da sali puri mixati ed omogeneizzati una serie di standards sintetici per la calibrazione dello spettrometro e l’analisi XRF di campioni prevalentemente a ossidati di bario e piombo provenienti da un deposito sedimentario a cerussite e barite. In questo lavoro ho dato il mio contributo da chimico alla formulazione delle ipotesi genetiche con le relative modellizzazioni geochimiche partecipando anche alla prospezione e campionatura. I risultati sono stati comunicati in congressi nazionali ed internazionali e pubblicati poi su rivista internazionale. Il lavoro è proseguito con la campionatura su una vasta area della Sardegna nordoccidentale, il Logudoro dove una prospezione preliminare ha portato all’individuazione di mineralizzazioni del tipo “strata-bound” prevalentemente cuprifere associate ai sedimenti della base della trasgressione marina miocenica. Ho collaborato anche a ricerche petrografiche utilizzando, oltre allo spettrometro XRF il diffrattometro a raggi X (XRD) non solo per il riconoscimento delle fasi mineralogiche, ma anche per la determinazione di alcuni parametri della cella elementare e per misure di cristallinità con risultati presentati in convegni nazionali ed internazionali e pubblicati poi su una rivista internazionale. Nel settore dei minerali industriali ho partecipato allo studio geochimico e mineralogico dei giacimenti di albite della Sardegna Centrale per poi delinearne il processo genetico in una pubblicazione su rivista internazionale. Mi sono interessato della strumentazione per l’analisi chimica degli elementi in tracce, in particolar modo degli spettrometri con sorgente al plasma indotto e detector a “quadrupolo” per la risoluzione delle masse (ICP-MS). Ho visitato importanti laboratori a Ispra, Monza, Uberlingen, Duhram sempre riferendo con rapporti tecnici e seguendo corsi di aggiornamento. Negli anni 1993-94 ho avuto la possibilità di collaborare con un laboratorio privato a Porto Torres (SS) dotato di uno spettrometro ICP-MS. Ho affrontato svariati problemi analitici e sviluppato metodiche per l’analisi degli elementi in tracce nei campioni geologici e ambientali con due pubblicazioni su importanti riviste internazionali: Journal of Analytical Atomic Spectrometry della Royal Society of Chemistry dove riporto i risultati ottenuti utilizzando fondenti a base di potassio, per evitare le alte diluizioni, nella preparazione delle soluzioni analitiche per le determinazioni in ICP-MS, ottenendo limiti di rivelabilità per le Terre Rare nei campioni geologici letteratura di un ordine di grandezza migliori di quelli riportati in con la precisione e l’accuratezza richieste negli studi geochimici e petrogenetici. Geostandards Newsletter, rivista internazionale dedicata allo studio ed alla promozione degli standards geochimici di riferimento, è l’organo ufficiale dell’IWG, organizzazione con la quale ho collaborato in occasione della preparazione e certificazione di alcuni nuovi standards; ha pubblicato un mio lavoro sull’analisi degli elementi in tracce mediante ICP-MS in campioni di carbone con estrazione acida degli analiti in fornetto a microonde direttamente dai campioni in polvere senza il preliminare incenerimento degli stessi con riduzione dei tempi di lavoro e sensibilità, precisione e accuratezza adeguate agli studi di natura geochimica e ambientale. Geostandards and Geoanalytical Research, rivista internazionale di ricerche sulle metodiche analitiche nel campo delle scienze della terra ed ambientali, ha pubblicato un mio lavoro sulla analisi degli elementi maggiori costituenti la matrice minerale del carbone. Per le determinazioni strumentali ho utilizzato lo spettrometro con sorgente al plasma in corrente continua (DCP-AES) in dotazione al nostro laboratorio. Recentemente ho ampliato il mio campo di studio interessandomi nel settore geo-ambientale dei fenomeni di dispersione degli elementi metallici dagli affioramenti dei corpi mineralizzati e dalle discariche delle attività minerarie col conseguente rischio di inquinamento dei suoli e delle risorse idriche. Lasciata la responsabilità del Laboratorio di Spettrometria XRF dell’Università ho iniziato a collaborare alle ricerche sulle tecnologie per la riabilitazione dei terreni contaminati con la messa a punto di tecniche di lisciviazione e lavaggio o di immobilizzazione dei metalli nei suoli pubblicando i risultati su una rivista internazionale. Nella Seduta del 5/6/97 del Consiglio Scientifico sono stato nominato, su proposta del Direttore e con l’approvazione unanime, Responsabile del Laboratorio di Analisi Chimica Strumentale del Centro Studi Geominerari e Mineralurgici del CNR, incarico che ricopro attualmente nell’ IGAG, UOS di Cagliari. Il 28/12/2001, vengo inquadrato, a seguito di concorso pubblico, nel II° livello professionale – III fascia con 28 mesi di anzianità - profilo I° Ricercatore. Il mio interesse alle problematiche metallogeniche mi ha portato ad inserirmi in una tematica di ricerca di grande interesse in Sardegna che riguarda le mineralizzazioni di tipo idrotermale in particolar modo quelle aurifere iniziando ad approfondire lo studio della paragenesi della mineralizzazione di Osilo (SS) dove varie ricerche relative ai fenomeni epitermali legati al vulcanismo terziario della Sardegna, hanno portato alla scoperta di un gruppo di corpi mineralizzati ad oro ed argento ospitati nelle vulcaniti calcalcaline. Oltre alle specie ben riconosciute, dall’electrum al corteo dei vari solfuri e solfosali, altre, ancora in studio alla microsonda elettronica, presentano stechiometrie particolari ancora da definire. I rapporti paragenetici tra i vari minerali sembrano piuttosto complessi e necessitano di ulteriori indagini. Tuttavia i dati sinora disponibili consentono di formulare una ipotesi genetica e classificare il giacimento tra gli epitermali di tipo “low sulfidation” anche se per la definizione certa del modello bisogna avviare nuove serie di analisi mineralogiche, studi isotopici e delle inclusioni fluide. Nell’ambito delle ricerche sulla dispersione di elementi metallici in aree minerarie si sono ricostruite al computer le mappe di distribuzione per 16 degli elementi che vanno accumulandosi sul fondo del Lago del Flumendosa, il più importante collettore del sistema idraulico Flumendosa-Campidano, valutando per ciascuno gli effetti di dispersione o concentrazione nei sedimenti. Questa mappatura ed il trattamento statistico dei dati ci ha consentito di formulare ipotesi precise sulle litologie di provenienza e sui possibili rischi di inquinamento delle acque che raggiungono gli impianti di potabilizzazione. Questa è una tematica di ricerca che si propone di evidenziare il rischio di un possibile trasferimento meccanico e/o chimico di metalli pesanti nel circuito della biosfera, nei suoli e nei corsi d’acqua. Un problema importante per la Sardegna dove, con il declino dell’attività estrattiva nel comparto metallifero si sono abbandonate vaste aree, sedi in passato di intensa coltivazione mineraria e ora con valori particolarmente alti di elementi tossici. Le ricerche svolte hanno riguardato tutto il sistema dei laghi artificiali della Sardegna meridionale. Nell’isola infatti sono stati creati più di trenta laghi artificiali per i rifornimenti idrici. La maggior parte di questi bacini sono impostati in terreni paleozoici che ospitano numerose mineralizzazioni metallifere, molte delle quali interessate da lavori di ricerca e di coltivazione; sia le discariche conseguenti a questi lavori, sia gli affioramenti delle manifestazioni non esplorate, contribuiscono all’apporto di metalli nei bacini. I sedimenti che vanno accumulandosi nei fondi di questi laghi, rivestono particolare importanza nello studio della qualità delle acque destinate ad usi civili, agricoli e industriali. Sembra infatti che in essi si concentrino i metalli. Il regime sommerso intermittente dei sedimenti, legato alle notevoli oscillazioni del livello delle acque è peculiare di questi laghi. Ai riempimenti durante la stagione piovosa invernale-primaverile si contrappongono periodi di magra per gli elevati consumi estivi, talvolta aggravati da episodi di siccità. Lo studio si è articolato partendo dalla individuazione degli apporti dei vari metalli drenati in ciascun lago dai vari corpi minerari, ricostruendo gli schemi di drenaggio delle aste fluviali sommerse ed impostando la campionatura su questi schemi. I campioni prelevati nel periodo di massimo abbassamento dei laghi sono stati studiati mediante analisi granulometriche, mineralogiche e chimiche. In generale, la composizione chimica dei sedimenti rispecchia la litologia e la geochimica dei rispettivi bacini imbriferi con la forte influenza delle mineralizzazioni e dei meccanismi di solubilizzazione e trasporto dei metalli. La tipica oscillazione del livello dei laghi espone all’atmosfera i metalli ossidabili contenuti nei sedimenti che possono così essere rimessi in circolo con conseguenze per la qualità delle acque. Un importante ruolo è giocato dal pH delle acque dei laghi come fattore di regolazione degli equilibri di solubilizzazione dei metalli. L’elevato valore di questo parametro favorisce la formazione di composti meno solubili con una riprecipitazione dei metalli che si concentrano nelle parti più profonde dei sedimenti. I sedimenti lacustri fungerebbero così da trappola per i metalli e solo cambiamenti importanti delle condizioni chimico fisiche ne causerebbero un rilascio con eventuali rischi di inquinamento. Nel settore geoambientale abbiamo lavorato nel sito di Lasasai-Bonucoro (Orani, NU) dove la profondità raggiunta nei lavori di estrazione a cielo aperto del minerale di talco ha prodotto due grandi cavità in cui, con l’interruzione dei drenaggi si sono formati due piccoli laghi. Il rilievo topografico aveva consentito di definire le aree degli interventi per il rimodellamento della morfologia mediante opere strutturali antierosive e di consolidamento dei fronti della vecchia cava abbandonata prevedendo la riabilitazione dei suoli e dei pendii denudati. Conclusa questa fase, è iniziata la caratterizzazione del basamento cristallino dell’area allo scopo di localizzare le strutture geologiche profonde e le discontinuità strutturali che possono consentire e guidare la circolazione dell’acqua tra i due laghi. I dati geologici di superficie sono stati così integrati con i risultati dell’indagine geofisica condotta mediante VLF-EM (Very Low Frequency Electromagnetic Method ) allo scopo di evidenziare e mappare zone di frattura o faglia che possono mettere in connessione idraulica i due laghi. L’uso di un Digital Scenery Generator (DSG) ha poi consentito la visualizzazione tridimensionale del quadro idrogeologico. Nel 2010 abbiamo pubblicato su una rivista internazionale di geotecnologie ambientali un articolo in cui si descrive un progetto multi tecniche specifico per il recupero di cave abbandonate, numerose nel settore minerario di Ottana-Orani, che si propone come modello di riferimento, un modus operandi per simili iniziative nei numerosi siti presenti nell’area. Nella Sardegna centrale infatti negli anni ’70 a causa dei crescenti costi di produzione e per le difficoltà sui mercati, diverse miniere a cielo aperto di feldspato sodico, talco e clorite, cessarono l’attività e vennero abbandonate lasciando profondi cambiamenti nel paesaggio. L’esperienza nel settore della riabilitazione e ripristino di questi siti è scarsa; la buona riuscita di interventi geotecnici di questo tipo richiede una profonda conoscenza e comprensione dell’ecosistema e delle interazioni tra i vari elementi a livello del paesaggio: caratteristiche del suolo e della vegetazione, il clima, qualità delle acque nel reticolo idrografico. Una stretta collaborazione e consultazione tra i vari soggetti attivi in questi progetti deve essere mantenuta in tutte le fasi della pianificazione e della realizzazione che deve coinvolgere i progettisti e i cittadini, le compagnie minerarie e tutto il pubblico in generale descrivendo le metodologie attuative e i risultati attesi. A tale scopo può essere di grande utilità ed efficacia comunicativa la creazione al computer di ambienti geografici virtuali capaci di simulare, con modellizzazioni grafiche tridimensionali i vari stadi di avanzamento dei lavori di riabilitazione sino alla visualizzazione dell’atteso risultato finale. La proposta metodologica contenuta nel nostro lavoro consente di sviluppare il progetto di ripristino ambientale combinando diverse tecniche strumentali partendo da misurazione geodetiche convenzionali e satellitari di tipo GPS per il rilievo topografico dell’area in esame, integrandole quindi con riprese fotografiche e fotogrammetriche per arrivare con tecniche di visualizzazione 3D e altre tecnologie di informazione e comunicazione quali il GIS (Geographical Information System) a fornire una immagine tridimensionale degli interventi in corso e, in prospettiva, i cambiamenti pianificati per il sito con la valutazione di impatto ambientale (VIA) in perfetta integrazione con le aree circostanti. Il “case study” preso in esame è rappresentato dalla vecchia miniera di talco a cielo aperto di Lasasai-Bonucoro. L’intervento di ingegneria naturalistica proposto per questa località rappresenterebbe, se realizzato una occasione di sviluppo per tutta l’area con nuove opportunità economiche e culturali per la comunità. Nello stesso anno si è presentato un più ampio resoconto dei risultati di un programma di prospezione iniziato nella Sardegna centrale lungo l’orizzonte delle mineralizzazioni a solfuri misti di età Ordoviciana – Siluriana che riteniamo rappresentino i “protores” per i successivi cicli metallogenici correlati all’orogenesi Ercinica. Il magmatismo ercinico infatti avrebbe rimobilizzato e concentrato queste preesistenti mineralizzazioni dando luogo alla formazione di nuovi e più consistenti adunamenti di minerali metallici e industriali. Seguendo una guida strutturale/stratigrafica, numerosi indizi mineralizzati sono stati riconosciuti nell’area di Castello Medusa (Asuni) nei calcari e negli scisti pre-ercinici. I risultati analitici sono stati confrontati con i dati relativi ai corpi mineralizzati post-permiani raccolti lungo lo stesso orizzonte stratigrafico nel corso di un programma quinquennale di prospezione svoltosi negli anni ‘80 nell’ambito del progetto “Geodinamica” del CNR. Si è quindi avviato uno studio sulle relazioni che intercorrono tra i bacini di accumulo di sedimenti mineralizzati ed il basamento continentale di provenienza focalizzando lo studio sulla natura delle mineralizzazioni a manganese presenti alla base del Miocene sedimentario nel nord Sardegna per caratterizzarne gli ambienti di deposizione e formulare ipotesi genetiche. Nel 2011 si sono pubblicati i primi interessanti risultati di una ricerca di dettaglio sui paleofluidi del sistema idrotermale delle mineralizzazioni ad albite, talco e clorite a Sa Matta e Su Venosu, distretto di Orani, Sardegna centrale. La ricerca si è svolta in collaborazione con l’Università di Leoben in Austria dove sono state eseguite le analisi chimiche delle inclusioni fluide ricavandone informazioni sulla natura e sulla composizione delle soluzioni mineralizzanti. Studi recenti sulle facies granitoidi erciniche hanno rivelato che gli elementi del gruppo delle Terre Rare sono comunemente presenti in alcuni minerali accessori, principalmente allanite, nel protolita non metasomatizzato. I processi di alterazione che hanno portato alla formazione dei corpi mineralizzati ad albite, talco e clorite sembra che abbiano distrutto le allaniti magmatiche presenti nel protolita granitoide solubilizzando i lantanidi per ridistribuirli in fasi secondarie di nuova formazione rinvenute nei corpi albitizzati. I fluidi metasomatizzanti sarebbero quindi responsabili della lisciviazione delle terre rare dal granito, della simultanea formazione delle albititi e infine della deposizione di talco/clorite. Lo scopo di questa ricerca è quello di individuare nei fluidi la presenza di possibili agenti di complessazione capaci di aumentare la solubilità delle REE nell’ambiente idrotermale. I primi risultati analitici sembrano confortare l’ipotesi che a lisciviare i lantanidi siano soluzioni ad elevate salinità e ricche in alogeni (F, Cl, Br, I, Na, K, Ca, Mg) in particolare il bromo. Nello stesso anno abbiamo pubblicato una breve cronistoria della scoperta in Sardegna di una nuova provincia metallogenica, risultato delle ricerche iniziate negli anni ’80 nelle vulcaniti calcalcaline del Terziario. Diverse campagne di prospezione rivelarono in quei terreni una diffusa alterazione idrotermale con diversi affioramenti di corpi mineralizzati a rame e metalli preziosi. Seguirono campagne di esplorazione che portarono alla scoperta dei due importanti sistemi epitermali di Furtei e Osilo. Proseguono gli studi sulle relazioni genetiche intercorrenti tra le mineralizzazioni presenti alla base del Miocene marino ed il basamento continentale di provenienza degli elementi studiando in particolare la mobilità di alcuni metalli pesanti. Con l’instaurarsi di una trasgressione marina si è depositata una serie sedimentaria la cui parte basale include termini clastici derivanti dall’erosione delle rocce vulcaniche. Al contatto tra vulcaniti ed i sedimenti terrigeni basali, sono presenti concentrazioni stratabound di diversi metalli. Nel Logudoro, Sardegna nord-occidentale sono presenti corpi mineralizzati, in prevalenza cupriferi, generalmente ospitati nelle rocce sedimentarie vulcanoclastiche del Miocene inferiore. Le vulcaniti continentali, sorgente dei metalli nel processo metallogenico, contengono diffuse concentrazioni di diversi metalli, ma solo alcuni di essi sembrano concentrarsi nei fluidi metallizzanti che raggiungono i bacini. La selezione dei metalli può essere imputata ai fenomeni di “weathering” dei suoli dove nelle diverse condizioni paleoclimatiche si è determinata la separazione dei metalli. Il clima caldo e semiarido ha favorito l’estrazione selettiva del rame dai terreni (bisiallitizzazione) lasciando nei suoli una concentrazione residuale di piombo e in misura minore di zinco. Il rame così mobilizzato può viaggiare verso i bacini di sedimentazione e concentrazione. Tali studi si svilupperanno anche in altre parti del vasto bacino terziario sardo, specie dove si ritiene che l'apporto metallifero provenga dalle vulcaniti oligo-mioceniche. Un preliminare lavoro di prospezione in campagna e di prima campionatura consentirà di localizzare altri contesti simili e ricostruire dal punto di vista geogiacimentologico, tutta la “Fossa sarda”. In questo modo, oltre alla definizione del modello genetico per questo tipo di mineralizzazioni, si vuole delineare una guida alla prospezione utile per l’individuazione delle condizioni geogiacimentologiche, strutturali, paleogeografiche e paleoclimatiche favorevoli alla formazione di depositi economicamente utili. Per quanto riguarda le ricerche sulle materie prime strategiche e metalli preziosi per l’Europa, un tema di principale interesse è rappresentato dalle nuove esplorazioni in depositi minori scarsamente coltivati in passato (Ni-Co, Sn, Mo, W, Sb, REE, Au, Ag) per i quali esistono tuttavia numerose indicazioni che rendono interessante, anche in funzione del momento storico e di mercato, la verifica delle potenzialità dei distretti sardi per una serie di risorse, inclusi molti CRM (Critical Raw Materials). A tal fine si sono ripresi gli studi nell’area di Sarroch (Sardegna sud-occidentale), nel quadro delle mineralizzazioni legate al magmatismo ercinico in Sardegna e in una visione integrata delle operazioni, recupero delle risorse, trattamento dei rifiuti delle attività estrattive, bonifica dei siti dismessi. Si tratta di una serie di stocks mineralizzati che si susseguono con continuità lungo una fascia di 5 km di lunghezza e 1.5 km di larghezza dove, oltre alle manifestazioni conosciute, altri affioramenti granitici potrebbero essere mineralizzati. Sono state individuate aree di un certo interesse con vene e stockworks di quarzo con molibdenite, molibdenite disseminata, disseminazioni a Sn, vene di quarzo con calcopirite, minerali di terre rare tra i quali la bastnaesite, segnalata per la prima volta in Sardegna. Sono stati rinvenuti anche minerali di stagno (cassiterite), bismutinite e bismuto nativo. Queste ricerche mettono in evidenza le analogie tra il modello dei giacimenti a molibdeno tipo Climax e il sistema porfirico in esame ampliando le conoscenze dell’area di Sarroch sotto il profilo geologico-petrografico e giacimentologico. Queste mineralizzazioni hanno costituito probabilmente la fonte alimentatrice, non ancora nota, dei minerali rinvenuti negli anni settanta nei sedimenti della piattaforma continentale prospiciente l’area in esame durante la campagna “Oceanografia e Fondi Marini” del CNR. Partecipazioni ad attività dell’ International Working Group ( GIT – IWG ) per la certificazione di nuovi standards geochimici. 1) S. Fadda as partecipating analyst to: K. Govindaraju; 1987 Compilation Report on Ailsa Craig Granite partecipation of 128 GIT - IWG Laboratories AC–E with the IWG - International Working Group Geostandards Newsletter, Vol. 11, N° 2, codice di partecipazione 060 2) S. Fadda as partecipating analyst to: K. Govindaraju, P.J. Potts, P.C. Webb and J. S. Watson; 1994 Compilation Report on Whin Sill Dolerite WS-E from England and Microgabbro PM-S from Scotland: assessment by one hundred and four International Laboratories IWG – International Working Group Geostandards Newsletter, Vol. 18, N° 2, codice partecipazione 060