`agenzia Misna, un`altra faccia dell`informazione

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`agenzia Misna, un`altra faccia dell`informazione
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA
“LA SAPIENZA”
Facoltà di Sociologia
Corso di Laurea in Sociologia
Tesi di Laurea in Sociologia della Comunicazione
AGENZIA MISNA
UN’ALTRA FACCIA DELL’INFORMAZIONE
Relatrice: Prof.ssa Elisabetta CAPORELLO
Correlatrice: Prof.ssa Maria Giovanna MUSSO
Candidato Giovanni PILERA
Matricola: 12176022
ANNO ACCADEMICO 2003 - 2004
Ringraziamenti
Desidero ringraziare la Prof.ssa Elisabetta Caporello per aver seguito il mio lavoro
con professionalità e disponibilità.
2
Introduzione
Il progetto Misna nasce da due letture: la prima riguarda un articolo pubblicato sul
settimanale Panorama titolato “Missionario dell’informazione. Giornalisti in prima linea”,
che porta la firma della giornalista Stella Pende. Si tratta di uno speciale dedicato all’agenzia
internazionale Missionary Service News Agency (Misna), in cui si descrive il particolare
lavoro giornalistico svolto da migliaia di missionari che si trovano sparsi in tutto il mondo.
All’impatto può sembrare strano parlare di missionari giornalisti, ma in realtà è proprio così:
attraverso il sito web www.misna.org, portano in superficie tutti quei fatti che accadono nel
Sud del mondo e che generalmente non trovano spazio nei tradizionali mezzi di
comunicazione di massa. Da un’intervista all’ex direttore dell’agenzia, padre Giulio
Albanese, emergevano gli obiettivi della Misna (“Dar voce ai Senza Voce”), spiegando i
motivi che hanno spinto molti religiosi e laici ad intraprendere la strada di giornalisti
attraverso una testata telematica.
La seconda lettura che ha anticipato questo lavoro, riguarda invece il libro intitolato Il
mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, scritto da padre Albanese. Emergevano
dal libro numerosi problemi che affliggono i popoli del Terzo mondo, ma soprattutto temi
riguardanti l’incompletezza d’informazione internazionale da parte del giornalismo
occidentale. La prima parte si apriva con una dura ammenda nei confronti dell’attuale
informazione estera, rivolta, secondo l’autore, principalmente a fatti legati agli interessi
economici e culturali del mondo occidentale, «i fatti della porta accanto». Si dimenticano
invece gli eventi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Diverse domande erano
proposte dal libro, anche forti a volte, del tipo: perché un bambino israeliano ucciso dai
palestinesi fa titolo mentre cento bambini morti in Uganda o in Sudan non valgono neanche
una riga? Perché un soldato americano morto in Iraq ha gli onori della prima pagina mentre
migliaia di profughi che muoiono ogni giorno di fame, malattie e in guerre civili nelle zone
più sperdute dell’Africa invece no?
Altro problema dal libro, sull’informazione in genere, riguardava l’eccessiva
spettacolarizzazione degli eventi a scapito di contenuti seri e consapevoli. Gli editori seguono
le leggi del news businnes, improntate su notizie “usa e getta” (pettegolezzi,
sensazionalismo, ricerca a tutti i costi dello scoop) e dimenticano i principi di
un’informazione globale. Questo quadro generale offerto dalle due letture spronava a capire
3
se veramente il giornalismo, soprattutto italiano, era così indifferente di fronte a quella faccia
del mondo rivolta a Sud.
1. Partendo dalle fonti primarie su cui poggia l’informazione internazionale, le agenzie, e
tenendo in considerazione il processo di produzione delle notizie, il newsmaking, si è cercato
di mettere in luce il ruolo dei mass media in merito ai fatti che provengono dalle zone più
sperdute della Terra (Africa, Asia e America Latina). Centrale è il rapporto diretto che le
agenzie di stampa instaurano con gli scenari dei fatti, la loro collocazione nel panorama
dell’informazione
(editoriale,
logistico),
come
rilanciano
ai
media
tradizionali
l’informazione, anche dopo l’avvento di Internet. Si è accennato anche al rischio di
manipolazione di un evento nel caso in cui esiste una sola fonte.
Il tema tocca da vicino le influenze organizzative (routine burocratiche) e ideologiche (i
valori-notizia, i condizionamenti individuali, sociali e politici), sui rapporti esistenti tra
agenzie e mass media, tenendo presente le nuove forme telematiche che si sono venute a
creare negli ultimi anni. In questa prima parte della tesi si affronta una sintesi delle varie forti
d’informazione, come possono essere le moltissime webzine nate fra il 1997 e il 2003. Si
accenna anche al ruolo dei quotidiani telematici. In quest’ultimo caso abbiamo preso come
esempio la testata del Nuovo, anche se ormai non esiste più, poiché è stato in Italia uno degli
esperimenti più importanti in materia di giornalismo in rete.
2. A questo punto si è passati (nel capitolo secondo) al nucleo centrale di questo lavoro:
l’agenzia Misna, un’altra faccia dell’informazione. Protagoniste della scena diventano le
nuove forme di comunicazione digitali, accolte con favore sia dai cattolici che dai laici, per
dar voce a chi non ne ha, ovvero agli ultimi della Terra: i paesi del terzo e quarto mondo.
L’agenzia Misna ha carattere internazionale ed ha un numero elevatissimo di inviati sul
campo (circa 600 mila secondo alcune stime), il maggiore fra le testate di tutto il mondo. Fra
questi giornalisti 14 mila sono italiani. La loro caratteristica come abbiamo già accennato è
molto particolare: sono infatti dei missionari, dei laici, semplici volontari impegnati nei
cinque continenti in opere di umanità e di evangelizzazione. La maggior parte di loro
appartiene all’ordine religioso dei Comboniani.
Questi giornalisti d’eccezione, al di là della loro missione, sono dei veri e propri reporter
d’agenzia, alcuni muniti dei moderni mezzi di trasmissione telematica mentre altri si affidano
ancora al telefono, come accadeva una volta. Grazie all’aiuto dei laici, che nel progetto
Misna hanno messo a disposizione molte competenze nel campo telematico, la Chiesa ha
potuto realizzare un sogno nel cassetto custodito da molti anni: dar voce ai senza voce.
L’agenzia Misna nasce nel 1996 per offrire al mondo dell’informazione un servizio sui
4
contenuti del Sud (Africa, Asia, Oceania, America Latina). Temi che la maggior parte del
pubblico non conosce o non considera nemmeno, perché non li ha sotto gli occhi. I
corrispondenti Misna fanno tutto questo senza sottostare al soldo di nessuno, senza ricevere
proventi pubblicitari. Il solo finanziamento di cui dispongono proviene da alcuni fondi
volontari messi a disposizione da diverse associazioni cattoliche, circa 500 mila euro l’anno:
una cifra in realtà molto bassa per una testata giornalistica internazionale.
3. Oltre ad una varietà di fonti primarie, che si sono potute attingere dai quotidiani, dai
palinsesti televisivi e radiofonici, il lavoro si basa su un’ampia bibliografia secondaria, quella
webliografica, che ha fornito l’indispensabile documentazione per un consapevole
inquadramento dell’argomento. Tuttavia, nel terzo capitolo, abbiamo tentato di capire perché
le notizie che riguardano il Sud del mondo non sono pubblicate o finiscono nel dimenticatoio
di alcune testate. Così è stata svolta una semplice indagine esplorativa su dieci quotidiani
italiani, per tentare di capire quali sono le testate che affrontano temi legati alle tragedie del
Sud del mondo e quali invece li ignorano quotidianamente. Si è indagato sul perché della
pubblicazione di certe notizie e non di altre; quali sono stati i valori di notiziabilità di certi
eventi selezionati nell’indagine; quale il tema dominante nei titoli dei giornali.
Ci aiuterà a confermare e integrare i nostri dati una ricerca dal titolo Conflitti dimenticati,
promossa da Caritas Italiana, Famiglia Cristiana e la rivista Il Regno. Quanto affrontato nei
capitoli precedenti circa la sproporzione dell’informazione tra il Nord e il Sud del mondo,
troverà in questa ricerca una conferma non solo dai dati relativi ai palinsesti radiotelevisivi e
ai servizi dei quotidiani, ma anche da ciò che il pubblico ricorda su certi conflitti dimenticati:
poco o nulla come vedremo, contrariamente a quanto invece accade con altri conflitti (ad
esempio quello israelo-palestinese e dei balcani).
4. I lavoro si conclude sottolineando alcuni problemi del giornalismo occidentale:
eccessiva spettacolarizzazione degli eventi, oltre al fatto che i media tendono ad imprimere al
pubblico l’effetto choc. Tema che abbiamo voluto riallacciare all’appendice, dove si pone
una riflessione sul perché è ritenuto primario stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica
verso i problemi del Sud del mondo. L’ipotesi in questo caso è che per affrontare
concretamente crisi come le guerre, la fame e le malattie non c’è solo bisogno di aiuti
finanziari, ma deve essere forte anche l’intervento dei media e quello dei governi. L’impegno
di quest’ultimi e delle organizzazioni internazionali può essere quello di trovare canali per
dialogare con chi si oppone al sistema (nel caso ad esempio di guerre civili), e in alcuni casi i
risultati possono anche essere positivi per ottenere la pace.
5
Capitolo 1
Sintesi delle varie fonti d’informazione
1.1 Le agenzie
Quante
volte abbiamo sentito
parlare durante un notiziario di aggiornamenti in
tempo reale riportati dall’Ansa (agenzia nazionale stampa associata), dall’Agi (Agenzia
Giornalistica Italia) o dall’Adnkronos (organo di stampa privato). In gergo giornalistico sono
definiti lanci1, frammenti, dispacci, flash o pillole. Nel vasto panorama dell’informazione
nazionale ed internazionale, la maggior parte dei fatti è trasmessa dalle agenzie di stampa, il
primo mezzo ad intervenire nel processo di costruzione delle notizie (newsmaking). La
funzione svolta dalle agenzie poggia principalmente sulla trasformazione di testimonianze e
di particolari trapelati dagli sviluppi di un qualsiasi episodio, in notizia, il resoconto dei fatti
che si mostra attraverso gli articoli, le immagini, i servizi o i reportage. Si tratta in definitiva
di rilanciare2 il contenuto primordio (la materia prima) di una vicenda, appresa dagli scenari
coinvolti in primo piano, alle redazioni3 giornalistiche, rendendolo di dominio pubblico
mediante comunicati non stop (il prodotto).
Questo procedimento si rifà al concetto di newswothiness (notiziabilità): la disposizione di
chi opera nei media a capovolgere una storia in un fatto4, o meglio, (…) “l’insieme degli
elementi attraverso i quali l’apparato informativo controlla e gestisce la quantità e il tipo di
eventi da cui selezionare le notizie”5. L’indirizzo d’indagine delle agenzie di stampa può
1
R. Seghetti, La bussola dell’informazione. Giornali, agenzie, radio, televisione, internet, banche dati...come
non perdersi fra le notizie, F. Angeli, Milano, 1998, p. 63, spiega che “Ogni giorno sul monitor di un
giornalista si riversa una quantità di informazioni enorme. Lanci, così si chiamano, che hanno una lunghezza
massima di 20-25 righe da 60 battute l’una. Altri letti, verificati, ripassati al vaglio e poi gettati via”.
2
Termine utilizzato nel settore giornalistico per definire le notizie dirottate agli organi di stampa: televisione,
radio e quotidiani.
3
Quando si parla di redazioni o di testate giornalistiche, ci si riferisce alle varie sedi interne ai comuni mezzi
di comunicazione di massa, come possono essere ad empio i canali televisivi, i quotidiani, la radio, rotocalchi e
riviste.
4
Livolsi M. e Rositi F., La ricerca sull’industria culturale, Carocci, Roma, 2000, p. 27.
5
M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Strumenti Bompiani, Milano, 1999, p. 196.
6
essere distinto secondo gli stampi editoriali di appartenenza, ovvero, alcune di loro proiettano
lo sguardo a tutto campo, riportando vicende da tutto il mondo, mentre altre hanno invece
una visione più limitata, nazionale o regionale; infine vi sono quelle che si occupano
esclusivamente di un unico settore, come argomenti di finanza, di politica e sport, oppure
quelle che forniscono informazioni oltre che ai media anche alle istituzioni centrali e
periferiche, agli organismi internazionali e alle organizzazioni di categoria o al mondo
politico e sindacale. Specializzarsi in un solo settore è una delle caratteristiche principali di
chi opera nelle agenzie, oltre all’obiettività e all’equilibrio nel giudicare gli eventi: elementi,
peraltro,
che
dovrebbero
essere
propri
di
tutta
la
categoria
giornalistica.
Contemporaneamente un filo diretto le tiene in contatto con le testate giornalistiche: la rete
telematica (il web), che costituisce una rapida fonte di aggiornamento ipertestuale.
Televisione, radio e quotidiani non possono fare a meno di raccogliere i lanci pubblicati
on line nei numerosi siti news delle agenzie, in maggioranza appartenenti a case editoriali
occidentali. Secondo il magazine on line Infocity6, i dieci indirizzi delle agenzie più visitati
in Italia nel 2003 sono stati: “Cnn Italia” (non più visitabile da fine dell’anno citato, anche
se le informazioni da tutto il mondo sono disponibili anche attraverso l’edizione americana
“Cnn.com” o quella internazionale “Cnn.com International”), “Mediaset Online”, “Affari
Italiani”, “Ansa”, “Rai news 24”, “Adnkronos”, “Agi”, “Notizia più”, “News 2000” e
“Amico”. Si può aggiungere, inoltre, che anche i portali come “Jumpy”, “Google”,
“Clarence”, “Tiscalinet”, “Yahoo!”, “Virgilio” (questi ultimi due dispongono di un proprio
spazio informativo, “Yahoo Notizie” e “Virgilio Notizie), e via discorrendo, offrono
all’interno della loro web-area, oltre ad una moltitudine di altri servizi, anche notizie di
ordine generale provenienti da fonti di agenzia, rientrando di diritto in quella che oggi è
comunemente chiamata l’edicola globale. Negli ultimi tempi sembra comunque ridursi nei
portali questa funzione informativa, mentre emerge sempre più spesso l’offerta per la
consultazione di ricerca e d’intrattenimento.
I fatti rilanciati dalle agenzie entrano a far parte di un circolo multimediale collettivo
senza sosta, e sono trasmessi senza pubblicità (contrariamente a quanto svolto dagli altri
media, soprattutto dalla televisione). Nell’epoca tecnologica, a partire dagli albori di
Internet7, la mole di informazioni resa disponibile, sia nei media sia negli altri siti8, può
6
Infocity è una testata che approfondisce i temi sul mondo web. Le nostre informazioni sono state raccolte sul
suo indirizzo, nella pagina: http://www.infocity.it/edicolatop40/cla.htm.
7
Con la nascita di Internet sono sorte molte agenzie, e la concorrenza, grazie ai bassi costi richiesti dal settore
telematico.
7
essere facilmente appresa navigando in rete da qualsiasi utente. Una fruizione garantita
dall’opportunità di formulare percorsi personalizzati e ricerche attraverso l’utilizzo dei
terminali connessi al modem. Questi collegamenti trovano applicazione con l’accesso in rete
ai siti delle stesse agenzie o degli altri media multimediali, ad esempio i quotidiani
telematici9, che offrono l’opportunità di consultare i loro archivi e banche dati (alcune
visitabili liberamente ventiquattro ore su ventiquattro, altre solo in determinati orari, oppure
attraverso la sottoscrizione di un abbonamento). Nell’utilizzo delle banche dati si tratta
solitamente di elite culturalmente attrezzate, costituite in maggioranza da laureati o diplomati
istruiti (si pensi alla conoscenza della lingua inglese) come possono essere ad esempio
professori, giornalisti, avvocati, medici, ingegneri, scienziati e ricercatoti. L’attività
informativa che svolgeva negli anni ‘20 del Novecento la radio, annullando (...) “le distanze
territoriali e portando la contemporaneità”10 nelle case delle persone, è passata, di fatto, ora
nelle mani dei magazine on line, i nuovi media di massa.
Le agenzie di stampa sono delle vere e proprie fabbriche di notizie, soprattutto radiotelevisive, poiché vi sono richieste continue d’aggiornamenti, e possono essere considerate
nello stesso tempo sia la fonte degli avvenimenti, sia il mezzo che li trasporta. Nelle varie
fasi che intervengono nella produzione di un fatto, diventa determinante il loro punto di vista.
Un evento è, infatti, il frutto di una scoperta, di scelte organizzative che pianificano il lavoro
giornalistico e, dunque, dipende in gran parte dalle interpretazioni, dalle valutazioni,
dall’ethos11 professionale e dalla cultura personale di chi opera in questi potentissimi media.
Una conferenza di un politico, per fare un esempio, potrà essere giudicata priva di rilevanza
da un cronista dell’agenzia Agi, mentre interessante da quello dell’Ansa, con il risultato che
la sua diramazione avverrà attraverso la seconda agenzia e non la prima, e soprattutto entrerà
8
L’informazione web non è composta solo dalle grandi agenzie o dai grandi portali ma si arricchisce
continuamente di siti. Si pensi ai blog, il luogo virtuale ideale per esprimere le proprie opinioni o passioni.
9
Con lo sviluppo di Internet molti editori si sono spinti nel settore telematico sviluppando versioni elettroniche
delle copie cartacee. L’Unione sarda è stato il primo esperimento in tal senso, seguito dall’Unità, riproponendo
l’edizione su carta. Col passare del tempo i quotidiani telematici hanno ampliato l’offerta informativa,
riportando ad esempio le strisciate delle agenzie di stampa con aggiornamenti in tempo reale. Vediamo in
ordine quelli più consultati in Italia: “La Repubblica”, “Corriere della Sera” , “Il Sole 24 ore”,”La Stampa”,
“Il Messaggero”, “Il Mattino”, “La Gazzetta dello Sport”, “IL Giorno, “L’unione Sarda” e “L’Avvenire”. Nel
quadro della nuova editoria dell’informazione multimediale è bene inserire in questa tipologia anche i siti all
news, le stesse agenzie di stampa, le riviste (tematiche o generaliste), i portali e le webzine (nate esclusivamente
per dare notizie sul web).
10
E. Menduni, La televisione. Il mondo in ogni casa. Forme e poteri del piccolo schermo nell’era multimediale,
Il Mulino, Bologna, 1999, p. 13.
11
L. Benadusi, Scuola, riproduzione, mutamento. Sociologie dell’educazione a confronto, La Nuova Italia,
Firenze, 1998, p. 150. Ethos (o habitus) è un termine di origine antropologica, utilizzato dal sociologo francese
P. Bourdieu per “Designare l’insieme, largamente inconscio, di schemi di percezione e di pensiero” (…) , che
assicurano (…) “la riproduzione culturale e, per suo tramite, la riproduzione sociale; (…) un sistema acquisito
di schemi generativi obiettivamente aggiustati alle particolari condizioni in cui esso è costituito”.
8
in gioco il profilo deontologico del reporter presente in sala in quel momento. Nell’ipotesi
peggiore la notizia potrebbe non emergere affatto, rischiando l’insabbiamento. Un fatto non
si tramuterà mai in notizia, non lo conoscerà mai nessuno, a parte le persone che lo vivono
direttamente, se non è prima capito dal giornalista. Ed è per questo motivo che i
corrispondenti delle agenzie di stampa assumono un ruolo decisivo nell’informazione.
Secondo D. Altheide “Le notizie sono ciò che i giornalisti definiscono come tali”12. Tesi
rafforzata da M. Fishman: “Ciò che è conosciuto o conoscibile dai media dipende dal potere
di raccolta e di elaborazione dell’informazione di queste istituzioni”13. Un’affermazione
quest’ultima, che indica un punto debole del pluralismo nell’informazione, laddove, in luoghi
come Africa, Asia e America Latina, l’informazione non è raggiunta dalla maggioranza delle
redazioni giornalistiche internazionali per una ragione di carattere economico. La quasi
totalità dei desk (redazioni) internazionali presenti nel Sud del mondo sono delle agenzie di
stampa, come Reuters, Associated Press o France Press. La ragione è soprattutto di ordine
economico. Il direttore di una testata europea trova più conveniente pagare annualmente il
servizio delle wires (agenzie), piuttosto che mantenere una redazione a Nairobi. Qualora
fosse necessario, potrebbe inviare un reporter sul posto, ma solo per un breve periodo.
Le regole del gioco prevedono che siano le notizie a cercare i giornalisti e non il contrario,
ovvero un dispaccio giunge sul tavolino delle redazioni giornalistiche già pronto per essere
divulgato, a volte senza neanche il vaglio di una seria verifica nel caso di tempi ridotti nella
messa in onda (ne sono un esempio i notiziari televisivi). Sono migliaia i fatti che ogni
giorno scorrono sui monitor delle testate giornalistiche, vi è una sovrabbondanza di fatti
provenienti dal mondo. Alle strisciate dei titoli, che appaiono sui monitor delle redazioni,
possono seguire dei numeri (PARTE/1-/2-/3) per indicare più pezzi di un frammento. Spesso,
però, le agenzie preferiscono unire le parti in una sola ricca di particolari. Nello stesso tempo
altre migliaia di notizie rimangono nell’ombra, o perché non sono raggiunte da un inviato, e
quindi non scoperte, oppure poiché gli organi d’informazione non le considerano adatte
all’interesse del pubblico.
12
D. Altheide, Creare la realtà. I telegiornali in America: selezione e trattamento delle notizie, Eri-Rai, Torino,
1985, p. 113. L’autore prosegue il concetto affermando che: “L’assunto è raramente esplicitato, poiché parte
del modus operandi dei giornalisti è che gli eventi accadono fuori ed essi si limitano semplicemente a
riportarli. Sostenere invece che essi fanno o selezionano arbitrariamente le notizie, sarebbe contrario alla loro
posizione epistemologica, un’implicita teoria della conoscenza costruita su procedure per risolvere richieste
organizzative”.
13
M. Fishman, News and Non-Events: Making the Visible Invisible, in J.S. Ettema e D.C. Whitney (a cura di),
Individuals in Mass Media Organizations, pp. 219-10, Beverly Hills, Ca-London, Sage, 1982, in McQuail,
1986, p. 211.
9
I contenuti presenti nei dispacci delle agenzie sono fabbricati in modo standard14
(produzione di massa) e giungono al pubblico solo dopo essere stati elaborati15 dal processo
produttivo giornalistico. In questo processo i mass media hanno un grandissimo potere sul
controllo delle informazioni che raggiungeranno i destinatari: eventi che non ricadono solo al
di fuori del campo di esperienza diretta degli individui, ma anche problemi, interpretazioni,
visioni della realtà. I media consentono di superare il muro tra pubblico e gli avvenimenti,
ma ciò attribuisce a tali mezzi – secondo Lippman – un potere di “fraintendimento” al di
fuori del controllo dei destinatari: “mentre coloro che hanno diretto accesso al teatro degli
avvenimenti possono fraintendere quello che vedono, nessun altro può decidere in che modo
lo fraintenderanno, sempre che non sia in grado di decidere dove guarderanno e che
cosa”16. Attualmente i fatti del giorno sono by-passati dal filtro del mercato attuale
dell’informazione, il news businnes, che impone ai giornalisti la ricerca di vicende
spettacolari e sensazionali, “usa e getta” potremmo chiamarle, anche se non tutti i cronisti si
piegano in realtà a tale ricatto. Lo scopo è conquistare il pubblico più vasto, abbassando il
livello qualitativo dei notiziari, facendo passare come news il pettegolezzo e lo spettacolo,
che non impegnano per troppo tempo gli ascoltatori e non li annoiano.
Spesso si assiste ad una riduzione delle notizie in formato rotocalco, infarcito di cronaca
rosa, di calcio e di pettegolezzi. E’ un mercato che orienta il tiro verso un prodotto basato
sull’interesse e le richieste del pubblico17, dove quello che conta veramente è fare audience.
In Italia quest’andamento è confermato dal caso dei quotidiani d’informazione e di opinione,
che hanno perso progressivamente terreno nei confronti di quelli sportivi18, dei rotocalchi
14
W. Lippman, (1922), Public Opinion, Free Press, New York, tr. it. L’opinione pubblica, Edizioni di
Comunità, Milano, 1963, p. 123, “Senza standardizzazione, senza stereotipi, senza giudizi scontati, senza
crudele disprezzo per le sottigliezze, il giornalista morirebbe presto di eccitazione”.
15
Il grande scrittore francese Honorè De Balzac nella metà dell’Ottocento intuiva già, in una delle sue citazioni,
quale era il potere riposto nelle mani delle “signore” dell’informazione: “Il pubblico crede che siano molti i
giornali, ma in definitiva ce n’è uno solo. Ciascuno dipinge in bianco, in rosso o in blu la notizia che gli manda
il signor Havas”.
16
J. Delia, Communication research. A history, 1987, in Berger C., Chaffee S., (eds.), Hanbook of
communication science, Sage, Newbury Park, in G. Gili, 2001, p. 24.
17
D. Mc Quail, I media in democrazia, Il Mulino, Bologna, 1992. Il concetto d’interesse pubblico – secondo la
versione di quest’autore – è il risultato di un’azione da parte dei media in un senso piuttosto che in un altro
sempre modificabile e negoziabile, in vista di un vantaggio collettivo a lungo termine che la società può
ottenere.
18
E’ la Gazzetta dello sport il giornale sportivo più letto. Secondo i dati 2003 di Audipress – associazione che
indaga attraverso analisi quantitative e qualitative sulla lettura dei giornali quotidiani e periodici – i lettori
sarebbero 3 milioni 364 mila. Sono ancora otto i quotidiani che superano ogni giorno il milione di lettori. Dopo
il giornale sportivo seguono, nell’ordine, il Corriere della sera (2.813.000), la Repubblica (2.794.000), La
Stampa (1.613.000), Corriere dello sport-Stadio (1.466.000), il Messaggero (1.280.000), il Resto del Carlino
(1.274.000), Il Sole-24 Ore (1.218.000). L’analisi ha preso in esame 51 quotidiani, sette supplementi dei
quotidiani, 34 settimanali, 94 mensili. Per i supplementi, Il Venerdì di Repubblica con 2.826.000 lettori supera
Tv Sette (1.977.000) e Sette del Corriere (1.973.000).
10
incentrati sul gossip, e dei programmi televisivi, ma questo è un altro discorso, che interseca
un concorso di colpe tra le quali “i trionfi della televisione e l’attrazione ad Internet” 19.
Gli avvenimenti che fuoriescono dalla superficie del mare dell’informazione, sono dunque
un “prodotto” quasi ultimato. Il loro cammino prosegue, infatti, nelle redazioni
giornalistiche, dove sono raccolti20 (secondo diversi scopi per ogni testata), approfonditi o
scartati, se ritenuti irrilevanti. Ci troviamo di fronte a un duplice atteggiamento del
giornalista di redazione: da un lato partecipativo, quando assume il ruolo di osservatore e di
ricercatore dopo aver appreso i dispacci, dall’altro passivo, nel momento in cui non
interagisce direttamente con la fonte, poiché questa è mediata dalle agenzie. Nelle redazioni
non si raccolgono soltanto i lanci di maggior interesse, vicini alla sensibilità, ai desideri e alla
curiosità della gente, ma anche filmati e audio. Una volta superato questo filtro, sono
approfonditi e solo per ultimo distribuiti ai lettori, ai telespettatori, agli ascoltatori, in altre
parole ai “consumatori”, attraverso sistemi creati ad arte da strateghi della comunicazione,
per attirare, colpire e soddisfare il pubblico (effetto uncino).
Fra le più autorevoli agenzie di stampa italiane ci sono ancora: la Radiocor (specializzata
in economia e finanza), che fa capo al gruppo del Sole 24 Ore ed è collegata alla Reuters
inglese; l’Asca (di matrice cattolica), che spazia sia nella cronaca interna sia nell’area
europea; la Dire, agenzia di informazione politico-parlamentare quotidiana; infine c’è
Infocity, la prima agenzia a sviluppare nel 1994 l’informazione giornalistica on line. Anche
l’Agi e l’Adnkronos, agenzie di cui abbiamo parlato all’inizio, hanno un proprio stampo
editoriale: la prima fa capo al gruppo Eni, mentre la seconda è un gruppo holding in mano
all’imprenditore Giuseppe Marra. Oltre alle agenzie nazionali esistono quelle di servizi,
come l’Agl (Agenzia giornali locali), legata alla catena dei quotidiani minori del gruppo
Espresso, l’Aga (Agenzia giornali associati) e la Quotidiani associati. Tra le tante agenzie
solo l’Ansa21, seguita dall’Agi, può contare sul maggior numero di redazioni sia interne
19
P. Murialdi, Il giornale. Prodotto industriale e creazione intellettuale, specchio della realtà ma imperfetto e
deformante. Conoscerlo per saperlo usare, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 10.
20
M. Livolsi e F. Rositi, La ricerca sull’industria culturale, Carocci, Roma 2000, p. 25, “J. Tunstall (1971,
1972), in una ricerca sui giornalisti specializzati nella raccolta di notizie (newsgathering) di ventitré
organizzazioni giornalistiche (stampa, agenzie e televisione) operanti in Gran Bretagna a livello nazionale, ha
evidenziato come ogni testata ha perseguito una combinazione di tre scopi: uno scopo remunerativo
d’incremento dell’audience, uno scopo remunerativo d’incremento di pubblicità e scopi non remunerativi come,
ad esempio, la promozione di finalità culturali, l’acquisizione di influenza politica ecc.”.
21
L’agenzia più importante in Italia è l’ansa (fondata il 15 gennaio 1945) che appartiene a un consorzio di tutti
gli editori italiani (formata ora da 38 soci) costituito dopo la liberazione di Roma sulla falsariga dell’Associated
Press, trasmette 24 ore su 24 ed è collegata alle agenzie mondiali e con quelle nazionali di molti paesi,
diffondendo inoltre notiziari specializzati, servizi radio e foto” anche in Internet, dove si possono approfondire
sia notizie interne (sono 21 le sedi sul territorio nazionale), sia quelle estere (90 uffici distribuiti in 77 paesi). Ha
11
(nazionali e regionali) sia esterne (all’estero), con un’estesa rete di cronisti sparsi nei diversi
territori del mondo.
Nonostante questo, però, l’agenzia più importante in Italia si distanzia, per numero di
corrispondenti, dai maggiori canali informativi mondiali come: “L’AP – Associated Press,
the essential global news network” statunitense, che è la più grande agenzia del mondo, la
“Reuters – News and Informations Agency” inglese, la “AFP – Agence France Press"
francese, o la “ITAR TASS” russa. Questi colossi della stampa internazionale controllano
l’informazione a 360 gradi, in tutti i confini della Terra. Detengono in altre parole quello che
si potrebbe chiamare l’oligopolio della comunicazione, anche nei paesi che si trovano nel
Sud del pianeta. Ciò significa, che i dispacci riguardanti Africa, America Latina e Asia sono
raccolti, dai maggiori organi d’informazione mondiali (canali tv, radio e quotidiani)
soprattutto da queste grandi agenzie che abbiamo citato. Una quantità innumerevole se si
considera la gravità degli episodi che ogni giorno accadono in questi vasti territori del Sud, i
quali sono spesso martoriati delle guerre civili.
Figura 1 L’home page dell’agenzia italiana Adnkronos.
Sotto il telecomando delle agenzie passa di tutto, la realtà è vista da ogni angolatura:
politica, cronaca, economia, cultura, sport, spettacolo e gossip; ma anche, scienza, tecnica,
intrattenimento, società, borsa, affari e meteo. Affiancati ai temi del giorno ci sono gli
corrispondenti in tutto il mondo, anche in capitali di minore importanza, in virtù di convenzioni con la
presidenza del Consiglio e con il ministero degli esteri.
12
approfondimenti, i dossier e gli speciali, canali e rubriche disponibili negli archivi sui vari
argomenti affrontati nelle home page22, che permettono di focalizzare una storia (la
fenomenologia di una vicenda), attraverso il confronto degli articoli archiviati e ordinati
cronologicamente rispetto ad un argomento specifico. Un mezzo aperto al lettore, dunque,
che fornisce aggiornamenti in tempo reale, link e contenuti in formato ipertestuale.
Passando ora alla trasmissione dei lanci, dalle agenzie alle redazioni, possiamo dire che
essa si articola entro due binari: della “sintesi” e della “rapidità”23. I contenuti sono infatti
compressi in un breve spazio di righe, poche parole per descrivere eventi anche importanti.
Di solito il primo rilancio è un flash, in cui è riportato solo il titolo, ad esempio: “Tizio
nominato capo del Governo”. Solo successivamente emerge il quadro completo di una storia,
con gli approfondimenti dei particolari sul luogo dei fatti (possono essere ospedali, caserme e
istituzioni). A volte, può accadere che una vicenda sia coperta da riservatezza e, dunque, che
una notizia raccolta sia inizialmente imprecisa o nei casi estremi falsa (ciò vale sia per le
agenzie e sia per gli altri media). Un frammento battuto prima di tutte le altre agenzie, anche
se per pochi secondi, diventa decisivo per vincere la gara della tempestività nei confronti
della concorrenza.
Questo lavoro comporta una rapidità nella stesura dei dispacci che deve fare i conti con la
massima completezza dei particolari. Foto ed immagini audio facilmente accessibili on line,
grazie a supporti di programmazione video elettronici, completano l’informazione come se
fosse un reportage a tutti gli effetti. I frammenti sono dirottati sui notiziari delle testate
giornalistiche con citata sempre la fonte, ventiquattro ore su ventiquattro, influenzandone
scaletta, palinsesti e programmazione. Vediamo l’esempio di un lancio:
Arriverà nel pomeriggio a Fiumicino l'aereo che
porterà
da
Baghdad
15
bambini
iracheni
gravemente malati che saranno curati in Italia. Sull'
aereo ci saranno anche alcuni operatori della
22
L’home page di un’agenzia o di altro sito in genere è la pagina iniziale, d’entrata, la struttura che permette di
navigare all’interno dell’argomento posto sotto interesse. Si potrebbe definire in altre parole la locandina o il
sommario che permette al potenziale utente di individuare le diverse aree tematiche poste all’interno. Sulla
home page, di solito, ci possono essere anche dei link, relativi ad esempio all’argomento che si sta esaminando.
23
Cfr. R. Seghetti, La bussola dell’informazione. Giornali, agenzie, radio, televisione, internet, banche
dati...come non perdersi fra le notizie, F. Angeli, Milano, 1998.
13
Croce rossa italiana che rientrano in patria per
avvicendamento del personale impiegato in Iraq.24
Nelle grandi agenzie nazionali ed internazionali questi frammenti possono essere
accompagnati da immagini, video news girati dagli operatori delle agenzie, oppure dagli
stessi giornalisti che sono muniti di micro supporti tecnici di registrazione. Attraverso
programmi d’immagini come Media Player oppure Real Video si è in grado di seguire un
notiziario (come nel caso della figura 2) o servizi specifici su un argomento a scelta.
Figura 2 AP news video. Un fotogramma del notiziario dell’Associated Press accessibile
utilizzando il programma RealOne Player
Se si fosse preso (sopra) come esempio di dispaccio un fatto accaduto in Africa, invece,
“(...) sarebbe stato nel 99 per cento dei casi lo stringer (il corrispondente) della Reuters o
dell’Associated Press a darne notizia”, e meno probabilmente quello dell’Ansa, che dispone
per Africa di sole tre redazioni. Tale situazione si verifica perché esiste una “(...)
sproporzione tra Nord e Sud del mondo (...)”, che riguarda in particolar modo “(...) la
dislocazione e il numero delle redazioni giornalistiche internazionali. Quelle dei Paesi
industrializzati (soprattutto Stati Uniti ed Europa, che usufruiscono di media misti) sono
disseminate capillarmente in tutto il Nord del mondo, mentre sono quasi del tutto assenti nel
Sud, particolarmente in Africa”25. E’ enorme la sproporzione che esiste fra le redazioni che
operano al Nord e quelle del Sud. La France Press ad esempio copre il Corno d’Africa dalla
sua redazione di Nairobi, il che significa informare su tutti i paesi della regione dell’africa
24
(Ansa), Roma – Iraq: a Roma aereo con bimbi malati. Il velivolo atteso nel pomeriggio a Fiumicino,
29/09/2004, 12:57.
25
G. Albanese, Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, Einaudi, Torino, 2003, p. 8.
14
orientale. E’ come se la France Press, attraverso la redazione di Roma, volesse seguire tutti i
fatti e gli accadimenti che succedono in Europa.
Anche i mass media del Terzo mondo dipendo in gran parte dalle agenzie di stampa
internazionali. A dirlo è una ricerca26 sul sistema televisivo nigeriano condotta da Golding e
Elliott alla fine degli anni settanta, in cui è emerso che oltre l’85% delle notizie estere era
fornito dall’Ap, Afp, Reuters e Visnew. Altro studio sulla copertura informativa di 19
giornali quotidiani asiatici ha rilevato che più del 75% del contenuto delle notizie locali
proveniva dalle grandi agenzie occidentali e risultati analoghi sono emersi da una ricerca sui
quotidiani latino-americani e sull’informazione nei paesi arabi. Questi studi indicano alcune
tendenze nella copertura delle diverse aree del mondo e nel flusso internazionale delle
informazioni: prima di tutto che la maggior parte delle notizie internazionali provengono dai
paesi occidentali attraverso le grandi agenzie; secondo poi che gli Stati Uniti e l’Europa
occidentale ricevono la migliore copertura informativa, mentre i paesi dell’Europa dell’est e i
paesi del Terzo mondo godono di una minore visibilità; infine la prossimità geografica,
culturale e ideologica – come vedremo più dettagliatamente nel prossimo paragrafo quando
parleremo dei valori-notizia – diventa un fattore determinante nella scelta delle notizie da
pubblicare.
Il giornalista australiano John Pilger, per anni corrispondente nei conflitti in Vietnam,
Cambogia, Egitto, India, Bangladesh e Biafra, ha definito “lente”27 le notizie provenienti dal
Sud del mondo. Il termine lente sta ad indicare quegli avvenimenti solitamente messi in
secondo piano dai comuni mezzi di informazione, specialmente di Stati Uniti, Italia,
Giappone, Australia e in parte anche della Gran Bretagna28. Un paradosso se si pensa
all’evoluzione29 tecnologia cui sono andati incontro negli ultimi anni i media di massa: oltre
ai supporti di registrazione è data la possibilità, agli inviati, di interagire in tempo reale con le
redazioni, attraverso computer portatili muniti di porte digitali in grado di dialogare con la
telefonia mobile (ci si riferisce ai recenti sistemi di trasmissione infrarossi, bluetooth, reti
26
P. Golding, P. Elliott, Making the News, Longman, London, 1979, in G. Gili, 2001, p.189.
J. Pilger, Agende nascoste, Fandango, Roma, 2003, introduzione p. VII, ampliando il panorama sulla
provenienza delle notizie a diversi scenari mondiali, oltre all’Africa povera, dall’Iraq alla periferia Est di
Londra, dalla Birmania al porto di Liverpool e alla parte occidentale dell’Irlanda, dal Vietnam all’Australia,
considera “lente quegli eventi raccontati, talvolta solo menzionati nei notiziari della sera, dove sono inghiottiti
dal rullo delle immagini in movimento. (…) Nella televisione americana, ma anche in (…) Australia, Giappone,
Italia e in molti altri paesi (…) il calo di un punto percentuale negli ascolti può rappresentare una perdita di
denaro in termini di pubblicità”.
28
Ibidem, p. VIII.
29
A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 81, 82. Per un maggiore
approfondimento del tema, l’autore, affrontando i temi delle dimensioni della globalizzazione, pone l’accento su
uno dei più importanti effetti dell’industrialismo: la trasformazione delle tecnologie della comunicazione.
27
15
GSM, WAP, al servizio satellitare DVB di Telecom Italia), che permettono un rapido ed
efficace collegamento ad Internet. E la presenza o meno di queste avanzate tecnologie per
registrare e inviare i servizi pesa molto nella scelta delle notizie da divulgare nei notiziari. Di
contro, le agenzie di stampa non possono censurare platealmente tutte le notizie considerate
lente e, inoltre, sullo scenario dell’informazione internazionale, la nascita recentemente di
un’editoria (CNN.com International, la BBC World Service, la TIMEeurope, Misna Missionary Service News Agency) sensibile alle tematiche del Sud ha rimescolato le carte in
tavola.
1.2 Scelta di una notizia
Un recente orientamento teorico e di ricerca sui media, il “paradigma tecnologico”, che
vede in McLuhan il più noto esponente insieme ad autori come Innis e Ong, avanza l’idea
che i «media comunicativi costituiscono le forme stesse della nostra esperienza della realtà e
il perno dei sistemi culturali». Le questioni che il paradigma si pone sono: come mai si
formano diverse rappresentazioni della realtà? In che modo i mass media contribuiscono alla
costruzione della realtà sociale e come plasmano la nostra visione del mondo? Quali sono le
condizioni perché la comunicazione sia efficace? In questa sede non cercheremo di
rispondere a tutte queste domande ma tenteremo di entrare nel funzionamento della logica
dei media. Per farlo utilizzeremo una fase del concetto di “costruzione della notizia” (il
newsmaking), ovvero il processo di selezione di una notizia (gatekeeping) 30, definito così nel
1947 dallo psicologo sociale Kurt Lewin. In una ricerca sulle decisioni di acquisto di alcuni
prodotti alimentari scelti da una famiglia egli parla di un filtro, le “aree-cancello”, dove le
informazioni passano in base alle decisioni e alle influenze di forze più o meno favorevoli.
“L’idea fu raccolta da D. M. White [1950] in una ricerca sulle scelte del caporedattore di un
giornale locale (guardiano di questi particolari cancelli) che doveva scegliere tra i dispacci
delle agenzie di stampa (…)”: per quanto riguardava l’analisi delle notizie che in redazione
erano scartate, emergeva prima di tutto la “(…) tendenza a sottolineare il carattere
soggettivo (influenza di giudizi arbitrari) delle decisioni nella scelta delle notizie, ma poi,
quando ci si rese conto che i modelli di selezione - osservati mediante l’analisi del contenuto
30
D. Mc Quail, Sociologia dei media, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 209, “Il termine gatekeeping – spiega
l’autore – è stato ampiamente usato per descrivere il meccanismo con cui avvengono le scelte nel lavoro
mediale, specialmente le decisioni se lasciare filtrare o meno una particolare notizia attraverso i cancelli di un
mezzo di informazione..”
16
- erano troppo uniformi perché fosse valido il tipo di spiegazione preso in esame, l’attenzione
si rivolse verso le “influenze organizzative (routine burocratiche) e ideologiche (i valorinotizia e i condizionamenti individuali, sociali e politici) dell’attività informativa”31.
Negli anni successivi si è osservato che il processo di costruzione delle notizie “include
tutte le forme di controllo dell’informazione, che possono determinarsi nelle decisioni circa
la codificazione dei messaggi, la selezione, la formazione del messaggio, la diffusione, la
programmazione, l’esclusione di tutto il messaggio o di sue componenti, nella diffusione e
quindi nella selezione”32. Tornando ai nostri giorni e concentrando sulle influenze
organizzative ed ideologiche, è bene fare qualche prima considerazione: secondo Paolo
Isotta, editorialista del Corriere della Sera e del Giornale, con riferimento alla censura del
giornalismo
italiano
scritto
e
parlato,
è
come
se
esistesse
“un’auto-censura”
dell’informazione: “(...) Si scrive per tacito patto quel che i propri superiori desiderano
veder scritto; peggio, si scrive quel che i lettori semplicisticamente e demagogicamente
desiderano sentirsi cantare. I lettori andrebbero educati a pensare, soprattutto le cose
sgradevoli che non vorrebbero sapere. Poi, c’è la censura vera e propria, e con lei la morte
della realtà effettuale”33.
Ancora un’osservazione, di uno dei più grandi giornalisti italiani, Indro Montanelli. Egli,
rimproverando i giornali di aver accettato supinamente lo strapotere del marketing pur di
vendere copie, nota: “[…] che la serietà dell’informazione è andata a farsi benedire: Pur di
fare un titolo a sensazione […] lo scoop è corruttore. Tutti abbiamo questa smania: si tratta
di saperle resistere”.34 Sono due affermazioni severe quelle appena citate, rivolte in
particolar modo alla carta stampata anche se il fenomeno riguarda in generale tutti i media di
massa. I due giornalisti sulla base della loro esperienza fotografano con chiarezza la strada
ormai intrapresa dall’informazione italiana ed estera. Si parla di un giornalismo sceso a patti
con le regole del news businnes, sulla scia di una domanda dei consumatori che orienta gli
indici di ascolto o il numero di copie vendute più a favore del disimpegno che verso i
contenuti seri.
31
Ibidem, p. 210.
G. Donohue, P. Tichenor e C. Olien, Gatekeeping. Mass Media sistem and information control, in G. Kline e
P. Tichenor, Current perspectives in mass communication research, Sage, Beverly Hills, pp. 41-69, in M. Wolf,
Teorie delle comunicazioni di massa, Strumenti Bompiani, Milano, 1985.
33
P. Isotta, Portar bene non è uno scherzo, L’Indipendente, 1 aprile 2004, p. 4, l’articolo è rivolto al direttore
del quotidiano, Giordano Bruno Guerri, all’indomani del ritorno in edicola del quotidiano L’Indipendente.
34
L. Vaccari, Montanelli, il coraggio del bastian contrario. Il grande maestro del giornalismo italiano è morto
ieri a Milano. Aveva 92 anni. La sua scelta: restare sempre fuori dal coro, Il Messaggero, 23 luglio 2001, p.
Primo piano.
32
17
Veniamo ora ai criteri che intervengono nella scelta di un fatto. J. Galtung e M. Ruge nel
1965, utilizzando il concetto di “valori-notizia” (o “fattori-notizia”)35, ovvero, i parametri
che determinano se un potenziale evento sarà preso in considerazione dai media oppure no.
In genere i fatti devono essere chiari e comprensibili ma soprattutto attuali, devono suscitare
clamore, essere imprevisti, vicini ai lettori e ricorrenti. I valori- notizia non costituiscono
soltanto dei criteri di selezione degli eventi ma si mischiamo il più delle volte a premesse
ideologiche ben precise. Sfogliando le pagine di un quotidiano o ascoltando un telegiornale
possiamo farci un’idea più approfondita del nostro argomento. Prendiamo l’esempio di un
quotidiano. A parte la prima pagina, che certamente è il lato più importante del giornale
avendo il maggior impatto visivo con il pubblico, troviamo solitamente nelle pagine iniziali,
in primo piano, episodi di cronaca, di politica, spesso relativi ai fatti interni, ma possono
riguardare anche gli esteri. Si tratta di notizie d’interesse nazionale, che possono avere una
prossimità culturale, geografica e una rilevanza circa gli sviluppi futuri dell’evento stesso.
Continuando il viaggio nei quotidiani possiamo poi veder approfonditi argomenti di
cronaca, come ad esempio omicidi, incidenti stradali, esodo dalle vacanze, fino ad arrivare ai
risultati di una nuova ricerca scientifica commentata da un esperto. La “novità” degli eventi,
la loro “drammaticità” e la “negatività” (devianza o infrazione delle norme sociali da parte
degli individui) sono valori-notizia irrinunciabili, così come la “dimensione” (il numero di
persone che un evento coinvolge). Quest’ultimo valore-notizia acquista significato quando è
accompagnato da un secondo criterio, molto importante per il nostro lavoro: la “prossimità”,
ovvero la vicinanza sia fisica che culturale dell’evento. Ciò significa che a parità di persone
coinvolte in un evento, ad esempio una stage terroristica, la notizia perde man mano di valore
se riguarda paesi sempre più distanti. Anche se presenta molte eccezioni, esiste una legge che
stabilisce una scala graduata della relativa notiziabilità per disastri ed è quella di “McLurg”:
1 europeo equivale a 28 cinesi e 2 minatori gallesi a 100 pakistani e così via.
Tornando alle pagine dei quotidiani, la cronaca interna solitamente – parliamo del caso
italiano – precede quella degli esteri ma non sempre è così. Fatti rilevanti che riguardano
altri stati nazionali (ad esempio le elezioni presidenziali in USA, spargimenti di sangue in
Europa, catastrofi ecologiche e via dicendo) sono notizie che possono essere inserite anche
in prima pagina ed avere approfondimenti interni al notiziario. Nei vari spazi tematici
possiamo trovare articoli di commento, di fondo su un argomento d’attualità, i quali possono
riprendere un discorso anche cominciato in prima pagina. Lo spettatore ha la possibilità di
35
J. Galtung e M. Ruge, The Structure of Foreign News, in “Journal of Peace Researc”, 1965, 1, pp. 64-90.
18
leggere invece nelle pagine centrali, temi di economia e finanza (con le relative quotazioni
dei fondi d’investimento); notizie di servizio, più “leggere”, ovvero fatti di cronaca bianca
che hanno la funzione di intrattenimento e di allentamento della tensione emotiva. Rientrano
in questa ottica servizi sul meteo, oroscopi, i numeri delle lotterie, che possono trovare spazio
in ordine diverso secondo scelte delle varie testate. Hanno questa funzione di alleggerimento
di tensione – specifichiamo che si tratta di una protezione del pubblico da notizie traumatiche
e ansiogene – le notizie di cultura, spettacoli (che riguardano letteratura, cinema, musica);
infine c’è lo sport e la cronaca locale (spesso allegata al quotidiano nazionale con un proprio
formato cartaceo). Se nelle varie pagine potevano essere accompagnati agli articoli inserti
pubblicitari, è abitudine per molti quotidiani inserire nell’ultima pagina le novità del mercato
automobilistico e delle moto.
“Nel processo di selezione e di costruzione delle notizie, i riferimenti principali per i
giornalisti, le fonti dei valori e delle aspettative, sono costituiti soprattutto dai superiori e dai
colleghi di redazione, dai colleghi dei media concorrenti e da vari interlocutori istituzionali
(che spesso costituiscono anche le fonti delle notizie) e non dal pubblico che resta spesso una
figura sfocate altamente soggettiva”36. Ciò significa che la selezione degli eventi avviene
non dalle caratteristiche degli eventi ma in modo principale dalle pressioni esterne dei
direttori, i quali sono a loro volta guidati dalle scelte editoriali della testata.
Diamo uno sguardo a quanto accade negli Stati Uniti. Se prendiamo come punto di
riferimento il premio “Pulitzer”37, il riconoscimento più prestigioso del giornalismo
americano, vediamo che nel 1939 fu consegnato a Louis P. Lochner per un reportage dalla
Germania nazista; nel 1947 ad Arnold Hardy, per la foto di una ragazza che incontrò la morte
gettandosi dalla finestra di un albergo in fiamme; nel 1977 a Walter R. Mears, per la cronaca
della campagna presidenziale del 197638; e nel 1995 a Mark Fritz, per i servizi sulla violenza
36
G. Gili , Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001.
Secondo Pulitzer “La notizia è un fatto particolarmente rilevante da scoprire in mezzo a tanto materiale
privo di valore”. Il premio Pulitzer non è solo un riconoscimento giornalistico, ma è suddiviso in sezioni:
giornalismo, letteratura, musica, poesia e teatro.
38
T. Patterson, Il ruolo dei mass media nelle campagne presidenziali: la lezione del 1976, Problemi
dell’informazione, n. 2, 1981, pp. 269-281. A tal proposito l’autore osservò che “il comportamento dei mezzi
d’informazione influenzò la conoscenza dei candidati da parte degli elettori. Alla vigilia delle primarie del New
Hampshire, i contendenti democratici erano piuttosto sconosciuti al largo pubblico – soltanto il 20 per cento
credeva di conoscere Carter, Udall, Harris, Bayh, Brown, Church e Jackson. La copertura informativa
all’indomani delle primarie si concentrò su Carter che divenne singolarmente il candidato democratico più
familiare agli elettori. Durante le primarie gli elettori che pensavano di conoscere Carter salirono a oltre l’80
per cento, un incremento del 60 per cento rispetto al livello precedente alle primarie. Al contrario i livelli di
conoscenza degli altri candidati salirono solo del 14 per cento […] Queste differenze hanno avuto un riflesso
sui risultati delle primarie democratiche […] Carter fu il maggior beneficiario di questa tendenza. Ottenne,
infatti, molti voti proprio per il suo vantaggio in termini di conoscenza sui suoi rivali”.
37
19
etnica in Ruanda. Queste vicende hanno avuto in epoche diverse un forte impatto
sull’opinione pubblica39.
Lo sterminio nazista e i massacri in Ruanda sono fatti di grandissima rilevanza sociale,
sono crimini compiuti contro l’umanità ed hanno un carattere eccezionale se si tiene conto
della loro ripetuta gravità. Lo scenario che si prefigura invece per le altre due vicende, quella
di A. Hardy e di W. R. Mears, si inserisce piuttosto negli schemi di una formula molto in
voga nel giornalismo moderno, sia europeo e sia nordamericano, che si applica nella
costruzione di fatti spettacolari e sensazionali, dove il minimo comun denominatore è la
smania degli editori per lo scoop. Concludiamo il nostro discorso riallacciandoci alla cronaca
della campagna presidenziale negli Usa di W. R. Mears, e riportando una considerazione di
D. J. Boorstin in merito all’alto livello di notiziabilità che si crea attorno alla figura del
presidente: “Il prestigio della presidenza è dovuto, oltre ai poteri della carica, (…) anche al
sorgere di processi di raccolta e di diffusione di notizie centralizzati, e all’aumento dei
corrispondenti da Washington”40. La presenza o meno dei corrispondenti sugli scenari degli
eventi sarà, come vedremo più avanti, uno degli aspetti principali del nostro lavoro.
1.3 I rapporti con i mass media
In passato il trasporto del contenuto giornalistico avveniva attraverso la dettatura
telefonica, l’invio in redazione dei telex o dei fax (ancora in attività). Oggi si parla invece di
comunicazione satellitare, digitale e interattiva, di Internet, di contemporaneità: aspetti
determinanti per la trasmissione dei fatti in tempo reale, poiché mettono il pubblico di fronte
a un restringimento della dimensione del mondo, a quella che generalmente è chiamata
globalizzazione dell’informazione. Le varie testate giornalistiche hanno al loro interno una
39
Abruzzese A. e Dal Lago A., Dall’argilla alle reti. Introduzione alle scienze della comunicazione, Costa &
Nolan, Ancona-Milano, 1999, p. 132, dove gli autori notano che: “Nel linguaggio corrente, opinione pubblica è
un’espressione in perenne crescita di utilizzo (...) che sembra avere (...) tre accezioni. La prima, la più
frequente, non è nient’altro che un sostituto (...) dell’espressione pubblico di massa, in altre parole (...)
l’insieme dei cittadini che consuma i mezzi di comunicazione di massa (come nella frase: Bisogna informare
l’opinione pubblica). La seconda, più rara, rappresenta il processo di presa della maggioranza da parte di
un’opzione, allorché sembra evidente il formarsi di una voce pubblica inequivocabile (come nella frase: E’
diventato opinione pubblica che il governo sia in crisi). La terza (...) tende a intrecciare comunicazioni
intensive provenienti dai media e azioni di gruppi di interesse (come nella frase: Sotto le pressioni
dell’opinione pubblica, il tale decreto è stato ritirato dal governo)”.
40
M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Strumenti Bompiani, Milano, 1999, p. 264. L’autore specifica
in nota 6 del capitolo tre, che “con i dovuti aggiustamenti, queste considerazioni valgono anche per sistemi
istituzionali diversi, e rappresentano una delle spiegazioni dell’ampio spazio informativo che l’ambito politicopratico occupa”.
20
propria struttura, composta in ordine decrescente da editori, direttori, capo-servizi, redattori,
inviati, collaboratori. Come già detto questi professionisti dell’informazione devono fare
affidamento, per conoscere i fatti soprattutto sulle notizie d’agenzia, sulle web news.
“Un’indagine mondiale condotta nel 2002 dalla società di consulenza Hopscotch su un
campione di 418 giornalisti (di Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Olanda,
Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Stati Uniti, Giappone, Australia e del Sud Africa),
appartenenti alle varie categorie giornalistiche rivela che il web è la prima fonte
d’informazione. Internet si pone come fonte primaria dell’informazione per il 41,7% dei
giornalisti, prima della rete di conoscenze personali (35,4%) e degli altri media (22,9)”41.
Sui siti new le pagine più consultate sono quelle dei notiziari di dominio pubblico, i servizi di
scienza e tecnica, attività sociali, i video e i radio-giornali on demand, che tengono in
costante aggiornamento su tutti i fatti dal mondo, dall’Italia e locali. Le stesse pagine web
possono essere lette in lingue diverse, con la possibilità quindi di apprendere notizie da ogni
angolo del pianeta. La Reuters, ad esempio, dall’aprile 2001 ha dato la possibilità anche agli
utenti italiani42 (organi di stampa, network televisivi e radiofonici, imprese, Pubblica
Amministrazione e anche nuovi media) di potersi abbonare al servizio Reuters Italy On line
Report, ovvero l’offerta in tempo reale dei fatti più importanti appresi dall’agenzia inglese,
raccolti e selezionati in quattro categorie e distribuiti in lingua italiana:
- le Top News, che trattano delle ultime notizie del giorno, nazionali e
internazionali, tenendo conto degli interessi del pubblico italiano in
materia di cronaca e politica.
-
le Top business news si concentrano sull'economia italiana, con
informazioni sulle aziende italiane e sulla Borsa.
- le News people riguardano le categorie di cinema, musica, televisione
libri, arte e teatro.
41
E. Carelli, Giornali e giornalisti nella rete. Internet, blog, vlog, radio, televisione e cellulari: i canali e le
forme della comunicazione giornalistica, Apogeo, Milano, 2004. L’autore approfondisce il discorso spiegando
che “Le ricerche avvengono su oggetti precisi, tramite l’uso di parole chiave, nell’89,6% dei casi, su articoli
già pubblicati (60,3%), idee di soggetto (45,8%), comunicati e dossier (33,3%). Sono privilegiati i siti delle
aziende, dei media e delle newsletter specialistiche, i database informativi e i portali di discussione”.
42
Per utenti si intendono oltre a mezzi di comunicazione più diffusi anche i portali, le testate on line e i website
che danno spazio alle notizie.
21
- le Internet and technology news sono dedicate alle nuove tecnologie
ed offrono uno spaccato del mercato italiano e delle notizie principali dal
mondo.
I resoconti economico finanziari sono generalmente in tutti i siti news fruibili a
pagamento, così come temi d’ordine politico, di salute e di telecomunicazioni: notizie che
servono ai media per affrontare i temi d’approfondimento nei loro notiziari. Oltre a quanto
descritto, ciò che mette in stretta relazione i due organi di informazione, cioè le agenzie e le
testate giornalistiche, è il press release net, un sevizio di distribuzione dei comunicati stampa
fruibile tramite abbonamento e che permette all’utente di conoscere il testo integrale delle
notizie. I notiziari di dominio pubblico sulle agenzie, infatti, non offrono tutti particolari e
vengono pubblicati on line solo in stralci di poche righe. Stessa cosa vale per le banche dati,
che possono essere consultate in “remoto”, così come le immagini audio e video che sono
costantemente aggiornate43.
Uno dei nodi fondamentali che riguarda i rapporti fra gli organi di stampa è la
collaborazione. Sono infatti molto diffusi gli accordi in merito allo scambio delle
informazioni fra le agenzie italiane e quelle straniere: nei rapporti dell’Agi, per fare un
esempio, che porta il segnale con il satellite DVB di Telecom Italia, per quel che riguarda
l’informazione digitale, e con OMNITEL 2000, per la diffusione via Wap, si possono
individuare quelli con la Reuters, con il Sole 24 ore Radiocor e con la Dow Jones, per quanto
riguarda i fatti economici; con l’AP (Associated Press, the essential global news network)
americana, la Tass russa e l’EFE spagnola, per quelli invece provenienti dall’estero. Dal sito
della stessa agenzia si può apprendere che i notiziari sono diffusi via satellite digitale in tutto
il territorio nazionale, nel bacino del mediterraneo e in Europa.
Per la ricezione del segale è necessaria un parabola tv, una scheda hardware e un software
fornito dall’Agi. “L’abilitazione dei clienti – è quanto riportato nel sito www.agi.it – può
avvenire mediante un comando inviato via satellite. Il software di visualizzazione dei
notiziari, di estrema facilità d’uso, permette l’effettuazione di ricerche e la selezione degli
argomenti di interesse. Il sistema consente la condivisione di più utenze in rete locale ed è
concepito per la più semplice connessione ai sistemi editoriali dei clienti” 44. Questi notiziari
possono inoltre essere trasmessi con un sistema di broadcasting via Internet e sfogliati
43
L’Ansa ad esempio offre ai new media, oltre ai contenuti per internet fisso, anche prodotti dedicati alle
piattaforme wireless, alla larga banda ed a piattaforme di erogazione alternative come treni, aerei e navi.
44
Le informazioni sono state raccolte dal sito dell’agenzia: www.agi.it.
22
mediante l’utilizzo di un comune browser in ambiente Window, Linux o Unix. Stessa cosa
vale per tutte le altre agenzie, che più distribuiscono notizie, più sono collegate con altri
organi giornalistici o settori d’informazione.
Entrando in una qualsiasi redazione giornalistica, televisiva o radiofonica, si potrebbe
notare che queste tecnologie sono entrate a tutti gli effetti a far parte della routine produttiva.
Per quanto riguarda i due poli45 televisivi più importanti che operano sul territorio nazionale
(e non solo), Rai e Mediaset, il discorso va approfondito. Partiamo dalla seconda. Mediaset,
che ha iniziato a trasmettere in diretta su Canale 5, Italia 1 e Retequattro nel 1991 (la storia
nasce nel 1978 con TeleMilano), ottenendo il rilascio delle concessioni per le tre reti
nazionali nel 1992, ha dato vita ad un gruppo integrato privato quotato in borsa sia nel campo
televisivo che nelle comunicazioni, ed è stato capace di crescere autonomamente e di attrarre
investimenti azionari con partner strategici e finanziari: uno di questi è Albacom, che è in
grado di offrire servizi46 di telecomunicazione a 360 gradi sul territorio nazionale ed
internazionale.
Una delle agenzie più consultate in Italia è Mediaset Online, fonte legata ai notiziari
televisivi privati Tg5, Studio Aperto e Tg4. E’ affiancata da molti partner, come la società
Class editori, che realizza CFN - Financial Network: un canale tematico dedicato
all’informazione economico finanziaria (in questo settore c’è la presenza anche di 24 Ore tv,
canale televisivo digitale del quotidiano il Sole 24 Ore). L’agenzia Mediaset Online ha
accordi anche con Bbc World, il network inglese che trasmette 24 ore su 24 news provenienti
da tutto il mondo, con il canale spagnolo Telecinco e fornisce i propri lanci anche al portale
interattivo “Jumpy”.
La Rai – Radiotelevisione Italiana è invece la società concessionaria in esclusiva del
servizio pubblico che realizza canali televisivi, radiofonici e satellitari, con divisioni
editoriali ed industriali per l’offerta informativa. L’azienda pubblica, sulla quale è forte
l’influenza politica, oltre a raccogliere il materiale dalle fonti (anche in questo caso una di
queste opera all’interno, Rai news 24) lo è essa stessa, ricchissima di documenti consultabili
nella teca multimediale Rai. Diffonde i propri notiziari in 26 lingue tramite Rai International
che, oltre a gestire una mole di servizi per la programmazione sia radiofonica sia televisiva,
45
In base alla risoluzione europea sull’informazione "Il tasso di concentrazione del mercato audiovisivo in Italia
è il più alto d’Europa, anche se la tv italiana ha 12 reti nazionali, da 10 a 15 regionali e locali: il mercato è
caratterizzato dal duopolio esercitato dalla Rai e da Mediaset (poiché queste due società hanno oltre il 90%
dell’audience e raccolgono il 96,85% delle risorse pubblicitarie, a fronte dell’88% in Germania, 82% in Gran
Bretagna, 77% in Francia e 58% in Spagna".
46
I servizi di Albacom utilizzati da Mediaset vanno dalla telefonia alla trasmissione dati, da Internet
all’outsourcing, dalla videoconferenza ai servizi satellitari.
23
raccoglie informazioni dall’America del Nord all’America Latina, dall’Africa all’Asia e
dall’Oceania all’Europa, a cura della redazione Onde corte. Con il progresso
dell’informazione vi è stato un aumento progressivo delle fonti, soprattutto elettroniche, e ciò
ha creato serie difficoltà nella valutazione della loro attendibilità da parte dei media.
Le agenzie, come altre fonti47, sono soggette a valutazioni di attendibilità e di
autorevolezza da parte dei media. “Tra le agenzie la Reuters è costantemente citata come la
fonte di qualità per le notizie estere, in quanto ritenuta non sensazionalistica e accurata, e
quindi viene preferita al altre come l’AP, (…) che, invece, è ritenuta sensazionalistica ma
anche tempestiva. (…) Inoltre secondo P. Golding, P. Elliott la Reuters viene giudicata
l’agenzia più attendibile dal 56 per cento dei giornalisti svedesi da loro osservati e
intervistati, dal 46 per cento dei giornalisti irlandesi e dal 48 per cento di quelli nigeriani,
mentre alle agenzie americane viene imputata la tendenza all’esagerazione, l’eccessiva
fretta nel raggiungere a conclusioni”48. Le fonti sono generalmente verificate tramite
controlli incrociati, ma spesso non basta o non è così: la regola detta “delle due agenzie”,
ovvero che nessun servizio poteva essere ritenuto confermato se non era apparso
indipendentemente sui dispacci di due agenzie, è stata superata, mentre invece è andata
affermandosi la regola “fonti non confermate affermano...”.
Attraverso Internet oggi è molto più facile e veloce svolgere un controllo incrociato delle
fonti. Quando si parla di fonti s’intende, oltre a quelle d’agenzia, anche una mole di spazi
informativi disponibili in rete come le webzine. Si pensi a quante di quest’ultime, nel periodo
compreso tra il 2003 e il 2004, sono state citate sui telegiornali italiani come fonte
d’informazione in merito alle minacce d’attentati rivolte ai Paesi europei da parte del
terrorismo islamico. Siti indipendenti che nel biennio 2001-2003 (vedi figura 3) hanno avuto
secondo i dati dell’Ipse un costante incremento. In base alle rilevazioni di Ipse.com, le testate
online più numerose sono quelle di cronaca locale: 174 (cui vanno aggiunti centinaia di
portali locali), seguono le webzine culturali (159), e quelle d’attualità (150), spettacolo (136),
economia e finanza (122) e satira e fumetti (114). Le meno numerose risultano invece le
testate sul tempo libero (36) e la società (categoria composita che comprende 38 siti su
giovani, anziani, minoranze, eccetera). Stessa tendenza anche per le webzine di turismo (39)
e sui videogiochi (42). In mezzo stanno le testate scientifiche e mediche (55), femminili (64),
sull'arte (68), sui computer e Internet (96) e sportive (98).
47
Il termine fonte secondo S.D. Reese indica “tutte quelle entità (organizzazioni, gruppi e gli individui che li
rappresentano) che sono legati ai media da rapporti di potere e che a loro volta ne influenzano il contenuto in
maniera specifica”.
48
P. Golding, P. Elliott, Making the News, Longman, London, 1979, in Wolf, 1985, p.234.
24
Per chi naviga nel far west di Internet, dove esiste per chiunque la possibilità di accedere e
di costruire un proprio spazio telematico (ad esempio i diari blog), l’attendibilità di un fatto
rischia di essere messa in discussione. Un caso di mancata veridicità del grado di una notizia
appresa via Rete è stato il bidone clamoroso presentato su un sito in merito alle torture che
erano rivolte ai gatti, addirittura si presentavano al pubblico i gatti bonsai, secondo criteri di
verosimiglianza tali che rendevano plausibile pensare che era tutta verità, con la conseguenza
di un’invasione di telefonate ai giornali, radio e televisioni.
Figura 3 Le webzine nel 2003 suddivise per argomento
Fonte: Ipse.com, dicembre 2003.
Il grafico sopra mostra la suddivisione delle testate solo on line in base al genere degli
argomenti trattati. Il totale delle testate censite al 31 dicembre 2003 è di 1.382 (esclusi i blog
e i canali di informazione dei portali). In questo mare di fonti non tutte hanno lo stesso
potere. Quelle più forti sono quelle legate ad una struttura di potere “politico-economico che
può imporre in vari modi la propria agenda (soprattutto ai media di minor potere) oppure
detiene conoscenze specialistiche e ambite dai media (gruppi di esperti, accademici, ecc.).
La forza dei media (che è massima nei media d’élite) dipende invece da due fattori
principali: a) la loro capacità di definire la realtà attraverso le proprie scelte editoriali
nonostante gli sforzi delle fonti di imporre una realtà differente; b) l’influenza che possono
esercitare su altri media”49.
Dei quotidiani telematici parleremo nel prossimo paragrafo, ma per concludere il nostro
discorso, sui rapporti tra fonti e media, accenneremo ora a quanto accade nei maggiori
quotidiani d’informazione italiani. Entrando nei siti web di testate come Il Tempo, Il
49
G. Gili, Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001, p. 126.
25
Messaggero, La Stampa, Corriere della Sera, Repubblica e via dicendo non sarà difficile
notare che cliccando nella sezione dei fatti dell’ultima ora a fianco ai flash appare la sigla di
un’agenzia: ad esempio (Adnkronos) per i primi due quotidiani citati, i quali sono legati da
contratto con quest’agenzia, (Ansa) per La Stampa (Ansa) per il Corriere della Sera oppure
per la Repubblica e così via.
Spesso tra fonti e media di potere vi è una stretta
collaborazione, che si esprime nelle prime per avere visibilità o imporre un proprio tema,
mentre nei media per affermare la loro autorevolezza, prestigio e il controllo su un
importante canale di accesso al pubblico. Tutto ciò va scapito, come vedremo meglio più
avanti, delle fonti che propongono un giornalismo alternativo. Così quelle che si trovano ai
margini del potere esistente difficilmente possono influire sulla copertura informativa dei
media.
1.4 I giornali telematici, il caso del Nuovo
Quando Internet entrò nello scenario della comunicazione italiana ci furono delle
resistenze da parte di molti giornalisti, per la paura che la rete invadesse il loro lavoro,
considerato un vero e proprio monopolio. Con il tempo questo atteggiamento è andato
svanendo fino al punto di arrivare ad un’inversione di marcia. Si è avuto già modo in questo
capitolo di accennare ad alcune linee generali riguardanti i giornali telematici o, come li
chiamano in molti, i quotidiani on line oppure webzine. Sappiamo, ad esempio, che questo
nuovo modo di produrre informazione sul web rispecchia in parte la struttura dei tradizionali
quotidiani e che, alcune testate, pubblicano ad esempio la fotocopia digitale dell’edizione
cartacea, trasmettendo in tempo reale anche i dispacci d’agenzia.
Abbiamo rilevato, inoltre, che attraverso i lanci questi organi anticipano i servizi che
appariranno il giorno seguente in edicola. La realtà di questi nuovi media è in ogni modo più
complessa, anche perché sta prendendo piede, in Italia così come in Europa e negli Stati
Uniti, una nuova forma di acquisizione delle notizie da parte del pubblico, proprio
utilizzando la rete digitale. Secondo una ricerca della Forrester Research circa 21 milioni di
europei visitano ogni giorno i siti dedicati all’informazione on line, ovvero, significa che
almeno una persona su otto usufruisce regolarmente di questi mezzi elettronici. Fra queste
persone il 28% è di origine svedese (la testata più visitata è Aftonbladet), seguiti da italiani e
tedeschi con l’11%, mentre inglesi e francesi (5%) continuano a preferire stampa, televisione
o radio.
26
Focalizzando la nostra attenzione sul quadro italiano scopriamo che nel 2000 sono stati 54
i quotidiani tradizionali a proporre su Internet la propria edizione completa degli articoli
pubblicati su carta. Oggi se ne contano 69 su 73 complessivi. In 64 di quest’ultimi è
permesso anche l’accesso all'archivio50, cosa che nel 2000 era possibile solo in 48 testate. Per
citarne alcuni ricordiamo: Corriere della Sera, Il Messaggero, Repubblica, Il Tempo, La
Stampa, Il Giorno, l’Unità e il Manifesto. Si tratta di testate che hanno creato un proprio sito
elettronico solo dopo una certa diffidenza iniziale con il Web. Tra i quotidiani
d’informazione nazionali attualmente in circolo solo "Il Giornale" (anche se è stato sul web
nel periodo compreso tra il 1996 e il 1998) e "Libero" non hanno un proprio sito. Per quanto
riguarda i periodici invece troviamo riviste quali Panorama, Espresso, Famiglia Cristiana,
Diario, Liberal, Internazionale e varie testate specialistiche. Ma veniamo ora alle testate che
non hanno anche un’edizione su carta. Secondo l’osservatorio Ipse nell’anno 2003 la crescita
di questi siti d’informazione ha avuto un progressivo incremento: del 21% rispetto a due anni
fa. Dai dati raccolti a dicembre 2003 erano 1.382, un numero discreto se si tiene conto del
notevole rallentamento dovuto alla recente crisi della new economy (asse portante nello
sviluppo dei nuovi media), che aveva portato ad un’esplosione del fenomeno nel biennio
2000-2001 pari al 177%.
Figura 4 La crescita delle webzine dal 1997 al 2003
Fonte: Osservatorio Ipse, dicembre 200351.
50
Va aggiunto che per quanto riguarda la consultazione delle banche dati questa procedura è spesso limitata agli
ultimi 7-15 giorni. Gli archivi possono essere comunque di altri tipi oltre che elettronici come ad esempio:
cartacei (collezione dell’edizione di un giornale); microfilmati, che permettono di riprodotte le immagini delle
pagine dei quotidiani, o le pagine del notiziario di un’agenzia attraverso un foto-visore con fotocopiatrice e una
manovella per far scorrere e riavvolgere la bobina della pellicola.
51
I dati sono appresi dal sito http:/www.ipse.com/
27
Dalla figura 4 si può notare la crescita delle testate on line (quelle che non hanno anche
un'edizione su carta) dal 1997 al 2003. Il totale (al 31 dicembre di ogni anno) è di 128
webzine nel 1997; 412 nel 1999; 1.141 nel 2001; 1.382 nel 2003. Dal conteggio sono esclusi
i blog e i canali di informazione dei portali. Ma diamo ancora un’occhiata ai dati, stavolta
dell’Istat. Secondo il rapporto annuale di maggio 2002, i navigatori di Internet erano 9
milioni, il 60% dei quali utilizzava la rete per la consultazione on line di riviste e quotidiani.
Nella Relazione annuale datata luglio 2004 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni
si parla di una soglia di circa 23 milioni di utenti Internet, con indici che collocano l’Italia
nelle posizioni migliori del contesto europeo delle telecomunicazioni52. E’ il 2000 l’anno del
boom dell’informazione elettronica in Italia, anno in cui viene data la possibilità agli utenti di
consultare gratis le informazioni. Da ciò deriva anche la nascita tra il 2000 e il 2001 di quasi
il 60% dei quotidiani locali.
E’ del maggio 1996 il primo quotidiano telematico italiano che utilizza la rete come
esclusivo mezzo di pubblicazione e diffusione di notizie, il “sicilia On line news”, testata
locale che ha dato il via ad una serie di iniziative simili, le quali (vedi figura 3) hanno
dimostrato di tenere il passo più lungo fra tutte le webzine. Veniamo ora ad uno dei più
importanti e originali esperimenti in materia di giornali telematici in Italia, il Nuovo. Questo
magazine, dal quale hanno preso spunto altri media elettronici, è stato per circa tre anni fra i
media generalisti telematici più autorevoli del nostro Paese. E questo nonostante l’opinione
pubblica gli avesse attribuito la scomoda etichetta di “biglietto da visita” di E.biscom, la
società fondata nel 1999 da Silvio Scaglia e Francesco Micheli. E.biscom opera nel settore
delle connessioni ad alta velocità e aveva lanciato il Nuovo in rete investendo altissimi
finanziamenti. Ci sono voluti infatti circa 30 miliardi delle vecchie lire per l’entrata nel
mercato della comunicazione on line, sborsati non da un tradizionale editore ma da una
società cardine del settore digitale, inoltre quotata in borsa. In linea dal 24 ottobre 2000 ha
fatto affidamento su una struttura interamente digitale, ma a metà dicembre del 2003 ha
dovuto chiudere i battenti interrompendo i collegamenti con Fastweb (il provider che ne
assicurava la messa in rete). Il perché lo scopriremo tra poco.
I numeri del Nuovo parlavano chiaro: 32 giornalisti professionisti provenienti da
esperienze consolidate sulla carta stampata o nel grande schermo (ad esempio Lucia
Annunziata, Igor Man e Mauro Buffa), 34 dipendenti totali, 250 gli articoli giornalieri, 30 i
52
Nel settore delle telecomunicazioni il tasso di crescita del mercato italiano nell’anno 2003 è stato pari a 5,2%,
un mercato che vale oggi quasi 33 miliardi di euro. Uno sviluppo, che ha tradotto la spinta maggiore dal settore
dei servizi mobili, 57 milioni di abbonamenti nel 2003, ovvero più della telefonia fissa: 16,7 contro 16 miliardi.
28
servizi filmati al giorno, 18 le ore di produzione quotidiana53. Una delle novità assolute della
testata era quella che, sottoscrivendo un abbonamento a Fastweb e mediante l’utilizzo di un
set top box da collegare alla tv, si poteva accedere a un canale televisivo con l’offerta di film
e spettacoli a richiesta. Altra novità era il servizio gratuito del Nuovo tg, un telegiornale
divulgato con un linguaggio rivolto ai giovani tra i 14 e i 25 anni. Con uno speciale
telecomando e da un menù principale si potevano inoltre scegliere fatti e filmati che
interessavano all’utente. “Una redazione – aveva spiegato il direttore Sergio Luciano in
un’intervista rilasciata ad Infocity - organizzata come un grande desk, che accentra le
funzioni di selezione e confezione e sfrutta moltissimo collaboratori esterni qualificati. Con
tre obiettivi: tempestività, completezza e spiegazione delle news” 54.
Semplice l’impostazione del sito, che si caratterizzava per metà in servizi scritti – nel
periodo che ha anticipato la chiusura del giornale i contenuti erano diventati
progressivamente più leggeri, con l’utilizzo di un linguaggio simile a quello dei rotocalchi –
e dall’altra in filmati. L’esperienza del Nuovo ha potuto vantare un numero di lettori degno di
una testata quotidiana di livello nazionale, un risultato reso possibile grazie anche
all’aggiornamento di notiziari per l’arco dell’intera settimana, dalle ore 6 del mattino fino
alla mezzanotte. Purtroppo la guerra dei numeri e dei finanziamenti, l’utilizzo di criteri simili
a quelli di carta stampata e tv (la mercificazione delle notizie spinta da vincoli editoriali), i
troppi clic nelle pagine che contenevano l’edizione digitale del cartaceo e la conseguente
bufera economica che si è abbattuta sull’editoria dell’informazione, dovuta anche alle
difficoltà dei rinnovi contrattuali a tempo determinato dei giornalisti e alle scadenze di
fornitura, ha dato il colpo di grazia a quello che sembrava essere diventato il primo media
digitale in grado di soddisfare l’esigenza d’interattività fra news-pubblico-redazione. Anche
le redazioni romana e milanese de La Stampa hanno dovuto tirar giù serranda negli ultimi
mesi del 2003, per alcune cause simili.
“Servizio sospeso” si leggeva sulla home page del sito www.ilnuovo.it/ (intorno al
quindici di dicembre 2003). Veniva messo a tacere la prima vera esperienza di quotidiano on
line in Italia. Cosi come per il Nuovo, la corsa al digitale intrapresa da molti siti giornalistici,
nata soprattutto dall’esplosione del fenomeno Internet, che aveva fatto scommettere diversi
editori sulla formula apparire=avanguardia, ma senza considerare le peculiarità della rete e
le attitudini culturali dei suoi fruitori, si è conclusa di fronte ai costi altissimi di produzione e
53
M. Cobianchi, News online: questi fanno sul serio, Panorama, giovedì 2 novembre 2000, p. 52.
E. Pulcini, Vi spiego perché il Nuovo diventerà il primo giornale on line in Italia, Infocity, 22 novembre
2001, sett./giornalismo on line.
54
29
ai bassi ricavi ottenuti. Il discorso non risparmia casi di questo tipo anche all’estero,
riguardanti ancora una volta i grandi investitori. Nota è la vicenda della rivista Spiv del
gruppo Turner-Pathfinder, il progetto di giornale a pagamento della Time-Warner, e la fallita
proposta di trasformare il maggiore quotidiano statunitense UsaToday in organo on line a
pagamento. Dietro a questo scenario, anche coloro che ai tempi dell’avvento della new
economy annunciavano la morte del giornale cartaceo, credendo55 ciecamente sulle
potenzialità della Rete, hanno dovuto far marcia indietro. D’altro canto, se si tiene conto che
le aziende dei siti56 d’informazione possono far quadrare il proprio bilancio economico solo
se esiste una forte domanda, dunque una sottoscrizione di abbonamento da parte degli utenti,
si intuisce la causa di questi fallimenti: per conoscere le notizie di ordine generalista i lettori
non sono disposti a pagare, salvo pochi casi.
Un sondaggio condotto dalla redazione del magazine on line Fogli di Stile57, dedicato ai
contenuti sul web, ha rilevato che soltanto il 6,7% del campione intervistato si è dichiarato
disposto a pagare per l’informazione generalista, mentre il 6,2% per le news di attualità, a
fronte di un consistente 36,3% pronto a sborsare il proprio denaro solo in cambio di
informazione specializzata, come ad esempio quella economica e finanziaria. Negli ultimi
tempi sembra comunque stia cambiando la strategia di alcuni quotidiani italiani e di siti
d’informazione nati esclusivamente per la rete: far pagare agli utenti solamente i servizi a
valore aggiunto, ovvero gli archivi da un certo periodo di tempo in poi e anche informazioni
finanziarie dei titoli in borsa e aggiornamenti in tempo reale. La strada intanto è stata
intrapresa da Repubblica, sull’esempio dei giornali statunitensi, e sembra che stia per essere
seguita anche da altri soggetti mediali.
“Negli ultimi tre anni – da un’analisi che ha interessato il grado dei lettori dei quotidiani
italiani, compiuta sempre da Fogli di Stile – la diffusione dei maggiori quotidiani italiani
(cartacei), Corriere della Sera e Repubblica, è costantemente diminuita, anche se di poco. Ci
sarebbe da chiedersi se supplementi e gadget abbiano contribuito ad evitare un crollo della
diffusione o se, al contrario, siano una delle ragioni di questa lenta discesa. Non stiamo ad
indagare. Sarebbe invece interessante scoprire se questi ex lettori del giornale di carta siano
definitivamente finiti nelle braccia dello show-business televisivo, o se abbiano invece scelto
55
Una delle aspettative che ha spinto molti investitori a credere in Internet è stata quella di poter risanare le
casse dei grandi colossi dell’editoria già vittime della precedente crisi della stampa.
56
Nel caso dei giornali telematici locali si cerca molto spesso di ottenere i benefici statali, anche se le fonti
principali di introito rimangono quelle dei ricavi dalla pubblicità tramite banner e, di solito,
l’autofinanziamento.
57
http://www.foglidistile.com/
30
la via del digitale”. Riportiamo appresso i dati sul profilo del lettore dei grandi quotidiani
italiani:
- 90% appartiene alla classe media-superiore
- 65% ha una buona istruzione
- 57% sono giovani-adulti (età compresa tra i 25 e i 54 anni)
- 20% è in pensione
- 10% sono casalinghe
- 13% sono studenti
Repubblica, nonostante il lieve calo di vendite, è al primo posto fra i siti web più visitati
nel mondo, come indica un’indagine compilata dall’osservatorio di Alexa e basata sui dati
del traffico degli utilizzatori del suo software.
Figura 5 I siti news italiani più visitati nel mondo e relativa posizione occupata
repubblica. it
715
Unità.it
14.999
Corriere.it
984
gazzettadelsud.it
20.244
rai.it
1.593
adnkronos.com
21.287
ilsole24ore.com
1.840
lasicilia.it
21.310
Ilnuovo.it
2.437
ilmessaggero.it
24.579
ansa.it
2.827
gdmland.it
24.828
Tgcom.it
3.014
Ilfoglio.it
29.045
Lastampa.it
3.584
gds.it
39.445
quotidiano.net
4.173
ilmattino.it
66.232
cnnitalia.it
7.466
Lapadania.com
68.606
ilsecoloxix.it
14.831
avvenire.it
84.822
ilmanifesto.it
17.335
-
-
Fonte: Osservatorio Alexa, aprile 200358
58
http://pages.alexa.com/, Alexa Traffic Ranking.
31
In un sondaggio condotto sul sito di ''Italy Global Nation", al quale hanno risposto 4.396
persone, risulta che gli utenti di Internet, per informarsi, preferiscono la rete alla carta
stampata e ai telegiornali. Il 51,1% si affida al web contro il 28,2% che preferisce la carta
stampata. Solo lo 0,6% utilizza la telefonia cellulare. In particolare alla domanda ''Quali sono
le vostre fonti di informazione?'', 2.241 utenti (51,1%) hanno risposto ''Internet''; 1.245
(28,2%), ''i giornali''; 636 (14,5%) ''i telegiornali''; 244 (5,6%) ''la radio'' e soltanto 30 (0,6%)
''gli sms''. Dai dati risulta modesta la percentuale dei ''navigatori'' che per informarsi si affida
alla telefonia cellulare.
Dai dati della relazione 2000/03 “Capitolo stampa quotidiana” della federazione italiana
editori giornali (Fieg), emerge che la forza e l’autorevolezza del giornale, che si esprime
nell’attaccamento e nella fedeltà dei lettori alla testata cartacea, si trasferisce anche sulla
testata on line che è scelta e letta proprio in relazione a tale dimensione. Ciò è anche evidente
nella realtà locale, dove i quotidiani regionali rappresentano uno dei riferimenti on line
preferiti non solo per i residenti ma anche per coloro che per motivi di lavoro o per altre
ragioni si sono allontanati dai luoghi origine.
In un dibattito sull’utilizzo dei due diversi strumenti, il digitale o il cartaceo, sono emersi
alcuni spunti che approfondiscono il nostro discorso: “I lettori – secondo quanto scrive la
giornalista di Infocity, Margherita Serra – usano l’informazione messa a disposizione su
internet per integrare quella fornita da altri media, quali giornali e televisione. Viene
considerato un qualcosa in più con cui approfondire gli argomenti, cercare informazioni
diverse e differenti punti di vista, ottenere informazioni sempre aggiornate: si sfruttano le
peculiarità del nuovo mezzo, i servizi che gli altri media non possono dare per loro natura.
Ma anche senza tutto ciò basterebbe una considerazione molto più banale: la praticità che
ancora rappresenta un giornale stampato, che può essere rapidamente consultato ovunque,
per poi essere piegato e messo nella borsa o nella valigia. Con i mezzi attualmente necessari
per una connessione, fosse anche un pc portatile, non è sicuramente la stessa cosa”59.
Per Valentina Palmieri, altra voce dello stesso magazine, vi è inoltre un modo
sostanzialmente differente di fruire dell’informazione. Il web costituisce infatti “Una fonte di
aggiornamento più rapida, la matassa ipertestuale contenuta - e contenibile - in un sito
modifica i tempi e le modalità di lettura delle notizie. La lettura di un editoriale su carta
stampata presuppone una riflessione sui contenuti dell’articolo che non è mai del tutto
59
M. Serra, Internet e old media: vince la logica dell’integrazione, Infocity, lunedì 17 novembre 2003,
sett./giornalismo on line.
32
separata dalla gerarchia tematica e dalla disposizione grafica di titoli e notizie sulla pagina.
Il quotidiano cartaceo ha una struttura orizzontale in cui sono disposte le diverse sezioni,
mentre nel sito questa gerarchia va a modificarsi. Aumenta in quest’ultimo caso la possibilità
di formulare percorsi personalizzati, ricerche e approfondimenti grazie alla consultazione
delle banche dati, degli archivi e dei link ad altri giornali e alle agenzie di stampa nazionali e
internazionali. “(…) Il sito di un quotidiano – spiega la Palmieri – non funziona solo come
meccanismo di trasposizione delle notizie dalla carta stampata al web, ma semmai ne integra
e ricompone i contenuti. Prova ne è il fatto che diversi quotidiani nazionali, tra cui
Repubblica e La Stampa, ma anche locali, sono consultabili in rete a pagamento, ma questo
aspetto non ne limita l’utilità. Proprio l’articolazione dei rispettivi siti, attraverso le
rubriche, i link e gli aggiornamenti in tempo reale, amplia e arricchisce le informazioni della
carta stampata.”60.
Da queste osservazioni si intuisce che l’informazione su Internet presuppone
un’integrazione con i lettori, i quali chiedono maggiore possibilità di approfondimento e di
movimento. Non a caso vi è in Rete un proliferare di siti indipendenti e di
controinformazione, nati dall’iniziativa di singoli soggetti (giornalisti professionisti,
pubblicisti e collaboratori), spinti dalla passione di informare senza vincoli editoriali o
pubblicitari. Ad affrontare il tema delle guerre c’è il sito Warnews (www.warnews.it), che si
avvale dell'esclusiva collaborazione di redattori volontari. Atro progetto è quello di
Indymedia (http://italy.indymedia.org/), un network di media gestiti collettivamente, nato in
occasione del Wto di Seattle. Chiunque può caricare nel sito registrazioni audio e video,
immagini e articoli sui fatti di cui è testimone. PeaceReporter61, un giornale on line creato
dalla collaborazione dell’associazione umanitaria, Emergency, un’organizzazione non
governativa62, e dall’agenzia giornalistica Misna – di cui parleremo fra poco –, è un esempio
dell’esistenza di soggetti spinti dalla volontà di ricerca e diffusione di un’informazione
innovativa priva di influenze economiche e politiche esterne.
60
V. Palmieri, Carta stampata e internet: un matrimonio possibile, Infocity, lunedì 29 dicembre 2003,
sett./giornalismo on line.
61
PeaceReporter raccoglie e diffonde in quattro lingue (italiano, inglese, spagnolo e francese) notizie
provenienti da quelle zone della Terra che non sono coperte dai tradizionali organi giornalistici; ha due
redazioni, una a Roma e l’altra a Milano alle quali collaborano religiosi, personale diplomatico, esponenti della
società civile e commentatori.
62
In sintesi le Ong (organizzazioni non governative) sono delle associazioni che fanno parte del cosiddetto
“terzo settore”, definito anche “settore no-profit”, ovvero perseguono finalità non a scopo di lucro. I loro
obiettivi, spinti dalle istanze sociali e culturali provenienti dalla società civile, sono quelli di imprimere una
crescita alla coscienza comunitaria sui problemi di pace, sviluppo ed equità fra i Popoli. La maggior parte di
loro operano in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite (fondato nel 1950), per la tutela
dei diritti umani, per il contributo agli aiuti umanitari e intervengono anche alla funzione di integrazione delle
politiche governative.
33
Moltissimi documenti sui conflitti nel mondo si hanno sui siti di Amnesty International e
di Emergency. Il sito italiano di Amnesty (www.amnesty.it) offre tutta la documentazione
relativa ai rapporti annuali, i comunicati stampa, i notiziari curati dall'associazione e il
programma radio settimanale. In particolare è prezioso l'archivio con l'elenco delle campagne
in corso, tra cui quella per l'abolizione della pena di morte, per lo stop ai bambini soldato e
contro la tortura. Il sito di Emergency (www.emergency.it) consente di seguire
quotidianamente, attraverso le relazioni di Gino Strada e degli altri medici dell'associazione,
le vicende umane dei feriti di guerra di tanti paesi del Terzo mondo. Merita di essere citata
anche Informazione senza frontiere, un'associazione a difesa della libertà di stampa e di
espressione nel mondo, nata in collaborazione con Federazione nazionale della stampa e
Arci. Il suo sito (www.italian.it/) raccoglie notizie dai quei Paesi in cui sono in atto guerre e
sono commesse violazioni alla libertà di informazione. Stessa cosa fa il sito di Peacelink
(www.peacelink.it), che raccoglie da dodici anni migliaia di contributi sulle guerre
considerate dimenticate, grazie ai suoi contatti nel mondo del volontariato e degli operatori
sociali. Al suo interno è ospitato il progetto Mediawatch, nato durante la guerra in Iraq per
vigilare sulla veridicità delle notizie pubblicate dai media italiani, con l'obiettivo di diventare
una sorta di controllore gestito autonomamente diffuso della qualità dell'informazione.
34
Capitolo 2
Agenzia internazionale Misna, tra fede e giornalismo
2.1 Tecnologie digitali: strumento evangelico a sostegno degli ultimi
“Essere sommersi di notizie non significa essere informati, ed essere informati non
significa capire ciò che accade, anche se è un primo passo importante”63. La frase
appartiene alla direttrice della rivista Volontariato Paola Spinghetti, che in un ideale dibattito
virtuale con Daniele Barbieri, redattore del settimanale Carta, riesce a dare un volto al nodo
teorico attorno cui ruota la nostra problematica sul giornalismo attuale. In un’intervista
incrociata apparsa infatti sul mensile Carta, edito dall’associazione italiana “Amici di Raoul
Follereau”64, i due giornalisti rispondono alla seguente domanda: “Sette tg nazionali che
ripetono le stesse notizie. Essere informati in tempo reale significa anche comprendere ciò
che accade?” Il pensiero della Spinghetti prosegue citando la funzione generale assunta oggi
dai mezzi di comunicazione di massa, i quali “(…) rispondono tutti alla stessa legge: quella
del mercato, e quindi tendono ad omogeneizzarsi sia nello scegliere le notizie che nel
commentarle (…)”, col rischio di inclinare le garanzie del pluralismo, base dell’informazione
democratica. “(…) Per questo – riprende la Spighetti – è importante rivolgersi ad altre fonti
di informazione, quali testate comunitarie, quelle del volontariato, della Chiesa e della
società civile tutta (…)”, che possono essere considerate espressione di identità culturali e di
punti di vista alternativi.
La Chiesa Italiana si è mossa in questi ultimi anni per rinnovare la presenza dei cattolici
nel mondo della comunicazione, con iniziative sia a livello nazionale che a livello locale. E’
stata costituita la fondazione “Comunicazione e cultura” per sostenere le attività nell’ambito
dell’emissione radio televisiva e per sviluppare il progetto culturale orientato in senso
cristiano. Esempi che meritano di essere citati sono le trasmissioni televisive di Sat2000 e
quelle radiofoniche di Blusat. Ma la Chiesa si è mostrata curiosa anche nei riguardi di
Internet, mezzo che ha considerato fin da subito adatto all’alternativa mediatica e strumento
63
64
G. Albanese, La lunga corsa all’audience dove perde chi guarda, Amici dei lebbrosi, maggio 2004, p. 4 – 5.
L’associazione italiana Amici di Raoul Follereau è la collana editrice di alcuni mensili e settimanali cristiani.
35
di sostegno a nome dei più poveri. Solo nel 1998 in Italia i siti cattolici comprendevano già
cinquantatre diocesi, uffici pastorali, centri missionari, ordini e istituti religiosi, associazioni
e movimenti ecclesiali. Oggi - si legge su www.siticattolici.it - i siti cattolici su Internet sono
circa 8 mila. Una proliferazione che a volte crea confusione, perché esistono molti siti web
non ufficiali che si definiscono “cattolici” ma in realtà non lo sono.
Le nuove tecnologie digitali sono state percepite dai cattolici veicolo ideale nella
diffusione dei valori cristiani e della loro iniziativa, entrando nella struttura della Chiesa
grazie alla collaborazione dei laici che già avevano avuto approccio allo strumento
elettronico. Ecco così la nascita di fonti alternative di informazione: siti come
“www.misna.org”, dell’agenzia di stampa internazionale Misna, che ha preceduto sul web il
debutto di molti grandi canali informativi mondiali e spesso riesce ad essere estremamente
più aggiornata delle più grandi agenzie di stampa mondiali; “www.fides.org”, appartenente
anche questo ad un’altra agenzia internazionale, la Fides, che da oltre settant’anni è la voce
delle missioni cattoliche nel mondo. Possiamo citare ancora fonti come la News Press,
agenzia che gestisce il centro di produzione radiotelevisivo della Conferenza episcopale
Italiana, e infine l’agenzia AsiaNews (www.asianews.it/), che trasmette tutte quelle notizie
raccolte dal continente asiatico. Questo, ovviamente, solo per quanto riguarda le agenzie.
Se prendiamo in considerazione la forma digitale esistente in Italia e all’estero, locale e
nazionale, di settimanali, mensili o quotidiani, siti Paxchristi, che offrono liste di discussione,
testi di riflessione e che sono il centro di coordinamento di tantissime iniziative "di base", sia
di spiritualità che di azione sociale – Avvenire, Il Gazzettino del popolo, La Vita cattolica,
tanto per citarne alcuni – il nutrito catalogo che si può ricercare per via telematica non
avrebbe più fine. Il fenomeno coinvolge, oltre al centro Vaticano (un dato importante sono
gli oltre sei milioni e mezzo di accessi al mese al sito della Santa Sede,
http://www.vatican.va/phome_sp.htm), anche le Conferenze Episcopali, le parrocchie e i
singoli cattolici. Un’opera di diffusione del progresso culturale ed evangelico, quindi, che in
passato aveva avuto come proprio strumento essenzialmente la radio, la televisione e prima
ancora la divulgazione capillare della carta (oggi sempre in uso).
“La parola ha il suo peso - sostiene Fabio Zavattaro, voce del mensile cattolico “Segno
nel mondo” e corrispondente Rai -, una sua efficacia temporale, un’incidenza nella opinione
pubblica che cresce all’aumentare dell’importanza della testata giornalistica che offre la
notizia”. Zavattaro ricorda nell’occasione due celebrazioni in piazza San Pietro, la
canonizzazione di Daniele Comboni e la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, in cui
sono emersi alcuni messaggi importanti che Giovanni Paolo II ha voluto offrire ai cristiani di
36
oggi: “La scelta degli ultimi, dei poveri. La capacità di dare e soprattutto l’intelligenza di
saper ricevere, in cultura e testimonianza di vita, anche da chi si va ad aiutare nelle più
sperdute regioni dell’Africa. Notizie che non hanno avuto l’onore, non dico della prima
pagina, ma nemmeno delle pagine di cronaca”65.
Posizioni importanti quelle citate, che introducono il nucleo della nostra tematica:
l’agenzia Misna e un altro modo di fare informazione. Il giornalismo, come noto, evolve
con il progredire di nuove forme d’espressione culturali, sociali e di fabbricazione delle
notizie (ad esempio la nascita di un nuovo mezzo di comunicazione). E mentre l’attuale
informazione si caratterizza soprattutto per la velocità e la compressione del messaggionotizia, si pensi alle pubblicazioni tramite telefonia mobile (SMS), Internet o tv satellitari,
esiste una testata giornalistica che proprio in rete, e in collaborazione con tutte le forze laiche
e del mondo missionario, colma un vuoto lasciato dalla maggior parte dei media sui fatti che
riguardano il Sud del Mondo. E’ la Misna (Missionary Service News Agency).
Facciamo ora un passo indietro, per capire da dove parta l’opera mediatica di
quest’agenzia internazionale e perché si differenzia da tutte le altre testate. Come ha
affermato il Concilio Vaticano II le nuove tecnologie (il riferimento era rivolto alla tv, ma
può valere oggi anche per Internet) sono «meravigliose invenzioni»66 che hanno bisogno di
capacità di ricerca, di critica, attraverso un dialogo al passo con il progresso. Tutto questo,
nonostante la Chiesa ne condanna spesso gravi abusi da parte della società, come possono
essere la pornografia e la violenza. Citando la Lettera Enciclica Miranda prorsus di Papa Pio
XII del 1957, l'Istruzione Pastorale sui Mezzi di Comunicazione Sociale Communio et
progressio, pubblicata nel 1971, ha sottolineato questo aspetto: «La Chiesa riconosce in
questi strumenti dei “doni di Dio” destinati (…) a unire gli uomini in vincoli fraterni”.
La Mina, partendo da questi principi cristiani, che come abbiamo visto hanno le loro
radici nel Concilio Vaticano II, ha accolto l’invito della Chiesa a fare un uso positivo dei
mezzi di comunicazione proponendosi un obiettivo ben preciso: “Dar voce a chi non ne ha”,
agli ultimi della Terra. E’ questo il suo ideale, che si trasforma in giornalismo. E’ diverso da
quello di tutte le altre agenzie internazionali, le quali si uniformano alle leggi del news
businnes. Rilancia ai grandi canali informativi del mondo notizie che altri organi di stampa
internazionale raramente trattano, quelle che provengono dalle zone più sperdute dell’Africa,
America Latina o Asia. Paesi in cui oltretutto il panorama religioso è molto complesso. In
Africa per fare un esempio si possono distinguere tre grandi correnti: i movimenti religiosi
65
66
F. Zavattaro, Informazione e parole, Segno nel mondo, ottobre 2003, p. 3.
Concilio Vaticano II, Decreto sui mezzi di Comunicazione sociale Inter mirifica, n. 1.
37
africani67, chiamati anche "Chiese africane indipendenti", che sono sorti durante l’epoca
coloniale soprattutto come reazione sociale e religiosa alle strutture provenienti dall’estero; i
movimenti derivanti dal protestantesimo americano68 e infine quelli magico-esoterici69.
Quest’ultimi si sono diffusi soprattutto nei grandi agglomerati delle città e fra le persone più
colte di paesi come Zaire, Cameroun, Kenia e Nigeria. La pastorale della Chiesa viene in
questo caso interpretata in modo differente, secondo le caratteristiche di fondo che
costituiscono lo specifico dei movimenti in via di espansione:
a) I gruppi che si basano sulla Bibbia spingono a rendere
una testimonianza come comunità e ad incoraggiare una
conoscenza personale del Vangelo.
b) I gruppi che si ispirano alle religioni orientali
incoraggiano a scoprire il primato della vita spirituale, al
fine di unificare l'uomo di oggi alla pace interiore.
67
Secondo fonti vaticane si valuta che nell'Africa sub sahariana esistano 10.000 movimenti religiosi fondati da
africani, che contano in totale alcune decine di milioni di aderenti. Nella Repubblica del Sudafrica esistono
4.000 "African Instituted Churches" (Chiese africane istituzionali) alle quali aderisce il 26,1% della
popolazione. Nell'Africa occidentale, queste comunità si sono sviluppate soprattutto in Liberia, Nigeria, Ghana,
Costa d'Avorio, Benin; nell'Africa orientale, in Kenia; nell'Africa centrale il primato è detenuto dalla
Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire). Questi movimenti religiosi sono chiamati "Chiese" nel senso di
comunità di persone che professano la stessa fede. Esiste però una grande diversità rispetto alla fede cristiana.
Alcune si ispirano alla fede ebraica, altre mescolano aspetti della fede cristiana con aspetti della religione
tradizionale, altre sono essenzialmente nuove espressioni della religione tradizionale, con elementi superficiali
presi in prestito dalle Chiese cristiane.
68
Nel protestantesimo africano di origine americana convergono numerose correnti: quella del pentecostalismo,
nata all'inizio del XX secolo negli Stati Uniti, che pone l'accento sui doni visibili dello Spirito; quella del
fondamentalismo, che risale allo stesso periodo, che nasce come reazione all'interpretazione liberale della
Bibbia e all'impegno sociale delle Chiese; quella del Vangelo della Prosperità (Faith Movement), nata negli
anni Settanta, che sottolinea il potere della fede per ottenere da Dio la salute e la prosperità economica. In
pratica, è difficile distinguere queste tre correnti, che possono coincidere nella stessa denominazione
interamente o in parte e integrare alcuni aspetti della religione africana tradizionale, soprattutto se i protagonisti
sono degli africani.
69
La cultura esoterica ha la caratteristica di presentarsi pubblicamente sotto le espressioni dei valori universali,
riservando agli iniziati gli aspetti più occulti, che portano ad un rovesciamento della morale, della religione,
delle regole della convivenza sociale. Questo può essere percepito nei movimenti magico-esoterici (per esempio
Rosacroce, Ekankar, Graal, Templari, Mahikari) e mostra espressioni sconvolgenti nella corrente satanista che
condiziona, con i suoi miti, un certo numero di studenti e anche di persone impegnate nelle libere professioni e
nella politica. Molte persone rifiutano quella che appare loro una religione di sofferenza e sottomissione, che
non porta la felicità sulla terra, e sono sedotti dall'ideale del superuomo che realizza i suoi sogni di ricchezza e
di potere.
38
c) I gruppi di tendenza psicologica e terapeutica esigono
per ultimo un attento discernimento su ciò che realizza
l'uomo o lo rende schiavo.
“La nostra speranza – afferma in un’intervista all’Agenzia Fides don Lucio Ruiz,
coordinatore tecnico dei gruppi di lavoro della Rete Informatica della Chiesa in America
Latina (RIIAL) – e il nostro impegno sono rivolti a che la tecnologia ricopra il suo giusto
ruolo, a misura umana, ma che a sua volta rafforzi quella stessa umanità nelle sue forme più
umili e solidali. Penso, soprattutto, alla radice stessa dei progetti informatici che porta la
Chiesa. Da dove e come nasce? Primo, dal mandato missionario di Gesù "andate per tutto il
mondo". C'è un mandato esplicito da parte del Signore di arrivare fino ai confini della terra,
e l'informatica è un eccellente mezzo per realizzarlo. Secondo, c'è un invito chiaro del Papa
per realizzare la Nuova Evangelizzazione: nuova nel suo ardore e nuova nei suoi metodi,
quindi se la nostra cultura appartiene all'era digitale non possiamo non evangelizzare con e
attraverso i mezzi informatici”70.
E’ lo stesso Pontefice Giovanni Paolo II oggi a dire – in un recente incontro con i
giornalisti sul ruolo dell'informazione online: "Consideriamo positiva la capacità di Internet
di trasmettere informazioni e insegnamenti di carattere religioso oltre le barriere e le
frontiere. Nella nostra epoca è necessario un utilizzo attivo e creativo dei mezzi di
comunicazione sociale da parte della Chiesa"71. Chiesa fatta dai tanti cattolici che lavorano
nel silenzio e fuori dall'ufficialità, utilizza anch'essa e in maniera estremamente efficace
Internet. I missionari non sono dunque soltanto religiosi impegnati nella raccolta dei sussidi
da distribuire nelle varie zone che necessitano di aiuto, oppure comuni portatori del
messaggio cristiano ma, insieme alla cooperazione dei laici, i testimoni del dialogo fra i
popoli, della pace e del progresso nel mondo. Un apostolato che fa delle guerre civili e delle
malattie il principale nemico da sconfiggere, e dell’amore nel prossimo, dell’educazione
scolastica e civica i suoi strumenti più potenti.
70
http://www.fides.org/ita/index.html.
Dal sito della biblioteca digitale Rai, MediaMente (www.MediaMente.it), si legge che la “Chiesa Cattolica
per secoli è stata all'avanguardia nell'utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione, dalla parola alla pittura, dal
cinema alla televisione, ha accolto Internet come strumento di diffusione del proprio credo. Così se da noi,
popolo di telefonini, fa ancora notizia il parroco che legge gli SMS di auguri durante la messa di Natale, nelle
Filippine è proprio la Chiesa il maggior provider Internet del paese, a prezzi stracciati rispetto ai concorrenti,
naturalmente. Si moltiplicano da mesi i siti cattolici, ufficiali e non.
71
39
“Il comboniano Franco Laudani, nato in provincia di Catania 61 anni fa e da 27
domiciliato nel Congo ex-Zaire – scrive Elisabetta Rosaspina sul Corriere della Sera,
riprendendo la notizia dall’agenzia di stampa Misna – sta preparando l’invio dall'Uganda di
un carico di munizioni non convenzionali per contrastare la guerriglia nell’Ituri, Nord-Est
del Congo: 30.000 libri, in tutto sei tonnellate di materiale didattico, destinato a 7.000
giovanissimi pigmei. Armi di educazione di massa”. “La fame del sapere – dice Laudani alla
giornalista – uccide più silenziosamente dell’inedia alimentare. Chi uccide in queste remote
periferie del mondo lo fa perché ignorante; e lo si può fermare con l’unico vero antidoto, che
è quello della cultura” 72.
E’ in questo modo che possono nascere anche con pochi fondi monetari tante iniziative a
favore della cultura, dell’economia e dell’arte nei luoghi più martoriati della Terra, come può
essere la costruzione di un acquedotto, l’acquisto di attrezzature per l’agricoltura, l’assistenza
legale a ragazzi finiti in carcere o quella sanitaria per contrastare le malattie. Addirittura ci
sono intere famiglie, anche se sono ancora solo avanguardie, che si trasferiscono, stabilmente
o per un certo periodo, in alcuni villaggi dell’Africa o dell’Asia per creare strutture come ad
esempio un pozzo. La Chiesa evangelizza anche attraverso l’arte: a Maputo, capitale del
Mozambico ed ex colonia portoghese, che per ben sedici anni è stata scenario di una terribile
guerra civile conclusa nel 1992, il Consiglio cristiano (l’organismo che riunisce varie chiese
presenti sul territorio) allestisce ogni anno una mostra che coinvolge artisti locali, che
espongono opere specchio di una creatività diffusa nelle persone del continente nero. Basti
pensare ad uno sculture di Maputo che trasforma le armi utilizzate nella guerra civile in veri e
propri capolavori, oppure ad un’anziana artista che ha richieste in tutto il mondo per le figure
che riproduce a mano dalla terracotta e sono ispirate da suoi sogni73.
72
E. Rosaspina, Samba e libri: i nuovi missionari creativi. Non solo religiosi, sempre più laici seguono vie
originali di evangelizzazione.”Ma la Frontiera è l’Europa”, Corriere della Sera, lunedì 26 aprile 2004, p. 18.
C’è ancora una parte dell’articolo di Elisabetta Rosaspina che merita di essere citata: “La missione è molto
cambiata negli ultimi anni, non c’è dubbio – valuta monsignor Enzo Serenelli, per 15 anni direttore delle
Pontificie opere missionarie, docente in carica dell’Università Lateranense e autore di saggi sull’argomento -.
Intanto non è più una missione unidirezionale: il sacerdote che parte e va a diffondere la parola di Dio. Ma è
un interscambio religioso. Non è più un’opera riservata agli istituti missionari, ma un compito di cui si fa
carico, sempre più, la chiesa locale”.
73
P. Corona e T. Ferrario,“La nostra Africa”, Speciale TG1, in onda il 28/03/04 alle ore 22:50, Raiuno. Tema:
le crude immagini di bambini rapiti e addestrati con le minacce a diventare guerriglieri, mutilati dalle punizioni
e dalle mine nel nord dell’Uganda, aprono la pagina di uno dei tanti drammi, spesso dimenticati, dell’Africa. In
un continente dove il gigantismo è anche nella contabilità della morte per guerre, povertà e malattie, Puccio
Corona e Tiziana Ferrario sono andati a cercare in Mozambico, Angola e Uganda gli italiani che hanno scelto di
darsi da fare per invertire un verdetto disperato (Ufficio stampa Rai).
40
2.2 Struttura dell’agenzia Misna
«Raccontare la vita dei diseredati – afferma Don Giulio Albanese74, ex direttore
dell’agenzia di stampa internazionale Misna –
rappresenta già un primo concreto aiuto
contro la fame, le malattie, la violenza e l’illegalità». La pensano in questo modo anche tutti
coloro che diffondono ogni giorno notizie e servizi di approfondimento dal Sud del mondo,
grazie al portale www.misna.org/ (acronimo che sta per Missionary Service News Agency).
Si tratta di missionari, in maggioranza appartenenti all’ordine religioso dei Comboniani, e di
volontari della società civile (gruppi laici, movimenti schierati in difesa dei diritti umani o
associazioni per la promozione umana). Tutte queste persone sono impegnate in azioni di
pace nelle zone più povere dei cinque continenti ma, nello stesso tempo, e come vedremo in
modo approfondito più avanti, ricoprono anche la funzione insolita di giornalisti, inviando
con i loro pc o comunicando attraverso il telefono fatti che accadono intorno a loro.
In Africa, ad esempio, i padri Comboniani operano nelle comunità del Ghana, Togo,
Benin, Ciad, Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Kenya, Sud Africa, Uganda, Zambia, Ghana,
Zaire, Mozambico, Malawi, Sudafrica, Repubblica Centroafricana e nella Repubblica
Democratica del Congo. La passione per l'Africa ha incoraggiato qualcuno a fondare famiglie
religiose completamente africane. Sono nove le congregazioni maschili e femminili fondate
da comboniani e comboniane. Tra le più fiorenti, gli Apostoli di Gesù, un istituto missionario
tutto africano, già presente in cinque paesi, e le Sorelle evangelizzatrici, con circa 150
membri. Paesi in cui le parole “guerra civile” e “morte” convivono quotidianamente con le
storie delle persone. Storie, generalmente non illuminate dai potenti riflettori dei media.
Il campo d’azione dei comboniani va dalle popolazioni rurali alle etnie nomadi, come i
karimojong dell'Uganda o i pokot, i turkana e i maasai del Kenya, o i pigmei dello Zaire.
Arrivano a portare acqua ai rifugiati, il continente nero ne ha milioni, a costruire ospedali (si
pensi alla riabilitazione dei portatori di handicap o alla formazione dei non vedenti), alla
scuola (insegnano nelle università costruite anche da loro o nelle scuole superiori e
professionali), a trasmettere i mestieri. Si legge nel sito www.nigrizia.it/ dedicato all’Africa,
che “In più di una circostanza, strutture e edifici costruiti con fatica e passione hanno
dovuto subire la stessa sorte delle opere iniziate dal Comboni, che vennero cancellate dalla
74
Giulio Albanese è nato a Roma nel 1959. Ex ufficiale dell’esercito italiano è oggi un missionario comboniano
e giornalista, ha studiato teologia in Uganda. Da vari anni è collaboratore del quotidiano cattolico Avvenire,
Radio Vaticana e RadioRai. E’ stato direttore del New people media centre di Nairobi. Nel dicembre 1997 ha
fondato la Misna, della quale è direttore, l’agenzia di stampa internazionale delle congregazioni missionarie
cattoliche.
41
violenza. Così in Uganda il bilancio delle missioni e delle opere sociali saccheggiate o
distrutte dalle due guerre postcoloniali è stato pesantissimo. Eppure si è ripartiti da capo: la
scuola superiore di Koboko, nel West Nile, è stata ricostruita tre volte nel giro di poco più di
un decennio. Ripartire: è quasi una parola d'ordine. Ora sta avvenendo in Mozambico e
Sudan”75.
Una missione affascinante, ma resa complicata dalle abitudini transumanti di questi
gruppi etnici e dai fenomeni di violenza. I missionari comboniani hanno basi anche in
America Centrale (Messico e Costa Rica), in Sud America (Brasile, Colombia, Ecuador, Peru
e Cile), in Asia (Filippine). Molti di loro, così come i laici, testimoniano con la vita la
missione che svolgono in questi territori. Secondo fonti Misna i martiri del 2003 sono stati
ventinove: venti sacerdoti, un arcivescovo, un religioso, tre seminaristi e quattro volontari
laici dei quali due uomini e due donne. Ma perché un missionario fa il giornalista? “Missione
è innanzitutto e soprattutto Comunicazione di una buona notizia – secondo Albanese – che
deve dare speranza in un mondo caratterizzato da profonde ingiustizie, ma anche da fermenti
di speranza”76.
L’agenzia Misna è stata fondata nel dicembre del 1997 da un padre comboniano e
giornalista professionista che è appunto don Giulio Albanese, il quale intuì subito che
puntando sull’innovazione tecnologica telematica si poteva fare qualcosa di importante per
l’umanità, dar voce agli ultimi. Già nel settembre del 1990, in occasione del primo congresso
missionario italiano dopo il Concilio, fu lanciata la proposta di realizzare un’agenzia
d’informazione missionaria ma il problema era la sua realizzazione. Problema principale era
il contratto giornalistico, che costa molto denaro: salario giornalisti e collaboratori,
contributi, e la difficoltà tecnologicamente di riuscire a realizzare con un terminale
un’agenzia. Nel 1996 le cose cambiano: nell’ottobre padre Albanese arriva da Nairobi ad
Atlanta, città conosciuta per la sede della Coca-Cola e per la redazione centrale della Cnn,
dove era stato invitato a fare una stage.
Lì Leonard Teel, celebre firma dell’Atlanta Costitution, mette Albanese a sorvegliare le
agenzie che parlano di Africa. Un pomeriggio arriva un dispaccio: “La città di Kisangani in
Congo è caduta nelle mani delle forze di liberazione guidate da Laurent Désiré Kabila”. La
notizia stava per andare in onda quando insospettito, il prelato, telefona a un missionario
belga che stava a Kisangani da anni. “Di Kabila e dei suoi nemmeno l’ombra” rispose.
Quella bufala fu la fortuna della Misna. Nei giorni seguenti tutti gli stagisti furono invitati a
75
76
http://www.nigrizia.it
G. Albanese, Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, Einaudi, Torino, 2003, cfr.
42
cena da Eason Jordan, allora vicepresidente di Cnn International, che propose l’idea di creare
un network via Internet con i missionari sparsi in tutto il mondo. Il progetto Misna è stato
finanziato da molte congregazioni missionarie (Saveriani, Consolata, Comboniani e Pime su
tutti), dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), Cuore Amico77 e Aiuto alla Chiesa che
Soffre (Acs)78, dalla vendita di servizi e consulenze esterne e al contratto di collaborazione
con la Rai. In tutto, 500.000 euro l’anno che però ancora non bastano a realizzare sogni e
progetti, quali la creazione di tre sedi in Africa, America Latina e Asia, e l’invio di giornalisti
praticanti sul campo.
L’agenzia è una società a responsabilità limitata, che ha un consiglio d’Amministrazione
composto dalle congregazioni missionarie, dalla casa editrice Emi e dalla Federazione
stampa missionaria italiana (Fesmi). Anticipando le grandi agenzie giornalistiche mondiali e
soprattutto studiando nei particolari la diffusione dell’informazione su Internet – si tenga a
mente che ad esempio Reuters, Ap e France Press hanno sottovalutato all’inizio l’importanza
dello strumento digitale allestendo sul proprio portale pagine web molto deboli a livello sia
qualitativo che quantitativo di notizie79 –, la Misna vince una grande scommessa, perché
diventa in poco tempo la testata giornalistica con più corrispondenti al mondo ed una delle
fonti principali di canali informativi mondiali quali Cnn e Bbc, ma anche delle stesse grandi
agenzie internazionali, che la citano e riportano i suoi servizi.
La redazione ha sede a Roma ed è composta, oltre dall’attuale direttore responsabile
Pietro Benni, subentrato a don Albanese nella metà di settembre 2004 dopo le dimissioni80
77
Cuore amico è un’associazione missionaria fondata nel 1980 dal sacerdote bresciano Mario Pasini. Si occupa
del sostegno dell’attività di religiosi e laici dediti ad azioni di promozione e sviluppo nei paesi del Sud del
mondo. Cuore amico si rivolge alle realtà dei paesi in via di sviluppo grazie all’attività di raccolta fondi che
viene effettuata esclusivamente attraverso la redazione e distribuzione del periodico mensile “Cuore Amico”. Di
volta in volta vengono pubblicate richieste che giungono direttamente dal Sud del mondo; inoltre i lettori sono
aggiornati sui progetti sostenuti e i contributi erogati. L’associazione che ogni anno redige un dettagliato
rendiconto di tutte le iniziative è coordinata da laici e sacerdoti. 60 mila sono i sostenitori di Cuore amico,
composti da famiglie e da singole persone. Dal 1994 sono stati distribuiti aiuti per circa cinque miliardi delle
vecchie lire.
78
Da oltre 50 anni, l' Opera di diritto Pontificio "Aiuto alla Chiesa che Soffre", fondata da padre Werenfried van
Straaten nel 1947, raccoglie fondi in 16 Paesi per distribuirli in tutto il mondo attraverso 6.000 progetti in oltre
130 Paesi per sostenere la Chiesa perseguitata, oppressa o in povertà e per difendere il diritto della persona a
professare la propria religione nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti. L’Opera,
grazie ai progetti finanziati interamente dai benefattori, è attiva nel sostegno ai Seminaristi; fornire mezzi e
strumenti per la pastorale (mezzi di trasporto, radio, libri, ecc.); sostentamento del clero attraverso le offerte per
Messe quotidiane e cicli di Messe gregoriane; costruire o restaurare luoghi di culto, preghiera, formazione;
diffondere la Bibbia; fornire aiuti per interventi nelle emergenze.
79
Una delle spiegazioni più probabili che ha portato queste grandi agenzie a sottovalutare all’inizio Internet è
che nel loro notiziario la pagina d’attualità è meno importante di quella economica. La maggior parte delle
informazioni della Reuters sono infatti economiche, mentre la cronaca, la politica, la cultura sono solo una parte
marginale.
80
"Non è possibile continuare in questo modo. Non ce la faccio più a elemosinare a destra e a sinistra un
pugno di euro. Abbiamo bisogno del vostro sostegno. O iniziamo a vedere in grande, oppure è meglio che ce ne
43
del suo fondatore, da nove giornalisti laici professionisti più una segreteria. Sparsi in tutto il
mondo, invece, operano i missionari e i laici volontari. Si parla di cifre spaventose: circa 600
mila in tutto il circuito e migliaia sono missionari, dei quali quattordicimila sono italiani.
Questi particolari reporter percorrono anche a piedi zone vastissime come il deserto, alcuni
muniti di satellitare e di tecnologie all’avanguardia, altri oppure sfruttano mezzi come il
telefono fisso o il fax. Vediamo in dettaglio le redazioni estere della Misna e i rispettivi
capiservizio: desk Africa (Massimo Zaurrini), desk Americhe (Francesca Belloni e Luca
Leone), desk Asia e Oceania (Luciana Maci e Barbara Fabiani), desk Medio Oriente
(Emiliano Bos), desk inglese (Beth O’Rourke e Laura Gail Clarke), desk francese (Celine
Camoin e Veronique Viriglio).
Il tutto va a confezionane un notiziario che diffonde circa trenta notizie quotidiane (news
update) e un quarantina di approfondimenti mensili, in un'ottica editoriale orientata sui
versanti: politico, economico, sociale, religioso e culturale. «Le enormi possibilità di
raggiungere chiunque, in tempo a costi molto bassi, offerte dalla Rete delle Reti era una
chance irrinunciabile – si legge nel libro “Il mondo capovolto”81 dal quale ha preso spunto il
nostro lavoro –. La globalità delle crisi economiche, sociali e politiche in cui si dibattono i
popoli e le nazioni cui la Misna vuole e voleva dar voce, trovavano in quel marchingegno
strano, allora poco noto al grande pubblico, un partner straordinario. (…) La necessità di
macchiare il tessuto informativo mondiale, colorato quasi completamente dalle tinte non
sempre veritiere delle notizie del primo mondo, era uno dei problemi principali da risolvere.
Internet poteva superare frontiere, consentire la pubblicazione e la lettura delle notizie
torniamo tutti a casa". Sono racchiuse in questo sfogo le ragioni che hanno spinto padre Giulio Albanese a
rassegnare le dimissioni dalla Missionary Service News Agency. Nel motivare dimissioni "irrevocabili e
definitive", padre Albanese ha fatto riferimento alla "consapevolezza di non ottenere più dalle sedi competenti
l'appoggio pieno che mi sembrava indispensabile". Non fa nomi e cognomi, l'ex direttore, ma a Vita svela che
"dietro questo muro di gomma c'è un consiglio di amministrazione con cui i rapporti si sono progressivamente
deteriorati". Il suo è stato un estenuante appello a rinnovare la linea editoriale della Misna. "Volevo", si spiega,
"una struttura solida, una redazione più capiente e capace, e un settore marketing efficiente, che in MISNA non
esiste".
81
Il libro Il mondo capovolto ricevuto diversi premi importanti, fra i quali quello del 29 luglio, al Quirinale,
dov’era presente anche P. Venanzio Milani quale presidente della MISNA, consegnato dal Carlo Azelio
Ciampi, presidente della Repubblica Italiana, il quale ha conferito l’onorificenza di Grande Ufficiale a P. Giulio
Albanese. "Molte delle informazioni che abbiamo sulle vicende tragiche dei popoli dell’Africa – ha detto in
quella occasione il Presidente dello Stato – vengono dai nostri missionari che danno, con ciò, una straordinaria
testimonianza di carità e anche di valore civile. Di loro l’Italia è orgogliosa. Siamo vicini ai 14.000 missionari
italiani che operano in Africa, America Latina e Asia e soprattutto ai cinque che, insieme ad un giornalista,
sono ancora a Monrovia, in Liberia, in questo momento in una grave e angosciosa crisi". Infine il 1° agosto, i
Missionari Scalabriniani, durante il Meeting Internazionale di Loreto sulle Migrazioni, hanno premiato
Albanese per aver “portato – questa la motivazione – alla ribalta internazionale le guerre dimenticate della
Guinea Bissau, della Sierra Leone e dell’ex Zaire, oltre alle innumerevoli vessazioni di regimi totalitari come
quello di Khartoum contro i cristiani sudanesi o al dramma di Safya, la donna condannata a morte per
adulterio. È proprio all’uomo di frontiera a cui vogliamo consegnare il premio".
44
subito, senza mediazioni di alcun tipo»82. Nella Misna trovano così spazio moltissimi fatti
riguardanti il Sud, che sono rilanciati ora per ora, dando a tutti i tradizionali mezzi di
comunicazione di massa la possibilità di conoscerli grazie alla Rete.
Veniamo alla struttura del sito Misna. I dispacci dei missionari sono pubblicati in Rete sul
portale www.misna.org e sono consultabili da chiunque con accesso gratuito a quelli del
giorno, mentre è a pagamento la consultazione dell'archivio e del motore di ricerca. La
redazione raccoglie informazioni attraverso e-mail (indirizzo [email protected]), fax e
telefono, dai collaboratori che, oltre ai missionari e laici, possono provenire da organismi no
profit, da organizzazioni come l’Onu, l’Unesco e infine dai siti Internet internazionali. I
collaboratori da ogni parte del mondo possono inserire il loro dispaccio d’agenzia attraverso
la digitazione di una password identificativa della firma, utilizzando una pagina Html.
L’articolo viene così automaticamente firmato, introdotto nel database e messo in linea. Tutte
le notizie prima di essere immesse nel server sono verificate direttamente attraverso fonti
incrociate. Il portale dispone di un linguaggio in tre lingue: italiano, inglese e francese. In
redazione si trovano alcuni professionisti che traducono i pezzi nelle varie lingue.
L’home page dell’agenzia (vedi figura 6) è composta dal nome e il logo della testata (tre
antenne che danno sui tre continenti più poveri del mondo, Africa, Asia e America Latina).
Nella cella orizzontale sotto si possono selezionare i menu principali: nel primo è possibile
sfogliare le pagine interne “Chi siamo", "Links", "Indirizzi", "Scriveteci", nel secondo
l’Archivio; seguono poi le sezioni abbonamenti, service, le donazioni, il carrello, la
registrazione alla testata e la scelta della lingua. Verticalmente sono disposte tre colonne: i
lanci sono riportati in quella di centro pagina dove si possono scorgere i titoli colorati in blu
dietro la data e l’ora. I frammenti possono essere appresi gratuitamente, mentre per gli
approfondimenti e per entrare nella sezione “Archivio”, dove sono catalogate tutte le notizie
e le foto divulgate da Misna dal 1997 ad oggi (il database contiene quasi 80.000 documenti),
bisogna sottoscrivere un abbonamento e registrarsi al servizio.
La nazione di provenienza della notizia si trova alla destra della data e dell’orario di
pubblicazione. In genere le notizie provengono da zone come: Angola, Algeria, Sierra Leone,
Uganda, in Burundi, Costa d’Avorio, Sudan, Somalia, Eritrea, Etiopia, Senegal, Repubblica
Democratica del Congo, Congo Belga, Ruanda, Liberia, Sud Africa, Chad e Nigeria. Non
solo Africa, anche Cecenia, Iraq, Israele, Palestina, Iran, Indonesia, Filippine, Nepal, India,
Kashmir, Sri Lanka, Afghanistan, Peru, Taiwan, Argentina, Malaysia, Colombia, Peru,
82
G. Albanese, Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, Einaudi, Torino, 2003, cfr.
45
Namibia, Cina, Bolivia, Messico, Guatemala, Italia e così via. Praticamente da tutto il
mondo.
Figura 6 Il portale dell’agenzia di stampa internazionale Misna, www.misna.org
Riportiamo di seguito un sevizio Misna:
“Almeno cinque ribelli sono rimasti uccisi nel nord Uganda mentre tentavano di
attaccare un villaggio nei pressi di Lira, capitale dell’omonimo distretto. Secondo fonti della
MISNA, l’incursione dei miliziani dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistence
army, Lra) è stata respinta dalle milizie di auto-difesa, dette ‘Amuka’ o ‘Arrow group’,
create dalla popolazione per respingere i continui assalti dei ribelli, che l’esercito
governativo non è in grado di fermare. Ieri sera intorno alle ore 21:45 colpi di arma pesante
sono riecheggiati nella zona vicina alla missione cattolica di Ngetta, da dove la popolazione
era in gran parte già fuggita, nel timore di un raid dello Lra. Stamani fonti della MISNA
hanno visitato il luogo dello scontro tra ribelli e ‘Amuka’: nel villaggio di Atiang (una
quindicina di chilometri a nord di Lira) sono stati trovati i cadaveri di cinque miliziani e di
Okol Emanuel, un combattente delle truppe di auto-difesa. È la prima volta che gli ‘Amuka’
riescono a opporsi con successo a un attacco delle bande armate dello Lra, che da 18 anni
imperversano in tutto il nord Uganda, uccidendo civili e saccheggiando villaggi. Le nostre
fonti aggiungono che domenica mattina tre persone sono state colpite a morte dai ribelli con
46
bastoni e mazze nella sub-contea di Ogur (distretto di Lira). Secondo altre fonti, almeno otto
civili – sei donne e due bambini – sono stati uccisi ad Atiak, in uno dei numerosi campi per
sfollati dove sono ammassate centinaia di migliaia di ugandesi. Un portavoce dell’esercito di
Kampala ha ammesso che i militari hanno ucciso per errore cinque persone, mentre
contrattaccavano a un’incursione dello Lra”83.
Proseguendo il nostro viaggio nel sito Misna troviamo nella colonna verticale di sinistra
una fotografia, quella considerata più significativa del momento; più sotto si può accedere al
Notiziario Audio Misna, che è possibile ascoltare a cura di Tele Radio Pace nel bollettino di
Radio Mondo84. Questa zona del sito si chiude con la simbolica Carta di Peters (storico
tedesco e cartografo della mondialità), elaborata nel 1973 come critica alla proiezione
eurocentrica di Mercatore del 1596: si tratta di una riproduzione cartografica in cui i paesi del
mondo sono raffigurati mantenendo i rapporti di superficie85. A destra ci sono invece vari
box linkati ad altrettante pagine; il primo box è dedicato al "Premio Giornalistico Dott. Carlo
Urbani", il medico italiano dell’Oms morto a causa della Sars, un virus che da pochi giorni
aveva identificato in un paziente ricoverato in un ospedale vietnamita dove lavorava; il
secondo interessa l'Editrice Missionaria Italiana; poi seguono quelli della FESMI, della
Federazione Stampa Missionaria Italiana, dell'Associazione "Cittadinanza", del "Premio
Saint Vincent di Giornalismo" e tanti altri ancora. La sezione "Service" ricorda che lo staff di
Misna può su commissione produrre materiale esclusivo: foto, reportage e inchieste da
diverse regioni del Sud del mondo.
Nella sezione "Donazioni", l'agenzia Misna fa un quadro dell'associazione ONLUS
"Economia Alternativa", tramite la quale è possibile donare aiuti e offerte alle missioni
sparse nei cinque continenti. Sono in pochi a conoscere la Misna. Fra gli utenti ci sono
83
(Misna), Uganda – Lira: ribelli sconfitti da gruppi di auto-difesa civili, 5/4/04, ore 18:19.
Il notiziario di Radio mondo trasmette notizie dal mondo, raccolti anche da fonte Misna. L’introduzione del
notiziario avviene dopo la citazione di un pensiero del giorno, il quale può essere ad esempio un detto di un
popolo.
85
Interessante il ragionamento fatto nel sito riguardo a Peters, il quale “Propose un planisfero ad aree
equivalenti che restituisce alle superfici della Terra la loro corretta proporzione. La carta geografica fornisce
una sintesi di informazioni. Per questo motivo non può offrire una rappresentazione fedele della realtà ma
opera una selezione di temi finalizzata agli obiettivi che si prefigge. In questa prospettiva, la proiezione di
Peters, ponendo al centro della carta l'Equatore, la linea immaginaria che divide il globo in due parti uguali,
rappresenta un fantastico strumento educativo nella comprensione del rapporto ‘Nord- Sud’. Peters, infatti, è
partito proprio dalla centralità dell'Equatore per distribuire la proiezione dei territori in una prospettiva fedele
non tanto alle forme quanto alle loro effettive superfici: l'Europa e il Nord del mondo, che nella carta di
Mercatore risultavano più grandi rispetto alla realtà, sono qui rappresentati nella loro giusta proporzione.
Questa visione costituisce un primo passo per intaccare la superiorità riconosciuta all'Europa a partire dal
XVI secolo e rappresenta uno sforzo per costruire relazioni di reciprocità e di interdipendenza tra i Paesi e le
culture del mondo”.
84
47
soprattutto giornalisti, gente che fa parte d’associazioni di volontariato, personaggi del
mondo politico che si interessano delle politiche umanitarie e studenti universitari. Il suo
portale è segnalato nei link di quasi tutti i siti bibliotecari, universitari e di centri culturali,
mentre per motivi tecnici non ha ancora raggiunto un buon posizionamento sui motori di
ricerca. La media giornaliera di accessi al sito – secondo i dati riportati da Misna – è stata,
nell’anno 2001-02, di 160.000 lettori. Nell’ottobre del 2001 (l’attentato alle Twin Towers era
vicinissimo nel tempo) gli ingressi furono 2.173.727, mentre precisamente un anno dopo
erano diventati 4.111.400, con un incremento del 95%. Ciò vuol dire che il numero di
visitatori da 81.807 del 2001 ha avuto un incremento del 70% arrivando a 180.000. Chi
accede al portale legge in media sette notizie e proviene in particolare dalle seguenti aree:
- Italia 50036 accessi così suddivisi: Milano (39963),
Roma (6877), e Padova (3196)
- Africa 12193
- Bruxelles 4021
- Luoghi Santi 2790: Tel Aviv (1921), Città del
Vaticano (869)
I dati a prima vista sembrerebbero suggerire una prima considerazione, innanzitutto che
l’Italia è la più assidua frequentatrice della Misna. Ma andiamo per ordine decrescente dal
dato più alto. Gli accessi di Milano con i suoi 39963 visitatori potrebbero essere correlati
all’alta concentrazione di testate giornalistiche presenti nel capoluogo lombardo, redazioni
che andrebbero alla ricerca di materiale d’approfondimento per le proprie pubblicazioni.
Segue la capitale, città che ospita la Santa Sede ed è il fulcro della politica italiana; poi c’è
Padova, sede di moltissime organizzazioni religiose e città dalla forte coesione sociale.86 Il
dato di Tel Aviv infine potrebbe essere correlato al fatto che ad Israele appartengono le
origini della storia religiosa, è il luogo santo dove coesistono le tre tradizioni religiose: quella
degli Ebrei, dei Cristiani e dei Musulmani. Qui i fedeli delle comunità cattoliche e i membri
delle varie Chiese cristiane presenti in Terra Santa lavorano per fondare un dialogo
interreligioso a favore di quella pace e di quella giustizia che i popoli della Terra Santa
purtroppo non possiedono. Uno scopo, infondo, che va di pari passo con quello dell’agenzia
Misna.
86
F. Salviato, Ultima generazione. Verso un 2020 etico e solidale, Emi Coop. Sermis, Bologna, 2004, p. 138.
48
2.3 La voce dell’Africa come priorità
“Mondo senza pace. La lotta al terrorismo islamico si mescola a guerre che non riescono
a finire, anzi, è il caso del Kosovo si riaccendono all’improvviso. Gran parte delle guerre
che affliggono il mondo riguardano Paesi islamici o dove gli islamici sono in lotta:
Afghanistan, Iraq, Kosovo, Filippine, Algeria. Poi c’è il caso ceceno dove la repressione
russa ha superato, nel disinteresse generale da anni, ogni limite di diritti umani ed è stata
foriera di feroci attentati in Russia. Esiste poi il caso dell’Africa: guerre religiose, guerre
tribali, guerre etniche insanguinano un continente così ricco di minerali, petrolio, risorse e
così disperatamente povero nelle sue popolazioni”87. Il breve spaccato sui conflitti in atto nel
mondo è stato descritto dal giornalista Marco Guidi, in un numero del Messaggero uscito nel
marzo 2004. Non è esaustivo, ma certamente è in grado di indirizzarci sul tema che andremo
a trattare. Nell’articolo di Guidi appaiono drammi che sono, o sono stati, sotto gli occhi di
tutti, come ad esempio quello in Medio Oriente, che dal 1948 vede opposte diverse fazioni di
israeliani e palestinesi per la contesa dei territori santi, oppure in Iraq. Anche della situazione
in Afghanistan, ancora non stabile (iscrizioni alle liste elettorali a rilento, signori della guerra
che regnano sul Paese e lo taglieggiano, scarsi fondi per la ricostruzione e la piaga mai risolta
della produzione di oppio), si è avuto modo nel recente passato di approfondire il dibattito,
così come della realtà nel Kosovo. Il giornalista del Messaggero cita anche la dura guerriglia
che è in atto in Cecenia, dove dal XIX secolo che la Russia cerca di conquistare la piccola
Cecenia, un milione di abitanti. Quest’ultimi conducono, rafforzati da estremisti islamici,
una dura opposizione con violenze, massacri, furti e stupri all’ordine del giorno; è ricordata
anche la lotta della minoranza islamica (in contatto con Al Qaeda) contro il governo centrale
delle Filippine, retto da cattolici.
Menzionata inoltre la tragedia dell’Algeria, la più dimenticata fra le guerre civili, iniziata
da quando il Fis, Fronte islamico di salvezza, vinse le elezioni e i militari le annullarono
facendo cadere il Paese del Maghreb in una condizione disperante, fatta di stragi di civili
commesse dagli integralisti islamici ma anche da corpi speciali dei servizi segreti. Poco meno
di mezzo milione di algerini sono stati massacrati in questa guerra non dichiarata, che vive
periodi di intensità alternata. Esiste poi una seria divisione tra arabi e berberi, le due etnie del
paese. I berberi rimproverano al governo discriminazioni varie che non sono più disposti a
tollerare. Malgrado il petrolio e il gas naturale l’economia algerina è a pezzi. Infine Guidi
87
M. Guidi, Europa, Asia, Africa: guerre note e dimenticate, Il Messaggero, domenica 21 marzo 2004, p. 8.
49
parla del continente africano: “Con le sue guerre religiose, guerre etniche, guerre di puro e
semplice saccheggio, massacri si susseguono nel totale disinteresse dell’opinione pubblica.
Si va dal Sudan88, dove una guerriglia pluridecennale tra nord islamico e sud cristianoanimista pare essere prossima a un accordo, alla Liberia, al Congo. (…) E insieme alla
guerra corrono malattie terribili come l’Aids (una piaga diffusissima) e Ebola, in più esiste il
fondato sospetto di un traffico di organi prelevati da ragazzi e giovani africani che vengono
poi sacrificati. Anche qui le risorse che pure esistono vengono saccheggiate e dissipate da
governi incapaci quando non corrotti, da multinazionali, da vere e proprie organizzazioni
criminali89. Per tutti questi Paesi dietro le motivazioni ideologiche, separatiste o religiose c’è
quasi sempre la lotta per il controllo di una risorsa economica, sia essa i diamanti
dell’Angola, la coca della Colombia o il petrolio del Sudan. Vediamo in dettaglio (figura 8)
un quadro dei conflitti in corso nel mondo.
Figura 7 In dieci anni otto milioni di bambini uccisi o feriti in 36 conflitti
88
I sudanesi del Darfur sono fuggiti dal loro Paese per trovare rifugio nel confinante Ciad. I loro villaggi sono
stati distrutti dalle incursione delle milizie arabe Janjaweed, spalleggiate dall’esercito governativo di Khartoum,
che ha accompagnato le incursioni con bombardamenti aerei. Dal febbraio 2003 due gruppi di ribelli si sono
sollevati a difesa della popolazione: il Movimento di liberazione del Sudan (Mls) e il Movimento per la
giustizia e l’uguaglianza (Mje), che tuttavia non hanno potuto impedire l’uccisione di migliaia di uomini, donne
e bambini (dai 10 ai 30 mila, secondo cifre approssimative), e la fuga di quasi un milione di persone. Di queste,
circa 150 mila hanno attraversato la frontiera con il Ciad dove vivono in condizioni di estrema precarietà. Partiti
con un fagotto sulla testa e qualche animale, hanno percorso lunghi giorni di marcia a piedi o sul dorso di un
asino, ammassandosi dapprima alla frontiera, per poi essere trasferiti nei campi di transito creati dall’Alto
Commissariato per i rifugiati dell’Onu (Acnur) poco al di là del confine: l’unico modo per evitare di
abbandonarli alla mercé dei Janjaweed, che tuttavia non risparmiano incursioni anche in territorio ciadiano alla
ricerca di ribelli o di loro eventuali complici. Solo nel gennaio 2004, il primo campo “definitivo” è stato creato
nei pressi di Farchana, seguito da quelli di Touloum, Konoungo, Goz Amer, Iridimi, e più recentemente da
quelli di Milé, Bredjing e Amnabak, disseminati tra i dipartimenti dell’Ouaddaï e del Biltine. Sino al 15 giugno,
erano circa 98 mila i rifugiati presenti nei campi, mentre molti altri si sono installati in zone inospitali nei pressi
della frontiera in attesa di essere trasferiti. A Bahaï, sono più di 15 mila quelli che cercano di sopravvivere in
alloggi di fortuna, costruiti con sterpaglie e pezzi di tela per proteggersi dal sole e dalle tempeste di sabbia.
89
M. Guidi, Europa, Asia, Africa: guerre note e dimenticate, Il Messaggero, domenica 21 marzo 2004, p. 8.
50
In Angola diecimila morti, in Sierra Leone seimila, nello Sri Lanka cinquemila, nella
Guinea Bissau mille solo nel 1998. Ventiquattro le guerre nel 2001, oggi – secondo il sito di
www.warnes.it/ - se ne contano all’incirca 36, alcune fonti parlano di cifre superiori a
cinquanta che comprendono anche focolai locali. Allora perché l’agenzia Misna ha deciso di
dare priorità all’Africa? La risposta è evidente come mostra la carta dei conflitti riportata
sopra: il continente africano con sedici guerre in corso è quello più infiammato del mondo.
Oltre in Angola, Algeria e in Sierra Leone si spara anche in Uganda, in Burundi, in Costa
d’Avorio, in Sudan, in Somalia, in Eritrea, in Etiopia, in Senegal, nella Repubblica
democratica del Congo, nel Congo Belga, in Ruanda, in Liberia e in Nigeria. Nel resto del
mondo si combatte poi in Cecenia, in Indonesia, nelle Filippine, in Nepal, in India, in
Kashmir, nello Sri Lanka.
Le guerre elencate durano tutte da anni e hanno provocato milioni di morti, profughi,
mutilati, orfani e vedove. La maggior parte dei massacri riguarda i civili, che si battono per il
controllo del governo e porzioni di territorio. Si tratta di battaglie che vanno in scena nelle
periferie più povere della Terra, laddove l’informazione del villaggio globale dovrebbe
proiettare il suo sguardo e raccontare la miseria di milioni di persone sofferenti. Purtroppo,
come vedremo più avanti, non sempre è così. In base ai dati dell’Onu il 90% delle vittime
sono civili, e circa venti milioni di persone sono in fuga dai luoghi dove si combatte. Fra la
gente che scappa più di 8 milioni si trova in Asia, mentre l’Europa e l’Africa contano 4
milioni di profughi. Dal 1994 ad oggi otto milioni di bambini sono stati uccisi e feriti, due
milioni le vittime mentre sei quelli rimasti mutilati. Tra i sopravvissuti si registrano 1 milione
di orfani e 10 milioni di minori con disturbi psichici. Sebbene esista un trattato dell’Onu che
vieta l’utilizzo dei minorenni nei conflitti, oggi, circa 300 mila “bambini soldato” vengono
impegnati in guerra. Dove vivono queste persone ci sono nascoste sotto terra 110 milioni di
mine ed altri 100 milioni vengono conservati negli arsenali. In trent’anni un milione di
uomini e donne hanno perso la vita per l’esplosione delle mine, 300 mila erano bambini.
Stiamo parlando di quelle che generalmente sono chiamate “guerre dimenticate”,
“conflitti striscianti” o, in termini tecnici, “a bassa intensità”, anche se provocano milioni di
morti. A tutto ciò dobbiamo aggiungere un dato importante, 842 milioni di affamati nel
mondo. Il rapporto sullo stato alimentare 2003 è chiaro: rispetto all’anno precedente il dato
delle persone che non hanno abbastanza cibo è salito di ben 27 milioni, un fenomeno
51
allarmante – lanciato dalla Fao a Berlino, Madrid e Waschington nel novembre del 2003 –,
perché in costante crescita e difficilmente arginabile90.
Lo ripetiamo sono 842 milioni coloro che in tutto il pianeta soffrono di
sottoalimentazione. Di essi, 798 milioni vivono nei paesi in via di sviluppo, 34 milioni nei
paesi mediamente sviluppati e 10 milioni nel mondo industrializzato. Il numero di coloro che
non mangiano abbastanza è aumentato nei paesi dell'Africa centrale e occidentale soprattutto
a causa dei conflitti armati. Accanto ad essi - secondo la Fao - altri importanti fattori negativi
sono la siccità della pioggia e la diffusione delle malattie, fra tutte l'Aids. Da un rapporto del
2003 della Caritas Italiana si apprendono alcuni motivi per i quali la maggior parte dei
conflitti che sono in corso nel mondo vengono classificati come “dimenticati”:
a)
Posizione geografica del Paese in condizioni di conflitto e sua
durata: i mass media tendono a perdere interesse di un conflitto più si
protrae nel tempo ed è distante territorialmente.
b)
Severità del conflitto. Numero di vittime, uso di armi inumane e
trattamento dei civili. Bisogna comunque sottolineare che l’intensità del
conflitto (numero morti) da solo non spiega la maggiore o minore
attenzione di cui può godere. Tre milioni sono le vittime nella
Repubblica Democratica del Congo dal 1998 al 2002, causate da guerra,
fame e malattie, ma l’unica occasione in cui l’Africa ha avuto
recentemente uno spazio importante sui media è stato il caso Safia,
giovane nigeriana condannata alla lapidazione, perché entrava in
contraddizione con i valori di emancipazione delle donne.
c)
Presenza di legami culturali o storici. Più vi è un legame forte fra
un Paese (ad esempio occidentale) e quello in conflitto, vuoi per ragioni
90
S. F., Allarme Fao: 842 milioni di affamati nel mondo. Il rapporto 2003 sullo «Stato dell'insicurezza
alimentare». Sono 27 milioni in più rispetto allo scorso anno. Un fenomeno in continua crescita e che è sempre
più difficile arginare, Corriere della Sera, 25 novembre 2003, primo piano. “Così, mentre nella prima metà
degli anni Novanta il numero dei sottoalimentati era diminuito di 37 milioni unità, alla fine del millennio è
aumentato di 18 milioni. Non mancano le eccezioni come l'America Latina e i Caraibi dove si è riusciti a
ridurre il numero delle vittime della malnutrizione. Sono in totale 19 i paesi che hanno diminuito il numero dei
sottoalimentati nei primi anni Novanta. Tra di loro la Cina. Ma sono, appunto, eccezioni. Di questo passo rileva il rapporto delle Nazioni Unite - si allontana sempre di più l'obiettivo di diminuire del 50% il numero di
persone che soffrono la fame entro il 2015, come era stato stabilito dal summit mondiale dell'Alimentazione”.
52
storiche, vuoi per la presenza di connazionali nella zona, più i media
dedicano a quell’evento attenzione.
d)
Rapporti economici. Quando esiste una forte presenza finanziaria
e commerciale tra un Paese e quello in conflitto, vi è anche un’accesa
partecipazione da parte dell’opinione pubblica.
e)
Interevento militare internazionale (Onu, Nato, Unione Europea).
Prendiamo come esempio l’intervento della Nato nell’ex Jugoslavia:
l’Italia facendo parte della Nato ha dato risalto al conflitto dei balcani.
Per queste ragioni la Misna ha scelto di dar voce agli ultimi della Terra, soprattutto
all’Africa, nonostante nel continente nero vi siano diversi giornalisti autoctoni di grande
valore, che però hanno subito vessazioni di ogni tipo per l’ideale della libertà di stampa. Dare
risalto ai massacri, alle vessazioni contro i civili rientra in un piano editoriale che esige
un’attenzione particolare verso realtà trascurate dai media tradizionali. I missionari e laici
che credono nella Misna non sono al soldo di nessuno, né dei capi politici locali, né delle
multinazionali, né dei gruppi di interesse mediatici. Molti conflitti degli anni Novanta sono
stati invisibili, come quello in Algeria, Ruanda e in Sierra Leone perché inaccessibili ai
reporter, così come ora sono in pochissimi quelli che seguono le vicende dell’Africa e molti
di loro si affidano a racconti indiretti di quanto accade sui territori.
Questi particolari corrispondenti dell’agenzia Misna conoscono profondamente la realtà
che descrivono, dando modo a chi apprende i loro dispacci di fornire una versione dei fatti, la
propria verità, a volte completamente diversa rispetto a quella delle grandi fonti
internazionali che abbiamo citato nel primo paragrafo (Ap, Reuters e France Press).
Interessante a questo punto citare un aneddoto di Eugenio Scalfari riguardo alla verità
giornalistica: "Mi trovavo ad un dibattito nell'aula magna dell'Università di Napoli; c'erano
molti studenti di destra e mi piovvero domande sul fatto che io fossi fazioso e non rispettassi
la natura del mio mestiere. Per spiegare la mia posizione ho preferito fare un esempio. In
prima fila c'era una ragazza e io la pregai di guardarmi in modo frontale. Io la guardai a mia
volta e poi dissi al giovane che le stava di fianco di guardarla e di dirmi quale fosse la linea
del naso della ragazza. Lui disse che era aquilino mentre io dissi che vedevo un naso
perfettamente greco, perché io la guardavo di faccia e lui di profilo. Ecco perché non c'è la
verità”.
53
Fatti come guerre, genocidi e massacri nel Sud del mondo sono raccontati dalla Misna con
lo sguardo di chi li osserva con i propri occhi e li vive sulla propria pelle giorno dopo giorno.
Non c’è soltanto la cronaca nera fra i servizi dell’agenzia missionaria. Per concludere questo
discorso vogliamo ricordare un evento culturale molto singolare in Africa: il Festival
biennale del cinema di Fespaco, che si tiene a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso (ex
colonia francese chiamata “Alto Volta”, diventata indipendente nel 1964, e dove oggi
convivono sessanta etnie differenti). Nel 2003 si è svolta la 18ma edizione del Festival
cinematografico di Fespaco, ed erano in rassegna circa un centinaio di pellicole. In concorso
nella sezione Tv & video le proiezioni erano oltre 400 ed hanno avuto un seguito di pubblico
pari a circa 400.000 mila spettatori a settimana. Questo Festival del cinema africano si tiene
ogni due anni ed è una vetrina unica nel suo genere, sulle nuove tendenze della cultura del
continente nero.
Figura 8 La locandina del film “Health Q”
Nel festival di Fespago i temi trattati sono spesso problemi sociali dell’Africa come:
l'educazione, l'infanzia, l’economia, la politica. Attraverso questi problemi si cerca di
sensibilizzare la gente, e i registi hanno capito che il cinema è uno strumento ideale per
raggiungere questo scopo. Nell’edizione 2003 il tema predominante è stato “donne e
immigrazione” ed il monito lanciato era "O l'Africa sarà culturale o non sarà", mentre due
anni prima il concetto principale della manifestazione era il “cinema moderno, più efficiente
e meno costoso, più aperto a tutti”91. Si è affrontato il tema dell'aids, trattato sia nei film che
nei cortometraggi, e quello delle donne e dei bambini: il divorzio, la separazione sono alcune
delle difficoltà di essere una donna indipendente in Africa. Nei film si parla spesso della
91
Dal 1985 il Festival fissa per ogni edizione un tema preciso, ad esempio in alcune è stato “Cinema,
televisione, infanzia e gioventù”, “Cinema e letteratura” oppure “Cinema e liberazione dei popoli”. Questo
non vuol dire che i registi debbano per forza realizzare film su questi temi, semplicemente si induce i cineasti a
riflettere sui rapporti che il cinema può avere con questo o quell'argomento.
54
solitudine delle donne, che quando sono costrette alle violenze dei mariti non trovano nessun
aiuto da parte degli abitanti del loro villaggio di origine.
Problemi specifici delle donne come il divorzio (la separazione è un modo per sottolineare
la difficoltà di essere una donna indipendente in Africa), sono affrontati dalle stesse donne:
esiste una commedia della regista keniana Wanjiru Kinyanjui che denuncia le difficoltà della
donna sola, presa nella morsa tra il desiderio degli uomini e gli insulti delle donne. Un’altra
regista Anne-Laure Folly, in un film intitolato Les Oubliées, racconta invece le devastazioni
della guerra civile angolana. “Per quanto dolorosa sia la realtà che descrive, la regista – si
legge nel commento del film – riesce tuttavia a introdurre attimi di pausa, mostrando come si
solidarizza per affrontare la mancanza di acqua e luce, o come le donne si organizzano per
collegarsi con l'antenna parabolica di un vicino. Viene mostrata un'Africa senza eroi, nella
sua quotidianità, con le sue speranze e le sue sconfitte”. In Burkina anche un bambino
piccolo sa che cos'è il festival cinematografico di Fespaco e molti di loro sognano di
diventare cineasti. Per questo motivo il Fespaco da qualche anno ha messo a punto un
concorso cui partecipano i ragazzi delle scuole, che presentano loro sceneggiature a una
giuria rappresentata sempre da ragazzi.
55
Capitolo 3
Il Sud del mondo nei lanci Misna
3.1 Un’altra informazione
La notizia più cliccata dell’agenzia Misna, e nello stesso tempo anche la più drammatica,
è stata quella del massacro di Makobola II nell’ex Zaire, rilanciata nel gennaio del 1999.
Parlava di un orrendo massacro avvenuto nella Repubblica Democratica del Congo in cui ci
furono 500 morti nella regione congolese del Sud Kivu. Fonti della Misna riferivano che la
carneficina si era consumata tra il 30 dicembre e il 1° gennaio nel centro di Makobola II, una
zona a circa 15 chilometri a sud della città di Uvira. In quei giorni si poteva leggere sul
lancio: “L’efferato crimine è stato compiuto dai ribelli della Coalizione democratica
congolese (Rcd). La carneficina – avvenuta a Bangwe, Katuta e Kashekezi, tre zone che
compongono il centro di Makobola II – sarebbe stata una rappresaglia provocata da una
precedente incursione dei Maymay, una formazione composta di partigiani nazionalisti
congolesi, in cui erano rimasti uccisi alcuni soldati dello schieramento a matrice tutsi. Il
responsabile del massacro di Makobola II sarebbe il comandante d’origine rwandese
conosciuto a Uvira col soprannome di “Shetani” (in italiano: demonio). Le stesse fonti
precisano che tra le vittime molte sono le donne e i bambini”.
Il missionario della Misna che diede la notizia del massacro di Makobola si chiamava
padre Joakali, un sacerdote congolese ucciso dai ribelli della coalizione democratica
congolese insieme ad un gruppo di rwandesi. La sua colpa per gli assassini fu quella di aver
dato la notizia di Makobola II. L’agenzia missionaria per ben due giorni fu letteralmente
bombardata dalle testate giornalistiche di tutto il mondo per seguire gli sviluppi del massacro
a Makobola II ma, appena trascorsi alcuni giorni, non fu trasmessa più alcuna una riga sui
raccapriccianti particolari (“le vittime erano state legate mani e piedi dietro la schiena, fino a
che non formavano un arco ben teso per poi morire di asfissia”). Di queste tragiche notizie
sulla Misna si ha notizia praticamente tutti i giorni. Un caso analogo a quello di Makobola II
è accaduto in Uganda nel febbraio 2004: il massacro nel campo profughi di Barlonyo92 (vedi
92
La crisi ugandese si apre nel 1986, con la nascita del gruppo dei ribelli del sedicente Esercito di resistenza del
signore Lra (Lord’s resistence army), guidati dal leader Joseph Kony, che comincia a seminare il terrore nei
56
indagine sui quotidiani). In quel periodo 340 vittime passarono quasi inosservate ai media
italiani, soprattutto quelli televisivi, nonostante l’elevato bilancio di persone uccise.
Secondo il direttore del quotidiano cattolico “Avvenire”, Dino Boffo, si è trattato di “Una
strage che non fa notizia, una ferita destinata però a restare senza adeguata «copertura
mediatica» perché relegata a un dimenticato angolo di mondo, a un teatro del tutto
secondario della crisi contemporanea: quella fascia dell’Africa Centrale che pur essendo
(…) il vero «cuore di tenebra» del nostro tempo, continua a non fare notizia, salvo per quei
media che hanno fatto scelte culturali diverse, programmaticamente attente alle zone
d’ombra, al grido dei miserabili di questo pianeta, nella consapevolezza che anche se non ci
interessano, questi problemi ci riguardano.”93 Dopo l’incubo nel campo profughi in Uganda
vi sono stati un susseguirsi di drammi, come quello che ha coinvolto migliaia di profughi
nella regione del Darfur in Sudan, e che hanno spinto la Chiesa ad alzare la voce
sensibilizzando l’opinione pubblica sul problema. Accorati in più occasioni gli appelli del
Santo Padre sulla situazione in Africa94.
I mass media non hanno ignorato completamente questi fatti: il 28/03/04 è andato in onda
uno speciale sull’Uganda nel programma “Tv7” (tema ripreso anche il 7 maggio), mentre il
31/03 un servizio sui campi profughi ugandesi di Tiziana Ferrario veniva trasmesso sia dal
“Tg1” che dal “Tg2”. Anche il programma serale di Bruno Vespa “Porta a Porta” in quei
giorni trattava l’argomento, così come la trasmissione “UnoMattina”. Il 10 maggio è il
programma di Antonio Socci “Excalibur” a descrivere la situazione drammatica in Sudan
(una settimana dopo il tema della trasmissione era “Le torture, la violenza, le guerre); il
29/06/04 ancora la giornalista Rai Tiziana Ferrario racconta al “Tg1” la tragedie del Sudan,
distretti settentrionali ugandesi. In 17 anni i ribelli hanno ucciso e torturato decine di migliaia di persone
(almeno 100 mila morti), rapito più di 25 mila bambini (riducendoli in schiavitù o arruolandoli a forza fra le file
della guerriglia) e provocato oltre 1 milione di sfollati. Intanto secondo il rapporto sui diritti umani in Uganda
diffuso il 27 febbraio 2004 dal Dipartimento di Stato americano sono "Approssimativamente tremila le persone
uccise dai ribelli dello Lra nel corso del 2003". La stima, una delle poche indipendenti in circolazione, è stata
giudicata eccessiva dal portavoce dell'esercito ugandese, maggior Shaban Bantariza.
93
D. Boffo, Uganda, una strage che non fa notizia, Avvenire, 23/06/04, p. 29, il direttore risponde.
94
L’appello di Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo prima della recita dell'Angelus, domenica 25/07/04: “La
comunità mondiale si impegni per porre fine al dramma del Darfur e dell'Uganda. (…) Il mio pensiero va
spesso alle drammatiche condizioni in cui versano diverse regioni del mondo, (…) ai tragici eventi dell'amato
continente africano. Innanzitutto il Nord dell'Uganda, che da più di diciotto anni è sconvolto da un disumano
conflitto, che coinvolge milioni di persone, soprattutto bambini, che, presi nella morsa della paura e privati di
ogni futuro, si sentono costretti a “fare i soldati”. Mi rivolgo alla Comunità internazionale e ai responsabili
politici nazionali perché si ponga fine a questo ormai tragico conflitto e si offra una reale prospettiva di pace
all'intera nazione ugandese. Altrettanto preoccupante è la situazione in cui si trovano le care popolazioni del
Darfur. La guerra, intensificatasi nel corso di questi mesi, porta con sé sempre più povertà, disperazione e
morte. Un ventennio di duri scontri ha prodotto in Sudan un numero ingente di morti, di sfollati e di rifugiati.
Come restare indifferenti? Rivolgo un accorato appello ai responsabili politici e alle organizzazioni
internazionali, perché non dimentichino questi altri nostri fratelli duramente provati”.
57
mentre il 13 luglio è il turno dell’inviata Isabella Schiavone che dà notizie sulla situazione in
Uganda al “Tg2”. Altro giornalista Rai, Fabio Chiucchioni, un mese dopo prepara sempre per
il “Tg2” un servizio sul Sudan; Flavio Fusi del “Tg3” (delle ore 19) a luglio commenta un
servizio sul Sudan (trasmettendo immagini di repertorio) dopo un ammonimento sulla
catastrofe delle Nazioni Unite.
Il programma cattolico domenicale “A sua Immagine”, trasmesso sul canale pubblico
Raiuno prima dell’Angelus del Papa, ha invece più volte discusso l’argomento Africa. Si
deve sottolineare, che le testate a stampo religioso sono quelle che danno maggiore copertura
all’informazione dei Senza Voce: ritorna qui una delle caratteristiche del giornalismo
affrontate nel primo capitolo (paragrafo 1.1), ovvero, l’importanza di essere presenti sullo
scenario dei fatti. Per questo le notizie provenienti dall’Africa trovano spazio nell’agenzia
Misna, perché ci sono migliaia di missionari presenti sui luoghi, anche quelli di battaglia.
Molti giornalisti e missionari ogni anno mettono a rischio la propria vita e spesso la
sacrificano per raccontare quanto accade sui territori di guerra95. Il 3 maggio 2004 si è svolta
la “Giornata mondiale della libertà di stampa” e, secondo l’ultimo rapporto di Reporter senza
frontiere, più di 130 giornalisti sono tenuti in carcere mentre 42 sono stati uccisi nel corso del
2003: un numero mai così elevato dal 1995.
Ci sono paesi in cui la libertà di stampa non esiste affatto e le zone più interessate in
questo fenomeno sono l’Asia e il Medio Oriente. Solo in Algeria negli ultimi dieci anni sono
stati assassinati più di settanta giornalisti, senza contare una serie immotivata di arresti come
quello del direttore del quotidiano algerino Le Matin, Mohamed Benchicou, che è stato
condannato il 14 giugno scorso a due anni di carcere e ad una multa pari a 200 mila euro.
Motivo ufficiale: "trasferimento" illegale di capitale e infrazione della legge riguardante il
mercato dei cambi"96. In molte parti97 del mondo, oggi, essa è minacciata da interessi politici,
95
Fra i tanti giornalisti che hanno perso la vita ricordiamo alcuni italiani: Raffaele Ciriello, fotografo del
Corsera e accreditato per il Corriere della Sera, morto a Ramallah, Ilaria Alpi, Daniel Pearl e Maria Grazia
Cutuli uccisi in Pakistan, e per ultimo Enzo Baldoni in Iraq. Ilaria Alpi – si legge sul logo del premio
giornalistico televisivo a lei dedicato - ha svolto la sua professione di giornalista con impegno e senso etico non
comuni. Quel giornalismo, oggi è un punto di riferimento che va indicato, promosso, valorizzato. Il Premio
Giornalistico Televisivo intitolato a suo nome, pertanto, nasce per riconoscere e accreditare l'impegno per
l'inchiesta televisiva sui temi della pace. Per arrivare a capire, di più e meglio, la complessità degli eventi e dei
mondi che ci circondano. Per sostenere la necessità di una informazione intelligente, capace di guardare in
profondità e riflettere sugli eventi, anziché sull'audience. Per cercare, infine, di svelare e raccontare sempre,
ogni possibile verità.
96
Dal sito http://www.articolo21.com/. Secondo alcuni intellettuali i veri motivi dell’arresto sono: "Arrestato in
piena udienza in tribunale e posto sotto mandato di detenzione immediata, Mohamed Benchicou paga in realtà
sia il tono vigoroso del suo giornale sia il contenuto irriverente del suo libro 'Bouteflika: un'impostura
algerina'", si legge in una petizione che chiede a viva voce il rilascio del direttore del quotidiano e di un altro
giornalista, Hafnaoui Ghoul”.
58
economici, finanziari, militari, religiosi e anche criminali. I giornalisti sono soggetti
all’intimidazione, alla violenza, all’esilio, alla prigione e, addirittura all’esecuzione di morte
quando il loro lavoro intralcia tali interessi. In base alle riflessioni raccolte in vari siti web
sulla “Giornata”, “La libertà di stampa è uno dei principi fondamentali della democrazia ed
oggi più che mai, è riconosciuto come requisito indispensabile per il progresso economico,
politico, sociale e culturale e per la stabilità di una nazione, nonché quale potente alleato
nella lotta globale contro povertà, malattia, corruzione, ignoranza e analfabetismo, flagelli
che riguardano tutto il mondo, sia le nazioni più industrializzate e sia i paesi più poveri”.
3.2 I lanci Misna nei quotidiani italiani
Partendo dall’ipotesi guida che la maggior parte dei media italiani non tratta argomenti
riguardanti il Sud del mondo, abbiamo condotto una semplice indagine esplorativa per
vedere cosa accade in alcuni quotidiani98 nazionali. La scelta è ricaduta sui quotidiani perché
considerati il veicolo più adatto rispetto alla televisione ad “(…) indicare efficacemente la
diversa rilevanza dei problemi presentati. L’informazione stampata fornisce ai lettori
un’indicazione forte, costante e visibile di salienza, mentre normalmente quella televisiva
tende ad appiattire il rilievo e il significato di quanto è trasmesso”99. Uno dei primi passi
all’inizio è stato definire e circoscrivere gli eventi che avrebbero costituito l’oggetto. Sono
stati presi in considerazione due tipi di avvenimenti: quattro “naturali”, come catastrofi
ecologiche (ad esempio alluvioni, terremoti e cicloni); e sei “umanitari”, che riguardano
invece crisi internazionali o guerre civili (emergenze profughi, scontri tra fazioni religiose o
etniche).
Il secondo passo dell’indagine riguarda la scelta dei lanci Misna: fra circa ottocento
notizie raccolte tra novembre 2003 e giugno 2004 è stato selezionato un campione di dieci,
considerate di alto rilievo sociale. Si è proceduto ad una selezione delle notizie che hanno
interessato in successione cronologica otto paesi diversi: Uganda, Sudan, Nepal, Bangladesh,
Madagascar, Namibia, Nigeria e Brasile. Per la gravità delle crisi che hanno colpito nei mesi
97
Secondo il rapporto annuale 2003 sulla libertà di stampa stilato da Freedom house, una Ong statunitense, sono
Birmania, Cuba, Corea del Nord, Libia e Turkmenistan le ‘maglie nere’ mondiali assolute in materia di libertà
di stampa: “paesi in cui i media indipendenti non esistono, oppure sono a mala pena in grado di operare,
magari ridotti a portavoce del regime al potere”.
98
Si noterà che fra le dieci testate non c’è Avvenire. La scelta deriva dal fatto che il quotidiano è l’unico a
raccogliere tutti i dispacci Misna: i dati sono riportati nel paragrafo successivo.
99
M. McClure, T. Patterson, “Print vs. network news”, Journal of communications, vol. 26, n.2, in M. Wolf,
1985, p. 147.
59
d’indagine paesi come l’Uganda e il Sudan si è ritenuto opportuno riprendere due volte gli
argomenti anche se distinti nei contenuti e ovviamente nelle date. Si cercato inoltre di
inserire nel campione, oltre alle notizie rilanciate soltanto dall’agenzia Misna, anche quelle
che potevano comprendere all’interno voci di organizzazioni internazionali, come ad
esempio appelli dell’Onu (ideale “luogo” di incontro tra Nord e Sud del mondo) o comunicati
di organizzazioni umanitarie, per far sì che l’interesse da parte dei media potesse avere una
maggiore valenza. I quotidiani che hanno costituito l’universo della ricerca sono stati dieci:
Corriere della sera
la Repubblica
Il Giornale
l’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il Manifesto
Una volta trascritto integralmente il testo originale del lancio siamo partiti dalla data, più
precisamente si è tenuto conto del momento in cui un fatto è accaduto; poi si è provveduto ad
esaminare per ogni testata sette copie successive all’evento. In tutto sono state osservate
settecento copie (settanta per ogni quotidiano) e, una volta individuate le notizie pubblicate,
si è provveduto a catalogarle ognuna in una tabella. Prendendo i titoli originali degli articoli,
i “sopratitoli” e i “sommari” (quelle frasi che integrano in una o più righe le informazioni del
titolo), li abbiamo inseriti nelle rispettive celle di colonna: Prima pagina, Primo piano100,
Esteri, Reportage, Commenti, Brevi, Posta e Foto. Poi abbiamo calcolato la dimensione dei
titoli, fino a un massimo di sei colonne (1 col, 2 col e così via). Infine si è dato risalto al
posizionamento delle notizie nelle pagine dei quotidiani, inserendo (tra la colonna e la data di
pubblicazione) la struttura classica di impaginazione dei quotidiani: SP, “di spalla” (in alto a
100
Intendo per “Primo piano” tutti quei fatti, sia di cronaca interna che estera, trattati con approfondimenti nelle
pagine iniziali del giornale (dalla 2 alla 4 o più). Il Giornale chiama ad esempio primo piano col nome “Il
Fatto”, mentre altre testate preferiscono mettere “oggi”. Si tratta di notizie che si trovano spesso anche in prima
pagina e poi vengono approfondite all’interno.
60
destra); AP, in apertura (in alto a sinistra); taglio alto (TA), taglio medio (TM) e taglio basso
(TB). Nel caso di una notizia pubblicata in più giorni sono state distinte le date e i titoli.
Si è proceduto ad una consultazione101 cartacea delle copie dei quotidiani, giacché quella
elettronica (attraverso Internet) non permetteva il grado di conoscenza strutturale
(l’impaginazione e il posizionamento delle notizie) richiesto dall’indagine. Inoltre alcune
testate, come abbiamo visto nel paragrafo dedicato ai quotidiani telematici, non permettono
la consultazione delle banche dati senza aver prima sottoscritto un abbonamento. Nel
presentare i risultatati dell’indagine, provocatoriamente sono riportate anche tutte quelle
notizie che non hanno avuto l’onore di essere pubblicate, per rimarcare le tantissime assenze,
nei quotidiani italiani, che riguardano gli accadimenti del Sud del mondo. Dai fatti che sono
stati invece trattati, abbiamo individuato le fonti, argomento centrale del nostro lavoro, in
modo tale da poter verificare il ruolo dell’agenzia Misna e la loro provenienza.
L’attenzione si è concentrata poi sul contenuto dei titoli, per individuare l’esistenza di
nessi tra i fatti e l’agenda dei media. L’obiettivo di questa tesi infatti, oltre ad essere quello di
documentare il flusso di notizie provenienti dal Sud del mondo, è stato soprattutto quello di
richiamare l’attenzione sull’occultamento dell’informazione: una tipologia della distorsione
delle notizie che si attua con la “codifica selettiva”. La codifica selettiva non si realizza
semplicemente nei singoli testi o messaggi (sul contenuto), ma può svilupparsi lungo tutto il
processo di produzione dell’informazione. Tale processo si presenta, infatti, come una
selezione a tre diversi livelli: (…) “Un primo si determina la selezione dei temi e dei soggetti
sociali che possono entrare nel circuito informativo; un secondo livello è costituito dalle
scelte di gerarchia (definizione dell’agenda setting); al terzo livello operano scelte di
tematizzazione (ulteriore selezione sui grandi temi cui concentrare l’attenzione pubblica e
mobilitarla verso decisioni)102.
Nell’ultima parte della ricerca sono stati presi in considerazione alcuni aspetti specifici dei
temi pubblicati, in modo da rilevare elementi di notiziabilità. Come vedremo questi elementi
si trovano in due sole notizie e si rifanno al tema della violenza. Il tema è stato differenziato
in quattro categorie: sociale, politico, terroristico e religioso.
101
La consultazione delle copie cartacee è stata svolta attraverso l’utilizzo di archivi contenuti in microfilmati e
in cd-rom.
102
F. Rositi, I modi dell’argomentazione e l’opinione pubblica, Eri-Rai, Torino, 1982.
61
Risultati:
Tabella 1. Uganda - Distretto di lira: attacchi dei ribelli, oltre 60 vittime, 8/11/2003, ore
10:19. Oltre 60 persone sono state uccise nel corso di un’impressionante catena di attacchi
dei ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra) nel distretto di Lira, nel nord
Uganda. Lo riferiscono oggi fonti della MISNA. Tra le 8:00 e le 11:00 di ieri mattina, i
miliziani hanno assaltato i villaggi di Awayopiny e Alanyi (sub-contea di Abako), a circa 35
chilometri da Lira, uccidendo oltre trenta civili. Molte persone sono state picchiate e costrette
ad assistere alla decapitazione di alcuni cadaveri delle vittime. La stessa scena si è ripetuta
anche nel villaggio di Omarari, sempre nel distretto di Lira (55 chilometri a est del
capoluogo), dove i ribelli hanno ammazzato 20 persone e ne hanno rapite un numero
imprecisato. Poco dopo gli ‘olum’ – così vengono chiamati i miliziani dell’Lra in lingua
locale – hanno fatto incursione nella scuola primaria di Omoro Nord (50 chilometri a est di
Lira), uccidendo 9 o più civili. La notte scorsa, infine, i ribelli hanno preso di mira Adwoki
Trading Center (un piccolo centro commerciale), ma per il momento non si conoscono i
dettagli di quest’ultima azione armata. Contattato dalla MISNA, il portavoce dell’esercito a
Lira, tenente Chris Magesi, ha detto che il leader dell’Lra Joseph Kony avrebbe dato ordine
di colpire indiscriminatamente la popolazione Lango (che vive appunto nel distretto di Lira)
per vendicare l’uccisione di Charles Tabuley, il ‘numero tre’ dei ribelli colpito a morte nei
giorni scorsi nel corso di uno scontro a fuoco con i soldati governativi. Fonti della MISNA
segnalano inoltre che centinaia di persone sono fuggite verso Lira in preda al terrore, mentre
la situazione umanitaria nella principale città del distretto nordugandese continua a
peggiorare.
Quotidiani
Prima
1°
piano
Esteri
Report
Comm
Brevi
Posta
Foto
Titolo
Corriere
della sera
la
Repubblica
Il Giornale
L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dall’8 al 14/11/04.
62
Tabella 2. Nepal - Decine di vittime negli ultimi scontri, 3/12/2003, ore 19:27. Almeno 36
persone, tra cui 6 poliziotti, sono rimaste uccise in Nepal negli scontri tra ribelli ed esercito
governativo avvenuti durante le ultime 24 ore. Sibendra Purush Dhakal, amministratore del
distretto di Kailali (circa 600 chilometri a ovest di Kathmandu), ha detto all’agenzia
‘Reuters’ che i guerriglieri maoisti – in lotta da anni per rovesciare la monarchia nepalese –
hanno teso un’imboscata contro una pattuglia. Secondo fonti militari, ne è scaturita una
violenta battaglia, durante la quale sono stati colpiti a morte sei agenti e feriti altri undici. La
radio di Stato ha riferito che al termine dei combattimenti sono stati rinvenuti i cadaveri di 14
ribelli. Un comunicato del ministero della difesa riferisce invece che altri 16 combattenti
sono stati uccisi in scontri a fuoco avvenuti in diverse zone del Paese himalayano. Secondo
altre fonti di stampa locali, le vittime sarebbero in tutto una cinquantina. Gli scontri di queste
ore sono tra i più violenti da quando, alla fine di agosto, i guerriglieri maoisti hanno
abbandonato il tavolo dei negoziati, non essendo stata accolta la loro richiesta sulla nuova
costituzione. La ‘rivoluzione del popolo’, avviata nel 1996 dal Partito maoista comunista
nepalese, ha provocato oltre 8mila morti.
Quotidiani
Prima
1°
piano
Esteri
Report
Comm
Brevi
Posta
Foto
Titolo
Corriere
della sera
la
Repubblica
Il Giornale
L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dal 3 all’8/12/04.
63
Tabella 3. Bangladesh – Nebbia e vento gelido provocano decine di vittime, 3/1/2004,
ore 13:23. Sono almeno 51 le persone morte in tutto il Paese a causa del freddo che negli
ultimi giorni ha investito il Bangladesh. Le temperature minime, attestatesi sui 9 gradi- una
temperatura eccezionalmente bassa per il Paese - sono state rese ancora più insopportabili per
le vittime, la maggior parte delle quali bambini e anziani poveri o senza fissa dimora, dalla
nebbia e dal forte vento settentrionale. Particolarmente colpite sono state la capitale Dhaka e
la città portuale di Chittagong; nella prima, ieri per ore i voli di linea sono stati interdetti a
causa delle raffiche di vento e della scarsa visibilità (gli aerei provenienti da Abu Dhabi,
Dubai, Karachi, Kuwait City, Londra, Riyadh e Roma sono atterrati anche con 19 ore di
ritardo allo Zia International Airport); a Chittagong, traghetti e navi sono dovuti rimanere
ormeggiati a causa delle pessime condizioni del mare. Secondo le previsioni, il freddo
intenso dovrebbe durare ancora per tre o quattro giorni. Lo scorso anno, nello stesso periodo,
morirono circa 200 persone a causa delle avverse condizioni meteorologiche e del gelo. I 9
gradi fatti segnare in questi giorni non rappresentano, tuttavia, il minimo storico per il
Bangladesh dove, nel 1968, nella città di Srimangal, il termometro scese fino a 2,8 gradi. Il
governo, l’opposizione e molte organizzazioni non governative sono impegnate nella
distribuzione di migliaia di indumenti caldi per aiutare la popolazione più svantaggiata a
resistere al freddo.
Quotidiani
Prima
1°
piano
Esteri
Report
Comm
Brevi
Posta
Foto
Titolo
Corriere
della sera
la
Repubblica
Il Giornale
L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dal 1 al 7/1/04.
64
Tabella 4. Uganda - Massacro nel distretto di lira, 173 morti, 22/2/2004, ore 12:04. I ribelli
del sedicente esercito di resistenza del Signore (Lra) hanno compiuto sabato sera un
massacro nel nord Uganda, in un campo profughi denominato Barlonyo camp, 25 chilometri
a nord-est di Lira. Lo riferiscono fonti della Misna precisando che la barbara azione, iniziata
alle 17 ora locale di sabato, si è protratta per oltre tre ore. Al momento sono stati accertati
173 morti, ma il bilancio pare destinato a crescere; mentre i feriti sono circa settanta. Nel
campo, che ospitava circa cinque mila sfollati sono state date alle fiamme oltre 500 capanne e
molte delle vittime morte sono arse vive nelle loro capanne. Il bilancio definitivo delle
vittime nei giorni successivi raggiungerà il numerò 340 persone.
Quotidiani
Prima
Corriere
della sera
la
Repubblica
Il
Giornale
L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La
Nazione
Il
Manifesto
1°
piano
Esteri
Report
Co
m
m
Brevi
Posta
Foto
1,5 col
SP,
23 feb
3 col
TA,
23 feb
1 col
TM,
23 feb
4 col
TB,
24 feb
4 col
TA*
1
3 col
TB*
1 col
AP/1*
1 col
AP/2*
1 col
SP/1 *
1 col
SP/2 *
6 col
TA
1 col
SP
23
feb
3 col
TB
24 feb
Consultazione copie dal 22 al 28/2/04.
(*) Gli elementi si trovano in un’unica pagina (Reportage).
Titolo
Massacro
in
Uganda.
L’esercito del Signore fa
strage in un villaggio/Il
massacro per mano degli
uomini del sedicente Esercito
del Signore, nel campo
profughi di Barloonyo, nel
nord del Paese
I dannati di Gulu. Tra
epidemie, guerriglie e stragi
7
Uganda. Massacro nel campo
profughi (P. pagina)/Uganda.
La strage dei profughi,
duecento arsi vivi dai ribelli/
Raid dell’Esercito del Signore
(interno)/Fra
i
piccoli
pendolari della notte in fuga
da rapimenti e torture/In
Uganda migliaia di bambini
ogni sera lasciano i villaggi e
dormono in città per sfuggire
ai ribelli (reportage interno)
1
Uganda. Strage di civili, più di
duecento
morti
(P.
pagina)/Uganda: «guerriglieri
di Dio» fanno strage (interno)
Blitz
dei
guerriglieri,
massacrate 190 persone
1
1
Uganda.
profughi
La
strage
dei
65
Tabella 5. Sudan, Darfur: migliaia di nuovi profughi raggiungono il Ciad, 28/2/2004, ore 11:31. Una
nuova ondata di profughi in fuga dalla regione occidentale sudanese del Darfur, teatro da oltre un
anno di scontri tra ribelli e governo, ha raggiunto nelle ultime ore il confinante Ciad in cerca di riparo.
Lo riferiscono fonti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), precisando
che si tratta di oltre 10mila sudanesi (più di 25mila secondo altre fonti) i quali dopo aver camminato
per giorni attraversando una zona semi desertica e infestata di mine hanno finalmente trovato riparo
oltre frontiera. I nuovi arrivati si aggiungono agli oltre 100mila profughi sudanesi che, secondo le
stime dell'Onu, si trovano già da mesi in territorio ciadiano. Secondo alcune testimonianze raccolte
dal personale dell'Acnur, i sudanesi arrivati in questi giorni hanno abbandonato le loro case un paio di
settimane fa a causa dei pesanti bombardamenti compiuti dall'aviazione di Khartoum. Il capo
dell'Acnur, Ruud Lubbers, è atteso domani in Ciad dove resterà per almeno tre giorni durante i quali
dovrebbe lanciare un appello alla comunità internazionale chiedendo lo stanziamento di nuovi fondi
per assistere i profughi sudanesi che raggiungono il Ciad privi di tutto. A partire dallo scorso febbraio
alcuni gruppi si sono sollevati in armi contro il governo islamico di Khartoum accusato di non
occuparsi del Darfur e di finanziarie milizie di predoni arabi (conosciuti col nome di Janjaweed) che
da anni seminano morte e distruzione in questa regione sudanese abitata prevalentemente da neri.
Oltre ai 110 mila profughi presenti in territorio ciadiano (secondo le stime delle agenzie dell'Onu che
operano nella zona) i combattimenti tra governo e ribelli avrebbero provocato finora anche alcune
migliaia di morti e quasi un milione di sfollati interni. Nonostante i proclami del presidente Omar el
Beshir riguardo alla fine del conflitto, la situazione in tutta l'area è ancora fuori controllo e sono
moltissime le zone irraggiungibili in cui si trovano ammassate centinaia di migliaia di persone.
Intanto si moltiplicano i timori che la recente accelerazione del conflitto in Darfur, e della crisi
umanitaria ad esso legata, possa avere delle ripercussioni anche a Naivasha (in Kenya) dove si
continua ad attendere da settimane un accordo di pace chiamato a mettere fine al più lungo conflitto
africano, quello del Sud Sudan, durato oltre 20 anni e costato la vita a due milioni di persone. I
colloqui tra Khartoum e i ribelli dell'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) si sono
nuovamente arenati sul destino dello Stato petrolifero di Abyei, un'area su cui entrambi rivendicano
l'influenza.
Quotidiani
Prima
1°
piano
Esteri
Report
Comm
Brevi
Posta
Foto
Titolo
Corriere
della sera
la
Repubblica
Il Giornale
L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dal 27/2/04 al 4/3/04.
66
Tabella 6. Madagascar, Ciclone Gafilo: almeno centomila sfollati, Governo chiede l’aiuto
internazionale, 9/3/2004, ore 2:00. Col passare delle ore si fa sempre più drammatico il
bilancio dei danni, a cose e persone, causati in Madagascar dal passaggio del ciclone 'Gafilo'
che nel fine settimana ha investito le zone centro settentrionali della grande isola africana e
che, secondo i meteorologi, nelle prossime ore minaccia di tornare a colpire quelle
meridionali. Secondo le autorità locali, sarebbero almeno 100mila i senza tetto che hanno
visto le proprie abitazioni spazzate vie da venti che hanno soffiato con una velocità media
intorno ai 220 chilometri orari, toccando punte superiori ai 300 secondo le rilevazioni del
dipartimento di climatologia dell'università di Londra. Devastanti anche le conseguenze delle
piene di molti corsi d'acqua, la caduta di numerosi alberi e gli smottamenti di terreno
avvenuti un po' ovunque nelle tre province - Diego Suarez (nord) Mahajanga (ovest) e
Antananarivo (centro) - maggiormente interessate dal passaggio del ciclone. Il governo, che
ha definito il tifone "un'emergenza nazionale", per bocca del suo ministro degli interni ha
lanciato un appello alla comunità internazionale perché venga in soccorso dell'isola:
"prevediamo tra i 55 e i 100mila sfollati, una situazione aggravata dal fatto che ancora non ci
siamo ripresi dal passaggio del ciclone Elita", che lo scorso febbraio ha causato morte e
distruzione. "Oltre a tutto il materiale di cui si ha bisogno normalmente in queste situazioni ha detto il ministro degli interni, generale Soja - come tende, medicamenti, prodotti di prima
necessità, sarebbe utile che venissero messi a disposizione mezzi di trasporto adeguati,
soprattutto aerei". I bilanci disponibili finora, incluso quello delle venti (sette secondo altre
fonti) persone morte a causa del maltempo, sono comunque provvisori dal momento che non
è stato possibile raggiungere molte zone del Paese, dove ieri sono stati interrotti i
collegamenti aerei. Intanto il direttore dell'Istituto meteorologico nazionale del Madagascar
ha avvertito che la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente nelle prossime ore: "Il
ciclone rischia di ricaricarsi d'intensità a contatto con le acque calde del canale col
Mozambico. In quel caso girerà su se stesso e tornerà a colpire nuovamente l'isola martedì o
mercoledì nella regione di Tulear", la zona sud ovest del Paese.
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la
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Il
Giornale*
L’Unità
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Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dal 5 al 11/3/04.
(*) L’11 marzo “Il Giornale” scrive in breve sulla pagina degli esteri: “Madagascar/Ciclone affonda traghetto
con 113 persone a bordo” .
67
Tabella 7. Sudan, Darfur: "Una delle maggiori catastrofi umanitarie del mondo", secondo
Onu, 20/3/2004, ore 9:19. In Darfur è in corso una delle "maggiori catastrofi umanitarie del
mondo": lo ha detto ieri Musesh Kapila, coordinatore Onu per gli aiuti umanitari in Sudan,
illustrando la situazione creatasi in seguito al conflitto esploso lo scorso anno nella remota
regione occidentale del Sudan e che dal febbraio 2003 a oggi ha già provocato circa 130mila
profughi, 700mila sfollati interni (un milione, secondo altre fonti) e alcune migliaia di morti.
Kapila ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché intervenga nella crisi,
mentre dal Palazzo di Vetro hanno fatto sapere che le Nazioni Unite si stanno adoperando per
cercare di far ripartire i colloqui per arrivare un cessate il fuoco 'umanitario', che consenta
cioè la creazione corridoi per la consegna degli aiuti alle popolazioni locali. Lo scorso anno
due gruppi ribelli si sono sollevati in armi contro il governo islamico centrale di Khartoum,
accusandolo di trascurare il Darfur perché abitata da neri, ma anche di finanziare le milizie di
predoni arabi (noti col nome di Janjaweed) che da anni seminano morte e distruzione nella
zona. Proprio Kapila ieri ha paragonato gli orrori commessi dai Janjaweed col genocidio che
dieci anni fa sconvolse il Rwanda. ''E' più di un conflitto, e' un tentativo organizzato di fare
tabula rasa di una popolazione: ci sono violazioni dei diritti umani con pochi precedenti,
forse quello del massacro del Ruanda ha detto. Aggiungendo, infine: ''A nostro avviso si
tratta della più tragica crisi umanitaria del mondo, e forse anche la guerra più crudele in
corso''.
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Consultazione copie dal 21 al 27/3/04.
68
Tabella 8. Namibia, Alluvione fiume Zambesi provoca migliaia di sfollati a Caprivi,
2/4/2004, ore 11:21. Squadre di soccorritori hanno iniziato oggi ad evacuare centinaia di
abitanti dei villaggi colpiti dalle inondazioni del fiume Zambesi nella ‘striscia’ di Caprivi, un
lembo di terra della Namibia orientale stretto tra Botswana, Zambia e Angola. Per ora il
bilancio è di due vittime, una madre e suo figlio travolti dalle acque del fiume mentre erano a
bordo della loro canoa nei pressi del villaggio di Nakabolewa. Secondo la Croce rossa
namibiana, sono almeno 40mila le persone colpite da calamità, molti dei quali saranno
costretti a lasciare le proprie abitazioni. “L’anno scorso si è verificata una situazione simile e
l’abbiamo definita ‘disastro’, ma le inondazioni di questa stagione sono peggiori” ha detto a
in giornale locale Vincent Simana, del dipartimento della gestione delle acque di Katima
Mulilo. “Le persone sono in pericolo, ma stiamo cercando di mettere sotto controllo la
situazione” ha aggiunto Timothy Shixungileni, responsabile della gestione delle Unità di
emergenza. Le alluvioni sono iniziate a marzo, ma nelle ultime settimane il fiume Zambesi
ha superato di sette metri il proprio livello normale, provocandone lo straripamento. Le
operazioni di soccorso stanno procedendo con qualche difficoltà, perché i cinque gommoni a
disposizione delle autorità locali non bastano per evacuare i civili dalle zone più colpite
dall’alluvione, dove è troppo rischioso inoltrarsi con le canoe; intanto il governo dello
Zimbabwe ha inviato due elicotteri per facilitare gli interventi di assistenza. Il primo ministro
della Namibia Theo-Ben Gurirab, assicurando l’impegno del governo per mettere in salvo gli
abitanti di Caprivi e garantire aiuti agli sfollati, sta valutando sistemazioni alternative per
garantire il funzionamento delle scuole, molte delle quali sono state sommerse dall’acqua. Il
responsabile dell’Unità di emergenza ha spiegato che la priorità – per ora – è individuare
spazi non esposti al rischio di alluvione dove collocare gli sfollati. Già a gennaio i leader
locali avevano invitato gli abitanti delle aree pianeggianti lungo lo Zambesi a mettere al
sicuro cibi e beni a qualche metro da terra, per evitare di perderli in caso di inondazioni.
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L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dal 31/3/04 al 6/4/04.
69
Tabella 9. Nigeria, Plateau: nuovo bilancio scontri, per croce rossa 630 vittime,
6/5/2004 16:44. Sarebbero oltre 630 le vittime del massacro di Yelwa, nello Stato del Plateau
(Nigeria centrale), dove domenica scorsa combattenti della comunità Tarok (cristiani) hanno
preso d’assalto i Fulani, pastori musulmani. È il bilancio fornito oggi da testimoni e un
responsabile della Croce Rossa presso una fossa comune, citati dall’agenzia francese ‘Afp’.
Questa cifra è il doppio rispetto alle 300 vittime denunciate ieri dal leader islamico
Abdulkadir Orire, segretario generale del ‘Jama’atu Nasril Islam’, la più influente
organizzazione musulmana del Federazione nigeriana. Negli ultimi mesi, centinaia di civili –
almeno sette-ottocento – sono rimasti uccisi a causa della ‘faida’ tra questi due gruppi nello
Stato del Plateau. La Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa con oltre 120 milioni di
abitanti, conta oltre 250 gruppi etnici ed è divisa tra le comunità cristiane (a prevalenza
animista) al sud e i musulmani al nord.
Quotidiani
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Corriere
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Esteri
3 col
AP,
7 mag
la
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Il Giornale
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1 col
AP *
1 col
AP *
1 col
TM,
7 mag
1 col
SP,
6 mag
2 col
TM,
7 mag
L’Unità
1 col
TM,
7 mag
Posta
Foto
1
1
1
2 col
TM
1
Titolo
Nigeria. Strage
musulmani
di
Strage in Nigeria.
Oltre 600 morti in
scontri etnici
Nigeria. Oltre 200
vittime in scontri
etnico-religiosi
Oltre 630 morti in
Nigeria negli scontri
etnico-religiosi
Nigeria.
Miliziani
cristiani
attaccano
villaggio: uccisi 630
musulmani/La Croce
rossa
denuncia:
almeno 630 vittime
(P. pagina)/Miliziani
cristiani
attaccano
villaggio musulmano.
La
Croce
rossa
denuncia:
almeno
630 vittime (interno)
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
1 col
TA,
7 mag
1
Cristiani
contro
musulmani. Almeno
630
morti
negli
scontri
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
1 col
SP,
6 mag
Nigeria.
Trecento
persone massacrate a
colpi di mitra
Consultazione copie dal 3 al 9/5/04.
(*) Le due brevi si trovano all’interno dell’articolo principale degli Esteri.
70
Tabella 10. Brasile, Cede diga nel Paraìba: villaggi e campi inondati, 18/6/2004 ore 20:33.
Un cedimento strutturale sarebbe la causa del crollo della diga di Camará - nello Stato nordorientale brasiliano di Paraíba – che ha causato la scorsa notte l’inondazione di alcune
cittadine del ‘sertao’: un muro d’acqua alto tre metri ha letteralmente travolto campi e paesi,
principalmente la località di Alagoa Grande (30.000 abitanti) e il villaggio di Mulungú
(9.000). Sono ancora poche e frammentarie le notizie che giungono dalla regione: i morti
accertati sono finora 8, ma il bilancio potrebbe essere ben più alto dal momento che secondo
i tecnici almeno 17 milioni di metri cubi d’acqua hanno allagato un numero ancora
imprecisato di centri abitati. ''È un'irresponsabilità pazzesca, le fondamenta hanno ceduto
solo perché aveva piovuto più del solito” ha denunciato il governatore di Paraíba, Cunha
Lima, aggiungendo: “Apriremo immediatamente un’inchiesta per sapere chi e come ha
costruito la diga in questo modo: non è possibile che in pieno XXI secolo possano accadere
cose simili”. Paraíba è uno degli Stati più poveri del Brasile e paradossalmente anche uno dei
più aridi: la zona del “sertao” indica infatti un’area particolarmente colpita dalla siccità e
dalla miseria, le condizioni di vita della cui popolazione sono state magistralmente raccontate
dallo scrittore Guimarães Rosa. La diga di Camará era stata inaugurata appena tre anni fa per
fare fronte alla grave scarsità d’acqua che colpisce la regione.
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Brevi
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Titolo
Corriere
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la
Repubblica
Il Giornale
L’Unità
Il Messaggero
Il Mattino
La Stampa
Il Tempo
La Nazione
Il
Manifesto
Consultazione copie dal 18 al 24/06/04.
71
3.3 Osservazioni conclusive sull’indagine
Dai risultati delle tabelle emerge che soltanto due notizie su dieci sono state pubblicate dai
quotidiani italiani: il massacro di Barlonyo in Uganda e gli scontri tra cristiani e musulmani
in Nigeria. Dei dieci giornali esaminati la metà ha ignorato il fatto ugandese: Il Mattino, la
Stampa, il Tempo, Il Giornale e la Nazione. Va inoltre sottolineato che solo il Corriere della
sera, la Repubblica, l’Unità e Il Manifesto hanno dedicato a questo fatto uno spazio adeguato
(vedi il reportage di Repubblica), poiché il Messaggero si è limitato a una notizia in breve
peraltro accompagnata da una foto di repertorio dell’Ansa. Diverso il discorso per quanto
riguarda la notizia sulla Nigeria: in questo caso sono state quattro le testate a non aver
pubblicato la notizia (Il Messaggero, Il Mattino, Il Tempo e la Nazione), perché anche La
Stampa e il Giornale (oltre al Corriere, Repubblica, l’Unità e il Manifesto) hanno pubblicato
l’evento. Riepilogando, dunque, sui dieci avvenimenti selezionati sette quotidiani su dieci ne
hanno almeno pubblicato uno. Ad occuparsi di entrambi i fatti sono stati solo quattro
quotidiani italiani: Corriere della sera (la firma su entrambe le notizie è quella del giornalista
Massimo A. Albertazzi), la Repubblica, l’Unità e Il Manifesto.
La Repubblica è stato l’unico giornale a dedicare all’evento ugandese un reportage,
attraverso un servizio di cronaca e approfondimenti sulla crisi civile. Il Corriere ha ripreso
invece la notizia del massacro di Barlonyo (trattata per due giorni) contattando
telefonicamente un missionario comboniano. Oltre al Messaggero, anche Il Giornale e La
Stampa hanno pubblicato in breve solo una delle due notizie. Semaforo rosso per Il Mattino,
Il Tempo (testata di orientamento cattolico-conservatore) e la Nazione, le quali hanno
completamente ignorato tutte e dieci le notizie. In base alle citazioni raccolte negli articoli,
vediamo quali sono state le fonti dei quotidiani italiani nelle pubblicazioni delle due notizie.
Uganda - Massacro nel distretto di lira, 173 morti
Quotid/Fonte
Agenzie
Corriere della sera
la Repubblica
MISNA
MISNA
L’Unità
Il Messaggero
MISNA
MISNA,
ANSA
MISNA
Il Manifesto
Contatti
governativi
Contatti con organizzazioni
o congregazioni religiose
PADRE COMBONIANO
Inviato
di PIETRO
VERONESE
72
La Misna compare come fonte della notizia di Barlonyo in tutti i quotidiani che l’hanno
pubblicata e ciò significa che esiste un rapporto fra l’agenzia dei missionari comboniani e
alcune testate giornalistiche. L’unica citazione dell’agenzia Misna ci richiama al fatto che, a
parte il quotidiano Repubblica (“dal nostro inviato Pietro Veronese” è firmato l’articolo di
cronaca; mentre “il reportage” è di Emily Wax), nessun altro organo di stampa era presente
sul luogo della strage al momento del massacro. La stessa Repubblica comunque raccoglie
alcuni particolari dalla Misna. Il Corriere della sera cita l’agenzia Misna e contatta
telefonicamente anche un padre comboniano in missione sul territorio. Come possiamo
vedere nella tabella seguente, riguardante il fatto della Nigeria, la fonte, oltre alla Misna, è
più di una: ciò significa che il fatto è stato appreso non solo da Misna (vedi il quotidiano Il
Giornale che cita France Press) ma anche da altre fonti. La stessa Croce rossa che dà il
bilancio delle vittime negli scontri è una fonte, nel nostro caso anche per la Misna.
Nigeria, Plateau: nuovo bilancio scontri, per croce rossa 630 vittime
Quotid/Fonte
Agenzie
Contatti
governativi
Contatti con organizzazioni
o congregazioni religiose
di MASSIMO
A.
ALBERTAZZI
Corriere della
sera
la Repubblica
MISNA
L’Unità
MISNA
GOVERNO
LOCALE
GOVERNO
LOCALE
CROCE ROSSA
CROCE ROSSA
La Stampa
Il Manifesto
Il Giornale
Inviato
GOVERNO
LOCALE
MISNA,
FRANCE
PRESS
CROCE ROSSA
Ci chiediamo a questo perché solo due avvenimenti su dieci sono stati considerati
meritevoli di notizia? Anche gli altri lanci facevano riferimento a stragi e a disastri in cui
erano coinvolti moltissimi civili: perché non pubblicarli? La tabella numero 1
(dell’8/11/2003) era una notizia molto simile a quella di Barlonyo anche se il numero delle
vittime era minore: parlare di “massacro” ha un valore di notiziabilità maggiore rispetto ai
termini “attacco dei ribelli” e “persone uccise”? Esistono dei nessi tra i temi, i soggetti
sociali, e l’agenda dei media? Come sappiamo i mass media sono i grandi “mediatori” tra gli
73
individui e la realtà del mondo. “In generale i paesi del Terzo mondo ricevono l’attenzione
dei media occidentali soprattutto in rapporto ad eventi eccezionali, quali catastrofi, profondi
rivolgimenti politici, crisi interne, mentre le aree che vengono più illuminate sono
essenzialmente le regioni “calde” dove si accendono drammatiche crisi internazionali o
inter-etniche (Medio Oriente, Africa, sud-est asiatico) in cui sono coinvolti i paesi
occidentali. In secondo luogo, le notizie dal Terzo mondo vengono scelte per la stranezza o il
carattere esotico. Entrambi questi criteri di notiziabilità trasmettono insieme al contenuto
specifico della notizia anche l’informazione che qui da noi una cosa del genere non potrebbe
accadere”.103
Procediamo ora alla scomposizione dei titoli in modo tale da evidenziare gli elementi
comuni di notiziabilità.
Prima notizia.
Uganda - Massacro nel distretto di lira, 173 morti
Corriere della sera, Massacro in Uganda. L’esercito del Signore fa strage in un
villaggio/Il massacro per mano degli uomini del sedicente Esercito del Signore,
nel campo profughi di Barloonyo, nel nord del Paese
Corriere della sera, I dannati di Gulu. Tra epidemie, guerriglie e stragi
la Repubblica, Uganda. Massacro nel campo profughi (P. pagina)/Uganda. La
strage dei profughi, duecento arsi vivi dai ribelli/Raid dell’Esercito del Signore
(interno)/Fra i piccoli pendolari della notte in fuga da rapimenti e torture/In
Uganda migliaia di bambini ogni sera lasciano i villaggi e dormono in città per
sfuggire ai ribelli (reportage interno)
L’Unità, Uganda. Strage di civili, più di duecento morti (P. pagina)/ Uganda:
«guerriglieri di Dio» fanno strage (interno)
Il Messaggero, Blitz dei guerriglieri, massacrate 190 persone
103
V. De Marchi, M.C. Ercolessi, Terzo mondo e quarto potere. I continenti della crisi raccontati dalla
televisione, VQPT, Eri-Rai, Roma-Torino, n. 105, in G. Gili, 2001, p. 190.
74
Il Manifesto, Uganda. La strage dei profughi
Seconda notizia.
Nigeria, Plateau: nuovo bilancio scontri, per croce rossa 630 vittime
Corriere della sera, Nigeria. Strage di musulmani
la Repubblica, Strage in Nigeria. Oltre 600 morti in scontri etnici
Il Giornale, Nigeria. Oltre 200 vittime in scontri etnico-religiosi
Il Giornale, Oltre 630 morti in Nigeria negli scontri etnico-religiosi
L’Unità,
Nigeria. Miliziani cristiani attaccano villaggio: uccisi 630
musulmani/La Croce rossa denuncia: almeno 630 vittime (P. pagina)/Miliziani
cristiani attaccano villaggio musulmano. La Croce rossa denuncia: almeno 630
vittime (interno)
La Stampa, Cristiani contro musulmani. Almeno 630 morti negli scontri
Il Manifesto, Nigeria. Trecento persone massacrate a colpi di mitra
Al primo impatto emergono da questa breve analisi alcuni nessi tra il tema del
radicalismo religioso e l’agenda dei media. La guerra all’interno delle varie civiltà, su tutti
quelle musulmana e cristiana, è un argomento che è già stato trattato in passato e che oggi ha
un grande risalto nei media di tutto il mondo. Nel nostro caso tutto ciò è confermato con
evidenza dalla notizia che riguarda la Nigeria. Ma anche la vicenda di Barlonyo ha una forte
valenza religiosa di questo tipo: il sedicente Esercito di resistenza del signore (Lord’s
resistence army, o Lra) è un gruppo di ribelli che, guidati da un capo spirituale chiamato
Kony, combatte per instaurare in Uganda un regime basato sull'applicazione letterale dei
75
dieci comandamenti biblici104, in un territorio dove la popolazione religiosa è cattolica per il
35%, protestante per il 25% e musulmana e animista per il 6%. A ribadire quanto sopra detto
si pensi anche ad altri conflitti, come quello israelo-palestinese, alla guerra nei Balcani
oppure al terrorismo islamico, tema quest’ultimo di grande attualità. Nei titoli esaminati
nell’indagine sui lanci Misna il riferimento alla violenza contro i “civili” (villaggio, persone,
bambini, profughi, vittime e via dicendo) appare 18 volte; le parole massacro, strage e torture
sono presenti 16 volte, mentre il contenuto religioso (Dio, scontri etnico-religiosi) 15; la
parola morte 4. Una volta individuato il tema predominante in queste notizie, la “violenza”,
si è cercato di vedere come viene qualificato dai vari quotidiani. Come anticipato nella
presentazione dell’indagine abbiamo scelto di differenziare il tema violenza in quattro
categorie: sociale, religioso, politico e terroristico.
Qutidiani/Notizie
Uganda
Nigeria
Corriere della sera
RELIGIOSO
RELIGIOSO
SOCIALE/RELIGIOSO
RELIGIOSO
La Repubblica
Il Giornale
L’Unità
Il Messaggero
RELIGIOSO
SOCIALE/RELIGIOSO
TERRORISTICO/RELIGIOSO
TERRORISTICO
RELIGIOSO
La Stampa
Il Manifesto
RELIGIOSO
SOCIALE
SOCIALE
In conclusione del nostro discorso possiamo dire che, a parte il Manifesto, il quale
imprime una connotazione sociale ma anche emotiva al tema delle notizie, gli altri sei
quotidiani si sono uniformati risaltando il valore religioso. Repubblica assegna anche un
valore sociale, così come l’Unità, che non manca di sottolineare anche un aspetto legato al
terrore della violenza. L’indagine dimostra che i temi intrecciati alla religione e alla violenza
sono quelli che hanno maggiore probabilità di essere pubblicati, anche se riguardano regioni
del Sud. Ciò che esce da questi schemi sembra invece destinato rimanere nell’ombra più
totale. Nel paragrafo successivo citeremo una ricerca condotta dalla Caritas italiana, per
concentrare la nostra attenzione anche sulla tematizzazione degli eventi, in base alla quale i
104
I ribelli sedicente Esercito di resistenza del signore combattono con il rosario al collo nel nome di un
presunto “dio” che avrebbe proibito tassativamente di mangiare le galline bianche, possedere le vacche degli
Ankole e soprattutto ordinato di uccidere chiunque beva alcolici o fumi tabacco. Kony stesso afferma di essere
un profeta e di essere posseduto da uno spirito-guida divino. I bambini rapiti vengono indottrinati alle visioni di
Kony: egli crede nell'avvento di un giorno in cui tutte le armi da fuoco del mondo smetteranno di funzionare (il
giorno del "mondo silenzioso" ) e solo coloro in grado di usare le armi bianche potranno sconfiggere i nemici e
prendere il potere
76
media collocano un fatto al centro dell’interesse e del dibattito pubblico, e che come vedremo
riguarda soprattutto le vicende del Kosovo e della Palestina; ci aiuterà inoltre a capire il
perché di quelle celle vuote nella colonna “Posta” delle tabelle precedenti.
3.4 La ricerca “Conflitti dimenticati”
A conferma di quanto ora detto e per approfondire il nostro discorso riportiamo adesso
una ricerca promossa dalla Caritas Italiana, dalle riviste Famiglia Cristiana e Il Regno dal
titolo Conflitti dimenticati105. Su un periodo di osservazione di due anni e mezzo, suddivisi in
cinque semestri (dal 1/1/99 al 30/6/01)106, sono stati esaminati sette paesi (casi-studio)
mediante tecniche quantitative e qualitative quali, ad esempio, l’analisi dei contenuti, oppure
tenendo conto di orari e collocazioni nei palinsesti. L’oggetto della ricerca è suddiviso in due
tronconi: da una parte, sono state esaminate le guerre in Sierra Leone, Sri Lanka, Colombia,
Angola e Guinea Bissau, mentre dall’altra quelle in Kosovo e Palestina. In questo modo si
sono potute confrontare due diverse serie d’informazioni. Nell’impianto metodologicoscientifico della ricerca sono state esaminate prima le fonti: a) Mass media: televisione,
radio, stampa, Internet (disponibilità di informazione, i lanci); b) istituzioni di governo; c)
Chiesa Cattolica; d) Sondaggio di gente; e) Internet (domanda di informazione). Il sondaggio
ha interessato un campione rappresentativo di 600 cittadini italiani ascoltati attraverso
intervista telefonica.
I criteri per la scelta dei casi hanno riguardato la rappresentatività macro-geografica
(continentale); b) il grado di severità (letalità e impatto in termini di fenomeni associati) del
conflitto; c) eterogeneità delle cause supposte e delle dinamiche del conflitto. L’ordine dei
dati è sequenziale, ovvero segue le tappe della notizia, dalla sua nascita alla pubblicazione: i
lanci d’agenzia, l’informazione dei media italiani (carta stampata, tv, radio e Internet), la
domanda d’informazione sulle crisi internazionali e infine il grado di dimenticanza del
pubblico (variabile dipendente). Partiamo con i lanci d’agenzia. Per quantificare la copertura
informativa dei sette confitti sopra citati sono stati analizzati in un periodo di dieci settimane
i lanci di quattro importanti agenzie italiane: Ansa, Adnkronos, Agi e Misna.
105
La ricerca è stata condotta sull’impianto scientifico-metodologico di Francesco Strazzari e Giampiero
Giacomello (entrambi dell’Istituto universitario europeo di Fiesole), in collaborazione con Swg, Canale Tre, il
Centro Ferrari di Modena e altri studiosi come Pierluigi Boda (Università La Sapienza) e Andrea Brandani
(Università di Bologna).
106
Nel 2005 è prevista la pubblicazione di una nuova ricerca sui conflitti.
77
Lanci per conflitto
Frequenza
Percentuale
Sierra Leone
92
1,4
Angola
43
0,6
Guinea Bissau
29
0,4
Sri Lanka
69
1
Colombia
98
1,4
Kosovo/Palestina
6455
95,2
Totale
6786
100
La differenza fra la somma dei lanci dei conflitti dimenticati (331) e quella riguardanti
invece la Palestina e il Kosovo (6455) è netta, rispettivamente pari al 4,8% contro il 95,2%.
All’interno dei cinque paesi considerati quel 4,8% d’informazione complessiva è così
suddivisa: Colombia (29,60%), Sri Lanka (20,8%), Guinea Bissau (8,8%), Angola (13,0%),
Sierra Leone (27,8%). La tabella seguente ci mostra i lanci di quattro agenzie diverse (Misna,
Ansa, Agi, Adnkronos) sulle notizie provenienti dai paesi considerati. Vediamo quanti di
questi frammenti di notizie sono stati persi o rilanciati dai quotidiani italiani.
Agenzie
Misna
Ansa
Agi
Adnkronos
Totale
Numero
lanci
130
123
62
16
331
Lanci persi dai
quotidiani
(%) lanci persi
dai quotidiani
112
94
45
6
257
86,1
76,4
72,6
37,5
77,6
Lanci
rilanciati dai
quotidiani
18
29
17
10
74
(%)
Lanci
rilanciati dai
quotidiani
13,8
23,6
27,4
62,5
22,3
L’agenzia internazionale Misna, con 130 notizie, rilancia il maggior numero di fatti dal
Sud del mondo, ma nello stesso tempo, con 112 servizi, è risultata quella meno ripresa dai
quotidiani. Segue l’Ansa con 123, l’Agi con 62 e infine l’Adnkronos con 16107. Delle 331
notizie che abbiamo visto rilanciate dalle quattro agenzie di stampa solo 74 di queste sono
state pubblicate. L’Informazione dei media italiani. L’analisi relativa ai sette conflitti si è
sviluppata nell’intero arco della ricerca (due anni e mezzo) con un doppio monitoraggio:
sugli articoli di quattro quotidiani italiani; e sulla programmazione nazionale radiotelevisiva
italiana. L’informazione su Internet è stata invece esaminata cliccando la parola chiave e
utilizzando i più importanti motori di ricerca.
Ricollegandoci a quanto detto finora sui lanci d’agenzia partiremo dal monitoraggio sulla
stampa: esaminati per dieci settimane estratte casualmente, due a semestre, 1087 articoli di
107
Nell’Adnkronos non risulta alcuna informazione su Angola e Guinea Bissau.
78
quattro grandi quotidiani: Il Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica, e Avvenire. In
tutto sono stati analizzati 256 copie108, in cui sono stati presi in considerazione gli articoli
legati direttamente e indirettamente (nel caso della televisione le rivelazioni erano solo per
riferimento diretto) agli eventi bellici e ai loro effetti sulla situazione generale del paese.
Vediamo attraverso il grafico 10, dall’Angola fino al Medio Oriente, i risultati sulla copertura
informativa dei conflitti oggetto della ricerca.
Figura 10 L’informazione dei quotidiani sui conflitti
Palestina
Kosovo
Angola
Guinea Bissau
Sri Lanka
Colombia
Sierra Leone
La guerra in Palestina109 col 32,3% e soprattutto quella in Kosovo con ben il 62,9%,
in quel determinato periodo dell’anno (ricordiamo 1/1/99-30/6/2001) si presentano al primo
posto con il 95,2% del totale, pari a 1035 articoli censiti. Il resto dei conflitti occupano
invece il 4,8% (52 articoli) della copertura informativa, così suddiviso: Sierra Leone (1,6%),
Sri Lanka (1,7%), Angola (0,3%), Colombia (0,9%) e Guinea Bissau (0,3%). Angola e
Guinea Bissau sono le guerre più dimenticate, con solo 3 servizi su 1087. Si tratta inoltre per
tutti i cinque casi dimenticati di servizi brevissimi, raramente accompagnati da fotografie
(3,2%), le quali sono spesso di repertorio. Il quotidiano cattolico Avvenire è l’unica testata a
riportare informazioni su tutti i conflitti oggetto d’esame, 33 articoli.
Dalla ricerca emerge che nella stampa italiana prevale la cronaca diplomatica e militare,
per il 72,3%, a scapito dell’approfondimento delle cause e delle conseguenze sociali,
economiche e culturali (5,5%). Mancano articoli di fondo, di approfondimento sui conflitti
dimenticati, e inoltre riguardo alla presenza di una firma dell’autore dell’articolo (elemento
108
Le copie dei quotidiani analizzati dovevano essere 280 ma sono stati 256, perché Avvenire non esce il lunedì
e inoltre il 2 maggio è giorno non lavorativo per tutta l’editoria; nell’arco temporale preso in esame, infine, sono
intercorsi scioperi nazionali di categoria.
109
Il dato inferiore del conflitto israelo-palestinese rispetto a quello del Kosovo si spiega in base alla scarsa
copertura che i media hanno riservato al processi di pace. Con la nuova esplosione del conflitto nel settembre
del 2000 (inizio della seconda Intifada, con episodi cruenti che hanno attirato l’attenzione delle telecamere) il
dato subisce un netto rialzo.
79
che può indicare la qualità del testo e il grado di interesse al tema da parte della testata) solo
3 dei 315 servizi firmati (0,9%) si riferiscono a un corrispondente di un quotidiano. In nessun
caso negli articoli pubblicati sui cinque fatti del Sud del mondo è riportata la firma di un
giornalista straniero, e questo può significare che la principale fonte110 informativa dei
quotidiani è governativa (3,7%)111 o proviene da lanci d’agenzia (10,8%).
Vediamo ora il secondo monitoraggio. Sotto osservazione l’emissione informativa (i
servizi) di otto canali tv: Rai1, 2, 3, Canale5, Rete4, Italia1, La7; tredici stazioni radio:
Radio1, 2, 3, Italia Radio, Radio24ore, Radio Capital, Italia Radio, Radio Vaticana, Rds, Rtl,
Radio Popolare, Radio105, Cnr. Per quanto riguarda la televisione, dai risultati emerge una
sproporzione abissale tra il caso di riferimento del conflitto Kosovo e gli altri: si va dal
rapporto con la Sierra Leone di cui la tv ha trasmesso notizie in misura 8 volte inferiore112, al
caso limite della Guinea Bissau con un valore di 2792 volte inferiore.
Figura 11 Emissione televisiva sui sette casi-studio
S. Leone
Angola
G. Bissau
Sri Lanka Colombia Palestina
Kosovo
Al conflitto Guinea Bissau la televisione privata ha dedicato 0 secondi, mentre quella
pubblica meno di due minuti. Conflitti come quelli in Kosovo e in Palestina sono
maggiormente coperti dai media televisivi e bilanciano parzialmente il risultato finale, 62%
tv pubblica e 38% tv privata.
110
In nessuno degli articoli analizzati la fonte d’informazione dei conflitti dimenticati è costituita dal governo
italiano.
111
Nel caso di una notizia diffusa dagli osservatori entra in gioco la chiave interpretativa degli eventi, che può
risentire degli interessi politici, diplomatici ed economici di un determinato paese.
112
Per la Sierra Leone si nota una relativa controtendenza (una dimenticanza meno marcata), che tende a
spiegarsi con la discussione in Italia del Forum per la cancellazione del debito verso i paesi poveri, e del Forum
economico mondiale che si è tenuto in Svizzera nel primo semestre 2000. Si può presumere, inoltre, che anche
la reperibilità di immagini e di notizie sui circuiti informativi internazionali di lingua inglese abbia avuto il suo
effetto.
80
Figura 12 Rapporto quantitativo tra tv pubblica e privata
Fra i media esaminati la radio è quella che mostra un grado di copertura informativa
migliore. Ad esempio, mentre nel caso delle emittenti televisive il conflitto con il maggior
grado di copertura (Kosovo, 103.304 notizie) riscuote un punteggio 2792 volte superiore
rispetto al conflitto con il grado più basso di copertura, che quello della Guinea Bissau (37),
nella radio il conflitto in Kosovo fa registrare un valore di 34.053 servizi: punteggio 115
volte superiore al conflitto con il grado minore di copertura (Guinea Bissau, 296).
Figura 13 Emissione radio sui sette casi-studio
S. Leone
Angola
G. Bissau
Sri Lanka Colombia Palestina
Kosovo
Come sappiamo in Internet vi è invece la presenza di molti soggetti informativi: si pensi
a quelli specifici come warnews, di cui abbiamo preso in prestito la figura 8 nel secondo
capitolo, oppure ai grandi canali dell’informazione nazionale ed internazionale. Oltre a questi
organi giornalistici ci sono le news-web delle ong, di varie organizzazioni umanitarie, quelle
dei cattolici o dei sodalizi internazionali e infine dei bloggers. La presenza di notizie relative
81
ai sette conflitti si è potuta esaminare attraverso l’analisi degli articoli113, e mediante la
ricerca di parole chiave inserite nei portali più usati: Virgilio, Google, Yahoo e Lycos.
Offerta di contenuti sui motori di ricerca relativi ai sette casi-studio
Portali
Palestina
Kosovo
S. Leone
Angola
G. Bissau
S. Lanka
Colombia
Virgilio
4
26
1
2
0
0
1
Google
80800
32900
4470
4030
1010
4030
10100
Yahoo
43
18
1
0
4
2
0
Lycos
21874
19606
2706
2326
562
2095
4900
La tabella mostra che i motori di ricerca organizzati per directory (Virgilio e Yahoo) si
sono rivelati poco efficaci mentre quelli dotati di crowler (Google e Lycos) propongono agli
utenti un percorso soddisfacente. Marcato è anche in questo caso, lo squilibrio fra il numero
di pagine web dedicate ai conflitti in Palestina e Kosovo e quelle ai cinque dimenticati.
Stessa cosa si verifica negli archivi on line dei siti news italiani, dove la presenza dei conflitti
dimenticati è dieci volte inferiore a quella di Kosovo e Palestina.
Domanda d’informazione sulle crisi internazionali. Prima di osservare la tabella
completa della ricerca sulle fonti d’informazione apriamo una breve parentesi riprendendo il
discorso da dove è stato lasciato, da Internet. Il quadro della domanda d’informazione su
Internet riguardo i sette conflitti è stato analizzato con interrogazioni svolte su due tra i
maggiori motori di ricerca (Lycos.it e Google.com)114, anche se l’incidenza di ricerche sulle
guerre considerate è molto bassa.
Interrogazioni sui motori di ricerca Lycos e Google
Palestina
Kosovo
Lycos
1048
149
45
10
1
12
28
Google
393600
28800
12200
9600
0
41000
168500
Portali
S. Leone
Angola
G. Bissau
Sri Lanka
Colombia
Non potendo disporre di una lettura articolata dei risultati e una definizione dei profili
degli utenti interessati ai conflitti dimenticati, il dato più importante che emerge è che in
entrambi i motori campione il rapporto fra il conflitto in Palestina (in quel determinato
113
Gli articoli esaminati nella ricerca interna sono stati prelevati da sei siti: tre sono delle teste italiane più
importanti (Repubblica.it, il canale news del portale Iol e Rai.it), e tre estere (New York Times on the web, Bbc
news e il canale news di Yahoo).
114
Per i dati Lycos è stato elaborato il periodo 1-21/12/01 mentre per Google si è utilizzato lo strumento per la
pianificazione pubblicitaria del motore di ricerca (https://adwords.google.com/select/), con i risultati attesi
sull’utenza mondiale per una settimana.
82
periodo quello in Kosovo si stava allontanando dall’attualità) e i conflitti in esame è
evidentemente sproporzionato a favore del primo. Il risultato più basso ottenuto si è avuto
ancora una volta per il conflitto in Guinea Bissau (1000 a 1), il cui livello di presenza fra gli
argomenti ricercati è vicino allo zero.
Passiamo ora alle fonti consumi-preferenze: sei persone su dieci dichiarano di preferire i
media radiotelevisivi, un dato destinato al aumentare proporzionalmente all’età degli
intervistati; i giornali e le riviste sono invece i mezzi preferiti di laureati e uomini, mentre
Internet è utilizzato soprattutto dai giovani.
Quale fonte utilizza per avere informazioni sulla povertà nel mondo, rapporti internazionali,
guerre?
Fonte principale d’informazione
Dato medio
Tv e radio
60
Giornali e riviste
28
Internet
5
Scuola
2
Amici e Parenti
2
Non risponde
3
E’ l’informazione televisiva la fonte maggiore per il pubblico (secondo varie analisi il
dato si attesta ad oltre il 40%, con una forchetta che oscilla al massimo del sei per cento),
mentre Internet è il mezzo utilizzato dal 5% degli intervistati, ma c’è da sottolineare che si
tratta di un dato relativo al 2001, e quando si parla di Internet i dati sono in costante e rapida
evoluzione (soprattutto nella crescita). Anche se non paragonabile al nostro 5%, bisogna
ricordare che nella ricerca ''Italy Global Nation" di Adnkronos (pag. 28) il dato relativo alla
fonte d’informazione Internet (generalista) si attestava al 51,1%. Osserviamo adesso il grado
di dimenticanza del pubblico italiano circa i conflitti nel mondo, attraverso i dati rilevati
tramite sondaggio demoscopico (questionario telefonico)115.
115
Il campione è stato estratto casualmente per quote: a) zona geografica; b) sesso; c) classe di ampiezza
demografica del comune. I tre parametri sono stati successivamente uniformati ai dati Istat
83
Quali sono i conflitti armati degli ultimi anni (massimo 5) conclusi o ancora in corso che
ricorda, escluso quello dell’Afghanistan?
Conflitti
Dato medio
Balcani
54
Israele/Palestina
18
Somalia
11
Croazia
4
Rwanda
4
Burundi
2
Macedonia
1
Congo
1
Guinea Bissau
1
Indonesia
0,5
Sri Lanka
0,5
Altro*
0,5
Non risponde
0,5
* La voce “altro” indica risposte non congruenti, ad esempio conflitti avvenuti oltre i cinque anni.
Nel sondaggio si nota come l’area dei conflitti israelo-palestinese e quella balcanica siano
maggiormente ricordati dal pubblico, mentre dei drammi afro-asiatici poco si conosce: otto
intervistati su dieci associano paesi come Sri Lanka, Angola e Sierra Leone ai problemi della
fame o della povertà, mentre il 10% del campione analizzato li colloca nelle crisi di guerra.
Nel periodo della ricerca erano venticinque i conflitti che hanno superato la soglia dei mille
morti, più del doppio invece negli anni ‘90116. Per approfondire e il grado di dimenticanza
sono state poste agli intervistati altre domande:
1) Quali le principali cause delle guerre balcaniche: Croazia, Bosnia Erzegovina, Kosovo?
Cause delle guerre area balcanica
Dato medio
Politiche
31
Ragioni etniche
30
Economiche
18
Religiose
15
Non risponde
6
116
Negli anni ’90 ci sono state 56 guerre in 44 paesi, si è trattato soprattutto di deflagrazioni a carattere intrastatale (guerre civili). In 14 di essi si è registrato l’intervento esterno di altre nazioni (invio di truppe a sostegno
di una frazione interna). Se si escludono i teatri di guerra determinati da operazioni Nato o di altre coalizioni
internazionali, solo i conflitti Iraq-Kuwait, India-Pakistan, ed Etiopia-Eritrea rientrano nello schema di guerra
inter-statale.
84
2) Conosce le principali cause della guerra in Rwanda?
Cause guerra in Rwanda
Dato medio
Politiche
27
Ragioni etniche
20
Economiche
17
Religiose
9
Non risponde
27
La distribuzione relativa alle cause dei conflitti nei balcani è precisa. Dubbi invece
rimangono per la guerra in Rwanda, dove emerge un importante dato di incertezza, il 27% di
coloro che decidono di non rispondere. Vediamo ancora.
Riguardo le cause dei conflitti l’opinione pubblica è informata in modo:
Informazione sulle cause delle guerre
Del tutto sufficiente
Tra suff. e insuff.
Del tutto insufficiente
Non sa/Non risponde
Dato medio
4
83
9
4
In quest’ultima tabella la ricerca afferma che è necessario riequilibrare l’informazione, lo
dicono quelli che ritengono "insufficienti" le informazioni sulle cause e sulle radici dei
conflitti, e quelli che sono molto o abbastanza (33 e 38 per cento) interessati a capire le
ragioni geopolitiche dei conflitti:
E’ interessato ad avere informazioni su grandi questioni mondiali: economiche, politiche,
rapporti tra Nord e Sud del mondo, cause di guerre e povertà?
Interesse sulle questioni mondiali
Dato medio
Molto
33
Abbastanza
38
Poco
21
Per niente
7
Non sa/Non risponde
1
Ciò che è accaduto dopo l’11 settembre nei giornali, nelle Tv e in Internet spinge al
riequilibrio: il pubblico chiede di capire di più, i giornalisti devono fare uno sforzo per
capire, prima, per poi spiegare. Nonostante la tragedia delle Torri gemelle quattro persone su
85
dieci dichiarano che l’opinione pubblica sia scarsamente informata sulle cause che generano
le guerre internazionali. Ciò implica un giudizio negativo sui tradizionali media utilizzati e si
avverte la necessità (il 71%) di maggior approfondimento sulle crisi internazionali. Vi sono
poi gravi risposte nella ricerca (tabella sotto): il 48% non conosce l’organizzazione di difesa
di cui fa parte l’Italia mentre il 18% dice che ancora sono presenti i nostri soldati in Somalia.
Come si chiama l’organizzazione internazionale di difesa armata di cui fa parte l’Italia?
Grado di conoscenza sull’organo di difesa cui fa
parte l’Italia
Non sa
Nato
Altro
Non risponde
Dato medio
48
29
9
14
Ricorda alcuni paesi del mondo dove attualmente sono presenti soldati italiani impegnati in
missioni di pace?
Attuale conoscenza sulle missioni di pace italiane
Area balcanica
Kosovo
Somalia
Eritrea
Altro
Non sa/Non risponde
Dato medio
50
25
8
1
31
25
Il 78% degli intervistati riconosce inoltre nella guerra l’idea della morte, della
devastazione e della tragedia umana. Ciò che emerge con forza dalla ricerca è che i media
tendono ad essere conformisti e a difendere i valori dominanti della società occidentale.
Certamente l'informazione offerta dal giornalismo italiano sul Kosovo va messa in relazione
con il fatto che l'Italia era in guerra per la prima volta dopo la conclusione del secondo
conflitto mondiale, ma ciò non giustifica i media (vedi il caso Palestina). A distanza di tre
anni dall’uscita della ricerca Conflitti dimenticati (diventata poi un libro) non molto sembra
cambiato: cosa vediamo o sappiamo della guerra civile in Uganda o nel Sudan meridionale?
E di tutti gli altri trenta quattro conflitti che sono ancora in corso nel mondo? Questa ricerca
ci aiuta a riaffermare quanto teorizzato dalla sociologa tedesca E. Noelle Neumann con la
spirale del silenzio: i media non si limitano semplicemente a rappresentare il clima di
opinione che si crea attorno a importanti temi di interesse e dibattito pubblico, ma, offrendo
una determinata rappresentazione di tale clima, finiscono per modificare realmente le
l’opinione pubblica che, in tal modo, si avvicina sempre più all’immagine che essi hanno
costruito
86
3.5 Uno sguardo al giornalismo occidentale
In una società dominata dai media ci troviamo sempre più spesso davanti a notizie più
simili a trame ad effetto piuttosto che a informazioni vere e proprie, e questa tendenza
sembrerebbe derivare dalle preferenze dei destinatari. Negli ultimi decenni gli studi sui mass
media nel campo della comunicazione di massa e della psicologia sociale hanno spostato il
fulcro dell’analisi del testo, che prendeva in considerazione la passività del pubblico,
all’audience, per cui si pensa che il pubblico operi attivamente alla costruzione degli eventi.
E’ quanto sostengono ad esempio Hovland e Lazarsfeld, i quali fanno coincidere la
partecipazione attiva dell’audience alla selettività degli eventi. Il giornalismo occidentale
propone con una certa frequenza notizie create ad arte per appassionare il pubblico, per
coinvolgerlo emotivamente.
Secondo Sergio Borsi, collaboratore giornalistico della Rai, dell’Ansa e di diverse testate
locali, parlando degli aspetti etici della professione giornalistica dice: “Negli ultimi tempi si
sta assistendo alla spettacolarizzazione delle notizie di cronaca, non alla semplice
informazione ed indagine giornalistica (…). Un fattore determinante che possiamo collegare
al fenomeno delle tre esse: soldi, sesso e sangue. Si tratta di “condizionamenti derivanti dalla
proprietà editoriale dei media, che sono concentrati nelle mani di grandi gruppi
imprenditoriali117. Le tre esse si traducono spesso nei virus della spettacolarizzazione, del
sensazionalismo e del gossip. Fra le tre esse spesso esiste un rapporto reciproco.
Vediamo con un esempio la punta di un iceberg: “La vicenda di Lady Diana – dice Paolo
Murialdi – (…) è stata esemplare, prima e dopo la sua morte. (…) In primo luogo il caso ha
mostrato con più evidenza che in altre occasioni che i media possono mitizzare i personaggi
i quali, a loro volta, contribuiscono al successo dei media” 118. Vi è in questo caso una forte
reciprocità che ha avuto l’impulso maggiore dalla televisione. “In secondo luogo la crescita
del divismo e la creazione di miti – se sopravviene una situazione di emergenza, un trauma –
provocano il superamento del livello di quel fattore intrinseco del giornalismo che è il
coinvolgimento anche emotivo del lettore. Con la morte di Lady Diana questo livello è stato
stravolto, (…) prima di tutto la durata dell’invasione dello spazio (non soltanto dei media
italiani): più di una settimana. Ecco alcune indicazioni riguardanti il primo giorno, lunedì 1°
settembre (il 31 soltanto il Corriere della Sera era riuscito a dare la notizia dell’incidente
117
P. De Girolamo, Spettacolarizzazione della notizia? No grazie, Infocity, 26/02/2002, settore mondo
informazione.
118
P. Murialdi, Il giornale. Prodotto industriale e creazione intellettuale, specchio della realtà ma imperfetto e
deformante. Conoscerlo per saperlo usare, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 87.
87
nell’ultima edizione): Corriere, otto pagine; la Repubblica, tredici pagine; La Stampa, otto
pagine, L’Unità, undici pagine.119
A tal proposito, è di giovedì 22 aprile 2004 la notizia della decisione presa da parte di una
delle più importanti emittenti americane, la Cbs, di mandare in onda il filmato degli ultimi
istanti di vita della principessa Lady Diana. Il quotidiano Il Messaggero il giorno dopo la
messa in onda – come del resto facevano molti altri media – si occupava del caso e delle
polemiche da esso scaturite, titolando in prima pagina: “Tv choc, in onda la morte di Lady
D”. L’editorialista dell’articolo, Sergio Giovine, si domandava, provocando i lettori, “(…)
come distinguere fra il diritto di informare (che è poi il diritto di essere informati) e il diritto
di veder salvaguardata la propria immagine anche dopo morti, anzi, a maggior ragione
dopo morti? Ciò è tanto più attuale se si pensa ai recenti, tragici fatti iracheni. Dalla risposta
del giornalista s’intuisce lo sconforto nel dover ammettere che “(…) I media, soprattutto
quello televisivo, tendono ad imprimere al pubblico l’effetto choc.” 120.
Nell’informazione attuale soprattutto i media audiovisivi dispongono, oltre al linguaggio,
anche dei suoni e delle immagini, che possono nascondere una distorsione dell’informazione,
una forma di inganno più o meno consapevole da parte dei media. Questi messaggi possono
essere abilmente manipolati per avere maggiore impatto con il pubblico, utilizzando ad
esempio la telecamera in un certo modo piuttosto che in un altro, ovvero indirizzando le
inquadrature verso il particolare che si vuole immortalare, nel montaggio e nei suoni che
accompagnano i servizi. Di solito sono le scene più cruente che vengono proposte al
pubblico, quelle che possono colpire la sensibilità e accentuare l’effetto emotivo
(drammaticità, novità, negatività, e via dicendo).
Non si sottrae da questa tendenza gran parte della stampa occidentale, soprattutto quella
britannica, che come accade di vedere sui tabloid si propone come scandalistica. The Times,
autorevole quotidiano d’informazione inglese, venerdì 31 ottobre 2003 titolava Iron Lady
sheds a farewell tear for Sir Denis (La signora di ferro lascia cadere una lacrima di addio
per Sir Denis), in grande la foto di Lady Thatcher che non trattiene l’emozione alla
commemorazione funebre del marito in Central London. In Inghilterra notizie di questo tipo
hanno un grande risalto, molte volte più dei fatti che hanno un maggior rilievo sociale. Ma
anche qui ci sono delle eccezioni. Guardian Unlimited venerdì 23 aprile 2004 titolava in
119
Ibidem..
S. Giovine, Tv choc, in onda la morte di Lady D. Polemiche e proteste per la decisione presa dall’emittente
americana Cbs, Il Messaggero, venerdì 23 aprile 2004, Primo piano, p. 1 e 18.
120
88
prima pagina: “54 dead” in North Korea Blast121 (“54 morti” in un’esplosione in Nord
Korea), in risalto nella pagina l’immagine – scattata dalle agenzie di stampa internazionali
DSK/AFP/Getty – delle macerie e il fuoco che invadono un villaggio koreano dove due treni
che trasportavano sostanze tossiche sono venuti a collisione. Sulla prima pagina di
Independent e di The Herald il 23 aprile 2004122 mettevano sempre in primo piano - come del
resto facevano tutte le altre testate giornalistiche del mondo sia radiotelevisive che della carta
stampata - la drammatica notizia dell’esplosione nel Nord Korea (nei giorni successivi il
bilancio salirà a oltre tremila morti), ma significativo spazio era dedicato anche a dossier sul
terzo mondo: le notizie provenivano dal Sudan123 e dal Peru124. In questi ultimi due giornali
c’è stata una sensibilità verso i temi del Sud, anche se parliamo certamente di scelte editoriali
ben precise, come nel caso italiano che riguarda Repubblica, il Corriere della sera, l’Unità e il
Manifesto (vedi indagine). Negli altri quotidiani inglesi del Sud neanche una riga.
H.P. Grice negli anni ’70 elencava alcune regole importanti che devono intervenire in una
buona relazione comunicativa: la prima è la completezza dell’informazione, che viene violata
nel momento in cui l’emittente fornisce una comunicazione incompleta, insufficiente. Al
contrario, un eccesso d’informazioni, può provocare un effetto anticomunicativo, poiché può
distrarre o confondere il pubblico. Seconda regola è la qualità delle informazioni e la
sincerità dell’emittente, ovvero ciò che si dice deve essere fondato su evidenze di fatto (prove
adeguate). Terza è la relazione, per cui un bravo comunicatore non deve divagare dal tema
trattato e sovrapporre le informazioni allo scopo di confondere il ricevente125. Ultima regola è
il modo: il contenuto della comunicazione non deve essere oscuro, ambiguo, ma breve e
ordinato nell’esposizione. Come già abbiamo accennato si possono infrangere queste regole
sia volontariamente (“partigianeria”, media che adottano un preciso punto di vista; la
“manipolazione”, occultamento dei veri fini del comunicatore), che involontariamente
(“valori-notizia”, quindi l’organizzazione del processo di produzione dell’informazione, e
“l’ideologia”, una visione del mondo).
121
M. Oliver, 150 dead in North Korea Blast. 10,000 homes damaged. Explosives-laden train causes fireball.
Pyongyang accepts Unhelp, Guardian Unlimited, venerdì 23 aprile 2004, p. 1.
122
I due quotidiani inglesi sono stati visitati sulle pagine on line dei rispettivi siti: www.theherald.co.uk/ e
www.independent.co.uk/.
123
D. Walsh, Rape, torture, and one million forced to flee as Sudan’s crisis unfolds. Will we move to stop it?
(Rapimenti, torture, e un milione di profughi spiegano la crisi del Sudan. Ci muoveremo per fermare ciò?),
Independent, venerdì 23 aprile 2004, p. dossier.
124
R. Crilly, A Scottish student has helped secure the future of these Nahua children in Peru by teaching their
tribe new technology (Uno studente della Scozia ha dato sicuro aiuto alla discendenza Nahua in Peru
insegnando alla loro tribe una nuova tecnologia), The Herald, venerdì 23 aprile 2004, p. Primo piano.
125
H.P. Grice, Gli atti linguistici, Feltrinelli, Milano, 1978, in Gili G., 2001, p. 113
89
Come sappiamo quest’ultimo aspetto è importante quando parliamo dell’informazione
della Misna, perché i valori cristiani si esprimono sul contenuto di notizie. L’agenzia
missionaria segue una determinata prospettiva, una scelta ben precisa (dar voce ai Senza
voce), anche se poi il suo sguardo è indirizzato a 360 gradi. Lo dimostrano le notizie che
rilancia dalla Palestina, Israele e Iraq (fatti che sono soprattutto sotto i riflettori dei media
occidentali). Un’informazione, dunque, che possiamo far rientrare a tutti gli effetti nel
concetto di villaggio globale. Con l’emittente televisiva CNN questo concetto raggiunse il
suo apice. Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta la guerra del Golfo ebbe
diffusione attraverso il broadcast, la trasmissione satellitare in tempo reale. Bastava
utilizzare una parabola e quelle immagini inviate da Bagdad venivano viste in tutto il mondo.
Guerre come quella in Sierra Leone, Sri Lanka, Colombia, Angola e Guinea Bissau
possono essere considerate invece tutte "dimenticate". Ma questa situazione dipende
soprattutto dal potere dei media. Quando infatti la maggior parte dei media assume un
orientamento comune su importanti temi di discussione, ad esempio i conflitti israelopalestinese e quello in Iraq, esso diventa quello dominante nell’opinione pubblica e la
concezione del villaggio globale svanisce. Il potere dei media dipende dal controllo delle
informazioni che raggiungeranno i destinatari e spesso tende a manifestarsi quando la
maggior parte delle testate giornalistiche assume schemi di riferimento che si uniformano
nella scelta dei fatti.
“In situazioni di crisi (guerre, catastrofi naturali o tecnologiche, crisi sociali e politiche,
emergenza terrorismo) anche in società democratiche i media tendono a restringere lo
spettro di variabilità dell’interpretazione, poiché avvertono in modo più forte la propria
funzione integrativa e il ruolo di appoggio nei confronti delle istituzioni responsabili del
perseguimento delle mete collettive, messe in pericolo dall’emergenza. In questi casi vi è
certamente una pressione da parte dei governi e delle autorità pubbliche verso un
atteggiamento patriottico e di collaborazione, tuttavia esso è anche un effetto spontaneo
legato al senso dell’emergenza e all’importanza riconosciuta al fatto di accrescere la
componente integrativa , la coesione morale e ideologica della società”126.
Una convergenza tra media e apparato istituzionale si è verificata durante la guerra del
Golfo: tutti i paesi coinvolti nel conflitto, anche se non direttamente minacciati dagli eventi
bellici, hanno visto espresso da parte dei media un consenso generalizzato sulle cause e la
legittimità della guerra. Questo consenso è emerso dalla collaborazione dei media con le
126
G. Gili, Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001, p.
107.
90
autorità politiche e militari attraverso l’accettazione di un rigido controllo imposto dagli stati
maggiori sull’informazione proveniente dagli scenari di guerra. Un’accettazione che ha
riguardato anche i media italiani anche se non tutti. Uno studio127 condotto sulla stampa
italiana ci dice che i commenti favorevoli alla guerra del Golfo in Italia sono stati dominanti:
Il Giornale 100%
Corriere della sera 88,5%
Il Messaggero 88,2%
La Repubblica 86,2%
La Stampa 74,2%
L’Unità 21,1%
Discorso diverso va fatto per Il Manifesto, Avvenire e il Sabato i quali non hanno
espresso nessun commento favorevole alla guerra e anzi hanno sostenuto verso di essa delle
posizioni molto critiche. Dati molto simili sono emersi dall’analisi della copertura del
conflitto sulle principali reti televisive nazionali. Il Tg1 e Tg5 convinti dell’inevitabilità della
guerra; Tg2, Tg4 e Studio Aperto interventisti; mentre il Tg3 l’unico contrario al conflitto128.
Terminando questa discussione possiamo dire che nel processo produttivo dell’informazione
il mondo viene continuamente trasformato, cioè gli eventi sono prima isolati dal loro
significati e dalle loro cause e poi ricostruiti in un nuovo frame, per essere adattato alla logica
dei media, al loro formato, e per rispondere alle aspettative del pubblico.
127
S. Allievi, Il caso italiano, in Mass media immigrazione araba e guerra del golfo , numero monografico di
“Dimensioni dello sviluppo”, n. 1, 1992, pp. 88-120.
128
Ibidem.
91
Conclusioni
L’ipotesi che l’informazione internazionale proposta dai tradizionali mezzi di
comunicazione avesse dei forti limiti in termini di copertura mediatica, riguardo soprattutto
ai fatti provenienti dal Sud del mondo, è stata largamente confermata con l’indagine
esplorativa (terzo capitolo). Il nostro parametro di riferimento è stata l’agenzia missionaria
Misna che, grazie ai lanci raccolti sul suo sito web (www.misna.org), ha permesso il
riscontro tra alcuni fatti considerati dimenticati e notizie pubblicate dai media. Questo lavoro
è partito da una riflessione profonda sulle tragedie del mondo. Soprattutto quelle dell’Africa
invitavano a soffermarsi su perché il giornalismo occidentale spesso non si interessa a tali
argomenti. Ci sono dei paesi del terzo mondo che sono ricchissimi di risorse naturali ma
nello stesso tempo sono martoriati dalle guerre civili. Quest’ultimi combattono in nome di un
presunto “dio” di turno, guidati da folli visionari che portano distruzione e morte. I media
danno a questa gente la possibilità di alzare la loro voce? Questa domanda ci ha
accompagnato fin dall’inizio del progetto Misna.
L’indagine esplorativa sui quotidiani italiani ha confermato il fatto che la maggior parte
dei media dimentica quanto accade nel Sud del mondo. Dimentica cioè fatti che sono di una
gravità assoluta, che in territori come quello dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia e
Oceania, accadono praticamente ogni istante. C’è comunque da sottolineare che esistono
anche delle eccezioni, dei casi in cui alcune testate, per le loro scelte editoriali, risultano più
sensibili a certi temi (si pensi a quotidiani come Repubblica, Corriere della sera, Avvenire, Il
Manifesto e l’Unità). Ma la maggior parte dei media di fronte a grandi tragedie mondiali non
parla. Chi ha voce sono i paesi occidentali, i quali detengono il potere di comunicare al
grande pubblico la loro visione del mondo, ma questa visione non è globale, perché di fatto
non parla a 360 gradi e tende a far emergere dal grande mare dell’informazione solo ciò che è
in linea con i temi economici e politici dominanti.
Vi è un’assurda violenza in molte zone del Sud del mondo che si ripercuote sui più deboli.
Bambini tra gli 8 e i 14 in alcune zone del Sudan e dell’Uganda sono reclutati e armati dalla
testa ai piedi con bombe a mano, pistole e ordigni vari; poi sono inquadrati in due diversi
reparti: il combattimento in prima linea da una parte, e il compito di spie dei ribelli dall’altra.
Se sono fortunati, finiscono nei reparti di un ospedale per farsi costruire una protesi agli arti.
Alcune volte in tv questi temi sono affrontati in seconda serata, nella carta stampata quasi
92
mai hanno gli onori della prima pagina o sono rilegati in qualche breve nella pagina degli
esteri. Alla fine di questo lavoro si ritiene che molto nel campo della comunicazione italiana
si debba fare. Indirizzare lo sguardo dei media verso le tematiche del Sud può spronare
interventi umanitari a favore delle popolazioni più martoriate. La ricerca Conflitti dimenticati
ci dice che nell’ambito della televisione pubblica alcune tragedie riguardanti il Sud del
mondo sono soltanto delle meteore; la tv privata invece le ignora completamente. Anche la
radio è ancora indietro. Internet apre una nuova frontiera dell’informazione, un’opportunità
irrinunciabile per il sapere collettivo: dai suoi albori, il numero di persone che si avvicinano a
questo strumento è in costante crescita, ed il settore delle notizie è fra i più cliccati dagli
utenti. L’agenzia internazionale Misna e molte altre testate telematiche (warnews, peace
reporter) stanno tentando di dar voce al Sud attraverso la Rete e qualche volta le loro notizie
riescono ad essere rilanciate dai media di massa. La pluralità di canali alternativi può essere
percepita dai media come garanzia di credibilità dell’informazione, ma in genere queste fonti
– perlomeno in Italia – non hanno prestigio e quindi spesso non riescono ad imporre il loro
messaggio. I media tendono ad assumere degli schemi di riferimento uniformi nella scelta dei
fatti e ciò impedisce l’emergere d’altri temi anche se importanti.
Attraverso migliaia di missionari sparsi in tutto i mondo, l’agenzia Misna può essere
certamente considerata una fonte attendibile, e lo dimostra il fatto che è citata da grandi
testate come Repubblica e il Corriere della sera. Ciò significa che l’agenzia missionaria può
avvalersi di un certo grado di credibilità e di autorevolezza, che derivano dalla presenza sul
campo di inviati che non sono al soldo di nessuno (pubblicità, editore e via dicendo). Non è
esagerato sostenere che da un punto di vista fortemente umanitario la Misna sia la fonte
giornalistica internazionale più importante in questo momento, anche quando tratta
argomenti sull’Iraq o la Palestina, paesi che sono sotto costante copertura informativa dei
media occidentali. Come sappiamo la sua voce è quella dei più deboli, dei civili: quella che
difficilmente esce dai media. Ma sebbene la continua ricerca dell’obiettività e dell’equilibrio,
insita nei valori cattolici, conferiscano alla Misna uno status di prestigio, questa competenza,
come dimostrano gli esigui scambi informativi tra Nord e Sud del mondo, risulta avere un
potere molto debole sui media.
93
Appendice
Il futuro nelle mani dei governi
Correnti cattoliche e laiche ritengono fondamentale promuovere una cultura di pace e di
dialogo, per migliorare le sorti dei popoli del Sud. Anche il sostegno di aiuti finanziari129 dei
governi o delle organizzazioni umanitarie (per esempio Croce Rossa, Programma alimentare
mondiale, Mezzaluna Rossa) è importante, ma non basta. Spesso vengono elargiti aiuti ai
paesi che non hanno regole sociali né una base di regole democratiche, per cui gli aiuti vanno
dispersi o ne viene fatto un uso improprio. Dell’urgenza di aiuti nel continente africano ne
abbiamo già parlato, sottolineando i drammi che ogni giorno devastano la vita di molti civili.
Vogliamo dedicare all’Africa ancora qualche riga. In un comunicato la Caritas si sottolinea
l'urgenza di lavorare per la pace nel continente africano: "Accanto al sostegno immediato, è
necessario moltiplicare gli sforzi di animazione, formazione, informazione, sensibilizzazione
per costruire la pace nel rispetto dei diritti umani fondamentali e ridare dignità e prospettive
di futuro a milioni di persone schiacciate da interminabili conflitti"130.
Padre Teresino Serra, superiore generale dei missionari comboniani – dice in un’intervista
all’agenzia Misna – che "Un’altra Africa non solo è possibile, ma è certa: l’Africa è il futuro,
è un gigante che si sta svegliando e ci farà vedere la sua grandezza. Per quanto riguarda
l’Uganda, se le forze politiche volessero, la guerra finirebbe”. Parlando invece della
Repubblica democratica del Congo, il missionario ricorda che "(…) Nel momento del
pericolo, tante autorità sono scappate". Il Sud del mondo continua troppo spesso ad essere
inascoltato, a rivolgere le proprie richieste di aiuto e di sostegno al Nord. Ma cosa dovrebbe
fare di più, e di meglio, l’Occidente per rispondere a questo richiamo? "Innanzitutto darci
una mano a smantellare certe politiche di ingiustizia e oppressione – risponde il prelato – e
129
A favore del continente Africano nel 2003 molte organizzazioni si sono date da fare con sostegni finanziari.
Per fare un esempio la Caritas italiana ha impegnato oltre tre milioni di euro per progetti in 24 Paesi. In
particolare per la catastrofe del Darfur, attraverso la rete internazionale Caritas, è stato avviato un programma
che prevede prima assistenza, interventi igienico-sanitari e educativi a beneficio di 500.000 persone, per circa
14 milioni di euro. "Diversa ma non per questo meno importante è la tragica situazione che stanno vivendo le
popolazioni del Nord Uganda in un territorio alla frontiera con il Sudan" prosegue il comunicato Caritas. "In
questa zona dalla fine degli anni '80 un movimento ribelle tortura e uccide civili, rapisce bambini e bambine.
Molti di essi – come ha ricordato il Papa - presi nella morsa della paura e privati di ogni futuro, si sentono
costretti a fare i soldati". La Caritas in Uganda ha avviato quest'anno un programma triennale che prevede un
impegno di 400.000 euro per la riabilitazione e il reintegro nella comunità e se possibile nella famiglia di
origine, che sarà adeguatamente preparata e sostenuta, di circa 900 ex bambini soldato. Caritas Italiana
contribuisce al programma ed in tutto il Paese sostiene circa 40 microprogetti di sviluppo per un ammontare
complessivo di circa 200.000 Euro.
130
http://www.caritasitaliana.it.
94
poi aiutare la nostra presenza come missionari; l’aiuto deve essere fornito in modo
intelligente e non paternalistico. Dal Nord mi aspetto che sappia guardare e ascoltare: per
esempio, una cosa è parlare dell’Africa, un’altra è far parlare l’Africa. Per quanto riguarda
l’informazione essa non deve essere (…) strappalacrime, con lo scopo di commuovere e
attirare ‘Babbi Natale’ che offrano regali occasionali, ma diretta a formare e informare,
ascoltando il grido dei sofferenti e aiutando a fermare la mano di chi fa piangere la nostra
gente”131.
I governi possono fare molto per aiutare questi popoli, si pensi al caso del processo di
pace in Costa d'Avorio, che nei primi mesi del 2004 si è rimesso in moto. “Per uscire
definitivamente dalla crisi il Paese ha bisogno dell'aiuto internazionale”, ha detto l’8/1/04
l'ambasciatore permanente della Costa d'Avorio alle Nazioni Unite, Philippe Djangone-Bi, di
fronte al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Sul territorio ivoriano si trovano due forze di
interposizione (per un totale di poco superiore ai cinquemila soldati): quella francese
dell'operazione 'Licorne' e quella inviata dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa
occidentale (Ecowas/Cedeao). Da tempo, sia il governo ivoriano sia l'Ecowas continuano a
chiedere all'Onu di mettersi alla testa delle forze di pace già presenti, magari aumentandone il
numero. Le parti si sono riunite a Yamoussoukro, sotto la supervisione dei mediatori e dei
peacekeepers francesi e africani, per mettere a punto il Programma di disarmo,
smobilitazione e reintegro che la comunità internazionale si è già impegnata a finanziare. E’
chiaro che i governi non possono fare nulla se non c’è la giusta collaborazione da parte degli
oppositori, ed è proprio lì, nella capacità di mediazione, il punto focale per creare le
condizioni di pace. I missionari, in questa funzione di mediazione, sono un punto di forza,
ma i negoziati sono spesso lunghi perché difficilmente si riesce a trovare un accordo.
Si pensi ancora alla Thailandia del Sud, dove dall’inizio dell’anno 2004, si susseguono
attentati e omicidi che l’esercito attribuisce a gruppi separatisti islamici locali. Alcuni
omicidi sono avvenuti all’indomani della visita del primo ministro Thaksin Shinawatra,
recatosi nella zona per incoraggiare i locali a denunciare i responsabili delle violenze e per
rassicurarli su nuovi aiuti dal governo centrale di Bangkok. Le tre province sono, infatti, tra
le più povere della Thailandia, contraddistinte da un forte tasso di disoccupazione che
determina anche un alto grado di criminalità comune; la popolazione locale accusa il governo
di trascurare proditoriamente il sud a causa della sua diversità etnica e religiosa rispetto alla
maggioranza della nazione buddista. Shinawatra ha promesso nuovi aiuti allo sviluppo e la
131
Misna, Superiore comboniani: lasciare in Africa una testimonianza d’amore, 31/072004, ore 1:20.
95
creazione di nuovi posti di lavoro; a questo scopo recentemente (metà 2004) la Thailandia ha
stretto specifici accordi commerciali con la Malesia, coinvolta nel problema della violenza
nelle regioni confinanti, allo scopo di migliorare le infrastrutture e i collegamenti, quindi i
commerci, tra le due nazioni in quell’aerea. In Sierra Leone nel maggio del 2000 i ribelli del
Ruf (fronte unito rivoluzionario) sequestrarono circa 500 caschi blu, mandando in fumo gli
accordi di Lomé siglati un anno prima. Una follia che solo con un deciso intervento della
comunità internazionale poteva fermare. Così è stato: nel 2002 è tornata la pace, grazie al
processo di riconciliazione nazionale spinto dalle Nazioni Unite, nel quale sono stati
coinvolti governo e ribelli.
Altro caso in Colombia: a fine agosto 2004 si è appreso dalla Misna che, attraverso
un’intervista rilasciata al settimanale ‘El Espectador’ di Bogotá, il capo ribelle Antonio
García – al secolo Eliécer Chamorro – ha fatto sapere che i guerriglieri dell’Eln (Esercito di
liberazione nazionale) risponderanno nei prossimi giorni alla proposta del governo
colombiano di stabilire un "cessate il fuoco" e di concordare uno scambio tra prigionieri
reclusi nelle carceri nazionali e persone sequestrate dai ribelli. Tuttavia, l’organizzazione
guerrigliera ha fatto sapere all’esecutivo di Bogotá di ritenere “limitata” e “legata al vecchio
schema” la proposta di avviare negoziati di pace lanciata dal governo del presidente Alvaro
Uribe. Secondo García, la proposta del governo è “schiva”; inoltre, l’esecutivo “continua a
essere monotematico, vuole azioni unilaterali mentre questo” della pacificazione con l’Eln “è
un punto nodale che richiede bilateralità oltre alla formalità di un accordo. Non può essere
semplicemente un’azione di volontà” ha detto il leader ribelle, dichiarando in conclusione di
essere “sempre stato aperto” a un eventuale accordo con il governo. L’Eln, attivo dal 1965,
conta oggi circa 5.000 combattenti tra le sue file.
L’esempio delle Olimpiadi
Per i greci, nell’antichità, i giochi olimpici comportavano la sospensione di qualsiasi
conflitto ed erano ‘sport per la pace’, cui affluivano numerose persone da tutto il Paese. Oggi,
nel 2004, la situazione si è ribaltata: si sono svolte le Olimpiadi con più numerosi casi
accertati di ‘doping’ o di violazioni del regolamento antidoping, ovvero per il ricorso a
droghe e farmaci da quando l’antidoping venne istituito a Città del Messico (1968). 23 casi,
più due sospetti sottrattisi ai controlli, in pratica il doppio rispetto a Los Angeles (Usa 1984)
che era finora il precedente peggiore. Talvolta sappiamo creare la pace titolava il 30 agosto
96
2004 la Repubblica parlando della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Atene 2004: in
uno stadio olimpico “Panathinaiko” stracolmo (sette mila persone), sono sfilati, uno accanto
all’altro, tutti i popoli del mondo. Al centro del campo la scenografia mostrava un campo di
grano (la fatica e lo stare insieme), al posto del mare di quella inaugurale (l’arrivo); una spiga
rilucente per ognuno dei 10.500 atleti che hanno partecipato ai Giochi (parola che riconduce
alla crescita morale e fisica dei giovani) di Atene 2004. Un campo fatto a spirale che è stato
raccolto da decine di 'agricoltori' ballerini. Poi immagini della tradizione greca, compreso un
camioncino che vendeva angurie, guidato da 'zingari', come accade nella realtà. Un inno alla
Grecia certamente nell’edizione XXVIII dei Giochi, ma anche un messaggio di pace: “Chi si
disinteressa allo sport lo fa – scrive Michele Serra nell’articolo sopra citato –, in genere,
perché lo considera una fuga dalla realtà, circensi per distrarre il popolo. Esattamente al
contrario, queste Olimpiadi sono sembrate un consolante e a tratti nobile ancoraggio alla
concreta e pacifica sostanza delle pratiche umane, del sudore e del talento, delle tecniche e
del felice sforzo di realizzazione degli individui. Era la realtà, piuttosto, a fuggire, lungo le
orride vie della stupidità bellica, dell'odio razzista e della pazzia terrorista: con quei video
atroci di ostaggi innocenti, esposti come trofei sotto qualche insegna assassina”132.
Il gesto umano più bello delle Olimpiadi c’è stato il 20 agosto sulla pista del
“Panathinaiko”, dove la nuova promessa del mezzofondo, l’etiope Kenenisa Bekele, capace
di polverizzare i record mondiali dei 5.000 metri e della distanza doppia in pochi giorni, a un
certo punto ha deciso insieme a un compagno di squadra non di bruciare un altro primato, per
lui fin troppo facile, ma addirittura di rallentare per 'attendere' il connazionale Haile
Gebrselasie, per 10 anni signore incontrastato di questa disciplina. ‘Gebre’, nella cerimonia
d’addio agonistico, non poteva reggere il ritmo dei due compagni battistrada perché reduce
da un recente infortunio. Poi un'unica cavalcata mozzafiato verso il traguardo. Nella sfida tra
i figli degli altopiani della Rift Valley, gli africani si sono anche permessi di doppiare l’unico
americano in gara, ribaltando rapporti di forza come solo nello sport può succedere.
Nell’allungo stellare di Bekele e nella sua solitaria fuga verso l’alloro, è parso di cogliere il
senso puro della sfida Olimpica, in netto contrasto con l’Olimpiade blindata e dopata che
dopo un secolo ritorna laddove era rinata in epoca moderna. Dai tetti, da un dirigibile spione
di tutte le comunicazioni – scrive la Misna –, dai meticolosi controlli di sicurezza negli
alberghi e nei luoghi pubblici si colgono i segnali della presenza oppressiva di una moderna
Sparta. La nobiltà del gesto, sottolineata dall'’andatura impeccabile di questo nuovo signore
132
M. Serra, Talvolta sappiamo creare la pace, la Repubblica, lunedì 30 agosto 2004, p. 1 e 52.
97
dei 10.000, non poteva certo annullare i missili ‘Patriot’ piazzati sui tetti degli edifici della
capitale ateniese. Ma ha contribuito a smascherarne la tragica eppure grottesca violenza133.
L’uccisione di un missionario
(Parte 1) Padre Raffaele Di Bari, comboniano, è stato ucciso l’1/10/2000 alle 12:00 ora
locale, dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) nel nord Uganda. Lo ha
riferito alla MISNA padre Venanzio Milani, vicario generale della congregazione
missionaria. Padre Di Bari, 71 anni, è stato aggredito dai ribelli mentre stava raggiungendo la
sua missione di Pajule dopo aver celebrato la santa messa nella cappella di Acholi bur, una
località 20 chilometri a sud della città di Kitgum. Nell’agguato, la sua macchina è stata data
alle fiamme. Il missionario, originario di Barletta (Bari) e in Uganda dal 1959 si era
particolarmente distinto nel denunciare pubblicamente le vessazioni perpetrare dai ribelli
dello Lra. Già alcuni giorni fa aveva riferito telefonicamente alla MISNA d’essere sfuggito
ad un agguato dei ribelli che da più di un decennio terrorizzano l'Uganda settentrionale,
particolarmente le popolazioni dei distretti di Gulu e Kitgum.
(…) Sono giunti nuovi particolari alla nostra redazione sulla morte di padre Raffaele Di
Bari, comboniano, ucciso stamani dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) nel
nord Uganda. L’aggressione è avvenuta alle 10:30 ora locale e non alle 12:00 come riferito
in un primo momento. Il missionario viaggiava dalla missione di Pajule (40 chilometri a sud
di Kitgum) verso Acholi bur, un piccolo centro 20 chilometri a sud di Kitgum dove sorge una
piccola chiesa. Padre Di Bari aveva in programma di celebrare ad Acholi bur l’eucaristia ed
alcuni battesimi alle 11:00. Prima che giungesse a destinazione, il veicolo è stato investito da
alcuni colpi d’arma da fuoco e il religioso è morto all’istante. A bordo della macchina si
trovavano anche una suora ed un catechista che miracolosamente sono riusciti a fuggire. Il
veicolo si è poi incendiato, pare in seguito all’esplosione del serbatoio.
Padre Di Bari, originario di Barletta (Bari) e in Uganda dal 1959, si era particolarmente
distinto nel denunciare pubblicamente le vessazioni perpetrate dai ribelli dello Lra. Già
alcuni giorni fa aveva riferito telefonicamente alla MISNA d’essere sfuggito ad un agguato
dei ribelli che da più di un decennio terrorizzano l'Uganda settentrionale, particolarmente le
popolazioni dei distretti di Gulu e Kitgum. “In tanti anni d’Africa, la missione più grande che
abbia mai ricevuto dal Signore è stata quella di dare voce a questa gente, denunciando le
133
Misna, Grecia – Olimpiadi: rara istantanea umana dal sud del mondo, 21/08/04 , ore 8:58.
98
atrocità che i ribelli commettono, quasi quotidianamente, contro donne, vecchi e bambini”
aveva detto telefonicamente al direttore della nostra agenzia giovedì scorso. L’Esercito di
resistenza del Signore, in questi anni ha sequestrato migliaia di bambini costringendoli
forzatamente ad arruolarsi nelle proprie file. L’uccisione di padre Di Bari è avvenuta nella
stessa località dove, 10 anni fa, i ribelli uccisero un altro suo confratello, padre Egidio
Biscaro. “Questa morte è il coronamento di una dedizione profetica alla causa degli indifesi
del nord Uganda – ha commentato alla MISNA padre Guido Oliana, superiore provinciale
dei comboniani in Uganda. (CO)134
(Parte 2) Sono trascorse ancora poche ore dalla morte in Uganda di padre Raffaele Di Bari
e il dolore per la sua scomparsa è davvero grande. Come dimenticare un uomo coraggioso
come lui, capace di rischiarare quotidianamente la vita al fianco di un popolo dimenticato da
tutto e da tutti. Viveva in una terra nella quale la guerriglia dell'Esercito di Resistenza del
Signore (Lra), da ormai più di un decennio, ha seminato morte e distruzione. Ma lui non è
mai fuggito. "Era un uomo che stava dalla parte dei poveri perché in loro riconosceva il
Cristo crocefisso" commenta padre Carlos Rodriguez Soto, missionario comboniano, grande
amico di padre Raffaele. "Ciò che mi ha sempre colpito in lui - aggiunge con tono commosso
- è stata la grande capacità di discernimento nel leggere il dramma della popolazione Acholi.
Aveva capito che l'impegno pastorale e sociale non potevano bastare da soli a vivere la
missione. Per essere solidali con i poveri occorreva gridare il loro dramma al mondo. È così
che mi spiego il suo impegno nel denunciare, attraverso la MISNA, le vessazioni perpetrate
dai ribelli". Ma chi sono questi fanatici che uccidono senza pietà? Combattono col rosario
appeso al collo e lo recitano cento volte al giorno. Dicono di combattere nel nome di Dio e
predicano il terrore. Molti di loro sono bambini, sequestrati nei villaggi e costretti a
combattere per salvare la pelle. Il loro leader, Joseph Kony è un pazzo visionario al soldo del
governo sudanese. "Il manifesto del movimento è un'alchimia di religione e follia" spiega
padre Tarcisio Pazzaglia, fino a pochi mesi fa superiore della comunità di Pajule, dove
viveva padre Raffaele. Nato a Odek, vicino alla cittadina di Opit, il capo dei ribelli manifestò
sin da piccolo segni di grave squilibrio.
La verità è che negli anni il suo stato mentale è andato degenerando. La strategia degli
"olum" (così vengono chiamati i ribelli in lingua Acholi) consiste nel saccheggiare i centri
abitati, uccidere senza pietà e sequestrare minori, prevalentemente dagli 8 ai 16 anni.
L'esercito ugandese, che tanto zelo ha profuso nel combattere nel vicino Congo, non è mai
134
(Misna), Uganda – Ucciso missionario comboniano, 1/10/00, ore 14:04.
99
riuscito a sconfiggere i ribelli di Kony, in tutto il corso degli anni '90. L'opposizione politica
interna sostiene che al presidente ugandese Yoweri Museveni stia bene così. Dopotutto i suoi
avversari di un tempo, quando anche lui faceva il guerrigliero, erano proprio gli Acholi. La
guerra nel nord, dunque, servirebbe a tenerli lontani da Kampala. Una cosa è certa: ieri, sulla
strada tra Pajule e Acholi bur i soldati non c'erano e i ribelli l'hanno fatta da padrone. "Ci
auguriamo davvero che il sacrificio di padre Raffaele serva a richiamare l'attenzione dei mass
media sul dramma del nord Uganda" ha commentato padre Rodriguez. Dopotutto, padre
Raffaele è una delle tante vittime di una guerra dove a pagare il prezzo più alto sono i civili.
Tutti sanno (anche al Palazzo di Vetro!) che qualcuno, oltre confine, in Sudan, li sostiene.
(GA)135
Diritti umani: rapporto 2003 di Amnesty International
AFRICA - Nonostante la tregua raggiunta nel dicembre 2002 tra le forze governative del
Burundi e l'opposizione del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia - Forze per la
difesa della democrazia (Cndd-Fdd), le ostilità sono riprese in varie parti del paese, in
particolare nella zona centrale attorno a Gitega e nell'area del confine sud-orientale intorno a
Ruyigi e si sono intensificate nella capitale Bujumbura. Sono pervenuti nuovi rapporti su
uccisioni di civili inermi da parte delle forze armate e su uccisioni illegali e saccheggi ad
opera del Cndd-Fdd e tutto ciò ha aggravato una situazione umanitaria già critica. Decine di
migliaia di persone sarebbero state costrette a lasciare le zone dei combattimenti e non
avrebbero accesso agli aiuti umanitari. A gennaio è stato registrato un nuovo passo indietro
nella campagna per portare davanti alla giustizia i militari responsabili del massacro di un
numero compreso tra 173 e 267 civili inermi assassinati a Itaba, nella provincia di Gitega, il 9
settembre 2002.
Sebbene l'esercito del Burundi abbia ammesso le uccisioni, le autorità giudiziarie hanno
fatto cadere l'accusa di omicidio sostituendola con due accuse di minore entità: mancanza di
pubblica solidarietà e violazione delle consegne militari. Gli imputati sono stati assolti anche
dalla prima accusa e sono stati giudicati colpevoli di non aver seguito gli ordini assegnati:
ovvero, avevano sbagliato nel riferire sulla situazione e, anche se avessero ricevuto l'ordine
di aprire il fuoco su dei combattenti, avrebbe dovuto essere loro chiaro che stavano sparando
sulla popolazione civile inerme. Sono stati condannati a quattro mesi di carcere e rilasciati. In
135
(Misna), Uganda – Padre Raffaele, grazie per quello che hai dato alla tua gente!, 2/10/00, ore 00:44.
100
Costa d'Avorio, la guerra civile causata dalla sommossa del 19 settembre 2002 ad opera di
elementi armati originariamente appartenenti alle Forze armate nazionali della Costa
d'Avorio, ha lasciato lentamente il passo a una soluzione negoziale, con la firma a Parigi, il
29 gennaio 2003, degli accordi di Linas-Marcoussis, che hanno l'obiettivo di favorire una
soluzione politica del conflitto. Gli scontri continuano tuttavia a imperversare nella regione
occidentale. Dall'inizio del conflitto, più di un milione di persone risultano sfollate. I rifugiati
della Liberia, identificati in modo indiscriminato con l'opposizione armata della Costa
d'Avorio, continuano a rischiare la vita poiché sono rimasti coinvolti nella violenza che ha
scosso quest'ultimo paese.
In Liberia, le ostilità tra le forze governative del presidente Charles Taylor e l'opposizione
armata dei Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia (Lurd) si sono intensificate
estendendosi ad aree precedentemente non toccate dal conflitto. La crisi umanitaria e dei
diritti umani, già grave, è ulteriormente peggiorata. L'emergere di un altro gruppo armato,
distinto dal Lurd, nell'est e nel sud del paese ha non solo ampliato la minaccia per i civili
liberiani e per i rifugiati di altre nazionalità che fuggono dal conflitto in Costa d'Avorio, ma
ha anche complicato il già difficile tentativo di risolvere il conflitto e fermare gli abusi dei
diritti umani. Il peggioramento delle condizioni di sicurezza sta avendo un costo terribile:
ampie perdite di vite umane, distruzioni di proprietà e sfollamento massiccio della
popolazione. I rifugiati e i profughi interni sono particolarmente vulnerabili poiché i loro
campi vengono deliberatamente attaccati. Il reclutamento forzato, anche di bambini minori di
18 anni, da parte sia del governo che dei gruppi armati di opposizione, è dilagante. L'accesso
alle agenzie di aiuto umanitario, il cui personale è stato a sua volta attaccato e ucciso, è
fortemente limitato. L'allargamento dei combattimenti in tutto il paese sta impedendo la
fornitura di aiuti umanitari in 11 delle 15 regioni della Liberia. Nella Repubblica
Democratica del Congo sono state eseguite le condanne a morte di alcuni dei 30 imputati
accusati di essere stati coinvolti nell'assassinio del presidente Laurent-Desiré Kabila,
avvenuto nel gennaio 2001.
Il processo si è tenuto di fronte alla Corte per l'ordine militare, le cui procedure non
rispettano gli standard internazionali sul giusto processo. Alcune ore prima dell'emissione
delle condanne a morte, 15 persone sono state fucilate in segreto: si è trattato delle prime
esecuzioni avvenute nel paese dal dicembre 2000. All'inizio dell'anno sono pervenute notizie
riguardanti uccisioni di civili compiute alla fine del 2002 ad opera del Movimento di
liberazione del Congo e del Raggruppamento congolese per la democrazia - Nazionale.
L'episodio si è verificato nella provincia di Ituri, nel nord-est del paese. All'inizio di aprile
101
nella stessa zona, a Drodro, centinaia di civili per lo più privi estranei ai combattimenti
appartenenti all'etnia Hema sono stati uccisi da uomini armati del gruppo etnico Lendu. Dalla
regione di Kivu continuano a giungere denunce di ulteriori uccisioni e altri abusi dei diritti
umani, tra cui stupri, da parte dei gruppi armati e delle forze del governo del Ruanda. Nella
Repubblica Centroafricana, in uno scenario contrassegnato da uccisioni illegali, torture e
stupri, in particolare ad opera dei combattenti che sostengono il presidente Ange-Félix
Patassé, l'ex capo di stato maggiore Francois Bozizé ha preso il potere nel mese di marzo.
Nello Zimbawe vi è stata un'intensificazione del ciclo di intimidazioni, arresti arbitrari,
detenzioni e torture nei confronti dei difensori dei diritti umani, dei parlamentari di
opposizione e di coloro che esprimono pacificamente le proprie opinioni o criticano la
politica governativa. Sebbene alcuni degli arrestati siano stati rilasciati, molti rimangono
ancora in prigione e di altri non è noto il luogo di detenzione.
AMERICHE - Nei loro sforzi per identificare i responsabili degli attacchi dell'11
settembre 2001 e nel contesto della "guerra contro il terrorismo", gli Usa hanno continuato a
violare i diritti umani fondamentali di più di 600 prigionieri detenuti nella base navale di
Guantanamo Bay, a Cuba. Fonti militari statunitensi hanno ammesso la detenzione di
bambini di età inferiore a 16 anni per interrogarli in quanto "combattenti nemici". Amnesty
International ha chiesto il loro immediato rilascio, definendo la loro detenzione
"particolarmente ripugnante". Il continuo limbo legale nel quale sono tenuti tutti i prigionieri
di Guantanamo, che non stati riconosciuti dagli Usa come prigionieri di guerra e ai quali non
è concessa alcuna possibilità di contestare la legalità della loro detenzione davanti a una
corte, è esso stesso una violazione del diritto internazionale. Ponendo questi prigionieri in un
"buco nero legale", l'amministrazione statunitense sembra continuare a favorire un mondo in
cui forme di detenzione arbitraria che non possono essere contrastate sul piano legale
diventino una prassi accettabile.
In Colombia, a febbraio, il governo del presidente Álvaro Uribe ha esteso per oltre tre
mesi lo stato di emergenza dichiarato nell'agosto del 2002. Il governo sta anche procedendo
con una serie di misure che potrebbero esacerbare il già grave problema dell'impunità nel
paese. A gennaio è stato emanato il decreto 128 che darà al governo il potere effettivo di
amnistiare e graziare guerriglieri e paramilitari accusati di violazioni dei diritti umani. Ad
aprile, il governo ha ultimato la stesura di un disegno di legge, che presto sarà presentato al
Congresso, che trasferisce in modo permanente alle forze armate i poteri di polizia
giudiziaria. Questo pregiudicherà fortemente la difesa dei diritti umani poiché ridurrà la
possibilità di indagini esaurienti e imparziali sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle
102
forze di sicurezza con o senza i loro alleati paramilitari. Negli ultimi quattro mesi si è anche
verificato un aumento degli attacchi contro i civili, in violazione del diritto internazionale
umanitario. Il 7 febbraio un'autobomba è esplosa all'ingresso del club "El Nogal" di Bogotà,
uccidendo 36 persone e ferendone 170. Il governo della Giamaica sembra ignorare le
possibili nuove prove di esecuzioni extragiudiziali scoperte da una delegazione di Amnesty
International che ha visitato l'isola nel marzo 2003, in merito all'uccisione dei cosiddetti
"Sette di Breaton". Le prove sembrano dimostrare in modo schiacciante che i sette ragazzi
sono stati vittime di esecuzioni extragiudiziali da parte della polizia. Le autorità giamaicane
continuano a non voler prendere in considerazione le richieste di giustizia dei parenti dei
sette ragazzi.
Con una mossa che ha segnato un enorme passo indietro per i diritti umani a Cuba,
almeno 33 dissidenti arrestati a marzo in un giro di vite contro l'opposizione sono stati
condannati a periodi di detenzione incredibilmente lunghi, fino anche a 28 anni. Ad aprile, in
un altro attacco ai diritti umani, le autorità cubane hanno messo fine a tre anni di moratoria
sulle esecuzioni mandando tre uomini davanti al plotone d'esecuzione. I tre prigionieri
fucilati facevano parte di un gruppo che il 2 aprile aveva dirottato una nave cubana con
decine di passeggeri a bordo e aveva cercato di dirigerla con la forza verso gli Stati Uniti.
Essi hanno avuto un processo sommario e i loro appelli alla Corte Suprema e al Consiglio di
Stato sono stati esaminati in maniera frettolosa e inadeguata. Sono stati fucilati meno di una
settimana dopo l'inizio del processo. Facendo immediatamente seguito all'ondata di arresti e
processi sommari nei confronti dei dissidenti, queste esecuzioni segnano una grave erosione
della situazione dei diritti umani a Cuba. La polarizzazione politica in Venezuela ha
minacciato di dare luogo a violenze su vasta scala. La tensione è salita particolarmente
durante i 63 giorni di sciopero nazionale, terminato a febbraio, che era stato convocato
dall'opposizione nel tentativo di rovesciare il presidente Chávez.
Ad un anno dal fallimento del colpo di stato dell'aprile 2002, quando più di 50 persone
avevano perso la vita e altre centinaia erano state ferite, il governo del Venezuela e
l'opposizione ancora non sanno riconoscere le proprie responsabilità nella tragedia e garantire
che i responsabili saranno portati davanti alla giustizia. Amnesty International ha espresso
preoccupazione per il fatto che il proscioglimento dall'accusa di omicidio di coloro che erano
stati accusati di aver sparato dal Puente Llaguno, e l'assenza di incriminazioni nei confronti
della Polizia Metropolitana, implicata nelle morti e nei ferimenti dell'11 aprile 2002, abbiano
dato ulteriore dimostrazione della debolezza delle indagini ufficiali. Tutto questo accresce
anche i timori circa la capacità dello stato di perseguire effettivamente tutti i responsabili di
103
questi episodi. Il nuovo governo di Luiz Inácio da Lula si è insediato in Brasile a gennaio. Il
continuo e drammatico aumento della violenza in città come San Paolo e Rio de Janeiro ha
generato preoccupazione circa la sicurezza pubblica e i meccanismi che è necessario attuare
per garantire il rispetto dei diritti umani e la sicurezza di tutta la popolazione del Brasile.
Amnesty International è in attesa di vedere quali passi concreti il nuovo governo intenderà
intraprendere per attuare una forte politica sui diritti umani.
In Cile l'ex generale Manuel Contreras, capo della polizia segreta sotto il generale
Augusto Pinochet, è stato condannato in aprile a 15 anni di carcere per la "sparizione" di
Carlos Sandoval, avvenuta durante il regime militare. Una rivolta carceraria ha avuto luogo il
5 aprile a El Porvenir, La Ceiba, in Honduras: sono state uccise 69 persone, tra cui 59
membri delle maras (bande giovanili), altri sei prigionieri, tre visitatrici e un poliziotto.
Amnesty International ha scritto al ministro della Sicurezza esprimendo la propria
preoccupazione riguardo all'episodio e all'alto numero di membri delle maras uccisi (essi
costituiscono solo un quinto della popolazione carceraria). L'organizzazione ha anche chiesto
l'avvio di un'indagine indipendente e completa e ha espresso preoccupazione per le notizie
riguardanti la presenza di bambini tra la popolazione carceraria adulta. In Guatemala si sta
verificando un'ondata crescente di intimidazioni, ostilità e violenze contro la popolazione
indigena, sia nella capitale che nelle zone rurali. Ad aprile Amnesty International ha chiesto
al governo del Guatemala di adottare misure urgenti e concrete per porre fine agli abusi dei
diritti umani, comprese le esecuzioni extragiudiziali, contro la popolazione indigena del
paese.
ASIA E PACIFICO - L'anno è cominciato in Cina con sette esecuzioni durante
un'adunata pubblica nella città meridionale di Sanya, noto centro turistico dell'isola di
Hainan. Il numero delle esecuzioni è drammaticamente cresciuto all'inizio di febbraio, alla
vigilia del Capodanno cinese. Il 29 gennaio il governo del Nepal e i dirigenti del Partito
comunista del Nepal (maoista) hanno annunciato il cessate il fuoco. Amnesty International ha
spinto entrambe le parti a fare dei diritti umani una parte integrante dell'agenda per i
negoziati di pace. A febbraio Amnesty International ha fatto la sua prima visita in Myanmar.
La delegazione ha incontrato esponenti del governo militare, Daw Aung San Suu Kyi,
Segretaria Generale della Lega nazionale per la democrazia ( Lnd), altri militanti della Lnd,
diplomatici e rappresentanti della comunità internazionale. I delegati hanno visitato anche le
strutture carcerarie, inclusa la prigione Insein nella capitale Yangon e il punto di guardia
presso l'ospedale generale di Yangon. L'organizzazione spera di tornare nel paese alla fine
dell'anno. In aprile Amnesty International ha espresso apprezzamento per alcuni limitati passi
104
avanti nella situazione dei diritti umani, ma allo stesso tempo si è rammaricata per l'assenza
di ulteriori miglioramenti. Il governo ha comunicato all'organizzazione che i prigionieri
politici hanno ora accesso a materiale di lettura e a contatti sociali, ciò che rappresenta uno
sviluppo positivo. Tuttavia, oltre 1.200 prigionieri politici si trovano ancora in carcere e la
frequenza delle scarcerazioni è molto rallentata negli ultimi mesi.
Il 21 marzo, Amnesty International ha pubblicato un rapporto intitolato "La ricostituzione
delle forze di polizia è essenziale per i diritti umani", in cui chiede alla comunità
internazionale di aiutare la ricostituzione delle forze di polizia in Afghanistan.
L'organizzazione ha accolto positivamente la recente ratifica, da parte di questo paese, della
Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione contro le donne. In
Cambogia due giornalisti sono stati arrestati nel tentativo di mettere a tacere la loro libertà di
parola. In Tailandia il governo ha dichiarato "guerra alla droga". Questa iniziativa viene
attuata mediante la politica dello "spara per uccidere", con cui la polizia uccide chiunque sia
ritenuto coinvolto nel traffico di stupefacenti. Dall'inizio dell'anno, almeno 600 persone sono
state uccise a colpi d'arma da fuoco. Le autorità sostengono che solo 15 di esse sono state
uccise dalle forze di sicurezza, mentre le altre sarebbero state colpite nel corso delle
sparatorie tra i trafficanti di droga. Le autorità non permettono ai patologi di effettuare
autopsie e, a quanto pare, le pallottole vengono rimosse dai cadaveri. Il 27 febbraio,
nell'anniversario del massacro nel quale furono uccise più di 2.000 persone nello stato di
Gujarat, in India, Amnesty International ha denunciato la continua violazione dei diritti
costituzionali, e in particolare del diritto al risarcimento. Il 23 marzo nello stato di Jammu e
Kashmir 24 persone, tra cui 11 donne e due bambini - tutte appartenenti alla comunità
Kashmir Pandit - sono state uccise da uomini armato non identificati. Amnesty International
ha condannato le uccisioni e ha chiesto l'apertura di un'indagine.
EUROPA E ASIA CENTRALE - In Turchia il Partito della giustizia e dello sviluppo
(Akp) è stato eletto a formare il nuovo governo il 3 novembre 2002. Recep Tayyip Erdogan,
leader dell'Akp e ex prigioniero di coscienza adottato da Amnesty International, è stato eletto
al Parlamento nel marzo 2003 e poco dopo è divenuto primo ministro. In precedenza non
aveva potuto ricoprire l'incarico per via di una legge che gli proibiva di sedere in parlamento
a causa di una trascorsa condanna per "incitamento all'odio religioso", inflittagli per aver
recitato un poema durante un intervento politico pubblico, nel 1999, quando era sindaco di
Istanbul. A febbraio, Amnesty International ha pubblicato un nuovo rapporto in cui si
denuncia come in Turchia le donne in stato di detenzione rischiano di essere vittime di
violenza sessuale, da parte degli agenti delle forze di sicurezza. Alcune donne sono
105
particolarmente a rischio, specialmente quelle di origine curda e coloro che professano idee
politiche inaccettabili per le autorità o per i militari. I soci di Amnesty International si sono
impegnati in un'azione per porre fine alla violenza sessuale contro le donne. A marzo,
Amnesty International ha diffuso un rapporto che evidenzia i problemi che devono affrontare
le minoranze etniche nella Federazione Russa, come detenzioni arbitrarie e maltrattamenti.
Il rapporto denuncia poi la situazione dei cittadini delle altre repubbliche ex sovietiche,
cui viene negato il diritto legale alla cittadinanza russa, e gli attacchi razzisti contro
richiedenti asilo e rifugiati, che subiscono ulteriori difficoltà poiché i loro documenti non
sono ritenuti validi dalla polizia. Il 23 dicembre Grigory Pasko, inviato di un giornale della
Flotta russa del Pacifico, è stato rilasciato con la condizionale: era stato arrestato per la prima
volta nel 1997, per aver trasmesso informazioni ritenute riservate ai media giapponesi; due
anni dopo era stato prosciolto dalle accuse di spionaggio. Tuttavia, nel dicembre del 2001,
era stato condannato a quattro anni di carcere per tradimento e spionaggio.
Alla luce di questo, Amnesty International e altre organizzazioni non governative hanno
reiterato la richiesta alle autorità del Regno Unito di iniziare subito un'indagine approfondita,
pubblica, internazionale, indipendente e imparziale, sulle circostanze dell'uccisione di
Finucane. Il 3 aprile Serbia e Montenegro sono diventate il 45° stato membro del Consiglio
d'Europa. In precedenza, il 12 marzo, il primo ministro Zoran Djindic era stato assassinato,
spingendo le autorità a imporre lo stato di emergenza. Amnesty International ha espresso
preoccupazione per il fatto che, in base a questo provvedimento, persone sospettate di aver
commesso un reato potrebbero essere trattenute per oltre 30 giorni senza accesso a un
avvocato, e ciò potrebbe dar luogo a torture e maltrattamenti da parte della polizia, data la
larga diffusione di queste pratiche durante il periodo di detenzione in incommunicado.
Centinaia di persone rimangono in stato di detenzione in relazione alle indagini sull'omicidio,
che il governo ha attribuito a gruppi del crimine organizzato.
In Spagna il 20 febbraio Euskaldunon Egunkaria, l'unico giornale scritto interamente in
basco, è stato chiuso come misura "precauzionale" e dieci persone (responsabili editoriali,
giornalisti ed altri) sono state arrestate sulla base della legislazione anti-terrorismo su ordine
di un giudice della Corte nazionale per accuse relative al gruppo armato Eta. A marzo il
governo ha annunciato che stava avviando un'azione legale contro quattro direttori del
giornale per "aver mosso accuse false" di tortura contro la Guardia civile. Amnesty
International ha scritto alle autorità spagnole dopo aver ricevuto la notizia che Martxelo
Otamendi (uno dei direttori del giornale) e altri detenuti erano stati sottoposti a forme di
tortura come la "bolsa" (soffocamento in una busta di plastica), esercizi fisici snervanti,
106
minacce e simulazioni di esecuzioni. L'organizzazione ha chiesto un'indagine imparziale e
completa, a prescindere se sia stata sporta una formale denuncia di tortura. Amnesty
International, che si oppone all'uso della detenzione in incommunicado poiché essa facilita la
tortura, è anche profondamente preoccupata per le inquietanti nuove proposte legislative
volte ad estendere il regime di incommunicado.
A febbraio è emerso che il vice direttore della polizia di Francoforte, in Germania, aveva
ordinato ai suoi uomini di usare la forza contro un sospetto criminale ritenuto coinvolto nel
rapimento di un ragazzo di 11 anni a scopo di riscatto, con l'obiettivo di estorcere
informazioni riguardanti il luogo di prigionia del sequestrato. Mentre era nelle mani della
polizia, il sospetto è stato minacciato di atti di forza nei suoi confronti. Amnesty International
è preoccupata per il fatto che, a dispetto del netto, assoluto e inderogabile divieto di torture e
maltrattamenti previsto dalla Costituzione tedesca e anche dalle leggi nazionali e dal diritto
internazionale, un pubblico ufficiale possa aver deciso di ricorrere all'uso o alla minaccia
della tortura. Amnesty International ha chiesto alle autorità di indagare su questo episodio. In
Bielorussia, almeno 50 manifestanti pacifici sono stati arrestati nella capitale Minsk il 23
marzo, durante una manifestazione non autorizzata, organizzata per protestare contro il
governo del presidente Lukashenka e in coincidenza con l'anniversario della nascita della
prima Repubblica di Bielorussia. Alcuni partecipanti sono stati condannati a periodi dai 5 ai
15 giorni di carcere e altri avrebbero ricevuto richiami ufficiali e multe.
In Turkmenistan, Amnesty International ha criticato la condanna a tre anni inflitta il 4
marzo a Farid Tukhbatullin. Era stato giudicato colpevole di aver attraversato illegalmente il
confine tra Uzbekistan e Turkmenistan e di nascondere un grave atto criminale. Stava
tornando da una conferenza internazionale dedicata a questioni quali la libertà d'espressione e
i diritti dei bambini. Il suo processo non ha rispettato gli standard internazionali in materia di
giusto processo e Amnesty International lo ha adottato come prigioniero di coscienza. Farid
Tukhbatullin è stato liberato all'inizio di aprile. All'indomani dell'inizio della guerra in Iraq,
in alcuni paesi europei c'è stata una violenta reazione contro i diritti umani. In Belgio,
all'inizio di marzo, più di 450 manifestanti contro la guerra sono stati posti agli arresti
amministrativi, una forma di detenzione "preventiva" che può durare fino a 12 ore. Nel
Regno Unito, l'Atto sul terrorismo del 2000 è stato applicato in alcune aree per concedere
alla polizia poteri speciali di "fermo e perquisizione" nei confronti di persone senza alcun
ragionevole sospetto. Nel corso di una serie di proteste organizzate in Grecia, la polizia si è
resa responsabile di maltrattamenti nei confronti dei manifestanti. Il 21 marzo ad Atene 23
persone sono state arrestate dalla polizia e decine di altre sono state trattenute per brevi
107
periodi di tempo dopo che, durante una manifestazione contro la guerra, erano stati
danneggiati alcuni palazzi. Al termine della manifestazione la polizia anti-sommossa ha
picchiato un gruppo di immigrati iracheni, portando via 38 di essi per controllare la loro
identità. Nell'Unione Europea, Danimarca, Norvegia, Svizzera e Regno Unito hanno sospeso
ogni decisione sulle richieste di asilo presentate da cittadini iracheni.
MEDIO ORIENTE E AFRICA SETTENTRIONALE - Il conflitto in Iraq ha avuto
vaste implicazioni per i diritti umani poiché molti governi hanno usato l'ombra della guerra
per giustificare o nascondere le violazioni dei diritti umani. La libertà d'espressione è
risultata minacciata in modo crescente, con ampi giri di vite nei confronti dei manifestanti
contrari alla guerra. In diversi paesi, ma soprattutto in Egitto, Giordania e Yemen, le autorità
hanno tentato di impedire la partecipazione alle manifestazioni, attraverso intimidazioni e
arresti arbitrari. In molti paesi la polizia ha reagito alle manifestazioni ricorrendo all'uso
eccessivo della forza: nello Yemen ciò ha provocato diversi morti e molti feriti, mentre in
Egitto centinaia di attivisti contro la guerra sono stati arrestati e molti di loro sarebbero stati
torturati nel corso della detenzione. Mentre i riflettori erano puntati sull'Iraq, gli abusi dei
diritti umani sono proseguiti in tutta la regione. La media delle persone uccise nel conflitto
interno in Algeria è risultata di quasi 100 persone al mese, mentre vi sono stati arresti
arbitrari e torture in Tunisia e denunce di detenzioni segrete e torture in Marocco.
Le violazioni dei diritti umani sono proseguite senza soluzione di continuità in Israele /
Territori Occupati. All'inizio dell'anno l'esercito israeliano ha ripreso il controllo della
maggior parte delle aree sotto la giurisdizione dell'Autorità Palestinese e ha imposto una
completa e prolungata chiusura e un coprifuoco di dimensioni senza precedenti nei Territori
Occupati. La maggior parte delle città e dei villaggi palestinesi sono stati isolati gli uni dagli
altri per gran parte del periodo coperto da questo aggiornamento e il prolungato coprifuoco
continua ad essere imposto nei maggiori centri abitati e in altri luoghi. Queste misure radicali
di punizione collettiva colpiscono milioni di palestinesi, ai quali continua a essere negato o
severamente limitato l'accesso al lavoro, all'educazione e all'assistenza medica. Questo ha
generato il collasso complessivo dell'economia palestinese. La disoccupazione è aumentata
vertiginosamente e oltre metà della popolazione palestinese sta attualmente vivendo sotto la
soglia di povertà. La situazione in Iraq continua ad essere caratterizzata da grande incertezza.
Il governo iracheno e le agenzie governative sono crollati ma non è ancora stata costituita
alcuna autorità alternativa. I saccheggi e le violenze sono assai diffusi e in alcune aree la
popolazione - compresa quella sotto la protezione delle Nazioni Unite - è stata costretta alla
fuga. Ad oltre 1.000 persone, per lo più curdi iraniani provenienti dal campo profughi di Al108
Tash (gestito dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), non è stato
permesso di entrare in Giordania: essi sono attualmente fermi nella zona neutrale tra
Giordania e Iraq. La durata della presenza militare angloamericana rimane sconosciuta, le
prospettive di una effettiva autorità di transizione non sono chiare e sussistono disaccordi sul
ruolo che dovrà essere assunto dalle Nazioni Unite.
La più difficile sfida per l'Iraq deve ancora arrivare: assicurare che i diritti umani
giocheranno un ruolo centrale nel futuro del paese. Affrontare l'impunità per le passate
violazioni, accertare le responsabilità per le violazioni del diritto internazionale umanitario
durante la guerra, costruire un sistema giudiziario equo ed efficace, garantire il rispetto dei
diritti umani di tutti senza discriminazioni sul piano religioso, etnico o di genere, e insistere
affinché la popolazione irachena stessa guidi questo processo: tutto questo avrà
un'importanza fondamentale136.
136
http://www.amnesty.it/
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(Misna), Congo (Repubblica Democratica) - Orrendo massacro a Makobola II: 500 morti,
5/06/1999, ore 19:45.
115
(Misna), Uganda – Padre Raffaele, grazie per quello che hai dato alla tua gente!, 2/10/00,
ore 00:44.
(Misna), Sri Lanka – Presidente rifiuta negoziato con “Tigri” Tamil, 4/08/2004, ore 12:47.
(Misna), Italia – Superiore comboniani: lasciare in Africa una testimonianza d’amore,
31/072004, ore 1:20.
(Misna), Uganda – Ucciso missionario comboniano, 1/10/00, ore 14:04.
Palmieri V., Carta stampata e internet: un matrimonio possibile, Infocity, lunedì 29
dicembre 2003, sett./giornalismo on line.
Pende S., Missionario dell’informazione. Giornalisti in prima linea. Ha fondato l’agenzia
con più corrispondenti al mondo. Circa 600 mila, tra religiosi e volontari. Obiettivo: dar
voce a chi non ne ha. Il sacerdote che l’ha creata racconta perché lo fanno,
Panorama, 18 settembre 2003, p. 123-124.
Rosaspina E., Samba e libri: i nuovi missionari creativi. Non solo religiosi, sempre più laici
seguono vie originali di evangelizzazione.”Ma la Frontiera è l’Europa”, Corriere della Sera,
lunedì 26 aprile 2004, p. 18.
Serra M., Internet e old media: vince la logica dell’integrazione, Infocity, lunedì 17
novembre 2003, sett./giornalismo on line.
Serra M., Talvolta sappiamo creare la pace, la Repubblica, lunedì 30 agosto 2004, p. 1 e 52.
S. F., Allarme Fao: 842 milioni di affamati nel mondo. Il rapporto 2003 sullo «Stato
dell'insicurezza alimentare». Sono 27 milioni in più rispetto allo scorso anno. Un fenomeno
in continua crescita e che è sempre più difficile arginare, Corriere della Sera, 25 novembre
2003, primo piano, Esteri.
S. F., Blitz dei guerriglieri, massacrate 190 persone, Il Messaggero, 23/2/04, Esteri.
S. F., Cristiani contro musulmani. Almeno 630 morti negli scontri, La Stampa, 7/5/04, Esteri.
116
S. F., Gli uomini del gruppo "Lra" hanno attaccato Camp Barlonyo, Date alle fiamme 500
capanne: donne e bambini fra le vittime, Uganda, strage di profughi i ribelli uccidono 173
persone, Il racconto dei testimoni all'agenzia comboniana Misna, la Repubblica, 22/02/04,
Esteri.
S. F, Il frate missionario comboniano: «Ho visto cose impressionanti», Uganda, 173 persone
uccise dai ribelli, Il massacro per mano degli uomini del sedicente Esercito del Signore, nel
campo profughi di Barlonyo, nel nord del Paese, Corriere della Sera, 22/02/04, primo piano,
Esteri.
S. F., Nigeria/Miliziani cristiani attaccano villaggio musulmano/La Croce rossa denuncia:
almeno 630 vittime, L’Unità, 7/5/04, Primo piano.
S. F., Nigeria/oltre 200 vittime in scontri etnico-religiosi, Il Giornale, 6/5/04, Esteri.
S. F., Nigeria/Trecento persone massacrate a colpi di mitra, Il Manifesto, 6/5/04, Esteri.
S. F., Oltre 630 morti in Nigeria negli scontri etnico-religiosi, Il Giornale, 7/5/04, Esteri.
S. F., Strage in Nigeria, oltre 600 morti in scontri etnici, la Repubblica, 7/5/04, Esteri.
S. F., Più di duecento le vittime dei “Guerriglieri di Dio”, Il Messaggero, 24 febbraio 2004,
p. 15, Estero.
S. L. I., Uganda/La strage dei profughi, Il Manifesto, 24/2/04, Esteri.
Vaccari L., Montanelli, il coraggio del bastian contrario. Il grande maestro del giornalismo
italiano è morto ieri a Milano. Aveva 92 anni. La sua scelta: restare sempre fuori dal coro,
Il Messaggero, 23 luglio 2001, p. Primo piano.
Veronese P., Uganda, massacro nel campo profughi, la Repubblica, 23/2/04, Reportage
esteri.
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Zappalà D., La guerra dimenticata. Il tragico bilancio è destinato a salire: decine di civili
sono in gravissime condizioni, tra loro molti bambini. L'attacco dei guerriglieri, armati di
granate e mitra, è durato per più di tre ore Nord Uganda: l’Onu indaga sui 220 morti.
Procedimento della Corte penale sui ribelli dell’Lra che hanno assaltato il campo profughi
di Barlonyo, Di Daniele Zappalà, Avvenire, 24/02/04, oggi continente.
Zavattaro F., Informazione e parole, Segno nel mondo, ottobre 2003, p. 3.
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123
Indice
INTRODUZIONE.............................................................................................................................. 3
Capitolo 1
Sintesi delle varie fonti d’informazione
1.1 Le agenzie ............................................................................................................................ 6
1.2 Scelta di una notizia ........................................................................................................... 16
1.3 I rapporti con i mass media................................................................................................ 20
1.4 I giornali telematici, il caso del Nuovo .............................................................................. 26
Capitolo 2
Agenzia internazionale Misna, tra fede e giornalismo
2.1 Tecnologie digitali: strumento evangelico a sostegno degli ultimi ................................... 35
2.2 Struttura dell’agenzia Misna .............................................................................................. 41
2.3 La voce dell’Africa come priorità...................................................................................... 49
Capitolo 3
Il Sud del mondo nei lanci Misna
3.1 Un’altra informazione........................................................................................................ 56
3.2 I lanci Misna nei quotidiani italiani ................................................................................... 59
3.3 Osservazioni conclusive sull’indagine............................................................................... 72
3.4 La ricerca “Conflitti dimenticati”...................................................................................... 77
3.5 Uno sguardo al giornalismo occidentale............................................................................ 87
CONCLUSIONI .............................................................................................................................. 92
APPENDICE
Il futuro nelle mani dei governi ....................................................................................................... 94
L’esempio delle Olimpiadi............................................................................................................... 96
L’uccisione di un missionario.......................................................................................................... 98
Diritti umani: rapporto 2003 di Amnesty International ................................................................ 100
BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................... 110
EMEROGRAFIA........................................................................................................................... 114
WEBLIOGRAFIA ......................................................................................................................... 119