`agenzia Misna, un`altra faccia dell`informazione
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`agenzia Misna, un`altra faccia dell`informazione
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI ROMA “LA SAPIENZA” Facoltà di Sociologia Corso di Laurea in Sociologia Tesi di Laurea in Sociologia della Comunicazione AGENZIA MISNA UN’ALTRA FACCIA DELL’INFORMAZIONE Relatrice: Prof.ssa Elisabetta CAPORELLO Correlatrice: Prof.ssa Maria Giovanna MUSSO Candidato Giovanni PILERA Matricola: 12176022 ANNO ACCADEMICO 2003 - 2004 Ringraziamenti Desidero ringraziare la Prof.ssa Elisabetta Caporello per aver seguito il mio lavoro con professionalità e disponibilità. 2 Introduzione Il progetto Misna nasce da due letture: la prima riguarda un articolo pubblicato sul settimanale Panorama titolato “Missionario dell’informazione. Giornalisti in prima linea”, che porta la firma della giornalista Stella Pende. Si tratta di uno speciale dedicato all’agenzia internazionale Missionary Service News Agency (Misna), in cui si descrive il particolare lavoro giornalistico svolto da migliaia di missionari che si trovano sparsi in tutto il mondo. All’impatto può sembrare strano parlare di missionari giornalisti, ma in realtà è proprio così: attraverso il sito web www.misna.org, portano in superficie tutti quei fatti che accadono nel Sud del mondo e che generalmente non trovano spazio nei tradizionali mezzi di comunicazione di massa. Da un’intervista all’ex direttore dell’agenzia, padre Giulio Albanese, emergevano gli obiettivi della Misna (“Dar voce ai Senza Voce”), spiegando i motivi che hanno spinto molti religiosi e laici ad intraprendere la strada di giornalisti attraverso una testata telematica. La seconda lettura che ha anticipato questo lavoro, riguarda invece il libro intitolato Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, scritto da padre Albanese. Emergevano dal libro numerosi problemi che affliggono i popoli del Terzo mondo, ma soprattutto temi riguardanti l’incompletezza d’informazione internazionale da parte del giornalismo occidentale. La prima parte si apriva con una dura ammenda nei confronti dell’attuale informazione estera, rivolta, secondo l’autore, principalmente a fatti legati agli interessi economici e culturali del mondo occidentale, «i fatti della porta accanto». Si dimenticano invece gli eventi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina. Diverse domande erano proposte dal libro, anche forti a volte, del tipo: perché un bambino israeliano ucciso dai palestinesi fa titolo mentre cento bambini morti in Uganda o in Sudan non valgono neanche una riga? Perché un soldato americano morto in Iraq ha gli onori della prima pagina mentre migliaia di profughi che muoiono ogni giorno di fame, malattie e in guerre civili nelle zone più sperdute dell’Africa invece no? Altro problema dal libro, sull’informazione in genere, riguardava l’eccessiva spettacolarizzazione degli eventi a scapito di contenuti seri e consapevoli. Gli editori seguono le leggi del news businnes, improntate su notizie “usa e getta” (pettegolezzi, sensazionalismo, ricerca a tutti i costi dello scoop) e dimenticano i principi di un’informazione globale. Questo quadro generale offerto dalle due letture spronava a capire 3 se veramente il giornalismo, soprattutto italiano, era così indifferente di fronte a quella faccia del mondo rivolta a Sud. 1. Partendo dalle fonti primarie su cui poggia l’informazione internazionale, le agenzie, e tenendo in considerazione il processo di produzione delle notizie, il newsmaking, si è cercato di mettere in luce il ruolo dei mass media in merito ai fatti che provengono dalle zone più sperdute della Terra (Africa, Asia e America Latina). Centrale è il rapporto diretto che le agenzie di stampa instaurano con gli scenari dei fatti, la loro collocazione nel panorama dell’informazione (editoriale, logistico), come rilanciano ai media tradizionali l’informazione, anche dopo l’avvento di Internet. Si è accennato anche al rischio di manipolazione di un evento nel caso in cui esiste una sola fonte. Il tema tocca da vicino le influenze organizzative (routine burocratiche) e ideologiche (i valori-notizia, i condizionamenti individuali, sociali e politici), sui rapporti esistenti tra agenzie e mass media, tenendo presente le nuove forme telematiche che si sono venute a creare negli ultimi anni. In questa prima parte della tesi si affronta una sintesi delle varie forti d’informazione, come possono essere le moltissime webzine nate fra il 1997 e il 2003. Si accenna anche al ruolo dei quotidiani telematici. In quest’ultimo caso abbiamo preso come esempio la testata del Nuovo, anche se ormai non esiste più, poiché è stato in Italia uno degli esperimenti più importanti in materia di giornalismo in rete. 2. A questo punto si è passati (nel capitolo secondo) al nucleo centrale di questo lavoro: l’agenzia Misna, un’altra faccia dell’informazione. Protagoniste della scena diventano le nuove forme di comunicazione digitali, accolte con favore sia dai cattolici che dai laici, per dar voce a chi non ne ha, ovvero agli ultimi della Terra: i paesi del terzo e quarto mondo. L’agenzia Misna ha carattere internazionale ed ha un numero elevatissimo di inviati sul campo (circa 600 mila secondo alcune stime), il maggiore fra le testate di tutto il mondo. Fra questi giornalisti 14 mila sono italiani. La loro caratteristica come abbiamo già accennato è molto particolare: sono infatti dei missionari, dei laici, semplici volontari impegnati nei cinque continenti in opere di umanità e di evangelizzazione. La maggior parte di loro appartiene all’ordine religioso dei Comboniani. Questi giornalisti d’eccezione, al di là della loro missione, sono dei veri e propri reporter d’agenzia, alcuni muniti dei moderni mezzi di trasmissione telematica mentre altri si affidano ancora al telefono, come accadeva una volta. Grazie all’aiuto dei laici, che nel progetto Misna hanno messo a disposizione molte competenze nel campo telematico, la Chiesa ha potuto realizzare un sogno nel cassetto custodito da molti anni: dar voce ai senza voce. L’agenzia Misna nasce nel 1996 per offrire al mondo dell’informazione un servizio sui 4 contenuti del Sud (Africa, Asia, Oceania, America Latina). Temi che la maggior parte del pubblico non conosce o non considera nemmeno, perché non li ha sotto gli occhi. I corrispondenti Misna fanno tutto questo senza sottostare al soldo di nessuno, senza ricevere proventi pubblicitari. Il solo finanziamento di cui dispongono proviene da alcuni fondi volontari messi a disposizione da diverse associazioni cattoliche, circa 500 mila euro l’anno: una cifra in realtà molto bassa per una testata giornalistica internazionale. 3. Oltre ad una varietà di fonti primarie, che si sono potute attingere dai quotidiani, dai palinsesti televisivi e radiofonici, il lavoro si basa su un’ampia bibliografia secondaria, quella webliografica, che ha fornito l’indispensabile documentazione per un consapevole inquadramento dell’argomento. Tuttavia, nel terzo capitolo, abbiamo tentato di capire perché le notizie che riguardano il Sud del mondo non sono pubblicate o finiscono nel dimenticatoio di alcune testate. Così è stata svolta una semplice indagine esplorativa su dieci quotidiani italiani, per tentare di capire quali sono le testate che affrontano temi legati alle tragedie del Sud del mondo e quali invece li ignorano quotidianamente. Si è indagato sul perché della pubblicazione di certe notizie e non di altre; quali sono stati i valori di notiziabilità di certi eventi selezionati nell’indagine; quale il tema dominante nei titoli dei giornali. Ci aiuterà a confermare e integrare i nostri dati una ricerca dal titolo Conflitti dimenticati, promossa da Caritas Italiana, Famiglia Cristiana e la rivista Il Regno. Quanto affrontato nei capitoli precedenti circa la sproporzione dell’informazione tra il Nord e il Sud del mondo, troverà in questa ricerca una conferma non solo dai dati relativi ai palinsesti radiotelevisivi e ai servizi dei quotidiani, ma anche da ciò che il pubblico ricorda su certi conflitti dimenticati: poco o nulla come vedremo, contrariamente a quanto invece accade con altri conflitti (ad esempio quello israelo-palestinese e dei balcani). 4. I lavoro si conclude sottolineando alcuni problemi del giornalismo occidentale: eccessiva spettacolarizzazione degli eventi, oltre al fatto che i media tendono ad imprimere al pubblico l’effetto choc. Tema che abbiamo voluto riallacciare all’appendice, dove si pone una riflessione sul perché è ritenuto primario stimolare l’attenzione dell’opinione pubblica verso i problemi del Sud del mondo. L’ipotesi in questo caso è che per affrontare concretamente crisi come le guerre, la fame e le malattie non c’è solo bisogno di aiuti finanziari, ma deve essere forte anche l’intervento dei media e quello dei governi. L’impegno di quest’ultimi e delle organizzazioni internazionali può essere quello di trovare canali per dialogare con chi si oppone al sistema (nel caso ad esempio di guerre civili), e in alcuni casi i risultati possono anche essere positivi per ottenere la pace. 5 Capitolo 1 Sintesi delle varie fonti d’informazione 1.1 Le agenzie Quante volte abbiamo sentito parlare durante un notiziario di aggiornamenti in tempo reale riportati dall’Ansa (agenzia nazionale stampa associata), dall’Agi (Agenzia Giornalistica Italia) o dall’Adnkronos (organo di stampa privato). In gergo giornalistico sono definiti lanci1, frammenti, dispacci, flash o pillole. Nel vasto panorama dell’informazione nazionale ed internazionale, la maggior parte dei fatti è trasmessa dalle agenzie di stampa, il primo mezzo ad intervenire nel processo di costruzione delle notizie (newsmaking). La funzione svolta dalle agenzie poggia principalmente sulla trasformazione di testimonianze e di particolari trapelati dagli sviluppi di un qualsiasi episodio, in notizia, il resoconto dei fatti che si mostra attraverso gli articoli, le immagini, i servizi o i reportage. Si tratta in definitiva di rilanciare2 il contenuto primordio (la materia prima) di una vicenda, appresa dagli scenari coinvolti in primo piano, alle redazioni3 giornalistiche, rendendolo di dominio pubblico mediante comunicati non stop (il prodotto). Questo procedimento si rifà al concetto di newswothiness (notiziabilità): la disposizione di chi opera nei media a capovolgere una storia in un fatto4, o meglio, (…) “l’insieme degli elementi attraverso i quali l’apparato informativo controlla e gestisce la quantità e il tipo di eventi da cui selezionare le notizie”5. L’indirizzo d’indagine delle agenzie di stampa può 1 R. Seghetti, La bussola dell’informazione. Giornali, agenzie, radio, televisione, internet, banche dati...come non perdersi fra le notizie, F. Angeli, Milano, 1998, p. 63, spiega che “Ogni giorno sul monitor di un giornalista si riversa una quantità di informazioni enorme. Lanci, così si chiamano, che hanno una lunghezza massima di 20-25 righe da 60 battute l’una. Altri letti, verificati, ripassati al vaglio e poi gettati via”. 2 Termine utilizzato nel settore giornalistico per definire le notizie dirottate agli organi di stampa: televisione, radio e quotidiani. 3 Quando si parla di redazioni o di testate giornalistiche, ci si riferisce alle varie sedi interne ai comuni mezzi di comunicazione di massa, come possono essere ad empio i canali televisivi, i quotidiani, la radio, rotocalchi e riviste. 4 Livolsi M. e Rositi F., La ricerca sull’industria culturale, Carocci, Roma, 2000, p. 27. 5 M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Strumenti Bompiani, Milano, 1999, p. 196. 6 essere distinto secondo gli stampi editoriali di appartenenza, ovvero, alcune di loro proiettano lo sguardo a tutto campo, riportando vicende da tutto il mondo, mentre altre hanno invece una visione più limitata, nazionale o regionale; infine vi sono quelle che si occupano esclusivamente di un unico settore, come argomenti di finanza, di politica e sport, oppure quelle che forniscono informazioni oltre che ai media anche alle istituzioni centrali e periferiche, agli organismi internazionali e alle organizzazioni di categoria o al mondo politico e sindacale. Specializzarsi in un solo settore è una delle caratteristiche principali di chi opera nelle agenzie, oltre all’obiettività e all’equilibrio nel giudicare gli eventi: elementi, peraltro, che dovrebbero essere propri di tutta la categoria giornalistica. Contemporaneamente un filo diretto le tiene in contatto con le testate giornalistiche: la rete telematica (il web), che costituisce una rapida fonte di aggiornamento ipertestuale. Televisione, radio e quotidiani non possono fare a meno di raccogliere i lanci pubblicati on line nei numerosi siti news delle agenzie, in maggioranza appartenenti a case editoriali occidentali. Secondo il magazine on line Infocity6, i dieci indirizzi delle agenzie più visitati in Italia nel 2003 sono stati: “Cnn Italia” (non più visitabile da fine dell’anno citato, anche se le informazioni da tutto il mondo sono disponibili anche attraverso l’edizione americana “Cnn.com” o quella internazionale “Cnn.com International”), “Mediaset Online”, “Affari Italiani”, “Ansa”, “Rai news 24”, “Adnkronos”, “Agi”, “Notizia più”, “News 2000” e “Amico”. Si può aggiungere, inoltre, che anche i portali come “Jumpy”, “Google”, “Clarence”, “Tiscalinet”, “Yahoo!”, “Virgilio” (questi ultimi due dispongono di un proprio spazio informativo, “Yahoo Notizie” e “Virgilio Notizie), e via discorrendo, offrono all’interno della loro web-area, oltre ad una moltitudine di altri servizi, anche notizie di ordine generale provenienti da fonti di agenzia, rientrando di diritto in quella che oggi è comunemente chiamata l’edicola globale. Negli ultimi tempi sembra comunque ridursi nei portali questa funzione informativa, mentre emerge sempre più spesso l’offerta per la consultazione di ricerca e d’intrattenimento. I fatti rilanciati dalle agenzie entrano a far parte di un circolo multimediale collettivo senza sosta, e sono trasmessi senza pubblicità (contrariamente a quanto svolto dagli altri media, soprattutto dalla televisione). Nell’epoca tecnologica, a partire dagli albori di Internet7, la mole di informazioni resa disponibile, sia nei media sia negli altri siti8, può 6 Infocity è una testata che approfondisce i temi sul mondo web. Le nostre informazioni sono state raccolte sul suo indirizzo, nella pagina: http://www.infocity.it/edicolatop40/cla.htm. 7 Con la nascita di Internet sono sorte molte agenzie, e la concorrenza, grazie ai bassi costi richiesti dal settore telematico. 7 essere facilmente appresa navigando in rete da qualsiasi utente. Una fruizione garantita dall’opportunità di formulare percorsi personalizzati e ricerche attraverso l’utilizzo dei terminali connessi al modem. Questi collegamenti trovano applicazione con l’accesso in rete ai siti delle stesse agenzie o degli altri media multimediali, ad esempio i quotidiani telematici9, che offrono l’opportunità di consultare i loro archivi e banche dati (alcune visitabili liberamente ventiquattro ore su ventiquattro, altre solo in determinati orari, oppure attraverso la sottoscrizione di un abbonamento). Nell’utilizzo delle banche dati si tratta solitamente di elite culturalmente attrezzate, costituite in maggioranza da laureati o diplomati istruiti (si pensi alla conoscenza della lingua inglese) come possono essere ad esempio professori, giornalisti, avvocati, medici, ingegneri, scienziati e ricercatoti. L’attività informativa che svolgeva negli anni ‘20 del Novecento la radio, annullando (...) “le distanze territoriali e portando la contemporaneità”10 nelle case delle persone, è passata, di fatto, ora nelle mani dei magazine on line, i nuovi media di massa. Le agenzie di stampa sono delle vere e proprie fabbriche di notizie, soprattutto radiotelevisive, poiché vi sono richieste continue d’aggiornamenti, e possono essere considerate nello stesso tempo sia la fonte degli avvenimenti, sia il mezzo che li trasporta. Nelle varie fasi che intervengono nella produzione di un fatto, diventa determinante il loro punto di vista. Un evento è, infatti, il frutto di una scoperta, di scelte organizzative che pianificano il lavoro giornalistico e, dunque, dipende in gran parte dalle interpretazioni, dalle valutazioni, dall’ethos11 professionale e dalla cultura personale di chi opera in questi potentissimi media. Una conferenza di un politico, per fare un esempio, potrà essere giudicata priva di rilevanza da un cronista dell’agenzia Agi, mentre interessante da quello dell’Ansa, con il risultato che la sua diramazione avverrà attraverso la seconda agenzia e non la prima, e soprattutto entrerà 8 L’informazione web non è composta solo dalle grandi agenzie o dai grandi portali ma si arricchisce continuamente di siti. Si pensi ai blog, il luogo virtuale ideale per esprimere le proprie opinioni o passioni. 9 Con lo sviluppo di Internet molti editori si sono spinti nel settore telematico sviluppando versioni elettroniche delle copie cartacee. L’Unione sarda è stato il primo esperimento in tal senso, seguito dall’Unità, riproponendo l’edizione su carta. Col passare del tempo i quotidiani telematici hanno ampliato l’offerta informativa, riportando ad esempio le strisciate delle agenzie di stampa con aggiornamenti in tempo reale. Vediamo in ordine quelli più consultati in Italia: “La Repubblica”, “Corriere della Sera” , “Il Sole 24 ore”,”La Stampa”, “Il Messaggero”, “Il Mattino”, “La Gazzetta dello Sport”, “IL Giorno, “L’unione Sarda” e “L’Avvenire”. Nel quadro della nuova editoria dell’informazione multimediale è bene inserire in questa tipologia anche i siti all news, le stesse agenzie di stampa, le riviste (tematiche o generaliste), i portali e le webzine (nate esclusivamente per dare notizie sul web). 10 E. Menduni, La televisione. Il mondo in ogni casa. Forme e poteri del piccolo schermo nell’era multimediale, Il Mulino, Bologna, 1999, p. 13. 11 L. Benadusi, Scuola, riproduzione, mutamento. Sociologie dell’educazione a confronto, La Nuova Italia, Firenze, 1998, p. 150. Ethos (o habitus) è un termine di origine antropologica, utilizzato dal sociologo francese P. Bourdieu per “Designare l’insieme, largamente inconscio, di schemi di percezione e di pensiero” (…) , che assicurano (…) “la riproduzione culturale e, per suo tramite, la riproduzione sociale; (…) un sistema acquisito di schemi generativi obiettivamente aggiustati alle particolari condizioni in cui esso è costituito”. 8 in gioco il profilo deontologico del reporter presente in sala in quel momento. Nell’ipotesi peggiore la notizia potrebbe non emergere affatto, rischiando l’insabbiamento. Un fatto non si tramuterà mai in notizia, non lo conoscerà mai nessuno, a parte le persone che lo vivono direttamente, se non è prima capito dal giornalista. Ed è per questo motivo che i corrispondenti delle agenzie di stampa assumono un ruolo decisivo nell’informazione. Secondo D. Altheide “Le notizie sono ciò che i giornalisti definiscono come tali”12. Tesi rafforzata da M. Fishman: “Ciò che è conosciuto o conoscibile dai media dipende dal potere di raccolta e di elaborazione dell’informazione di queste istituzioni”13. Un’affermazione quest’ultima, che indica un punto debole del pluralismo nell’informazione, laddove, in luoghi come Africa, Asia e America Latina, l’informazione non è raggiunta dalla maggioranza delle redazioni giornalistiche internazionali per una ragione di carattere economico. La quasi totalità dei desk (redazioni) internazionali presenti nel Sud del mondo sono delle agenzie di stampa, come Reuters, Associated Press o France Press. La ragione è soprattutto di ordine economico. Il direttore di una testata europea trova più conveniente pagare annualmente il servizio delle wires (agenzie), piuttosto che mantenere una redazione a Nairobi. Qualora fosse necessario, potrebbe inviare un reporter sul posto, ma solo per un breve periodo. Le regole del gioco prevedono che siano le notizie a cercare i giornalisti e non il contrario, ovvero un dispaccio giunge sul tavolino delle redazioni giornalistiche già pronto per essere divulgato, a volte senza neanche il vaglio di una seria verifica nel caso di tempi ridotti nella messa in onda (ne sono un esempio i notiziari televisivi). Sono migliaia i fatti che ogni giorno scorrono sui monitor delle testate giornalistiche, vi è una sovrabbondanza di fatti provenienti dal mondo. Alle strisciate dei titoli, che appaiono sui monitor delle redazioni, possono seguire dei numeri (PARTE/1-/2-/3) per indicare più pezzi di un frammento. Spesso, però, le agenzie preferiscono unire le parti in una sola ricca di particolari. Nello stesso tempo altre migliaia di notizie rimangono nell’ombra, o perché non sono raggiunte da un inviato, e quindi non scoperte, oppure poiché gli organi d’informazione non le considerano adatte all’interesse del pubblico. 12 D. Altheide, Creare la realtà. I telegiornali in America: selezione e trattamento delle notizie, Eri-Rai, Torino, 1985, p. 113. L’autore prosegue il concetto affermando che: “L’assunto è raramente esplicitato, poiché parte del modus operandi dei giornalisti è che gli eventi accadono fuori ed essi si limitano semplicemente a riportarli. Sostenere invece che essi fanno o selezionano arbitrariamente le notizie, sarebbe contrario alla loro posizione epistemologica, un’implicita teoria della conoscenza costruita su procedure per risolvere richieste organizzative”. 13 M. Fishman, News and Non-Events: Making the Visible Invisible, in J.S. Ettema e D.C. Whitney (a cura di), Individuals in Mass Media Organizations, pp. 219-10, Beverly Hills, Ca-London, Sage, 1982, in McQuail, 1986, p. 211. 9 I contenuti presenti nei dispacci delle agenzie sono fabbricati in modo standard14 (produzione di massa) e giungono al pubblico solo dopo essere stati elaborati15 dal processo produttivo giornalistico. In questo processo i mass media hanno un grandissimo potere sul controllo delle informazioni che raggiungeranno i destinatari: eventi che non ricadono solo al di fuori del campo di esperienza diretta degli individui, ma anche problemi, interpretazioni, visioni della realtà. I media consentono di superare il muro tra pubblico e gli avvenimenti, ma ciò attribuisce a tali mezzi – secondo Lippman – un potere di “fraintendimento” al di fuori del controllo dei destinatari: “mentre coloro che hanno diretto accesso al teatro degli avvenimenti possono fraintendere quello che vedono, nessun altro può decidere in che modo lo fraintenderanno, sempre che non sia in grado di decidere dove guarderanno e che cosa”16. Attualmente i fatti del giorno sono by-passati dal filtro del mercato attuale dell’informazione, il news businnes, che impone ai giornalisti la ricerca di vicende spettacolari e sensazionali, “usa e getta” potremmo chiamarle, anche se non tutti i cronisti si piegano in realtà a tale ricatto. Lo scopo è conquistare il pubblico più vasto, abbassando il livello qualitativo dei notiziari, facendo passare come news il pettegolezzo e lo spettacolo, che non impegnano per troppo tempo gli ascoltatori e non li annoiano. Spesso si assiste ad una riduzione delle notizie in formato rotocalco, infarcito di cronaca rosa, di calcio e di pettegolezzi. E’ un mercato che orienta il tiro verso un prodotto basato sull’interesse e le richieste del pubblico17, dove quello che conta veramente è fare audience. In Italia quest’andamento è confermato dal caso dei quotidiani d’informazione e di opinione, che hanno perso progressivamente terreno nei confronti di quelli sportivi18, dei rotocalchi 14 W. Lippman, (1922), Public Opinion, Free Press, New York, tr. it. L’opinione pubblica, Edizioni di Comunità, Milano, 1963, p. 123, “Senza standardizzazione, senza stereotipi, senza giudizi scontati, senza crudele disprezzo per le sottigliezze, il giornalista morirebbe presto di eccitazione”. 15 Il grande scrittore francese Honorè De Balzac nella metà dell’Ottocento intuiva già, in una delle sue citazioni, quale era il potere riposto nelle mani delle “signore” dell’informazione: “Il pubblico crede che siano molti i giornali, ma in definitiva ce n’è uno solo. Ciascuno dipinge in bianco, in rosso o in blu la notizia che gli manda il signor Havas”. 16 J. Delia, Communication research. A history, 1987, in Berger C., Chaffee S., (eds.), Hanbook of communication science, Sage, Newbury Park, in G. Gili, 2001, p. 24. 17 D. Mc Quail, I media in democrazia, Il Mulino, Bologna, 1992. Il concetto d’interesse pubblico – secondo la versione di quest’autore – è il risultato di un’azione da parte dei media in un senso piuttosto che in un altro sempre modificabile e negoziabile, in vista di un vantaggio collettivo a lungo termine che la società può ottenere. 18 E’ la Gazzetta dello sport il giornale sportivo più letto. Secondo i dati 2003 di Audipress – associazione che indaga attraverso analisi quantitative e qualitative sulla lettura dei giornali quotidiani e periodici – i lettori sarebbero 3 milioni 364 mila. Sono ancora otto i quotidiani che superano ogni giorno il milione di lettori. Dopo il giornale sportivo seguono, nell’ordine, il Corriere della sera (2.813.000), la Repubblica (2.794.000), La Stampa (1.613.000), Corriere dello sport-Stadio (1.466.000), il Messaggero (1.280.000), il Resto del Carlino (1.274.000), Il Sole-24 Ore (1.218.000). L’analisi ha preso in esame 51 quotidiani, sette supplementi dei quotidiani, 34 settimanali, 94 mensili. Per i supplementi, Il Venerdì di Repubblica con 2.826.000 lettori supera Tv Sette (1.977.000) e Sette del Corriere (1.973.000). 10 incentrati sul gossip, e dei programmi televisivi, ma questo è un altro discorso, che interseca un concorso di colpe tra le quali “i trionfi della televisione e l’attrazione ad Internet” 19. Gli avvenimenti che fuoriescono dalla superficie del mare dell’informazione, sono dunque un “prodotto” quasi ultimato. Il loro cammino prosegue, infatti, nelle redazioni giornalistiche, dove sono raccolti20 (secondo diversi scopi per ogni testata), approfonditi o scartati, se ritenuti irrilevanti. Ci troviamo di fronte a un duplice atteggiamento del giornalista di redazione: da un lato partecipativo, quando assume il ruolo di osservatore e di ricercatore dopo aver appreso i dispacci, dall’altro passivo, nel momento in cui non interagisce direttamente con la fonte, poiché questa è mediata dalle agenzie. Nelle redazioni non si raccolgono soltanto i lanci di maggior interesse, vicini alla sensibilità, ai desideri e alla curiosità della gente, ma anche filmati e audio. Una volta superato questo filtro, sono approfonditi e solo per ultimo distribuiti ai lettori, ai telespettatori, agli ascoltatori, in altre parole ai “consumatori”, attraverso sistemi creati ad arte da strateghi della comunicazione, per attirare, colpire e soddisfare il pubblico (effetto uncino). Fra le più autorevoli agenzie di stampa italiane ci sono ancora: la Radiocor (specializzata in economia e finanza), che fa capo al gruppo del Sole 24 Ore ed è collegata alla Reuters inglese; l’Asca (di matrice cattolica), che spazia sia nella cronaca interna sia nell’area europea; la Dire, agenzia di informazione politico-parlamentare quotidiana; infine c’è Infocity, la prima agenzia a sviluppare nel 1994 l’informazione giornalistica on line. Anche l’Agi e l’Adnkronos, agenzie di cui abbiamo parlato all’inizio, hanno un proprio stampo editoriale: la prima fa capo al gruppo Eni, mentre la seconda è un gruppo holding in mano all’imprenditore Giuseppe Marra. Oltre alle agenzie nazionali esistono quelle di servizi, come l’Agl (Agenzia giornali locali), legata alla catena dei quotidiani minori del gruppo Espresso, l’Aga (Agenzia giornali associati) e la Quotidiani associati. Tra le tante agenzie solo l’Ansa21, seguita dall’Agi, può contare sul maggior numero di redazioni sia interne 19 P. Murialdi, Il giornale. Prodotto industriale e creazione intellettuale, specchio della realtà ma imperfetto e deformante. Conoscerlo per saperlo usare, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 10. 20 M. Livolsi e F. Rositi, La ricerca sull’industria culturale, Carocci, Roma 2000, p. 25, “J. Tunstall (1971, 1972), in una ricerca sui giornalisti specializzati nella raccolta di notizie (newsgathering) di ventitré organizzazioni giornalistiche (stampa, agenzie e televisione) operanti in Gran Bretagna a livello nazionale, ha evidenziato come ogni testata ha perseguito una combinazione di tre scopi: uno scopo remunerativo d’incremento dell’audience, uno scopo remunerativo d’incremento di pubblicità e scopi non remunerativi come, ad esempio, la promozione di finalità culturali, l’acquisizione di influenza politica ecc.”. 21 L’agenzia più importante in Italia è l’ansa (fondata il 15 gennaio 1945) che appartiene a un consorzio di tutti gli editori italiani (formata ora da 38 soci) costituito dopo la liberazione di Roma sulla falsariga dell’Associated Press, trasmette 24 ore su 24 ed è collegata alle agenzie mondiali e con quelle nazionali di molti paesi, diffondendo inoltre notiziari specializzati, servizi radio e foto” anche in Internet, dove si possono approfondire sia notizie interne (sono 21 le sedi sul territorio nazionale), sia quelle estere (90 uffici distribuiti in 77 paesi). Ha 11 (nazionali e regionali) sia esterne (all’estero), con un’estesa rete di cronisti sparsi nei diversi territori del mondo. Nonostante questo, però, l’agenzia più importante in Italia si distanzia, per numero di corrispondenti, dai maggiori canali informativi mondiali come: “L’AP – Associated Press, the essential global news network” statunitense, che è la più grande agenzia del mondo, la “Reuters – News and Informations Agency” inglese, la “AFP – Agence France Press" francese, o la “ITAR TASS” russa. Questi colossi della stampa internazionale controllano l’informazione a 360 gradi, in tutti i confini della Terra. Detengono in altre parole quello che si potrebbe chiamare l’oligopolio della comunicazione, anche nei paesi che si trovano nel Sud del pianeta. Ciò significa, che i dispacci riguardanti Africa, America Latina e Asia sono raccolti, dai maggiori organi d’informazione mondiali (canali tv, radio e quotidiani) soprattutto da queste grandi agenzie che abbiamo citato. Una quantità innumerevole se si considera la gravità degli episodi che ogni giorno accadono in questi vasti territori del Sud, i quali sono spesso martoriati delle guerre civili. Figura 1 L’home page dell’agenzia italiana Adnkronos. Sotto il telecomando delle agenzie passa di tutto, la realtà è vista da ogni angolatura: politica, cronaca, economia, cultura, sport, spettacolo e gossip; ma anche, scienza, tecnica, intrattenimento, società, borsa, affari e meteo. Affiancati ai temi del giorno ci sono gli corrispondenti in tutto il mondo, anche in capitali di minore importanza, in virtù di convenzioni con la presidenza del Consiglio e con il ministero degli esteri. 12 approfondimenti, i dossier e gli speciali, canali e rubriche disponibili negli archivi sui vari argomenti affrontati nelle home page22, che permettono di focalizzare una storia (la fenomenologia di una vicenda), attraverso il confronto degli articoli archiviati e ordinati cronologicamente rispetto ad un argomento specifico. Un mezzo aperto al lettore, dunque, che fornisce aggiornamenti in tempo reale, link e contenuti in formato ipertestuale. Passando ora alla trasmissione dei lanci, dalle agenzie alle redazioni, possiamo dire che essa si articola entro due binari: della “sintesi” e della “rapidità”23. I contenuti sono infatti compressi in un breve spazio di righe, poche parole per descrivere eventi anche importanti. Di solito il primo rilancio è un flash, in cui è riportato solo il titolo, ad esempio: “Tizio nominato capo del Governo”. Solo successivamente emerge il quadro completo di una storia, con gli approfondimenti dei particolari sul luogo dei fatti (possono essere ospedali, caserme e istituzioni). A volte, può accadere che una vicenda sia coperta da riservatezza e, dunque, che una notizia raccolta sia inizialmente imprecisa o nei casi estremi falsa (ciò vale sia per le agenzie e sia per gli altri media). Un frammento battuto prima di tutte le altre agenzie, anche se per pochi secondi, diventa decisivo per vincere la gara della tempestività nei confronti della concorrenza. Questo lavoro comporta una rapidità nella stesura dei dispacci che deve fare i conti con la massima completezza dei particolari. Foto ed immagini audio facilmente accessibili on line, grazie a supporti di programmazione video elettronici, completano l’informazione come se fosse un reportage a tutti gli effetti. I frammenti sono dirottati sui notiziari delle testate giornalistiche con citata sempre la fonte, ventiquattro ore su ventiquattro, influenzandone scaletta, palinsesti e programmazione. Vediamo l’esempio di un lancio: Arriverà nel pomeriggio a Fiumicino l'aereo che porterà da Baghdad 15 bambini iracheni gravemente malati che saranno curati in Italia. Sull' aereo ci saranno anche alcuni operatori della 22 L’home page di un’agenzia o di altro sito in genere è la pagina iniziale, d’entrata, la struttura che permette di navigare all’interno dell’argomento posto sotto interesse. Si potrebbe definire in altre parole la locandina o il sommario che permette al potenziale utente di individuare le diverse aree tematiche poste all’interno. Sulla home page, di solito, ci possono essere anche dei link, relativi ad esempio all’argomento che si sta esaminando. 23 Cfr. R. Seghetti, La bussola dell’informazione. Giornali, agenzie, radio, televisione, internet, banche dati...come non perdersi fra le notizie, F. Angeli, Milano, 1998. 13 Croce rossa italiana che rientrano in patria per avvicendamento del personale impiegato in Iraq.24 Nelle grandi agenzie nazionali ed internazionali questi frammenti possono essere accompagnati da immagini, video news girati dagli operatori delle agenzie, oppure dagli stessi giornalisti che sono muniti di micro supporti tecnici di registrazione. Attraverso programmi d’immagini come Media Player oppure Real Video si è in grado di seguire un notiziario (come nel caso della figura 2) o servizi specifici su un argomento a scelta. Figura 2 AP news video. Un fotogramma del notiziario dell’Associated Press accessibile utilizzando il programma RealOne Player Se si fosse preso (sopra) come esempio di dispaccio un fatto accaduto in Africa, invece, “(...) sarebbe stato nel 99 per cento dei casi lo stringer (il corrispondente) della Reuters o dell’Associated Press a darne notizia”, e meno probabilmente quello dell’Ansa, che dispone per Africa di sole tre redazioni. Tale situazione si verifica perché esiste una “(...) sproporzione tra Nord e Sud del mondo (...)”, che riguarda in particolar modo “(...) la dislocazione e il numero delle redazioni giornalistiche internazionali. Quelle dei Paesi industrializzati (soprattutto Stati Uniti ed Europa, che usufruiscono di media misti) sono disseminate capillarmente in tutto il Nord del mondo, mentre sono quasi del tutto assenti nel Sud, particolarmente in Africa”25. E’ enorme la sproporzione che esiste fra le redazioni che operano al Nord e quelle del Sud. La France Press ad esempio copre il Corno d’Africa dalla sua redazione di Nairobi, il che significa informare su tutti i paesi della regione dell’africa 24 (Ansa), Roma – Iraq: a Roma aereo con bimbi malati. Il velivolo atteso nel pomeriggio a Fiumicino, 29/09/2004, 12:57. 25 G. Albanese, Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, Einaudi, Torino, 2003, p. 8. 14 orientale. E’ come se la France Press, attraverso la redazione di Roma, volesse seguire tutti i fatti e gli accadimenti che succedono in Europa. Anche i mass media del Terzo mondo dipendo in gran parte dalle agenzie di stampa internazionali. A dirlo è una ricerca26 sul sistema televisivo nigeriano condotta da Golding e Elliott alla fine degli anni settanta, in cui è emerso che oltre l’85% delle notizie estere era fornito dall’Ap, Afp, Reuters e Visnew. Altro studio sulla copertura informativa di 19 giornali quotidiani asiatici ha rilevato che più del 75% del contenuto delle notizie locali proveniva dalle grandi agenzie occidentali e risultati analoghi sono emersi da una ricerca sui quotidiani latino-americani e sull’informazione nei paesi arabi. Questi studi indicano alcune tendenze nella copertura delle diverse aree del mondo e nel flusso internazionale delle informazioni: prima di tutto che la maggior parte delle notizie internazionali provengono dai paesi occidentali attraverso le grandi agenzie; secondo poi che gli Stati Uniti e l’Europa occidentale ricevono la migliore copertura informativa, mentre i paesi dell’Europa dell’est e i paesi del Terzo mondo godono di una minore visibilità; infine la prossimità geografica, culturale e ideologica – come vedremo più dettagliatamente nel prossimo paragrafo quando parleremo dei valori-notizia – diventa un fattore determinante nella scelta delle notizie da pubblicare. Il giornalista australiano John Pilger, per anni corrispondente nei conflitti in Vietnam, Cambogia, Egitto, India, Bangladesh e Biafra, ha definito “lente”27 le notizie provenienti dal Sud del mondo. Il termine lente sta ad indicare quegli avvenimenti solitamente messi in secondo piano dai comuni mezzi di informazione, specialmente di Stati Uniti, Italia, Giappone, Australia e in parte anche della Gran Bretagna28. Un paradosso se si pensa all’evoluzione29 tecnologia cui sono andati incontro negli ultimi anni i media di massa: oltre ai supporti di registrazione è data la possibilità, agli inviati, di interagire in tempo reale con le redazioni, attraverso computer portatili muniti di porte digitali in grado di dialogare con la telefonia mobile (ci si riferisce ai recenti sistemi di trasmissione infrarossi, bluetooth, reti 26 P. Golding, P. Elliott, Making the News, Longman, London, 1979, in G. Gili, 2001, p.189. J. Pilger, Agende nascoste, Fandango, Roma, 2003, introduzione p. VII, ampliando il panorama sulla provenienza delle notizie a diversi scenari mondiali, oltre all’Africa povera, dall’Iraq alla periferia Est di Londra, dalla Birmania al porto di Liverpool e alla parte occidentale dell’Irlanda, dal Vietnam all’Australia, considera “lente quegli eventi raccontati, talvolta solo menzionati nei notiziari della sera, dove sono inghiottiti dal rullo delle immagini in movimento. (…) Nella televisione americana, ma anche in (…) Australia, Giappone, Italia e in molti altri paesi (…) il calo di un punto percentuale negli ascolti può rappresentare una perdita di denaro in termini di pubblicità”. 28 Ibidem, p. VIII. 29 A. Giddens, Le conseguenze della modernità, Il Mulino, Bologna, 1994, p. 81, 82. Per un maggiore approfondimento del tema, l’autore, affrontando i temi delle dimensioni della globalizzazione, pone l’accento su uno dei più importanti effetti dell’industrialismo: la trasformazione delle tecnologie della comunicazione. 27 15 GSM, WAP, al servizio satellitare DVB di Telecom Italia), che permettono un rapido ed efficace collegamento ad Internet. E la presenza o meno di queste avanzate tecnologie per registrare e inviare i servizi pesa molto nella scelta delle notizie da divulgare nei notiziari. Di contro, le agenzie di stampa non possono censurare platealmente tutte le notizie considerate lente e, inoltre, sullo scenario dell’informazione internazionale, la nascita recentemente di un’editoria (CNN.com International, la BBC World Service, la TIMEeurope, Misna Missionary Service News Agency) sensibile alle tematiche del Sud ha rimescolato le carte in tavola. 1.2 Scelta di una notizia Un recente orientamento teorico e di ricerca sui media, il “paradigma tecnologico”, che vede in McLuhan il più noto esponente insieme ad autori come Innis e Ong, avanza l’idea che i «media comunicativi costituiscono le forme stesse della nostra esperienza della realtà e il perno dei sistemi culturali». Le questioni che il paradigma si pone sono: come mai si formano diverse rappresentazioni della realtà? In che modo i mass media contribuiscono alla costruzione della realtà sociale e come plasmano la nostra visione del mondo? Quali sono le condizioni perché la comunicazione sia efficace? In questa sede non cercheremo di rispondere a tutte queste domande ma tenteremo di entrare nel funzionamento della logica dei media. Per farlo utilizzeremo una fase del concetto di “costruzione della notizia” (il newsmaking), ovvero il processo di selezione di una notizia (gatekeeping) 30, definito così nel 1947 dallo psicologo sociale Kurt Lewin. In una ricerca sulle decisioni di acquisto di alcuni prodotti alimentari scelti da una famiglia egli parla di un filtro, le “aree-cancello”, dove le informazioni passano in base alle decisioni e alle influenze di forze più o meno favorevoli. “L’idea fu raccolta da D. M. White [1950] in una ricerca sulle scelte del caporedattore di un giornale locale (guardiano di questi particolari cancelli) che doveva scegliere tra i dispacci delle agenzie di stampa (…)”: per quanto riguardava l’analisi delle notizie che in redazione erano scartate, emergeva prima di tutto la “(…) tendenza a sottolineare il carattere soggettivo (influenza di giudizi arbitrari) delle decisioni nella scelta delle notizie, ma poi, quando ci si rese conto che i modelli di selezione - osservati mediante l’analisi del contenuto 30 D. Mc Quail, Sociologia dei media, Il Mulino, Bologna, 1996, p. 209, “Il termine gatekeeping – spiega l’autore – è stato ampiamente usato per descrivere il meccanismo con cui avvengono le scelte nel lavoro mediale, specialmente le decisioni se lasciare filtrare o meno una particolare notizia attraverso i cancelli di un mezzo di informazione..” 16 - erano troppo uniformi perché fosse valido il tipo di spiegazione preso in esame, l’attenzione si rivolse verso le “influenze organizzative (routine burocratiche) e ideologiche (i valorinotizia e i condizionamenti individuali, sociali e politici) dell’attività informativa”31. Negli anni successivi si è osservato che il processo di costruzione delle notizie “include tutte le forme di controllo dell’informazione, che possono determinarsi nelle decisioni circa la codificazione dei messaggi, la selezione, la formazione del messaggio, la diffusione, la programmazione, l’esclusione di tutto il messaggio o di sue componenti, nella diffusione e quindi nella selezione”32. Tornando ai nostri giorni e concentrando sulle influenze organizzative ed ideologiche, è bene fare qualche prima considerazione: secondo Paolo Isotta, editorialista del Corriere della Sera e del Giornale, con riferimento alla censura del giornalismo italiano scritto e parlato, è come se esistesse “un’auto-censura” dell’informazione: “(...) Si scrive per tacito patto quel che i propri superiori desiderano veder scritto; peggio, si scrive quel che i lettori semplicisticamente e demagogicamente desiderano sentirsi cantare. I lettori andrebbero educati a pensare, soprattutto le cose sgradevoli che non vorrebbero sapere. Poi, c’è la censura vera e propria, e con lei la morte della realtà effettuale”33. Ancora un’osservazione, di uno dei più grandi giornalisti italiani, Indro Montanelli. Egli, rimproverando i giornali di aver accettato supinamente lo strapotere del marketing pur di vendere copie, nota: “[…] che la serietà dell’informazione è andata a farsi benedire: Pur di fare un titolo a sensazione […] lo scoop è corruttore. Tutti abbiamo questa smania: si tratta di saperle resistere”.34 Sono due affermazioni severe quelle appena citate, rivolte in particolar modo alla carta stampata anche se il fenomeno riguarda in generale tutti i media di massa. I due giornalisti sulla base della loro esperienza fotografano con chiarezza la strada ormai intrapresa dall’informazione italiana ed estera. Si parla di un giornalismo sceso a patti con le regole del news businnes, sulla scia di una domanda dei consumatori che orienta gli indici di ascolto o il numero di copie vendute più a favore del disimpegno che verso i contenuti seri. 31 Ibidem, p. 210. G. Donohue, P. Tichenor e C. Olien, Gatekeeping. Mass Media sistem and information control, in G. Kline e P. Tichenor, Current perspectives in mass communication research, Sage, Beverly Hills, pp. 41-69, in M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Strumenti Bompiani, Milano, 1985. 33 P. Isotta, Portar bene non è uno scherzo, L’Indipendente, 1 aprile 2004, p. 4, l’articolo è rivolto al direttore del quotidiano, Giordano Bruno Guerri, all’indomani del ritorno in edicola del quotidiano L’Indipendente. 34 L. Vaccari, Montanelli, il coraggio del bastian contrario. Il grande maestro del giornalismo italiano è morto ieri a Milano. Aveva 92 anni. La sua scelta: restare sempre fuori dal coro, Il Messaggero, 23 luglio 2001, p. Primo piano. 32 17 Veniamo ora ai criteri che intervengono nella scelta di un fatto. J. Galtung e M. Ruge nel 1965, utilizzando il concetto di “valori-notizia” (o “fattori-notizia”)35, ovvero, i parametri che determinano se un potenziale evento sarà preso in considerazione dai media oppure no. In genere i fatti devono essere chiari e comprensibili ma soprattutto attuali, devono suscitare clamore, essere imprevisti, vicini ai lettori e ricorrenti. I valori- notizia non costituiscono soltanto dei criteri di selezione degli eventi ma si mischiamo il più delle volte a premesse ideologiche ben precise. Sfogliando le pagine di un quotidiano o ascoltando un telegiornale possiamo farci un’idea più approfondita del nostro argomento. Prendiamo l’esempio di un quotidiano. A parte la prima pagina, che certamente è il lato più importante del giornale avendo il maggior impatto visivo con il pubblico, troviamo solitamente nelle pagine iniziali, in primo piano, episodi di cronaca, di politica, spesso relativi ai fatti interni, ma possono riguardare anche gli esteri. Si tratta di notizie d’interesse nazionale, che possono avere una prossimità culturale, geografica e una rilevanza circa gli sviluppi futuri dell’evento stesso. Continuando il viaggio nei quotidiani possiamo poi veder approfonditi argomenti di cronaca, come ad esempio omicidi, incidenti stradali, esodo dalle vacanze, fino ad arrivare ai risultati di una nuova ricerca scientifica commentata da un esperto. La “novità” degli eventi, la loro “drammaticità” e la “negatività” (devianza o infrazione delle norme sociali da parte degli individui) sono valori-notizia irrinunciabili, così come la “dimensione” (il numero di persone che un evento coinvolge). Quest’ultimo valore-notizia acquista significato quando è accompagnato da un secondo criterio, molto importante per il nostro lavoro: la “prossimità”, ovvero la vicinanza sia fisica che culturale dell’evento. Ciò significa che a parità di persone coinvolte in un evento, ad esempio una stage terroristica, la notizia perde man mano di valore se riguarda paesi sempre più distanti. Anche se presenta molte eccezioni, esiste una legge che stabilisce una scala graduata della relativa notiziabilità per disastri ed è quella di “McLurg”: 1 europeo equivale a 28 cinesi e 2 minatori gallesi a 100 pakistani e così via. Tornando alle pagine dei quotidiani, la cronaca interna solitamente – parliamo del caso italiano – precede quella degli esteri ma non sempre è così. Fatti rilevanti che riguardano altri stati nazionali (ad esempio le elezioni presidenziali in USA, spargimenti di sangue in Europa, catastrofi ecologiche e via dicendo) sono notizie che possono essere inserite anche in prima pagina ed avere approfondimenti interni al notiziario. Nei vari spazi tematici possiamo trovare articoli di commento, di fondo su un argomento d’attualità, i quali possono riprendere un discorso anche cominciato in prima pagina. Lo spettatore ha la possibilità di 35 J. Galtung e M. Ruge, The Structure of Foreign News, in “Journal of Peace Researc”, 1965, 1, pp. 64-90. 18 leggere invece nelle pagine centrali, temi di economia e finanza (con le relative quotazioni dei fondi d’investimento); notizie di servizio, più “leggere”, ovvero fatti di cronaca bianca che hanno la funzione di intrattenimento e di allentamento della tensione emotiva. Rientrano in questa ottica servizi sul meteo, oroscopi, i numeri delle lotterie, che possono trovare spazio in ordine diverso secondo scelte delle varie testate. Hanno questa funzione di alleggerimento di tensione – specifichiamo che si tratta di una protezione del pubblico da notizie traumatiche e ansiogene – le notizie di cultura, spettacoli (che riguardano letteratura, cinema, musica); infine c’è lo sport e la cronaca locale (spesso allegata al quotidiano nazionale con un proprio formato cartaceo). Se nelle varie pagine potevano essere accompagnati agli articoli inserti pubblicitari, è abitudine per molti quotidiani inserire nell’ultima pagina le novità del mercato automobilistico e delle moto. “Nel processo di selezione e di costruzione delle notizie, i riferimenti principali per i giornalisti, le fonti dei valori e delle aspettative, sono costituiti soprattutto dai superiori e dai colleghi di redazione, dai colleghi dei media concorrenti e da vari interlocutori istituzionali (che spesso costituiscono anche le fonti delle notizie) e non dal pubblico che resta spesso una figura sfocate altamente soggettiva”36. Ciò significa che la selezione degli eventi avviene non dalle caratteristiche degli eventi ma in modo principale dalle pressioni esterne dei direttori, i quali sono a loro volta guidati dalle scelte editoriali della testata. Diamo uno sguardo a quanto accade negli Stati Uniti. Se prendiamo come punto di riferimento il premio “Pulitzer”37, il riconoscimento più prestigioso del giornalismo americano, vediamo che nel 1939 fu consegnato a Louis P. Lochner per un reportage dalla Germania nazista; nel 1947 ad Arnold Hardy, per la foto di una ragazza che incontrò la morte gettandosi dalla finestra di un albergo in fiamme; nel 1977 a Walter R. Mears, per la cronaca della campagna presidenziale del 197638; e nel 1995 a Mark Fritz, per i servizi sulla violenza 36 G. Gili , Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001. Secondo Pulitzer “La notizia è un fatto particolarmente rilevante da scoprire in mezzo a tanto materiale privo di valore”. Il premio Pulitzer non è solo un riconoscimento giornalistico, ma è suddiviso in sezioni: giornalismo, letteratura, musica, poesia e teatro. 38 T. Patterson, Il ruolo dei mass media nelle campagne presidenziali: la lezione del 1976, Problemi dell’informazione, n. 2, 1981, pp. 269-281. A tal proposito l’autore osservò che “il comportamento dei mezzi d’informazione influenzò la conoscenza dei candidati da parte degli elettori. Alla vigilia delle primarie del New Hampshire, i contendenti democratici erano piuttosto sconosciuti al largo pubblico – soltanto il 20 per cento credeva di conoscere Carter, Udall, Harris, Bayh, Brown, Church e Jackson. La copertura informativa all’indomani delle primarie si concentrò su Carter che divenne singolarmente il candidato democratico più familiare agli elettori. Durante le primarie gli elettori che pensavano di conoscere Carter salirono a oltre l’80 per cento, un incremento del 60 per cento rispetto al livello precedente alle primarie. Al contrario i livelli di conoscenza degli altri candidati salirono solo del 14 per cento […] Queste differenze hanno avuto un riflesso sui risultati delle primarie democratiche […] Carter fu il maggior beneficiario di questa tendenza. Ottenne, infatti, molti voti proprio per il suo vantaggio in termini di conoscenza sui suoi rivali”. 37 19 etnica in Ruanda. Queste vicende hanno avuto in epoche diverse un forte impatto sull’opinione pubblica39. Lo sterminio nazista e i massacri in Ruanda sono fatti di grandissima rilevanza sociale, sono crimini compiuti contro l’umanità ed hanno un carattere eccezionale se si tiene conto della loro ripetuta gravità. Lo scenario che si prefigura invece per le altre due vicende, quella di A. Hardy e di W. R. Mears, si inserisce piuttosto negli schemi di una formula molto in voga nel giornalismo moderno, sia europeo e sia nordamericano, che si applica nella costruzione di fatti spettacolari e sensazionali, dove il minimo comun denominatore è la smania degli editori per lo scoop. Concludiamo il nostro discorso riallacciandoci alla cronaca della campagna presidenziale negli Usa di W. R. Mears, e riportando una considerazione di D. J. Boorstin in merito all’alto livello di notiziabilità che si crea attorno alla figura del presidente: “Il prestigio della presidenza è dovuto, oltre ai poteri della carica, (…) anche al sorgere di processi di raccolta e di diffusione di notizie centralizzati, e all’aumento dei corrispondenti da Washington”40. La presenza o meno dei corrispondenti sugli scenari degli eventi sarà, come vedremo più avanti, uno degli aspetti principali del nostro lavoro. 1.3 I rapporti con i mass media In passato il trasporto del contenuto giornalistico avveniva attraverso la dettatura telefonica, l’invio in redazione dei telex o dei fax (ancora in attività). Oggi si parla invece di comunicazione satellitare, digitale e interattiva, di Internet, di contemporaneità: aspetti determinanti per la trasmissione dei fatti in tempo reale, poiché mettono il pubblico di fronte a un restringimento della dimensione del mondo, a quella che generalmente è chiamata globalizzazione dell’informazione. Le varie testate giornalistiche hanno al loro interno una 39 Abruzzese A. e Dal Lago A., Dall’argilla alle reti. Introduzione alle scienze della comunicazione, Costa & Nolan, Ancona-Milano, 1999, p. 132, dove gli autori notano che: “Nel linguaggio corrente, opinione pubblica è un’espressione in perenne crescita di utilizzo (...) che sembra avere (...) tre accezioni. La prima, la più frequente, non è nient’altro che un sostituto (...) dell’espressione pubblico di massa, in altre parole (...) l’insieme dei cittadini che consuma i mezzi di comunicazione di massa (come nella frase: Bisogna informare l’opinione pubblica). La seconda, più rara, rappresenta il processo di presa della maggioranza da parte di un’opzione, allorché sembra evidente il formarsi di una voce pubblica inequivocabile (come nella frase: E’ diventato opinione pubblica che il governo sia in crisi). La terza (...) tende a intrecciare comunicazioni intensive provenienti dai media e azioni di gruppi di interesse (come nella frase: Sotto le pressioni dell’opinione pubblica, il tale decreto è stato ritirato dal governo)”. 40 M. Wolf, Teorie delle comunicazioni di massa, Strumenti Bompiani, Milano, 1999, p. 264. L’autore specifica in nota 6 del capitolo tre, che “con i dovuti aggiustamenti, queste considerazioni valgono anche per sistemi istituzionali diversi, e rappresentano una delle spiegazioni dell’ampio spazio informativo che l’ambito politicopratico occupa”. 20 propria struttura, composta in ordine decrescente da editori, direttori, capo-servizi, redattori, inviati, collaboratori. Come già detto questi professionisti dell’informazione devono fare affidamento, per conoscere i fatti soprattutto sulle notizie d’agenzia, sulle web news. “Un’indagine mondiale condotta nel 2002 dalla società di consulenza Hopscotch su un campione di 418 giornalisti (di Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Svezia, Danimarca, Norvegia, Finlandia, Stati Uniti, Giappone, Australia e del Sud Africa), appartenenti alle varie categorie giornalistiche rivela che il web è la prima fonte d’informazione. Internet si pone come fonte primaria dell’informazione per il 41,7% dei giornalisti, prima della rete di conoscenze personali (35,4%) e degli altri media (22,9)”41. Sui siti new le pagine più consultate sono quelle dei notiziari di dominio pubblico, i servizi di scienza e tecnica, attività sociali, i video e i radio-giornali on demand, che tengono in costante aggiornamento su tutti i fatti dal mondo, dall’Italia e locali. Le stesse pagine web possono essere lette in lingue diverse, con la possibilità quindi di apprendere notizie da ogni angolo del pianeta. La Reuters, ad esempio, dall’aprile 2001 ha dato la possibilità anche agli utenti italiani42 (organi di stampa, network televisivi e radiofonici, imprese, Pubblica Amministrazione e anche nuovi media) di potersi abbonare al servizio Reuters Italy On line Report, ovvero l’offerta in tempo reale dei fatti più importanti appresi dall’agenzia inglese, raccolti e selezionati in quattro categorie e distribuiti in lingua italiana: - le Top News, che trattano delle ultime notizie del giorno, nazionali e internazionali, tenendo conto degli interessi del pubblico italiano in materia di cronaca e politica. - le Top business news si concentrano sull'economia italiana, con informazioni sulle aziende italiane e sulla Borsa. - le News people riguardano le categorie di cinema, musica, televisione libri, arte e teatro. 41 E. Carelli, Giornali e giornalisti nella rete. Internet, blog, vlog, radio, televisione e cellulari: i canali e le forme della comunicazione giornalistica, Apogeo, Milano, 2004. L’autore approfondisce il discorso spiegando che “Le ricerche avvengono su oggetti precisi, tramite l’uso di parole chiave, nell’89,6% dei casi, su articoli già pubblicati (60,3%), idee di soggetto (45,8%), comunicati e dossier (33,3%). Sono privilegiati i siti delle aziende, dei media e delle newsletter specialistiche, i database informativi e i portali di discussione”. 42 Per utenti si intendono oltre a mezzi di comunicazione più diffusi anche i portali, le testate on line e i website che danno spazio alle notizie. 21 - le Internet and technology news sono dedicate alle nuove tecnologie ed offrono uno spaccato del mercato italiano e delle notizie principali dal mondo. I resoconti economico finanziari sono generalmente in tutti i siti news fruibili a pagamento, così come temi d’ordine politico, di salute e di telecomunicazioni: notizie che servono ai media per affrontare i temi d’approfondimento nei loro notiziari. Oltre a quanto descritto, ciò che mette in stretta relazione i due organi di informazione, cioè le agenzie e le testate giornalistiche, è il press release net, un sevizio di distribuzione dei comunicati stampa fruibile tramite abbonamento e che permette all’utente di conoscere il testo integrale delle notizie. I notiziari di dominio pubblico sulle agenzie, infatti, non offrono tutti particolari e vengono pubblicati on line solo in stralci di poche righe. Stessa cosa vale per le banche dati, che possono essere consultate in “remoto”, così come le immagini audio e video che sono costantemente aggiornate43. Uno dei nodi fondamentali che riguarda i rapporti fra gli organi di stampa è la collaborazione. Sono infatti molto diffusi gli accordi in merito allo scambio delle informazioni fra le agenzie italiane e quelle straniere: nei rapporti dell’Agi, per fare un esempio, che porta il segnale con il satellite DVB di Telecom Italia, per quel che riguarda l’informazione digitale, e con OMNITEL 2000, per la diffusione via Wap, si possono individuare quelli con la Reuters, con il Sole 24 ore Radiocor e con la Dow Jones, per quanto riguarda i fatti economici; con l’AP (Associated Press, the essential global news network) americana, la Tass russa e l’EFE spagnola, per quelli invece provenienti dall’estero. Dal sito della stessa agenzia si può apprendere che i notiziari sono diffusi via satellite digitale in tutto il territorio nazionale, nel bacino del mediterraneo e in Europa. Per la ricezione del segale è necessaria un parabola tv, una scheda hardware e un software fornito dall’Agi. “L’abilitazione dei clienti – è quanto riportato nel sito www.agi.it – può avvenire mediante un comando inviato via satellite. Il software di visualizzazione dei notiziari, di estrema facilità d’uso, permette l’effettuazione di ricerche e la selezione degli argomenti di interesse. Il sistema consente la condivisione di più utenze in rete locale ed è concepito per la più semplice connessione ai sistemi editoriali dei clienti” 44. Questi notiziari possono inoltre essere trasmessi con un sistema di broadcasting via Internet e sfogliati 43 L’Ansa ad esempio offre ai new media, oltre ai contenuti per internet fisso, anche prodotti dedicati alle piattaforme wireless, alla larga banda ed a piattaforme di erogazione alternative come treni, aerei e navi. 44 Le informazioni sono state raccolte dal sito dell’agenzia: www.agi.it. 22 mediante l’utilizzo di un comune browser in ambiente Window, Linux o Unix. Stessa cosa vale per tutte le altre agenzie, che più distribuiscono notizie, più sono collegate con altri organi giornalistici o settori d’informazione. Entrando in una qualsiasi redazione giornalistica, televisiva o radiofonica, si potrebbe notare che queste tecnologie sono entrate a tutti gli effetti a far parte della routine produttiva. Per quanto riguarda i due poli45 televisivi più importanti che operano sul territorio nazionale (e non solo), Rai e Mediaset, il discorso va approfondito. Partiamo dalla seconda. Mediaset, che ha iniziato a trasmettere in diretta su Canale 5, Italia 1 e Retequattro nel 1991 (la storia nasce nel 1978 con TeleMilano), ottenendo il rilascio delle concessioni per le tre reti nazionali nel 1992, ha dato vita ad un gruppo integrato privato quotato in borsa sia nel campo televisivo che nelle comunicazioni, ed è stato capace di crescere autonomamente e di attrarre investimenti azionari con partner strategici e finanziari: uno di questi è Albacom, che è in grado di offrire servizi46 di telecomunicazione a 360 gradi sul territorio nazionale ed internazionale. Una delle agenzie più consultate in Italia è Mediaset Online, fonte legata ai notiziari televisivi privati Tg5, Studio Aperto e Tg4. E’ affiancata da molti partner, come la società Class editori, che realizza CFN - Financial Network: un canale tematico dedicato all’informazione economico finanziaria (in questo settore c’è la presenza anche di 24 Ore tv, canale televisivo digitale del quotidiano il Sole 24 Ore). L’agenzia Mediaset Online ha accordi anche con Bbc World, il network inglese che trasmette 24 ore su 24 news provenienti da tutto il mondo, con il canale spagnolo Telecinco e fornisce i propri lanci anche al portale interattivo “Jumpy”. La Rai – Radiotelevisione Italiana è invece la società concessionaria in esclusiva del servizio pubblico che realizza canali televisivi, radiofonici e satellitari, con divisioni editoriali ed industriali per l’offerta informativa. L’azienda pubblica, sulla quale è forte l’influenza politica, oltre a raccogliere il materiale dalle fonti (anche in questo caso una di queste opera all’interno, Rai news 24) lo è essa stessa, ricchissima di documenti consultabili nella teca multimediale Rai. Diffonde i propri notiziari in 26 lingue tramite Rai International che, oltre a gestire una mole di servizi per la programmazione sia radiofonica sia televisiva, 45 In base alla risoluzione europea sull’informazione "Il tasso di concentrazione del mercato audiovisivo in Italia è il più alto d’Europa, anche se la tv italiana ha 12 reti nazionali, da 10 a 15 regionali e locali: il mercato è caratterizzato dal duopolio esercitato dalla Rai e da Mediaset (poiché queste due società hanno oltre il 90% dell’audience e raccolgono il 96,85% delle risorse pubblicitarie, a fronte dell’88% in Germania, 82% in Gran Bretagna, 77% in Francia e 58% in Spagna". 46 I servizi di Albacom utilizzati da Mediaset vanno dalla telefonia alla trasmissione dati, da Internet all’outsourcing, dalla videoconferenza ai servizi satellitari. 23 raccoglie informazioni dall’America del Nord all’America Latina, dall’Africa all’Asia e dall’Oceania all’Europa, a cura della redazione Onde corte. Con il progresso dell’informazione vi è stato un aumento progressivo delle fonti, soprattutto elettroniche, e ciò ha creato serie difficoltà nella valutazione della loro attendibilità da parte dei media. Le agenzie, come altre fonti47, sono soggette a valutazioni di attendibilità e di autorevolezza da parte dei media. “Tra le agenzie la Reuters è costantemente citata come la fonte di qualità per le notizie estere, in quanto ritenuta non sensazionalistica e accurata, e quindi viene preferita al altre come l’AP, (…) che, invece, è ritenuta sensazionalistica ma anche tempestiva. (…) Inoltre secondo P. Golding, P. Elliott la Reuters viene giudicata l’agenzia più attendibile dal 56 per cento dei giornalisti svedesi da loro osservati e intervistati, dal 46 per cento dei giornalisti irlandesi e dal 48 per cento di quelli nigeriani, mentre alle agenzie americane viene imputata la tendenza all’esagerazione, l’eccessiva fretta nel raggiungere a conclusioni”48. Le fonti sono generalmente verificate tramite controlli incrociati, ma spesso non basta o non è così: la regola detta “delle due agenzie”, ovvero che nessun servizio poteva essere ritenuto confermato se non era apparso indipendentemente sui dispacci di due agenzie, è stata superata, mentre invece è andata affermandosi la regola “fonti non confermate affermano...”. Attraverso Internet oggi è molto più facile e veloce svolgere un controllo incrociato delle fonti. Quando si parla di fonti s’intende, oltre a quelle d’agenzia, anche una mole di spazi informativi disponibili in rete come le webzine. Si pensi a quante di quest’ultime, nel periodo compreso tra il 2003 e il 2004, sono state citate sui telegiornali italiani come fonte d’informazione in merito alle minacce d’attentati rivolte ai Paesi europei da parte del terrorismo islamico. Siti indipendenti che nel biennio 2001-2003 (vedi figura 3) hanno avuto secondo i dati dell’Ipse un costante incremento. In base alle rilevazioni di Ipse.com, le testate online più numerose sono quelle di cronaca locale: 174 (cui vanno aggiunti centinaia di portali locali), seguono le webzine culturali (159), e quelle d’attualità (150), spettacolo (136), economia e finanza (122) e satira e fumetti (114). Le meno numerose risultano invece le testate sul tempo libero (36) e la società (categoria composita che comprende 38 siti su giovani, anziani, minoranze, eccetera). Stessa tendenza anche per le webzine di turismo (39) e sui videogiochi (42). In mezzo stanno le testate scientifiche e mediche (55), femminili (64), sull'arte (68), sui computer e Internet (96) e sportive (98). 47 Il termine fonte secondo S.D. Reese indica “tutte quelle entità (organizzazioni, gruppi e gli individui che li rappresentano) che sono legati ai media da rapporti di potere e che a loro volta ne influenzano il contenuto in maniera specifica”. 48 P. Golding, P. Elliott, Making the News, Longman, London, 1979, in Wolf, 1985, p.234. 24 Per chi naviga nel far west di Internet, dove esiste per chiunque la possibilità di accedere e di costruire un proprio spazio telematico (ad esempio i diari blog), l’attendibilità di un fatto rischia di essere messa in discussione. Un caso di mancata veridicità del grado di una notizia appresa via Rete è stato il bidone clamoroso presentato su un sito in merito alle torture che erano rivolte ai gatti, addirittura si presentavano al pubblico i gatti bonsai, secondo criteri di verosimiglianza tali che rendevano plausibile pensare che era tutta verità, con la conseguenza di un’invasione di telefonate ai giornali, radio e televisioni. Figura 3 Le webzine nel 2003 suddivise per argomento Fonte: Ipse.com, dicembre 2003. Il grafico sopra mostra la suddivisione delle testate solo on line in base al genere degli argomenti trattati. Il totale delle testate censite al 31 dicembre 2003 è di 1.382 (esclusi i blog e i canali di informazione dei portali). In questo mare di fonti non tutte hanno lo stesso potere. Quelle più forti sono quelle legate ad una struttura di potere “politico-economico che può imporre in vari modi la propria agenda (soprattutto ai media di minor potere) oppure detiene conoscenze specialistiche e ambite dai media (gruppi di esperti, accademici, ecc.). La forza dei media (che è massima nei media d’élite) dipende invece da due fattori principali: a) la loro capacità di definire la realtà attraverso le proprie scelte editoriali nonostante gli sforzi delle fonti di imporre una realtà differente; b) l’influenza che possono esercitare su altri media”49. Dei quotidiani telematici parleremo nel prossimo paragrafo, ma per concludere il nostro discorso, sui rapporti tra fonti e media, accenneremo ora a quanto accade nei maggiori quotidiani d’informazione italiani. Entrando nei siti web di testate come Il Tempo, Il 49 G. Gili, Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001, p. 126. 25 Messaggero, La Stampa, Corriere della Sera, Repubblica e via dicendo non sarà difficile notare che cliccando nella sezione dei fatti dell’ultima ora a fianco ai flash appare la sigla di un’agenzia: ad esempio (Adnkronos) per i primi due quotidiani citati, i quali sono legati da contratto con quest’agenzia, (Ansa) per La Stampa (Ansa) per il Corriere della Sera oppure per la Repubblica e così via. Spesso tra fonti e media di potere vi è una stretta collaborazione, che si esprime nelle prime per avere visibilità o imporre un proprio tema, mentre nei media per affermare la loro autorevolezza, prestigio e il controllo su un importante canale di accesso al pubblico. Tutto ciò va scapito, come vedremo meglio più avanti, delle fonti che propongono un giornalismo alternativo. Così quelle che si trovano ai margini del potere esistente difficilmente possono influire sulla copertura informativa dei media. 1.4 I giornali telematici, il caso del Nuovo Quando Internet entrò nello scenario della comunicazione italiana ci furono delle resistenze da parte di molti giornalisti, per la paura che la rete invadesse il loro lavoro, considerato un vero e proprio monopolio. Con il tempo questo atteggiamento è andato svanendo fino al punto di arrivare ad un’inversione di marcia. Si è avuto già modo in questo capitolo di accennare ad alcune linee generali riguardanti i giornali telematici o, come li chiamano in molti, i quotidiani on line oppure webzine. Sappiamo, ad esempio, che questo nuovo modo di produrre informazione sul web rispecchia in parte la struttura dei tradizionali quotidiani e che, alcune testate, pubblicano ad esempio la fotocopia digitale dell’edizione cartacea, trasmettendo in tempo reale anche i dispacci d’agenzia. Abbiamo rilevato, inoltre, che attraverso i lanci questi organi anticipano i servizi che appariranno il giorno seguente in edicola. La realtà di questi nuovi media è in ogni modo più complessa, anche perché sta prendendo piede, in Italia così come in Europa e negli Stati Uniti, una nuova forma di acquisizione delle notizie da parte del pubblico, proprio utilizzando la rete digitale. Secondo una ricerca della Forrester Research circa 21 milioni di europei visitano ogni giorno i siti dedicati all’informazione on line, ovvero, significa che almeno una persona su otto usufruisce regolarmente di questi mezzi elettronici. Fra queste persone il 28% è di origine svedese (la testata più visitata è Aftonbladet), seguiti da italiani e tedeschi con l’11%, mentre inglesi e francesi (5%) continuano a preferire stampa, televisione o radio. 26 Focalizzando la nostra attenzione sul quadro italiano scopriamo che nel 2000 sono stati 54 i quotidiani tradizionali a proporre su Internet la propria edizione completa degli articoli pubblicati su carta. Oggi se ne contano 69 su 73 complessivi. In 64 di quest’ultimi è permesso anche l’accesso all'archivio50, cosa che nel 2000 era possibile solo in 48 testate. Per citarne alcuni ricordiamo: Corriere della Sera, Il Messaggero, Repubblica, Il Tempo, La Stampa, Il Giorno, l’Unità e il Manifesto. Si tratta di testate che hanno creato un proprio sito elettronico solo dopo una certa diffidenza iniziale con il Web. Tra i quotidiani d’informazione nazionali attualmente in circolo solo "Il Giornale" (anche se è stato sul web nel periodo compreso tra il 1996 e il 1998) e "Libero" non hanno un proprio sito. Per quanto riguarda i periodici invece troviamo riviste quali Panorama, Espresso, Famiglia Cristiana, Diario, Liberal, Internazionale e varie testate specialistiche. Ma veniamo ora alle testate che non hanno anche un’edizione su carta. Secondo l’osservatorio Ipse nell’anno 2003 la crescita di questi siti d’informazione ha avuto un progressivo incremento: del 21% rispetto a due anni fa. Dai dati raccolti a dicembre 2003 erano 1.382, un numero discreto se si tiene conto del notevole rallentamento dovuto alla recente crisi della new economy (asse portante nello sviluppo dei nuovi media), che aveva portato ad un’esplosione del fenomeno nel biennio 2000-2001 pari al 177%. Figura 4 La crescita delle webzine dal 1997 al 2003 Fonte: Osservatorio Ipse, dicembre 200351. 50 Va aggiunto che per quanto riguarda la consultazione delle banche dati questa procedura è spesso limitata agli ultimi 7-15 giorni. Gli archivi possono essere comunque di altri tipi oltre che elettronici come ad esempio: cartacei (collezione dell’edizione di un giornale); microfilmati, che permettono di riprodotte le immagini delle pagine dei quotidiani, o le pagine del notiziario di un’agenzia attraverso un foto-visore con fotocopiatrice e una manovella per far scorrere e riavvolgere la bobina della pellicola. 51 I dati sono appresi dal sito http:/www.ipse.com/ 27 Dalla figura 4 si può notare la crescita delle testate on line (quelle che non hanno anche un'edizione su carta) dal 1997 al 2003. Il totale (al 31 dicembre di ogni anno) è di 128 webzine nel 1997; 412 nel 1999; 1.141 nel 2001; 1.382 nel 2003. Dal conteggio sono esclusi i blog e i canali di informazione dei portali. Ma diamo ancora un’occhiata ai dati, stavolta dell’Istat. Secondo il rapporto annuale di maggio 2002, i navigatori di Internet erano 9 milioni, il 60% dei quali utilizzava la rete per la consultazione on line di riviste e quotidiani. Nella Relazione annuale datata luglio 2004 dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni si parla di una soglia di circa 23 milioni di utenti Internet, con indici che collocano l’Italia nelle posizioni migliori del contesto europeo delle telecomunicazioni52. E’ il 2000 l’anno del boom dell’informazione elettronica in Italia, anno in cui viene data la possibilità agli utenti di consultare gratis le informazioni. Da ciò deriva anche la nascita tra il 2000 e il 2001 di quasi il 60% dei quotidiani locali. E’ del maggio 1996 il primo quotidiano telematico italiano che utilizza la rete come esclusivo mezzo di pubblicazione e diffusione di notizie, il “sicilia On line news”, testata locale che ha dato il via ad una serie di iniziative simili, le quali (vedi figura 3) hanno dimostrato di tenere il passo più lungo fra tutte le webzine. Veniamo ora ad uno dei più importanti e originali esperimenti in materia di giornali telematici in Italia, il Nuovo. Questo magazine, dal quale hanno preso spunto altri media elettronici, è stato per circa tre anni fra i media generalisti telematici più autorevoli del nostro Paese. E questo nonostante l’opinione pubblica gli avesse attribuito la scomoda etichetta di “biglietto da visita” di E.biscom, la società fondata nel 1999 da Silvio Scaglia e Francesco Micheli. E.biscom opera nel settore delle connessioni ad alta velocità e aveva lanciato il Nuovo in rete investendo altissimi finanziamenti. Ci sono voluti infatti circa 30 miliardi delle vecchie lire per l’entrata nel mercato della comunicazione on line, sborsati non da un tradizionale editore ma da una società cardine del settore digitale, inoltre quotata in borsa. In linea dal 24 ottobre 2000 ha fatto affidamento su una struttura interamente digitale, ma a metà dicembre del 2003 ha dovuto chiudere i battenti interrompendo i collegamenti con Fastweb (il provider che ne assicurava la messa in rete). Il perché lo scopriremo tra poco. I numeri del Nuovo parlavano chiaro: 32 giornalisti professionisti provenienti da esperienze consolidate sulla carta stampata o nel grande schermo (ad esempio Lucia Annunziata, Igor Man e Mauro Buffa), 34 dipendenti totali, 250 gli articoli giornalieri, 30 i 52 Nel settore delle telecomunicazioni il tasso di crescita del mercato italiano nell’anno 2003 è stato pari a 5,2%, un mercato che vale oggi quasi 33 miliardi di euro. Uno sviluppo, che ha tradotto la spinta maggiore dal settore dei servizi mobili, 57 milioni di abbonamenti nel 2003, ovvero più della telefonia fissa: 16,7 contro 16 miliardi. 28 servizi filmati al giorno, 18 le ore di produzione quotidiana53. Una delle novità assolute della testata era quella che, sottoscrivendo un abbonamento a Fastweb e mediante l’utilizzo di un set top box da collegare alla tv, si poteva accedere a un canale televisivo con l’offerta di film e spettacoli a richiesta. Altra novità era il servizio gratuito del Nuovo tg, un telegiornale divulgato con un linguaggio rivolto ai giovani tra i 14 e i 25 anni. Con uno speciale telecomando e da un menù principale si potevano inoltre scegliere fatti e filmati che interessavano all’utente. “Una redazione – aveva spiegato il direttore Sergio Luciano in un’intervista rilasciata ad Infocity - organizzata come un grande desk, che accentra le funzioni di selezione e confezione e sfrutta moltissimo collaboratori esterni qualificati. Con tre obiettivi: tempestività, completezza e spiegazione delle news” 54. Semplice l’impostazione del sito, che si caratterizzava per metà in servizi scritti – nel periodo che ha anticipato la chiusura del giornale i contenuti erano diventati progressivamente più leggeri, con l’utilizzo di un linguaggio simile a quello dei rotocalchi – e dall’altra in filmati. L’esperienza del Nuovo ha potuto vantare un numero di lettori degno di una testata quotidiana di livello nazionale, un risultato reso possibile grazie anche all’aggiornamento di notiziari per l’arco dell’intera settimana, dalle ore 6 del mattino fino alla mezzanotte. Purtroppo la guerra dei numeri e dei finanziamenti, l’utilizzo di criteri simili a quelli di carta stampata e tv (la mercificazione delle notizie spinta da vincoli editoriali), i troppi clic nelle pagine che contenevano l’edizione digitale del cartaceo e la conseguente bufera economica che si è abbattuta sull’editoria dell’informazione, dovuta anche alle difficoltà dei rinnovi contrattuali a tempo determinato dei giornalisti e alle scadenze di fornitura, ha dato il colpo di grazia a quello che sembrava essere diventato il primo media digitale in grado di soddisfare l’esigenza d’interattività fra news-pubblico-redazione. Anche le redazioni romana e milanese de La Stampa hanno dovuto tirar giù serranda negli ultimi mesi del 2003, per alcune cause simili. “Servizio sospeso” si leggeva sulla home page del sito www.ilnuovo.it/ (intorno al quindici di dicembre 2003). Veniva messo a tacere la prima vera esperienza di quotidiano on line in Italia. Cosi come per il Nuovo, la corsa al digitale intrapresa da molti siti giornalistici, nata soprattutto dall’esplosione del fenomeno Internet, che aveva fatto scommettere diversi editori sulla formula apparire=avanguardia, ma senza considerare le peculiarità della rete e le attitudini culturali dei suoi fruitori, si è conclusa di fronte ai costi altissimi di produzione e 53 M. Cobianchi, News online: questi fanno sul serio, Panorama, giovedì 2 novembre 2000, p. 52. E. Pulcini, Vi spiego perché il Nuovo diventerà il primo giornale on line in Italia, Infocity, 22 novembre 2001, sett./giornalismo on line. 54 29 ai bassi ricavi ottenuti. Il discorso non risparmia casi di questo tipo anche all’estero, riguardanti ancora una volta i grandi investitori. Nota è la vicenda della rivista Spiv del gruppo Turner-Pathfinder, il progetto di giornale a pagamento della Time-Warner, e la fallita proposta di trasformare il maggiore quotidiano statunitense UsaToday in organo on line a pagamento. Dietro a questo scenario, anche coloro che ai tempi dell’avvento della new economy annunciavano la morte del giornale cartaceo, credendo55 ciecamente sulle potenzialità della Rete, hanno dovuto far marcia indietro. D’altro canto, se si tiene conto che le aziende dei siti56 d’informazione possono far quadrare il proprio bilancio economico solo se esiste una forte domanda, dunque una sottoscrizione di abbonamento da parte degli utenti, si intuisce la causa di questi fallimenti: per conoscere le notizie di ordine generalista i lettori non sono disposti a pagare, salvo pochi casi. Un sondaggio condotto dalla redazione del magazine on line Fogli di Stile57, dedicato ai contenuti sul web, ha rilevato che soltanto il 6,7% del campione intervistato si è dichiarato disposto a pagare per l’informazione generalista, mentre il 6,2% per le news di attualità, a fronte di un consistente 36,3% pronto a sborsare il proprio denaro solo in cambio di informazione specializzata, come ad esempio quella economica e finanziaria. Negli ultimi tempi sembra comunque stia cambiando la strategia di alcuni quotidiani italiani e di siti d’informazione nati esclusivamente per la rete: far pagare agli utenti solamente i servizi a valore aggiunto, ovvero gli archivi da un certo periodo di tempo in poi e anche informazioni finanziarie dei titoli in borsa e aggiornamenti in tempo reale. La strada intanto è stata intrapresa da Repubblica, sull’esempio dei giornali statunitensi, e sembra che stia per essere seguita anche da altri soggetti mediali. “Negli ultimi tre anni – da un’analisi che ha interessato il grado dei lettori dei quotidiani italiani, compiuta sempre da Fogli di Stile – la diffusione dei maggiori quotidiani italiani (cartacei), Corriere della Sera e Repubblica, è costantemente diminuita, anche se di poco. Ci sarebbe da chiedersi se supplementi e gadget abbiano contribuito ad evitare un crollo della diffusione o se, al contrario, siano una delle ragioni di questa lenta discesa. Non stiamo ad indagare. Sarebbe invece interessante scoprire se questi ex lettori del giornale di carta siano definitivamente finiti nelle braccia dello show-business televisivo, o se abbiano invece scelto 55 Una delle aspettative che ha spinto molti investitori a credere in Internet è stata quella di poter risanare le casse dei grandi colossi dell’editoria già vittime della precedente crisi della stampa. 56 Nel caso dei giornali telematici locali si cerca molto spesso di ottenere i benefici statali, anche se le fonti principali di introito rimangono quelle dei ricavi dalla pubblicità tramite banner e, di solito, l’autofinanziamento. 57 http://www.foglidistile.com/ 30 la via del digitale”. Riportiamo appresso i dati sul profilo del lettore dei grandi quotidiani italiani: - 90% appartiene alla classe media-superiore - 65% ha una buona istruzione - 57% sono giovani-adulti (età compresa tra i 25 e i 54 anni) - 20% è in pensione - 10% sono casalinghe - 13% sono studenti Repubblica, nonostante il lieve calo di vendite, è al primo posto fra i siti web più visitati nel mondo, come indica un’indagine compilata dall’osservatorio di Alexa e basata sui dati del traffico degli utilizzatori del suo software. Figura 5 I siti news italiani più visitati nel mondo e relativa posizione occupata repubblica. it 715 Unità.it 14.999 Corriere.it 984 gazzettadelsud.it 20.244 rai.it 1.593 adnkronos.com 21.287 ilsole24ore.com 1.840 lasicilia.it 21.310 Ilnuovo.it 2.437 ilmessaggero.it 24.579 ansa.it 2.827 gdmland.it 24.828 Tgcom.it 3.014 Ilfoglio.it 29.045 Lastampa.it 3.584 gds.it 39.445 quotidiano.net 4.173 ilmattino.it 66.232 cnnitalia.it 7.466 Lapadania.com 68.606 ilsecoloxix.it 14.831 avvenire.it 84.822 ilmanifesto.it 17.335 - - Fonte: Osservatorio Alexa, aprile 200358 58 http://pages.alexa.com/, Alexa Traffic Ranking. 31 In un sondaggio condotto sul sito di ''Italy Global Nation", al quale hanno risposto 4.396 persone, risulta che gli utenti di Internet, per informarsi, preferiscono la rete alla carta stampata e ai telegiornali. Il 51,1% si affida al web contro il 28,2% che preferisce la carta stampata. Solo lo 0,6% utilizza la telefonia cellulare. In particolare alla domanda ''Quali sono le vostre fonti di informazione?'', 2.241 utenti (51,1%) hanno risposto ''Internet''; 1.245 (28,2%), ''i giornali''; 636 (14,5%) ''i telegiornali''; 244 (5,6%) ''la radio'' e soltanto 30 (0,6%) ''gli sms''. Dai dati risulta modesta la percentuale dei ''navigatori'' che per informarsi si affida alla telefonia cellulare. Dai dati della relazione 2000/03 “Capitolo stampa quotidiana” della federazione italiana editori giornali (Fieg), emerge che la forza e l’autorevolezza del giornale, che si esprime nell’attaccamento e nella fedeltà dei lettori alla testata cartacea, si trasferisce anche sulla testata on line che è scelta e letta proprio in relazione a tale dimensione. Ciò è anche evidente nella realtà locale, dove i quotidiani regionali rappresentano uno dei riferimenti on line preferiti non solo per i residenti ma anche per coloro che per motivi di lavoro o per altre ragioni si sono allontanati dai luoghi origine. In un dibattito sull’utilizzo dei due diversi strumenti, il digitale o il cartaceo, sono emersi alcuni spunti che approfondiscono il nostro discorso: “I lettori – secondo quanto scrive la giornalista di Infocity, Margherita Serra – usano l’informazione messa a disposizione su internet per integrare quella fornita da altri media, quali giornali e televisione. Viene considerato un qualcosa in più con cui approfondire gli argomenti, cercare informazioni diverse e differenti punti di vista, ottenere informazioni sempre aggiornate: si sfruttano le peculiarità del nuovo mezzo, i servizi che gli altri media non possono dare per loro natura. Ma anche senza tutto ciò basterebbe una considerazione molto più banale: la praticità che ancora rappresenta un giornale stampato, che può essere rapidamente consultato ovunque, per poi essere piegato e messo nella borsa o nella valigia. Con i mezzi attualmente necessari per una connessione, fosse anche un pc portatile, non è sicuramente la stessa cosa”59. Per Valentina Palmieri, altra voce dello stesso magazine, vi è inoltre un modo sostanzialmente differente di fruire dell’informazione. Il web costituisce infatti “Una fonte di aggiornamento più rapida, la matassa ipertestuale contenuta - e contenibile - in un sito modifica i tempi e le modalità di lettura delle notizie. La lettura di un editoriale su carta stampata presuppone una riflessione sui contenuti dell’articolo che non è mai del tutto 59 M. Serra, Internet e old media: vince la logica dell’integrazione, Infocity, lunedì 17 novembre 2003, sett./giornalismo on line. 32 separata dalla gerarchia tematica e dalla disposizione grafica di titoli e notizie sulla pagina. Il quotidiano cartaceo ha una struttura orizzontale in cui sono disposte le diverse sezioni, mentre nel sito questa gerarchia va a modificarsi. Aumenta in quest’ultimo caso la possibilità di formulare percorsi personalizzati, ricerche e approfondimenti grazie alla consultazione delle banche dati, degli archivi e dei link ad altri giornali e alle agenzie di stampa nazionali e internazionali. “(…) Il sito di un quotidiano – spiega la Palmieri – non funziona solo come meccanismo di trasposizione delle notizie dalla carta stampata al web, ma semmai ne integra e ricompone i contenuti. Prova ne è il fatto che diversi quotidiani nazionali, tra cui Repubblica e La Stampa, ma anche locali, sono consultabili in rete a pagamento, ma questo aspetto non ne limita l’utilità. Proprio l’articolazione dei rispettivi siti, attraverso le rubriche, i link e gli aggiornamenti in tempo reale, amplia e arricchisce le informazioni della carta stampata.”60. Da queste osservazioni si intuisce che l’informazione su Internet presuppone un’integrazione con i lettori, i quali chiedono maggiore possibilità di approfondimento e di movimento. Non a caso vi è in Rete un proliferare di siti indipendenti e di controinformazione, nati dall’iniziativa di singoli soggetti (giornalisti professionisti, pubblicisti e collaboratori), spinti dalla passione di informare senza vincoli editoriali o pubblicitari. Ad affrontare il tema delle guerre c’è il sito Warnews (www.warnews.it), che si avvale dell'esclusiva collaborazione di redattori volontari. Atro progetto è quello di Indymedia (http://italy.indymedia.org/), un network di media gestiti collettivamente, nato in occasione del Wto di Seattle. Chiunque può caricare nel sito registrazioni audio e video, immagini e articoli sui fatti di cui è testimone. PeaceReporter61, un giornale on line creato dalla collaborazione dell’associazione umanitaria, Emergency, un’organizzazione non governativa62, e dall’agenzia giornalistica Misna – di cui parleremo fra poco –, è un esempio dell’esistenza di soggetti spinti dalla volontà di ricerca e diffusione di un’informazione innovativa priva di influenze economiche e politiche esterne. 60 V. Palmieri, Carta stampata e internet: un matrimonio possibile, Infocity, lunedì 29 dicembre 2003, sett./giornalismo on line. 61 PeaceReporter raccoglie e diffonde in quattro lingue (italiano, inglese, spagnolo e francese) notizie provenienti da quelle zone della Terra che non sono coperte dai tradizionali organi giornalistici; ha due redazioni, una a Roma e l’altra a Milano alle quali collaborano religiosi, personale diplomatico, esponenti della società civile e commentatori. 62 In sintesi le Ong (organizzazioni non governative) sono delle associazioni che fanno parte del cosiddetto “terzo settore”, definito anche “settore no-profit”, ovvero perseguono finalità non a scopo di lucro. I loro obiettivi, spinti dalle istanze sociali e culturali provenienti dalla società civile, sono quelli di imprimere una crescita alla coscienza comunitaria sui problemi di pace, sviluppo ed equità fra i Popoli. La maggior parte di loro operano in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite (fondato nel 1950), per la tutela dei diritti umani, per il contributo agli aiuti umanitari e intervengono anche alla funzione di integrazione delle politiche governative. 33 Moltissimi documenti sui conflitti nel mondo si hanno sui siti di Amnesty International e di Emergency. Il sito italiano di Amnesty (www.amnesty.it) offre tutta la documentazione relativa ai rapporti annuali, i comunicati stampa, i notiziari curati dall'associazione e il programma radio settimanale. In particolare è prezioso l'archivio con l'elenco delle campagne in corso, tra cui quella per l'abolizione della pena di morte, per lo stop ai bambini soldato e contro la tortura. Il sito di Emergency (www.emergency.it) consente di seguire quotidianamente, attraverso le relazioni di Gino Strada e degli altri medici dell'associazione, le vicende umane dei feriti di guerra di tanti paesi del Terzo mondo. Merita di essere citata anche Informazione senza frontiere, un'associazione a difesa della libertà di stampa e di espressione nel mondo, nata in collaborazione con Federazione nazionale della stampa e Arci. Il suo sito (www.italian.it/) raccoglie notizie dai quei Paesi in cui sono in atto guerre e sono commesse violazioni alla libertà di informazione. Stessa cosa fa il sito di Peacelink (www.peacelink.it), che raccoglie da dodici anni migliaia di contributi sulle guerre considerate dimenticate, grazie ai suoi contatti nel mondo del volontariato e degli operatori sociali. Al suo interno è ospitato il progetto Mediawatch, nato durante la guerra in Iraq per vigilare sulla veridicità delle notizie pubblicate dai media italiani, con l'obiettivo di diventare una sorta di controllore gestito autonomamente diffuso della qualità dell'informazione. 34 Capitolo 2 Agenzia internazionale Misna, tra fede e giornalismo 2.1 Tecnologie digitali: strumento evangelico a sostegno degli ultimi “Essere sommersi di notizie non significa essere informati, ed essere informati non significa capire ciò che accade, anche se è un primo passo importante”63. La frase appartiene alla direttrice della rivista Volontariato Paola Spinghetti, che in un ideale dibattito virtuale con Daniele Barbieri, redattore del settimanale Carta, riesce a dare un volto al nodo teorico attorno cui ruota la nostra problematica sul giornalismo attuale. In un’intervista incrociata apparsa infatti sul mensile Carta, edito dall’associazione italiana “Amici di Raoul Follereau”64, i due giornalisti rispondono alla seguente domanda: “Sette tg nazionali che ripetono le stesse notizie. Essere informati in tempo reale significa anche comprendere ciò che accade?” Il pensiero della Spinghetti prosegue citando la funzione generale assunta oggi dai mezzi di comunicazione di massa, i quali “(…) rispondono tutti alla stessa legge: quella del mercato, e quindi tendono ad omogeneizzarsi sia nello scegliere le notizie che nel commentarle (…)”, col rischio di inclinare le garanzie del pluralismo, base dell’informazione democratica. “(…) Per questo – riprende la Spighetti – è importante rivolgersi ad altre fonti di informazione, quali testate comunitarie, quelle del volontariato, della Chiesa e della società civile tutta (…)”, che possono essere considerate espressione di identità culturali e di punti di vista alternativi. La Chiesa Italiana si è mossa in questi ultimi anni per rinnovare la presenza dei cattolici nel mondo della comunicazione, con iniziative sia a livello nazionale che a livello locale. E’ stata costituita la fondazione “Comunicazione e cultura” per sostenere le attività nell’ambito dell’emissione radio televisiva e per sviluppare il progetto culturale orientato in senso cristiano. Esempi che meritano di essere citati sono le trasmissioni televisive di Sat2000 e quelle radiofoniche di Blusat. Ma la Chiesa si è mostrata curiosa anche nei riguardi di Internet, mezzo che ha considerato fin da subito adatto all’alternativa mediatica e strumento 63 64 G. Albanese, La lunga corsa all’audience dove perde chi guarda, Amici dei lebbrosi, maggio 2004, p. 4 – 5. L’associazione italiana Amici di Raoul Follereau è la collana editrice di alcuni mensili e settimanali cristiani. 35 di sostegno a nome dei più poveri. Solo nel 1998 in Italia i siti cattolici comprendevano già cinquantatre diocesi, uffici pastorali, centri missionari, ordini e istituti religiosi, associazioni e movimenti ecclesiali. Oggi - si legge su www.siticattolici.it - i siti cattolici su Internet sono circa 8 mila. Una proliferazione che a volte crea confusione, perché esistono molti siti web non ufficiali che si definiscono “cattolici” ma in realtà non lo sono. Le nuove tecnologie digitali sono state percepite dai cattolici veicolo ideale nella diffusione dei valori cristiani e della loro iniziativa, entrando nella struttura della Chiesa grazie alla collaborazione dei laici che già avevano avuto approccio allo strumento elettronico. Ecco così la nascita di fonti alternative di informazione: siti come “www.misna.org”, dell’agenzia di stampa internazionale Misna, che ha preceduto sul web il debutto di molti grandi canali informativi mondiali e spesso riesce ad essere estremamente più aggiornata delle più grandi agenzie di stampa mondiali; “www.fides.org”, appartenente anche questo ad un’altra agenzia internazionale, la Fides, che da oltre settant’anni è la voce delle missioni cattoliche nel mondo. Possiamo citare ancora fonti come la News Press, agenzia che gestisce il centro di produzione radiotelevisivo della Conferenza episcopale Italiana, e infine l’agenzia AsiaNews (www.asianews.it/), che trasmette tutte quelle notizie raccolte dal continente asiatico. Questo, ovviamente, solo per quanto riguarda le agenzie. Se prendiamo in considerazione la forma digitale esistente in Italia e all’estero, locale e nazionale, di settimanali, mensili o quotidiani, siti Paxchristi, che offrono liste di discussione, testi di riflessione e che sono il centro di coordinamento di tantissime iniziative "di base", sia di spiritualità che di azione sociale – Avvenire, Il Gazzettino del popolo, La Vita cattolica, tanto per citarne alcuni – il nutrito catalogo che si può ricercare per via telematica non avrebbe più fine. Il fenomeno coinvolge, oltre al centro Vaticano (un dato importante sono gli oltre sei milioni e mezzo di accessi al mese al sito della Santa Sede, http://www.vatican.va/phome_sp.htm), anche le Conferenze Episcopali, le parrocchie e i singoli cattolici. Un’opera di diffusione del progresso culturale ed evangelico, quindi, che in passato aveva avuto come proprio strumento essenzialmente la radio, la televisione e prima ancora la divulgazione capillare della carta (oggi sempre in uso). “La parola ha il suo peso - sostiene Fabio Zavattaro, voce del mensile cattolico “Segno nel mondo” e corrispondente Rai -, una sua efficacia temporale, un’incidenza nella opinione pubblica che cresce all’aumentare dell’importanza della testata giornalistica che offre la notizia”. Zavattaro ricorda nell’occasione due celebrazioni in piazza San Pietro, la canonizzazione di Daniele Comboni e la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, in cui sono emersi alcuni messaggi importanti che Giovanni Paolo II ha voluto offrire ai cristiani di 36 oggi: “La scelta degli ultimi, dei poveri. La capacità di dare e soprattutto l’intelligenza di saper ricevere, in cultura e testimonianza di vita, anche da chi si va ad aiutare nelle più sperdute regioni dell’Africa. Notizie che non hanno avuto l’onore, non dico della prima pagina, ma nemmeno delle pagine di cronaca”65. Posizioni importanti quelle citate, che introducono il nucleo della nostra tematica: l’agenzia Misna e un altro modo di fare informazione. Il giornalismo, come noto, evolve con il progredire di nuove forme d’espressione culturali, sociali e di fabbricazione delle notizie (ad esempio la nascita di un nuovo mezzo di comunicazione). E mentre l’attuale informazione si caratterizza soprattutto per la velocità e la compressione del messaggionotizia, si pensi alle pubblicazioni tramite telefonia mobile (SMS), Internet o tv satellitari, esiste una testata giornalistica che proprio in rete, e in collaborazione con tutte le forze laiche e del mondo missionario, colma un vuoto lasciato dalla maggior parte dei media sui fatti che riguardano il Sud del Mondo. E’ la Misna (Missionary Service News Agency). Facciamo ora un passo indietro, per capire da dove parta l’opera mediatica di quest’agenzia internazionale e perché si differenzia da tutte le altre testate. Come ha affermato il Concilio Vaticano II le nuove tecnologie (il riferimento era rivolto alla tv, ma può valere oggi anche per Internet) sono «meravigliose invenzioni»66 che hanno bisogno di capacità di ricerca, di critica, attraverso un dialogo al passo con il progresso. Tutto questo, nonostante la Chiesa ne condanna spesso gravi abusi da parte della società, come possono essere la pornografia e la violenza. Citando la Lettera Enciclica Miranda prorsus di Papa Pio XII del 1957, l'Istruzione Pastorale sui Mezzi di Comunicazione Sociale Communio et progressio, pubblicata nel 1971, ha sottolineato questo aspetto: «La Chiesa riconosce in questi strumenti dei “doni di Dio” destinati (…) a unire gli uomini in vincoli fraterni”. La Mina, partendo da questi principi cristiani, che come abbiamo visto hanno le loro radici nel Concilio Vaticano II, ha accolto l’invito della Chiesa a fare un uso positivo dei mezzi di comunicazione proponendosi un obiettivo ben preciso: “Dar voce a chi non ne ha”, agli ultimi della Terra. E’ questo il suo ideale, che si trasforma in giornalismo. E’ diverso da quello di tutte le altre agenzie internazionali, le quali si uniformano alle leggi del news businnes. Rilancia ai grandi canali informativi del mondo notizie che altri organi di stampa internazionale raramente trattano, quelle che provengono dalle zone più sperdute dell’Africa, America Latina o Asia. Paesi in cui oltretutto il panorama religioso è molto complesso. In Africa per fare un esempio si possono distinguere tre grandi correnti: i movimenti religiosi 65 66 F. Zavattaro, Informazione e parole, Segno nel mondo, ottobre 2003, p. 3. Concilio Vaticano II, Decreto sui mezzi di Comunicazione sociale Inter mirifica, n. 1. 37 africani67, chiamati anche "Chiese africane indipendenti", che sono sorti durante l’epoca coloniale soprattutto come reazione sociale e religiosa alle strutture provenienti dall’estero; i movimenti derivanti dal protestantesimo americano68 e infine quelli magico-esoterici69. Quest’ultimi si sono diffusi soprattutto nei grandi agglomerati delle città e fra le persone più colte di paesi come Zaire, Cameroun, Kenia e Nigeria. La pastorale della Chiesa viene in questo caso interpretata in modo differente, secondo le caratteristiche di fondo che costituiscono lo specifico dei movimenti in via di espansione: a) I gruppi che si basano sulla Bibbia spingono a rendere una testimonianza come comunità e ad incoraggiare una conoscenza personale del Vangelo. b) I gruppi che si ispirano alle religioni orientali incoraggiano a scoprire il primato della vita spirituale, al fine di unificare l'uomo di oggi alla pace interiore. 67 Secondo fonti vaticane si valuta che nell'Africa sub sahariana esistano 10.000 movimenti religiosi fondati da africani, che contano in totale alcune decine di milioni di aderenti. Nella Repubblica del Sudafrica esistono 4.000 "African Instituted Churches" (Chiese africane istituzionali) alle quali aderisce il 26,1% della popolazione. Nell'Africa occidentale, queste comunità si sono sviluppate soprattutto in Liberia, Nigeria, Ghana, Costa d'Avorio, Benin; nell'Africa orientale, in Kenia; nell'Africa centrale il primato è detenuto dalla Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire). Questi movimenti religiosi sono chiamati "Chiese" nel senso di comunità di persone che professano la stessa fede. Esiste però una grande diversità rispetto alla fede cristiana. Alcune si ispirano alla fede ebraica, altre mescolano aspetti della fede cristiana con aspetti della religione tradizionale, altre sono essenzialmente nuove espressioni della religione tradizionale, con elementi superficiali presi in prestito dalle Chiese cristiane. 68 Nel protestantesimo africano di origine americana convergono numerose correnti: quella del pentecostalismo, nata all'inizio del XX secolo negli Stati Uniti, che pone l'accento sui doni visibili dello Spirito; quella del fondamentalismo, che risale allo stesso periodo, che nasce come reazione all'interpretazione liberale della Bibbia e all'impegno sociale delle Chiese; quella del Vangelo della Prosperità (Faith Movement), nata negli anni Settanta, che sottolinea il potere della fede per ottenere da Dio la salute e la prosperità economica. In pratica, è difficile distinguere queste tre correnti, che possono coincidere nella stessa denominazione interamente o in parte e integrare alcuni aspetti della religione africana tradizionale, soprattutto se i protagonisti sono degli africani. 69 La cultura esoterica ha la caratteristica di presentarsi pubblicamente sotto le espressioni dei valori universali, riservando agli iniziati gli aspetti più occulti, che portano ad un rovesciamento della morale, della religione, delle regole della convivenza sociale. Questo può essere percepito nei movimenti magico-esoterici (per esempio Rosacroce, Ekankar, Graal, Templari, Mahikari) e mostra espressioni sconvolgenti nella corrente satanista che condiziona, con i suoi miti, un certo numero di studenti e anche di persone impegnate nelle libere professioni e nella politica. Molte persone rifiutano quella che appare loro una religione di sofferenza e sottomissione, che non porta la felicità sulla terra, e sono sedotti dall'ideale del superuomo che realizza i suoi sogni di ricchezza e di potere. 38 c) I gruppi di tendenza psicologica e terapeutica esigono per ultimo un attento discernimento su ciò che realizza l'uomo o lo rende schiavo. “La nostra speranza – afferma in un’intervista all’Agenzia Fides don Lucio Ruiz, coordinatore tecnico dei gruppi di lavoro della Rete Informatica della Chiesa in America Latina (RIIAL) – e il nostro impegno sono rivolti a che la tecnologia ricopra il suo giusto ruolo, a misura umana, ma che a sua volta rafforzi quella stessa umanità nelle sue forme più umili e solidali. Penso, soprattutto, alla radice stessa dei progetti informatici che porta la Chiesa. Da dove e come nasce? Primo, dal mandato missionario di Gesù "andate per tutto il mondo". C'è un mandato esplicito da parte del Signore di arrivare fino ai confini della terra, e l'informatica è un eccellente mezzo per realizzarlo. Secondo, c'è un invito chiaro del Papa per realizzare la Nuova Evangelizzazione: nuova nel suo ardore e nuova nei suoi metodi, quindi se la nostra cultura appartiene all'era digitale non possiamo non evangelizzare con e attraverso i mezzi informatici”70. E’ lo stesso Pontefice Giovanni Paolo II oggi a dire – in un recente incontro con i giornalisti sul ruolo dell'informazione online: "Consideriamo positiva la capacità di Internet di trasmettere informazioni e insegnamenti di carattere religioso oltre le barriere e le frontiere. Nella nostra epoca è necessario un utilizzo attivo e creativo dei mezzi di comunicazione sociale da parte della Chiesa"71. Chiesa fatta dai tanti cattolici che lavorano nel silenzio e fuori dall'ufficialità, utilizza anch'essa e in maniera estremamente efficace Internet. I missionari non sono dunque soltanto religiosi impegnati nella raccolta dei sussidi da distribuire nelle varie zone che necessitano di aiuto, oppure comuni portatori del messaggio cristiano ma, insieme alla cooperazione dei laici, i testimoni del dialogo fra i popoli, della pace e del progresso nel mondo. Un apostolato che fa delle guerre civili e delle malattie il principale nemico da sconfiggere, e dell’amore nel prossimo, dell’educazione scolastica e civica i suoi strumenti più potenti. 70 http://www.fides.org/ita/index.html. Dal sito della biblioteca digitale Rai, MediaMente (www.MediaMente.it), si legge che la “Chiesa Cattolica per secoli è stata all'avanguardia nell'utilizzo di tutti i mezzi di comunicazione, dalla parola alla pittura, dal cinema alla televisione, ha accolto Internet come strumento di diffusione del proprio credo. Così se da noi, popolo di telefonini, fa ancora notizia il parroco che legge gli SMS di auguri durante la messa di Natale, nelle Filippine è proprio la Chiesa il maggior provider Internet del paese, a prezzi stracciati rispetto ai concorrenti, naturalmente. Si moltiplicano da mesi i siti cattolici, ufficiali e non. 71 39 “Il comboniano Franco Laudani, nato in provincia di Catania 61 anni fa e da 27 domiciliato nel Congo ex-Zaire – scrive Elisabetta Rosaspina sul Corriere della Sera, riprendendo la notizia dall’agenzia di stampa Misna – sta preparando l’invio dall'Uganda di un carico di munizioni non convenzionali per contrastare la guerriglia nell’Ituri, Nord-Est del Congo: 30.000 libri, in tutto sei tonnellate di materiale didattico, destinato a 7.000 giovanissimi pigmei. Armi di educazione di massa”. “La fame del sapere – dice Laudani alla giornalista – uccide più silenziosamente dell’inedia alimentare. Chi uccide in queste remote periferie del mondo lo fa perché ignorante; e lo si può fermare con l’unico vero antidoto, che è quello della cultura” 72. E’ in questo modo che possono nascere anche con pochi fondi monetari tante iniziative a favore della cultura, dell’economia e dell’arte nei luoghi più martoriati della Terra, come può essere la costruzione di un acquedotto, l’acquisto di attrezzature per l’agricoltura, l’assistenza legale a ragazzi finiti in carcere o quella sanitaria per contrastare le malattie. Addirittura ci sono intere famiglie, anche se sono ancora solo avanguardie, che si trasferiscono, stabilmente o per un certo periodo, in alcuni villaggi dell’Africa o dell’Asia per creare strutture come ad esempio un pozzo. La Chiesa evangelizza anche attraverso l’arte: a Maputo, capitale del Mozambico ed ex colonia portoghese, che per ben sedici anni è stata scenario di una terribile guerra civile conclusa nel 1992, il Consiglio cristiano (l’organismo che riunisce varie chiese presenti sul territorio) allestisce ogni anno una mostra che coinvolge artisti locali, che espongono opere specchio di una creatività diffusa nelle persone del continente nero. Basti pensare ad uno sculture di Maputo che trasforma le armi utilizzate nella guerra civile in veri e propri capolavori, oppure ad un’anziana artista che ha richieste in tutto il mondo per le figure che riproduce a mano dalla terracotta e sono ispirate da suoi sogni73. 72 E. Rosaspina, Samba e libri: i nuovi missionari creativi. Non solo religiosi, sempre più laici seguono vie originali di evangelizzazione.”Ma la Frontiera è l’Europa”, Corriere della Sera, lunedì 26 aprile 2004, p. 18. C’è ancora una parte dell’articolo di Elisabetta Rosaspina che merita di essere citata: “La missione è molto cambiata negli ultimi anni, non c’è dubbio – valuta monsignor Enzo Serenelli, per 15 anni direttore delle Pontificie opere missionarie, docente in carica dell’Università Lateranense e autore di saggi sull’argomento -. Intanto non è più una missione unidirezionale: il sacerdote che parte e va a diffondere la parola di Dio. Ma è un interscambio religioso. Non è più un’opera riservata agli istituti missionari, ma un compito di cui si fa carico, sempre più, la chiesa locale”. 73 P. Corona e T. Ferrario,“La nostra Africa”, Speciale TG1, in onda il 28/03/04 alle ore 22:50, Raiuno. Tema: le crude immagini di bambini rapiti e addestrati con le minacce a diventare guerriglieri, mutilati dalle punizioni e dalle mine nel nord dell’Uganda, aprono la pagina di uno dei tanti drammi, spesso dimenticati, dell’Africa. In un continente dove il gigantismo è anche nella contabilità della morte per guerre, povertà e malattie, Puccio Corona e Tiziana Ferrario sono andati a cercare in Mozambico, Angola e Uganda gli italiani che hanno scelto di darsi da fare per invertire un verdetto disperato (Ufficio stampa Rai). 40 2.2 Struttura dell’agenzia Misna «Raccontare la vita dei diseredati – afferma Don Giulio Albanese74, ex direttore dell’agenzia di stampa internazionale Misna – rappresenta già un primo concreto aiuto contro la fame, le malattie, la violenza e l’illegalità». La pensano in questo modo anche tutti coloro che diffondono ogni giorno notizie e servizi di approfondimento dal Sud del mondo, grazie al portale www.misna.org/ (acronimo che sta per Missionary Service News Agency). Si tratta di missionari, in maggioranza appartenenti all’ordine religioso dei Comboniani, e di volontari della società civile (gruppi laici, movimenti schierati in difesa dei diritti umani o associazioni per la promozione umana). Tutte queste persone sono impegnate in azioni di pace nelle zone più povere dei cinque continenti ma, nello stesso tempo, e come vedremo in modo approfondito più avanti, ricoprono anche la funzione insolita di giornalisti, inviando con i loro pc o comunicando attraverso il telefono fatti che accadono intorno a loro. In Africa, ad esempio, i padri Comboniani operano nelle comunità del Ghana, Togo, Benin, Ciad, Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Kenya, Sud Africa, Uganda, Zambia, Ghana, Zaire, Mozambico, Malawi, Sudafrica, Repubblica Centroafricana e nella Repubblica Democratica del Congo. La passione per l'Africa ha incoraggiato qualcuno a fondare famiglie religiose completamente africane. Sono nove le congregazioni maschili e femminili fondate da comboniani e comboniane. Tra le più fiorenti, gli Apostoli di Gesù, un istituto missionario tutto africano, già presente in cinque paesi, e le Sorelle evangelizzatrici, con circa 150 membri. Paesi in cui le parole “guerra civile” e “morte” convivono quotidianamente con le storie delle persone. Storie, generalmente non illuminate dai potenti riflettori dei media. Il campo d’azione dei comboniani va dalle popolazioni rurali alle etnie nomadi, come i karimojong dell'Uganda o i pokot, i turkana e i maasai del Kenya, o i pigmei dello Zaire. Arrivano a portare acqua ai rifugiati, il continente nero ne ha milioni, a costruire ospedali (si pensi alla riabilitazione dei portatori di handicap o alla formazione dei non vedenti), alla scuola (insegnano nelle università costruite anche da loro o nelle scuole superiori e professionali), a trasmettere i mestieri. Si legge nel sito www.nigrizia.it/ dedicato all’Africa, che “In più di una circostanza, strutture e edifici costruiti con fatica e passione hanno dovuto subire la stessa sorte delle opere iniziate dal Comboni, che vennero cancellate dalla 74 Giulio Albanese è nato a Roma nel 1959. Ex ufficiale dell’esercito italiano è oggi un missionario comboniano e giornalista, ha studiato teologia in Uganda. Da vari anni è collaboratore del quotidiano cattolico Avvenire, Radio Vaticana e RadioRai. E’ stato direttore del New people media centre di Nairobi. Nel dicembre 1997 ha fondato la Misna, della quale è direttore, l’agenzia di stampa internazionale delle congregazioni missionarie cattoliche. 41 violenza. Così in Uganda il bilancio delle missioni e delle opere sociali saccheggiate o distrutte dalle due guerre postcoloniali è stato pesantissimo. Eppure si è ripartiti da capo: la scuola superiore di Koboko, nel West Nile, è stata ricostruita tre volte nel giro di poco più di un decennio. Ripartire: è quasi una parola d'ordine. Ora sta avvenendo in Mozambico e Sudan”75. Una missione affascinante, ma resa complicata dalle abitudini transumanti di questi gruppi etnici e dai fenomeni di violenza. I missionari comboniani hanno basi anche in America Centrale (Messico e Costa Rica), in Sud America (Brasile, Colombia, Ecuador, Peru e Cile), in Asia (Filippine). Molti di loro, così come i laici, testimoniano con la vita la missione che svolgono in questi territori. Secondo fonti Misna i martiri del 2003 sono stati ventinove: venti sacerdoti, un arcivescovo, un religioso, tre seminaristi e quattro volontari laici dei quali due uomini e due donne. Ma perché un missionario fa il giornalista? “Missione è innanzitutto e soprattutto Comunicazione di una buona notizia – secondo Albanese – che deve dare speranza in un mondo caratterizzato da profonde ingiustizie, ma anche da fermenti di speranza”76. L’agenzia Misna è stata fondata nel dicembre del 1997 da un padre comboniano e giornalista professionista che è appunto don Giulio Albanese, il quale intuì subito che puntando sull’innovazione tecnologica telematica si poteva fare qualcosa di importante per l’umanità, dar voce agli ultimi. Già nel settembre del 1990, in occasione del primo congresso missionario italiano dopo il Concilio, fu lanciata la proposta di realizzare un’agenzia d’informazione missionaria ma il problema era la sua realizzazione. Problema principale era il contratto giornalistico, che costa molto denaro: salario giornalisti e collaboratori, contributi, e la difficoltà tecnologicamente di riuscire a realizzare con un terminale un’agenzia. Nel 1996 le cose cambiano: nell’ottobre padre Albanese arriva da Nairobi ad Atlanta, città conosciuta per la sede della Coca-Cola e per la redazione centrale della Cnn, dove era stato invitato a fare una stage. Lì Leonard Teel, celebre firma dell’Atlanta Costitution, mette Albanese a sorvegliare le agenzie che parlano di Africa. Un pomeriggio arriva un dispaccio: “La città di Kisangani in Congo è caduta nelle mani delle forze di liberazione guidate da Laurent Désiré Kabila”. La notizia stava per andare in onda quando insospettito, il prelato, telefona a un missionario belga che stava a Kisangani da anni. “Di Kabila e dei suoi nemmeno l’ombra” rispose. Quella bufala fu la fortuna della Misna. Nei giorni seguenti tutti gli stagisti furono invitati a 75 76 http://www.nigrizia.it G. Albanese, Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, Einaudi, Torino, 2003, cfr. 42 cena da Eason Jordan, allora vicepresidente di Cnn International, che propose l’idea di creare un network via Internet con i missionari sparsi in tutto il mondo. Il progetto Misna è stato finanziato da molte congregazioni missionarie (Saveriani, Consolata, Comboniani e Pime su tutti), dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), Cuore Amico77 e Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs)78, dalla vendita di servizi e consulenze esterne e al contratto di collaborazione con la Rai. In tutto, 500.000 euro l’anno che però ancora non bastano a realizzare sogni e progetti, quali la creazione di tre sedi in Africa, America Latina e Asia, e l’invio di giornalisti praticanti sul campo. L’agenzia è una società a responsabilità limitata, che ha un consiglio d’Amministrazione composto dalle congregazioni missionarie, dalla casa editrice Emi e dalla Federazione stampa missionaria italiana (Fesmi). Anticipando le grandi agenzie giornalistiche mondiali e soprattutto studiando nei particolari la diffusione dell’informazione su Internet – si tenga a mente che ad esempio Reuters, Ap e France Press hanno sottovalutato all’inizio l’importanza dello strumento digitale allestendo sul proprio portale pagine web molto deboli a livello sia qualitativo che quantitativo di notizie79 –, la Misna vince una grande scommessa, perché diventa in poco tempo la testata giornalistica con più corrispondenti al mondo ed una delle fonti principali di canali informativi mondiali quali Cnn e Bbc, ma anche delle stesse grandi agenzie internazionali, che la citano e riportano i suoi servizi. La redazione ha sede a Roma ed è composta, oltre dall’attuale direttore responsabile Pietro Benni, subentrato a don Albanese nella metà di settembre 2004 dopo le dimissioni80 77 Cuore amico è un’associazione missionaria fondata nel 1980 dal sacerdote bresciano Mario Pasini. Si occupa del sostegno dell’attività di religiosi e laici dediti ad azioni di promozione e sviluppo nei paesi del Sud del mondo. Cuore amico si rivolge alle realtà dei paesi in via di sviluppo grazie all’attività di raccolta fondi che viene effettuata esclusivamente attraverso la redazione e distribuzione del periodico mensile “Cuore Amico”. Di volta in volta vengono pubblicate richieste che giungono direttamente dal Sud del mondo; inoltre i lettori sono aggiornati sui progetti sostenuti e i contributi erogati. L’associazione che ogni anno redige un dettagliato rendiconto di tutte le iniziative è coordinata da laici e sacerdoti. 60 mila sono i sostenitori di Cuore amico, composti da famiglie e da singole persone. Dal 1994 sono stati distribuiti aiuti per circa cinque miliardi delle vecchie lire. 78 Da oltre 50 anni, l' Opera di diritto Pontificio "Aiuto alla Chiesa che Soffre", fondata da padre Werenfried van Straaten nel 1947, raccoglie fondi in 16 Paesi per distribuirli in tutto il mondo attraverso 6.000 progetti in oltre 130 Paesi per sostenere la Chiesa perseguitata, oppressa o in povertà e per difendere il diritto della persona a professare la propria religione nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti. L’Opera, grazie ai progetti finanziati interamente dai benefattori, è attiva nel sostegno ai Seminaristi; fornire mezzi e strumenti per la pastorale (mezzi di trasporto, radio, libri, ecc.); sostentamento del clero attraverso le offerte per Messe quotidiane e cicli di Messe gregoriane; costruire o restaurare luoghi di culto, preghiera, formazione; diffondere la Bibbia; fornire aiuti per interventi nelle emergenze. 79 Una delle spiegazioni più probabili che ha portato queste grandi agenzie a sottovalutare all’inizio Internet è che nel loro notiziario la pagina d’attualità è meno importante di quella economica. La maggior parte delle informazioni della Reuters sono infatti economiche, mentre la cronaca, la politica, la cultura sono solo una parte marginale. 80 "Non è possibile continuare in questo modo. Non ce la faccio più a elemosinare a destra e a sinistra un pugno di euro. Abbiamo bisogno del vostro sostegno. O iniziamo a vedere in grande, oppure è meglio che ce ne 43 del suo fondatore, da nove giornalisti laici professionisti più una segreteria. Sparsi in tutto il mondo, invece, operano i missionari e i laici volontari. Si parla di cifre spaventose: circa 600 mila in tutto il circuito e migliaia sono missionari, dei quali quattordicimila sono italiani. Questi particolari reporter percorrono anche a piedi zone vastissime come il deserto, alcuni muniti di satellitare e di tecnologie all’avanguardia, altri oppure sfruttano mezzi come il telefono fisso o il fax. Vediamo in dettaglio le redazioni estere della Misna e i rispettivi capiservizio: desk Africa (Massimo Zaurrini), desk Americhe (Francesca Belloni e Luca Leone), desk Asia e Oceania (Luciana Maci e Barbara Fabiani), desk Medio Oriente (Emiliano Bos), desk inglese (Beth O’Rourke e Laura Gail Clarke), desk francese (Celine Camoin e Veronique Viriglio). Il tutto va a confezionane un notiziario che diffonde circa trenta notizie quotidiane (news update) e un quarantina di approfondimenti mensili, in un'ottica editoriale orientata sui versanti: politico, economico, sociale, religioso e culturale. «Le enormi possibilità di raggiungere chiunque, in tempo a costi molto bassi, offerte dalla Rete delle Reti era una chance irrinunciabile – si legge nel libro “Il mondo capovolto”81 dal quale ha preso spunto il nostro lavoro –. La globalità delle crisi economiche, sociali e politiche in cui si dibattono i popoli e le nazioni cui la Misna vuole e voleva dar voce, trovavano in quel marchingegno strano, allora poco noto al grande pubblico, un partner straordinario. (…) La necessità di macchiare il tessuto informativo mondiale, colorato quasi completamente dalle tinte non sempre veritiere delle notizie del primo mondo, era uno dei problemi principali da risolvere. Internet poteva superare frontiere, consentire la pubblicazione e la lettura delle notizie torniamo tutti a casa". Sono racchiuse in questo sfogo le ragioni che hanno spinto padre Giulio Albanese a rassegnare le dimissioni dalla Missionary Service News Agency. Nel motivare dimissioni "irrevocabili e definitive", padre Albanese ha fatto riferimento alla "consapevolezza di non ottenere più dalle sedi competenti l'appoggio pieno che mi sembrava indispensabile". Non fa nomi e cognomi, l'ex direttore, ma a Vita svela che "dietro questo muro di gomma c'è un consiglio di amministrazione con cui i rapporti si sono progressivamente deteriorati". Il suo è stato un estenuante appello a rinnovare la linea editoriale della Misna. "Volevo", si spiega, "una struttura solida, una redazione più capiente e capace, e un settore marketing efficiente, che in MISNA non esiste". 81 Il libro Il mondo capovolto ricevuto diversi premi importanti, fra i quali quello del 29 luglio, al Quirinale, dov’era presente anche P. Venanzio Milani quale presidente della MISNA, consegnato dal Carlo Azelio Ciampi, presidente della Repubblica Italiana, il quale ha conferito l’onorificenza di Grande Ufficiale a P. Giulio Albanese. "Molte delle informazioni che abbiamo sulle vicende tragiche dei popoli dell’Africa – ha detto in quella occasione il Presidente dello Stato – vengono dai nostri missionari che danno, con ciò, una straordinaria testimonianza di carità e anche di valore civile. Di loro l’Italia è orgogliosa. Siamo vicini ai 14.000 missionari italiani che operano in Africa, America Latina e Asia e soprattutto ai cinque che, insieme ad un giornalista, sono ancora a Monrovia, in Liberia, in questo momento in una grave e angosciosa crisi". Infine il 1° agosto, i Missionari Scalabriniani, durante il Meeting Internazionale di Loreto sulle Migrazioni, hanno premiato Albanese per aver “portato – questa la motivazione – alla ribalta internazionale le guerre dimenticate della Guinea Bissau, della Sierra Leone e dell’ex Zaire, oltre alle innumerevoli vessazioni di regimi totalitari come quello di Khartoum contro i cristiani sudanesi o al dramma di Safya, la donna condannata a morte per adulterio. È proprio all’uomo di frontiera a cui vogliamo consegnare il premio". 44 subito, senza mediazioni di alcun tipo»82. Nella Misna trovano così spazio moltissimi fatti riguardanti il Sud, che sono rilanciati ora per ora, dando a tutti i tradizionali mezzi di comunicazione di massa la possibilità di conoscerli grazie alla Rete. Veniamo alla struttura del sito Misna. I dispacci dei missionari sono pubblicati in Rete sul portale www.misna.org e sono consultabili da chiunque con accesso gratuito a quelli del giorno, mentre è a pagamento la consultazione dell'archivio e del motore di ricerca. La redazione raccoglie informazioni attraverso e-mail (indirizzo [email protected]), fax e telefono, dai collaboratori che, oltre ai missionari e laici, possono provenire da organismi no profit, da organizzazioni come l’Onu, l’Unesco e infine dai siti Internet internazionali. I collaboratori da ogni parte del mondo possono inserire il loro dispaccio d’agenzia attraverso la digitazione di una password identificativa della firma, utilizzando una pagina Html. L’articolo viene così automaticamente firmato, introdotto nel database e messo in linea. Tutte le notizie prima di essere immesse nel server sono verificate direttamente attraverso fonti incrociate. Il portale dispone di un linguaggio in tre lingue: italiano, inglese e francese. In redazione si trovano alcuni professionisti che traducono i pezzi nelle varie lingue. L’home page dell’agenzia (vedi figura 6) è composta dal nome e il logo della testata (tre antenne che danno sui tre continenti più poveri del mondo, Africa, Asia e America Latina). Nella cella orizzontale sotto si possono selezionare i menu principali: nel primo è possibile sfogliare le pagine interne “Chi siamo", "Links", "Indirizzi", "Scriveteci", nel secondo l’Archivio; seguono poi le sezioni abbonamenti, service, le donazioni, il carrello, la registrazione alla testata e la scelta della lingua. Verticalmente sono disposte tre colonne: i lanci sono riportati in quella di centro pagina dove si possono scorgere i titoli colorati in blu dietro la data e l’ora. I frammenti possono essere appresi gratuitamente, mentre per gli approfondimenti e per entrare nella sezione “Archivio”, dove sono catalogate tutte le notizie e le foto divulgate da Misna dal 1997 ad oggi (il database contiene quasi 80.000 documenti), bisogna sottoscrivere un abbonamento e registrarsi al servizio. La nazione di provenienza della notizia si trova alla destra della data e dell’orario di pubblicazione. In genere le notizie provengono da zone come: Angola, Algeria, Sierra Leone, Uganda, in Burundi, Costa d’Avorio, Sudan, Somalia, Eritrea, Etiopia, Senegal, Repubblica Democratica del Congo, Congo Belga, Ruanda, Liberia, Sud Africa, Chad e Nigeria. Non solo Africa, anche Cecenia, Iraq, Israele, Palestina, Iran, Indonesia, Filippine, Nepal, India, Kashmir, Sri Lanka, Afghanistan, Peru, Taiwan, Argentina, Malaysia, Colombia, Peru, 82 G. Albanese, Il mondo capovolto. I missionari e l’altra informazione, Einaudi, Torino, 2003, cfr. 45 Namibia, Cina, Bolivia, Messico, Guatemala, Italia e così via. Praticamente da tutto il mondo. Figura 6 Il portale dell’agenzia di stampa internazionale Misna, www.misna.org Riportiamo di seguito un sevizio Misna: “Almeno cinque ribelli sono rimasti uccisi nel nord Uganda mentre tentavano di attaccare un villaggio nei pressi di Lira, capitale dell’omonimo distretto. Secondo fonti della MISNA, l’incursione dei miliziani dell’Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistence army, Lra) è stata respinta dalle milizie di auto-difesa, dette ‘Amuka’ o ‘Arrow group’, create dalla popolazione per respingere i continui assalti dei ribelli, che l’esercito governativo non è in grado di fermare. Ieri sera intorno alle ore 21:45 colpi di arma pesante sono riecheggiati nella zona vicina alla missione cattolica di Ngetta, da dove la popolazione era in gran parte già fuggita, nel timore di un raid dello Lra. Stamani fonti della MISNA hanno visitato il luogo dello scontro tra ribelli e ‘Amuka’: nel villaggio di Atiang (una quindicina di chilometri a nord di Lira) sono stati trovati i cadaveri di cinque miliziani e di Okol Emanuel, un combattente delle truppe di auto-difesa. È la prima volta che gli ‘Amuka’ riescono a opporsi con successo a un attacco delle bande armate dello Lra, che da 18 anni imperversano in tutto il nord Uganda, uccidendo civili e saccheggiando villaggi. Le nostre fonti aggiungono che domenica mattina tre persone sono state colpite a morte dai ribelli con 46 bastoni e mazze nella sub-contea di Ogur (distretto di Lira). Secondo altre fonti, almeno otto civili – sei donne e due bambini – sono stati uccisi ad Atiak, in uno dei numerosi campi per sfollati dove sono ammassate centinaia di migliaia di ugandesi. Un portavoce dell’esercito di Kampala ha ammesso che i militari hanno ucciso per errore cinque persone, mentre contrattaccavano a un’incursione dello Lra”83. Proseguendo il nostro viaggio nel sito Misna troviamo nella colonna verticale di sinistra una fotografia, quella considerata più significativa del momento; più sotto si può accedere al Notiziario Audio Misna, che è possibile ascoltare a cura di Tele Radio Pace nel bollettino di Radio Mondo84. Questa zona del sito si chiude con la simbolica Carta di Peters (storico tedesco e cartografo della mondialità), elaborata nel 1973 come critica alla proiezione eurocentrica di Mercatore del 1596: si tratta di una riproduzione cartografica in cui i paesi del mondo sono raffigurati mantenendo i rapporti di superficie85. A destra ci sono invece vari box linkati ad altrettante pagine; il primo box è dedicato al "Premio Giornalistico Dott. Carlo Urbani", il medico italiano dell’Oms morto a causa della Sars, un virus che da pochi giorni aveva identificato in un paziente ricoverato in un ospedale vietnamita dove lavorava; il secondo interessa l'Editrice Missionaria Italiana; poi seguono quelli della FESMI, della Federazione Stampa Missionaria Italiana, dell'Associazione "Cittadinanza", del "Premio Saint Vincent di Giornalismo" e tanti altri ancora. La sezione "Service" ricorda che lo staff di Misna può su commissione produrre materiale esclusivo: foto, reportage e inchieste da diverse regioni del Sud del mondo. Nella sezione "Donazioni", l'agenzia Misna fa un quadro dell'associazione ONLUS "Economia Alternativa", tramite la quale è possibile donare aiuti e offerte alle missioni sparse nei cinque continenti. Sono in pochi a conoscere la Misna. Fra gli utenti ci sono 83 (Misna), Uganda – Lira: ribelli sconfitti da gruppi di auto-difesa civili, 5/4/04, ore 18:19. Il notiziario di Radio mondo trasmette notizie dal mondo, raccolti anche da fonte Misna. L’introduzione del notiziario avviene dopo la citazione di un pensiero del giorno, il quale può essere ad esempio un detto di un popolo. 85 Interessante il ragionamento fatto nel sito riguardo a Peters, il quale “Propose un planisfero ad aree equivalenti che restituisce alle superfici della Terra la loro corretta proporzione. La carta geografica fornisce una sintesi di informazioni. Per questo motivo non può offrire una rappresentazione fedele della realtà ma opera una selezione di temi finalizzata agli obiettivi che si prefigge. In questa prospettiva, la proiezione di Peters, ponendo al centro della carta l'Equatore, la linea immaginaria che divide il globo in due parti uguali, rappresenta un fantastico strumento educativo nella comprensione del rapporto ‘Nord- Sud’. Peters, infatti, è partito proprio dalla centralità dell'Equatore per distribuire la proiezione dei territori in una prospettiva fedele non tanto alle forme quanto alle loro effettive superfici: l'Europa e il Nord del mondo, che nella carta di Mercatore risultavano più grandi rispetto alla realtà, sono qui rappresentati nella loro giusta proporzione. Questa visione costituisce un primo passo per intaccare la superiorità riconosciuta all'Europa a partire dal XVI secolo e rappresenta uno sforzo per costruire relazioni di reciprocità e di interdipendenza tra i Paesi e le culture del mondo”. 84 47 soprattutto giornalisti, gente che fa parte d’associazioni di volontariato, personaggi del mondo politico che si interessano delle politiche umanitarie e studenti universitari. Il suo portale è segnalato nei link di quasi tutti i siti bibliotecari, universitari e di centri culturali, mentre per motivi tecnici non ha ancora raggiunto un buon posizionamento sui motori di ricerca. La media giornaliera di accessi al sito – secondo i dati riportati da Misna – è stata, nell’anno 2001-02, di 160.000 lettori. Nell’ottobre del 2001 (l’attentato alle Twin Towers era vicinissimo nel tempo) gli ingressi furono 2.173.727, mentre precisamente un anno dopo erano diventati 4.111.400, con un incremento del 95%. Ciò vuol dire che il numero di visitatori da 81.807 del 2001 ha avuto un incremento del 70% arrivando a 180.000. Chi accede al portale legge in media sette notizie e proviene in particolare dalle seguenti aree: - Italia 50036 accessi così suddivisi: Milano (39963), Roma (6877), e Padova (3196) - Africa 12193 - Bruxelles 4021 - Luoghi Santi 2790: Tel Aviv (1921), Città del Vaticano (869) I dati a prima vista sembrerebbero suggerire una prima considerazione, innanzitutto che l’Italia è la più assidua frequentatrice della Misna. Ma andiamo per ordine decrescente dal dato più alto. Gli accessi di Milano con i suoi 39963 visitatori potrebbero essere correlati all’alta concentrazione di testate giornalistiche presenti nel capoluogo lombardo, redazioni che andrebbero alla ricerca di materiale d’approfondimento per le proprie pubblicazioni. Segue la capitale, città che ospita la Santa Sede ed è il fulcro della politica italiana; poi c’è Padova, sede di moltissime organizzazioni religiose e città dalla forte coesione sociale.86 Il dato di Tel Aviv infine potrebbe essere correlato al fatto che ad Israele appartengono le origini della storia religiosa, è il luogo santo dove coesistono le tre tradizioni religiose: quella degli Ebrei, dei Cristiani e dei Musulmani. Qui i fedeli delle comunità cattoliche e i membri delle varie Chiese cristiane presenti in Terra Santa lavorano per fondare un dialogo interreligioso a favore di quella pace e di quella giustizia che i popoli della Terra Santa purtroppo non possiedono. Uno scopo, infondo, che va di pari passo con quello dell’agenzia Misna. 86 F. Salviato, Ultima generazione. Verso un 2020 etico e solidale, Emi Coop. Sermis, Bologna, 2004, p. 138. 48 2.3 La voce dell’Africa come priorità “Mondo senza pace. La lotta al terrorismo islamico si mescola a guerre che non riescono a finire, anzi, è il caso del Kosovo si riaccendono all’improvviso. Gran parte delle guerre che affliggono il mondo riguardano Paesi islamici o dove gli islamici sono in lotta: Afghanistan, Iraq, Kosovo, Filippine, Algeria. Poi c’è il caso ceceno dove la repressione russa ha superato, nel disinteresse generale da anni, ogni limite di diritti umani ed è stata foriera di feroci attentati in Russia. Esiste poi il caso dell’Africa: guerre religiose, guerre tribali, guerre etniche insanguinano un continente così ricco di minerali, petrolio, risorse e così disperatamente povero nelle sue popolazioni”87. Il breve spaccato sui conflitti in atto nel mondo è stato descritto dal giornalista Marco Guidi, in un numero del Messaggero uscito nel marzo 2004. Non è esaustivo, ma certamente è in grado di indirizzarci sul tema che andremo a trattare. Nell’articolo di Guidi appaiono drammi che sono, o sono stati, sotto gli occhi di tutti, come ad esempio quello in Medio Oriente, che dal 1948 vede opposte diverse fazioni di israeliani e palestinesi per la contesa dei territori santi, oppure in Iraq. Anche della situazione in Afghanistan, ancora non stabile (iscrizioni alle liste elettorali a rilento, signori della guerra che regnano sul Paese e lo taglieggiano, scarsi fondi per la ricostruzione e la piaga mai risolta della produzione di oppio), si è avuto modo nel recente passato di approfondire il dibattito, così come della realtà nel Kosovo. Il giornalista del Messaggero cita anche la dura guerriglia che è in atto in Cecenia, dove dal XIX secolo che la Russia cerca di conquistare la piccola Cecenia, un milione di abitanti. Quest’ultimi conducono, rafforzati da estremisti islamici, una dura opposizione con violenze, massacri, furti e stupri all’ordine del giorno; è ricordata anche la lotta della minoranza islamica (in contatto con Al Qaeda) contro il governo centrale delle Filippine, retto da cattolici. Menzionata inoltre la tragedia dell’Algeria, la più dimenticata fra le guerre civili, iniziata da quando il Fis, Fronte islamico di salvezza, vinse le elezioni e i militari le annullarono facendo cadere il Paese del Maghreb in una condizione disperante, fatta di stragi di civili commesse dagli integralisti islamici ma anche da corpi speciali dei servizi segreti. Poco meno di mezzo milione di algerini sono stati massacrati in questa guerra non dichiarata, che vive periodi di intensità alternata. Esiste poi una seria divisione tra arabi e berberi, le due etnie del paese. I berberi rimproverano al governo discriminazioni varie che non sono più disposti a tollerare. Malgrado il petrolio e il gas naturale l’economia algerina è a pezzi. Infine Guidi 87 M. Guidi, Europa, Asia, Africa: guerre note e dimenticate, Il Messaggero, domenica 21 marzo 2004, p. 8. 49 parla del continente africano: “Con le sue guerre religiose, guerre etniche, guerre di puro e semplice saccheggio, massacri si susseguono nel totale disinteresse dell’opinione pubblica. Si va dal Sudan88, dove una guerriglia pluridecennale tra nord islamico e sud cristianoanimista pare essere prossima a un accordo, alla Liberia, al Congo. (…) E insieme alla guerra corrono malattie terribili come l’Aids (una piaga diffusissima) e Ebola, in più esiste il fondato sospetto di un traffico di organi prelevati da ragazzi e giovani africani che vengono poi sacrificati. Anche qui le risorse che pure esistono vengono saccheggiate e dissipate da governi incapaci quando non corrotti, da multinazionali, da vere e proprie organizzazioni criminali89. Per tutti questi Paesi dietro le motivazioni ideologiche, separatiste o religiose c’è quasi sempre la lotta per il controllo di una risorsa economica, sia essa i diamanti dell’Angola, la coca della Colombia o il petrolio del Sudan. Vediamo in dettaglio (figura 8) un quadro dei conflitti in corso nel mondo. Figura 7 In dieci anni otto milioni di bambini uccisi o feriti in 36 conflitti 88 I sudanesi del Darfur sono fuggiti dal loro Paese per trovare rifugio nel confinante Ciad. I loro villaggi sono stati distrutti dalle incursione delle milizie arabe Janjaweed, spalleggiate dall’esercito governativo di Khartoum, che ha accompagnato le incursioni con bombardamenti aerei. Dal febbraio 2003 due gruppi di ribelli si sono sollevati a difesa della popolazione: il Movimento di liberazione del Sudan (Mls) e il Movimento per la giustizia e l’uguaglianza (Mje), che tuttavia non hanno potuto impedire l’uccisione di migliaia di uomini, donne e bambini (dai 10 ai 30 mila, secondo cifre approssimative), e la fuga di quasi un milione di persone. Di queste, circa 150 mila hanno attraversato la frontiera con il Ciad dove vivono in condizioni di estrema precarietà. Partiti con un fagotto sulla testa e qualche animale, hanno percorso lunghi giorni di marcia a piedi o sul dorso di un asino, ammassandosi dapprima alla frontiera, per poi essere trasferiti nei campi di transito creati dall’Alto Commissariato per i rifugiati dell’Onu (Acnur) poco al di là del confine: l’unico modo per evitare di abbandonarli alla mercé dei Janjaweed, che tuttavia non risparmiano incursioni anche in territorio ciadiano alla ricerca di ribelli o di loro eventuali complici. Solo nel gennaio 2004, il primo campo “definitivo” è stato creato nei pressi di Farchana, seguito da quelli di Touloum, Konoungo, Goz Amer, Iridimi, e più recentemente da quelli di Milé, Bredjing e Amnabak, disseminati tra i dipartimenti dell’Ouaddaï e del Biltine. Sino al 15 giugno, erano circa 98 mila i rifugiati presenti nei campi, mentre molti altri si sono installati in zone inospitali nei pressi della frontiera in attesa di essere trasferiti. A Bahaï, sono più di 15 mila quelli che cercano di sopravvivere in alloggi di fortuna, costruiti con sterpaglie e pezzi di tela per proteggersi dal sole e dalle tempeste di sabbia. 89 M. Guidi, Europa, Asia, Africa: guerre note e dimenticate, Il Messaggero, domenica 21 marzo 2004, p. 8. 50 In Angola diecimila morti, in Sierra Leone seimila, nello Sri Lanka cinquemila, nella Guinea Bissau mille solo nel 1998. Ventiquattro le guerre nel 2001, oggi – secondo il sito di www.warnes.it/ - se ne contano all’incirca 36, alcune fonti parlano di cifre superiori a cinquanta che comprendono anche focolai locali. Allora perché l’agenzia Misna ha deciso di dare priorità all’Africa? La risposta è evidente come mostra la carta dei conflitti riportata sopra: il continente africano con sedici guerre in corso è quello più infiammato del mondo. Oltre in Angola, Algeria e in Sierra Leone si spara anche in Uganda, in Burundi, in Costa d’Avorio, in Sudan, in Somalia, in Eritrea, in Etiopia, in Senegal, nella Repubblica democratica del Congo, nel Congo Belga, in Ruanda, in Liberia e in Nigeria. Nel resto del mondo si combatte poi in Cecenia, in Indonesia, nelle Filippine, in Nepal, in India, in Kashmir, nello Sri Lanka. Le guerre elencate durano tutte da anni e hanno provocato milioni di morti, profughi, mutilati, orfani e vedove. La maggior parte dei massacri riguarda i civili, che si battono per il controllo del governo e porzioni di territorio. Si tratta di battaglie che vanno in scena nelle periferie più povere della Terra, laddove l’informazione del villaggio globale dovrebbe proiettare il suo sguardo e raccontare la miseria di milioni di persone sofferenti. Purtroppo, come vedremo più avanti, non sempre è così. In base ai dati dell’Onu il 90% delle vittime sono civili, e circa venti milioni di persone sono in fuga dai luoghi dove si combatte. Fra la gente che scappa più di 8 milioni si trova in Asia, mentre l’Europa e l’Africa contano 4 milioni di profughi. Dal 1994 ad oggi otto milioni di bambini sono stati uccisi e feriti, due milioni le vittime mentre sei quelli rimasti mutilati. Tra i sopravvissuti si registrano 1 milione di orfani e 10 milioni di minori con disturbi psichici. Sebbene esista un trattato dell’Onu che vieta l’utilizzo dei minorenni nei conflitti, oggi, circa 300 mila “bambini soldato” vengono impegnati in guerra. Dove vivono queste persone ci sono nascoste sotto terra 110 milioni di mine ed altri 100 milioni vengono conservati negli arsenali. In trent’anni un milione di uomini e donne hanno perso la vita per l’esplosione delle mine, 300 mila erano bambini. Stiamo parlando di quelle che generalmente sono chiamate “guerre dimenticate”, “conflitti striscianti” o, in termini tecnici, “a bassa intensità”, anche se provocano milioni di morti. A tutto ciò dobbiamo aggiungere un dato importante, 842 milioni di affamati nel mondo. Il rapporto sullo stato alimentare 2003 è chiaro: rispetto all’anno precedente il dato delle persone che non hanno abbastanza cibo è salito di ben 27 milioni, un fenomeno 51 allarmante – lanciato dalla Fao a Berlino, Madrid e Waschington nel novembre del 2003 –, perché in costante crescita e difficilmente arginabile90. Lo ripetiamo sono 842 milioni coloro che in tutto il pianeta soffrono di sottoalimentazione. Di essi, 798 milioni vivono nei paesi in via di sviluppo, 34 milioni nei paesi mediamente sviluppati e 10 milioni nel mondo industrializzato. Il numero di coloro che non mangiano abbastanza è aumentato nei paesi dell'Africa centrale e occidentale soprattutto a causa dei conflitti armati. Accanto ad essi - secondo la Fao - altri importanti fattori negativi sono la siccità della pioggia e la diffusione delle malattie, fra tutte l'Aids. Da un rapporto del 2003 della Caritas Italiana si apprendono alcuni motivi per i quali la maggior parte dei conflitti che sono in corso nel mondo vengono classificati come “dimenticati”: a) Posizione geografica del Paese in condizioni di conflitto e sua durata: i mass media tendono a perdere interesse di un conflitto più si protrae nel tempo ed è distante territorialmente. b) Severità del conflitto. Numero di vittime, uso di armi inumane e trattamento dei civili. Bisogna comunque sottolineare che l’intensità del conflitto (numero morti) da solo non spiega la maggiore o minore attenzione di cui può godere. Tre milioni sono le vittime nella Repubblica Democratica del Congo dal 1998 al 2002, causate da guerra, fame e malattie, ma l’unica occasione in cui l’Africa ha avuto recentemente uno spazio importante sui media è stato il caso Safia, giovane nigeriana condannata alla lapidazione, perché entrava in contraddizione con i valori di emancipazione delle donne. c) Presenza di legami culturali o storici. Più vi è un legame forte fra un Paese (ad esempio occidentale) e quello in conflitto, vuoi per ragioni 90 S. F., Allarme Fao: 842 milioni di affamati nel mondo. Il rapporto 2003 sullo «Stato dell'insicurezza alimentare». Sono 27 milioni in più rispetto allo scorso anno. Un fenomeno in continua crescita e che è sempre più difficile arginare, Corriere della Sera, 25 novembre 2003, primo piano. “Così, mentre nella prima metà degli anni Novanta il numero dei sottoalimentati era diminuito di 37 milioni unità, alla fine del millennio è aumentato di 18 milioni. Non mancano le eccezioni come l'America Latina e i Caraibi dove si è riusciti a ridurre il numero delle vittime della malnutrizione. Sono in totale 19 i paesi che hanno diminuito il numero dei sottoalimentati nei primi anni Novanta. Tra di loro la Cina. Ma sono, appunto, eccezioni. Di questo passo rileva il rapporto delle Nazioni Unite - si allontana sempre di più l'obiettivo di diminuire del 50% il numero di persone che soffrono la fame entro il 2015, come era stato stabilito dal summit mondiale dell'Alimentazione”. 52 storiche, vuoi per la presenza di connazionali nella zona, più i media dedicano a quell’evento attenzione. d) Rapporti economici. Quando esiste una forte presenza finanziaria e commerciale tra un Paese e quello in conflitto, vi è anche un’accesa partecipazione da parte dell’opinione pubblica. e) Interevento militare internazionale (Onu, Nato, Unione Europea). Prendiamo come esempio l’intervento della Nato nell’ex Jugoslavia: l’Italia facendo parte della Nato ha dato risalto al conflitto dei balcani. Per queste ragioni la Misna ha scelto di dar voce agli ultimi della Terra, soprattutto all’Africa, nonostante nel continente nero vi siano diversi giornalisti autoctoni di grande valore, che però hanno subito vessazioni di ogni tipo per l’ideale della libertà di stampa. Dare risalto ai massacri, alle vessazioni contro i civili rientra in un piano editoriale che esige un’attenzione particolare verso realtà trascurate dai media tradizionali. I missionari e laici che credono nella Misna non sono al soldo di nessuno, né dei capi politici locali, né delle multinazionali, né dei gruppi di interesse mediatici. Molti conflitti degli anni Novanta sono stati invisibili, come quello in Algeria, Ruanda e in Sierra Leone perché inaccessibili ai reporter, così come ora sono in pochissimi quelli che seguono le vicende dell’Africa e molti di loro si affidano a racconti indiretti di quanto accade sui territori. Questi particolari corrispondenti dell’agenzia Misna conoscono profondamente la realtà che descrivono, dando modo a chi apprende i loro dispacci di fornire una versione dei fatti, la propria verità, a volte completamente diversa rispetto a quella delle grandi fonti internazionali che abbiamo citato nel primo paragrafo (Ap, Reuters e France Press). Interessante a questo punto citare un aneddoto di Eugenio Scalfari riguardo alla verità giornalistica: "Mi trovavo ad un dibattito nell'aula magna dell'Università di Napoli; c'erano molti studenti di destra e mi piovvero domande sul fatto che io fossi fazioso e non rispettassi la natura del mio mestiere. Per spiegare la mia posizione ho preferito fare un esempio. In prima fila c'era una ragazza e io la pregai di guardarmi in modo frontale. Io la guardai a mia volta e poi dissi al giovane che le stava di fianco di guardarla e di dirmi quale fosse la linea del naso della ragazza. Lui disse che era aquilino mentre io dissi che vedevo un naso perfettamente greco, perché io la guardavo di faccia e lui di profilo. Ecco perché non c'è la verità”. 53 Fatti come guerre, genocidi e massacri nel Sud del mondo sono raccontati dalla Misna con lo sguardo di chi li osserva con i propri occhi e li vive sulla propria pelle giorno dopo giorno. Non c’è soltanto la cronaca nera fra i servizi dell’agenzia missionaria. Per concludere questo discorso vogliamo ricordare un evento culturale molto singolare in Africa: il Festival biennale del cinema di Fespaco, che si tiene a Ouagadougou, capitale del Burkina Faso (ex colonia francese chiamata “Alto Volta”, diventata indipendente nel 1964, e dove oggi convivono sessanta etnie differenti). Nel 2003 si è svolta la 18ma edizione del Festival cinematografico di Fespaco, ed erano in rassegna circa un centinaio di pellicole. In concorso nella sezione Tv & video le proiezioni erano oltre 400 ed hanno avuto un seguito di pubblico pari a circa 400.000 mila spettatori a settimana. Questo Festival del cinema africano si tiene ogni due anni ed è una vetrina unica nel suo genere, sulle nuove tendenze della cultura del continente nero. Figura 8 La locandina del film “Health Q” Nel festival di Fespago i temi trattati sono spesso problemi sociali dell’Africa come: l'educazione, l'infanzia, l’economia, la politica. Attraverso questi problemi si cerca di sensibilizzare la gente, e i registi hanno capito che il cinema è uno strumento ideale per raggiungere questo scopo. Nell’edizione 2003 il tema predominante è stato “donne e immigrazione” ed il monito lanciato era "O l'Africa sarà culturale o non sarà", mentre due anni prima il concetto principale della manifestazione era il “cinema moderno, più efficiente e meno costoso, più aperto a tutti”91. Si è affrontato il tema dell'aids, trattato sia nei film che nei cortometraggi, e quello delle donne e dei bambini: il divorzio, la separazione sono alcune delle difficoltà di essere una donna indipendente in Africa. Nei film si parla spesso della 91 Dal 1985 il Festival fissa per ogni edizione un tema preciso, ad esempio in alcune è stato “Cinema, televisione, infanzia e gioventù”, “Cinema e letteratura” oppure “Cinema e liberazione dei popoli”. Questo non vuol dire che i registi debbano per forza realizzare film su questi temi, semplicemente si induce i cineasti a riflettere sui rapporti che il cinema può avere con questo o quell'argomento. 54 solitudine delle donne, che quando sono costrette alle violenze dei mariti non trovano nessun aiuto da parte degli abitanti del loro villaggio di origine. Problemi specifici delle donne come il divorzio (la separazione è un modo per sottolineare la difficoltà di essere una donna indipendente in Africa), sono affrontati dalle stesse donne: esiste una commedia della regista keniana Wanjiru Kinyanjui che denuncia le difficoltà della donna sola, presa nella morsa tra il desiderio degli uomini e gli insulti delle donne. Un’altra regista Anne-Laure Folly, in un film intitolato Les Oubliées, racconta invece le devastazioni della guerra civile angolana. “Per quanto dolorosa sia la realtà che descrive, la regista – si legge nel commento del film – riesce tuttavia a introdurre attimi di pausa, mostrando come si solidarizza per affrontare la mancanza di acqua e luce, o come le donne si organizzano per collegarsi con l'antenna parabolica di un vicino. Viene mostrata un'Africa senza eroi, nella sua quotidianità, con le sue speranze e le sue sconfitte”. In Burkina anche un bambino piccolo sa che cos'è il festival cinematografico di Fespaco e molti di loro sognano di diventare cineasti. Per questo motivo il Fespaco da qualche anno ha messo a punto un concorso cui partecipano i ragazzi delle scuole, che presentano loro sceneggiature a una giuria rappresentata sempre da ragazzi. 55 Capitolo 3 Il Sud del mondo nei lanci Misna 3.1 Un’altra informazione La notizia più cliccata dell’agenzia Misna, e nello stesso tempo anche la più drammatica, è stata quella del massacro di Makobola II nell’ex Zaire, rilanciata nel gennaio del 1999. Parlava di un orrendo massacro avvenuto nella Repubblica Democratica del Congo in cui ci furono 500 morti nella regione congolese del Sud Kivu. Fonti della Misna riferivano che la carneficina si era consumata tra il 30 dicembre e il 1° gennaio nel centro di Makobola II, una zona a circa 15 chilometri a sud della città di Uvira. In quei giorni si poteva leggere sul lancio: “L’efferato crimine è stato compiuto dai ribelli della Coalizione democratica congolese (Rcd). La carneficina – avvenuta a Bangwe, Katuta e Kashekezi, tre zone che compongono il centro di Makobola II – sarebbe stata una rappresaglia provocata da una precedente incursione dei Maymay, una formazione composta di partigiani nazionalisti congolesi, in cui erano rimasti uccisi alcuni soldati dello schieramento a matrice tutsi. Il responsabile del massacro di Makobola II sarebbe il comandante d’origine rwandese conosciuto a Uvira col soprannome di “Shetani” (in italiano: demonio). Le stesse fonti precisano che tra le vittime molte sono le donne e i bambini”. Il missionario della Misna che diede la notizia del massacro di Makobola si chiamava padre Joakali, un sacerdote congolese ucciso dai ribelli della coalizione democratica congolese insieme ad un gruppo di rwandesi. La sua colpa per gli assassini fu quella di aver dato la notizia di Makobola II. L’agenzia missionaria per ben due giorni fu letteralmente bombardata dalle testate giornalistiche di tutto il mondo per seguire gli sviluppi del massacro a Makobola II ma, appena trascorsi alcuni giorni, non fu trasmessa più alcuna una riga sui raccapriccianti particolari (“le vittime erano state legate mani e piedi dietro la schiena, fino a che non formavano un arco ben teso per poi morire di asfissia”). Di queste tragiche notizie sulla Misna si ha notizia praticamente tutti i giorni. Un caso analogo a quello di Makobola II è accaduto in Uganda nel febbraio 2004: il massacro nel campo profughi di Barlonyo92 (vedi 92 La crisi ugandese si apre nel 1986, con la nascita del gruppo dei ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore Lra (Lord’s resistence army), guidati dal leader Joseph Kony, che comincia a seminare il terrore nei 56 indagine sui quotidiani). In quel periodo 340 vittime passarono quasi inosservate ai media italiani, soprattutto quelli televisivi, nonostante l’elevato bilancio di persone uccise. Secondo il direttore del quotidiano cattolico “Avvenire”, Dino Boffo, si è trattato di “Una strage che non fa notizia, una ferita destinata però a restare senza adeguata «copertura mediatica» perché relegata a un dimenticato angolo di mondo, a un teatro del tutto secondario della crisi contemporanea: quella fascia dell’Africa Centrale che pur essendo (…) il vero «cuore di tenebra» del nostro tempo, continua a non fare notizia, salvo per quei media che hanno fatto scelte culturali diverse, programmaticamente attente alle zone d’ombra, al grido dei miserabili di questo pianeta, nella consapevolezza che anche se non ci interessano, questi problemi ci riguardano.”93 Dopo l’incubo nel campo profughi in Uganda vi sono stati un susseguirsi di drammi, come quello che ha coinvolto migliaia di profughi nella regione del Darfur in Sudan, e che hanno spinto la Chiesa ad alzare la voce sensibilizzando l’opinione pubblica sul problema. Accorati in più occasioni gli appelli del Santo Padre sulla situazione in Africa94. I mass media non hanno ignorato completamente questi fatti: il 28/03/04 è andato in onda uno speciale sull’Uganda nel programma “Tv7” (tema ripreso anche il 7 maggio), mentre il 31/03 un servizio sui campi profughi ugandesi di Tiziana Ferrario veniva trasmesso sia dal “Tg1” che dal “Tg2”. Anche il programma serale di Bruno Vespa “Porta a Porta” in quei giorni trattava l’argomento, così come la trasmissione “UnoMattina”. Il 10 maggio è il programma di Antonio Socci “Excalibur” a descrivere la situazione drammatica in Sudan (una settimana dopo il tema della trasmissione era “Le torture, la violenza, le guerre); il 29/06/04 ancora la giornalista Rai Tiziana Ferrario racconta al “Tg1” la tragedie del Sudan, distretti settentrionali ugandesi. In 17 anni i ribelli hanno ucciso e torturato decine di migliaia di persone (almeno 100 mila morti), rapito più di 25 mila bambini (riducendoli in schiavitù o arruolandoli a forza fra le file della guerriglia) e provocato oltre 1 milione di sfollati. Intanto secondo il rapporto sui diritti umani in Uganda diffuso il 27 febbraio 2004 dal Dipartimento di Stato americano sono "Approssimativamente tremila le persone uccise dai ribelli dello Lra nel corso del 2003". La stima, una delle poche indipendenti in circolazione, è stata giudicata eccessiva dal portavoce dell'esercito ugandese, maggior Shaban Bantariza. 93 D. Boffo, Uganda, una strage che non fa notizia, Avvenire, 23/06/04, p. 29, il direttore risponde. 94 L’appello di Giovanni Paolo II a Castel Gandolfo prima della recita dell'Angelus, domenica 25/07/04: “La comunità mondiale si impegni per porre fine al dramma del Darfur e dell'Uganda. (…) Il mio pensiero va spesso alle drammatiche condizioni in cui versano diverse regioni del mondo, (…) ai tragici eventi dell'amato continente africano. Innanzitutto il Nord dell'Uganda, che da più di diciotto anni è sconvolto da un disumano conflitto, che coinvolge milioni di persone, soprattutto bambini, che, presi nella morsa della paura e privati di ogni futuro, si sentono costretti a “fare i soldati”. Mi rivolgo alla Comunità internazionale e ai responsabili politici nazionali perché si ponga fine a questo ormai tragico conflitto e si offra una reale prospettiva di pace all'intera nazione ugandese. Altrettanto preoccupante è la situazione in cui si trovano le care popolazioni del Darfur. La guerra, intensificatasi nel corso di questi mesi, porta con sé sempre più povertà, disperazione e morte. Un ventennio di duri scontri ha prodotto in Sudan un numero ingente di morti, di sfollati e di rifugiati. Come restare indifferenti? Rivolgo un accorato appello ai responsabili politici e alle organizzazioni internazionali, perché non dimentichino questi altri nostri fratelli duramente provati”. 57 mentre il 13 luglio è il turno dell’inviata Isabella Schiavone che dà notizie sulla situazione in Uganda al “Tg2”. Altro giornalista Rai, Fabio Chiucchioni, un mese dopo prepara sempre per il “Tg2” un servizio sul Sudan; Flavio Fusi del “Tg3” (delle ore 19) a luglio commenta un servizio sul Sudan (trasmettendo immagini di repertorio) dopo un ammonimento sulla catastrofe delle Nazioni Unite. Il programma cattolico domenicale “A sua Immagine”, trasmesso sul canale pubblico Raiuno prima dell’Angelus del Papa, ha invece più volte discusso l’argomento Africa. Si deve sottolineare, che le testate a stampo religioso sono quelle che danno maggiore copertura all’informazione dei Senza Voce: ritorna qui una delle caratteristiche del giornalismo affrontate nel primo capitolo (paragrafo 1.1), ovvero, l’importanza di essere presenti sullo scenario dei fatti. Per questo le notizie provenienti dall’Africa trovano spazio nell’agenzia Misna, perché ci sono migliaia di missionari presenti sui luoghi, anche quelli di battaglia. Molti giornalisti e missionari ogni anno mettono a rischio la propria vita e spesso la sacrificano per raccontare quanto accade sui territori di guerra95. Il 3 maggio 2004 si è svolta la “Giornata mondiale della libertà di stampa” e, secondo l’ultimo rapporto di Reporter senza frontiere, più di 130 giornalisti sono tenuti in carcere mentre 42 sono stati uccisi nel corso del 2003: un numero mai così elevato dal 1995. Ci sono paesi in cui la libertà di stampa non esiste affatto e le zone più interessate in questo fenomeno sono l’Asia e il Medio Oriente. Solo in Algeria negli ultimi dieci anni sono stati assassinati più di settanta giornalisti, senza contare una serie immotivata di arresti come quello del direttore del quotidiano algerino Le Matin, Mohamed Benchicou, che è stato condannato il 14 giugno scorso a due anni di carcere e ad una multa pari a 200 mila euro. Motivo ufficiale: "trasferimento" illegale di capitale e infrazione della legge riguardante il mercato dei cambi"96. In molte parti97 del mondo, oggi, essa è minacciata da interessi politici, 95 Fra i tanti giornalisti che hanno perso la vita ricordiamo alcuni italiani: Raffaele Ciriello, fotografo del Corsera e accreditato per il Corriere della Sera, morto a Ramallah, Ilaria Alpi, Daniel Pearl e Maria Grazia Cutuli uccisi in Pakistan, e per ultimo Enzo Baldoni in Iraq. Ilaria Alpi – si legge sul logo del premio giornalistico televisivo a lei dedicato - ha svolto la sua professione di giornalista con impegno e senso etico non comuni. Quel giornalismo, oggi è un punto di riferimento che va indicato, promosso, valorizzato. Il Premio Giornalistico Televisivo intitolato a suo nome, pertanto, nasce per riconoscere e accreditare l'impegno per l'inchiesta televisiva sui temi della pace. Per arrivare a capire, di più e meglio, la complessità degli eventi e dei mondi che ci circondano. Per sostenere la necessità di una informazione intelligente, capace di guardare in profondità e riflettere sugli eventi, anziché sull'audience. Per cercare, infine, di svelare e raccontare sempre, ogni possibile verità. 96 Dal sito http://www.articolo21.com/. Secondo alcuni intellettuali i veri motivi dell’arresto sono: "Arrestato in piena udienza in tribunale e posto sotto mandato di detenzione immediata, Mohamed Benchicou paga in realtà sia il tono vigoroso del suo giornale sia il contenuto irriverente del suo libro 'Bouteflika: un'impostura algerina'", si legge in una petizione che chiede a viva voce il rilascio del direttore del quotidiano e di un altro giornalista, Hafnaoui Ghoul”. 58 economici, finanziari, militari, religiosi e anche criminali. I giornalisti sono soggetti all’intimidazione, alla violenza, all’esilio, alla prigione e, addirittura all’esecuzione di morte quando il loro lavoro intralcia tali interessi. In base alle riflessioni raccolte in vari siti web sulla “Giornata”, “La libertà di stampa è uno dei principi fondamentali della democrazia ed oggi più che mai, è riconosciuto come requisito indispensabile per il progresso economico, politico, sociale e culturale e per la stabilità di una nazione, nonché quale potente alleato nella lotta globale contro povertà, malattia, corruzione, ignoranza e analfabetismo, flagelli che riguardano tutto il mondo, sia le nazioni più industrializzate e sia i paesi più poveri”. 3.2 I lanci Misna nei quotidiani italiani Partendo dall’ipotesi guida che la maggior parte dei media italiani non tratta argomenti riguardanti il Sud del mondo, abbiamo condotto una semplice indagine esplorativa per vedere cosa accade in alcuni quotidiani98 nazionali. La scelta è ricaduta sui quotidiani perché considerati il veicolo più adatto rispetto alla televisione ad “(…) indicare efficacemente la diversa rilevanza dei problemi presentati. L’informazione stampata fornisce ai lettori un’indicazione forte, costante e visibile di salienza, mentre normalmente quella televisiva tende ad appiattire il rilievo e il significato di quanto è trasmesso”99. Uno dei primi passi all’inizio è stato definire e circoscrivere gli eventi che avrebbero costituito l’oggetto. Sono stati presi in considerazione due tipi di avvenimenti: quattro “naturali”, come catastrofi ecologiche (ad esempio alluvioni, terremoti e cicloni); e sei “umanitari”, che riguardano invece crisi internazionali o guerre civili (emergenze profughi, scontri tra fazioni religiose o etniche). Il secondo passo dell’indagine riguarda la scelta dei lanci Misna: fra circa ottocento notizie raccolte tra novembre 2003 e giugno 2004 è stato selezionato un campione di dieci, considerate di alto rilievo sociale. Si è proceduto ad una selezione delle notizie che hanno interessato in successione cronologica otto paesi diversi: Uganda, Sudan, Nepal, Bangladesh, Madagascar, Namibia, Nigeria e Brasile. Per la gravità delle crisi che hanno colpito nei mesi 97 Secondo il rapporto annuale 2003 sulla libertà di stampa stilato da Freedom house, una Ong statunitense, sono Birmania, Cuba, Corea del Nord, Libia e Turkmenistan le ‘maglie nere’ mondiali assolute in materia di libertà di stampa: “paesi in cui i media indipendenti non esistono, oppure sono a mala pena in grado di operare, magari ridotti a portavoce del regime al potere”. 98 Si noterà che fra le dieci testate non c’è Avvenire. La scelta deriva dal fatto che il quotidiano è l’unico a raccogliere tutti i dispacci Misna: i dati sono riportati nel paragrafo successivo. 99 M. McClure, T. Patterson, “Print vs. network news”, Journal of communications, vol. 26, n.2, in M. Wolf, 1985, p. 147. 59 d’indagine paesi come l’Uganda e il Sudan si è ritenuto opportuno riprendere due volte gli argomenti anche se distinti nei contenuti e ovviamente nelle date. Si cercato inoltre di inserire nel campione, oltre alle notizie rilanciate soltanto dall’agenzia Misna, anche quelle che potevano comprendere all’interno voci di organizzazioni internazionali, come ad esempio appelli dell’Onu (ideale “luogo” di incontro tra Nord e Sud del mondo) o comunicati di organizzazioni umanitarie, per far sì che l’interesse da parte dei media potesse avere una maggiore valenza. I quotidiani che hanno costituito l’universo della ricerca sono stati dieci: Corriere della sera la Repubblica Il Giornale l’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Una volta trascritto integralmente il testo originale del lancio siamo partiti dalla data, più precisamente si è tenuto conto del momento in cui un fatto è accaduto; poi si è provveduto ad esaminare per ogni testata sette copie successive all’evento. In tutto sono state osservate settecento copie (settanta per ogni quotidiano) e, una volta individuate le notizie pubblicate, si è provveduto a catalogarle ognuna in una tabella. Prendendo i titoli originali degli articoli, i “sopratitoli” e i “sommari” (quelle frasi che integrano in una o più righe le informazioni del titolo), li abbiamo inseriti nelle rispettive celle di colonna: Prima pagina, Primo piano100, Esteri, Reportage, Commenti, Brevi, Posta e Foto. Poi abbiamo calcolato la dimensione dei titoli, fino a un massimo di sei colonne (1 col, 2 col e così via). Infine si è dato risalto al posizionamento delle notizie nelle pagine dei quotidiani, inserendo (tra la colonna e la data di pubblicazione) la struttura classica di impaginazione dei quotidiani: SP, “di spalla” (in alto a 100 Intendo per “Primo piano” tutti quei fatti, sia di cronaca interna che estera, trattati con approfondimenti nelle pagine iniziali del giornale (dalla 2 alla 4 o più). Il Giornale chiama ad esempio primo piano col nome “Il Fatto”, mentre altre testate preferiscono mettere “oggi”. Si tratta di notizie che si trovano spesso anche in prima pagina e poi vengono approfondite all’interno. 60 destra); AP, in apertura (in alto a sinistra); taglio alto (TA), taglio medio (TM) e taglio basso (TB). Nel caso di una notizia pubblicata in più giorni sono state distinte le date e i titoli. Si è proceduto ad una consultazione101 cartacea delle copie dei quotidiani, giacché quella elettronica (attraverso Internet) non permetteva il grado di conoscenza strutturale (l’impaginazione e il posizionamento delle notizie) richiesto dall’indagine. Inoltre alcune testate, come abbiamo visto nel paragrafo dedicato ai quotidiani telematici, non permettono la consultazione delle banche dati senza aver prima sottoscritto un abbonamento. Nel presentare i risultatati dell’indagine, provocatoriamente sono riportate anche tutte quelle notizie che non hanno avuto l’onore di essere pubblicate, per rimarcare le tantissime assenze, nei quotidiani italiani, che riguardano gli accadimenti del Sud del mondo. Dai fatti che sono stati invece trattati, abbiamo individuato le fonti, argomento centrale del nostro lavoro, in modo tale da poter verificare il ruolo dell’agenzia Misna e la loro provenienza. L’attenzione si è concentrata poi sul contenuto dei titoli, per individuare l’esistenza di nessi tra i fatti e l’agenda dei media. L’obiettivo di questa tesi infatti, oltre ad essere quello di documentare il flusso di notizie provenienti dal Sud del mondo, è stato soprattutto quello di richiamare l’attenzione sull’occultamento dell’informazione: una tipologia della distorsione delle notizie che si attua con la “codifica selettiva”. La codifica selettiva non si realizza semplicemente nei singoli testi o messaggi (sul contenuto), ma può svilupparsi lungo tutto il processo di produzione dell’informazione. Tale processo si presenta, infatti, come una selezione a tre diversi livelli: (…) “Un primo si determina la selezione dei temi e dei soggetti sociali che possono entrare nel circuito informativo; un secondo livello è costituito dalle scelte di gerarchia (definizione dell’agenda setting); al terzo livello operano scelte di tematizzazione (ulteriore selezione sui grandi temi cui concentrare l’attenzione pubblica e mobilitarla verso decisioni)102. Nell’ultima parte della ricerca sono stati presi in considerazione alcuni aspetti specifici dei temi pubblicati, in modo da rilevare elementi di notiziabilità. Come vedremo questi elementi si trovano in due sole notizie e si rifanno al tema della violenza. Il tema è stato differenziato in quattro categorie: sociale, politico, terroristico e religioso. 101 La consultazione delle copie cartacee è stata svolta attraverso l’utilizzo di archivi contenuti in microfilmati e in cd-rom. 102 F. Rositi, I modi dell’argomentazione e l’opinione pubblica, Eri-Rai, Torino, 1982. 61 Risultati: Tabella 1. Uganda - Distretto di lira: attacchi dei ribelli, oltre 60 vittime, 8/11/2003, ore 10:19. Oltre 60 persone sono state uccise nel corso di un’impressionante catena di attacchi dei ribelli del sedicente Esercito di resistenza del signore (Lra) nel distretto di Lira, nel nord Uganda. Lo riferiscono oggi fonti della MISNA. Tra le 8:00 e le 11:00 di ieri mattina, i miliziani hanno assaltato i villaggi di Awayopiny e Alanyi (sub-contea di Abako), a circa 35 chilometri da Lira, uccidendo oltre trenta civili. Molte persone sono state picchiate e costrette ad assistere alla decapitazione di alcuni cadaveri delle vittime. La stessa scena si è ripetuta anche nel villaggio di Omarari, sempre nel distretto di Lira (55 chilometri a est del capoluogo), dove i ribelli hanno ammazzato 20 persone e ne hanno rapite un numero imprecisato. Poco dopo gli ‘olum’ – così vengono chiamati i miliziani dell’Lra in lingua locale – hanno fatto incursione nella scuola primaria di Omoro Nord (50 chilometri a est di Lira), uccidendo 9 o più civili. La notte scorsa, infine, i ribelli hanno preso di mira Adwoki Trading Center (un piccolo centro commerciale), ma per il momento non si conoscono i dettagli di quest’ultima azione armata. Contattato dalla MISNA, il portavoce dell’esercito a Lira, tenente Chris Magesi, ha detto che il leader dell’Lra Joseph Kony avrebbe dato ordine di colpire indiscriminatamente la popolazione Lango (che vive appunto nel distretto di Lira) per vendicare l’uccisione di Charles Tabuley, il ‘numero tre’ dei ribelli colpito a morte nei giorni scorsi nel corso di uno scontro a fuoco con i soldati governativi. Fonti della MISNA segnalano inoltre che centinaia di persone sono fuggite verso Lira in preda al terrore, mentre la situazione umanitaria nella principale città del distretto nordugandese continua a peggiorare. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dall’8 al 14/11/04. 62 Tabella 2. Nepal - Decine di vittime negli ultimi scontri, 3/12/2003, ore 19:27. Almeno 36 persone, tra cui 6 poliziotti, sono rimaste uccise in Nepal negli scontri tra ribelli ed esercito governativo avvenuti durante le ultime 24 ore. Sibendra Purush Dhakal, amministratore del distretto di Kailali (circa 600 chilometri a ovest di Kathmandu), ha detto all’agenzia ‘Reuters’ che i guerriglieri maoisti – in lotta da anni per rovesciare la monarchia nepalese – hanno teso un’imboscata contro una pattuglia. Secondo fonti militari, ne è scaturita una violenta battaglia, durante la quale sono stati colpiti a morte sei agenti e feriti altri undici. La radio di Stato ha riferito che al termine dei combattimenti sono stati rinvenuti i cadaveri di 14 ribelli. Un comunicato del ministero della difesa riferisce invece che altri 16 combattenti sono stati uccisi in scontri a fuoco avvenuti in diverse zone del Paese himalayano. Secondo altre fonti di stampa locali, le vittime sarebbero in tutto una cinquantina. Gli scontri di queste ore sono tra i più violenti da quando, alla fine di agosto, i guerriglieri maoisti hanno abbandonato il tavolo dei negoziati, non essendo stata accolta la loro richiesta sulla nuova costituzione. La ‘rivoluzione del popolo’, avviata nel 1996 dal Partito maoista comunista nepalese, ha provocato oltre 8mila morti. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 3 all’8/12/04. 63 Tabella 3. Bangladesh – Nebbia e vento gelido provocano decine di vittime, 3/1/2004, ore 13:23. Sono almeno 51 le persone morte in tutto il Paese a causa del freddo che negli ultimi giorni ha investito il Bangladesh. Le temperature minime, attestatesi sui 9 gradi- una temperatura eccezionalmente bassa per il Paese - sono state rese ancora più insopportabili per le vittime, la maggior parte delle quali bambini e anziani poveri o senza fissa dimora, dalla nebbia e dal forte vento settentrionale. Particolarmente colpite sono state la capitale Dhaka e la città portuale di Chittagong; nella prima, ieri per ore i voli di linea sono stati interdetti a causa delle raffiche di vento e della scarsa visibilità (gli aerei provenienti da Abu Dhabi, Dubai, Karachi, Kuwait City, Londra, Riyadh e Roma sono atterrati anche con 19 ore di ritardo allo Zia International Airport); a Chittagong, traghetti e navi sono dovuti rimanere ormeggiati a causa delle pessime condizioni del mare. Secondo le previsioni, il freddo intenso dovrebbe durare ancora per tre o quattro giorni. Lo scorso anno, nello stesso periodo, morirono circa 200 persone a causa delle avverse condizioni meteorologiche e del gelo. I 9 gradi fatti segnare in questi giorni non rappresentano, tuttavia, il minimo storico per il Bangladesh dove, nel 1968, nella città di Srimangal, il termometro scese fino a 2,8 gradi. Il governo, l’opposizione e molte organizzazioni non governative sono impegnate nella distribuzione di migliaia di indumenti caldi per aiutare la popolazione più svantaggiata a resistere al freddo. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 1 al 7/1/04. 64 Tabella 4. Uganda - Massacro nel distretto di lira, 173 morti, 22/2/2004, ore 12:04. I ribelli del sedicente esercito di resistenza del Signore (Lra) hanno compiuto sabato sera un massacro nel nord Uganda, in un campo profughi denominato Barlonyo camp, 25 chilometri a nord-est di Lira. Lo riferiscono fonti della Misna precisando che la barbara azione, iniziata alle 17 ora locale di sabato, si è protratta per oltre tre ore. Al momento sono stati accertati 173 morti, ma il bilancio pare destinato a crescere; mentre i feriti sono circa settanta. Nel campo, che ospitava circa cinque mila sfollati sono state date alle fiamme oltre 500 capanne e molte delle vittime morte sono arse vive nelle loro capanne. Il bilancio definitivo delle vittime nei giorni successivi raggiungerà il numerò 340 persone. Quotidiani Prima Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto 1° piano Esteri Report Co m m Brevi Posta Foto 1,5 col SP, 23 feb 3 col TA, 23 feb 1 col TM, 23 feb 4 col TB, 24 feb 4 col TA* 1 3 col TB* 1 col AP/1* 1 col AP/2* 1 col SP/1 * 1 col SP/2 * 6 col TA 1 col SP 23 feb 3 col TB 24 feb Consultazione copie dal 22 al 28/2/04. (*) Gli elementi si trovano in un’unica pagina (Reportage). Titolo Massacro in Uganda. L’esercito del Signore fa strage in un villaggio/Il massacro per mano degli uomini del sedicente Esercito del Signore, nel campo profughi di Barloonyo, nel nord del Paese I dannati di Gulu. Tra epidemie, guerriglie e stragi 7 Uganda. Massacro nel campo profughi (P. pagina)/Uganda. La strage dei profughi, duecento arsi vivi dai ribelli/ Raid dell’Esercito del Signore (interno)/Fra i piccoli pendolari della notte in fuga da rapimenti e torture/In Uganda migliaia di bambini ogni sera lasciano i villaggi e dormono in città per sfuggire ai ribelli (reportage interno) 1 Uganda. Strage di civili, più di duecento morti (P. pagina)/Uganda: «guerriglieri di Dio» fanno strage (interno) Blitz dei guerriglieri, massacrate 190 persone 1 1 Uganda. profughi La strage dei 65 Tabella 5. Sudan, Darfur: migliaia di nuovi profughi raggiungono il Ciad, 28/2/2004, ore 11:31. Una nuova ondata di profughi in fuga dalla regione occidentale sudanese del Darfur, teatro da oltre un anno di scontri tra ribelli e governo, ha raggiunto nelle ultime ore il confinante Ciad in cerca di riparo. Lo riferiscono fonti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), precisando che si tratta di oltre 10mila sudanesi (più di 25mila secondo altre fonti) i quali dopo aver camminato per giorni attraversando una zona semi desertica e infestata di mine hanno finalmente trovato riparo oltre frontiera. I nuovi arrivati si aggiungono agli oltre 100mila profughi sudanesi che, secondo le stime dell'Onu, si trovano già da mesi in territorio ciadiano. Secondo alcune testimonianze raccolte dal personale dell'Acnur, i sudanesi arrivati in questi giorni hanno abbandonato le loro case un paio di settimane fa a causa dei pesanti bombardamenti compiuti dall'aviazione di Khartoum. Il capo dell'Acnur, Ruud Lubbers, è atteso domani in Ciad dove resterà per almeno tre giorni durante i quali dovrebbe lanciare un appello alla comunità internazionale chiedendo lo stanziamento di nuovi fondi per assistere i profughi sudanesi che raggiungono il Ciad privi di tutto. A partire dallo scorso febbraio alcuni gruppi si sono sollevati in armi contro il governo islamico di Khartoum accusato di non occuparsi del Darfur e di finanziarie milizie di predoni arabi (conosciuti col nome di Janjaweed) che da anni seminano morte e distruzione in questa regione sudanese abitata prevalentemente da neri. Oltre ai 110 mila profughi presenti in territorio ciadiano (secondo le stime delle agenzie dell'Onu che operano nella zona) i combattimenti tra governo e ribelli avrebbero provocato finora anche alcune migliaia di morti e quasi un milione di sfollati interni. Nonostante i proclami del presidente Omar el Beshir riguardo alla fine del conflitto, la situazione in tutta l'area è ancora fuori controllo e sono moltissime le zone irraggiungibili in cui si trovano ammassate centinaia di migliaia di persone. Intanto si moltiplicano i timori che la recente accelerazione del conflitto in Darfur, e della crisi umanitaria ad esso legata, possa avere delle ripercussioni anche a Naivasha (in Kenya) dove si continua ad attendere da settimane un accordo di pace chiamato a mettere fine al più lungo conflitto africano, quello del Sud Sudan, durato oltre 20 anni e costato la vita a due milioni di persone. I colloqui tra Khartoum e i ribelli dell'Esercito popolare di liberazione del Sudan (Spla) si sono nuovamente arenati sul destino dello Stato petrolifero di Abyei, un'area su cui entrambi rivendicano l'influenza. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 27/2/04 al 4/3/04. 66 Tabella 6. Madagascar, Ciclone Gafilo: almeno centomila sfollati, Governo chiede l’aiuto internazionale, 9/3/2004, ore 2:00. Col passare delle ore si fa sempre più drammatico il bilancio dei danni, a cose e persone, causati in Madagascar dal passaggio del ciclone 'Gafilo' che nel fine settimana ha investito le zone centro settentrionali della grande isola africana e che, secondo i meteorologi, nelle prossime ore minaccia di tornare a colpire quelle meridionali. Secondo le autorità locali, sarebbero almeno 100mila i senza tetto che hanno visto le proprie abitazioni spazzate vie da venti che hanno soffiato con una velocità media intorno ai 220 chilometri orari, toccando punte superiori ai 300 secondo le rilevazioni del dipartimento di climatologia dell'università di Londra. Devastanti anche le conseguenze delle piene di molti corsi d'acqua, la caduta di numerosi alberi e gli smottamenti di terreno avvenuti un po' ovunque nelle tre province - Diego Suarez (nord) Mahajanga (ovest) e Antananarivo (centro) - maggiormente interessate dal passaggio del ciclone. Il governo, che ha definito il tifone "un'emergenza nazionale", per bocca del suo ministro degli interni ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché venga in soccorso dell'isola: "prevediamo tra i 55 e i 100mila sfollati, una situazione aggravata dal fatto che ancora non ci siamo ripresi dal passaggio del ciclone Elita", che lo scorso febbraio ha causato morte e distruzione. "Oltre a tutto il materiale di cui si ha bisogno normalmente in queste situazioni ha detto il ministro degli interni, generale Soja - come tende, medicamenti, prodotti di prima necessità, sarebbe utile che venissero messi a disposizione mezzi di trasporto adeguati, soprattutto aerei". I bilanci disponibili finora, incluso quello delle venti (sette secondo altre fonti) persone morte a causa del maltempo, sono comunque provvisori dal momento che non è stato possibile raggiungere molte zone del Paese, dove ieri sono stati interrotti i collegamenti aerei. Intanto il direttore dell'Istituto meteorologico nazionale del Madagascar ha avvertito che la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente nelle prossime ore: "Il ciclone rischia di ricaricarsi d'intensità a contatto con le acque calde del canale col Mozambico. In quel caso girerà su se stesso e tornerà a colpire nuovamente l'isola martedì o mercoledì nella regione di Tulear", la zona sud ovest del Paese. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale* L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 5 al 11/3/04. (*) L’11 marzo “Il Giornale” scrive in breve sulla pagina degli esteri: “Madagascar/Ciclone affonda traghetto con 113 persone a bordo” . 67 Tabella 7. Sudan, Darfur: "Una delle maggiori catastrofi umanitarie del mondo", secondo Onu, 20/3/2004, ore 9:19. In Darfur è in corso una delle "maggiori catastrofi umanitarie del mondo": lo ha detto ieri Musesh Kapila, coordinatore Onu per gli aiuti umanitari in Sudan, illustrando la situazione creatasi in seguito al conflitto esploso lo scorso anno nella remota regione occidentale del Sudan e che dal febbraio 2003 a oggi ha già provocato circa 130mila profughi, 700mila sfollati interni (un milione, secondo altre fonti) e alcune migliaia di morti. Kapila ha lanciato un appello alla comunità internazionale perché intervenga nella crisi, mentre dal Palazzo di Vetro hanno fatto sapere che le Nazioni Unite si stanno adoperando per cercare di far ripartire i colloqui per arrivare un cessate il fuoco 'umanitario', che consenta cioè la creazione corridoi per la consegna degli aiuti alle popolazioni locali. Lo scorso anno due gruppi ribelli si sono sollevati in armi contro il governo islamico centrale di Khartoum, accusandolo di trascurare il Darfur perché abitata da neri, ma anche di finanziare le milizie di predoni arabi (noti col nome di Janjaweed) che da anni seminano morte e distruzione nella zona. Proprio Kapila ieri ha paragonato gli orrori commessi dai Janjaweed col genocidio che dieci anni fa sconvolse il Rwanda. ''E' più di un conflitto, e' un tentativo organizzato di fare tabula rasa di una popolazione: ci sono violazioni dei diritti umani con pochi precedenti, forse quello del massacro del Ruanda ha detto. Aggiungendo, infine: ''A nostro avviso si tratta della più tragica crisi umanitaria del mondo, e forse anche la guerra più crudele in corso''. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 21 al 27/3/04. 68 Tabella 8. Namibia, Alluvione fiume Zambesi provoca migliaia di sfollati a Caprivi, 2/4/2004, ore 11:21. Squadre di soccorritori hanno iniziato oggi ad evacuare centinaia di abitanti dei villaggi colpiti dalle inondazioni del fiume Zambesi nella ‘striscia’ di Caprivi, un lembo di terra della Namibia orientale stretto tra Botswana, Zambia e Angola. Per ora il bilancio è di due vittime, una madre e suo figlio travolti dalle acque del fiume mentre erano a bordo della loro canoa nei pressi del villaggio di Nakabolewa. Secondo la Croce rossa namibiana, sono almeno 40mila le persone colpite da calamità, molti dei quali saranno costretti a lasciare le proprie abitazioni. “L’anno scorso si è verificata una situazione simile e l’abbiamo definita ‘disastro’, ma le inondazioni di questa stagione sono peggiori” ha detto a in giornale locale Vincent Simana, del dipartimento della gestione delle acque di Katima Mulilo. “Le persone sono in pericolo, ma stiamo cercando di mettere sotto controllo la situazione” ha aggiunto Timothy Shixungileni, responsabile della gestione delle Unità di emergenza. Le alluvioni sono iniziate a marzo, ma nelle ultime settimane il fiume Zambesi ha superato di sette metri il proprio livello normale, provocandone lo straripamento. Le operazioni di soccorso stanno procedendo con qualche difficoltà, perché i cinque gommoni a disposizione delle autorità locali non bastano per evacuare i civili dalle zone più colpite dall’alluvione, dove è troppo rischioso inoltrarsi con le canoe; intanto il governo dello Zimbabwe ha inviato due elicotteri per facilitare gli interventi di assistenza. Il primo ministro della Namibia Theo-Ben Gurirab, assicurando l’impegno del governo per mettere in salvo gli abitanti di Caprivi e garantire aiuti agli sfollati, sta valutando sistemazioni alternative per garantire il funzionamento delle scuole, molte delle quali sono state sommerse dall’acqua. Il responsabile dell’Unità di emergenza ha spiegato che la priorità – per ora – è individuare spazi non esposti al rischio di alluvione dove collocare gli sfollati. Già a gennaio i leader locali avevano invitato gli abitanti delle aree pianeggianti lungo lo Zambesi a mettere al sicuro cibi e beni a qualche metro da terra, per evitare di perderli in caso di inondazioni. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 31/3/04 al 6/4/04. 69 Tabella 9. Nigeria, Plateau: nuovo bilancio scontri, per croce rossa 630 vittime, 6/5/2004 16:44. Sarebbero oltre 630 le vittime del massacro di Yelwa, nello Stato del Plateau (Nigeria centrale), dove domenica scorsa combattenti della comunità Tarok (cristiani) hanno preso d’assalto i Fulani, pastori musulmani. È il bilancio fornito oggi da testimoni e un responsabile della Croce Rossa presso una fossa comune, citati dall’agenzia francese ‘Afp’. Questa cifra è il doppio rispetto alle 300 vittime denunciate ieri dal leader islamico Abdulkadir Orire, segretario generale del ‘Jama’atu Nasril Islam’, la più influente organizzazione musulmana del Federazione nigeriana. Negli ultimi mesi, centinaia di civili – almeno sette-ottocento – sono rimasti uccisi a causa della ‘faida’ tra questi due gruppi nello Stato del Plateau. La Nigeria, il paese più popoloso dell’Africa con oltre 120 milioni di abitanti, conta oltre 250 gruppi etnici ed è divisa tra le comunità cristiane (a prevalenza animista) al sud e i musulmani al nord. Quotidiani Prima 1° piano Corriere della sera Esteri 3 col AP, 7 mag la Repubblica Il Giornale Report Comm Brevi 1 col AP * 1 col AP * 1 col TM, 7 mag 1 col SP, 6 mag 2 col TM, 7 mag L’Unità 1 col TM, 7 mag Posta Foto 1 1 1 2 col TM 1 Titolo Nigeria. Strage musulmani di Strage in Nigeria. Oltre 600 morti in scontri etnici Nigeria. Oltre 200 vittime in scontri etnico-religiosi Oltre 630 morti in Nigeria negli scontri etnico-religiosi Nigeria. Miliziani cristiani attaccano villaggio: uccisi 630 musulmani/La Croce rossa denuncia: almeno 630 vittime (P. pagina)/Miliziani cristiani attaccano villaggio musulmano. La Croce rossa denuncia: almeno 630 vittime (interno) Il Messaggero Il Mattino La Stampa 1 col TA, 7 mag 1 Cristiani contro musulmani. Almeno 630 morti negli scontri Il Tempo La Nazione Il Manifesto 1 col SP, 6 mag Nigeria. Trecento persone massacrate a colpi di mitra Consultazione copie dal 3 al 9/5/04. (*) Le due brevi si trovano all’interno dell’articolo principale degli Esteri. 70 Tabella 10. Brasile, Cede diga nel Paraìba: villaggi e campi inondati, 18/6/2004 ore 20:33. Un cedimento strutturale sarebbe la causa del crollo della diga di Camará - nello Stato nordorientale brasiliano di Paraíba – che ha causato la scorsa notte l’inondazione di alcune cittadine del ‘sertao’: un muro d’acqua alto tre metri ha letteralmente travolto campi e paesi, principalmente la località di Alagoa Grande (30.000 abitanti) e il villaggio di Mulungú (9.000). Sono ancora poche e frammentarie le notizie che giungono dalla regione: i morti accertati sono finora 8, ma il bilancio potrebbe essere ben più alto dal momento che secondo i tecnici almeno 17 milioni di metri cubi d’acqua hanno allagato un numero ancora imprecisato di centri abitati. ''È un'irresponsabilità pazzesca, le fondamenta hanno ceduto solo perché aveva piovuto più del solito” ha denunciato il governatore di Paraíba, Cunha Lima, aggiungendo: “Apriremo immediatamente un’inchiesta per sapere chi e come ha costruito la diga in questo modo: non è possibile che in pieno XXI secolo possano accadere cose simili”. Paraíba è uno degli Stati più poveri del Brasile e paradossalmente anche uno dei più aridi: la zona del “sertao” indica infatti un’area particolarmente colpita dalla siccità e dalla miseria, le condizioni di vita della cui popolazione sono state magistralmente raccontate dallo scrittore Guimarães Rosa. La diga di Camará era stata inaugurata appena tre anni fa per fare fronte alla grave scarsità d’acqua che colpisce la regione. Quotidiani Prima 1° piano Esteri Report Comm Brevi Posta Foto Titolo Corriere della sera la Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero Il Mattino La Stampa Il Tempo La Nazione Il Manifesto Consultazione copie dal 18 al 24/06/04. 71 3.3 Osservazioni conclusive sull’indagine Dai risultati delle tabelle emerge che soltanto due notizie su dieci sono state pubblicate dai quotidiani italiani: il massacro di Barlonyo in Uganda e gli scontri tra cristiani e musulmani in Nigeria. Dei dieci giornali esaminati la metà ha ignorato il fatto ugandese: Il Mattino, la Stampa, il Tempo, Il Giornale e la Nazione. Va inoltre sottolineato che solo il Corriere della sera, la Repubblica, l’Unità e Il Manifesto hanno dedicato a questo fatto uno spazio adeguato (vedi il reportage di Repubblica), poiché il Messaggero si è limitato a una notizia in breve peraltro accompagnata da una foto di repertorio dell’Ansa. Diverso il discorso per quanto riguarda la notizia sulla Nigeria: in questo caso sono state quattro le testate a non aver pubblicato la notizia (Il Messaggero, Il Mattino, Il Tempo e la Nazione), perché anche La Stampa e il Giornale (oltre al Corriere, Repubblica, l’Unità e il Manifesto) hanno pubblicato l’evento. Riepilogando, dunque, sui dieci avvenimenti selezionati sette quotidiani su dieci ne hanno almeno pubblicato uno. Ad occuparsi di entrambi i fatti sono stati solo quattro quotidiani italiani: Corriere della sera (la firma su entrambe le notizie è quella del giornalista Massimo A. Albertazzi), la Repubblica, l’Unità e Il Manifesto. La Repubblica è stato l’unico giornale a dedicare all’evento ugandese un reportage, attraverso un servizio di cronaca e approfondimenti sulla crisi civile. Il Corriere ha ripreso invece la notizia del massacro di Barlonyo (trattata per due giorni) contattando telefonicamente un missionario comboniano. Oltre al Messaggero, anche Il Giornale e La Stampa hanno pubblicato in breve solo una delle due notizie. Semaforo rosso per Il Mattino, Il Tempo (testata di orientamento cattolico-conservatore) e la Nazione, le quali hanno completamente ignorato tutte e dieci le notizie. In base alle citazioni raccolte negli articoli, vediamo quali sono state le fonti dei quotidiani italiani nelle pubblicazioni delle due notizie. Uganda - Massacro nel distretto di lira, 173 morti Quotid/Fonte Agenzie Corriere della sera la Repubblica MISNA MISNA L’Unità Il Messaggero MISNA MISNA, ANSA MISNA Il Manifesto Contatti governativi Contatti con organizzazioni o congregazioni religiose PADRE COMBONIANO Inviato di PIETRO VERONESE 72 La Misna compare come fonte della notizia di Barlonyo in tutti i quotidiani che l’hanno pubblicata e ciò significa che esiste un rapporto fra l’agenzia dei missionari comboniani e alcune testate giornalistiche. L’unica citazione dell’agenzia Misna ci richiama al fatto che, a parte il quotidiano Repubblica (“dal nostro inviato Pietro Veronese” è firmato l’articolo di cronaca; mentre “il reportage” è di Emily Wax), nessun altro organo di stampa era presente sul luogo della strage al momento del massacro. La stessa Repubblica comunque raccoglie alcuni particolari dalla Misna. Il Corriere della sera cita l’agenzia Misna e contatta telefonicamente anche un padre comboniano in missione sul territorio. Come possiamo vedere nella tabella seguente, riguardante il fatto della Nigeria, la fonte, oltre alla Misna, è più di una: ciò significa che il fatto è stato appreso non solo da Misna (vedi il quotidiano Il Giornale che cita France Press) ma anche da altre fonti. La stessa Croce rossa che dà il bilancio delle vittime negli scontri è una fonte, nel nostro caso anche per la Misna. Nigeria, Plateau: nuovo bilancio scontri, per croce rossa 630 vittime Quotid/Fonte Agenzie Contatti governativi Contatti con organizzazioni o congregazioni religiose di MASSIMO A. ALBERTAZZI Corriere della sera la Repubblica MISNA L’Unità MISNA GOVERNO LOCALE GOVERNO LOCALE CROCE ROSSA CROCE ROSSA La Stampa Il Manifesto Il Giornale Inviato GOVERNO LOCALE MISNA, FRANCE PRESS CROCE ROSSA Ci chiediamo a questo perché solo due avvenimenti su dieci sono stati considerati meritevoli di notizia? Anche gli altri lanci facevano riferimento a stragi e a disastri in cui erano coinvolti moltissimi civili: perché non pubblicarli? La tabella numero 1 (dell’8/11/2003) era una notizia molto simile a quella di Barlonyo anche se il numero delle vittime era minore: parlare di “massacro” ha un valore di notiziabilità maggiore rispetto ai termini “attacco dei ribelli” e “persone uccise”? Esistono dei nessi tra i temi, i soggetti sociali, e l’agenda dei media? Come sappiamo i mass media sono i grandi “mediatori” tra gli 73 individui e la realtà del mondo. “In generale i paesi del Terzo mondo ricevono l’attenzione dei media occidentali soprattutto in rapporto ad eventi eccezionali, quali catastrofi, profondi rivolgimenti politici, crisi interne, mentre le aree che vengono più illuminate sono essenzialmente le regioni “calde” dove si accendono drammatiche crisi internazionali o inter-etniche (Medio Oriente, Africa, sud-est asiatico) in cui sono coinvolti i paesi occidentali. In secondo luogo, le notizie dal Terzo mondo vengono scelte per la stranezza o il carattere esotico. Entrambi questi criteri di notiziabilità trasmettono insieme al contenuto specifico della notizia anche l’informazione che qui da noi una cosa del genere non potrebbe accadere”.103 Procediamo ora alla scomposizione dei titoli in modo tale da evidenziare gli elementi comuni di notiziabilità. Prima notizia. Uganda - Massacro nel distretto di lira, 173 morti Corriere della sera, Massacro in Uganda. L’esercito del Signore fa strage in un villaggio/Il massacro per mano degli uomini del sedicente Esercito del Signore, nel campo profughi di Barloonyo, nel nord del Paese Corriere della sera, I dannati di Gulu. Tra epidemie, guerriglie e stragi la Repubblica, Uganda. Massacro nel campo profughi (P. pagina)/Uganda. La strage dei profughi, duecento arsi vivi dai ribelli/Raid dell’Esercito del Signore (interno)/Fra i piccoli pendolari della notte in fuga da rapimenti e torture/In Uganda migliaia di bambini ogni sera lasciano i villaggi e dormono in città per sfuggire ai ribelli (reportage interno) L’Unità, Uganda. Strage di civili, più di duecento morti (P. pagina)/ Uganda: «guerriglieri di Dio» fanno strage (interno) Il Messaggero, Blitz dei guerriglieri, massacrate 190 persone 103 V. De Marchi, M.C. Ercolessi, Terzo mondo e quarto potere. I continenti della crisi raccontati dalla televisione, VQPT, Eri-Rai, Roma-Torino, n. 105, in G. Gili, 2001, p. 190. 74 Il Manifesto, Uganda. La strage dei profughi Seconda notizia. Nigeria, Plateau: nuovo bilancio scontri, per croce rossa 630 vittime Corriere della sera, Nigeria. Strage di musulmani la Repubblica, Strage in Nigeria. Oltre 600 morti in scontri etnici Il Giornale, Nigeria. Oltre 200 vittime in scontri etnico-religiosi Il Giornale, Oltre 630 morti in Nigeria negli scontri etnico-religiosi L’Unità, Nigeria. Miliziani cristiani attaccano villaggio: uccisi 630 musulmani/La Croce rossa denuncia: almeno 630 vittime (P. pagina)/Miliziani cristiani attaccano villaggio musulmano. La Croce rossa denuncia: almeno 630 vittime (interno) La Stampa, Cristiani contro musulmani. Almeno 630 morti negli scontri Il Manifesto, Nigeria. Trecento persone massacrate a colpi di mitra Al primo impatto emergono da questa breve analisi alcuni nessi tra il tema del radicalismo religioso e l’agenda dei media. La guerra all’interno delle varie civiltà, su tutti quelle musulmana e cristiana, è un argomento che è già stato trattato in passato e che oggi ha un grande risalto nei media di tutto il mondo. Nel nostro caso tutto ciò è confermato con evidenza dalla notizia che riguarda la Nigeria. Ma anche la vicenda di Barlonyo ha una forte valenza religiosa di questo tipo: il sedicente Esercito di resistenza del signore (Lord’s resistence army, o Lra) è un gruppo di ribelli che, guidati da un capo spirituale chiamato Kony, combatte per instaurare in Uganda un regime basato sull'applicazione letterale dei 75 dieci comandamenti biblici104, in un territorio dove la popolazione religiosa è cattolica per il 35%, protestante per il 25% e musulmana e animista per il 6%. A ribadire quanto sopra detto si pensi anche ad altri conflitti, come quello israelo-palestinese, alla guerra nei Balcani oppure al terrorismo islamico, tema quest’ultimo di grande attualità. Nei titoli esaminati nell’indagine sui lanci Misna il riferimento alla violenza contro i “civili” (villaggio, persone, bambini, profughi, vittime e via dicendo) appare 18 volte; le parole massacro, strage e torture sono presenti 16 volte, mentre il contenuto religioso (Dio, scontri etnico-religiosi) 15; la parola morte 4. Una volta individuato il tema predominante in queste notizie, la “violenza”, si è cercato di vedere come viene qualificato dai vari quotidiani. Come anticipato nella presentazione dell’indagine abbiamo scelto di differenziare il tema violenza in quattro categorie: sociale, religioso, politico e terroristico. Qutidiani/Notizie Uganda Nigeria Corriere della sera RELIGIOSO RELIGIOSO SOCIALE/RELIGIOSO RELIGIOSO La Repubblica Il Giornale L’Unità Il Messaggero RELIGIOSO SOCIALE/RELIGIOSO TERRORISTICO/RELIGIOSO TERRORISTICO RELIGIOSO La Stampa Il Manifesto RELIGIOSO SOCIALE SOCIALE In conclusione del nostro discorso possiamo dire che, a parte il Manifesto, il quale imprime una connotazione sociale ma anche emotiva al tema delle notizie, gli altri sei quotidiani si sono uniformati risaltando il valore religioso. Repubblica assegna anche un valore sociale, così come l’Unità, che non manca di sottolineare anche un aspetto legato al terrore della violenza. L’indagine dimostra che i temi intrecciati alla religione e alla violenza sono quelli che hanno maggiore probabilità di essere pubblicati, anche se riguardano regioni del Sud. Ciò che esce da questi schemi sembra invece destinato rimanere nell’ombra più totale. Nel paragrafo successivo citeremo una ricerca condotta dalla Caritas italiana, per concentrare la nostra attenzione anche sulla tematizzazione degli eventi, in base alla quale i 104 I ribelli sedicente Esercito di resistenza del signore combattono con il rosario al collo nel nome di un presunto “dio” che avrebbe proibito tassativamente di mangiare le galline bianche, possedere le vacche degli Ankole e soprattutto ordinato di uccidere chiunque beva alcolici o fumi tabacco. Kony stesso afferma di essere un profeta e di essere posseduto da uno spirito-guida divino. I bambini rapiti vengono indottrinati alle visioni di Kony: egli crede nell'avvento di un giorno in cui tutte le armi da fuoco del mondo smetteranno di funzionare (il giorno del "mondo silenzioso" ) e solo coloro in grado di usare le armi bianche potranno sconfiggere i nemici e prendere il potere 76 media collocano un fatto al centro dell’interesse e del dibattito pubblico, e che come vedremo riguarda soprattutto le vicende del Kosovo e della Palestina; ci aiuterà inoltre a capire il perché di quelle celle vuote nella colonna “Posta” delle tabelle precedenti. 3.4 La ricerca “Conflitti dimenticati” A conferma di quanto ora detto e per approfondire il nostro discorso riportiamo adesso una ricerca promossa dalla Caritas Italiana, dalle riviste Famiglia Cristiana e Il Regno dal titolo Conflitti dimenticati105. Su un periodo di osservazione di due anni e mezzo, suddivisi in cinque semestri (dal 1/1/99 al 30/6/01)106, sono stati esaminati sette paesi (casi-studio) mediante tecniche quantitative e qualitative quali, ad esempio, l’analisi dei contenuti, oppure tenendo conto di orari e collocazioni nei palinsesti. L’oggetto della ricerca è suddiviso in due tronconi: da una parte, sono state esaminate le guerre in Sierra Leone, Sri Lanka, Colombia, Angola e Guinea Bissau, mentre dall’altra quelle in Kosovo e Palestina. In questo modo si sono potute confrontare due diverse serie d’informazioni. Nell’impianto metodologicoscientifico della ricerca sono state esaminate prima le fonti: a) Mass media: televisione, radio, stampa, Internet (disponibilità di informazione, i lanci); b) istituzioni di governo; c) Chiesa Cattolica; d) Sondaggio di gente; e) Internet (domanda di informazione). Il sondaggio ha interessato un campione rappresentativo di 600 cittadini italiani ascoltati attraverso intervista telefonica. I criteri per la scelta dei casi hanno riguardato la rappresentatività macro-geografica (continentale); b) il grado di severità (letalità e impatto in termini di fenomeni associati) del conflitto; c) eterogeneità delle cause supposte e delle dinamiche del conflitto. L’ordine dei dati è sequenziale, ovvero segue le tappe della notizia, dalla sua nascita alla pubblicazione: i lanci d’agenzia, l’informazione dei media italiani (carta stampata, tv, radio e Internet), la domanda d’informazione sulle crisi internazionali e infine il grado di dimenticanza del pubblico (variabile dipendente). Partiamo con i lanci d’agenzia. Per quantificare la copertura informativa dei sette confitti sopra citati sono stati analizzati in un periodo di dieci settimane i lanci di quattro importanti agenzie italiane: Ansa, Adnkronos, Agi e Misna. 105 La ricerca è stata condotta sull’impianto scientifico-metodologico di Francesco Strazzari e Giampiero Giacomello (entrambi dell’Istituto universitario europeo di Fiesole), in collaborazione con Swg, Canale Tre, il Centro Ferrari di Modena e altri studiosi come Pierluigi Boda (Università La Sapienza) e Andrea Brandani (Università di Bologna). 106 Nel 2005 è prevista la pubblicazione di una nuova ricerca sui conflitti. 77 Lanci per conflitto Frequenza Percentuale Sierra Leone 92 1,4 Angola 43 0,6 Guinea Bissau 29 0,4 Sri Lanka 69 1 Colombia 98 1,4 Kosovo/Palestina 6455 95,2 Totale 6786 100 La differenza fra la somma dei lanci dei conflitti dimenticati (331) e quella riguardanti invece la Palestina e il Kosovo (6455) è netta, rispettivamente pari al 4,8% contro il 95,2%. All’interno dei cinque paesi considerati quel 4,8% d’informazione complessiva è così suddivisa: Colombia (29,60%), Sri Lanka (20,8%), Guinea Bissau (8,8%), Angola (13,0%), Sierra Leone (27,8%). La tabella seguente ci mostra i lanci di quattro agenzie diverse (Misna, Ansa, Agi, Adnkronos) sulle notizie provenienti dai paesi considerati. Vediamo quanti di questi frammenti di notizie sono stati persi o rilanciati dai quotidiani italiani. Agenzie Misna Ansa Agi Adnkronos Totale Numero lanci 130 123 62 16 331 Lanci persi dai quotidiani (%) lanci persi dai quotidiani 112 94 45 6 257 86,1 76,4 72,6 37,5 77,6 Lanci rilanciati dai quotidiani 18 29 17 10 74 (%) Lanci rilanciati dai quotidiani 13,8 23,6 27,4 62,5 22,3 L’agenzia internazionale Misna, con 130 notizie, rilancia il maggior numero di fatti dal Sud del mondo, ma nello stesso tempo, con 112 servizi, è risultata quella meno ripresa dai quotidiani. Segue l’Ansa con 123, l’Agi con 62 e infine l’Adnkronos con 16107. Delle 331 notizie che abbiamo visto rilanciate dalle quattro agenzie di stampa solo 74 di queste sono state pubblicate. L’Informazione dei media italiani. L’analisi relativa ai sette conflitti si è sviluppata nell’intero arco della ricerca (due anni e mezzo) con un doppio monitoraggio: sugli articoli di quattro quotidiani italiani; e sulla programmazione nazionale radiotelevisiva italiana. L’informazione su Internet è stata invece esaminata cliccando la parola chiave e utilizzando i più importanti motori di ricerca. Ricollegandoci a quanto detto finora sui lanci d’agenzia partiremo dal monitoraggio sulla stampa: esaminati per dieci settimane estratte casualmente, due a semestre, 1087 articoli di 107 Nell’Adnkronos non risulta alcuna informazione su Angola e Guinea Bissau. 78 quattro grandi quotidiani: Il Corriere della Sera, La Stampa, La Repubblica, e Avvenire. In tutto sono stati analizzati 256 copie108, in cui sono stati presi in considerazione gli articoli legati direttamente e indirettamente (nel caso della televisione le rivelazioni erano solo per riferimento diretto) agli eventi bellici e ai loro effetti sulla situazione generale del paese. Vediamo attraverso il grafico 10, dall’Angola fino al Medio Oriente, i risultati sulla copertura informativa dei conflitti oggetto della ricerca. Figura 10 L’informazione dei quotidiani sui conflitti Palestina Kosovo Angola Guinea Bissau Sri Lanka Colombia Sierra Leone La guerra in Palestina109 col 32,3% e soprattutto quella in Kosovo con ben il 62,9%, in quel determinato periodo dell’anno (ricordiamo 1/1/99-30/6/2001) si presentano al primo posto con il 95,2% del totale, pari a 1035 articoli censiti. Il resto dei conflitti occupano invece il 4,8% (52 articoli) della copertura informativa, così suddiviso: Sierra Leone (1,6%), Sri Lanka (1,7%), Angola (0,3%), Colombia (0,9%) e Guinea Bissau (0,3%). Angola e Guinea Bissau sono le guerre più dimenticate, con solo 3 servizi su 1087. Si tratta inoltre per tutti i cinque casi dimenticati di servizi brevissimi, raramente accompagnati da fotografie (3,2%), le quali sono spesso di repertorio. Il quotidiano cattolico Avvenire è l’unica testata a riportare informazioni su tutti i conflitti oggetto d’esame, 33 articoli. Dalla ricerca emerge che nella stampa italiana prevale la cronaca diplomatica e militare, per il 72,3%, a scapito dell’approfondimento delle cause e delle conseguenze sociali, economiche e culturali (5,5%). Mancano articoli di fondo, di approfondimento sui conflitti dimenticati, e inoltre riguardo alla presenza di una firma dell’autore dell’articolo (elemento 108 Le copie dei quotidiani analizzati dovevano essere 280 ma sono stati 256, perché Avvenire non esce il lunedì e inoltre il 2 maggio è giorno non lavorativo per tutta l’editoria; nell’arco temporale preso in esame, infine, sono intercorsi scioperi nazionali di categoria. 109 Il dato inferiore del conflitto israelo-palestinese rispetto a quello del Kosovo si spiega in base alla scarsa copertura che i media hanno riservato al processi di pace. Con la nuova esplosione del conflitto nel settembre del 2000 (inizio della seconda Intifada, con episodi cruenti che hanno attirato l’attenzione delle telecamere) il dato subisce un netto rialzo. 79 che può indicare la qualità del testo e il grado di interesse al tema da parte della testata) solo 3 dei 315 servizi firmati (0,9%) si riferiscono a un corrispondente di un quotidiano. In nessun caso negli articoli pubblicati sui cinque fatti del Sud del mondo è riportata la firma di un giornalista straniero, e questo può significare che la principale fonte110 informativa dei quotidiani è governativa (3,7%)111 o proviene da lanci d’agenzia (10,8%). Vediamo ora il secondo monitoraggio. Sotto osservazione l’emissione informativa (i servizi) di otto canali tv: Rai1, 2, 3, Canale5, Rete4, Italia1, La7; tredici stazioni radio: Radio1, 2, 3, Italia Radio, Radio24ore, Radio Capital, Italia Radio, Radio Vaticana, Rds, Rtl, Radio Popolare, Radio105, Cnr. Per quanto riguarda la televisione, dai risultati emerge una sproporzione abissale tra il caso di riferimento del conflitto Kosovo e gli altri: si va dal rapporto con la Sierra Leone di cui la tv ha trasmesso notizie in misura 8 volte inferiore112, al caso limite della Guinea Bissau con un valore di 2792 volte inferiore. Figura 11 Emissione televisiva sui sette casi-studio S. Leone Angola G. Bissau Sri Lanka Colombia Palestina Kosovo Al conflitto Guinea Bissau la televisione privata ha dedicato 0 secondi, mentre quella pubblica meno di due minuti. Conflitti come quelli in Kosovo e in Palestina sono maggiormente coperti dai media televisivi e bilanciano parzialmente il risultato finale, 62% tv pubblica e 38% tv privata. 110 In nessuno degli articoli analizzati la fonte d’informazione dei conflitti dimenticati è costituita dal governo italiano. 111 Nel caso di una notizia diffusa dagli osservatori entra in gioco la chiave interpretativa degli eventi, che può risentire degli interessi politici, diplomatici ed economici di un determinato paese. 112 Per la Sierra Leone si nota una relativa controtendenza (una dimenticanza meno marcata), che tende a spiegarsi con la discussione in Italia del Forum per la cancellazione del debito verso i paesi poveri, e del Forum economico mondiale che si è tenuto in Svizzera nel primo semestre 2000. Si può presumere, inoltre, che anche la reperibilità di immagini e di notizie sui circuiti informativi internazionali di lingua inglese abbia avuto il suo effetto. 80 Figura 12 Rapporto quantitativo tra tv pubblica e privata Fra i media esaminati la radio è quella che mostra un grado di copertura informativa migliore. Ad esempio, mentre nel caso delle emittenti televisive il conflitto con il maggior grado di copertura (Kosovo, 103.304 notizie) riscuote un punteggio 2792 volte superiore rispetto al conflitto con il grado più basso di copertura, che quello della Guinea Bissau (37), nella radio il conflitto in Kosovo fa registrare un valore di 34.053 servizi: punteggio 115 volte superiore al conflitto con il grado minore di copertura (Guinea Bissau, 296). Figura 13 Emissione radio sui sette casi-studio S. Leone Angola G. Bissau Sri Lanka Colombia Palestina Kosovo Come sappiamo in Internet vi è invece la presenza di molti soggetti informativi: si pensi a quelli specifici come warnews, di cui abbiamo preso in prestito la figura 8 nel secondo capitolo, oppure ai grandi canali dell’informazione nazionale ed internazionale. Oltre a questi organi giornalistici ci sono le news-web delle ong, di varie organizzazioni umanitarie, quelle dei cattolici o dei sodalizi internazionali e infine dei bloggers. La presenza di notizie relative 81 ai sette conflitti si è potuta esaminare attraverso l’analisi degli articoli113, e mediante la ricerca di parole chiave inserite nei portali più usati: Virgilio, Google, Yahoo e Lycos. Offerta di contenuti sui motori di ricerca relativi ai sette casi-studio Portali Palestina Kosovo S. Leone Angola G. Bissau S. Lanka Colombia Virgilio 4 26 1 2 0 0 1 Google 80800 32900 4470 4030 1010 4030 10100 Yahoo 43 18 1 0 4 2 0 Lycos 21874 19606 2706 2326 562 2095 4900 La tabella mostra che i motori di ricerca organizzati per directory (Virgilio e Yahoo) si sono rivelati poco efficaci mentre quelli dotati di crowler (Google e Lycos) propongono agli utenti un percorso soddisfacente. Marcato è anche in questo caso, lo squilibrio fra il numero di pagine web dedicate ai conflitti in Palestina e Kosovo e quelle ai cinque dimenticati. Stessa cosa si verifica negli archivi on line dei siti news italiani, dove la presenza dei conflitti dimenticati è dieci volte inferiore a quella di Kosovo e Palestina. Domanda d’informazione sulle crisi internazionali. Prima di osservare la tabella completa della ricerca sulle fonti d’informazione apriamo una breve parentesi riprendendo il discorso da dove è stato lasciato, da Internet. Il quadro della domanda d’informazione su Internet riguardo i sette conflitti è stato analizzato con interrogazioni svolte su due tra i maggiori motori di ricerca (Lycos.it e Google.com)114, anche se l’incidenza di ricerche sulle guerre considerate è molto bassa. Interrogazioni sui motori di ricerca Lycos e Google Palestina Kosovo Lycos 1048 149 45 10 1 12 28 Google 393600 28800 12200 9600 0 41000 168500 Portali S. Leone Angola G. Bissau Sri Lanka Colombia Non potendo disporre di una lettura articolata dei risultati e una definizione dei profili degli utenti interessati ai conflitti dimenticati, il dato più importante che emerge è che in entrambi i motori campione il rapporto fra il conflitto in Palestina (in quel determinato 113 Gli articoli esaminati nella ricerca interna sono stati prelevati da sei siti: tre sono delle teste italiane più importanti (Repubblica.it, il canale news del portale Iol e Rai.it), e tre estere (New York Times on the web, Bbc news e il canale news di Yahoo). 114 Per i dati Lycos è stato elaborato il periodo 1-21/12/01 mentre per Google si è utilizzato lo strumento per la pianificazione pubblicitaria del motore di ricerca (https://adwords.google.com/select/), con i risultati attesi sull’utenza mondiale per una settimana. 82 periodo quello in Kosovo si stava allontanando dall’attualità) e i conflitti in esame è evidentemente sproporzionato a favore del primo. Il risultato più basso ottenuto si è avuto ancora una volta per il conflitto in Guinea Bissau (1000 a 1), il cui livello di presenza fra gli argomenti ricercati è vicino allo zero. Passiamo ora alle fonti consumi-preferenze: sei persone su dieci dichiarano di preferire i media radiotelevisivi, un dato destinato al aumentare proporzionalmente all’età degli intervistati; i giornali e le riviste sono invece i mezzi preferiti di laureati e uomini, mentre Internet è utilizzato soprattutto dai giovani. Quale fonte utilizza per avere informazioni sulla povertà nel mondo, rapporti internazionali, guerre? Fonte principale d’informazione Dato medio Tv e radio 60 Giornali e riviste 28 Internet 5 Scuola 2 Amici e Parenti 2 Non risponde 3 E’ l’informazione televisiva la fonte maggiore per il pubblico (secondo varie analisi il dato si attesta ad oltre il 40%, con una forchetta che oscilla al massimo del sei per cento), mentre Internet è il mezzo utilizzato dal 5% degli intervistati, ma c’è da sottolineare che si tratta di un dato relativo al 2001, e quando si parla di Internet i dati sono in costante e rapida evoluzione (soprattutto nella crescita). Anche se non paragonabile al nostro 5%, bisogna ricordare che nella ricerca ''Italy Global Nation" di Adnkronos (pag. 28) il dato relativo alla fonte d’informazione Internet (generalista) si attestava al 51,1%. Osserviamo adesso il grado di dimenticanza del pubblico italiano circa i conflitti nel mondo, attraverso i dati rilevati tramite sondaggio demoscopico (questionario telefonico)115. 115 Il campione è stato estratto casualmente per quote: a) zona geografica; b) sesso; c) classe di ampiezza demografica del comune. I tre parametri sono stati successivamente uniformati ai dati Istat 83 Quali sono i conflitti armati degli ultimi anni (massimo 5) conclusi o ancora in corso che ricorda, escluso quello dell’Afghanistan? Conflitti Dato medio Balcani 54 Israele/Palestina 18 Somalia 11 Croazia 4 Rwanda 4 Burundi 2 Macedonia 1 Congo 1 Guinea Bissau 1 Indonesia 0,5 Sri Lanka 0,5 Altro* 0,5 Non risponde 0,5 * La voce “altro” indica risposte non congruenti, ad esempio conflitti avvenuti oltre i cinque anni. Nel sondaggio si nota come l’area dei conflitti israelo-palestinese e quella balcanica siano maggiormente ricordati dal pubblico, mentre dei drammi afro-asiatici poco si conosce: otto intervistati su dieci associano paesi come Sri Lanka, Angola e Sierra Leone ai problemi della fame o della povertà, mentre il 10% del campione analizzato li colloca nelle crisi di guerra. Nel periodo della ricerca erano venticinque i conflitti che hanno superato la soglia dei mille morti, più del doppio invece negli anni ‘90116. Per approfondire e il grado di dimenticanza sono state poste agli intervistati altre domande: 1) Quali le principali cause delle guerre balcaniche: Croazia, Bosnia Erzegovina, Kosovo? Cause delle guerre area balcanica Dato medio Politiche 31 Ragioni etniche 30 Economiche 18 Religiose 15 Non risponde 6 116 Negli anni ’90 ci sono state 56 guerre in 44 paesi, si è trattato soprattutto di deflagrazioni a carattere intrastatale (guerre civili). In 14 di essi si è registrato l’intervento esterno di altre nazioni (invio di truppe a sostegno di una frazione interna). Se si escludono i teatri di guerra determinati da operazioni Nato o di altre coalizioni internazionali, solo i conflitti Iraq-Kuwait, India-Pakistan, ed Etiopia-Eritrea rientrano nello schema di guerra inter-statale. 84 2) Conosce le principali cause della guerra in Rwanda? Cause guerra in Rwanda Dato medio Politiche 27 Ragioni etniche 20 Economiche 17 Religiose 9 Non risponde 27 La distribuzione relativa alle cause dei conflitti nei balcani è precisa. Dubbi invece rimangono per la guerra in Rwanda, dove emerge un importante dato di incertezza, il 27% di coloro che decidono di non rispondere. Vediamo ancora. Riguardo le cause dei conflitti l’opinione pubblica è informata in modo: Informazione sulle cause delle guerre Del tutto sufficiente Tra suff. e insuff. Del tutto insufficiente Non sa/Non risponde Dato medio 4 83 9 4 In quest’ultima tabella la ricerca afferma che è necessario riequilibrare l’informazione, lo dicono quelli che ritengono "insufficienti" le informazioni sulle cause e sulle radici dei conflitti, e quelli che sono molto o abbastanza (33 e 38 per cento) interessati a capire le ragioni geopolitiche dei conflitti: E’ interessato ad avere informazioni su grandi questioni mondiali: economiche, politiche, rapporti tra Nord e Sud del mondo, cause di guerre e povertà? Interesse sulle questioni mondiali Dato medio Molto 33 Abbastanza 38 Poco 21 Per niente 7 Non sa/Non risponde 1 Ciò che è accaduto dopo l’11 settembre nei giornali, nelle Tv e in Internet spinge al riequilibrio: il pubblico chiede di capire di più, i giornalisti devono fare uno sforzo per capire, prima, per poi spiegare. Nonostante la tragedia delle Torri gemelle quattro persone su 85 dieci dichiarano che l’opinione pubblica sia scarsamente informata sulle cause che generano le guerre internazionali. Ciò implica un giudizio negativo sui tradizionali media utilizzati e si avverte la necessità (il 71%) di maggior approfondimento sulle crisi internazionali. Vi sono poi gravi risposte nella ricerca (tabella sotto): il 48% non conosce l’organizzazione di difesa di cui fa parte l’Italia mentre il 18% dice che ancora sono presenti i nostri soldati in Somalia. Come si chiama l’organizzazione internazionale di difesa armata di cui fa parte l’Italia? Grado di conoscenza sull’organo di difesa cui fa parte l’Italia Non sa Nato Altro Non risponde Dato medio 48 29 9 14 Ricorda alcuni paesi del mondo dove attualmente sono presenti soldati italiani impegnati in missioni di pace? Attuale conoscenza sulle missioni di pace italiane Area balcanica Kosovo Somalia Eritrea Altro Non sa/Non risponde Dato medio 50 25 8 1 31 25 Il 78% degli intervistati riconosce inoltre nella guerra l’idea della morte, della devastazione e della tragedia umana. Ciò che emerge con forza dalla ricerca è che i media tendono ad essere conformisti e a difendere i valori dominanti della società occidentale. Certamente l'informazione offerta dal giornalismo italiano sul Kosovo va messa in relazione con il fatto che l'Italia era in guerra per la prima volta dopo la conclusione del secondo conflitto mondiale, ma ciò non giustifica i media (vedi il caso Palestina). A distanza di tre anni dall’uscita della ricerca Conflitti dimenticati (diventata poi un libro) non molto sembra cambiato: cosa vediamo o sappiamo della guerra civile in Uganda o nel Sudan meridionale? E di tutti gli altri trenta quattro conflitti che sono ancora in corso nel mondo? Questa ricerca ci aiuta a riaffermare quanto teorizzato dalla sociologa tedesca E. Noelle Neumann con la spirale del silenzio: i media non si limitano semplicemente a rappresentare il clima di opinione che si crea attorno a importanti temi di interesse e dibattito pubblico, ma, offrendo una determinata rappresentazione di tale clima, finiscono per modificare realmente le l’opinione pubblica che, in tal modo, si avvicina sempre più all’immagine che essi hanno costruito 86 3.5 Uno sguardo al giornalismo occidentale In una società dominata dai media ci troviamo sempre più spesso davanti a notizie più simili a trame ad effetto piuttosto che a informazioni vere e proprie, e questa tendenza sembrerebbe derivare dalle preferenze dei destinatari. Negli ultimi decenni gli studi sui mass media nel campo della comunicazione di massa e della psicologia sociale hanno spostato il fulcro dell’analisi del testo, che prendeva in considerazione la passività del pubblico, all’audience, per cui si pensa che il pubblico operi attivamente alla costruzione degli eventi. E’ quanto sostengono ad esempio Hovland e Lazarsfeld, i quali fanno coincidere la partecipazione attiva dell’audience alla selettività degli eventi. Il giornalismo occidentale propone con una certa frequenza notizie create ad arte per appassionare il pubblico, per coinvolgerlo emotivamente. Secondo Sergio Borsi, collaboratore giornalistico della Rai, dell’Ansa e di diverse testate locali, parlando degli aspetti etici della professione giornalistica dice: “Negli ultimi tempi si sta assistendo alla spettacolarizzazione delle notizie di cronaca, non alla semplice informazione ed indagine giornalistica (…). Un fattore determinante che possiamo collegare al fenomeno delle tre esse: soldi, sesso e sangue. Si tratta di “condizionamenti derivanti dalla proprietà editoriale dei media, che sono concentrati nelle mani di grandi gruppi imprenditoriali117. Le tre esse si traducono spesso nei virus della spettacolarizzazione, del sensazionalismo e del gossip. Fra le tre esse spesso esiste un rapporto reciproco. Vediamo con un esempio la punta di un iceberg: “La vicenda di Lady Diana – dice Paolo Murialdi – (…) è stata esemplare, prima e dopo la sua morte. (…) In primo luogo il caso ha mostrato con più evidenza che in altre occasioni che i media possono mitizzare i personaggi i quali, a loro volta, contribuiscono al successo dei media” 118. Vi è in questo caso una forte reciprocità che ha avuto l’impulso maggiore dalla televisione. “In secondo luogo la crescita del divismo e la creazione di miti – se sopravviene una situazione di emergenza, un trauma – provocano il superamento del livello di quel fattore intrinseco del giornalismo che è il coinvolgimento anche emotivo del lettore. Con la morte di Lady Diana questo livello è stato stravolto, (…) prima di tutto la durata dell’invasione dello spazio (non soltanto dei media italiani): più di una settimana. Ecco alcune indicazioni riguardanti il primo giorno, lunedì 1° settembre (il 31 soltanto il Corriere della Sera era riuscito a dare la notizia dell’incidente 117 P. De Girolamo, Spettacolarizzazione della notizia? No grazie, Infocity, 26/02/2002, settore mondo informazione. 118 P. Murialdi, Il giornale. Prodotto industriale e creazione intellettuale, specchio della realtà ma imperfetto e deformante. Conoscerlo per saperlo usare, Il Mulino, Bologna, 1998, p. 87. 87 nell’ultima edizione): Corriere, otto pagine; la Repubblica, tredici pagine; La Stampa, otto pagine, L’Unità, undici pagine.119 A tal proposito, è di giovedì 22 aprile 2004 la notizia della decisione presa da parte di una delle più importanti emittenti americane, la Cbs, di mandare in onda il filmato degli ultimi istanti di vita della principessa Lady Diana. Il quotidiano Il Messaggero il giorno dopo la messa in onda – come del resto facevano molti altri media – si occupava del caso e delle polemiche da esso scaturite, titolando in prima pagina: “Tv choc, in onda la morte di Lady D”. L’editorialista dell’articolo, Sergio Giovine, si domandava, provocando i lettori, “(…) come distinguere fra il diritto di informare (che è poi il diritto di essere informati) e il diritto di veder salvaguardata la propria immagine anche dopo morti, anzi, a maggior ragione dopo morti? Ciò è tanto più attuale se si pensa ai recenti, tragici fatti iracheni. Dalla risposta del giornalista s’intuisce lo sconforto nel dover ammettere che “(…) I media, soprattutto quello televisivo, tendono ad imprimere al pubblico l’effetto choc.” 120. Nell’informazione attuale soprattutto i media audiovisivi dispongono, oltre al linguaggio, anche dei suoni e delle immagini, che possono nascondere una distorsione dell’informazione, una forma di inganno più o meno consapevole da parte dei media. Questi messaggi possono essere abilmente manipolati per avere maggiore impatto con il pubblico, utilizzando ad esempio la telecamera in un certo modo piuttosto che in un altro, ovvero indirizzando le inquadrature verso il particolare che si vuole immortalare, nel montaggio e nei suoni che accompagnano i servizi. Di solito sono le scene più cruente che vengono proposte al pubblico, quelle che possono colpire la sensibilità e accentuare l’effetto emotivo (drammaticità, novità, negatività, e via dicendo). Non si sottrae da questa tendenza gran parte della stampa occidentale, soprattutto quella britannica, che come accade di vedere sui tabloid si propone come scandalistica. The Times, autorevole quotidiano d’informazione inglese, venerdì 31 ottobre 2003 titolava Iron Lady sheds a farewell tear for Sir Denis (La signora di ferro lascia cadere una lacrima di addio per Sir Denis), in grande la foto di Lady Thatcher che non trattiene l’emozione alla commemorazione funebre del marito in Central London. In Inghilterra notizie di questo tipo hanno un grande risalto, molte volte più dei fatti che hanno un maggior rilievo sociale. Ma anche qui ci sono delle eccezioni. Guardian Unlimited venerdì 23 aprile 2004 titolava in 119 Ibidem.. S. Giovine, Tv choc, in onda la morte di Lady D. Polemiche e proteste per la decisione presa dall’emittente americana Cbs, Il Messaggero, venerdì 23 aprile 2004, Primo piano, p. 1 e 18. 120 88 prima pagina: “54 dead” in North Korea Blast121 (“54 morti” in un’esplosione in Nord Korea), in risalto nella pagina l’immagine – scattata dalle agenzie di stampa internazionali DSK/AFP/Getty – delle macerie e il fuoco che invadono un villaggio koreano dove due treni che trasportavano sostanze tossiche sono venuti a collisione. Sulla prima pagina di Independent e di The Herald il 23 aprile 2004122 mettevano sempre in primo piano - come del resto facevano tutte le altre testate giornalistiche del mondo sia radiotelevisive che della carta stampata - la drammatica notizia dell’esplosione nel Nord Korea (nei giorni successivi il bilancio salirà a oltre tremila morti), ma significativo spazio era dedicato anche a dossier sul terzo mondo: le notizie provenivano dal Sudan123 e dal Peru124. In questi ultimi due giornali c’è stata una sensibilità verso i temi del Sud, anche se parliamo certamente di scelte editoriali ben precise, come nel caso italiano che riguarda Repubblica, il Corriere della sera, l’Unità e il Manifesto (vedi indagine). Negli altri quotidiani inglesi del Sud neanche una riga. H.P. Grice negli anni ’70 elencava alcune regole importanti che devono intervenire in una buona relazione comunicativa: la prima è la completezza dell’informazione, che viene violata nel momento in cui l’emittente fornisce una comunicazione incompleta, insufficiente. Al contrario, un eccesso d’informazioni, può provocare un effetto anticomunicativo, poiché può distrarre o confondere il pubblico. Seconda regola è la qualità delle informazioni e la sincerità dell’emittente, ovvero ciò che si dice deve essere fondato su evidenze di fatto (prove adeguate). Terza è la relazione, per cui un bravo comunicatore non deve divagare dal tema trattato e sovrapporre le informazioni allo scopo di confondere il ricevente125. Ultima regola è il modo: il contenuto della comunicazione non deve essere oscuro, ambiguo, ma breve e ordinato nell’esposizione. Come già abbiamo accennato si possono infrangere queste regole sia volontariamente (“partigianeria”, media che adottano un preciso punto di vista; la “manipolazione”, occultamento dei veri fini del comunicatore), che involontariamente (“valori-notizia”, quindi l’organizzazione del processo di produzione dell’informazione, e “l’ideologia”, una visione del mondo). 121 M. Oliver, 150 dead in North Korea Blast. 10,000 homes damaged. Explosives-laden train causes fireball. Pyongyang accepts Unhelp, Guardian Unlimited, venerdì 23 aprile 2004, p. 1. 122 I due quotidiani inglesi sono stati visitati sulle pagine on line dei rispettivi siti: www.theherald.co.uk/ e www.independent.co.uk/. 123 D. Walsh, Rape, torture, and one million forced to flee as Sudan’s crisis unfolds. Will we move to stop it? (Rapimenti, torture, e un milione di profughi spiegano la crisi del Sudan. Ci muoveremo per fermare ciò?), Independent, venerdì 23 aprile 2004, p. dossier. 124 R. Crilly, A Scottish student has helped secure the future of these Nahua children in Peru by teaching their tribe new technology (Uno studente della Scozia ha dato sicuro aiuto alla discendenza Nahua in Peru insegnando alla loro tribe una nuova tecnologia), The Herald, venerdì 23 aprile 2004, p. Primo piano. 125 H.P. Grice, Gli atti linguistici, Feltrinelli, Milano, 1978, in Gili G., 2001, p. 113 89 Come sappiamo quest’ultimo aspetto è importante quando parliamo dell’informazione della Misna, perché i valori cristiani si esprimono sul contenuto di notizie. L’agenzia missionaria segue una determinata prospettiva, una scelta ben precisa (dar voce ai Senza voce), anche se poi il suo sguardo è indirizzato a 360 gradi. Lo dimostrano le notizie che rilancia dalla Palestina, Israele e Iraq (fatti che sono soprattutto sotto i riflettori dei media occidentali). Un’informazione, dunque, che possiamo far rientrare a tutti gli effetti nel concetto di villaggio globale. Con l’emittente televisiva CNN questo concetto raggiunse il suo apice. Tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta la guerra del Golfo ebbe diffusione attraverso il broadcast, la trasmissione satellitare in tempo reale. Bastava utilizzare una parabola e quelle immagini inviate da Bagdad venivano viste in tutto il mondo. Guerre come quella in Sierra Leone, Sri Lanka, Colombia, Angola e Guinea Bissau possono essere considerate invece tutte "dimenticate". Ma questa situazione dipende soprattutto dal potere dei media. Quando infatti la maggior parte dei media assume un orientamento comune su importanti temi di discussione, ad esempio i conflitti israelopalestinese e quello in Iraq, esso diventa quello dominante nell’opinione pubblica e la concezione del villaggio globale svanisce. Il potere dei media dipende dal controllo delle informazioni che raggiungeranno i destinatari e spesso tende a manifestarsi quando la maggior parte delle testate giornalistiche assume schemi di riferimento che si uniformano nella scelta dei fatti. “In situazioni di crisi (guerre, catastrofi naturali o tecnologiche, crisi sociali e politiche, emergenza terrorismo) anche in società democratiche i media tendono a restringere lo spettro di variabilità dell’interpretazione, poiché avvertono in modo più forte la propria funzione integrativa e il ruolo di appoggio nei confronti delle istituzioni responsabili del perseguimento delle mete collettive, messe in pericolo dall’emergenza. In questi casi vi è certamente una pressione da parte dei governi e delle autorità pubbliche verso un atteggiamento patriottico e di collaborazione, tuttavia esso è anche un effetto spontaneo legato al senso dell’emergenza e all’importanza riconosciuta al fatto di accrescere la componente integrativa , la coesione morale e ideologica della società”126. Una convergenza tra media e apparato istituzionale si è verificata durante la guerra del Golfo: tutti i paesi coinvolti nel conflitto, anche se non direttamente minacciati dagli eventi bellici, hanno visto espresso da parte dei media un consenso generalizzato sulle cause e la legittimità della guerra. Questo consenso è emerso dalla collaborazione dei media con le 126 G. Gili, Il problema della manipolazione: peccato originale dei media?, Franco Angeli, Milano, 2001, p. 107. 90 autorità politiche e militari attraverso l’accettazione di un rigido controllo imposto dagli stati maggiori sull’informazione proveniente dagli scenari di guerra. Un’accettazione che ha riguardato anche i media italiani anche se non tutti. Uno studio127 condotto sulla stampa italiana ci dice che i commenti favorevoli alla guerra del Golfo in Italia sono stati dominanti: Il Giornale 100% Corriere della sera 88,5% Il Messaggero 88,2% La Repubblica 86,2% La Stampa 74,2% L’Unità 21,1% Discorso diverso va fatto per Il Manifesto, Avvenire e il Sabato i quali non hanno espresso nessun commento favorevole alla guerra e anzi hanno sostenuto verso di essa delle posizioni molto critiche. Dati molto simili sono emersi dall’analisi della copertura del conflitto sulle principali reti televisive nazionali. Il Tg1 e Tg5 convinti dell’inevitabilità della guerra; Tg2, Tg4 e Studio Aperto interventisti; mentre il Tg3 l’unico contrario al conflitto128. Terminando questa discussione possiamo dire che nel processo produttivo dell’informazione il mondo viene continuamente trasformato, cioè gli eventi sono prima isolati dal loro significati e dalle loro cause e poi ricostruiti in un nuovo frame, per essere adattato alla logica dei media, al loro formato, e per rispondere alle aspettative del pubblico. 127 S. Allievi, Il caso italiano, in Mass media immigrazione araba e guerra del golfo , numero monografico di “Dimensioni dello sviluppo”, n. 1, 1992, pp. 88-120. 128 Ibidem. 91 Conclusioni L’ipotesi che l’informazione internazionale proposta dai tradizionali mezzi di comunicazione avesse dei forti limiti in termini di copertura mediatica, riguardo soprattutto ai fatti provenienti dal Sud del mondo, è stata largamente confermata con l’indagine esplorativa (terzo capitolo). Il nostro parametro di riferimento è stata l’agenzia missionaria Misna che, grazie ai lanci raccolti sul suo sito web (www.misna.org), ha permesso il riscontro tra alcuni fatti considerati dimenticati e notizie pubblicate dai media. Questo lavoro è partito da una riflessione profonda sulle tragedie del mondo. Soprattutto quelle dell’Africa invitavano a soffermarsi su perché il giornalismo occidentale spesso non si interessa a tali argomenti. Ci sono dei paesi del terzo mondo che sono ricchissimi di risorse naturali ma nello stesso tempo sono martoriati dalle guerre civili. Quest’ultimi combattono in nome di un presunto “dio” di turno, guidati da folli visionari che portano distruzione e morte. I media danno a questa gente la possibilità di alzare la loro voce? Questa domanda ci ha accompagnato fin dall’inizio del progetto Misna. L’indagine esplorativa sui quotidiani italiani ha confermato il fatto che la maggior parte dei media dimentica quanto accade nel Sud del mondo. Dimentica cioè fatti che sono di una gravità assoluta, che in territori come quello dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia e Oceania, accadono praticamente ogni istante. C’è comunque da sottolineare che esistono anche delle eccezioni, dei casi in cui alcune testate, per le loro scelte editoriali, risultano più sensibili a certi temi (si pensi a quotidiani come Repubblica, Corriere della sera, Avvenire, Il Manifesto e l’Unità). Ma la maggior parte dei media di fronte a grandi tragedie mondiali non parla. Chi ha voce sono i paesi occidentali, i quali detengono il potere di comunicare al grande pubblico la loro visione del mondo, ma questa visione non è globale, perché di fatto non parla a 360 gradi e tende a far emergere dal grande mare dell’informazione solo ciò che è in linea con i temi economici e politici dominanti. Vi è un’assurda violenza in molte zone del Sud del mondo che si ripercuote sui più deboli. Bambini tra gli 8 e i 14 in alcune zone del Sudan e dell’Uganda sono reclutati e armati dalla testa ai piedi con bombe a mano, pistole e ordigni vari; poi sono inquadrati in due diversi reparti: il combattimento in prima linea da una parte, e il compito di spie dei ribelli dall’altra. Se sono fortunati, finiscono nei reparti di un ospedale per farsi costruire una protesi agli arti. Alcune volte in tv questi temi sono affrontati in seconda serata, nella carta stampata quasi 92 mai hanno gli onori della prima pagina o sono rilegati in qualche breve nella pagina degli esteri. Alla fine di questo lavoro si ritiene che molto nel campo della comunicazione italiana si debba fare. Indirizzare lo sguardo dei media verso le tematiche del Sud può spronare interventi umanitari a favore delle popolazioni più martoriate. La ricerca Conflitti dimenticati ci dice che nell’ambito della televisione pubblica alcune tragedie riguardanti il Sud del mondo sono soltanto delle meteore; la tv privata invece le ignora completamente. Anche la radio è ancora indietro. Internet apre una nuova frontiera dell’informazione, un’opportunità irrinunciabile per il sapere collettivo: dai suoi albori, il numero di persone che si avvicinano a questo strumento è in costante crescita, ed il settore delle notizie è fra i più cliccati dagli utenti. L’agenzia internazionale Misna e molte altre testate telematiche (warnews, peace reporter) stanno tentando di dar voce al Sud attraverso la Rete e qualche volta le loro notizie riescono ad essere rilanciate dai media di massa. La pluralità di canali alternativi può essere percepita dai media come garanzia di credibilità dell’informazione, ma in genere queste fonti – perlomeno in Italia – non hanno prestigio e quindi spesso non riescono ad imporre il loro messaggio. I media tendono ad assumere degli schemi di riferimento uniformi nella scelta dei fatti e ciò impedisce l’emergere d’altri temi anche se importanti. Attraverso migliaia di missionari sparsi in tutto i mondo, l’agenzia Misna può essere certamente considerata una fonte attendibile, e lo dimostra il fatto che è citata da grandi testate come Repubblica e il Corriere della sera. Ciò significa che l’agenzia missionaria può avvalersi di un certo grado di credibilità e di autorevolezza, che derivano dalla presenza sul campo di inviati che non sono al soldo di nessuno (pubblicità, editore e via dicendo). Non è esagerato sostenere che da un punto di vista fortemente umanitario la Misna sia la fonte giornalistica internazionale più importante in questo momento, anche quando tratta argomenti sull’Iraq o la Palestina, paesi che sono sotto costante copertura informativa dei media occidentali. Come sappiamo la sua voce è quella dei più deboli, dei civili: quella che difficilmente esce dai media. Ma sebbene la continua ricerca dell’obiettività e dell’equilibrio, insita nei valori cattolici, conferiscano alla Misna uno status di prestigio, questa competenza, come dimostrano gli esigui scambi informativi tra Nord e Sud del mondo, risulta avere un potere molto debole sui media. 93 Appendice Il futuro nelle mani dei governi Correnti cattoliche e laiche ritengono fondamentale promuovere una cultura di pace e di dialogo, per migliorare le sorti dei popoli del Sud. Anche il sostegno di aiuti finanziari129 dei governi o delle organizzazioni umanitarie (per esempio Croce Rossa, Programma alimentare mondiale, Mezzaluna Rossa) è importante, ma non basta. Spesso vengono elargiti aiuti ai paesi che non hanno regole sociali né una base di regole democratiche, per cui gli aiuti vanno dispersi o ne viene fatto un uso improprio. Dell’urgenza di aiuti nel continente africano ne abbiamo già parlato, sottolineando i drammi che ogni giorno devastano la vita di molti civili. Vogliamo dedicare all’Africa ancora qualche riga. In un comunicato la Caritas si sottolinea l'urgenza di lavorare per la pace nel continente africano: "Accanto al sostegno immediato, è necessario moltiplicare gli sforzi di animazione, formazione, informazione, sensibilizzazione per costruire la pace nel rispetto dei diritti umani fondamentali e ridare dignità e prospettive di futuro a milioni di persone schiacciate da interminabili conflitti"130. Padre Teresino Serra, superiore generale dei missionari comboniani – dice in un’intervista all’agenzia Misna – che "Un’altra Africa non solo è possibile, ma è certa: l’Africa è il futuro, è un gigante che si sta svegliando e ci farà vedere la sua grandezza. Per quanto riguarda l’Uganda, se le forze politiche volessero, la guerra finirebbe”. Parlando invece della Repubblica democratica del Congo, il missionario ricorda che "(…) Nel momento del pericolo, tante autorità sono scappate". Il Sud del mondo continua troppo spesso ad essere inascoltato, a rivolgere le proprie richieste di aiuto e di sostegno al Nord. Ma cosa dovrebbe fare di più, e di meglio, l’Occidente per rispondere a questo richiamo? "Innanzitutto darci una mano a smantellare certe politiche di ingiustizia e oppressione – risponde il prelato – e 129 A favore del continente Africano nel 2003 molte organizzazioni si sono date da fare con sostegni finanziari. Per fare un esempio la Caritas italiana ha impegnato oltre tre milioni di euro per progetti in 24 Paesi. In particolare per la catastrofe del Darfur, attraverso la rete internazionale Caritas, è stato avviato un programma che prevede prima assistenza, interventi igienico-sanitari e educativi a beneficio di 500.000 persone, per circa 14 milioni di euro. "Diversa ma non per questo meno importante è la tragica situazione che stanno vivendo le popolazioni del Nord Uganda in un territorio alla frontiera con il Sudan" prosegue il comunicato Caritas. "In questa zona dalla fine degli anni '80 un movimento ribelle tortura e uccide civili, rapisce bambini e bambine. Molti di essi – come ha ricordato il Papa - presi nella morsa della paura e privati di ogni futuro, si sentono costretti a fare i soldati". La Caritas in Uganda ha avviato quest'anno un programma triennale che prevede un impegno di 400.000 euro per la riabilitazione e il reintegro nella comunità e se possibile nella famiglia di origine, che sarà adeguatamente preparata e sostenuta, di circa 900 ex bambini soldato. Caritas Italiana contribuisce al programma ed in tutto il Paese sostiene circa 40 microprogetti di sviluppo per un ammontare complessivo di circa 200.000 Euro. 130 http://www.caritasitaliana.it. 94 poi aiutare la nostra presenza come missionari; l’aiuto deve essere fornito in modo intelligente e non paternalistico. Dal Nord mi aspetto che sappia guardare e ascoltare: per esempio, una cosa è parlare dell’Africa, un’altra è far parlare l’Africa. Per quanto riguarda l’informazione essa non deve essere (…) strappalacrime, con lo scopo di commuovere e attirare ‘Babbi Natale’ che offrano regali occasionali, ma diretta a formare e informare, ascoltando il grido dei sofferenti e aiutando a fermare la mano di chi fa piangere la nostra gente”131. I governi possono fare molto per aiutare questi popoli, si pensi al caso del processo di pace in Costa d'Avorio, che nei primi mesi del 2004 si è rimesso in moto. “Per uscire definitivamente dalla crisi il Paese ha bisogno dell'aiuto internazionale”, ha detto l’8/1/04 l'ambasciatore permanente della Costa d'Avorio alle Nazioni Unite, Philippe Djangone-Bi, di fronte al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Sul territorio ivoriano si trovano due forze di interposizione (per un totale di poco superiore ai cinquemila soldati): quella francese dell'operazione 'Licorne' e quella inviata dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas/Cedeao). Da tempo, sia il governo ivoriano sia l'Ecowas continuano a chiedere all'Onu di mettersi alla testa delle forze di pace già presenti, magari aumentandone il numero. Le parti si sono riunite a Yamoussoukro, sotto la supervisione dei mediatori e dei peacekeepers francesi e africani, per mettere a punto il Programma di disarmo, smobilitazione e reintegro che la comunità internazionale si è già impegnata a finanziare. E’ chiaro che i governi non possono fare nulla se non c’è la giusta collaborazione da parte degli oppositori, ed è proprio lì, nella capacità di mediazione, il punto focale per creare le condizioni di pace. I missionari, in questa funzione di mediazione, sono un punto di forza, ma i negoziati sono spesso lunghi perché difficilmente si riesce a trovare un accordo. Si pensi ancora alla Thailandia del Sud, dove dall’inizio dell’anno 2004, si susseguono attentati e omicidi che l’esercito attribuisce a gruppi separatisti islamici locali. Alcuni omicidi sono avvenuti all’indomani della visita del primo ministro Thaksin Shinawatra, recatosi nella zona per incoraggiare i locali a denunciare i responsabili delle violenze e per rassicurarli su nuovi aiuti dal governo centrale di Bangkok. Le tre province sono, infatti, tra le più povere della Thailandia, contraddistinte da un forte tasso di disoccupazione che determina anche un alto grado di criminalità comune; la popolazione locale accusa il governo di trascurare proditoriamente il sud a causa della sua diversità etnica e religiosa rispetto alla maggioranza della nazione buddista. Shinawatra ha promesso nuovi aiuti allo sviluppo e la 131 Misna, Superiore comboniani: lasciare in Africa una testimonianza d’amore, 31/072004, ore 1:20. 95 creazione di nuovi posti di lavoro; a questo scopo recentemente (metà 2004) la Thailandia ha stretto specifici accordi commerciali con la Malesia, coinvolta nel problema della violenza nelle regioni confinanti, allo scopo di migliorare le infrastrutture e i collegamenti, quindi i commerci, tra le due nazioni in quell’aerea. In Sierra Leone nel maggio del 2000 i ribelli del Ruf (fronte unito rivoluzionario) sequestrarono circa 500 caschi blu, mandando in fumo gli accordi di Lomé siglati un anno prima. Una follia che solo con un deciso intervento della comunità internazionale poteva fermare. Così è stato: nel 2002 è tornata la pace, grazie al processo di riconciliazione nazionale spinto dalle Nazioni Unite, nel quale sono stati coinvolti governo e ribelli. Altro caso in Colombia: a fine agosto 2004 si è appreso dalla Misna che, attraverso un’intervista rilasciata al settimanale ‘El Espectador’ di Bogotá, il capo ribelle Antonio García – al secolo Eliécer Chamorro – ha fatto sapere che i guerriglieri dell’Eln (Esercito di liberazione nazionale) risponderanno nei prossimi giorni alla proposta del governo colombiano di stabilire un "cessate il fuoco" e di concordare uno scambio tra prigionieri reclusi nelle carceri nazionali e persone sequestrate dai ribelli. Tuttavia, l’organizzazione guerrigliera ha fatto sapere all’esecutivo di Bogotá di ritenere “limitata” e “legata al vecchio schema” la proposta di avviare negoziati di pace lanciata dal governo del presidente Alvaro Uribe. Secondo García, la proposta del governo è “schiva”; inoltre, l’esecutivo “continua a essere monotematico, vuole azioni unilaterali mentre questo” della pacificazione con l’Eln “è un punto nodale che richiede bilateralità oltre alla formalità di un accordo. Non può essere semplicemente un’azione di volontà” ha detto il leader ribelle, dichiarando in conclusione di essere “sempre stato aperto” a un eventuale accordo con il governo. L’Eln, attivo dal 1965, conta oggi circa 5.000 combattenti tra le sue file. L’esempio delle Olimpiadi Per i greci, nell’antichità, i giochi olimpici comportavano la sospensione di qualsiasi conflitto ed erano ‘sport per la pace’, cui affluivano numerose persone da tutto il Paese. Oggi, nel 2004, la situazione si è ribaltata: si sono svolte le Olimpiadi con più numerosi casi accertati di ‘doping’ o di violazioni del regolamento antidoping, ovvero per il ricorso a droghe e farmaci da quando l’antidoping venne istituito a Città del Messico (1968). 23 casi, più due sospetti sottrattisi ai controlli, in pratica il doppio rispetto a Los Angeles (Usa 1984) che era finora il precedente peggiore. Talvolta sappiamo creare la pace titolava il 30 agosto 96 2004 la Repubblica parlando della cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Atene 2004: in uno stadio olimpico “Panathinaiko” stracolmo (sette mila persone), sono sfilati, uno accanto all’altro, tutti i popoli del mondo. Al centro del campo la scenografia mostrava un campo di grano (la fatica e lo stare insieme), al posto del mare di quella inaugurale (l’arrivo); una spiga rilucente per ognuno dei 10.500 atleti che hanno partecipato ai Giochi (parola che riconduce alla crescita morale e fisica dei giovani) di Atene 2004. Un campo fatto a spirale che è stato raccolto da decine di 'agricoltori' ballerini. Poi immagini della tradizione greca, compreso un camioncino che vendeva angurie, guidato da 'zingari', come accade nella realtà. Un inno alla Grecia certamente nell’edizione XXVIII dei Giochi, ma anche un messaggio di pace: “Chi si disinteressa allo sport lo fa – scrive Michele Serra nell’articolo sopra citato –, in genere, perché lo considera una fuga dalla realtà, circensi per distrarre il popolo. Esattamente al contrario, queste Olimpiadi sono sembrate un consolante e a tratti nobile ancoraggio alla concreta e pacifica sostanza delle pratiche umane, del sudore e del talento, delle tecniche e del felice sforzo di realizzazione degli individui. Era la realtà, piuttosto, a fuggire, lungo le orride vie della stupidità bellica, dell'odio razzista e della pazzia terrorista: con quei video atroci di ostaggi innocenti, esposti come trofei sotto qualche insegna assassina”132. Il gesto umano più bello delle Olimpiadi c’è stato il 20 agosto sulla pista del “Panathinaiko”, dove la nuova promessa del mezzofondo, l’etiope Kenenisa Bekele, capace di polverizzare i record mondiali dei 5.000 metri e della distanza doppia in pochi giorni, a un certo punto ha deciso insieme a un compagno di squadra non di bruciare un altro primato, per lui fin troppo facile, ma addirittura di rallentare per 'attendere' il connazionale Haile Gebrselasie, per 10 anni signore incontrastato di questa disciplina. ‘Gebre’, nella cerimonia d’addio agonistico, non poteva reggere il ritmo dei due compagni battistrada perché reduce da un recente infortunio. Poi un'unica cavalcata mozzafiato verso il traguardo. Nella sfida tra i figli degli altopiani della Rift Valley, gli africani si sono anche permessi di doppiare l’unico americano in gara, ribaltando rapporti di forza come solo nello sport può succedere. Nell’allungo stellare di Bekele e nella sua solitaria fuga verso l’alloro, è parso di cogliere il senso puro della sfida Olimpica, in netto contrasto con l’Olimpiade blindata e dopata che dopo un secolo ritorna laddove era rinata in epoca moderna. Dai tetti, da un dirigibile spione di tutte le comunicazioni – scrive la Misna –, dai meticolosi controlli di sicurezza negli alberghi e nei luoghi pubblici si colgono i segnali della presenza oppressiva di una moderna Sparta. La nobiltà del gesto, sottolineata dall'’andatura impeccabile di questo nuovo signore 132 M. Serra, Talvolta sappiamo creare la pace, la Repubblica, lunedì 30 agosto 2004, p. 1 e 52. 97 dei 10.000, non poteva certo annullare i missili ‘Patriot’ piazzati sui tetti degli edifici della capitale ateniese. Ma ha contribuito a smascherarne la tragica eppure grottesca violenza133. L’uccisione di un missionario (Parte 1) Padre Raffaele Di Bari, comboniano, è stato ucciso l’1/10/2000 alle 12:00 ora locale, dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) nel nord Uganda. Lo ha riferito alla MISNA padre Venanzio Milani, vicario generale della congregazione missionaria. Padre Di Bari, 71 anni, è stato aggredito dai ribelli mentre stava raggiungendo la sua missione di Pajule dopo aver celebrato la santa messa nella cappella di Acholi bur, una località 20 chilometri a sud della città di Kitgum. Nell’agguato, la sua macchina è stata data alle fiamme. Il missionario, originario di Barletta (Bari) e in Uganda dal 1959 si era particolarmente distinto nel denunciare pubblicamente le vessazioni perpetrare dai ribelli dello Lra. Già alcuni giorni fa aveva riferito telefonicamente alla MISNA d’essere sfuggito ad un agguato dei ribelli che da più di un decennio terrorizzano l'Uganda settentrionale, particolarmente le popolazioni dei distretti di Gulu e Kitgum. (…) Sono giunti nuovi particolari alla nostra redazione sulla morte di padre Raffaele Di Bari, comboniano, ucciso stamani dai ribelli dell’Esercito di Resistenza del Signore (Lra) nel nord Uganda. L’aggressione è avvenuta alle 10:30 ora locale e non alle 12:00 come riferito in un primo momento. Il missionario viaggiava dalla missione di Pajule (40 chilometri a sud di Kitgum) verso Acholi bur, un piccolo centro 20 chilometri a sud di Kitgum dove sorge una piccola chiesa. Padre Di Bari aveva in programma di celebrare ad Acholi bur l’eucaristia ed alcuni battesimi alle 11:00. Prima che giungesse a destinazione, il veicolo è stato investito da alcuni colpi d’arma da fuoco e il religioso è morto all’istante. A bordo della macchina si trovavano anche una suora ed un catechista che miracolosamente sono riusciti a fuggire. Il veicolo si è poi incendiato, pare in seguito all’esplosione del serbatoio. Padre Di Bari, originario di Barletta (Bari) e in Uganda dal 1959, si era particolarmente distinto nel denunciare pubblicamente le vessazioni perpetrate dai ribelli dello Lra. Già alcuni giorni fa aveva riferito telefonicamente alla MISNA d’essere sfuggito ad un agguato dei ribelli che da più di un decennio terrorizzano l'Uganda settentrionale, particolarmente le popolazioni dei distretti di Gulu e Kitgum. “In tanti anni d’Africa, la missione più grande che abbia mai ricevuto dal Signore è stata quella di dare voce a questa gente, denunciando le 133 Misna, Grecia – Olimpiadi: rara istantanea umana dal sud del mondo, 21/08/04 , ore 8:58. 98 atrocità che i ribelli commettono, quasi quotidianamente, contro donne, vecchi e bambini” aveva detto telefonicamente al direttore della nostra agenzia giovedì scorso. L’Esercito di resistenza del Signore, in questi anni ha sequestrato migliaia di bambini costringendoli forzatamente ad arruolarsi nelle proprie file. L’uccisione di padre Di Bari è avvenuta nella stessa località dove, 10 anni fa, i ribelli uccisero un altro suo confratello, padre Egidio Biscaro. “Questa morte è il coronamento di una dedizione profetica alla causa degli indifesi del nord Uganda – ha commentato alla MISNA padre Guido Oliana, superiore provinciale dei comboniani in Uganda. (CO)134 (Parte 2) Sono trascorse ancora poche ore dalla morte in Uganda di padre Raffaele Di Bari e il dolore per la sua scomparsa è davvero grande. Come dimenticare un uomo coraggioso come lui, capace di rischiarare quotidianamente la vita al fianco di un popolo dimenticato da tutto e da tutti. Viveva in una terra nella quale la guerriglia dell'Esercito di Resistenza del Signore (Lra), da ormai più di un decennio, ha seminato morte e distruzione. Ma lui non è mai fuggito. "Era un uomo che stava dalla parte dei poveri perché in loro riconosceva il Cristo crocefisso" commenta padre Carlos Rodriguez Soto, missionario comboniano, grande amico di padre Raffaele. "Ciò che mi ha sempre colpito in lui - aggiunge con tono commosso - è stata la grande capacità di discernimento nel leggere il dramma della popolazione Acholi. Aveva capito che l'impegno pastorale e sociale non potevano bastare da soli a vivere la missione. Per essere solidali con i poveri occorreva gridare il loro dramma al mondo. È così che mi spiego il suo impegno nel denunciare, attraverso la MISNA, le vessazioni perpetrate dai ribelli". Ma chi sono questi fanatici che uccidono senza pietà? Combattono col rosario appeso al collo e lo recitano cento volte al giorno. Dicono di combattere nel nome di Dio e predicano il terrore. Molti di loro sono bambini, sequestrati nei villaggi e costretti a combattere per salvare la pelle. Il loro leader, Joseph Kony è un pazzo visionario al soldo del governo sudanese. "Il manifesto del movimento è un'alchimia di religione e follia" spiega padre Tarcisio Pazzaglia, fino a pochi mesi fa superiore della comunità di Pajule, dove viveva padre Raffaele. Nato a Odek, vicino alla cittadina di Opit, il capo dei ribelli manifestò sin da piccolo segni di grave squilibrio. La verità è che negli anni il suo stato mentale è andato degenerando. La strategia degli "olum" (così vengono chiamati i ribelli in lingua Acholi) consiste nel saccheggiare i centri abitati, uccidere senza pietà e sequestrare minori, prevalentemente dagli 8 ai 16 anni. L'esercito ugandese, che tanto zelo ha profuso nel combattere nel vicino Congo, non è mai 134 (Misna), Uganda – Ucciso missionario comboniano, 1/10/00, ore 14:04. 99 riuscito a sconfiggere i ribelli di Kony, in tutto il corso degli anni '90. L'opposizione politica interna sostiene che al presidente ugandese Yoweri Museveni stia bene così. Dopotutto i suoi avversari di un tempo, quando anche lui faceva il guerrigliero, erano proprio gli Acholi. La guerra nel nord, dunque, servirebbe a tenerli lontani da Kampala. Una cosa è certa: ieri, sulla strada tra Pajule e Acholi bur i soldati non c'erano e i ribelli l'hanno fatta da padrone. "Ci auguriamo davvero che il sacrificio di padre Raffaele serva a richiamare l'attenzione dei mass media sul dramma del nord Uganda" ha commentato padre Rodriguez. Dopotutto, padre Raffaele è una delle tante vittime di una guerra dove a pagare il prezzo più alto sono i civili. Tutti sanno (anche al Palazzo di Vetro!) che qualcuno, oltre confine, in Sudan, li sostiene. (GA)135 Diritti umani: rapporto 2003 di Amnesty International AFRICA - Nonostante la tregua raggiunta nel dicembre 2002 tra le forze governative del Burundi e l'opposizione del Consiglio nazionale per la difesa della democrazia - Forze per la difesa della democrazia (Cndd-Fdd), le ostilità sono riprese in varie parti del paese, in particolare nella zona centrale attorno a Gitega e nell'area del confine sud-orientale intorno a Ruyigi e si sono intensificate nella capitale Bujumbura. Sono pervenuti nuovi rapporti su uccisioni di civili inermi da parte delle forze armate e su uccisioni illegali e saccheggi ad opera del Cndd-Fdd e tutto ciò ha aggravato una situazione umanitaria già critica. Decine di migliaia di persone sarebbero state costrette a lasciare le zone dei combattimenti e non avrebbero accesso agli aiuti umanitari. A gennaio è stato registrato un nuovo passo indietro nella campagna per portare davanti alla giustizia i militari responsabili del massacro di un numero compreso tra 173 e 267 civili inermi assassinati a Itaba, nella provincia di Gitega, il 9 settembre 2002. Sebbene l'esercito del Burundi abbia ammesso le uccisioni, le autorità giudiziarie hanno fatto cadere l'accusa di omicidio sostituendola con due accuse di minore entità: mancanza di pubblica solidarietà e violazione delle consegne militari. Gli imputati sono stati assolti anche dalla prima accusa e sono stati giudicati colpevoli di non aver seguito gli ordini assegnati: ovvero, avevano sbagliato nel riferire sulla situazione e, anche se avessero ricevuto l'ordine di aprire il fuoco su dei combattenti, avrebbe dovuto essere loro chiaro che stavano sparando sulla popolazione civile inerme. Sono stati condannati a quattro mesi di carcere e rilasciati. In 135 (Misna), Uganda – Padre Raffaele, grazie per quello che hai dato alla tua gente!, 2/10/00, ore 00:44. 100 Costa d'Avorio, la guerra civile causata dalla sommossa del 19 settembre 2002 ad opera di elementi armati originariamente appartenenti alle Forze armate nazionali della Costa d'Avorio, ha lasciato lentamente il passo a una soluzione negoziale, con la firma a Parigi, il 29 gennaio 2003, degli accordi di Linas-Marcoussis, che hanno l'obiettivo di favorire una soluzione politica del conflitto. Gli scontri continuano tuttavia a imperversare nella regione occidentale. Dall'inizio del conflitto, più di un milione di persone risultano sfollate. I rifugiati della Liberia, identificati in modo indiscriminato con l'opposizione armata della Costa d'Avorio, continuano a rischiare la vita poiché sono rimasti coinvolti nella violenza che ha scosso quest'ultimo paese. In Liberia, le ostilità tra le forze governative del presidente Charles Taylor e l'opposizione armata dei Liberiani uniti per la riconciliazione e la democrazia (Lurd) si sono intensificate estendendosi ad aree precedentemente non toccate dal conflitto. La crisi umanitaria e dei diritti umani, già grave, è ulteriormente peggiorata. L'emergere di un altro gruppo armato, distinto dal Lurd, nell'est e nel sud del paese ha non solo ampliato la minaccia per i civili liberiani e per i rifugiati di altre nazionalità che fuggono dal conflitto in Costa d'Avorio, ma ha anche complicato il già difficile tentativo di risolvere il conflitto e fermare gli abusi dei diritti umani. Il peggioramento delle condizioni di sicurezza sta avendo un costo terribile: ampie perdite di vite umane, distruzioni di proprietà e sfollamento massiccio della popolazione. I rifugiati e i profughi interni sono particolarmente vulnerabili poiché i loro campi vengono deliberatamente attaccati. Il reclutamento forzato, anche di bambini minori di 18 anni, da parte sia del governo che dei gruppi armati di opposizione, è dilagante. L'accesso alle agenzie di aiuto umanitario, il cui personale è stato a sua volta attaccato e ucciso, è fortemente limitato. L'allargamento dei combattimenti in tutto il paese sta impedendo la fornitura di aiuti umanitari in 11 delle 15 regioni della Liberia. Nella Repubblica Democratica del Congo sono state eseguite le condanne a morte di alcuni dei 30 imputati accusati di essere stati coinvolti nell'assassinio del presidente Laurent-Desiré Kabila, avvenuto nel gennaio 2001. Il processo si è tenuto di fronte alla Corte per l'ordine militare, le cui procedure non rispettano gli standard internazionali sul giusto processo. Alcune ore prima dell'emissione delle condanne a morte, 15 persone sono state fucilate in segreto: si è trattato delle prime esecuzioni avvenute nel paese dal dicembre 2000. All'inizio dell'anno sono pervenute notizie riguardanti uccisioni di civili compiute alla fine del 2002 ad opera del Movimento di liberazione del Congo e del Raggruppamento congolese per la democrazia - Nazionale. L'episodio si è verificato nella provincia di Ituri, nel nord-est del paese. All'inizio di aprile 101 nella stessa zona, a Drodro, centinaia di civili per lo più privi estranei ai combattimenti appartenenti all'etnia Hema sono stati uccisi da uomini armati del gruppo etnico Lendu. Dalla regione di Kivu continuano a giungere denunce di ulteriori uccisioni e altri abusi dei diritti umani, tra cui stupri, da parte dei gruppi armati e delle forze del governo del Ruanda. Nella Repubblica Centroafricana, in uno scenario contrassegnato da uccisioni illegali, torture e stupri, in particolare ad opera dei combattenti che sostengono il presidente Ange-Félix Patassé, l'ex capo di stato maggiore Francois Bozizé ha preso il potere nel mese di marzo. Nello Zimbawe vi è stata un'intensificazione del ciclo di intimidazioni, arresti arbitrari, detenzioni e torture nei confronti dei difensori dei diritti umani, dei parlamentari di opposizione e di coloro che esprimono pacificamente le proprie opinioni o criticano la politica governativa. Sebbene alcuni degli arrestati siano stati rilasciati, molti rimangono ancora in prigione e di altri non è noto il luogo di detenzione. AMERICHE - Nei loro sforzi per identificare i responsabili degli attacchi dell'11 settembre 2001 e nel contesto della "guerra contro il terrorismo", gli Usa hanno continuato a violare i diritti umani fondamentali di più di 600 prigionieri detenuti nella base navale di Guantanamo Bay, a Cuba. Fonti militari statunitensi hanno ammesso la detenzione di bambini di età inferiore a 16 anni per interrogarli in quanto "combattenti nemici". Amnesty International ha chiesto il loro immediato rilascio, definendo la loro detenzione "particolarmente ripugnante". Il continuo limbo legale nel quale sono tenuti tutti i prigionieri di Guantanamo, che non stati riconosciuti dagli Usa come prigionieri di guerra e ai quali non è concessa alcuna possibilità di contestare la legalità della loro detenzione davanti a una corte, è esso stesso una violazione del diritto internazionale. Ponendo questi prigionieri in un "buco nero legale", l'amministrazione statunitense sembra continuare a favorire un mondo in cui forme di detenzione arbitraria che non possono essere contrastate sul piano legale diventino una prassi accettabile. In Colombia, a febbraio, il governo del presidente Álvaro Uribe ha esteso per oltre tre mesi lo stato di emergenza dichiarato nell'agosto del 2002. Il governo sta anche procedendo con una serie di misure che potrebbero esacerbare il già grave problema dell'impunità nel paese. A gennaio è stato emanato il decreto 128 che darà al governo il potere effettivo di amnistiare e graziare guerriglieri e paramilitari accusati di violazioni dei diritti umani. Ad aprile, il governo ha ultimato la stesura di un disegno di legge, che presto sarà presentato al Congresso, che trasferisce in modo permanente alle forze armate i poteri di polizia giudiziaria. Questo pregiudicherà fortemente la difesa dei diritti umani poiché ridurrà la possibilità di indagini esaurienti e imparziali sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle 102 forze di sicurezza con o senza i loro alleati paramilitari. Negli ultimi quattro mesi si è anche verificato un aumento degli attacchi contro i civili, in violazione del diritto internazionale umanitario. Il 7 febbraio un'autobomba è esplosa all'ingresso del club "El Nogal" di Bogotà, uccidendo 36 persone e ferendone 170. Il governo della Giamaica sembra ignorare le possibili nuove prove di esecuzioni extragiudiziali scoperte da una delegazione di Amnesty International che ha visitato l'isola nel marzo 2003, in merito all'uccisione dei cosiddetti "Sette di Breaton". Le prove sembrano dimostrare in modo schiacciante che i sette ragazzi sono stati vittime di esecuzioni extragiudiziali da parte della polizia. Le autorità giamaicane continuano a non voler prendere in considerazione le richieste di giustizia dei parenti dei sette ragazzi. Con una mossa che ha segnato un enorme passo indietro per i diritti umani a Cuba, almeno 33 dissidenti arrestati a marzo in un giro di vite contro l'opposizione sono stati condannati a periodi di detenzione incredibilmente lunghi, fino anche a 28 anni. Ad aprile, in un altro attacco ai diritti umani, le autorità cubane hanno messo fine a tre anni di moratoria sulle esecuzioni mandando tre uomini davanti al plotone d'esecuzione. I tre prigionieri fucilati facevano parte di un gruppo che il 2 aprile aveva dirottato una nave cubana con decine di passeggeri a bordo e aveva cercato di dirigerla con la forza verso gli Stati Uniti. Essi hanno avuto un processo sommario e i loro appelli alla Corte Suprema e al Consiglio di Stato sono stati esaminati in maniera frettolosa e inadeguata. Sono stati fucilati meno di una settimana dopo l'inizio del processo. Facendo immediatamente seguito all'ondata di arresti e processi sommari nei confronti dei dissidenti, queste esecuzioni segnano una grave erosione della situazione dei diritti umani a Cuba. La polarizzazione politica in Venezuela ha minacciato di dare luogo a violenze su vasta scala. La tensione è salita particolarmente durante i 63 giorni di sciopero nazionale, terminato a febbraio, che era stato convocato dall'opposizione nel tentativo di rovesciare il presidente Chávez. Ad un anno dal fallimento del colpo di stato dell'aprile 2002, quando più di 50 persone avevano perso la vita e altre centinaia erano state ferite, il governo del Venezuela e l'opposizione ancora non sanno riconoscere le proprie responsabilità nella tragedia e garantire che i responsabili saranno portati davanti alla giustizia. Amnesty International ha espresso preoccupazione per il fatto che il proscioglimento dall'accusa di omicidio di coloro che erano stati accusati di aver sparato dal Puente Llaguno, e l'assenza di incriminazioni nei confronti della Polizia Metropolitana, implicata nelle morti e nei ferimenti dell'11 aprile 2002, abbiano dato ulteriore dimostrazione della debolezza delle indagini ufficiali. Tutto questo accresce anche i timori circa la capacità dello stato di perseguire effettivamente tutti i responsabili di 103 questi episodi. Il nuovo governo di Luiz Inácio da Lula si è insediato in Brasile a gennaio. Il continuo e drammatico aumento della violenza in città come San Paolo e Rio de Janeiro ha generato preoccupazione circa la sicurezza pubblica e i meccanismi che è necessario attuare per garantire il rispetto dei diritti umani e la sicurezza di tutta la popolazione del Brasile. Amnesty International è in attesa di vedere quali passi concreti il nuovo governo intenderà intraprendere per attuare una forte politica sui diritti umani. In Cile l'ex generale Manuel Contreras, capo della polizia segreta sotto il generale Augusto Pinochet, è stato condannato in aprile a 15 anni di carcere per la "sparizione" di Carlos Sandoval, avvenuta durante il regime militare. Una rivolta carceraria ha avuto luogo il 5 aprile a El Porvenir, La Ceiba, in Honduras: sono state uccise 69 persone, tra cui 59 membri delle maras (bande giovanili), altri sei prigionieri, tre visitatrici e un poliziotto. Amnesty International ha scritto al ministro della Sicurezza esprimendo la propria preoccupazione riguardo all'episodio e all'alto numero di membri delle maras uccisi (essi costituiscono solo un quinto della popolazione carceraria). L'organizzazione ha anche chiesto l'avvio di un'indagine indipendente e completa e ha espresso preoccupazione per le notizie riguardanti la presenza di bambini tra la popolazione carceraria adulta. In Guatemala si sta verificando un'ondata crescente di intimidazioni, ostilità e violenze contro la popolazione indigena, sia nella capitale che nelle zone rurali. Ad aprile Amnesty International ha chiesto al governo del Guatemala di adottare misure urgenti e concrete per porre fine agli abusi dei diritti umani, comprese le esecuzioni extragiudiziali, contro la popolazione indigena del paese. ASIA E PACIFICO - L'anno è cominciato in Cina con sette esecuzioni durante un'adunata pubblica nella città meridionale di Sanya, noto centro turistico dell'isola di Hainan. Il numero delle esecuzioni è drammaticamente cresciuto all'inizio di febbraio, alla vigilia del Capodanno cinese. Il 29 gennaio il governo del Nepal e i dirigenti del Partito comunista del Nepal (maoista) hanno annunciato il cessate il fuoco. Amnesty International ha spinto entrambe le parti a fare dei diritti umani una parte integrante dell'agenda per i negoziati di pace. A febbraio Amnesty International ha fatto la sua prima visita in Myanmar. La delegazione ha incontrato esponenti del governo militare, Daw Aung San Suu Kyi, Segretaria Generale della Lega nazionale per la democrazia ( Lnd), altri militanti della Lnd, diplomatici e rappresentanti della comunità internazionale. I delegati hanno visitato anche le strutture carcerarie, inclusa la prigione Insein nella capitale Yangon e il punto di guardia presso l'ospedale generale di Yangon. L'organizzazione spera di tornare nel paese alla fine dell'anno. In aprile Amnesty International ha espresso apprezzamento per alcuni limitati passi 104 avanti nella situazione dei diritti umani, ma allo stesso tempo si è rammaricata per l'assenza di ulteriori miglioramenti. Il governo ha comunicato all'organizzazione che i prigionieri politici hanno ora accesso a materiale di lettura e a contatti sociali, ciò che rappresenta uno sviluppo positivo. Tuttavia, oltre 1.200 prigionieri politici si trovano ancora in carcere e la frequenza delle scarcerazioni è molto rallentata negli ultimi mesi. Il 21 marzo, Amnesty International ha pubblicato un rapporto intitolato "La ricostituzione delle forze di polizia è essenziale per i diritti umani", in cui chiede alla comunità internazionale di aiutare la ricostituzione delle forze di polizia in Afghanistan. L'organizzazione ha accolto positivamente la recente ratifica, da parte di questo paese, della Convenzione delle Nazioni Unite sull'eliminazione della discriminazione contro le donne. In Cambogia due giornalisti sono stati arrestati nel tentativo di mettere a tacere la loro libertà di parola. In Tailandia il governo ha dichiarato "guerra alla droga". Questa iniziativa viene attuata mediante la politica dello "spara per uccidere", con cui la polizia uccide chiunque sia ritenuto coinvolto nel traffico di stupefacenti. Dall'inizio dell'anno, almeno 600 persone sono state uccise a colpi d'arma da fuoco. Le autorità sostengono che solo 15 di esse sono state uccise dalle forze di sicurezza, mentre le altre sarebbero state colpite nel corso delle sparatorie tra i trafficanti di droga. Le autorità non permettono ai patologi di effettuare autopsie e, a quanto pare, le pallottole vengono rimosse dai cadaveri. Il 27 febbraio, nell'anniversario del massacro nel quale furono uccise più di 2.000 persone nello stato di Gujarat, in India, Amnesty International ha denunciato la continua violazione dei diritti costituzionali, e in particolare del diritto al risarcimento. Il 23 marzo nello stato di Jammu e Kashmir 24 persone, tra cui 11 donne e due bambini - tutte appartenenti alla comunità Kashmir Pandit - sono state uccise da uomini armato non identificati. Amnesty International ha condannato le uccisioni e ha chiesto l'apertura di un'indagine. EUROPA E ASIA CENTRALE - In Turchia il Partito della giustizia e dello sviluppo (Akp) è stato eletto a formare il nuovo governo il 3 novembre 2002. Recep Tayyip Erdogan, leader dell'Akp e ex prigioniero di coscienza adottato da Amnesty International, è stato eletto al Parlamento nel marzo 2003 e poco dopo è divenuto primo ministro. In precedenza non aveva potuto ricoprire l'incarico per via di una legge che gli proibiva di sedere in parlamento a causa di una trascorsa condanna per "incitamento all'odio religioso", inflittagli per aver recitato un poema durante un intervento politico pubblico, nel 1999, quando era sindaco di Istanbul. A febbraio, Amnesty International ha pubblicato un nuovo rapporto in cui si denuncia come in Turchia le donne in stato di detenzione rischiano di essere vittime di violenza sessuale, da parte degli agenti delle forze di sicurezza. Alcune donne sono 105 particolarmente a rischio, specialmente quelle di origine curda e coloro che professano idee politiche inaccettabili per le autorità o per i militari. I soci di Amnesty International si sono impegnati in un'azione per porre fine alla violenza sessuale contro le donne. A marzo, Amnesty International ha diffuso un rapporto che evidenzia i problemi che devono affrontare le minoranze etniche nella Federazione Russa, come detenzioni arbitrarie e maltrattamenti. Il rapporto denuncia poi la situazione dei cittadini delle altre repubbliche ex sovietiche, cui viene negato il diritto legale alla cittadinanza russa, e gli attacchi razzisti contro richiedenti asilo e rifugiati, che subiscono ulteriori difficoltà poiché i loro documenti non sono ritenuti validi dalla polizia. Il 23 dicembre Grigory Pasko, inviato di un giornale della Flotta russa del Pacifico, è stato rilasciato con la condizionale: era stato arrestato per la prima volta nel 1997, per aver trasmesso informazioni ritenute riservate ai media giapponesi; due anni dopo era stato prosciolto dalle accuse di spionaggio. Tuttavia, nel dicembre del 2001, era stato condannato a quattro anni di carcere per tradimento e spionaggio. Alla luce di questo, Amnesty International e altre organizzazioni non governative hanno reiterato la richiesta alle autorità del Regno Unito di iniziare subito un'indagine approfondita, pubblica, internazionale, indipendente e imparziale, sulle circostanze dell'uccisione di Finucane. Il 3 aprile Serbia e Montenegro sono diventate il 45° stato membro del Consiglio d'Europa. In precedenza, il 12 marzo, il primo ministro Zoran Djindic era stato assassinato, spingendo le autorità a imporre lo stato di emergenza. Amnesty International ha espresso preoccupazione per il fatto che, in base a questo provvedimento, persone sospettate di aver commesso un reato potrebbero essere trattenute per oltre 30 giorni senza accesso a un avvocato, e ciò potrebbe dar luogo a torture e maltrattamenti da parte della polizia, data la larga diffusione di queste pratiche durante il periodo di detenzione in incommunicado. Centinaia di persone rimangono in stato di detenzione in relazione alle indagini sull'omicidio, che il governo ha attribuito a gruppi del crimine organizzato. In Spagna il 20 febbraio Euskaldunon Egunkaria, l'unico giornale scritto interamente in basco, è stato chiuso come misura "precauzionale" e dieci persone (responsabili editoriali, giornalisti ed altri) sono state arrestate sulla base della legislazione anti-terrorismo su ordine di un giudice della Corte nazionale per accuse relative al gruppo armato Eta. A marzo il governo ha annunciato che stava avviando un'azione legale contro quattro direttori del giornale per "aver mosso accuse false" di tortura contro la Guardia civile. Amnesty International ha scritto alle autorità spagnole dopo aver ricevuto la notizia che Martxelo Otamendi (uno dei direttori del giornale) e altri detenuti erano stati sottoposti a forme di tortura come la "bolsa" (soffocamento in una busta di plastica), esercizi fisici snervanti, 106 minacce e simulazioni di esecuzioni. L'organizzazione ha chiesto un'indagine imparziale e completa, a prescindere se sia stata sporta una formale denuncia di tortura. Amnesty International, che si oppone all'uso della detenzione in incommunicado poiché essa facilita la tortura, è anche profondamente preoccupata per le inquietanti nuove proposte legislative volte ad estendere il regime di incommunicado. A febbraio è emerso che il vice direttore della polizia di Francoforte, in Germania, aveva ordinato ai suoi uomini di usare la forza contro un sospetto criminale ritenuto coinvolto nel rapimento di un ragazzo di 11 anni a scopo di riscatto, con l'obiettivo di estorcere informazioni riguardanti il luogo di prigionia del sequestrato. Mentre era nelle mani della polizia, il sospetto è stato minacciato di atti di forza nei suoi confronti. Amnesty International è preoccupata per il fatto che, a dispetto del netto, assoluto e inderogabile divieto di torture e maltrattamenti previsto dalla Costituzione tedesca e anche dalle leggi nazionali e dal diritto internazionale, un pubblico ufficiale possa aver deciso di ricorrere all'uso o alla minaccia della tortura. Amnesty International ha chiesto alle autorità di indagare su questo episodio. In Bielorussia, almeno 50 manifestanti pacifici sono stati arrestati nella capitale Minsk il 23 marzo, durante una manifestazione non autorizzata, organizzata per protestare contro il governo del presidente Lukashenka e in coincidenza con l'anniversario della nascita della prima Repubblica di Bielorussia. Alcuni partecipanti sono stati condannati a periodi dai 5 ai 15 giorni di carcere e altri avrebbero ricevuto richiami ufficiali e multe. In Turkmenistan, Amnesty International ha criticato la condanna a tre anni inflitta il 4 marzo a Farid Tukhbatullin. Era stato giudicato colpevole di aver attraversato illegalmente il confine tra Uzbekistan e Turkmenistan e di nascondere un grave atto criminale. Stava tornando da una conferenza internazionale dedicata a questioni quali la libertà d'espressione e i diritti dei bambini. Il suo processo non ha rispettato gli standard internazionali in materia di giusto processo e Amnesty International lo ha adottato come prigioniero di coscienza. Farid Tukhbatullin è stato liberato all'inizio di aprile. All'indomani dell'inizio della guerra in Iraq, in alcuni paesi europei c'è stata una violenta reazione contro i diritti umani. In Belgio, all'inizio di marzo, più di 450 manifestanti contro la guerra sono stati posti agli arresti amministrativi, una forma di detenzione "preventiva" che può durare fino a 12 ore. Nel Regno Unito, l'Atto sul terrorismo del 2000 è stato applicato in alcune aree per concedere alla polizia poteri speciali di "fermo e perquisizione" nei confronti di persone senza alcun ragionevole sospetto. Nel corso di una serie di proteste organizzate in Grecia, la polizia si è resa responsabile di maltrattamenti nei confronti dei manifestanti. Il 21 marzo ad Atene 23 persone sono state arrestate dalla polizia e decine di altre sono state trattenute per brevi 107 periodi di tempo dopo che, durante una manifestazione contro la guerra, erano stati danneggiati alcuni palazzi. Al termine della manifestazione la polizia anti-sommossa ha picchiato un gruppo di immigrati iracheni, portando via 38 di essi per controllare la loro identità. Nell'Unione Europea, Danimarca, Norvegia, Svizzera e Regno Unito hanno sospeso ogni decisione sulle richieste di asilo presentate da cittadini iracheni. MEDIO ORIENTE E AFRICA SETTENTRIONALE - Il conflitto in Iraq ha avuto vaste implicazioni per i diritti umani poiché molti governi hanno usato l'ombra della guerra per giustificare o nascondere le violazioni dei diritti umani. La libertà d'espressione è risultata minacciata in modo crescente, con ampi giri di vite nei confronti dei manifestanti contrari alla guerra. In diversi paesi, ma soprattutto in Egitto, Giordania e Yemen, le autorità hanno tentato di impedire la partecipazione alle manifestazioni, attraverso intimidazioni e arresti arbitrari. In molti paesi la polizia ha reagito alle manifestazioni ricorrendo all'uso eccessivo della forza: nello Yemen ciò ha provocato diversi morti e molti feriti, mentre in Egitto centinaia di attivisti contro la guerra sono stati arrestati e molti di loro sarebbero stati torturati nel corso della detenzione. Mentre i riflettori erano puntati sull'Iraq, gli abusi dei diritti umani sono proseguiti in tutta la regione. La media delle persone uccise nel conflitto interno in Algeria è risultata di quasi 100 persone al mese, mentre vi sono stati arresti arbitrari e torture in Tunisia e denunce di detenzioni segrete e torture in Marocco. Le violazioni dei diritti umani sono proseguite senza soluzione di continuità in Israele / Territori Occupati. All'inizio dell'anno l'esercito israeliano ha ripreso il controllo della maggior parte delle aree sotto la giurisdizione dell'Autorità Palestinese e ha imposto una completa e prolungata chiusura e un coprifuoco di dimensioni senza precedenti nei Territori Occupati. La maggior parte delle città e dei villaggi palestinesi sono stati isolati gli uni dagli altri per gran parte del periodo coperto da questo aggiornamento e il prolungato coprifuoco continua ad essere imposto nei maggiori centri abitati e in altri luoghi. Queste misure radicali di punizione collettiva colpiscono milioni di palestinesi, ai quali continua a essere negato o severamente limitato l'accesso al lavoro, all'educazione e all'assistenza medica. Questo ha generato il collasso complessivo dell'economia palestinese. La disoccupazione è aumentata vertiginosamente e oltre metà della popolazione palestinese sta attualmente vivendo sotto la soglia di povertà. La situazione in Iraq continua ad essere caratterizzata da grande incertezza. Il governo iracheno e le agenzie governative sono crollati ma non è ancora stata costituita alcuna autorità alternativa. I saccheggi e le violenze sono assai diffusi e in alcune aree la popolazione - compresa quella sotto la protezione delle Nazioni Unite - è stata costretta alla fuga. Ad oltre 1.000 persone, per lo più curdi iraniani provenienti dal campo profughi di Al108 Tash (gestito dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), non è stato permesso di entrare in Giordania: essi sono attualmente fermi nella zona neutrale tra Giordania e Iraq. La durata della presenza militare angloamericana rimane sconosciuta, le prospettive di una effettiva autorità di transizione non sono chiare e sussistono disaccordi sul ruolo che dovrà essere assunto dalle Nazioni Unite. La più difficile sfida per l'Iraq deve ancora arrivare: assicurare che i diritti umani giocheranno un ruolo centrale nel futuro del paese. Affrontare l'impunità per le passate violazioni, accertare le responsabilità per le violazioni del diritto internazionale umanitario durante la guerra, costruire un sistema giudiziario equo ed efficace, garantire il rispetto dei diritti umani di tutti senza discriminazioni sul piano religioso, etnico o di genere, e insistere affinché la popolazione irachena stessa guidi questo processo: tutto questo avrà un'importanza fondamentale136. 136 http://www.amnesty.it/ 109 Bibliografia Altheide D., Creare la realtà. I telegiornali in America: selezione e trattamento delle notizie, Eri-Rai, Torino, 1985. Abruzzese A. e Dal Lago A., Dall’argilla alle reti. Introduzione alle scienze della comunicazione, Costa & Nolan, Ancona-Milano, 1999. Abruzzese A. e Miconi A., Zapping. Sociologia dell’esperienza televisiva, Liguori, Napoli, 1999. 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