Thesis Reference - Archive ouverte UNIGE

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Thesis Reference - Archive ouverte UNIGE
Thesis
Ruolo di SecG nel trasporto proteico in Escherichia coli e studio di
una proteina sconosciuta del fago T4
PLAIA, Giuseppe
Abstract
La translocation des protéines chez les procaryotes, comme chez les eucaryotes, est définie
comme un transport à travers une membrane lipidique. Dans les deux cas, il existe différents
mécanismes de transport ATP-dépendants. Chez les eucaryotes, les protéines sont
synthétisées vers la lumière du réticulum endoplasmique et destinées à être exportées à
l'extérieur ou à s'intégrer dans une membrane cellulaire. Chez les procaryotes, les protéines
sont exportées du cytoplasme vers le périplasme, c'est-à-dire dans l'espace compris entre la
membrane interne et la membrane externe, ou elles s'intègrent dans la membrane interne. Du
périplasme, les protéines rejoignent ensuite leur destination finale, qui peut être le périplasme,
la membrane externe ou l'espace extra-cellulaire. Il faut avant tout distinguer le transport
général, lié à la présence de séquences signal, et les transports spécialisés indépendants de
ces séquences (Wiech et al., 1991; Baker et al., 1996; Saier, 2006)...
Reference
PLAIA, Giuseppe. Ruolo di SecG nel trasporto proteico in Escherichia coli e studio di
una proteina sconosciuta del fago T4. Thèse de doctorat : Univ. Genève, 2009, no. Sc.
4097
URN : urn:nbn:ch:unige-24495
Available at:
http://archive-ouverte.unige.ch/unige:2449
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UNIVERSITE DE GENEVE
Département de biologie moléculaire
FACULTE DES SCIENCES
Professeur David Shore
Département de pathologie et immunologie
FACULTE DE MEDECINE
Professeur Dominique Belin
Ruolo di SecG nel trasporto proteico in Escherichia coli e studio
di una proteina sconosciuta del fago T4
THESE
présentée à la Faculté des sciences de l’Université de Genève
pour obtenir le grade de Docteur ès sciences, mention biologie
par
Giuseppe PLAIA
de
Gibellina (Italie)
Thèse n° 4097
GENEVE
Atelier d’impression ReproMail
2009
Ai miei nonni
“…. Io sono stato sempre con te, in qualsiasi momento
ti ho tenuto per mano, e quando camminando sulla sabbia
non vedevi le mie orme accanto alle tue,
non ti avevo abbandonato ma ti avevo preso in braccio….”
(Anonimo Brasiliano)
RINGRAZIAMENTI
Grazie al Prof. D. Belin per avermi accolto nel suo laboratorio ed aver mostrato tanta
pazienza.
Grazie al “répondant” presso la facoltà di Scienze Prof. D. Shore e alla Prof.ssa Alessandra
Polissi per aver accettato di far parte della commissione di tesi.
Grazie ai miei “parrains” Prof. P. Linder e Dott. P. Herrera per l’aiuto ed i consigli.
Grazie al Prof. I. Rodriguez per il suo aiuto e la sua mediazione.
Grazie al Prof. C. Georgopoulos, al Dott. D. Ang e al Dott. P. Génévaux per i numerosissimi
consigli e per aver messo a mia disposizione la libreria del DNA del fago T4.
Grazie a F. Silva per la sua disponibilità, il suo entusiasmo e i suoi pareri preziosi.
Grazie a tutti i membri del laboratorio che nel corso di questi cinque anni mi hanno aiutato e
sostenuto. In particolare grazie S. Biéler, Y. Boulfekhar, S. Djafaar, J.L. Falcone, K. Khatib,
Y. Mattenberger.
Grazie a D. Roppolo e a S. Negrini per avermi aiutato nello stabilirmi a Ginevra, per i
consigli, la disponibilità e l’aiuto per qualsiasi problema legato alla tesi e non solo.
Grazie ai miei amici, a Giovanni e Barbara, a Chiara, a Laura, a Salvino ed alla sua famiglia, a
Lucia, a Mario, a Carmen e Giuseppe, per avermi aiutato e fatto sentir parte delle loro
famiglie.
Il grazie più sentito va ai miei genitori, per la pazienza ed il grande sacrificio che hanno
dimostrato nella loro vita, permettendo il realizzarsi di ogni mio sogno ed aspirazione, anche
quando questi erano per loro fonte di sofferenza. Grazie ai miei fratelli, alle mie cognate ed ai
miei cinque nipoti, Michele, Sofia, Salvatore, Erika e Michele, perché sono stati sempre vicini
a me, nonostante in realtà fossero lontani nella amata Sicilia.
INDICE
INDICE
RIASSUNTO………………………………………………….………………….………Pag. 1
Ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
RESUME…………………………………………………………………………….…...Pag. 2
INTRODUZIONE………………………………………………………………….……..Pag. 9
I principali sistemi di trasporto proteico…………………………………………….…Pag. 9
Il GSP: general secretory pathway in E. coli …………….…………………………...Pag. 15
La sequenza segnale…………………………………………………………….………Pag. 19
La translocasi…………………………………………………………………………....Pag. 24
Trasporto SecG-dipendente e indipendente……….…………………………………..Pag. 37
Modello sperimentale…………………………………………………………………...Pag. 39
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA……………………………………………....Pag. 41
RISULTATI……………………………………………………………………………..Pag. 43
Il paradosso di SecG: differenza tra trasporto proteico in vitro ed in vivo………….Pag.43
Preparazione degli esperimenti di translocazione in vitro: produzione di OmpA, SecB e
SecA……………………………………………………………………..……………….Pag. 49
Esperimenti di translocazione in vitro…………………………………………………Pag. 54
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze aleatorie………..Pag. 59
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: amplificazione per PCR di
sequenze segnale di specifici geni di E. coli……………………..........................…….Pag. 65
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze aleatorie di E. coli,
maiale, topo e uomo………………………………………………….....................…....Pag. 75
DISCUSSIONE………………………………………………………………….……....Pag. 82
MATERIALI E METODI……………………………………………………….……..Pag. 88
INDICE
Studio di una proteina sconosciuta del fago T4
RESUME……………………………………………………………………………..Pag. 110
INTRODUZIONE……………………………………………………………….…..Pag. 116
Principali caratteristiche dei batteriofagi………………………………………….Pag. 116
Il fago T4 …………….………………………………………………………………Pag. 117
I lisozimi del fago T4: la proteina VS.1…………………………………………….Pag. 122
La RNA polimerasi di E. coli e la trascrizione …………………………………....Pag. 125
RpoA……….………………………………………………………………………....Pag. 128
L’operone arabinosio: struttura e regolazione………………………………….…Pag. 132
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA…………………………………………..Pag. 139
RISULTATI ………………………………………………………………………....Pag. 141
La proteina VS.1: lisozima del fago T4 con ipotetica sequenza segnale…………Pag .141
Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: trasposizione mediante uso di
miniTet……………………………………………………………………………….Pag. 146
Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutagenesi con irradiazione
UV…………………………………………………………………………………….Pag. 147
Studio di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutanti rpoA………………....Pag. 147
Caratterizzazione dei mutanti rpoA………………………………………………..Pag. 150
Studio dei mutanti rpoA………………………………………………………….….Pag. 152
Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA341………………………Pag. 157
Condizioni ottimali per la selezione rpoA+/rpoA341.................................…………..Pag. 157
Mutanti spontanei, mutagenesi UV e con nitrosoguanidina del plasmide p614……..Pag. 161
Il numero dei nucleotidi di un plasmide e la sua attività……………………………..Pag. 167
Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD-hAhB-E3K………………….Pag. 169
Mutagenesi con idrossilammina del plasmide pBAD33…...........................................Pag. 171
Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD33…........................................Pag. 173
Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA N268T…………………..Pag. 175
PCR-mutagenica del plasmide pBAD33……………………………………………..Pag. 176
Mutagenesi del plasmide pBAD33 con l’uso del sistema YM……………………….Pag. 177
INDICE
DISCUSSIONE…………………………………………………………….……...Pag. 178
MATERIALI E METODI………………………………………………...………Pag. 185
PROSPETTIVE..............................................................................................……..Pag. 201
BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………….Pag. 203
RIASSUNTO
RIASSUNTO
Questo lavoro è suddiviso in due parti distinte. La prima parte tratta del ruolo
di SecG nel trasporto proteico in E. coli. SecG è uno dei componenti della
macchina di translocazione, presente nella membrana plasmatica, attraverso la
quale ha luogo il trasporto proteico verso il periplasma. In vivo, SecG è non
essenziale e la cinetica di trasporto non cambia molto in presenza o assenza di
SecG, mentre in vitro, stimola fortemente e contribuisce all’attività ottimale
della translocasi. Questa differenza tra la situazione in vitro e quella in vivo
rappresenta un paradosso. Il solo substrato efficace e SecG-dipendente, non si è
rivelato adatto per i saggi di translocazione in vitro. Delle sequenze segnali,
siano efficaci e SecG-dipendenti, sono state ricercate mediante lo studio di
sequenze aleatorie o amplificando delle sequenze segnale di proteine esportate.
La seconda parte di questo lavoro si occupa dello studio di un gene
sconosciuto del fago T4. Da una libreria di frammenti del DNA di tale fago,
sono stati individuati circa 5% di sequenze che impediscono ad E. coli di
crescere dopo induzione della loro espressione. Tra tutte queste sequenze il
frammento contenente il gene vs.1 codifica per un terzo lisozima del fago T4.
Utilizzando differenti strategie di mutagenesi, sono stati ricercati dei
soppressori cromosomici di tale gene. Sono state identificate solamente delle
mutazioni nel gene rpoA, che codifica la subunità α della RNA polimerasi
batterica. I risultati suggeriscono che i contatti RpoA-AraC sono più importanti
di quelli RpoA-CAP e RpoA-DNA. Ecco perché, sono stati ricercati infine
eventuali mutanti nel gene araC, soppressori dei mutanti rpoA che
interferiscono con l’induzione della trascrizione del promotore PBAD.
1
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
RESUME
Rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
Introduction
La translocation des protéines chez les procaryotes, comme chez les
eucaryotes, est définie comme un transport à travers une membrane lipidique.
Dans les deux cas, il existe différents mécanismes de transport ATP-dépendants.
Chez les eucaryotes, les protéines sont synthétisées vers la lumière du réticulum
endoplasmique et destinées à être exportées à l’extérieur ou à s’intégrer dans
une membrane cellulaire. Chez les procaryotes, les protéines sont exportées du
cytoplasme vers le périplasme, c’est-à-dire dans l’espace compris entre la
membrane interne et la membrane externe, ou elles s’intègrent dans la
membrane interne. Du périplasme, les protéines rejoignent ensuite leur
destination finale, qui peut être le périplasme, la membrane externe ou l’espace
extra-cellulaire. Il faut avant tout distinguer le transport général, lié à la
présence de séquences signal, et les transports spécialisés indépendants de ces
séquences (Wiech et al., 1991; Baker et al., 1996; Saier, 2006). Chez les
eucaryotes, les systèmes indépendants de la séquence signal concernent la
membrane plasmique, tandis que le système général utilisant le peptide signal se
trouve dans le réticulum endoplasmique (figure 1, introduction). Parmi les
systèmes indépendants de la séquence signal, le transport de l’IL-1 est un
exemple très important (Siders et Mizel., 1995).
Les principaux systèmes de transport des protéines chez les procaryotes se
subdivisent en transport à travers des voies Sec-dépendantes, sur lesquelles
nous reviendrons, et le transport Sec-indépendant. Les deux principaux
systèmes de transport Sec-indépendant, sont les systèmes de type I et de type
III. Les trois principaux systèmes Sec-dépendant sont les systèmes II, IV et V.
Le système de type II représente la branche proximale de la voie générale de
2
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
sécrétion (GSP). Les protéines transportées dans la périplasme, après la coupure
du peptide signal, le repliement, la formation de ponts di-sulfure et de
l’assemblage des sous-unités, sont transportées à travers la membrane extérieure
par le système de type II, en mesure de discriminer parmi les protéines périplasmiques et celles à exporter.
Le GSP (General Secretory Patwhay) est la principale voie de transport chez
les procaryotes que chez les eucaryotes. Ce système nécessite deux
composantes, une machinerie de transport, la translocase et une séquence Nterminale, définie comme séquence signal. Le transport des protéines
synthétisées sous forme de précurseurs, contenant séquence signal, inclut des
étapes d’association, d’insertion dans la membrane et de translocation. Des
protéines du cytosol contribuent à la fidélité du transport protéique: les
principales sont le “Trigger factor” (Stoller et al., 1995; Patzelt et al., 2001;
Genevaux et al., 2004) et la SRP (Signal Recognition Particle) (Wiech et al.,
1991; Clérico et al., 2008) qui discriminent les protéines naissantes émergeant
du ribosome. A ces deux systèmes s’ajoutent des chaperons qui permettent au
précurseur de rester dans un état déplié et d’exposer son séquence signal. Dans
E. coli, SecB est le seule chaperon dédié à la translocation. L’insertion dans la
membrane des précurseurs et leur transport dépend de l’énergie obtenue par
l’hydrolyse de l’ATP et de la force proton motrice (Cunningham et Wickner,
1989; Schiebel et al., 1991; van der Wolk et al., 1997; Driessen et Nouwen,
2008).
La séquence signal N-terminale est hautement dégénérée bien que son
organisation structurale soit conservée. Elle se compose de trois domaines
distincts: une région N-terminale généralement basique (1-5 acides aminés), une
région centrale hydrophobe (7-15 acides aminés) et une région C-terminale
polaire (6 acides aminés) (von Heijne, 1985; Martoglio et Dobberstein, 1998)
(figure 3, introduction). Les séquences signal possèdent des informations qui
spécifient l’efficacité de la translocation et la cinétique de coupure; elles jouent
3
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
donc un rôle clé dans la biogenèse des protéines. La translocation des protéines
chez E. coli a été considérablement étudiée, tant du point de vue génétique
(Schatz et Beckwith, 1990; Danese et Silhavy, 1998) que biochimique (Duong
et al., 1997).
La translocase se compose de plusieurs protéines intégrales de membrane
(SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) et de deux composantes solubles,
SecA, une ATPase périphérique de la membrane interne et SecB une chaperon
moléculaire (Driessen et al., 1998; Müller et al, 2001) (figure 8, introduction).
SecYEG forment un complexe stable qui représente le cœur de la translocase et
qui peut s’associer à SecDFYajC (Duong et Wickner, 1997; Samuelson et al.,
2000; Jiang et al., 2003). Un complexe homologue, Sec61αγβ se trouve aussi
chez les eucaryotes, et il représente la partie de la translocase la plus conservée
pendant l’évolution (Cao et Saier, 2003). La protéine YidC peut s’associer à
SecDFYajC et elle est très importante pour le transport de protéines de
membrane (Luirink et al., 2001; Nouwen et Driessen, 2002; van Bloois et al.,
2005). Différentes études ont montré que SecG participe à la reconnaissance de
la séquence signal.
Le point de départ de ma thèse repose sur l’analyse de la translocation de
plusieurs protéines chimériques contenant diverses séquences signal type
sauvage (PhoA, RbsB, MalE) ou mutantes (dérivées de PhoA, MalE ou RbsB)
fusionnées à la région mature de PhoA. Toutes ces protéines ont été exprimées à
partir du promoteur PBAD, inductible avec arabinose (Guzman et al., 1995).
PhoA est une enzyme qui n’est active qu’après la translocation dans le
périplasme (Boyd et al., 1987). En effet, PhoA contient quatre résidus Cys qui
doivent être oxydés pour former deux ponts S-S nécessaires au repliement de
l’enzyme (Derman et Beckwith, 1991). L’oxydation a lieu dans le périplasme et
la protéine devient ainsi active. L’activité de PhoA peut être dosée
quantitativement ou révélée qualitativement grâce à un substrat chromogène
(XP) dont l’hydrolyse donne un précipité bleu. La cinétique de transport de
4
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
PhoA, déterminée en mesurant son activité enzymatique, est indépendante de
SecG avec les séquences signal sauvages, tandis qu’elle est dépendante de SecG
avec les séquences signal mutées (figure 9, résultats). Il y a donc une différence
entre la stimulation par SecG, observée in vitro avec le substrat sauvage OmpA+
(Nishiyama et al., 1993), et l’absence de stimulation observée in vivo. Cette
différence entre la situation in vitro et celle in vivo représente un paradoxe. En
revanche, l’activité résiduelle des séquences signal mutées est stimulée in vivo
par SecG.
Des expériences de pulse-chasse-immunoprécipitation ont été effectuées avec
différents substrats chimériques qui contiennent différentes séquences signal et
la portion mature de la protéine OmpA, le substrat classique de la translocase.
La cinétique de coupure de la séquence signal a été mesurée dans des souches
bactériennes contenant le gène secG ou dans laquelle le gène est délété. Les
résultats permettent d’identifier différentes substrats efficaces et pour lesquels
le transport est SecG-indépendant, comme par exemple la protéine OmpA+
(contenant la séquence signal et la portion mature de OmpA) (figure 10,
résultats). Nous n’avons identifié qu’un seul substrat efficace et SecGdépendant, la protéine PhoA82rev-OmpA. Des expériences de translocation in
vitro on été faites pour étudier le “paradoxe de SecG “, en utilisant les substrats
efficaces in vivo, et SecG-dépendants ou indépendants. Malheureusement, le
seul substrat SecG-dépendant dont je dispose (PhoA82rev-OmpA) n’est pas
efficace in vitro (moins de 5% de translocation) (figure 16, résultats). J’ai donc
cherché d’autres substrats efficaces et SecG-dépendants.
5
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
Recherche de séquences signal efficaces et SecG-dépendantes
Pour tenter d’obtenir des séquences signal efficaces et SecG-dépendantes, j’ai
préparé une librairie de fragments aléatoires de l’ADN d’E. coli, clonés dans un
vecteur contenant le promoteur PBAD et la séquence codant pour la portion
mature de PhoA. Les colonies prennent une coloration bleue si PhoA est
exportée efficacement vers le périplasme. Le criblage d’environ 4.7 x 104
clones, et le dosage quantitatif de la phosphatase alcaline de 24 candidats,
montre que la plupart des clones analysés (15/24) contiennent des séquences
aléatoires, alors que 8/24 candidats contiennent des fragments de protéines
trans-membranaires. Un seul candidat (Mut15-Rzor) contient une vraie
séquence signal (figure 18, résultats). Cette séquence signal est SecGindépendante (figure 17, résultats) et ne présente pas une coupure pendant le
transport (figure 19 résultats).
J’ai continué la recherche de séquences signal efficaces et SecG-dépendantes
en effectuant des amplifications par PCR de vraies séquences signal. Parmi les
4173 gènes d’E. coli qui codent pour des protéines, il y en a 1350 qui codent
pour des protéines destinées à être exportés hors du cytoplasme. Ces dernières
se subdivisent en environ 896 protéines de la membrane interne (par exemple
les protéines SecE et SecG de la translocase), environ 313 protéines de la
membrane externe et 139 protéines périplasmiques (par exemple la protéine
PhoA). Les protéines classées comme exportées, se distinguent en protéines
caractérisées ayant une séquence signal caractérisée expérimentalement et
protéines non caractérisées mais dont la région N-terminale est identifiée in
silico comme une séquence signal. J’ai amplifié quelque séquence signal parmi
les 139 protéines du périplasme. J’ai choisi 12 protéines caractérisées et qui
doivent donc être exportées par la translocase (Bla, DsbA, DsbG, GlnH, OsmY,
MppA, DegP, DppA, MepA, DsbC, PotD, CcmG) et 3 parmi celles qui ne sont
pas caractérisées (YrbC, YnjB, Yehz). Ces séquences on été clonées dans un
vecteur contenant le promoteur PBAD et la séquence de phoA dépourvue de la
6
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
séquence signal. Le dosage quantitatif de l’activité de la phosphatase alcaline
dans des souches isogéniques secG+ et secG::Kn, met en évidence qu’aucune
des 15 séquences signal n’est dépendant de SecG (figure 20 résultats). J’ai
amplifié le gène secM (Secretion Moniteur) qui code pour une protéine exportée
vers le périplasme et qui contrôle (moniteur) l’activité de la translocase en
réglant la traduction du gène secA (Oliver et al., 1998). Le gène secM est
localisé en amont de secA et les deux gènes forment un opéron (Schmidt et al.,
1988). La traduction de secM est couplée à celle de secA; elle est sujette à une
pause lorsque la chaîne protéique naissante est localisée encore dans le cytosol
(Nakatogawa et Ito, 2001). L’étude de différents mutants secM (Nakatogawa et
Ito, 2002) a montré que la pause traductionelle au niveau de Pro166 active la
synthèse de SecA. Vu les interactions entre secM et secA, j’ai analysé la
séquence signal de secM pour tester sa dépendance envers SecG. L’export de
PhoA médié soit par la séquence signal de SecM (1-43 résidus) soit par les
résidus 1-170 n’est pas significativement differentes dans les souches secG+ et
secG::Kn (figure 22, résultats). Puisque l’export des protéines est sensible au
froid (Pogliano et Beckwith, 1993) l’export des 15 protéines chimériques, déjà
analysées à 37 °C, a été mesuré à 20 °C (figure 23, résultats). Pour 9/15 des
protéines chimériques analysées on observe un export comparable en présence
ou absence de SecG, semblable ce qui est observé à 37°C (données non
montrées). De façon surprenante, 5/15 des protéines chimériques analysées à 20
°C présentent un comportement inattendu: le transport de ces 5 protéines
chimériques est fortement diminué en présence de SecG (figure 23, résultats).
Enfin, l’export de PhoA médié soit par la séquence signal de SecM (1-43
résidus) soit par les résidus 1-170 a été mesuré à 20 °C: le transport est diminué
en présence de SecG (données non montrées). Ce comportement étonnant
nécessite d’ultérieurs approfondissements.
J’ai continué ma recherche en construisant d’autres librairies de séquences
aléatoires, en employant de l’ADN génomique de E. coli, de rat, de cochon et
7
RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli
d’homme. J’ai changé ma stratégie du clonage, à cause des résultats précédents,
en clonant des petits fragments, environ 100 bp d’ADN. Cette fois-ci la portion
du gène phoA n’est pas entièrement dépourvue, comme auparavant, de toute la
séquence signal mais elle contient encore la région C-terminale hydrophile.
Nous cherchons donc des fragments capables de contenir les régions n et h de la
séquence signal. L’analyse d’environ 8 x 104 colonies (2 x 104 pour chaque type
d’ADN) et le dosage quantitatif de 13 candidats obtenus sur des boîtes
indicatrices, a mis de nouveau en évidence des séquences qui permettent un
transport SecG-indépendant ou insuffisantement SecG-dépendant (clone 4)
(figure
25,
26,
résultats).
Enfin,
des
expériences
de
pulse-chasse-
immunoprécipitation pour voir si le meilleur candidat est coupé pendant le
transport ont donné des résultats négatifs (figure 27, résultats). En conclusion,
malgré differentes tentatives, je n’ai pas réussi à isoler des substrats efficaces et
pour lesquels la cinétique de transport vers le périplasme est dépendante de
SecG.
Perspectives
L’impossibilité apparente d’isoler, malgré les différentes tentatives, des
substrats efficaces et SecG-dépendants, suggère que seules les séquences signal
mutées, et donc inefficaces, requièrent la présence de SecG pour leur export
résiduel. En revanche, le transport de séquences signal sauvages ne semble que
faiblement affecté par la présence de SecG in vivo, contrairement aux résultats
obtenus in vitro. Dans le futur, il pourrait être intéressant étudier le lien entre le
mutations prl e le “paradoxe de SecG”, pour effectuer des expériences de
translocation, peut-être avec des mutants prl. Enfin, on pourrait effectuer des
recherches de substrats efficaces et SecG-dépendants, non seulement parmi les
protéines périplasmiques, mais aussi parmi celles de la membrane interne.
8
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Introduzione
I principali sistemi di trasporto proteico
Il meccanismo di trasporto delle proteine nei procarioti, così come negli
eucarioti, può essere definito come un trasporto attraverso una membrana. In
entrambi gli organismi esistono vari meccanismi di trasporto ATP-dipendenti,
distinti l’uno dall’altro, che mostrano delle omologie, nonostante la diversa
organizzazione morfologico-strutturale tra eucarioti e procarioti. Negli
eucarioti, come si può vedere nella figura 1, le proteine sintetizzate e trasportate
nel lume del reticolo endoplasmatico, destinate ad essere esportate all’esterno o
verso la membrana cellulare, vengono trasportate prima in vescicole nel
citoplasma e poi sono liberate nell’ambiente extracellulare. Al contrario nei
batteri Gram negativi, come E. coli, le proteine da esportare, vengono traslocate
dal citoplasma al periplasma, cioè nello spazio compreso tra la membrana
interna e la membrana esterna. Dal periplasma le proteine possono raggiungere
la membrana esterna o lo spazio extracellulare. Possiamo dunque considerare la
membrana del reticolo endoplasmatico eucariotico omologa della membrana
interna procariotica ed il lume del reticolo endoplasmatico omologo del
periplasma.
In E. coli circa il 40% dei geni codifica per proteine non citoplasmatiche che
raggiungono in seguito la propria destinazione finale, cioè la membrana interna,
il periplasma, la membrana esterna, la superficie cellulare, l’ambiente
extracellulare o altre cellule. Nello studiare i diversi meccanismi di trasporto
proteico, bisogna innanzi tutto distinguere tra il trasporto generale strettamente
legato alla presenza di particolari sequenze, definite sequenze segnale (Blobel e
Dobberstein, 1975) presenti nei precursori proteici ed il trasporto proteico
dipendente da altri segnali (Wiech et al., 1991; Baker et al., 1996; Saier, 2006;
Saier et al., 2008).
9
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 1: Trasporto proteico nei batteri Gram negativi (alto) e negli eucarioti (basso). C,
citosol; ER, reticolo endoplasmatico; PM, membrana plasmatica. Nei procarioti i due
meccanismi di trasporto dipendente (freccia nera) o indipendente (freccia bianca) da un
peptide segnale, sono localizzati nella membrana plasmatica. Negli eucarioti invece, il
trasporto dipendente dalla sequenza segnale si trova nella membrana del reticolo
endoplasmatico, mentre il trasporto indipendente da tale sequenza è localizzato nella
membrana plasmatica (Wiech et al., 1991).
10
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Negli eucarioti, il meccanismo indipendente dalla sequenza segnale è
localizzato nella membrana plasmatica, mentre quello dipendente dal peptide
segnale si trova nel reticolo endoplasmatico. Con il primo sistema vengono
translocate alcune citochine, proteine di secrezione, aventi una sequenza
segnale e una funzione regolatrice, che controllano la sopravvivenza, la crescita
e il differenziamento cellulare. Tra esse, la interleukina 1 (IL-1), una citochina
secreta da varie cellule del sistema immunitario, prodotta anche in risposta ad
infezioni batteriche (la cui produzione è stimolata soprattutto dall’LPS, una
endotossina dei batteri Gram negativi). Essa può restare associata alla
membrana plasmatica o può invece essere immessa in circolo e fungere da
ormone, stimolando una risposta immunitaria (Dinarello, 1998). La IL-1 viene
sintetizzata sotto forma di precursore biologicamente inattivo di 31-33 KDa che
viene tagliato prima della secrezione, originando la forma matura,
biologicamente attiva, di circa 15 KDa la cui secrezione è stimolata dal calcio
(Siders e Mizel., 1995). Un’altra interleukina, la IL-15 è sintetizzata
precocemente nel corso delle infezioni virali, stimolando la crescita dei linfociti
T (Fehniger e Caligiuri, 2001). Una forma della IL-15 è sintetizzata come un
precursore contenente un lungo peptide segnale e la sua secrezione ha luogo a
livello del reticolo endoplasmatico. L’altra forma invece si suppone venga
secreta come IL-1 (Onu et al., 1997; Duitman et al., 2008). Si tratta dunque di
un processo controllato a livello traduzionale e non a livello trascrizionale.
Nei procarioti entrambi i sistemi di trasporto sono localizzati a livello della
membrana interna. Una breve descrizione delle caratteristiche generali dei
principali sistemi di trasporto proteico nei procarioti, parte dalla suddivisione in
trasporto attraverso vie Sec-dipendenti (dipendenti cioè dalle proteine Sec, su
cui ritorneremo in seguito) ed il trasporto Sec-indipendente (Andersson e von
Heijne, 1993).
I due principali sistemi di trasporto Sec-indipendenti, sono il sistema di tipo I
ed il sistema di tipo III. La via di tipo I o via ABC (ATP Binding Cassette) è
11
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
largamente utilizzata nei batteri per la secrezione di una grande varietà di
proteine, ad esempio nei batteri Gram negativi le tossine, le adesine, le
emoforine e molte colicine sono esportate con questo meccanismo. Tutte queste
proteine hanno pochi residui cisteinici, sono fortemente acide e presentano una
sequenza di esporto C-terminale, di circa 15-30 residui amminoacidici, che non
viene tagliata durante il trasporto (Duong et al., 1996). Il T1SS, la macchina che
trasporta le proteine secondo questa via, si compone di tre proteine essenziali
per la translocazione: una proteina ABC della membrana interna, una proteina
detta Adattatore-MFP (Membrane Fusion Protein) e una proteina della
membrana esterna della famiglia di TolC. La proteina ABC accoppia l’idrolisi
dell’ATP al trasporto proteico, interviene nel riconoscimento dei substrati e
interagisce in modo specifico con la sequenza di esporto. Secondo il modello
proposto, vengono idrolizzate due molecole di ATP, una necessaria al trasporto
del substrato, che determina dei cambiamenti conformazionali nella proteina
ABC, e l’altra necessaria per il ristabilirsi della conformazione aperta di
partenza (Sauna e Ambudkar, 2000). L’altra componente del T1SS, oltre alla
proteina MFP che funge da adattatore, è la proteina TolC, una proteina di circa
500 residui amminoacidici, estremamente conservata nei batteri Gram negativi,
che trimerizza formando un poro membranario (Koronakis et al., 2004). Tale
poro è un canale idrofilo tra il periplasma e la membrana esterna, in cui la
rotazione delle eliche della porzione inferiore permette il passaggio dei substrati
(Koronakis et al., 2000).
L’altro sistema di secrezione Sec-indipendente, presente in molti batteri Gram
negativi patogeni o simbionti (Rhizobium), è il sistema di tipo III, che ha una
struttura evolutivamente simile e correlata ai flagelli, destinata ad indirizzare
delle proteine effettrici all’interno di cellule eucariotiche. In questo sistema, la
secrezione è dipendente dal contatto (Fauvart e Michiels, 2008) e non si hanno
sequenze identificate di esporto, come mostrato invece per la via di tipo I, ma il
contatto è favorito da specifici fattori e dai polisaccaridi presenti in superficie.
12
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
I tre principali sistemi Sec-dipendenti sono i sistemi II, IV e V. Il sistema di
tipo IV è presente ad esempio in cellule di E. coli localizzate nell’intestino e
destinate alla adesione e distruzione di cellule epiteliali. Tale sistema, omologo
ai pili coniugativi, è presente in molti batteri coniugativi (Escherichia coli,
Agrobacterium tumefaciens, Helicobacter pylori, Bacillus pertussis). Si tratta di
un poro membranario necessario al trasporto del DNA batterico e/o di proteine
provenienti dal meccanismo principale di trasporto batterico (GSP: General
Secretory Pathway, su cui ritorneremo in seguito). Il sistema di tipo IV (T4SS)
si compone di un complesso di circa una dozzina o più proteine di membrana
che si assembla in risposta a dei segnali ambientali (Christie, 2004). Nei batteri
Gram negativi, la macchina di coniugazione è composta da un canale di
secrezione e da un pilo extracellulare, formando così una struttura estremamente
dinamica, indispensabile al trasporto di proteine e DNA, dipendente dall’idrolisi
dell’ATP. Il sistema di tipo V, necessario al trasporto di proteasi, invasine,
tossine, adesine, è un ramo terminale del GSP; si tratta di un semplice sistema,
privo di fattori accessori, localizzato nella membrana esterna, che consente il
rilascio della proteina matura dopo la proteolisi. La maggior parte delle proteine
trasportate dal sistema di tipo V, sono dei fattori autotrasportatori di virulenza,
con un ruolo nelle infezioni batteriche. Il polipeptide autotrasportatore si
compone di due domini, un peptide segnale ed un β-dominio (Yen e
Stathopoulos, 2007). La famiglia delle proteine autotrasportatrici secrete con il
sistema di tipo V è in continua espansione ed è diventato il più grande gruppo
di proteine secrete nei batteri Gram negativi (Desvaux et al., 2004). Queste
proteine possono inoltre essere “accompagnate” da una proteina chaperon verso
il sistema di tipo V. Infine, il sistema di tipo II rappresenta il ramo terminale del
GSP, di cui parleremo in dettaglio nel prossimo paragrafo. Le proteine
translocate nel periplasma, dopo la rimozione del peptide segnale, il
ripiegamento, la formazione di ponti di-solfuro e l’assemblaggio in sub-unità,
vengono translocate attraverso la membrana esterna grazie al sistema di tipo II,
13
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
altamente specie-specifico, ed in grado di discriminare tra le proteine
periplasmatiche e quelle da esportare. Esso forma un poro tra la membrana
esterna e quella interna composto da varie proteine Gsp (D, S, C, G, J, F, K, N,
E). Il trasporto proteico è mediato dall’idrolisi dell’NTP ad opera della proteina
GspE (Py et al. 2001). In E. coli K12 wild type, la trascrizione divergente dei
due operoni presenti nel locus gsp, è resa silente dalla presenza della proteina
H-NS (Nucleotid-Structuring). Solo quando si hanno mutazioni in H-NS, si ha
un efficiente secrezione della proteina endogena extracellulare endochitinasi
ChiA (Francetic et al., 2000).
Infine, il sistema Tat (Twin Arginine Translocation) è un sitema Secindipendente differente dagli altri precedentemente descritti. Esso, a differenza
dei sistemi fin qui descritti, è in grado di translocare proteine che si ripiegano
correttamente già nel citoplasma e che sono associate a specifici cofattori
(Berks, 1996; Robinson e Bolhuis, 2004). Tale sistema è presente nei tilacoidi
dei cloroplasti e nella membrana citoplasmatica di molti batteri ed archeobatteri.
Il sistema Tat riconosce dei substrati in cui la sequenza segnale N-terminale
presenta un motivo S/TRRXFLK con almeno due residui contigui di arginina
(Sargent 2007), che rendono la sequenza segnale meno riconoscibile dal sistema
Sec. I componenti principali del sistema sono TatC e TatB, che formano un
complesso coinvolto nel riconoscimento della sequenza segnale e TatA, che
media la translocazione grazie all’energia della forza proton motrice.
Dopo aver accennato alle caratteristiche generali di alcuni sistemi di trasporto
nei procarioti, occorre soffermarsi in particolare, sul GSP.
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Il GSP: General Secretory Pathway in E. coli
Per comprendere il meccanismo di trasporto proteico, occorre innanzi tutto
descrivere l’organizzazione morfologico-strutturale dei batteri ed in particolare
dei batteri Gram negativi (E. coli, figura 2). In E. coli, è presente una struttura
definita trilaminare, con una membrana interna, uno spazio periplasmatico, uno
strato di petidoglicani che forma la parete batterica e una membrana esterna
contenente proteine e lipidi (Duong et al., 1997; Bos e Tommassen, 2004). Il
bilayer lipidico della membrana interna si compone di fosfatidiletanolammina,
fosfatidilglicerolo e difosfatidilglicerolo. Il periplasma è uno spazio acquoso tra
le due membrane batteriche, contenente oligosaccaridi, proteine solubili,
componenti del sistema di trasporto, chaperons, oligonucleotidi e peptidi. I
petidoglicani sono composti dagli acidi N-acetilglucosammina e Nacetilmuramico, legati a formare delle catene, grazie a legami β (1,4). Tali
catene si legano tra di loro mediante ponti peptidici tra gli acidi Nacetilmuramici delle diverse catene, formando delle lamine. Lo strato di
peptidoglicani è spesso circa 50-100 Angstrom in E. coli, mentre nei batteri
Gram positivi può raggiungere gli 800 Angstrom. La parete batterica è
importante per mantenere il turgore cellulare e funge da àncora per le
lipoproteine della membrana esterna, costituita appunto, principalmente da
lipidi e lipoproteine oltre che dalle porine, proteine formanti un canale acquoso.
Il bilayer della membrana esterna è asimmetrico, con all’interno gli stessi
glicerolfosfolipidi presenti nella membrana interna ed all’esterno uno strato
lipopolisaccaridico.
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 2: Superficie cellulare in E. coli con in evidenza le due membrane interna ed esterna,
lo spazio periplasmatico e la parete batterica. Omp, outer membrane protein; PulL,
pullulanase; Chap, chaperon; MDO, membrane-derived olisosaccharide; Lpase, leader
peptidase; Dsb, geni che influenzano la formazione dei ponti di-solfuro; PC, M13 procoat;
GSP, general secretory pathway. Esiste una forza
proton motrice, positiva all’esterno,
attraverso la membrana interna che guida la sintesi dell’ATP, il trasporto di soluti e la
translocazione proteica (Duong et al., 1997).
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Come già accennato nel precedente paragrafo, il GSP (General Secretory
Patwhay) è la via principale di trasporto, mostrato nella figura 1 nei procarioti.
Tale sistema necessita di due componenti, una macchina di trasporto, detta
translocasi, localizzata nei procarioti nella membrana interna (mentre negli
eucarioti si trova nella membrana del reticolo endoplasmatico) e una particolare
sequenza presente nel precursore proteico da translocare, definita sequenza
segnale (von Heijne, 1985). Il trasporto dei susbtrati sintetizzati sotto forma di
precursori, contenenti questa sequenza segnale include varie tappe di
associazione, inserzione nella membrana e translocazione.
Esistono dei sistemi citosolici che contribuiscono alla fedeltà del trasporto
proteico: il primo coinvolge il trigger factor (Stoller et al., 1995; Patzelt et al.,
2001; Genevaux et al., 2004) ed il secondo la SRP (Signal Recognition Particle)
(Wiech et al., 1991; Bui e Strub, 1999; Clérico et al., 2008) che competono per
la proteina nascente emergente dal ribosoma. La SRP è una ribonucleoproteina
(RNP) essenziale per il riconoscimento di un gruppo di proteine aventi una
sequenza segnale. La SRP lega tale sequenza della pre-proteina in sintesi, legata
al ribosoma, formando un complesso, che grazie all’energia ricavata
dall’idrolisi del GTP, è guidato verso un recettore di membrana, in modo che la
proteina venga poi integrata nella membrana o translocata. Molti dei substrati
esportati via SRP sono proteine della membrana interna e DsbA è una delle
proteine periplasmatiche che usa questo pathway. La proteina citoplasmatica
tioredoxina 1, che normalmente si ripiega rapidamente, può essere
efficacemente esportata nel periplasma grazie alla sequenza segnale di DsbA.
Studi di mutazioni nell’SRP pathway, mostrano come la isomerasi
periplasmatica DsbA indirizza la tioredoxina 1 verso l’SRP (Schierle et al.,
2003). Studi biochimici suggeriscono che le proteine senza sequenza segnale
sono catturare dal trigger factor prolyl isomerasi, mentre quelle contenenti il
pepdide segnale si legano alla SRP. Trigger factor e SRP consentono, in
collaborazione col ribosoma, al precursore proteico di rimanere non
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
completamente sintetizzato e quindi di restare in uno stato non ripiegato ed
esporre solamente il peptide segnale. A questi due sistemi si aggiunge, un altro
sistema citosolico che coinvolge delle chaperons che consentono al precursore
proteico rilasciato dal ribosoma di restare in uno stato non ripiegato ed esporre
il peptide segnale. Negli eucarioti, il sistema dipendente dalla SRP è usato per il
trasporto della maggioranza dei precursori proteici, anche se, in alternativa, una
chaperon molecolare (Hsp70) può funzionare per certi precursori. In E. coli
inoltre è presente la chaperon SecB in aggiunta alla SRP. Nei batteri inoltre non
c’è alcuna ragione per la presenza di un recettore di membrana per il peptide
segnale, visto che il problema della specificità di membrana non esiste.
E’ importante inoltre sottolineare come l’inserzione nella membrana del
precursore proteico ed il trasporto dipendono dall’energia ricavata dall’idrolisi
dell’ATP e dalla forza proton motrice (Cunningham e Wickner, 1989; Schiebel
et al., 1991; van der Wolk et al., 1997; Driessen e Nouwen, 2008). Parleremo
più avanti del ruolo dell’ATP, ricordiamo qui soltanto che viene idrolizzato da
SecA, una ATPasi che utilizza l’energia per inserirsi nella membrana e
translocare le proteine. La forza proton motrice, generata dalla respirazione, si
compone di un potenziale elettrico di membrana (∆ψ) e di un gradiente
protonico (∆pH), che stimolano la translocazione delle proteine (Driessen e
Wickner, 1991). Se la forza proton motrice viene dissipata in vivo aggiungendo
CCCP, un trasportatore di protoni, si osserva l’accumulo di precursori proteici
all’interno delle cellule. In vitro, l’uso delle membrane invertite (IMVs) non
necessita della presenza della forza proton motrice, ma nel caso in cui è
rigenerata aggiungendo del succinato, essa può aumentare, da due a dieci volte,
la velocità di translocazione (Driessen, 1993). Nei procarioti il gradiente
protonico, assicurato dall’ATPsintetasi, dal sistema Sec e da vari tipi di
trasporto, è diretto verso il lume citoplasmatico, mentre nelle IMVs, che si
comportano in maniera inversa, è necessario riempire le membrane di protoni,
grazie alla catena di trasporto di elettroni usando il NADH o il succinato che,
18
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
per mezzo della succinato deidrogenasi della membrana, origina un gradiente
protonico verso l’interno delle IMVs. Siccome i residui carichi positivamente
sembrano essere esportati con difficoltà, la forza proton motrice potrebbe essere
necessaria al trasporto di un peptide che necessita di un movimento di protoni in
direzione opposta. In E. coli, l’ATP e la forza proton motrice agiscono in
differenti momenti della translocazione: l’ATP è necessario durante la fase di
iniziazione, mentre la forza proton motrice è necessaria dopo la prima
inserzione di SecA nella membrana. Il seguito della translocazione può essere
assicurato da una delle due sorgenti di energia (Schiebel et al., 1991).
Come accennato all’inizio di questo paragrafo, due sono le principali
caratteristiche del sistema Sec, la macchina di translocazione localizzata nella
membrana interna, detta translocasi, e la presenza di una sequenza segnale nel
precursore proteico da translocare, che viene tagliata da una signal peptidasi
Lep, originando la proteina matura.
La sequenza segnale
In E. coli, le proteine destinate ad essere esportate dal citoplasma verso la
membrana interna, il periplasma o la membrana esterna, sono sintetizzate come
precursore contenente un sequenza N-terminale, definita peptide segnale, la cui
sequenza primaria è altamente degenerata, mentre il suo motivo strutturale
conservato, è composto da tre domini distinti: una regione N-terminale basica
(1-5 amminoacidi), una regione centrale idrofoba (7-15 amminoacidi) e una
regione C-terminale polare (6 amminoacidi) (von Heijne, 1985; Martoglio e
Dobberstein, 1998; Karamyshev et al., 1998) (figura 3). Le proteine prive di
sequenza segnale sono destinate ad accumularsi nel citoplasma (Default
pathway). La sequenza segnale è conservata strutturalmente e funzionalmente
nel corso dell’evoluzione, testimoniando così il rapporto evolutivo comune
degli esseri viventi. E’ dunque presente anche negli eucarioti, dove promuove,
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
come mostrato in figura 1, il trasporto attraverso la membrana del reticolo
endoplasmatico (Wiech et al., 1991).
Studi con numerosi sistemi sperimentali hanno messo in evidenza una
sequenza substrato-specifica la quale presenta una struttura conservata,
fornendo una specificità funzionale e strutturale (Hegde e Bernestein, 2006).
Mutazioni nella sequenza segnale ostacolano il trasporto e determinano un
accumulo di precursore nel citoplasma (Michaelis et al., 1983, 1986). Ad
esempio studi condotti sulla sequenza segnale di MalE mostrano come la
mutazione, all’interno della sequenza segnale, di un singolo amminoacido
idrofobo o non carico in uno carico è sufficiente a bloccare il processo di
secrezione (Bedouelle et al. 1980).
Recenti studi hanno messo in evidenza come l’idea che le sequenze segnale
siano semplici, degenerate ed intercambiabili, in realtà presenta numerose
eccezioni. Le sequenze segnale possiedono informazioni che specificano
l’efficienza di translocazione e la cinetica di taglio. Esse hanno dunque un
importante ruolo nella biogenesi delle proteine. Parecchie sono le funzioni
attribuite alla sequenza segnale, come il mantenimento delle proteine neosintetizzate in una conformazione non ripiegata, indispensabile per l’esporto,
l’interazione con le proteine chaperons, l’inserzione nel bilayer lipidico e
l’interazione con i componenti della translocasi (Lill et al, 1990; Nouwen et al.,
1996). E’ possibile che la sequenza segnale, una volta rimossa dalla proteina
translocata, possa avere funzioni (neurotrasmettitore, ormone, antigene) non
legate alla proteina da cui deriva. La sequenza segnale può fungere da àncora
per
le
proteine
transmembrana,
se
contiene
una
regione
idrofoba
sufficientemente lunga ed in questo caso non viene tagliata dalla signal
peptidasi (High e Dobberstein, 1991).
La sequenza segnale prima di essere tagliata e rimossa ad opera di una signal
peptidasi, partecipa al ripiegamento ed alla maturazione della proteina (Chen et
al., 2001; Kim et al., 2002). In E. coli sono presenti due petidasi, la peptidasi I
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
(Lep), una proteina della membrana interna di 36 KDa, che possiede un dominio
periplasmatico (San Millan et al., 1989) e la peptidasi II (LspA), una proteina
trasmembrana di 18 KDa che taglia i precursori di parecchie lipoproteine (Yu et
al., 1984). Le peptidasi non sono associate in maniera stabile alla translocasi,
quindi il taglio della sequenza segnale non sembra essere strettamente legato al
processo di translocazione. Studi recenti, sulla sequenza segnale di certe
molecole MHC di classe I presenti sulla superficie cellulare delle HLA-E
(Braud et al., 1997) mostrano come la signal peptidasi, piuttosto che, o magari
in aggiunta a promuovere il taglio della sequenza segnale, facilita il suo
coinvolgimento in funzioni regolatrici come la presentazione antigene-mediata
delle HLA-E (Weihofen et al., 2002; Lemberg e Martoglio, 2002). La
purificazione, il clonaggio e l’identificazione della signal peptidasi come un
nuovo membro della famiglia delle proteasi transmembrana (Weihofen et al.,
2002) e l’identificazione di alcune caratteristiche che conferiscono una
substrato-specificità (Lemberg e Martoglio, 2002), hanno permesso di mettere
in luce le proprietà che consentono la discriminazione tra le varie sequenze
segnale. Un helix-breaking residuo nella regione idrofoba della sequenza
segnale facilita il taglio ad opera delle peptidasi. Mentre cariche positive nel
lato C-terminale della regione idrofoba, possono invece inibire il taglio. La
presenza della sequenze segnale non è tuttavia sufficiente ad assicurare un
efficiente trasporto attraverso la membrana. In E. coli è necessaria una regione
di circa 30 amminoacidi carichi, presente immediatamente a valle della
sequenza segnale (Andersson e von Heijne, 1991).
21
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 3 (pagina precedente): Logo di 161 sequenze non segnale (alto) e 104 sequenze
segnale allineate all’estremità N-terminale (centro) o al sito di taglio (basso), ottenuto con
un programma alpro-makelogo (Schneider e Stephens, 1990). Ogni cumulo rappresenta una
posizione dopo l’iniziale metionina, così ad esempio il terzo cumulo rappresenta la posizione
+4. L’altezza di ogni cumulo è proporzionale alla conservazione della posizione, mentre
l’altezza di ogni amminoacido è proporzionale alla relativa abbondanza nella data posizione
dell’allineamento. Grazie alla differenza di colore notiamo nella sequenza segnale (centro) la
regione N-terminale basica (blu) ricca in lisina e arginina, che si estende dalla posizione +1 a
+3/+4. La regione centrale idrofoba (nera), ricca in leucina, alanina e valina (anche se in
contrasto, essa include amminoacidi non idrofobi, come tirosina, serina e treonina). Infine la
regione C-terminale polare (verde) appare evidente in basso, nell’allineamento al sito di
taglio, localizzato tra –1 e 0 (in posizione 0 comincia la porzione matura della proteina).
Come si nota non si ha questa differenza nella sequenza non segnale (alto), che non è dunque
strutturata come la sequenza segnale. Amminoacidi idrofobi (apolari) (nero): A, C, F, G, I, L,
M, P, V, W. Amminoacidi idrofili (polari) (verde): S, G, T, Y, C. Amminoacidi neutri
(giallo): N, Q. Amminoacidi basici e carichi positivamente (blu): H, K, R. Amminoacidi acidi
e carichi negativamente (rosso): D, E. Alcuna spiegazione possibile per la variabilità completa
in posizione +15 (alto) (Falcone JL., studio).
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
La translocasi
Il trasporto proteico in E. coli attraverso la translocasi è stato largamente
studiato, sia dal punto di vista genetico (Schatz e Beckwith, 1990; Danese e
Silhavy, 1998) che da quello biochimico (Duong et al., 1997). Questi studi,
hanno consentito di identificare i geni sec, codificanti per i componenti della
translocasi. Ulteriori studi hanno consentito di isolare una nuova classe di
mutazioni prl nei geni sec. Questi mutanti facilitano l’esporto di sequenze
segnale mutate (Schatz e Beckwith, 1990; Bost e Belin, 1997; Duong e
Wickner, 1999; Khatib e Belin, 2002) e vengono classificati come prlD/secA,
prlH/secG, prlG/secE, prlA/secY, in base al gene sec in cui è avvenuta la
mutazione. Il complesso della translocasi si compone di varie proteine integrali
di membrana (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) e di due
componenti solubili, SecA, una ATPasi periferica della membrana interna e
SecB una chaperon molecolare (Driessen et al., 1998; Müller et al., 2001).
SecYEG formano un complesso stabile che rappresenta il core della translocasi
e che può associarsi a SecDFYajC (Duong e Wickner, 1997; Samuelson et al.,
2000; Jiang et al., 2003; Collinson, 2005). Sec61αγβ, un complesso omologo a
SecYEG, è presente negli eucarioti e rappresenta la parte della translocasi più
conservata durante l’evoluzione (Cao e Saier, 2003).
SecA codificata da un gene essenziale per la sopravvivenza cellulare, è una
ATPasi che funziona come un omodimero di sub-unità di 102 KDa (Hirano et
al., 1996; Rajapandi e Oliver, 1996; van der Wolk et al., 1997; Rusch e Kendall,
2007). Ogni monomero di SecA, una RNA elicasi della superfamiglia 2,
contiene il dominio DEAD (Asp-Glu-Ala-Asp), core dell’ATPasi (Hunt et al.,
2002; Papanikolau et al., 2007), in cui sono presenti due NBD (NucleotideBinding Domain), un dominio ad alta affinità (NBD1), il vero sito di legame per
l’ATP, presente in posizione 1-220 vicino all’estremità N-terminale, ed un
secondo dominio a bassa affinità (NBD2) localizzato nei residui 378-420,
all’estremità C-terminale, (Mitchell e Oliver, 1993; Caruthers e McKay, 2002).
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Inoltre si hanno una regione regolatrice intramolecolare (IRA2), in posizione
421-610 (Hunt et al., 2002; Sharma et al., 2003), un dominio PBD (Preprotein
Binding Domain) ed un dominio C-terminale. SecA è presente in soluzione in
equilibrio tra la forma monomerica e la forma dimerica, tuttavia recenti studi
hanno dimostrato che SecA funzionalmente attiva agisce come dimero nella
membrana (Jilaveanu et al., 2007; Wang et al., 2008), sebbene la presenza della
forma monomerica in certi stadi della translocazione non è esclusa (Or et al.,
2005). La dimerizzazione di SecA è mediata da contatti tra i domini DEAD,
mentre il dominio C-terminale è lasciato esternamente. La proteina SecA può
essere presente associata alla membrana o in forma solubile (Cabelli et al.,
1991; Hunt et al., 2002), ed essa lega il complesso SecB-precursore (Breukink
et al., 1995; Zhou e Xu, 2003; Randall et al., 2004) interagendo in seguito con
la membrana e con il core SecYEG della translocasi (Breukink et al., 1992;
Oliver, 1993; Karamanou et al., 2008), promuovendo dunque il legame dei
precursori alla membrana interna e la successiva translocazione.
Il meccanismo di translocazione attraverso la membrana ha luogo attraverso
vari stadi, prevedendo dei cicli di inserzione-de-inserzione alla membrana,
favoriti dal legame e idrolisi dell’ATP. Ciò spiega perché SecA può essere
presente nella forma solubile o associata alla membrana. Il legame del
complesso SecB-precursore a SecA promuove lo scambio ADP/ATP in SecA. Il
legame dell’ATP determina l’inserzione nella membrana di una regione di 30
KDa di SecA (Economou e Wickner, 1994; Kim et al., 1994), e la concomitante
translocazione di 20 residui amminoacidici del precursore attraverso il poro
della translocasi (Schiebel et al., 1991; Arkowitz et al., 1993). In seguito
l’idrolisi di una molecola di ATP, consente la translocazione del precursore e la
de-inserzione della regione di 30 KDa, che può essere scambiata con la proteina
SecA citosolica, determinando l’inizio di un nuovo ciclo (Economou e Wickner,
1994). La proteina SecA è conservata evolutivamente negli eubatteri, ciò porta
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
ad ipotizzare un meccanismo del trasporto proteico comune a tutti i procarioti
(esclusi gli archeobatteri, dove SecA è assente) ed assente negli eucarioti.
Figura 4: Struttura 3D di un dimero SecA, ottenuta mediante diffrazione ai raggi X
(Papanikolau et al., 2007).
SecB codificata da un gene non essenziale, è una chaperon citoplasmatica
omotetramerica di 64 KDa, necessaria per il trasporto proteico Sec-dipendente.
Essa lega l’estremità C-terminale di SecA, legata a sua volta al precursore,
prevenendo così il suo ripiegamento (Zahn et al., 1996; Fekkes et al., 1998). I
mutanti di SecB, L75Q ed E77K, interferiscono con la translocazione in vivo,
mentre sono incapaci di stimolare la translocazione in vitro. Entrambi i mutanti
legano preOmpA, ma non permettono l’interazione SecA-dipendente con la
membrana, proprio a causa di una marcata riduzione nell’affinità di legame
SecB-SecA (Driessen et al., 1998). L’interazione SecB-SecA, coinvolge i 22
residui C-terminali di SecA, una regione altamente conservata che contiene 3
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INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
residui di cisteina ed uno di istidina, residui potenzialmente coinvolti nella
coordinazione di uno ione metallico. Il trattamento di SecA con uno zinco
chelante, determina la perdita dell’effetto stimolatorio di SecB sull’attività di
SecA, attività che viene ristabilita aggiungendo ZnCl2. Il legame SecB-SecA è
stabilizzato dallo ione zinco che promuove il legame funzionale (Fekkes et al.,
1999; Randall et al., 2004). Esperimenti condotti con un substrato mutante
∆8preOmpA, mostrano che tale substrato non è translocato in membrane wild
type, difetto di translocazione che viene soppresso in membrane del ceppo
prlA4 (Fekkes et al., 1998). PrlA4 è un mutante di secY che consente la
translocazione di proteine con sequenze segnale mutanti o anche prive di
sequenze segnale. Tali proteine legano la translocasi con una minore affinità,
mentre in questi mutanti prlA4, il legame di SecA alla translocasi ha luogo con
una maggiore affinità, consentendo così una efficiente translocazione. Dunque i
mutanti prlA4, agiscono stabilizzando l’interazione SecA-SecYEG (van der
Wolk et al., 1998). Questi dati mostrano come il legame dei precursori proteici a
SecB richiede sia una sequenza segnale funzionale sia un sito di legame per
SecB, presente in SecA. Dunque l’interazione SecB-SecA è necessaria al
rilascio della proteina matura da SecB, mentre l’interazione della sequenza
segnale con SecA è necessaria ad assicurare l’efficiente trasferimento del
precursore alla translocasi.
27
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 5: Struttura 3D di un omotetramero SecB, ottenuta mediante diffrazione ai raggi X
(Dekker et al., 2003).
SecE e SecY formano in vivo un eterotrimero assieme a SecG. Così come
SecA, anche SecE e SecY sono essenziali per la sopravvivenza cellulare e per il
trasporto proteico sia in vivo che in vitro (Akimaru et al., 1991). SecY e SecE
sono delle proteine integrali di membrana rispettivamente di 49 KDa e 13.6
KDa.
Particolarmente
interessante
è
SecY,
la
sub-unità
centrale
dell’eterotrimero. La mutazione secY205 (Tyr429Asp) localizzata nel dominio
carbossiterminale citoplasmatico, impedisce l’inserzione del complesso SecAprecursore proteico, mentre consente il legame di SecA isolata. Questa
mutazione influenza la struttura del canale SecYEG. La mutazione secA36
(Ala112Val), localizzata nel dominio di legame ad alta affinità all’ATP,
sopprime in vitro i difetti nella translocazione dovuti alla mutazione secY205.
28
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Questi risultati forniscono l’evidenza che SecA e SecY interagiscono
specificamente e mostrano che SecY guida l’inserzione del complesso SecAprecursore proteico alla membrana (Matsumoto et al., 1997).
SecG, è una proteina integrale di membrana di 12 KDa, codificata da un gene
non essenziale per la sopravvivenza di E. coli (Flower et al., 2000). Essa
presenta un allineamento di sequenza con Secβ di Methanococcus jannaschii
(van der Berg et al., 2004), suggerendo quindi un’analogia di funzione (figura
6). SecG è stata identificata grazie alla purificazione cromatografica e al
sequenziamento del complesso SecYE, che in realtà risulta composto da tre
polipeptidi, SecE, SecY e la banda 1, definita SecG (Douville et al., 1994). La
proteina SecG presenta due domini transmembrana, aventi un proposto ciclo di
inversione topologica (Sugai et al., 2007). Questi cicli sono accoppiati alla
funzione di SecG ed ai cicli di inserzione-de-inserzione di SecA alla membrana
(Nishiyama et al., 1996; Nagamori et al., 2002). SecG e SecA sono dunque
definiti come i due componenti dinamici della translocasi. IMVs contenenti la
proteina di fusione SecG-PhoA, in assenza di SecA solubile, sono efficienti
nella translocazione così come le IMVs contenenti SecG+, al contrario sono
meno attive in presenza di SecA solubile. Ciò dimostra che la translocazione
SecA-dipendente, richiede l’inversione topologica di SecG (Sugai et al., 2007).
Altri studi invece sembrano mostrare che l’inversione topologica non è
necessaria alla translocazione SecA-dipendente, infatti IMVs in cui SecG è
parzialmente cross-linked con SecY, sono attive, nonostante il crosslinking
blocchi l’inversione topologica. Dunque in assenza di SecA solubile,
l’inversione topologica può non essere richiesta (van der Sluis et al., 2006).
Diciotto derivati di SecG, aventi un singolo residuo di cisteina in varie
posizioni, sono costruiti ed espressi in un ceppo privo del gene secG (Nagamori
et al., 2000). Tutti questi derivati SecG-Cys mantengono la funzione di SecG+,
stimolando la translocazione sia in vivo, con un debole effetto, che in vitro. I
derivati aventi la cisteina nella regione periplasmatica, esistono sotto forma di
29
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
omodimero, grazie alla presenza di ponti di-solfuro. Ciò indica che due
molecole di SecG possono coesistere nella translocasi.
La translocazione delle proteine attraverso la membrana interna di E. coli
prevede una interazione tra SecG e SecA. Lo studio di diversi mutanti di secA,
azi-resistenti (azi-4, L645Q e azi-7, N179Y) e prlD (prlD2 A488V, prlD4
T111N, prlD5 A373V, prlD22 Y134C), soppressori di mutazioni nelle
sequenze segnale, ha messo in evidenza, nel caso dei mutanti azi-resistenti, che
il trasporto proteico è dipendente dalla temperatura, dunque l’attività di SecA è
influenzata dalla temperatura (Ramamurthy et al., 1998). I mutanti azi e prlD
sopprimono l’esporto difettivo di un ceppo mutante in cui il gene secG è
assente. Questo indica che SecG promuove l’attività di SecA e questo processo
è dipendente dalla temperatura. Mutanti della proteina SecA, privi di 8 residui
nella regione N-terminale, pur non variando l’interazione con il precursore
proteico nascente e l’ATP, presentano differenze nella translocazione rispetto al
ceppo wild type. Questi mutanti influenzano il ciclo di inversione topologica di
SecG, portando a supporre che questa regione di SecA interagisca con SecG
(Mori et al., 1998). L’introduzione di residui carichi in uno o in entrambi i due
domini transmembrana di SecG non previene l’integrazione nella membrana ed
al tempo stesso non la ostacola, ma indebolisce soltanto l’interazione con SecY
e SecE (Bost et al., 2000). SecG rende la translocasi altamente efficace.
Infine, studi basati sull’uso di una sequenza segnale inefficiente PAI-2 fusa
alla porzione matura di PhoA, hanno permesso di isolare dei soppressori che
consentono l’esporto della proteina chimerica. Soltanto uno dei soppressori è un
allele secY, quindi un mutante prlA, capace di permettere l’esporto di proteine
chimeriche con sequenze segnale inefficaci, mentre gli altri sono mutanti
puntiformi di secG che mappano in tre codoni adiacenti (Tyr41Pro, Leu42Pro,
Phe43Ser), identificando il dominio TLF di SecG, un dominio centrale
importante per la sua attività, così come i domini N-terminale e C-terminale.
Questi mutanti hanno un debole fenotipo Sec, abbassano lentamente l’esporto di
30
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
PAI-2-PhoA (Bost e Belin, 1995). SecG agisce dunque dopo il legame SecAdipendente della proteina al complesso SecYE.
SecG interagisce con SecYE formando il core della translocasi. Recenti
analisi ai raggi X, mostrano come SecY è suddiviso in una regione N-terminale
TMHs 1-5 (Trans Membrane Helix) ed una C-terminale TMHs 6-10, formanti
una conchiglia bivalve, connesse da un loop tra i domini transmembrana 5 e 6.
SecY è aperto da un solo lato, mentre è chiuso dagli altri tre lati da SecE e
SecG, le quali presentano rispettivamente uno e due domini transmembrana. Il
PCC (Protein-Conducting Channel) è un complesso dinamico, capace di aprire e
chiudere un poro, relativamente isolato dai lipidi idrofobi, disposto
perpendicolarmente al piano della membrana, che permette il passaggio anche
delle regioni idrofile di un polipeptide (van der Berg et al., 2004; Mitra et al.,
2005). Il canale presenta una cavità centrale a forma di imbuto, avente un
diametro di 20-25 Angstrom, presente sul lato citoplasmatico di SecY. L’imbuto
si assottiglia, chiudendosi nel mezzo della membrana, ciò indica che la struttura
corrisponde ad un canale chiuso, impermeabile a polipeptidi e piccole molecole.
L’imbuto è chiuso da un plug (TMH2a) (van der Berg et al., 2004) che sembra
“sigillare” il canale. Tuttavia il ruolo del plug risulta poco chiaro, perché
mutanti di E. coli in cui si ha la delezione del plug sono funzionali e translocano
le proteine attraverso la membrana (Li et al., 2007; Maillard et al. 2007). Il plug
non è quindi essenziale per la translocazione, ma la chiusura del canale da esso
operata inattiva la translocazione. Molte proteine di membrana e alcune proteine
solubili sono translocate attraverso il PCC, secondo un processo in cui il
ribosoma lega il PCC e la translocazione della proteina nascente è concomitante
con l’elongazione della stessa. Il modello di translocazione propone che la
sequenza segnale della catena proteina nascente translocata, sposti il plug
aprendo così le due regioni N e C-terminale di SecY (van der Berg et al., 2004;
Mitra et al., 2005). Il poro è rivestito da un anello di sei residui idrofobi che
31
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
formando
una
guarnizione
attorno
ai
polipeptidi
ne
consentono la
translocazione (figura 7).
•••----•,••••1••••,••••-2
MJs61b
----------------------------------MSK----REETGLATSAGLIRYM-D
PHs61b
----------------------------------MAK----EKTTLPPTGAGLMRFF-D
MetBs61b ----------------------------------MAK----KSGSGLQSSAGLMRYY-E
MKs61b
----------------------------------MGKKMEKKRAEMPPARAGILSFW-D
MTs61b
----------------------------------MAKK---DKKTLPPSGAGLVRYF-E
Fas61b
-------------------------------MTSMAKD---NQNENFQSGAGLIRYFNE
ThAs61b ----------------------------------MASD---RKSEGFQSGAGLIRYFEE
Hsps61b ----------------------------------MSSG---QNSGGLMSSAGLVRYFDS
Afs61b
---------------------------------MAKAPKGKAKTPPLMSSAGIMRYF-E
PyAs61b ----------------------------------MARRRK—
YEGLNPFVAAGLIKFSEE
Aps61b
MGMRHSSQPYYGMLRFNSPHTHVTGGRVPGGWRVLSVRRRRERRATPVTAAGLL
SFY-E
Sas61b
----------------------------------MPSSKKKKEDVPIASMAGLVRYY-E
Hssec61b
MPGPTPSGTNVGSSGRSPSKAVAARAAGSTVRQRKNASCGTRSAGRTTSAGTGG
MWRFYT
SCsbh1
---------------MSSPTPPGGQRTLQKRKQGSSQKVAASAPKKNTNSNNSILKIYS
32
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
>---------TM-------<
HHHHHHHHHHHHHHHHHHHH
••••,••••3••••,••••4••••,••••5•••
MJs61b
ETFSKIRVKPEHVIGVTVAFVIIEAILTYGRFL-----
PHs61b
EDTRAIKITPKGAIALVLILIIFEILLHVVG-PRIFG-
MetBs61b ADKNAVQVQPKVVLIVGAIVGIAVLFLSAVN-GFWP-MKs61b
EEAPGIKIDPDYILYACFAVAVLLIIAHTMAAV-----
MTs61b
EETKGPKLTPEQVVVMSIILAVFCLVLRFSG-------
Fas61b
EEIKGPAIDPKLIIYIGIAMGVIVELAKVFW-PV----
ThAs61b
EEIKGPALDPKLVVYMGIAVAIIVEIAKIFW-PP----
Hsps61b
EDSNALQIDPRSVVAVGAFFGLVVLLAQFFA-------
Afs61b
EEKTQIKVSPKTILAAGIVTGVLIIILNAYY-GLWP--
PyAs61b
GELEKIKLTPRAAVVISLAIIGLLIAINLLLPPL----
Aps61b
EYEGKIKISPTIVVGAAILVSAVVAAAHIFLPAVP---
Sas61b
SEKEKVKISPKVVVVASIVLIAGVIIASFIIRPRYNLF
Hssec61b EDSPGLKVGPVPVLVMSLLFIASVFMLHIWGKYTRS-SCsbh1
DEATGLRVDPLVVLFLAVGFIFSVVALHVISKVAGKLF
Figura 6: Allineamento di sequenza di SecG in archeobatteri ed eucarioti.
ARCHEOBATTERI (MJ, Methanococcus jannaschii; PH, Pyrococcus horikoshii; MetB,
Methanosarcina barkeri; MK, Methanopyrus kandleri AV19; MT, Methanothermobacter
thermautotrophicus; FA, Ferroplasma acidarmanus; ThA, Thermoplasma acidophilum; Hsp,
Halobacterium sp. NRC-1; AF, Archaeoglobus fulgidus DSM 4304; PyA, Pyrobaculum
aerophilum; AP, Aeropyrum pernix; SA, Sulfolobus acidocaldarius), EUCARIOTI (HS,
Homo sapiens and SC, Saccharomyces cerevisiae). H: elementi della struttura secondaria.TM:
porzione immersa nel bilayer lipidico. Rosso: > 50% identità tra tutte le specie. Magenta :
50% similarità tra tutte le specie (van der Berg et al., 2004).
33
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 7: Struttura del PCC (Protein-Conducting Channel), ottenuta mediante diffrazione ai
raggi X. La figura mostra lo stato aperto del canale, con un crosslink tra SecY e SecE, il poro,
il suo anello di amminoacidi idrofobi ed il plug (van der Berg et al., 2004).
34
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
SecD, SecF, YajC
sono codificati da geni non essenziali per la
sopravvivenza cellulare ma necessari per il trasporto proteico efficace (Pogliano
e Beckwith, 1994; Sagara et al., 1994). Essi formano un eterotrimero che può
associarsi a SecYEG (Duong e Wickner, 1997; Lotz et al., 2008). Il complesso
SecDFYajC stabilizza l’inserzione di SecA nella membrana, con un
meccanismo che permette l’accumulo di intermedi di translocazione, i quali
possono guidare il completamento della translocazione, sotto l’influenza della
forza proton motrice. L’eterotrimero controlla inoltre i cicli di inserzione-deinserzione di SecA alla membrana, regolando così la translocazione (Duong e
Wicker, 1997). SecDFYajC sono necessari per il rilascio delle proteine
translocate e sono implicati nel mantenimento della forza proton motrice
(Arkowitz e Bassilana, 1994). Sia SecG che SecDFYajC favoriscono l’attività
di SecE e SecY, facilitando il ciclo ATP-dipendente di inserzione-de-inserzione
di SecA alla membrana (Duong e Wicker, 1997). Ulteriori studi mostrano come
i due complessi trimerici si associano a formare il complesso esamerico
SecYEG-SecDFYajC.
YidC è una proteina che favorisce l’inserzione e l’assemblaggio di molte
proteine della membrana interna di E. coli. Omologhi di YidC, sono Oxa1, nella
membrana interna dei mitocondri, ed Alb3, nella membrana tilacoidale dei
cloroplasti (Yi e Dalbey, 2005), mentre non si hanno omologhi nella membrana
del reticolo endoplasmatico. YidC agisce secondo due pathways distinti, uno
associato con la translocasi, che media anche il trasporto di proteine attraverso
la membrana e l’altro indipendente da essa (Luirink et al., 2001; van Bloois et
al., 2005). Nel primo pathway YidC interagisce con SecDFYajC, formando un
complesso omotetramerico (Nouwen e Driessen, 2002).
35
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
COOH
NH2
ATPase
YidC
YajC
SecD
PERIPLASMA
SecF
SecA
SecG
SecY
SecE
CITOPLASMA
Membrana
interna
SecB
+
H
Figura 8: Componenti della translocasi localizzata nella membrana interna di E. coli,
ampiamente descritti nel testo. SecA, l’ATPasi periferica della membrana, SecB, la chaperon
molecolare, il core SecYEG, il complesso SecDFYajC e la proteina YidC. In nero è
rappresentata la pre-proteina translocata. In rosso le due sorgenti di energia, l’ATP e il
gradiente protonico, uno dei due componenti, oltre al potenziale elettrico di membrana, della
forza proton motrice.
36
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Trasporto SecG-dipendente e indipendente
PAI-2 un inibitore di proteasi della famiglia delle serpine, è espresso dai
monociti del sangue periferico, dai cheratinociti e dai macrofagi. Nei mammiferi
questa proteina si ritrova sia translocata nel reticolo endoplasmatico e poi
secreta, sia accumulata nel citoplasma. Tale localizzazione bi-topologica di
PAI-2 è dovuta ad una “secrezione facoltativa” (Belin et al., 1989). Questa
proteina ha delle proprietà simili quando viene espressa in E. coli, ciò porta ad
interrogarsi su quale sia la sequenza segnale di PAI-2 e quale il suo meccanismo
di distribuzione topologica. Per rispondere a queste domande, sono state fatte
parecchie costruzioni di proteine chimeriche contenenti la regione matura della
proteina PhoA e la porzione N-terminale di PAI-2 che contiene due domini
idrofobi corrispondenti a due eliche α (hA e hB) della struttura tridimensionale
delle serpine (Huber e Carrel, 1989).
La superfamiglia delle proteine serpine, molte delle quali sono inibitori di
serina-proteasi, comprende proteine identificate in archeobatteri, batteri e
piante. Uno “storico” membro di questa superfamiglia è la proteina di pollo
ovalbumina, necessaria per la conservazione del bianco dell’uovo, priva
dell’attività inibitrice di proteasi. Essa appartiene al sottogruppo definito ovoserpine o B-serpine, che comprende nell’uomo tredici proteine coinvolte nella
regolazione
dell’infiammazione,
dell’apoptosi,
dell’angiogenesi
e
dell’embriogenesi. Nel pollo sono presenti dieci proteine del sottogruppo delle
ovo-serpine, i cui geni sono localizzati in un locus di circa 150 Kb. La presenza
di un gruppo di queste proteine anche in zebrafish, consente di affermare che le
B-serpine sono conservate nel corso dell’evoluzione e la presenza di “nuove”
serpine, come l’ovalbumina, ha contribuito all’adattamento dei vertebrati
(Benarafa e Remold-O’Donnel, 2005).
PAI-2 appartiene ad sottogruppo di serpine, che include l’ovalbumina, una
proteina che viene secreta, e inibitori dell’elastasi o della trombina che sono
stati invece messi in evidenza soltanto nel citosol (Belin, 1993). PAI-2, così
37
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
come l’ovalbumina è secreta senza alcun taglio della sequenza segnale (Ye et
al., 1988). La regione N-terminale completa (hA+hB) è una sequenza segnale
poco efficace, circa dieci volte più debole della sequenza segnale della fostatasi
alcalina wild type. L’hA non è una sequenza segnale, mentre l’hB sembra essere
una sequenza segnale più efficiente (Belin et al., 2003). Questo suggerisce che
le due eliche cooperino e che l’hA impedisca la translocazione sia grazie ad una
interazione diretta con il dominio hB, sia spingendo la regione idrofoba lontano
dall’estremità N-terminale. Alti livelli di espressione della proteina chimerica
PAI-2-PhoA, interferiscono con la crescita cellulare (Bost e Belin, 1995). Molti
soppressori di questo fenotipo tossico sono localizzati nei geni secA e secY, e
quindi l’arresto della crescita è dovuto ad una interazione difettiva della
proteina chimerica con la macchina di trasporto. Molti soppressori sono presenti
anche nel gene secG, e questi mutanti hanno un debole fenotipo Sec,
determinato dal loro effetto sul trasporto di sequenze segnale wild type. La
delezione di secG, conferisce anch’essa un debole fenotipo Sec, ma non
sopprime la tossicità della proteina chimerica PAI-2-PhoA. Questa differenza
risulta da un effetto selettivo dei mutanti secG sulla cinetica dell’esporto
mediata da PAI-2. Possiamo affermare che esistono due tipi funzionali di
complessi di translocazione, con o senza SecG (Bost e Belin, 1995). Un altro
studio effettuato usando una versione tronca (hB-PhoA) della stessa proteina
chimerica, ha consentito di isolare altri mutanti, soppressori della tossicità,
localizzati nel gene secG. Due di questi mutanti sono funzionali, facilitano
l’esporto delle proteine endogene, e interagiscono, anche se con ridotta affinità,
con il complesso SecYE. Il mutante in cui il gene secG è deleto sopprime la
tossicità di hB-PhoA ma non quella di PAI-2-PhoA. Ciò è dovuto al fatto che la
più lunga regione N-terminale della sequenza segnale di PAI-2-PhoA contiene
dei determinanti aggiuntivi che interagiscono con SecA e/o SecYE,
contribuendo alla sua tossicità. Dunque SecG partecipa al riconoscimento della
sequenza segnale ed entrambi i domini transmembrana di SecG contribuiscono
38
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
ad assicurare il normale riconoscimento della sequenza segnale ad opera della
translocasi (Bost et al., 2000).
Occorre tener presente come ci sia una discrepanza tra la translocazione a 37
°C nelle cellule o nei proteoliposomi ricostituiti. La translocazione in cellule in
cui il gene secG è assente è quasi normale a 37°C, ciò indica che SecG non è
indispensabile a questa temperatura, mentre stimola la translocazione proteica
in proteoliposomi ricostituiti. Uno studio (Hanada et al., 1996) sulla
translocazione in membrane contenenti o prive di SecG, in presenza o assenza
di forza proton motrice, effettuato a 37 °C, ha messo in evidenza che l’assenza
della forza proton motrice, rende la translocazione fortemente dipendente da
SecG. Dunque la translocazione in proteoliposomi, in assenza della forza proton
motrice, richiede SecG, mentre nelle cellule dove è sempre generata una forza
proton motrice, non è richiesto SecG.
Modello sperimentale
Il modello sperimentale per isolare delle sequenze segnali efficaci, sfrutta le
proprietà della fosfatasi alcalina (PhoA), una proteina attiva enzimaticamente
solo quando viene translocata nel periplasma (Boyd et al., 1987; Derman et al.,
1991). Dosaggi quantitativi dell’attività della fosfatasi alcalina, effettuati
usando delle proteine chimeriche, contenenti la porzione matura di PhoA e una
sequenza segnale wild type o mutata, la cui espressione è inducibile con
l’arabinosio, mostrano come la cinetica di trasporto di PhoA, è indipendente da
SecG, per una sequenza wild type, mentre è dipendente da SecG, in caso di
sequenza segnale mutata (figura 9). C’è dunque una differenza tra la
stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+
(Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo, da noi osservata,
con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e
quella in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”.
39
INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Varie costruzioni chimeriche, in un plasmide contenente il promotore PBAD,
inducibile con arabinosio, sono state effettuate, clonando dei frammenti aleatori
di DNA o dei prodotti di amplificazione per PCR di sequenze segnale note o
ipotetiche. L’esporto delle proteine chimeriche è messo in evidenza grazie al
cromogeno XP (5-bromo-4-cloro-3-indolil-fostato). Tali colonie vengono poi
analizzate in due ceppi di E. coli, in cui è presente il gene secG o in cui tale
gene è assente, al fine di individuare una eventuale dipendenza o indipendenza
da SecG del trasporto proteico e poter studiare mediante esperimenti di
translocazione in vitro, il “paradosso di secG”.
Per studiare questo paradosso bisogna effettuare delle esperienze di
translocazione in vitro utilizzando delle IMVs, vescicole di membrana invertite.
Tali vescicole funzionano al contrario di una normale membrana interna
procariotica, i precursori proteici marcati radioattivamente vengono cioè
traslocati dall’esterno all’interno della vescicola. La digestione con proteinasi
K, degrada tutto il substrato non translocato, permettendo di rilevare, la
percentuale di substrato translocato.
Per questo progetto occorre identificare delle sequenze segnale che
permettono in vivo un esporto efficiente solamente in presenza di SecG.
40
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Presentazione della ricerca
Il meccanismo di trasporto delle proteine in E. coli è stato largamente
studiato, sia dal punto di vista genetico (Schatz e Beckwith, 1990; Danese e
Silhavy, 1998) che da quello biochimico (Duong et al., 1997). Nei procarioti, le
proteine della membrana esterna e quelle del periplasma sono sintetizzate nel
citoplasma e trasportate in seguito nel periplasma. Per il trasporto di queste
proteine, una sequenza segnale è riconosciuta dalla translocasi, localizzata nella
membrana interna. Tali proteine sono sintetizzate sotto forma di precursore, e la
sequenza segnale è normalmente tagliata durante il trasporto, da una peptidasi,
originando così la proteina matura. La translocasi si compone di varie proteine
integrali di membrana (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) e di due
componenti solubili, SecA, una ATPasi e SecB, una chaperon molecolare.
Il mio lavoro è finalizzato a studiare il trasporto di proteine attraverso la
membrana, ed in particolare il ruolo di SecG nel trasporto. Il punto di partenza è
un dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina, usando delle
proteine chimeriche, la cui espressione è inducibile con l’arabinosio, contenenti
una sequenza segnale wild type o mutata e la porzione matura di PhoA, una
proteina sintetizzata nel citoplasma e attiva enzimaticamente solo dopo il
trasporto nel periplasma, visto che contiene quattro residui di cisteina che
devono essere ossidati per permettere la formazione di ponti S-S (Boyd et al.,
1987; Derman et al., 1991). Tale ossidazione ha luogo nel periplasma,
originando così la proteina attiva, che trasforma un substrato cromogeno (XP)
in un precipitato, legato alla quantità di PhoA attiva nel periplasma. PhoA viene
clonata nel vettore PBAD, e la sua espressione è inducibile con l’arabinosio. I
risultati, presentati nella figura 9, mostrano come la cinetica di trasporto di
PhoA, messa in evidenza misurando la sua attività enzimatica, è indipendente
da SecG, per una sequenza wild type (PhoA+), mentre è dipendente da SecG,
41
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
per una sequenza segnale mutata (MalE14). C’è dunque una differenza tra la
stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+
(Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo, da noi osservata,
con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e
quello in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. Come mostra la figura 9, le
sequenze segnale mutate (in figura è mostrata MalE14, una delle varie sequenze
segnale mutate analizzate) presentano invece, in vivo, la differenza di
stimolazione osservata in vitro con le sequenze wild type.
In seguito, ho utilizzato dei substrati chimerici contenenti la porzione matura
di OmpA e varie sequenze segnale wild type o mutate. Un solo substrato era
SecG-dipendente, la proteina PhoA82rev-OmpA. Visto che questo substrato
SecG-dipendente non si è rivelato adatto ai miei esperimenti (meno del 5% di
translocazione, figura 16), è stato necessario ricercare altri substrati SecGdipendenti ed efficaci.
42
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Il ruolo di SecG nel trasporto proteico in
E. coli
Il paradosso di SecG: differenza tra trasporto proteico in vitro ed
in vivo
Il punto di partenza di questo lavoro è un dosaggio quantitativo dell’attività
della fosfatasi alcalina, usando delle proteine chimeriche, contenenti una
sequenza segnale wild type o mutata e la porzione matura di PhoA, una proteina
attiva enzimaticamente solo dopo il trasporto nel periplasma (Boyd et al., 1987).
Una analisi qualitativa dell’attività di PhoA viene eseguita su piastre indicatrici,
contenenti XP, un substrato cromogeno trasformato in un precipitato blu se la
proteina è enzimaticamente attiva. Un dosaggio quantitativo dell’attività di
PhoA, consente di dosare in dettaglio l’attività enzimatica delle proteine
esportate. PhoA viene clonata nel vettore PBAD, e la sua espressione è inducibile
con l’arabinosio. E’ dunque possibile seguire la cinetica di accumulazione di
PhoA attiva a vari tempi dopo l’induzione. I risultati, presentati nella figura 9,
mostrano come la cinetica di trasporto di PhoA, è indipendente da SecG, per
due sequenze segnale wild type (PhoA+, MalE+), mentre è dipendente da SecG,
per due sequenze mutate (MalE14, PhoA82rev). PhoA82rev, è uno
pseudorevertante in cui l’effetto della delezione degli amminoacidi idrofobi
leucina 8 e alanina 9 è compensato dalla mutazione Lys20Glu. C’è dunque una
differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild
type OmpA (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo, da noi
osservata, con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in
vitro e quello in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. Come mostra la
figura 9, le sequenze segnale mutate presentano invece, anche in vivo, la
differenza di stimolazione osservata in vitro con le sequenze wild type. Oltre
alla sequenza segnale mutata MalE14 e allo pseudorevertante PhoA82rev,
43
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
presentati in figura 9, altri mutanti in diverse posizioni della sequenza segnale
di MalE+ (Leu10Pro, Ala14Glu, Thr16Lys, Met18Arg, Met19Arg), PhoA+
(Leu14Gln, delLeu8Ala9) e RbsB (Ser16Arg, Ala17Asp) sono stati studiati.
Tutti questi mutanti, tranne RbsBrev (Ser16His), un altro pseudorevertante,
presentano in vivo la differenza di stimolazione osservata in vitro con le
sequenze segnale wild type. RbsBrev, è uno pseudorevertante di RbsB16
(Ser16Arg), che presenta la mutazione Ser16His, un amminoacido che non
sarebbe stato prodotto come attivo all’interno della regione idrofoba.
Per studiare il paradosso di SecG, ho utilizzato delle proteine chimeriche
contenenti la porzione matura di OmpA, il classico reporter utilizzato in vitro,
invece di PhoA. Varie esperienze di pulse-chase-immunoprecipitazione, sono
state condotte utilizzando diversi substrati chimerici contenenti varie sequenze
segnale wild type o mutate (PhoA+, PhoA82rev, RbsB, RbsBrev, OmpA+) e la
porzione matura di OmpA, per quantificare la percentuale di forma matura in
ceppi isogenici contenenti il gene secG o in cui tale gene è assente. Le cinque
sequenze segnale utilizzate sono (la freccia indica la posizione del sito di
taglio):
44
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
OmpA:
MKK TAI AIA VAL AGF ATV AQA
PhoA:
MKQ STI ALA LLP LLF TPV TKA
PhoA73 (L14Q):
MKQ STI ALA LLP LQF TPV TKA
PhoA82 (delL8A9):
MKQ STI A--
LLP LLF TPV TKA
PhoA82rev (delL8A9, K20E): MKQ STI A--
LLP LLF TPV TEA
RbsB :
MNM KKL ATL VSA VAL
SAT
RbsBrev (S16H) :
MNM KKL ATL VSA VAL
HAT
45
VSA NAM A
VSA NAM A
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
I risultati sono presentati nella figura 10. Vari substrati sono efficaci e con un
trasporto di poco SecG-dipendente, come ad esempio la proteina OmpA,
(contenente la sequenza segnale e la porzione matura di OmpA) ed un solo
substrato è invece altamente SecG-dipendente, la proteina PhoA82rev-OmpA
(Michaelis et al., 1983). RbsB-OmpA e Rbsrev-OmpA sono efficaci e SecGindipendenti ed infine PhoA-OmpA è poco esportata nel pulse ma efficace nel
chase.
Sono stati condotti quindi gli esperimenti di translocazione in vitro, per
studiare il “paradosso di SecG”, utilizzando i substrati SecG-dipendenti e SecGindipendenti mostrati nella figura 10.
Figura 9 (pagina seguente): Cinetica di esporto di PhoA+ e di tre proteine chimeriche.
Dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina di proteine chimeriche contenenti la porzione
matura di PhoA e una sequenza segnale, rispettivamente quella naturale di prePhoA (PhoA+)
o di preMalE (MalE+), mutata PhoA82rev (delLeu8Ala9, Lys20Glu), mutata MalE14 (A14E),
nei ceppi isogenici DB550 e DB551, derivati da DHB3, in cui gli alleli secG+ e secG::Kn
sono introdotti mediante cotrasduzione con zhc::203 da CAG12072 (Singer et al., 1989;
Nichols et al., 1998) ed in altri due ceppi contenenti le mutazioni secG1 e secG15. secG1
(F43S) sopprime la tossicità della proteina chimerica PAI2-PhoA (Bost e Belin, 1995), mentre
secG::Kn e secG15 (L59R) sopprimono la tossicità di hB-PhoA (Bost e Belin, 2000).
L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 20, 40, 60 e 80 minuti con arabinosio. Il
risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è
riportata la media con la rispettiva banda di errore.
46
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
PhoA82rev (delLeu8Ala9,Lys20Glu)
2500
secG+
delsecG
PhoA Units
2000
secG1
secG15
1500
1000
500
0
0
20
40
60
Tempo (min.)
47
80
100
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
100
100
75
75
50
25
0
0
secG+
del secG
pulse
chase
secG+
del secG
PhoA82rev-OmpA
100
75
75
%mature
100
50
25
0
0
secG+
del secG
chase
100
%mature
75
50
25
0
pulse
RbsB-OmpA
pulse
RbsBrev-OmpA
chase
48
chase
50
25
pulse
PhoA-OmpA
50
25
pulse
%mature
secG+
del secG
OmpA+
%mature
%mature
secG+
del secG
chase
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 10 (pagina precedente): Esporto determinato dal taglio della sequenza segnale.
Pulse-chase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-OmpA di colture batteriche dei ceppi
DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn) contenenti i plasmidi (p694-p698) codificanti per varie
proteine chimeriche aventi differenti sequenze segnale (OmpA+, PhoA, PhoA82rev, RbsB,
RbsBrev) e la porzione matura di OmpA. Le colture sono indotte con arabinosio per 5 minuti,
e marcate con metionina
35
S (pulse 20 secondi, chase 10 minuti). In figura è mostrato il
rapporto tra la forma matura della proteina ed il totale (forma matura più precursore). L’analisi
è effettuata in triplicato e la media con la banda di errore è mostrata in figura.
Preparazione degli esperimenti di translocazione in vitro:
produzione di OmpA, SecB e SecA
Per la translocazione in vitro, occorre innanzi tutto preparare i substrati
necessari, OmpA+, PhoA82rev-OmpA, PhoA-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrevOmpA e le proteine SecA e SecB. Per produrre i vari substrati, in particolare
OmpA+, ho utilizzato un ceppo GP2, contenente l’allele secA11, visto che la
percentuale di precursore preOmpA non tagliato in questo ceppo mutante è
quasi doppia rispetto al ceppo wild type GP1. Così facendo ho superato
“l’inconveniente” che il normale destino di un precursore è di essere esportato e
dunque la purificazione risulterebbe difficoltosa. L’espressione della proteina
OmpA+ è stata indotta con arabinosio, in colture di cellule GP1 e GP2,
contenenti il plasmide p694. Le cellule sono state lisate ed i risultati della
preparazione sono mostrati nella SDS-PAGE (figura 11). Come si vede la
quantità di precursore preOmpA nel ceppo GP2 è quasi doppia rispetto al ceppo
GP1. La quantità di proteina è stata infine stimata con un dosaggio proteico.
Il secondo componente per effettuare i saggi in vitro è la proteina SecB. A
causa di una difficoltà di produzione di SecB usando il plasmide pJW25 (ApR)
ho clonato il frammento kanamicina del plasmide pUC4-Kn, nel vettore pJW25,
contenente il gene secB espresso dal promotore della T7 RNA polimerasi.
L’espressione della proteina SecB è stata indotta con IPTG, in colture di cellule
BL21 contenente il suddetto plasmide. La proteina SecB è stata purificata, dopo
49
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
aver lisato le cellule, mediante cromatografia a scambio anionico Q Sepharose
Fast Flow (Amersham), grazie ad un gradiente di NaCl 0-600 mM,
precipitazione con solfato di ammonio e dialisi mediante membrane
(Spectra/Por 1, cut-off 6000-8000). L’ultima tappa di purificazione è una
cromatografia FPLC (MonoQ 5/5) sempre recuperando la proteina mediante un
gradiente di NaCl (figura 12). La quantità di proteina è stata infine stimata con
un dosaggio proteico.
secA+
secA11
p
m
Figura 11: Purificazione della proteina preOmpA+. SDS-PAGE della proteina OmpA+,
ottenuta da colture dei ceppi GP1 (secA+) e GP2 (secA11), contenenti il plasmide p694,
indotte con arabinosio e lisate con lisozima 50 mg/ml e sonicazione. La “p” rappresenta il
precursore e la “m” la forma matura della proteina OmpA+. Nel ceppo GP2 il precursore è
quasi doppio rispetto al ceppo GP1, e quasi non si ha la forma matura. I due ceppi sono
preparati trasducendo il trasposone leu::Tn10 di LMG194, in SB11 (DHB3, secA11
I327S,
p72Kn), selezionando e facendo uno screening su arabinosio 0.2%. Uno stock di P1 del ceppo
leu::Tn10, secA11 (AraR), così ottenuto, è trasdotto in Mph56, selezionando ed isolando una
colonia blu (GP1) ed una bianca (GP2).
50
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
0-350 mM NaCl
350-600 mM NaCl
Figura 12: Purificazione della proteina SecB. SDS-PAGE della proteina SecB, ottenuta da
una coltura del ceppo BL21, contenente il plasmide pJW25-Kn, indotta con IPTG 0.5 mM,
lisata mediante lisozima 10 mg/ml e sonicazione, purificata grazie a Q Sepharose Fast Flow
(Amersham), precipitazione con solfato di ammonio 80% di saturazione, dialisi e FPLC su
MonoQ 5/5. La proteina viene eluita mediante gradiente di NaCl 0-350 mM, 350-600 mM.
Nel rettangolo sono evidenziate le frazioni da cui viene recuperata SecB, mentre nel primo
pozzetto si ha una aliquota del materiale di partenza, cioè SecB dopo la prima cromatografia
con Q Sepharose Fast Flow.
51
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Per purificare l’ATPasi SecA, sono stati utilizzati due plasmidi, pZ52SecA-E
e pT7-SecAHis, il secondo più semplice da purificare rispetto al primo, facendo
colture di cellule rispettivamente BL21 e BL21.19, in cui l’espressione della
proteina è stata indotta con IPTG. La proteina SecA è stata purificata, dopo
aver lisato le cellule, utilizzando varie tecniche di cromatografia in base al peso
molecolare (Hiload 16/60-Superdex) o cromatografia HPLC (Sephacryl S300High Resolution), che non hanno prodotto una proteina enzimaticamente attiva.
Infine è stata effettuata una cromatografia per affinità, usando per SecA una
Blue Sepharose 6 Fast Flow (Amersham), in cui il substrato Cibacron Blue 3G è
covalentemente legato alla resina Blue Sepharose 6 e per SecA-His una NiNTA-agarose. L’attività della proteina così prodotta è stata testata mediante
saggi dell’attività enzimatica con TLC-plate e γ-ATP-32P, usando il substrato
preOmpA e delle membrane invertite (IMVs) urea-stripped di KM9 (in cui non
si ha l’operone unc, che codifica per nove sub-unità della ATP-sintetasi). I
risultati della figura 13 confermano che la proteina SecA è enzimaticamente
attiva, anche se non determina una grande differenza rispetto alla reazione
condotta in assenza di SecA. Ciò vuol dire che le membrane non sono state
efficacemente urea-stripped della proteina SecA endogena. In realtà una verifica
è stata condotta, mediante Western-blot (dati non mostrati) con anticorpi antiSecA e anti-YidC, un anticorpo usato come controllo. Le IMVs ed il lisato
totale contengono la stessa quantità di proteina SecA. Non sarebbe quindi
nemmeno necessario aggiungere SecA per i saggi di translocazione in vitro.
52
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Attività ATPasica di SecA
20,000,000
10,000,000
Se
cA
pO
A,
IM
Vs
Se
cA
pO
,I
M
A,
Vs
IM
Vs
,S
ec
A
0 min.
30 min.
IM
Vs
BL
AN
K
0
Figura 13: Attività ATPAsica di SecA. Saggio dell’attività ATPasica di SecA purificata dal
ceppo BL21, contenente il plasmide pZ52-SecAE. L’attività ATPasica di SecA (100 µg/ml
finale) è testata mediante saggio con TLC-plates, usando 2 µCi γ-ATP
32
P. Le IMVs KM9
urea-stripped e il substrato preOmpA in urea buffer sono usati ad una concentrazione finale di
100 µg/ml. Il saggio è effettuato a 40 °C per 30 minuti. Vista l’attività messa in evidenza, con
preOmpA, IMVs e in assenza di SecA, di poco differente a quando è aggiunta SecA,
evidentemente le IMVs non sono state efficacemente urea-stripped di SecA endogena.
53
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Esperimenti di translocazione in vitro
La tappa preparatoria agli esperimenti di translocazione in vitro è la rimozione
del detergente NP40 usato durante la preparazione del substrato OmpA+. Per far
ciò, un eguale volume di acido tricloracetico 20% è aggiunto, incubando in
ghiaccio per un’ora. Dopo aver effettuato tre lavaggi con acetone freddo, la
proteina è risospesa in urea buffer (6M urea, 50 mM Tris-HCl, pH 8.0). Lo
stesso procedimento è utilizzato per gli altri substrati PhoA-OmpA, PhoA82revOmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA, espressi dai plasmidi p695, p696, p697,
p698. A questo punto i substrati proteici sono marcati radioattivamente
mediante iodinazione. In un tubo è lasciato evaporare sotto azoto dello
iodogeno in cloroformio 1 mg/ml (lo iodogeno è un ossidante che fissa lo iodio
marcato alla proteina). 50 µg di proteina OmpA+ e 20 µCi di 125I, sono incubati
10 minuti in ghiaccio. La radioattività in una parte della reazione è misurata,
mentre il resto è diviso in due parti, una precipitata 5 minuti in ghiaccio con
acido tricloracetico 20% e poi risospesa in urea buffer e l’altra risospesa
direttamente in urea buffer.
L’efficienza della iodinazione è verificata su gel di acrilammide (figura 14).
Dopo precipitazione con acido tricloracetico, si vedono un certo numero di
prodotti di degradazione, mentre senza precipitazione al TCA si osserva
un’unica banda di 37 KDa, corrispondente al substrato iodinato. I prodotti di
degradazione non sembrano dovuti alla iodinazione o alla precipitazione al
TCA, ma alla risospensione in urea buffer. Gli altri substrati PhoA82rev-OmpA,
PhoA-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA sono stati iodinati senza la
precipitazione al TCA 20% (dati non mostrati).
54
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Sup +TCA
-TCA
Figura 14: Iodinazione della proteina OmpA+. Gel di poliacrilammide 10% contenente nel
primo pozzetto il supernatante (104 cpm) ottenuto dopo iodinazione e precipitazione al TCA
20% di OmpA+, nel secondo pozzetto la proteina (2 x 104 cpm) iodinata con precipitazione al
TCA 20% e nel terzo pozzetto (104 cpm) la iodinazione senza precipitazione al TCA 20%. Si
nota come nell’ultimo caso OmpA presenta un’unica banda di 37 KDa.
A questo punto sono stati condotti dei saggi di translocazione in vitro con i
substrati iodinati, per stabilire le condizioni ideali di reazione (figura 15): circa
4 x 104 cpm/reazione di substrato proteico, SecA 40 µg/ml, SecB 40 µg/ml
(anche se non sarebbe necessario aggiungerla), ATP 2 mM, IMVs 100 µg/ml.
La reazione è condotta per 15 minuti a 37 °C e 2 minuti di incubazione in
ghiaccio, digestione con proteinasi K (1 mg/ml) che degrada la proteina non
translocata all’interno delle IMVs, mentre quella translocata è inaccessibile.
Come si vede dalla figura 15 le proteine OmpA+, e PhoA-OmpA sono quelle
la cui translocazione è più efficiente. Inoltre, i due substrati efficienti in vivo,
RbsBrev-OmpA e PhoA82rev-OmpA, sono estremamente deboli in vitro.
Probabilmente il sistema non riflette adeguatamente l’esporto in vivo.
55
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
OmpA+
Sequenza segnale:
1
21
2
3
4
5
6
-
-
-
1/3 3x
SecB SecA ATP SecB
7
8
PhoA+ PhoA82 RbsB RbsBrev
rev
9
10
1/3 3x
+
SecA
11 12 13 14
-
1/3 3x
SecA-His
+
15 16
17
18 19
20
-
-
+
+
+
-
-
SecB
Figura 15: Esperimenti preliminari di translocazione in vitro. Gel di poliacrilammide di
un’esperienza necessaria a mettere a punto le condizioni ottimali di reazione.
Nel 1 e 2 pozzetto due aliquote (2 x 104 cpm) di reazione completa con OmpA+.
Nel 3 pozzetto è assente SecB: l’efficienza di translocazione varia di poco, quindi non sarebbe
nemmeno necessario usare SecB.
Nel 4 pozzetto è assente SecA: la translocazione è fortemente ridotta (risultato in disaccordo
con quanto ottenuto in figura 13, in cui la differenza tra la reazione in presenza o assenza di
SecA non è drastica come in questo caso, probabilmente perché si è avuta una lisi delle
membrane).
Nel 5 pozzetto reazione condotta senza ATP: non si ha translocazione.
Nel 6 e 7 pozzetto 1/3 e 3x di SecB: non si hanno grandi differenze.
Nell’8 e 9 pozzetto 1/3 e 3x di SecA: non si hanno grandi differenze.
Nel 10 pozzetto la reazione è condotta usando SecA-His: non si hanno grandi differenze
rispetto a SecA.
Nei pozzetti 11, 12, 13 SecA-His è rispettivamente assente, 1/3 e 3x. La translocazione in
assenza di SecA-His non è fortemente ridotta (come in assenza di SecA, pozzetto 4).
Nei pozzetti 14 e 15, l’esperienza è condotta in presenza o assenza di SecB, con PhoA-OmpA
(4 x 104 cpm).
Nei pozzetti 16 e 17, in presenza o assenza di SecB, con PhoA82rev-OmpA (4 x 104 cpm).
Nei pozzetti 18 e 19, in presenza o assenza di SecB, con RbsB-OmpA (4 x 104 cpm).
Nei pozzetti 20 e 21, in presenza o assenza di SecB, con RbsBrev-OmpA (4 x 104 cpm).
Manca un loading control.
56
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Dopo aver stabilito le condizioni ottimali di translocazione, è stata effettuata
una cinetica di reazione a differenti tempi (fino a 25 minuti), usando le
condizioni stabilite in precedenza. I risultati, mostrati nella figura 16,
evidenziano che il tempo non determina grandi differenze nell’efficienza di
reazione e più precisamente dopo sei minuti sembra che la reazione giunga a
saturazione. Inoltre si vede che OmpA+ e PhoA-OmpA sono translocate più
efficacemente (circa 10% ) rispetto agli altri tre substrati (meno del 5%). Inoltre
paragonando i risultati di PhoA-OmpA con la figura 10, osservo che tale
proteina chimerica è translocata con un taglio non ottimale durante la
translocazione.
A questo punto, varie esperienze di translocazione in vitro sono state
condotte, con i substrati iodinati e le condizioni ottimali determinate in
precedenza (dati non mostrati). Inoltre varie IMVs urea-stripped (IMVs-KM9,
IMVs-KM9-HAEY, IMVs-KM9-HAEYG, le ultime prodotte trasformando i
plasmidi pHAEY e pHAEYG nel ceppo KM9) sono state testate. Purtroppo i
risultati non sono riproducibili.
Visti questi risultati, in cui l’unico substrato SecG-dipendente, PhoA82revOmpA, non sembra essere adatto, probabilmente perché non è una vera
sequenza segnale wild type ma uno pseudorevertante di PhoA, ho ricercato altri
substrati SecG-dipendenti ed efficaci.
57
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
OmpA+
1 2
3
4
5 6
20%10% + 3’
IMVs Tx
7
6’
8
PhoA-OmpA
9 10 11 12
1 2
9’ 12 ‘ 15’ 18’ 21’ 25’
5
6
20%10% - + 3’
IMVs Tx
6’
RbsB-OmpA RbsBrev-OmpA
1
2
3
4
5
6 7 8
1
2 3
4 5
6 7
3
4
7
8
9’
9
10 11 12
12 ‘ 15’ 18’ 21’ 25’
PhoA82rev-OmpA
8
1
10% 5% + 5’ 10’ 15’ 20’ 10%5% - + 5’ 10’ 15’ 20’
IMVs Tx
IMVs Tx
2
10% 5%
3
4
+
IMVs Tx
5
6
3’
6’
7
9’
8
9
10
12’
15’ 20’
?
Figura 16: Esperimenti di translocazione in vitro. Gel di poliacrilammide di esperienze
condotte con vari substrati proteici e a differenti tempi di reazione. Per OmpA+ (4 x 104
cpm/reazione):
Nel 1 e 2 pozzetto 20% e 10% della reazione non digerita con proteinasi K.
Nel 3 e 4 pozzetto i controlli senza IMVs e con IMVs + Triton X-100.
Dal 5 al 12 pozzetto la reazione condotta rispettivamente a 3, 6, 9, 12, 15, 18, 21, 25 minuti a
37 °C. Per PhoA-OmpA (4 x 104 cpm/reazione): stesse condizioni di OmpA+. Per RbsBOmpA (7 x 104 cpm/reazione), nei primi due pozzetti 10% e 5% di materiale non digerito con
proteinasi K, poi i due controlli, e la reazione condotta a 5, 10, 15, 20 minuti. Per RbsBrevOmpA (8 x 104 cpm/reazione), 10% e 5% di materiale non digerito con proteinasi K, il
controllo senza IMVs (?, probabilmente la proteinasi K non è stata aggiunta), il controllo con
IMVs e Triton X-100 e la reazione a 5, 10, 15, 20 minuti. Infine per PhoA82rev-OmpA (9 x
104 cpm/reazione), 10% e 5% di materiale non digerito con proteinasi K, il controllo senza
IMVs e con IMVs + Triton X-100, e le reazioni a 3, 6, 9, 12, 15, 20 minuti.
Paragonando questa figura con la corrispondente figura 10, si evidenzia inoltre un cattivo
taglio durante il trasporto per PhoA-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA, PhoA82revOmpA.
58
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze
aleatorie
Per ottenere delle sequenze aleatorie una libreria di frammenti di DNA di E.
coli è stata prodotta nel vettore pBAD24-phoA contenente la porzione matura di
phoA nel buon codice di lettura. Il DNA genomico di E. coli è stato digerito con
gli enzimi di restrizione AluI, HaeIII, RsaI, che producono estremità blunt, in
modo da ottenere piccoli frammenti di circa 100 bp che sono stati clonati in
pBAD24-phoA digerito con l’enzima SmaI. I prodotti di ligazione sono stati
elettroporati in cellule di E. coli (DB550, ceppo in cui il gene endogeno phoA è
assente), con il fine di ottenere un gran numero di cloni, analizzati su piastre
contenenti ampicillina, XP ed arabinosio, in modo da indurre l’espressione di
PhoA. Le colonie assumono una colorazione blu se la proteina PhoA viene
esportata efficacemente nel periplasma. Circa 4.7 x 104 cloni sono stati ottenuti,
e 24 sono stati analizzati mediante un dosaggio quantitativo della fosfatasi
alcalina nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). 18/24 (Mut1,
2…18) presentano unità di PhoA in DB550 superiori al valore 200 (figura 17),
che è stato scelto come soglia minima, mentre 6/24 (Mut19, …24) presentano
un valore inferiore a 200 (dati non mostrati).
Come si vede dalla figura 17, solo 3 mutanti (Mut11, 13, 14) presentano un
trasporto limitatamente SecG-dipendente. In seguito, i 24 cloni sono stati
sequenziati con il primer pBADup2 e le sequenze sono state comparate a quelle
dei geni di E. coli. I risultati di questa analisi sono presentati nella figura 18. I
mutanti che presentano un trasporto SecG-dipendente (Mut11, Mut13, Mut14)
non hanno una sequenza segnale, ma delle sequenze random o di domini
proteici transmembrana; un unico mutante (Mut15), SecG-indipendente
presenta una vera sequenza segnale, quella della proteina Rzor, una proteina
della membrana esterna.
59
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 17 (pagina seguente): Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo della
fosfatasi alcalina nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn) di 18 mutanti
ottenuti da una libreria di frammenti di DNA di E. coli clonati nel vettore pBAD24-phoA.
L’analisi in triplicato è effettuata dopo induzione di 1 ora con arabinosio e la media con la
banda di errore è mostrata in figura. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Il controllo è il
vettore pslAP contenente phoA ma privo di sequenza segnale. Solo i mutanti Mut11, 13, 14
presentano una limitata SecG-dipendenza.
60
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
secG+
del secG
PhoA units
1600
1200
800
400
0
pslAP
Mut1
Mut2
secG+
del secG
PhoA units
1600
1200
800
400
0
pslAP Mut3 Mut4 Mut5 Mut6 Mut7 Mut8 Mut9 Mut10
secG+
del secG
1200
800
400
61
ut
18
M
ut
17
M
ut
16
M
M
ut
15
ut
14
M
ut
13
M
ut
12
M
ut
11
M
P
0
ps
lA
PhoA units
1600
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Clone
Gene SwissProt Localizzazione
Informazioni
Mut1
gcd
Q8X946
Random
Opposite sense
Mut2
yejE
P33915
TM
Probabile parte di un sistema
di trasporto binding-protein
dipendente
Mut3
yigQ
P39341
TM
Mut4
fecD
P15029
Random
Mut5
ybfP
P75737
TM
Mut6
ycaD
P21503
TM
Mut7
lidP
P33231
2 TM
Mut8
yeiY
P33021
Random
Trasporto del lattato attraverso
la membrana
Opposite sense
Mut9
yehY
P33361
Random
Opposite sense
Mut10
proX
P14177
Random
Opposite sense
Mut11
idnT
P39344
Random
Opposite sense
Mut12
yhjS
Q52982
Random
Opposite sense
Mut13
mreC
P16926
Random
Opposite sense
Mut14
fadE
Q47146
TM
AcCoA-DH
Mut15
rzor
P58042
Mut16
hemG
P27863
Sequenza
segnale 1-19
Random
Membrana esterna (lipid
anchor)
Opposite sense
Mut17
yidK
P31448
Random
Opposite sense
Mut18
gntU
P46858
2 TM
Mut19
yfgB
P36979
Random
Opposite sense
Mut20
yehW
P33359
Random
Opposite sense
Mut21
gsk
P22937
Random
Opposite sense
Mut22
Z2595
Q8X780
Random
Opposite sense
Mut23
bipA
P32132
Random
Opposite sense
Mut24
tatC
P27852
TM
Translocasi Sec-indipendente
62
Opposite sense
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Figura 18 (pagina precedente): Analisi dei cloni positivi di una libreria di frammenti di
DNA di E. coli. Schema riepilogativo dell’analisi condotta mediante sequenziamento con il
primer pBADup2 e comparazione con le sequenze dei geni di E. coli, per i 24 mutanti ottenuti
da una libreria di frammenti di DNA di E. coli clonati nel vettore pBAD24-phoA. I Mut 1,
2,…..18 presentano unità di PhoA maggiori o uguali a 200 (figura 16), mentre dal Mut 19 al
Mut 24, i valori sono inferiori a 200 (dati non mostrati). 15/24 sono sequenze aleatorie, 8/24
frammenti di domini proteici transmembrana e 1/24 è una vera sequenza segnale.
I mutanti Mut11, 13, 14 che presentano una limitata SecG-dipendenza (figura
17) ed il mutante Mut15, che è l’unico corrispondente ad una vera sequenza
segnale, sono stati analizzati, mediante un pulse-chase-immunoprecipitazione
con anticorpi anti-PhoA, per vedere se vengono tagliati durante il trasporto (tale
caratteristica sarà utile per i saggi di translocazione in vitro).
Il risultato, presentato nella figura 19, mostra che nessuna delle proteine
chimeriche presenta un taglio durante il trasporto, ciò è strano, soprattutto per il
mutante Mut15-Rzor, che contiene una vera sequenza segnale. In realtà tale
risultato è interpretabile con il fatto che Rzor è una lipoproteina tagliata dalla
signal peptidasi II (MVLMRKLKMMLCVMMLPLVVVG C).
In conclusione, visto che la maggior parte, 15/24 dei cloni analizzati
presentano sequenze aleatorie, 8/24 rappresentano frammenti di domini proteici
transmembrana e solo 1/24 (Mut15-Rzor) è una vera sequenza segnale SecGindipendente, la ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti è
continuata effettuando delle amplificazioni per PCR di vere sequenze segnale.
63
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
pslAP
p
c
Mut11
p
c
Mut13
p
c
Mut 14
p
c
Mut15
p
c
Figura 19: Analisi del taglio della sequenza segnale durante il trasporto proteico. Pulsechase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA delle proteine chimeriche Mut 11, 13,
14, 15-PhoA nel ceppo DB550 (secG+). Le colture sono indotte con arabinosio per 1 ora, e
marcate con metionina S35 (pulse 20 secondi, chase 10 minuti). Il controllo è il vettore pslAP
contenente phoA ma privo di sequenza segnale. Rzor non è tagliata durante il trasporto perché
è una lipoproteina il cui taglio è operato dalla signal peptidasi II.
64
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti:
amplificazione per PCR di sequenze segnale di specifici geni di E.
coli
Il genoma di E. coli contiene geni che codificano per circa 4173 proteine. Tra
queste, circa 2800 sono proteine del citoplasma (ad esempio la β-galattosidasi),
mentre circa 1350 sono proteine destinate ad essere esportate fuori dal
citoplasma. Queste ultime si suddividono in 896 proteine della membrana
interna (ad esempio le proteine Sec della translocasi), 313 della membrana
esterna e 139 del periplasma (ad esempio la proteina PhoA). Le proteine
destinate ad essere esportate, si distinguono in proteine caratterizzate aventi una
sequenza segnale determinata sperimentalmente e proteine non caratterizzate
per le quali poco o nulla si sa circa la presenza di una potenziale sequenza
segnale.
Per analizzare in maniera più metodica delle sequenze segnale endogene,
alcune tra le 139 del periplasma sono state amplificate, scegliendole sulla base
di differenze nel peso molecolare, in modo da avere un range vario. 12 sono
state scelte tra quelle aventi sequenza segnale caratterizzata e che dunque
devono essere esportate via translocasi (Bla, DsbA, DsbG, GlnH, OsmY,
MppA, DegP, DppA, MepA, DsbC, PotD, CcmG) e 3 tra quelle non
caratterizzate (YrbC, YnjB, Yehz), delle quali poco o nulla si conosce per
quanto riguarda il trasporto. Le vere o potenziali sequenze segnale di questi 15
geni sono state amplificate usando opportuni primers e poi clonate nel vettore
pslAP, costruendo così delle chimere contenenti una sequenza segnale
determinata o potenziale e la porzione matura del gene phoA. Un dosaggio
quantitativo è stato effettuato per tutte e 15 le sequenze, misurando l’attività
della fosfatasi alcalina. I risultati di questi dosaggi sono presentati nella figura
20.
65
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
DsbA
600
400
400
PhoA units
PhoA units
Bla
600
200
200
0
secG+
0
del secG
se cG+
DsbG
GlnH
600
400
400
PhoA units
PhoA units
600
200
200
0
0
se cG+
secG+
de l secG
del secG
MppA
OsmY
600
600
400
400
PhoA units
PhoA units
del se cG
200
200
0
0
secG+
secG+
del secG
66
del secG
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
DppA
600
400
400
PhoA units
PhoA units
DegP
600
200
200
0
0
secG+
secG+
del secG
del secG
DsbC
MepA
400
400
PhoA units
PhoA units
600
600
200
200
0
0
secG+
del secG
CcmG
PotD
600
PhoA units
600
secG+
del secG
400
PhoA units
400
200
200
0
0
secG+
secG+
del secG
67
del secG
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
YrbC
PhoA units
600
400
200
0
secG+
del secG
YehZ
600
600
400
400
PhoA units
PhoA units
YnjB
200
0
200
0
secG+
del secG
secG+
del secG
Figura 20: Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo dell’attività della
fosfatasi alcalina. Proteine chimeriche contenenti la porzione matura del gene phoA e una
sequenza segnale determinata sperimentalmente o potenziale, nei ceppi isogenici DB550
(secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 1 ora con
arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed
in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore.
68
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Un dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina, a 1, 2, 3 ore di induzione
con arabinosio (figura 21), è stato effettuato nei ceppi isogenici DB550 (secG+)
e DB551 (secG::Kn), per le due proteine chimeriche GlnH e YrbC, che fra le 15
analizzate mostrano un maggior valore in unità di PhoA e una limitatissima
dipendenza da SecG. Purtroppo anche queste due possibili candidati, mostrano
essere in realtà SecG-indipendenti. In conclusione tra le 15 sequenze segnale
analizzate, nessuna presenta una SecG-dipendenza.
69
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
secG+
del secG
GlnH
2000
PhoA units
1500
1000
500
0
1
2
3
Tempo (ore)
secG+
del secG
YrbC
PhoA units
2000
1500
1000
500
0
1
2
Tempo (ore)
3
Figura 21: Cinetica di esporto determinata mediante dosaggio quantitativo della
fosfatasi alcalina. Proteine chimeriche GlnH-PhoA e YrbC-PhoA nei ceppi isogenici DB550
(secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 1, 2 e 3 ore con
arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed
in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore.
70
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Il gene secM (Secretion Monitor), codifica per una proteina secreta nel
perisplasma che controlla (monitor) il trasporto proteico in E. coli e regola la
traduzione del gene secA (Oliver et al. 1998). Tale gene secM è localizzato nello
stesso operone e a monte di secA (Schmidt et al. 1988), e la sua traduzione,
accoppiata a quella di secA, è soggetta ad una pausa, quando la catena proteica
nascente è localizzata ancora nel citosol (Nakatogawa e Ito, 2001). I ribosomi
che sono impegnati nella traduzione del gene secM, deregolano la repressione
del gene secA, distruggendone la struttura secondaria dell’elica II dell’mRNA e
dunque regolandone positivamente l’espressione (Sarker et al., 2000). Studi su
vari mutanti di secM (Nakatogawa e Ito, 2002) hanno evidenziato come la pausa
traduzionale nel codone del residuo Pro166, aumenta le de-repressione e quindi
la sintesi di SecA. Viste queste interazioni così strette tra secM e secA, la
sequenza segnale del gene secM è stata studiata, per testarne la sua dipendenza
da SecG.
La sequenza segnale di secM e la maggior parte di secM fino al residuo
Pro166 sono state amplificate. Queste due frammenti sono stati clonati nel
vettore pslAP. Dopo trasformazione nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e
DB551 (secG::Kn), un dosaggio quantitativo, misurando l’attività della
fosfatasi alcalina, è stato effettuato (figura 22). Anche in questo caso purtroppo
non è stata ottenuta alcuna SecG-dipendenza.
71
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
secG+
del secG
SecM 1-510
PhoA units
400
200
0
20
40
Tempo ( min.)
60
secG
del secG
SecM 1-129
PhoA units
400
200
0
20
40
Tempo (min.)
60
Figura 22:Cinetica di esporto determinata mediante dosaggio quantitativo della fosfatasi
alcalina. Sequenza 1-510 di secM (comprendente fino alla prolina 166) e sequenza 1-129
(contenente solo la sequenza segnale), fuse alla porzione matura di PhoA e trasformate nei
ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo
un’induzione di 20, 40 e 60 minuti con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA.
Ogni dosaggio rappresenta la media di due esperienze condotte con colture indipendenti.
72
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
L’analisi della SecG-dipendenza, mediante i dosaggi quantitativi dell’attività
della fosfatasi alcalina, è stata fin qui condotta sempre ad una temperatura di 37
°C. E’ stato deciso di variare tale temperatura, ipotizzando che essa possa avere
un’influenza, impedendo di discriminare una eventuale SecG-dipendenza. In
realtà la temperatura ha un effetto nel trasporto proteico, in cui è presente una
fase Cs (Cold Sensitive) (Pogliano e Beckwith, 1993). Sono stati identificati
mutanti Cs in SecD, SecE, SecF, SecY, ma non in SecG (Flower et al., 2000)
quindi la temperatura non dovrebbe avere effetto nel trasporto proteico SecGdipendente.
I dosaggi per le 15 proteine chimeriche, contenenti sequenze segnale
determinate sperimentalmente o potenziali e la porzione matura della proteina
PhoA, già analizzate in precedenza a 37 °C, sono stati ripetuti, effettuando
questa volta il dosaggio ad una temperatura di 20 °C. I risultati sono riepilogati
nella figura 23. Per 9/15 (7 con sequenza segnale determinata: Bla, DsbG,
OsmY, DegP, DppA, PotD, CcmG e 2 con potenziale sequenza segnale: YnjB,
YehZ) delle proteine chimeriche analizzate si ha una SecG-indipendenza, simile
a quella osservata a 37 °C (dati non mostrati). Con grande sorpresa, 5/15 delle
proteine chimeriche analizzate a 20 °C (4 con sequenza segnale determinata:
DsbC, GlnH, MepA, MppA, e 1 con potenziale sequenza segnale: YrbC), hanno
un comportamento, messo in evidenza in figura 23, e non citato in letteratura,
definito come SecG-inibizione. Il trasporto di queste 5 proteine chimeriche è
inibito dalla presenza della proteina SecG. Anche i dosaggi per la sequenza 1510 di secM (comprendente fino alla prolina 166) e per la sequenza 1-129
(contenente solo la sequenza segnale), fuse alla porzione matura di PhoA ed
analizzate in precedenza a 37 °C (figura 22), sono stati ripetuti a 20 °C,
ottenendo una SecG-inibizione, piu’ accentuata per la sequenza 1-510 (dati non
mostrati). Questo comportamento necessita di ulteriori approfondimenti e studi.
73
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
GlnH
600
600
400
400
PhoA units
PhoA units
DsbC
200
200
0
0
secG+
secG+
del secG
del secG
MppA
MepA
600
PhoA units
400
200
400
200
0
0
secG+
secG+
del secG
del secG
YrbC
600
PhoA units
PhoA units
600
400
200
0
secG+
del secG
Figura 23: Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo a 20 °C dell’attività
della fosfatasi alcalina. Proteine chimeriche contenenti la porzione matura di PhoA e una
sequenza segnale determinata sperimentalmente (DsbC, GlnH, MepA, MppA) o potenziale
(YrbC), nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 20 °C
dopo un’induzione di 3 ore con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni
dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di
errore.
74
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze
aleatorie di E. coli, maiale, topo e uomo
Dopo aver ricercato delle sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti,
facendo una libreria di sequenze aleatorie e un’amplificazione per PCR di
sequenze segnale conosciute, un’ultima libreria di sequenze aleatorie, è stata
costruita usando del DNA genomico di E. coli, di maiale, di topo e di uomo. La
strategia di clonaggio, è stata cambiata, clonando dei piccoli frammenti di DNA,
di circa 100 bp, in un vettore plasmidico non privo, come in precedenza,
dell’intera sequenza segnale di phoA ma contenente la regione C-terminale
idrofila (Martoglio e Dobbertein, 1998).
Per costruire questo vettore, pBAD24 è digerito con gli enzimi di restrizione
EcoRI e XbaI, ed il plasmide pslAP viene digerito con PvuII-XbaI, in modo da
ottenere una parte della regione matura di phoA. Parte della regione matura di
phoA, è stata amplificata, usando il plasmide pBAD101-pOS3 (che contiene la
sequenza segnale di phoA). Il frammento pslAP-PvuII-XbaI ed il frammento di
PCR sono stati inseriti nel vettore pBAD24. Lo schema del clonaggio di
pBAD24-C-slAP è mostrato nella figura 24.
75
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
SmaI
EcoRI
pBAD24
XbaI
PvuII
Porzione
matura
Sequenza segnale
C-terminale phoA
phoA
GAATTCACCATGAAACCCGGG-ACC CCT GTG ACA AAA GCC-CGG ACA CCA GAA ATG CCT GTT CTG GAA AAC CGG---
-6
-1
+1/22
T-----P-----V-----T------K----A-----R-----T----P----E----M----P----V----L-----E-----N-----R
Sequenza segnale C-terminale
di phoA
Porzione matura di phoA
Figura 24: Plasmide pBAD24-C-slAP. Contiene la porzione C-terminale (blu) della
sequenza segnale e la porzione matura di phoA. Tale regione è ottenuta mediante PCR del
plasmide pBAD101-pOS3, usando i primers pPhoAdown e pPhoAup (che contiene il sito
SmaI, un ATG e la regione C-terminale della sequenza segnale). Il resto della porzione matura
di phoA (rosso) è ottenuto dal plasmide pslAP.
76
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
A questo punto del DNA genomico di E. coli, di maiale, di topo e di uomo, è
stato digerito con gli enzimi AluI, RsaI, HaeIII, in modo da ottenere piccoli
frammenti di circa 100 bp, clonati nel vettore appena costruito, sfruttando il sito
SmaI che, come gli enzimi AluI, RsaI, HaeIII, digerisce producendo estremità
blunt. Il prodotto del clonaggio è stato trasformato in cellule e piastrato su
terreno di coltura in presenza di ampicillina, XP e arabinosio, in modo da
evidenziare mediante la colorazione blu eventuali cloni positivi, in cui cioè la
proteina PhoA è esportata nel periplasma. Complessivamente sono state
analizzate 8 x 104 colonie (2 x 104 per ogni tipo di DNA) e 13 cloni blu sono
stati ottenuti. Un dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina è stato effettuato
nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn) (figura 25). Mediante
sequenziamento è stato verificato che due di questi cloni (il clone 4 interessante
perché presenta una SecG-dipendenza seppur limitata, e il clone 18 perché
efficace) contenessero realmente un inserto (3n) rispettivamente di DNA di E.
coli (120 bp) e di topo (75 bp). Un dosaggio quantitativo più dettagliato dei
cloni 4 e 18, è stato condotto a tempi differenti di induzione con arabinosio
(figura 26). I cloni 5 e 12, pur avendo una SecG-dipendenza non sono stati
studiati in dettaglio, perché poco efficaci. Le sequenze proteiche dei due inserti
sono rispettivamente:
CLONE 4: M-K-P-P-G-M-R-K-F-T-L-N-I-F-T-L-S-L-G-L-A-L-L-N-N-C-D-LF-L-C-G-T-P-S-A-F-L-R-G-----TPVKA----RTPEMPVLRNR
CLONE 18:
M-K-P-L-I-V-I-T-L-I-S-A-L-L-S-G-Y-V-Q-Q-K-F-S-G-G-----
TPVKA---- RTPEMPVLRNR
77
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
secG+
del secG
PhoA units
400
200
0
1
4
5 Cloni
7
2
pslAP
secG+
del secG
PhoA units
400
200
0
10
11
12
13
14
15
17
18
Cloni
Figura 25: Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo dell’attività della
fosfatasi alcalina. Analisi effettuata per 13 cloni positivi aventi colorazione blu su piastre
indicatrici, nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). Dosaggio a 37 °C, dopo
induzione di 1 ora con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è
effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore.
78
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
secG+
del secG
Clone 4
600
PhoA units
400
200
0
20
40
Tempo (min.)
60
secG+
Clone 18
del
PhoA units
600
400
200
0
20
40
60
Tempo (min.)
Figura 26: Cinetica di esporto determinata mediante dosaggio quantitativo della
fosfatasi alcalina dei cloni 4 e 18, nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn).
L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 20, 40 e 60 minuti con arabinosio. Il risultato è
espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la
media con la rispettiva banda di errore.
79
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
I risultati messi in evidenza nella figura 26, mostrano come per il clone 18 la
cinetica di trasporto è indipendente da SecG, mentre per il clone 4 si nota una
limitatissima dipendenza da SecG.
Un pluse-chase-immunoprecipitazione è stata effettuata con anticorpi antiPhoA, per vedere se per i due cloni studiati si ha un taglio durante il trasporto.
Purtroppo i risultati sono negativi, non si ha cioè alcun taglio durante il
trasporto, come si vede, dalla figura 27, per il clone 4 (risultati simili e non
mostrati per il clone 18). La sequenza inserita è troppo lunga per usare il sito di
taglio di PhoA.
In conclusione, nonostante i vari tentativi, con differenti strategie, non sono
stati isolati altri substrati efficaci e per i quali la cinetica di trasporto verso il
periplasma è SecG-dipendente.
80
RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
secG+
pslAP
p
p
c
delsecG
p
c
Figura 27: Analisi del taglio della sequenza segnale durante il trasporto proteico. Pulsechase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA, della proteina prodotta dal clone 4, nei
ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). Le colture sono indotte con arabinosio
per 20 minuti, e marcate con metionina 35S (pulse 15 secondi, chase 10 minuti). Il controllo è
il vettore pslAP, per il quale viene effettuato solo un pulse di 15 secondi.
81
DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Discussione
Translocazione in vitro
Nei procarioti, le proteine del periplasma e quelle della membrana esterna
sono sintetizzate e trasportate in seguito nel periplasma. Per il trasporto di
queste proteine, che rappresentano circa il 10% delle proteine totali sintetizzate
in E. coli, una sequenza segnale è riconosciuta dalla translocasi localizzata nella
membrana interna. Tali proteine sono sintetizzate sotto forma di precursore. La
sequenza segnale è normalmente tagliata, durante il trasporto, dalla peptidasi
Lep, originando così la proteina matura. La translocasi si compone di varie
proteine integrali di membrana (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) e
di due componenti solubili, SecA, una ATPasi e SecB, una chaperon
molecolare. La prima parte di questo lavoro è stata finalizzata a studiare il ruolo
di SecG nel trasporto.
Il punto di partenza sono stati studi dell’esporto di proteine chimeriche, la cui
espressione è inducibile con arabinosio. Queste proteine contengono una
sequenza segnale wild type o mutata e la porzione matura di PhoA, una proteina
attiva enzimaticamente solo dopo il trasporto nel periplasma. I risultati,
presentati nella figura 9, hanno mostrato come la cinetica di trasporto di PhoA è
indipendente da SecG, per una sequenza wild type, mentre è dipendente da
SecG, in caso di sequenza segnale mutata. C’è dunque una differenza tra la
stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+
(Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo da noi osservata,
con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e
quella in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. Invece, le sequenze segnale
mutate presentano in vivo la differenza di stimolazione osservata in vitro.
Esperienze
di
pulse-chase-immunoprecipitazione,
con
diverse
proteine
chimeriche contenenti varie sequenze segnale wild type o mutate e la porzione
matura di OmpA+, hanno evidenziato (figura 10) vari substrati efficaci e per i
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DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
quali il trasporto è SecG-indipendente, come ad esempio la proteina OmpA+, ed
un solo substrato SecG-dipendente, la proteina PhoA82rev-OmpA che contiene
la sequenza segnale di uno pseudorevertante (delLeu8Ala9, Lys20Glu).
Esperimenti di translocazione in vitro, utilizzando il substrato SecGdipendente e quelli SecG-indipendenti, presentati nella figura 10, sono stati
effettuati utilizzando delle membrane invertite, in cui le proteine vengono
trasportate verso l’interno della membrana. La digestione con proteinasi K
degrada il substrato non translocato, permettendo di rilevare la percentuale di
substrato translocato. I risultati presentati nella figura 15 evidenziano come
SecA è necessaria per la translocazione, in quanto in sua assenza si riduce la
quantità di proteina translocata, mentre SecB sembra essere ininfluente, in
quanto in sua assenza praticamente non si hanno effetti sulla quantità di
proteina translocata.
Due substrati OmpA+ e PhoA-OmpA sono translocati più efficacemente
rispetto a PhoA82rev-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA (figura 16).
Numerose esperienze di translocazione in vitro sono state effettuate con questi
substrati, utilizzando varie membrane invertite, oltre alle IMVs wild type. I
risultati sono stati poco riproducibili (dati non mostrati).
Il saggio in vitro utilizzato per studiare il trasporto di proteine non riflette
completamente la situazione in vivo. Probabilmente ciò è dovuto alle membrane
principalmente prodotte da cellule che over-esprimono SecYEG. E’ possibile
che altre proteine, come SecDF o YidC contribuiscano alla fedeltà del
riconoscimento della sequenza segnale e del trasporto.
Visti questi risultati, in cui l’unico substrato SecG-dipendente non sembra
essere adatto, probabilmente perché non è una vera sequenza segnale wild type
ma uno pseudorevertante, sono stati ricercati altri substrati SecG-dipendenti ed
efficaci, da utilizzare poi per le analisi in vitro.
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DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti
Studi di sostituzione di sequenze aleatorie in sequenze segnale wild type della
invertasi di Saccharomyces cerevisiae, hanno permesso di chiarire il
meccanismo di translocazione proteica (Kaiser et al., 1987; Kaiser e Botstein,
1990). Su 28 sequenze aleatorie, isolate dal DNA umano, 10 consentono il
trasporto della invertasi o della β-galattosidasi. Dunque la translocazione dal
citoplasma nei diversi organelli cellulari è controllata da un meccanismo di
riconoscimento del segnale, avente una bassa specificità di sequenza.
Per ottenere delle sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti è stata prodotta
una libreria di frammenti aleatori del DNA di E. coli, contenenti la parte del
gene phoA che codifica per la porzione matura della proteina. Le colonie
assumono una colorazione blu se la proteina PhoA è esportata efficacemente nel
periplasma. L’analisi di circa 4.7 x 104 cloni ed il dosaggio quantitativo della
fosfatasi alcalina di 24 cloni blu, trasformati nei ceppi secG+ e secG:.Kn (figura
17) ha messo in evidenza come i cloni che presentano un trasporto debolmente
SecG-dipendente (Mut11, Mut13, Mut14) non hanno una sequenza segnale,
mentre un unico clone (Mut15) ha una vera sequenza segnale, quella della
proteina Rzor, una proteina della membrana esterna. L’analisi di alcuni di questi
cloni, mediante pulse-chase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA
(figura 19), ha mostrato che nessuna delle proteine presenta un taglio durante il
trasporto (tale caratteristica sarebbe utile per i saggi di translocazione in vitro).
Ciò appare strano per il clone Mut15-Rzor, che contiene una vera sequenza
segnale. Tale risultato è interpretabile con il fatto che Rzor è una lipoproteina
esportata senza il taglio ad opera della peptidasi Lep, in quanto è tagliata dalla
signal peptidasi II. In conclusione, nessuno dei cloni analizzati ha mostrato una
SecG-dipendenza.
Tra i 4173 geni di E. coli che codificano proteine, circa 1350 sono geni per
proteine che dopo essere state sintetizzate sono esportate fuori dal citoplasma.
Queste si suddividono in circa 896 proteine della membrana interna (ad esempio
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DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
le proteine Sec della translocasi), circa 313 della membrana esterna e 139 del
periplasma (ad esempio la proteina PhoA). Le proteine destinate ad essere
esportate, si distinguono in proteine caratterizzate aventi una sequenza segnale
determinata sperimentalmente e proteine non caratterizzate per le quali poco o
nulla si conosce circa la presenza di una potenziale sequenza segnale. Entrambi
le categorie appaiono interessanti.
Per analizzare in maniera più metodica delle sequenze segnale endogene,
alcune scelte tra le 139 proteine del periplasma, sulla base di differenze nel peso
molecolare, sono state amplificate. 12 sono state scelte tra quelle aventi
sequenza segnale caratterizzata e che dunque devono essere esportate via
translocasi (Bla, DsbA, DsbG, GlnH, OsmY, MppA, DegP, DppA, MepA,
DsbC, PotD, CcmG) e 3 tra quelle non caratterizzate (YrbC, YnjB, Yehz). Il
clonaggio di queste sequenze a monte della porzione matura della proteina
PhoA ed dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina (figure 20 e
21) nei ceppi secG+ e secG::Kn, ha mostrato come nessuna delle 15 sequenze
ha una SecG-dipendenza. Un’altra sequenza interessante da analizzare è quella
del gene secM (Secretion Monitor) il quale codifica per una proteina secreta nel
perisplasma che controlla il trasporto proteico in E. coli e regola la traduzione
del gene secA (Oliver et al. 1998), ATPasi fondamentale nel meccanismo di
trasporto via translocasi. secM è localizzato nello stesso operone e a monte di
secA (Schmidt et al. 1988), e la sua traduzione, accoppiata a quella di secA, è
soggetta ad una pausa, quando la catena proteica nascente è localizzata ancora
nel citosol (Nakatogawa e Ito, 2001). I ribosomi che sono impegnati nella
traduzione del gene secM, deregolano il repressore di secA e dunque ne
regolano positivamente l’espressione (Sarker et al., 2000). Studi su vari mutanti
di secM (Nakatogawa e Ito, 2002) hanno evidenziato come la pausa
traduzionale vicina al residuo Pro166, aumenta le de-repressione e quindi la
sintesi di SecA. Anche in questo caso il dosaggio quantitativo dell’attività della
fosfatasi alcalina (figura 22) nei ceppi secG+ e secG:.Kn, non ha evidenziato un
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DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
ruolo significativo di SecG nell’esporto. È stata variata la temperatura,
ipotizzando che essa possa avere un’influenza, impedendo di discriminare un
eventuale effetto di SecG.
I dosaggi delle 15 proteine chimeriche, già analizzate in precedenza con
cellule cresciute a 37 °C, sono stati ripetuti effettuando il dosaggio con cellule
cresciute ad una temperatura di 20 °C. I risultati sono riepilogati nella figura 23.
Per 9/15 delle proteine chimeriche analizzate (7 con sequenza segnale
determinata sperimentalmente: Bla, DsbG, OsmY, DegP, DppA, PotD, CcmG e
2 con potenziale sequenza segnale: YnjB, YehZ) è stata osservata una SecGindipendenza, simile a quella osservata a 37 °C (dati non mostrati). Con grande
sorpresa 5/15 delle proteine chimeriche analizzate a 20 °C (4 con sequenza
segnale determinata sperimentalmente: DsbC, GlnH, MepA, MppA, e 1 con
potenziale sequenza segnale: YrbC), presentano un comportamento non citato
in letteratura e che è stato definito come SecG-inibizione. Il trasporto di queste
5 proteine chimeriche è inibito dalla presenza della proteina SecG. Questo
comportamento necessita di ulteriori approfondimenti e studi. Anche i dosaggi
per la sequenza secM sono stati ripetuti a 20 °C, ottenendo una SecG-inibizione
(dati non mostrati).
Una libreria di sequenze aleatorie è stata prodotta usando del DNA genomico
di E. coli, di topo, di maiale e di uomo. Questa volta la strategia di clonaggio è
stata cambiata a causa dei risultati precedenti. Frammenti di DNA di circa 100
bp, sono stati clonati in un vettore plasmidico non privo, come in precedenza,
dell’intera sequenza segnale di phoA ma contente la regione C-terminale
idrofila (Martoglio e Dobbertein, 1998). L’analisi di circa 8 x 104 colonie (2 x
104 per ogni tipo di DNA) ed il dosaggio quantitativo di 13 cloni blu,
trasformati nei ceppi secG+ e secG::Kn, ha messo in evidenza (figure 25 e 26)
un trasporto SecG-indipendente o scarsamente SecG-dipendente (clone 4).
Infine una esperienza di pulse-chase-immunoprecipitazione, con anticorpi anti-
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DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
PhoA è stata effettuata per il clone 4, al fine di analizzare il taglio potenziale
durante il trasporto. Non è stato evidenziato alcun taglio (figura 27).
In conclusione, nonostante in vari tentativi, con differenti strategie, non è
stato possibile isolare altri substrati efficaci e per i quali la cinetica di trasporto
verso il periplasma è SecG-dipendente.
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MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
MATERIALI E METODI
Antibiotici
Antibiotico
Concentrazione stock
Concentrazione finale
Ampicillina (Ap)
200 mg/ml
200 µg/ml
Cloramfenicolo(Cm)
30 mg/ml in 100% etanolo
30 µg/ml
Kanamicina (Kn)
40 mg/ml
40 µg/ml
Tetraciclina (Tet)
30 mg/ml in acqua/etanolo 1/1
7.5 µg /ml
Induttori e substrati
L-Arabinosio: soluzione 20% sterilizzata per filtrazione e conservata a
temperatura ambiente.
IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi): soluzione 1 M, conservata a –20 °C.
XP (5-bromo-4-cloro-3-indolil-fosfato): 20 mg/ml in dimetilformamide,
conservato a –20 °C.
PNPP (p-nitrofenil-fosfato): 40 mg/ml in 1 M Tris-HCl pH 8.1, conservato a
–20 °C.
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MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Terreni di coltura
LB
10 g/l triptone (Difco), 10 g/l di NaCl, 5 g/l estratto di lievito (Difco),
aggiustare a pH 7.0 con NaOH.
LB agar
Terreno LB liquido, 15 g/l agar in polvere (Difco).
M63 minimo solido
Autoclavare 7.5 g di agar in polvere (Difco) in 400 ml di acqua, poi aggiungere
100 ml di 5x M63 (15 g/l KH2PO4, 35 g/l K2HPO4, 10 g/l (NH4)2SO4, 2.5 ml/l di
1 mg/l FeSO4), 0.5 ml 1 M MgCl2, 1 ml di vitamina B1 2 mg/ml. Lo zucchero è
aggiunto ad una concentrazione finale dello 0.2%.
SOB
20 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 mM NaCl, 2.5 mM KCl, 10 mM
MgCl2, 10 mM MgSO4.
SOC
SOB, 20 mM glucosio.
Ceppi batterici
BL21 (E.coli B): F- ompT hsdSB (rB- mB- ) gal dcm (λDE3) (Miller, 1992).
BL21.19: derivato da BL21: supF(Ts), trp(Am), zch::Tn10, secA13(Am),
clpA319::kan, recA::cat (Mitchell e Oliver, 1993).
DH5α
α: F’/ endA1, hsdR17 (rk-mk+), supE44, thi-1, recA1, gyrA(NalR), relA1
∆(lacZYA-argF)U169, deoR (Φ80dlac,lacZ∆M15) (Hanahan, 1983).
KM9: unc::Tn10, relA1, spoT1, metB1 (Klionsky et al. 1984).
89
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
MC4100: F- araD139, relA1, thi, rspL150, flB5301, ∆(argF169U-lac) U169,
deoC7, ptsF25, rbsR (Casadaban, 1976).
Mph56: MC1000, phoA73, phoR, secA+, leu::Tn10 (Michaelis et al., 1986).
GP1: Mph56, secA+, leu::Tn10 (questo studio).
GP2: Mph56, secA11 (I327S), leu::Tn10 (questo studio).
MC1000: F- araD139, ∆(ara-leu)7696, ∆lacX74, rpsL150, galU, galK, thi, ilv
(Casabadan e Cohen, 1980).
LMG194: MC1000, ∆ara714, phoA∆(PvuII), leu::Tn10, pcnB80 (Guzman et al.,
1995).
DHB3: MC1000, malF∆3, phoA∆(PvuII), phoR (Boyd at al. 1987).
DHB4: DHB3/F’ lacIQ pro+ (Boyd at al. 1987).
DB550: DHB3, zgj203::Tn10, secG+ (Labo Belin).
DB551: DHB3, zgj203::Tn10, secG::Kn (Labo Belin).
SB11: DHB4, secA11 (I327S), p72Kn (Khatib e Belin, 2002).
Plasmidi
p694: pBAD-OmpA-BS. Codifica per la proteina OmpA+. Contiene il
frammento PvuII-ScaI del plasmide pBS-KS e il frammento Eco47.3-ScaI del
plasmide pBAD-OmpA (Labo Belin).
p695: pBAD-PhoA-OmpA-BS. Codifica per la proteina chimerica PhoA+OmpA (Labo Belin).
p696: pBAD-PhoA82rev(delLeu8Ala9,Lys20Glu)-OmpA-BS. Codifica per la
proteina PhoA82rev-OmpA (Labo Belin).
p697: pBAD-RbsB-OmpA-BS. Codifica per la proteina RbsB-OmpA (Labo
Belin).
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MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
p698: pBAD-RbsBrev(S16H)-OmpA-BS. Codifica per la proteina RbsBrevOmpA (Labo Belin).
p72-Kn (pBAD18-Kn-PAI2-PhoA): un frammento KpnI-XbaI di pSWF2
(Ehrman et al., 1990) è clonato nei siti corrispondenti di pBAD18, originando il
plasmide pBAD18/TnphoA. Il frammento codificante per gli amminoacidi 1-52
di mPAI-2 (hA-hB) (Belin et al., 1989), ottenuto per PCR, è digerito con gli
enzimi NheI-KpnI, clonato nei siti corrispondenti di pBAD18/TnphoA. Uno dei
plasmidi così ottenuti è definito p72: la sequenza N-terminale della proteina di
fusione p72 è MKK. Infine, un frammento SalI di pUC4-Kn (Pharmacia), che
codifica per un gene che porta la resistenza alla kanamicina è clonato a valle del
frammento TnphoA, nel sito corrispondente di pBAD18 (Belin et al. 2004).
pUC4-Kn: KnR (Pharmacia, AN: X06404).
pJW25: clonaggio del frammento PvuII-HindIII, di 1.52 Kb, del plasmide
pDC2, (contenente il gene secB sotto il controllo del promotore della T7 RNA
polimerasi) nel sito StuI del vettore pET-7 (Weiss et al., 1988).
pJW25-Kn: clonaggio della kanamicina del plasmide pUC4-Kn nel sito EcoRI
del plasmide pJW25 (questo studio).
pZ52SecA-E: plasmide contenente i geni secA-secE sotto il controllo del
promotore della T7 RNA polimerasi (Economou e Wickner, 1994).
pT7-SecAHis: plasmide contenente il gene secA, con un His-tag N-terminale,
sotto il controllo del promotore della T7 RNA polimerasi (Economou e
Wickner, 1994).
pHAEY: contiene secE, (con all’estremità N-terminale l’epitopo emagglutinina
A (HA) e secY clonati, in pBAD22 (Joly et al. 1994).
pHAEYG: derivato di pHAEY, contenente secG clonato a valle di secY (Joly
et al. 1994).
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MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
pSWFII: clonaggio di un polylinker alle due estremità di phoA, usando la
cassetta TnphoA pPHO7 (Ehrman et al., 1990).
pBAD24: derivato di pBR322, colE1 ori, ApR, araC+, con il promotore PBAD
situato davanti il sito di clonaggio (Guzman et al., 1995).
pBAD24-phoA: digestione SmaI-HindIII di pSWF2 e clonaggio nei siti
corrispondenti di pBAD24 (questo studio).
pslAP: pBAD24, signalless phoA. Il frammnento KpnI-XbaI di pSWF2 è
clonato in pBAD24. Esso presenta un’origine pBR322, è ApR, e codifica per
AraC (Belin et al., 2004).
pOS3: φ(proU-lacZ), AmpR (May et al., 1986).
pGB2: pSC101 ori, SpcR, SmR, contiene siti unici per gli enzimi HindIII, PstI,
SalI, BamHI, SmaI and EcoRI (Churchward et al., 1984).
pBAD101-pOS3: plasmide contenente phoA: frammento BspHI-KpnI di pOS3
in pGB2 EHK, SpcR, contenente ori pSC101 (Labo Belin).
pBAD24-C-slAP: amplificazione per PCR (primers pPhoAup e pPhoAdown)
della regione matura e la regione C-terminale della sequenza segnale phoA
presente nel plasmide pBAD101-pOS3. Digestione del prodotto di PCR con
EcoRI-PvuII e clonaggio in pBAD24 digerito con EcoRI-XbaI, con una parte di
pSlAP digerito con PvuII-XbaI (questo studio).
Primers e PCR
pBADup2:5’-CCTGACGCTTTTTATCGC-3’
NheI
EcoRI
pBAD24-Bla
pBlaup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAGTATTCAACATTCCC-3’
Sequenza
ShineDalgarno
Sequenza
Kozak
92
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
KpnI
pBladown:5’-GAGGTACCTCTGGGTGAGCAAAGACAGGAAGG-3’
Il gene Bla è clonato in pslAP usando gli enzimi NheI-KpnI. Gli altri primers
presentano le stesse caratteristiche di pBlaup e pBladown.
pDsbAup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAAAAGATTTGG-3’
pDsbAdown:5’-GGGGTACCGGTTTCTCCAGGGTAGTGT-3’
pDsbGup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGTTAAAAAAGATA-3’
pDsbGdown:5’-GGGGTACCATCTGGAGTCAGGTAGAT-3’
pGlnHup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAGTCTGTATT-3’
pGlnHdown:5’-GGGGTACCGGAACGAAGGCGGTATCC-3’
pOsmYup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGACTATGACAAGA-3’
pOsmYdown:5’-GGGGTACCGACTTTATTCATAGAGCT-3’
pMppAupA:5’-GGGGTACCAGCTCCTGCTTC-3’
pMppAdown:5’-GGGGTACCGGTTGGG-3’
pDegPup:5’-GGGGTACCGTCGTTGCTG-3’
pDegPdown:5’-GGGGTACCGTCCAGTTGTAG-3’
pDppAup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGCGTATTTCCTTG-3’
pDppAdown:5’-GGGGTACCGGAGATCCTTC-3’
pMepAup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAATAAAACCGCG-3’
pMepAdown:5’-AGCGGTACCAGCTCCTGCTTC-3’
pDsbCup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAGAAAGGTTTT-3’
pDsbCdown:5’-GGGGTACCTTGATGCCCATTTTGGCT-3’
pPotDup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAAAAATGGTCA-3’
pPotDdown:5’-GGGGTACCGGTTTCTTTGGTGAACTG-3’
pCcmGup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAGCGCAAAGTA-3’
pCcmGdown:5’-GGGGTACCGAGCGCCGATTCCAG-3’
pYrbCup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGTTTAAACGTTTA-3’
pYrbCdown:5’-GGGGTACCCGCAGATAATCCGGGTTG-3’
pYnjBup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGCGCCATTGTGGG-3’
pYnjBdown:5’-GGGGTACCTCACCCAGTCGAGATAGC-3’
pYehZup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGCCACTCTTAAAG-3’
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MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
pYehZdown:5’-GGGGTACCGAGTAGCGCCCTTCGGTA-3’
pSecMupper:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCGTGAGTGGAATACTG-3’
pSecMlower s.s.: 5’-GGGGTACCGGCGCGTTTGG-3’
pSecMlower:5’- GGGGTACCGTGAGGCGTTG-3’
T
P
V
T
pPhoAup:5’- CCGAATTCACCATGAAACCCGGGACC CCT GTG ACC-3’ (contiene i
siti di restrizione EcoRI (blu), SmaI (verde) e la regione C-terminale (rosso)
della sequenza segnale di phoA.
pPhoAdown:5’- GAGCTGTAAGCAGCTGTTCGG-3’
Programma
di
amplificazione
di
secM
con
i
primers
pSecMupper
s.s./pSecMlower (per la sequenza 1-129) e pSecMupper/pSecMlower (per la
sequenza 1-510) : 5 minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a
34 °C, 30 secondi a 72 °C e poi 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 59
°C, 30 secondi a 72 °C. Infine 30 secondi a 72 °C e lasciare a 4°C.
Programma di amplificazione di phoA con i primers pPhoAup e pPhoAdown: 5
minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 32 °C, 30 secondi a
72 °C e poi 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 64 °C, 30 secondi a 72
°C. Infine 30 secondi a 72 °C e lasciare a 4°C.
Programma di amplificazione di bla, dsbA, dsbG,….yehZ con i primers up e
down appropriati: 5 minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a
32-40 °C e 30 secondi a 72 °C, e 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a
58-62 °C. Infine 30 secondi a 72 °C, 10 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C.
94
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Colture batteriche
I ceppi batterici sono conservati sotto forma di coltura fresca satura
contenente glicerolo (17% finale) a – 80 °C. Prelevare cellule a partire da
questi, striare su piastra, contenente l’antibiotico necessario per la selezione
del/dei plasmide/i e incubare a 37 °C overnight. Effettuare le colture liquide a
partire da colonie isolate, e incubare a 37 °C, overnight, con aerazione, in
terreno selettivo.
Preparazione del DNA plasmidico
Centrifugare 1.5 ml di una coltura satura per 1 minuto a 15000 rpm, eliminare
il supernatante, risospendere il pellet in 100 µl di soluzione 1 (50 mM glucosio,
25 mM Tris-HCl pH 8.1, 10 mM EDTA) e incubare 5 minuti in ghiaccio.
Aggiungere 200 µl di soluzione 2 (100 mM NaOH, 1 % SDS), mescolare,
invertendo delicatamente i tubi, e lasciare 5 minuti in ghiaccio. Aggiungere 150
µl di soluzione 3 (3 M KOAc, a pH 4.8 con acido acetico glaciale), mescolare,
invertendo delicatamente i tubi, ed incubare 5 minuti in ghiaccio. Centrifugare a
4 °C, per 10 minuti a 15000 rpm. Recuperare la fase acquosa, contenente il
DNA, e purificare con una estrazione con fenolo-cloroformio-isoamminoalcol
(25:24:1), seguita da una estrazione con cloroformio-isoamminoalcol (24:1).
Precipitare il DNA, aggiungendo 1 ml di etanolo 100%. Centrifugare a 4 °C per
10 minuti a 15000 rpm, eliminare il supernatante e lavare il pellet con etanolo
70 %. Infine asciugare all’aria il pellet e risospenderlo, incubando per 10 minuti
a 37 °C in TE o acqua (per DNA da sequenziare) contenente RNAasi 20 µg/ml.
95
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Digestione con enzimi di restrizione
La reazione è preparata seguendo le istruzioni del fornitore di enzima
(tampone di reazione, presenza di BSA, numero di unità, temperatura di
reazione, etc). Fare la reazione in un volume sufficientemente grande in modo
da evitare che la concentrazione di glicerolo superi il 5 %. Incubare 1-2 ore e
verificare una parte della reazione dopo aver aggiunto 1x di acryl-dye (per 1 ml:
0.5 ml di 87% glicerolo, 0.2 ml di 0.1% cilene cianolo, 0.2 ml di 0.1% blu di
bromofenolo, 50 µl di 10% SDS, 50 µl di TBE 10x), facendo migrare su gel di
agarosio.
Ligazione
Effettuare la reazione in un volume finale di 20 µl. Utilizzare 10-20 ng di
vettore digerito, ed un eccesso di 4-10x del frammento rispetto al vettore.
Aggiungere 1 U di T4 DNA ligasi, il tampone di reazione 1x ed incubare 1-2
ore a temperatura ambiente.
Gel di agarosio
1-2% di agarosio in tampone TAE 1x (TAE 50x: 2 M Tris, circa 50 ml di
acido acetico glaciale fino a pH 8.0, 20 mM EDTA), 0.4 µg/ml di bromuro di
etidio.
Cellule competenti: metodo glicerolo
Diluire 200x una coltura fresca satura in LB e lasciare crescere a 37 °C con
aerazione, fino ad ottenere una densità ottica a 600 nm di circa 0.2-0.5. Lasciare
le cellule per 10 minuti in ghiaccio, centrifugare a 4 °C per 10 minuti a 2500 g,
96
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
risospendere in metà volume di 50 mM CaCl2, 10 mM Pipes pH 6.8 e incubare
in ghiaccio per 20 minuti. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 2500 g e
risospendere in 1/50 del volume iniziale di 50 mM CaCl2, 10 mM Pipes pH 6.8,
Glicerolo 15%). Aliquotare, congelare in azoto liquido e conservare a – 80 °C.
Cellule competenti: metodo DMSO
Per ottenere delle cellule con una elevata competenza (Inoue et al., 1990),
diluire 50x in 250 ml di SOB, in una fiasca di 1 litro, una coltura fresca satura e
lasciare crescere a 37 °C con aerazione, fino ad ottenere una densità ottica a 600
nm di circa 0.5. Lasciare le cellule per 10 minuti in ghiaccio, centrifugare a 4 °C
per 10 minuti a 2500 g, risospendere a 4 °C in 80 ml di TB (10 mM Pipes, 15
mM CaCl2, 250 mM KCl: aggiustare a pH 6.7 con KOH 5 M) e incubare in
ghiaccio per 10 minuti. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 2500 g e
risospendere a 4 °C in 20 ml di TB, aggiungendo delicatamente DMSO ad una
concentrazione finale del 7%. Aliquotare a 4 °C, congelare in azoto liquido e
conservare a – 80 °C.
Cellule elettrocompetenti
Per ottenere delle cellule con una elevata competenza diluire 100x in 200 ml
di SOB, in una fiasca di 1 l, una coltura fresca satura e lasciar crescere a 37 °C,
con aerazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.4-0.5. Incubare 3
minuti a 42 °C e rimettere a 37 °C ancora per 20 minuti. Bloccare la crescita,
incubando 10 minuti in ghiaccio, ed effettuare 4 lavaggi con acqua fredda,
centrifugando a 4 °C, per 10 minuti a 2500g. Risospendere il pellet a 4 °C in
560 µl di 7% DMSO in acqua. Aliquotare a 4°C, congelando in azoto liquido e
conservando a – 80°C.
97
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Trasformazione di DNA in cellule competenti
Aggiungere a 20-200 µl di cellule competenti (scongelate in ghiaccio se
preparate con il metodo glicerolo, o a temperatura ambiente e poi in ghiaccio se
preparate con il metodo del DMSO) 1 µl (meno di 10 ng) di DNA prodotto di
una miniprep (metodo glicerolo) o 10 µl prodotto di una ligazione (metodo
DMSO). Lasciare 10-30 minuti in ghiaccio, incubare a 42 °C per 30 secondi e
lasciare per 2-3 minuti in ghiaccio. Aggiungere 250 µl di LB (metodo glicerolo)
o 800 µl di SOC (metodo DMSO) ed incubare a 37 °C per un’ora. Piastrare
infine su terreno selettivo (per piastrare tutta la trasformazione, centrifugare 1
minuto e risospendere il pellet in circa 100 µl di LB).
Per l’eletroporazione in cellule elettrocompetenti, aggiungere a 40 µl di
cellule, 1 µl di DNA (meno di 10 ng). Incubare in ghiaccio per 30 secondi.
Trasferire in cuvette di 0.2 cm, tenute in ghiaccio ed elettroporare a 2.5 kV, con
una resistenza di 200 Ω e una capacitanza di 25 µF. Aggiungere rapidamente 1
ml di SOC ed incubare a 37 °C per un’ora. Piastrare infine su terreno selettivo
(per piastrare tutta la trasformazione, centrifugare 1 minuto e risospendere il
pellet in circa 100 µl di LB).
Dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina
Diluire 100x in LB una coltura fresca satura, lasciare crescere a 37 °C con
aerazione fino ad una densità ottica a 600 nm tra 0.2 e 0.4. Indurre a 37 °C con
arabinosio 0.2% e prelevare dei campioni della coltura a tempi indicati. Ogni
campione (1 ml) è mescolato con 4 µl di 0.5 M iodoacetammide (che penetra
nelle cellule e blocca i gruppi SH liberi, impedendo l’ossidazione e attivazione
di PhoA citoplasmatica) e tenuto in ghiaccio. Centrifugare a 4 °C, per 5 minuti a
13000 rpm, lavare due volte con 1 ml di MOPS1x-10 mM MgCl2 (MOPS 3x:
200 mM 3-(N-morfolin) acido propansulfonico, 250 mM NaCl, 48 mM NH4Cl,
98
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
aggiustare con 1 M KOH a pH 7.2 e filtrare; proteggere dalla luce).
Risospendere il pellet in 1 ml di MOPS1x-10 mM MgCl2. Prelevare 500 µl e
diluire con 500 µl di MOPS1x-10 mM MgCl2, per misurare la densità ottica a
600 nm. Per il dosaggio enzimatico, aggiungere 10-100 µl cellule a 900 µl di
TZ (1 M Tris-HCl pH 8.1, 1 mM ZnCl2), 25 µl di 0.1% SDS, 25 µl di
cloroformio, mescolare bene, ed iniziare la reazione aggiungendo 100 µl di
0.4% PNPP (p-nitrofenilfosfato) in TZ e incubando a 28 °C. Quando il
contenuto del tubo diventa giallo, bloccare la reazione con 120 µl di soluzione
stop (1 volume di 0.5 M EDTA pH 8.0, 4 volumi di 2.5 M K2HPO4). Le reazioni
possono essere momentaneamente conservate in ghiaccio o a 4 °C, protette
dalla luce. Centrifugare per 5 minuti a 13000 rpm e misurare la densità ottica a
420 nm (p-nitrofenol) e 550 nm (resto dei detriti cellulari). Per calcolare
l’attività della fosfatasi alcalina in unità, utilizzare la formula seguente:
Unità= OD420 – (1.75 x OD550)/ Tempo (minuti) x OD600 x Volume (ml).
Immunoprecipitazione e marcatura di proteine
Diluire 50x in M63+, una coltura satura in LB (M63 1x, amminoacidi idrofobi
1x (50 µg/ml di ognuno) (stock 50x di Ile, Phe, Trp, Tyr), amminoacidi idrofili
1x (50 µg/ml di ognuno) (stock 100x di 14 amminoacidi esclusi Cys e Met),
0.2% glicerolo, 1 mM MgCl2, 4 µg/ml vitamina B1, e antibiotico opportuno).
Lasciare crescere overnight a 37 °C. Diluire 40x in M63+ e lasciare crescere a
37 °C fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2-0.4. Indurre con
arabinosio 0.2% per un tempo indicato, marcare con 35 µCi/ml di
35
S-met
(Hartmann IS103). La marcatura è bloccata trasferendo 1 ml in un tubo in
ghiaccio contenente 100 µl di metionina (0.5% in M63 1x). Preparare i
campioni centrifugando a 4 °C, per 2 minuti a 15000 rpm, e risospendendo il
pellet, vortexando, in 50 µl di SDS-buffer (1% SDS, 10 mM Tris-HCl pH 8.1, 1
99
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
mM EDTA). Lisare le cellule bollendo 2 minuti a 90 °C e lasciare raffreddare
per 5 minuti a temperatura ambiente. Aggiungere 800 µl di KI-buffer (50 mM
Tris-HCl pH 8.1, 150 mM NaCl, 2% Triton X-100), mescolare bene e lasciare
in ghiaccio per 20 minuti circa. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 15000 rpm,
e conservare il supernatante a –80 °C. Immunoprecipitare, 1 ora a temperatura
ambiente o overnight in ghiaccio, 100-300 µl di lisato con l’opportuna quantità
dell’anticorpo desiderato. Legare il complesso immunoprecipitato con 30 µl di
cellule di Staphylococcus aureus fissate (sospensione 10%), mescolare ed
incubare 30 minuti in ghiaccio, vortexando occasionalmente. Fare due lavaggi
con 1 ml di high salt buffer (50 mM Tris-HCl pH 8.1, 1 M NaCl, 1% Triton X100, 1 mM EDTA) ed uno con 1 ml di 10 mM Tris-HCl pH 8.1. Risospendere il
pellet in 20 µl di SB+ 1x (50 mM Tris-HCl pH 6.8, 2% SDS, 9% glicerolo, 5%
β-mercaptoetanolo, 0.005% blu di bromofenolo). Bollire 2 minuti a 90 °C,
centrifugare per 5 minuti a 15000 rpm, recuperare e caricare su gel. Dopo la
migrazione (tampone di elettroforesi: 0.025 M tris, 0,192 M glicina, 0.1% SDS),
fissare e colorare il gel 15 minuti in una soluzione di blu di Coomassie (30%
metanolo, 12% acido acetico, 3.2 g/l blu di Coomassie) e poi decolorare 2 volte
in una soluzione (30% metanolo, 6% acido acetico). Infine far asciugare il gel
su carta cromatografia (3MM-Whatmann) ed esporlo con un film BMR (kodak)
a temperatura ambiente.
Gel di poliacrilammide discontinuo
Gel di separazione: 11% acrilammide-bisacrilammide (37.5:1), 45 g/l TrisHCl pH 8.8, 1 g/l SDS, 2 µl/ml TEMED, 0.07% APS
Gel di concentrazione: 4.5% acrilammide-bisacrilammide (37.5:1), 15 g/l TrisHCl pH 6.8, 1 g/l SDS, 2 µl/ml TEMED, 0.07% APS.
100
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Produzione della proteina preOmpA+
Trasformare il plasmide p694 nel ceppo GP2 (secA11), piastrare in presenza
di ampicillina, ed incubare a 37 °C overnight. Inoculare una singola colonia in
10 ml di LB-ampicillina e incubare overnight a 37 °C. Diluire 100X la coltura
satura in 1 l di LB-ampicillina, ed incubare a 37 °C con aerazione, in una fiasca
di 3 l di volume. Lasciare crescere le cellule fino ad un densità ottica a 600 nm
di 0.5-0.7. Indurre l’espressione della proteina, aggiungendo arabinosio 0.2% e
lasciare crescere a 37 °C per due ore. Recuperare le cellule, centrifugando la
coltura a 4 °C, per 30 minuti a 2500 g e risospendendo il pellet in 100 ml di
tampone PD 1x freddo (PD10x: 81.8 g NaCl, 2 g KCl, 11.5 g Na2HPO4, 2 g
KH2PO4 in 1 litro di acqua). Centrifugare a 4 °C per 30 minuti a 2500 g e
risospendere il pellet in 30 ml di HEMGM (100 mM KCl, 25 mM Hepes pH
7.6, 0.1 mM EDTA pH 7.4, 12.5 mM MgCl2, 0.1% NP40, 1 mM DTT)
contenente 300 µl di lisozima 50 mg/ml. Incubare per 25 minuti in ghiaccio,
sonicare, e centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 27000 g. Effettuare 7 lavaggi
con HEMGM e risospendere il pellet in 30 ml di HEMGM-Urea 1 M. Sonicare
e risospendere il pellet, dopo centrifugazione a 4 °C, per 15 minuti a 27000 g, in
10 ml di 6 M Urea-50 mM Tris HCl pH 7.4-2 mM DTT. Dopo un’ultima
sonicazione, centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 27000 g, congelare il
supernatante in azoto liquido e conservare a –80 °C.
Saggio proteico quantitativo
Per stimare la quantità di proteine ho utilizzato un kit Sosochim (ref. 23225).
Preparare differenti diluizioni della proteina BSA da usare come standard e il
tampone in cui si trova la proteina da stimare, diluito 5 volte, da utilizzare come
bianco. Mettere varie aliquote di 25 µl di bianco, BSA, e campione da testare, in
ogni pozzetto di una piastra multipozzetti, a cui aggiungere 175 µl di soluzione
101
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
BCAB-BCAA (rapporto 1:4) ed incubare a 37 °C per 30 minuti. Il Cu+2 presente
nel reagente BCAA forma un complesso proteina-Cu+1 tetradentato, ed il
complesso BCA-Cu+1 assume un color porpora. Effettuare la lettura a 570 nm, e
testare la quantità di proteina in relazione allo standard BSA a concentrazione
nota.
Purificazione della proteina SecB
Trasformare il plasmide pJW25-Kn, nel ceppo BL21 e piastrare in presenza
degli antibiotici ampicillina e kanamicina, incubando a 37 °C overnight.
Inoculare una singola colonia in LB-kanamicina-ampicillina e incubare
overnight a 37 °C. Diluire 100x la coltura satura in 1 l di LB-antibiotici (in una
fiascha di 3 l) e lasciare crescere, a 37 °C con aerazione, fino ad una densità
ottica a 600 nm di circa 0.2. Indurre l’espressione della proteina, lasciando
crescere 3 ore a 37 °C, dopo aver aggiunto alla coltura 0.5 mM di IPTG
(isopropil-β-D-galattosidasi). Centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 3700 rpm,
risospendere il pellet in 20 ml di 50 mM Tris-HCl pH 8.1, 20% glicerolo,
congelare in azoto liquido e conservare a –80 °C. Scongelare e aggiungere 200
mg/ml di lisozima fresco, 0.1 mM PMSF (stock 100 mM in etanolo), 1 mM
EDTA. Mescolare delicatamente e incubare in ghiaccio per 30 minuti e a 37 °C
per 3 ore. Centrifugare a 4 °C, per 1 ora a 43000 g, recuperare il supernatante,
sonicare e centrifugare nelle stesse condizioni. Recuperare il supernatante a cui
aggiungere 0.1 mM PMSF. Caricare il campione così ottenuto in una colonna
cromatografica a scambio anionico Q Sepharose Fast Flow (Amersham)
(soluzione di partenza resina-20% EtOH equilibrata in 20 mM Tris-HCl pH 7.4,
0.1 mM PMSF e impacchettata su colonna). Lavare con 200 ml di buffer di
equilibrio (20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF), ed eluire con circa 3.6 litri
di un gradiente 0-600 mM di NaCl. Recuperare 10 ml/tubo, e dopo avere
verificato su gel di poliacrilammide le frazioni contenenti la proteina, mescolare
102
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
e precipitare con solfato di ammonio (80% saturazione, a 4 °C, con agitazione).
Centrifugare a 4°C, per 30 minuti a 17000g e risospendere il pellet in 10 ml di
20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF. Dializzare a 4 °C, in 2 litri di 20 mM
Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF, con membrana Spectra/Por 6000-8000 cut-off
(4 volte per due ore ed una volta overnight). Ultracentrifugare il campione a 4
°C, per 1 ora a 30000 rpm e caricare il supernatante (0.1 ml/minuto) su una
colonna cromatografica FPLC-MonoQ 5/5. Lavare 10 minuti con tampone A
(20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF) ed eluire SecB grazie ad un doppio
gradiente 0-350 mM e 350-600 mM di NaCl. Verificare il buon esito della
purificazione, caricando un’aliquota delle frazioni ottenute (2 ml/frazione) su
gel di poliacrilammide ed effettuando una separazione elettroforetica.
Concentrare e dializzare le frazioni contenenti SecB, congelare in azoto liquido
e conservare in 20% glicerolo a –80C.
Purificazione della proteina SecA
Trasformare
rispettivamente i plasmidi pZ52SecA-E e pT7-SecAHis nei
ceppi BL21 e BL21.19 e piastrare in presenza dell’antibiotico ampicillina,
incubando a 37 °C overnight. Inoculare una singola colonia in LB-ampicillina e
incubare overnight a 37 °C. Diluire 100x la coltura satura in 1 l di LBampicillina (in una fiascha di 3 l) e lasciare crescere, a 37 °C con aerazione, fino
ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2. Indurre l’espressione della proteina,
lasciando crescere 3 ore a 37 °C, dopo aver aggiunto alla coltura 0.5 mM di
IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi). Centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 3700
rpm, risospendere il pellet in 20 ml di 50 mM Tris-HCl pH 8.1, 20% glicerolo,
congelare in azoto liquido e conservare a –80 °C. Aggiungere a 10 ml di
volume, 0.9 mg/ml di lisozima fresco, mescolare delicatamente e incubare in
ghiaccio per 1 ora. Lisare con l’uso di French press (3x a 1000 psi g),
aggiungere poi 100 µl di 0.1 mM PMSF (stock 100 mM in etanolo) e portare ad
103
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
un volume di 20 ml, aggiungendo 50 mM Tris-HCl pH 7.4, 350 mM KCl, 10%
glicerolo, 2mM DTT). Centrifugare a 4 °C, per 1 ora a 26900 g. Recuperare il
supernatante ed aggiungere PMSF ad una concentrazione finale di 2 mM.
Purificare rispettivamente la proteina SecA, con Blue Sepharose 6 Fast Flow
(Amersham), in cui il substrato Cibacron Blue 3G è covalentemente legato alla
resina Blue Sepharose 6 e SecA-His con colonna Ni-NTA-agarosio, dopo aver
equilibrato le resine (circa 10 ml in 30% etanolo) con 50 mM Tris-HCl pH 7.0,
175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, e caricato il campione (10 ml) a 0.5
ml/minuto. Lavare con 10 volumi (100 ml) di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175
mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT e poi con 4 volumi (80 ml) di 50 mM
Tris-HCl pH 7.0, 200 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT. Eluire la proteina
con 10 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 600 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM
DTT, recuperandola in frazioni di 2 ml. Nel caso di SecA-His l’eluizione è fatta
con 4 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM
DTT, 30 mM imidazolo ed in seguito 2 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175
mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, 100 mM imidazolo e 2 volumi di 50 mM
Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, 300 mM
imidazolo.Verificare il buon esito della purificazione, caricando un aliquota
delle frazioni ottenute (2 ml/frazione) su gel di poliacrilammide ed effettuando
una separazione elettroforetica. Dializzare a 4 °C, in 2 litri di 50 mM Tris-HCl
pH 7.4, 10% glicerolo, 1 mM DTT, con membrana Spectra/Por 12000-14000
cut-off (4 volte per due ore ed una volta overnight). Concentrare, congelare in
azoto liquido e conservare in 20% glicerolo a –80C.
104
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Saggio dell’attività ATPasica di SecA
Preparare una miscela 1 contenente SecA 100 µg/ml, ATP 60 µM, 2.0 µCi γATP-32P e buffer A (25 mM HEPES, 50 mM KCl, 10 mM MgCl2) ed una
miscela 2 preparata allo stesso modo ma in cui SecA è assente. Preparare poi
una miscela 3 in buffer A contenente le IMVs 100 µg/ml e il substrato OmpA+
100 µg/ml in urea buffer (6 M Urea, 50 mM Tris HCl pH 7.4, 2 mM DTT). Le
miscele sono conservate a 25 ° C. Come controllo diluire 1 µl della miscela 1 e
2 più 3 µl di buffer A e pipettare 2 µl su TLC-plate (PEI cellulosa F, Rectolab).
Effettuare la reazione con 12 µl della miscela 1/2 e 38 µl della miscela 3 e
pipettare 2 µl a differenti tempi di reazione a 40 °C su TLC-plate. Asciugare la
TLC-plate e fare migrare in 150 ml di 0.15 M acido formico, 0.15 M LiCl.
Stimare infine l’efficienza dell’attività di SecA, dopo esposizione del gel con
Phospho-Imager.
SDS-PAGE e immunoblotting
SDS-PAGE sono effettuate usando gel con 10-15% di gel di separazione e
4.5% di gel di concentrazione. Preparare una membrana di nitrocellulosa 0.45
µm e bagnarla in una soluzione transfer 1x (Transfer 10x: 25 mM Tris-HCl pH
8.8, 192 mM glicina, 20% metanolo). Disporre tra due fogli di carta 3M, la
membrana e il gel, bagnare sempre con transfer 1x e trasferire le proteine per 1
ora a 450 mA, dal gel alla membrana, usando un apparato transblot (Bio-Rad).
Immergere la membrana per 1 ora a temperatura ambiente in TBS-T (50 mM
Tris-HCl pH 8.0, 150 mM NaCl, 0.1% Tween20) contenente 5% di latte e
incubare per 1 ora a temperatura ambiente con nuovo TBS-T-latte e il primo
anticorpo opportunamente diluito. Lavare la membrana due volte per 15 minuti
con TBS-T e incubare 1 ora a temperatura ambiente con TBS-T-latte contenente
horseradish perossidasi legata al secondo anticorpo diluito. Dopo tre lavaggi
105
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
con TBS-T, l’analisi è effettuata sfruttando le proprietà della perossidasi che
che in presenza di un substrato chemioluminescente (Covalab), catalizza la
scissione dell’acqua ossigenata ed emette luce in grado di impressionare una
lastra fotografica XAR (Kodak).
Iodinazione di substrati proteici
Prima di iodinare occorre rimuovere il detergente NP40 utilizzato per la
preparazione dei substrati chimerici OmpA+, PhoA-OmpA, PhoA82rev-OmpA,
RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA. In un tubo è lasciato evaporare sotto azoto 100
µl di iodogeno in cloroformio 1 mg/ml (lo iodogeno è un ossidante che fissa lo
iodio marcato alla proteina). 50 µg di proteina e 20 µCi de 125I sono incubati 10
minuti in ghiaccio. Diluire 20 volte con urea buffer ed utilizzare una parte della
reazione per misurare la radioattività. Verificare su gel di poliacrilammide e
successiva esposizione con film XAR (Kodak), il buon esito della iodinazione.
Preparazione di membrane IMVs urea-stripped
Per preparare le IMVs, fare delle colture, a 37 °C overnight, in LB-0.2%
glucosio a partire da una singola colonia di KM9 cresciuta su terreno solido.
Diluire 200x in LB-0.2% glucosio la coltura satura e lasciare crescere a 37 °C,
fino ad una densità ottica a 600 nm di 0.2. Centrifugare a 4 °C, per 20 minuti a
4000 rpm. Eliminare il supernatante e risospendere il pellet in un eguale volume
di buffer freddo 50 mM Tris-HCl pH 8.1, 10% sucrosio, 50 mM NaCl.
Centrifugare a 4°C, per 10 minuti a 12000 rpm, risospendere il pellet in 10 ml di
buffer AH freddo (50 mM Hepes-KOH pH 7.0, 50 mM NaCl, 5 mM MgCl2, 1
mM DTT) e 1 mM di PMSF. Lisare le cellule con French press (550 psi g),
centrifugare a 4°C, per 10 minuti a 12000 rpm, recuperare il supernatante e
completare a 30 ml con buffer AH freddo-20% sucrosio. Centrifugare a 4°C, per
106
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
2 ore a 24000 rpm, risospendere il pellet in 1 ml di buffer AH freddo. Congelare
in azoto liquido e conservare a – 80 °C. Aggiungere alla sospensione di IMVs,
un eguale volume di 6 M urea, incubare 35 minuti in ghiaccio, centrifugare a 4
°C, per 1 ora a 165000 g, lavare 2 volte il pellet con buffer B (500 mM Tris-HCl
pH 8.1, 500 mM KCl, 50 mM MgCl2, 10 mM DTT), risospendere in un volume
desiderato di buffer B, congelare in azoto liquido e conservare a – 80 °C.
Translocazione in vitro
Preparare una soluzione stock contenente SecA 40 µg/ml, SecB 40 µg/ml,
BSA
200 µg/ml, IMVs urea-stripped 100 µg/ml, ATP 2 mM, buffer B1x
(Buffer 10x: 500 mM Tris-HCl pH 8.0, 500 mM KCl, 50 mM MgCl2, 10 mM
DTT, aggiunto immediatamente prima dell’uso). Per iniziare la reazione
aggiungere il substrato proteico iodinato (circa 40000 cpm) ed effettuare la
reazione in un volume finale di 50 µl. Incubare 15 minuti a 37 °C e bloccare la
reazione per 2 minuti in ghiaccio. Digerire con 1 mg/ml di proteinasi K,
incubando in ghiaccio per 15 minuti (la proteinasi K degrada la proteina non
transclocata all’interno delle IMVs, mentre quella translocata è inaccessibile).
Centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 14000 rpm. Elimare il supernatante e
risospendere il pellet in 1 ml di acetone freddo. Centrifugare a 4 °C, per 10
minuti a 14000 rpm, asciugare il pellet e risospenderlo in 30 µl di SB+ 1x.
Bollire i campioni per 3 minuti a 90 °C, prima di caricarli su gel di
poliacrilammide. Dopo migrazione, asciugare il gel e esporre con film XAR
(Kodak).
107
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
Preparazione di DNA genomico
Centrifugare 1.5 ml di una coltura satura a 13000 rpm per 5 minuti, lavare il
pellet con un volume di 0.4 M NaCl e risospenderlo in 270 µl di TE.
Aggiungere 15 µl di Rnasi pancreatica 2 mg/ml e 20 µl di lisozima 50 mg/ml ed
incubare 20 minuti in ghiaccio. Aggiungere 300 µl di SARK/TE (100 µl di
sarkosil, 1.8 ml di TE, 90 µl di 0.2 M EDTA) e incubare 8 minuti a 65 °C.
Mescolare bene la soluzione viscosa, vortexando delicatamente per non
distruggere il DNA cromosomico, aggiungere 100 µl di Rnasi pancreatica 2
mg/ml e proteinasi K 100 µg/ml ed incubare 1 ora a 37 °C. Estrarre 3 volte con
fenolo-cloroformio-isoamminoalcol (25:24:1) e 1 volta con cloroformioisoamminoalcol (24:1). Dividere il lisato in due parti (350 µl/tubo), e
aggiungere in ogni tubo 50 µl di 2 M NaOAc pH 4.8 e 800 µl di 100% etanolo,
in modo da precipitare gli acidi nucleici. Centrifugare 5 minuti a 13000 rpm,
lavare con 70% etanolo, asciugare all’aria e risospendere in 150 µl di TE.
Conservare a 4 °C. La concentrazione del DNA è stimata mediante misura della
densità ottica a 260 nm.
PCR e trattamento prodotti PCR
Usare 100 ng-1 µg di DNA genomico, aggiungere 1x tampone-PCR, 200 µM
dNTP, 0.2 µM di ogni primer, 2 mM di MgCl2, 1 U di Taq polimerasi e
completare con acqua a 50 µl. I programmi, con le rispettive temperature,
variano secondo la taglia e la composizione del primer e secondo la taglia della
regione da amplificare.
I frammenti amplificati per PCR, destinati ad essere clonati, sono caricati su
gel d’agarosio 2% contenente bromuro di etidio. Dopo migrazione, sono
prelevati dal gel, con l’uso di una lama, purificati mediante kit, e diluiti in 80 µl
di acqua, con 10 µl di tampone 10x T4 polinucleotide kinasi (PnK), 5 µl di 5
108
MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli
mM rATP, 2.5 µl di 10 mM dNTP e i due enzimi: 2 U del frammento Klenow
della DNA polimerasi I e 10 U della T4 polinucleotide kinasi (PnK). La Klenow
favorisce la rimozione di estremità 3’ sporgenti, grazie ad un’attività di
polimerasi e di esonucleasi 3’----5’, mentre la polinucleotide kinasi aggiunge
dei gruppi fosfato alle estremità 5’ del DNA, favorendo così il clonaggio.
Incubare 30 minuti a temperatura ambiente, e aggiungere 2 µl di 0.5 M EDTA,
100 µl di TE, estrarre una volta con fenolo-cloroformio-isoamminoalcol
(25:24:1) e una volta con cloroformio-isoamminoalcol (24:1). Aggiungere 70 µl
di 2 M NaOAc pH 4.8 e 550 µl di 100% etanolo, mescolare bene e lasciar
precipitare e 1 ora a –20 °C. Lavare infine con 500 µl di 70% etanolo, asciugare
all’aria, e risospendere il pellet in 20 µl di TE.
109
RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4
RESUME
Etude d’une protéine inconnue du phage T4
Introduction
Le phage T4
Un bactériophage est un virus capable de parasiter une bactérie, dont il
provoque la destruction par lyse cellulaire. Le bactériophage se fixe sur un
récepteur de la surface bactérienne, et injecte ensuite son acide nucléique à
l’intérieur de l’hôte, pendant que son enveloppe protéique reste à l’extérieur. Le
génome du phage peut ensuite suivre deux voies différentes. Dans la voie
lytique, typique des bactériophages T, le génome viral prend contrôle de la
cellule hôte en l’induisant à synthétiser des acides nucléiques viraux et des
protéines qui, une fois assemblées avec le génome, vont constituer des
nouveaux virions qui sortiront en tuant l’hôte par lyse cellulaire. Dans la voie
lysogénique, le génome viral s’insère le plus souvent dans l’ADN de la cellule
hôte, et maintient la plupart de ses gènes inactifs. Une fois que la cellule se
réplique, elle transmet aussi l’ADN viral aux cellules filles. Le génome du
provirus est réactivé en cas de dommages à la cellule hôte, en donnant lieu au
cycle lytique.
Le phage T4 est un phage lytique d’E. coli d’environ 200 nm de long. Du
point de vue morphologique, il présente une tête icosaédrique contenant un
ADN double brin, une queue et une base contenant six fibres qui permettent
l’attachement du bactériophage à l’hôte. Après l’infection, l’ARN polymérase
bactérienne est modifiée et l’ADN d’E. coli est rapidement dégradé. Après la
réplication commence la biosynthèse et l’assemblage de nouvelles particules
phagiques. Le génome du phage T4 (168903 bp) contient 289 gènes pouvant
coder pour des protéines, 8 gènes codant pour des t-ARN, et au moins 2 autres
gènes qui codent pour des petits ARN stables à fonction inconnue (figure 28,
introduction); 144 des 289 gènes codent pour des protéines, à fonction inconnue
110
RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4
et on appelle ces gènes potentiels des ORFs (Open Reading Frame). Pour
chercher à faire des prévisions sur la fonction moléculaire de ces ORFs on a
utilisé un PSI-BLAST (Position Specific Iterated-Basic Local Alignment Search
Tool) (Altschul et al., 1997), contre les séquences tridimensionnelles présentes
dans les data bases (Kawabata et al., 2000). Cette méthode permet d’identifier
13 ORFs du phage T4, parmi lesquelles le gène vs.1.
Le phage T4 présentait auparavant deux types de lysozyme, appelés Gpe et
Gp5. Gpe, une protéine soluble, joue un rôle dans la “lyse de l’intérieur“ des
bactéries infectées, en favorisant le relâchement des nouveaux phages (Wozniak
et al., 1994). Gp5 est une protéine codée par un gène essentiel, localisée dans la
base du phage (Kao et McClain, 1980; Nakagawa et al., 1985; Kanamaru et al.,
1999; Kawabata et al., 2000). Gp5 n’est actif comme lysozyme qu’au début de
l’infection lors de l’injection de l’ADN et il est bloqué par le produit du gène
gps, une protéine périplasmique (Kao et McClain, 1980 B). La protéine VS.1
possède une similarité de séquence significative avec SLT70 (Soluble Lytic
Murein Transglycosylase), de E. coli, un lysozyme périplasmique, ayant une
séquence signal qui coupe les ponts β-1.4 entre l’acide N-acetyl-muramique et
l’N-acetyl-D-glucosamine, présents dans les peptidoglycans. L’alignement de la
séquence de VS.1 et de SLT70, présente une faible similarité (19 résidus
conservés sur 86 alignés), même si la région contenant les sites de liaison est
hautement conservée (Thunnissen et al., 1995; Kawabata et al., 2000). Ces
données suggèrent que VS.1 pourrait être le troisième lysozyme du phage T4.
L’ARN polymérase
L’holoenzyme de l’ARN polymérase d’E. coli est composé de quatre sousunités différentes, α2ββ′σ. Le cœur, α2ββ′, est actif dans la synthèse de l’ARN,
tandis que les facteurs σ sont impliqués dans la reconnaissance des promoteurs
et l’initiation. La sous-unité α de l’ARN polymérase, appelée RpoA, se
compose de 329 résidus; son domaine C-terminal (α-CTD, résidus 249-329) est
111
RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4
impliqué dans la transcription des promoteurs dépendant d’un mécanisme
d’activation transcriptionnelle. Il est capable d’interagir avec l’ADN aux
éléments UPs des gènes des ARN ribosomaux et avec les régulateurs de la
transcription comme CAP et AraC. Ce domaine est lié par un «linker» de 13
acides aminés très mobile au domaine N-terminale (α-NTD, résidus 8-235), une
région importante pour la dimérisation de RpoA et les interactions avec les
sous-unités β e β′ de l’ARN pol. L’allèle rpoA341, originairement défini comme
mutant phs, confère un défaut de croissance en présence de melibiose,
glutamate et arabinose et une auxotrophie qui peut être satisfaite par la
méthionine et la cystéine (Giffard et al., 1985).
Le régulon arabinose : structure et régulation
Escherichia coli peut pousser sur L-arabinose comme seule source de
carbone. Les protéines AraB, AraA, AraD de l’opéron araBAD convertissent le
L-arabinose en D-xylulose-5-phosphate; les protéines AraE, AraF, AraG et
AraH codées par deux autres opérons sont nécessaires pour le transport actif de
l’arabinose à l’intérieur de la cellule. Le gène araC code pour une protéine qui
règle positivement l’expression des autres opéron ara. En absence d’arabinose,
le dimère AraC-AraC est lié aux sites araO2 et araI1, séparés par 210 bp, en
formant une boucle qui réprime la transcription aussi bien du promoteur PC que
du promoteur PBAD. En présence d’arabinose, AraC, liée à l’arabinose, se lie aux
deux demi-sites araI1 et araI2, permettant à l’ARN pol d’accéder au promoteur
PBAD. Par contre, au niveau du promoteur PC, AraC et l’ARN pol sont en
compétition (Scheilf, 2000, 2003) (figure 31, introduction). En résumé (figure
32, introduction), l’ARN pol peut contacter, au moyen de ses sous-unité
α (RpoA) soit les deux protéines CAP et AraC, soit l’ADN présent entre les
sites de liaison de ces deux protéines. Le mécanisme n’est pas encore
complètement caractérisé.
112
RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4
Résultats
Une librairie de l’ADN du phage T4 a été clonée dans un vecteur inductible
avec l’arabinose. Un criblage en présence d’arabinose, a montré qu’environ 5%
des clones contiennent des inserts qui empêchent la croissance en présence
d’arabinose (définis comme “toxiques” c’est-à-dire conférant un phénotype
AraS). Parmi les différentes clones toxiques, le fragment contenant l’ADN du
gène vs.1, est particulièrement intéressant parce ce clone est incapable de
pousser en présence d’arabinose, aussi bien dans une souche normale (“high”
ColE1 réplicon à 20-40 copies/cellule) que dans une souche pcnB (“low” ColE1
réplicon à 2-4 copies/cellule). Le phénotype toxique de vs.1 est partiellement
réversible dans la souche DB550, tandis que il est presque irréversible dans la
souche DB502 (figure 35, résultats). Dans DB550, on observe un arrêt de la
croissance, tandis que dans DB502 on observe une lyse cellulaire (figures 36,
résultats).
On a cherché à isoler des suppresseurs chromosomiques de vs.1, en utilisant
une stratégie d’insertion par transposition. L’analyse de environ 2.2 x 105
colonies contenant le transposon miniTet, a mis en évidence un seule clone
AraR, qui est du à une insertion dans le plasmide. Ensuite, une mutagenèse UV
d’une souche contenant le plasmide pBAD18-vs.1-Kn, avec un criblage
d’environ 5 x 104 colonies, à mis en évidence 45 clones AraR, parmi les quels
39 sont des mutants plasmidiques, et 6 sont des suppresseurs chromosomiques
de vs.1. Pour localiser ces suppresseurs, un de ces mutants (MUV11) a été
infecté avec le phage λ miniTet1098, pour isoler des transposons liés aux
suppresseurs. La liaison a été analysée en mesurant le pourcentage de
cotransduction entre les marqueurs TetR et AraR. Ensuite le site d’insertion des
Tn10 a été identifié par séquençage. Les résultats suggèrent que le suppresseur
pouvait se trouver dans rpoA. La séquence du gène rpoA de MUV11 montre
qu’il s’agit d’un mutant rpoA (K271I). Les cinq autres mutants sont aussi des
mutants rpoA.
113
RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4
Deux groupes (figure 39, résultats) de mutants rpoA ont été obtenus: quatre
mutants sont incapables, comme le mutant rpoA341 (K271E) (Giffard et Booth,
1988), de pousser sur milieu minimal. Les deux autres sont capables de pousser
sur milieu minimal. Avec ce deuxième groupe il n’y a donc pas d’interférence
avec la régulation positive de la transcription du locus cysA. Pour étudier ces
mutants rpoA, les effets sur l’expression de PAI2-PhoA, une protéine
chimérique toxique clonée dans le même vecteur inductible avec arabinose, ont
été analysés. Des hauts niveaux d’expression de cette protéine chimérique
interfèrent avec la croissance cellulaire (Belin et al., 2004), et la mutation
rpoA341 réduit suffisamment l’expression de la protéine chimérique pour abolir
sa toxicité (Bost et Belin, 1995).
Les hypothèses de la littérature (Schleif, 2000 et 2003) proposent des
interactions RpoA-AraC, RpoA-CAP, ou RpoA-DNA. Mes résultats (figure 41)
suggèrent que les contacts RpoA-AraC sont beaucoup plus probables que les
contacts RpoA-CAP, parce qu’en absence de CAP fonctionnelle n’observe en
pratique de différences dans l’expression de PAI2-PhoA.
Pour étudier le rôle de α-CTD dans l’expression de l’opéron araBAD, on a
tenté d’isoler des suppresseurs dans le gène araC. Il est nécessaire d’avoir à
disposition des plasmides qui permettent une bonne discrimination entre les
allèles rpoA+ et rpoA341. Plusieurs tentatives de mutagenèses de la souche
rpoA341 ont été faits, exprimant des chimères de PhoA, qui forment des
colonies bleu foncé dans une souche rpoA+ et bleu pâle dans une souche
rpoA341. Le but était d’identifier des colonies bleues foncées, suppresseurs
hypothétiques de rpoA341, parmi de colonies bleus pâles. Le criblage d’environ
1.3 x 105 colonies (figures 44, 45, 46, résultats) en présence de XP et de
arabinose, a permis d’isoler un seul mutant non localisé dans araC.
On a changé stratégie, en mutagénisant le plasmide pBAD33, qui contient le
gène araC. Le criblage d’environ 5 x 104 colonies obtenues par la
transformation de ce plasmide mutagénisé dans une souche rpoA341, contenant
114
RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4
un plasmide exprimant une chimère PhoA indicatrice à partir du promoteur
PBAD, et contenant une délétion d’araC, n’a pas permis pas d’isoler les mutants
araC cherchés (figure 50, résultats). Des autres mutants rpoA contenant la
mutation rpoAN268T et des autres protéines chimériques reporters, qui donnent
une coloration blanche sur des boîtes indicatrices, ont été utilisés. Dans la
souche sauvage rpoA+, elles forment de colonies bleues. Le plasmide pBAD33
a été mutagénisé et transformé dans une souche rpoAN268T, qui contient le
plasmide pBAD-delaraC, exprimant la protéine chimérique. Le criblage
d’environ 1.5 x 105 colonies sur des boîtes indicatrices n’a pas permis d’isoler
des mutants dans le gene araC. Enfin, la souche CC104YM, contenants des
mutations dans le système YM de réparation de l’ADN, à été utilisée pour
induire donc la transversion GC---TA, peu favorisée dans les mutagenèses
précédentes, et tenter de créer des mutations suppresseurs dans araC. Le
criblage sur des boîtes indicatrices d’environ 7.7 x 104 colonies dans une souche
rpoAN268T n’a identifié qu’un seule clone bleu qui est un mutant
chromosomique.
115
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Introduzione
Principali caratteristiche dei batteriofagi
Un batteriofago è un virus capace di parassitare un batterio, di cui può
provocare la distruzione per lisi. I batteriofagi più complessi sono quelli della
serie T (Type), aventi una forma a spillo con una testa, contenente l’acido
nucleico, un collare ed una coda, terminante con una estremità di sei fibre. Il
batteriofago si fissa al batterio grazie alle fibre, in seguito con un meccanismo
di contrazione inietta il suo acido nucleico all’interno dell’ospite, mentre il suo
involucro proteico rimane all’esterno (Hershey e Chase, 1952). Una volta
iniettato, il genoma fagico può seguire due vie: nel ciclo litico, tipico dei
batteriofagi T, il genoma virale controlla la cellula ospite, inducendola a
sintetizzare nuovo acido nucleico virale e proteine che, una volta assemblate
con il genoma, andranno a costituire nuovi virioni. Essi usciranno dalla cellula
“uccidendola”, in una fase di lisi (T fagi), o verranno da essa secreti (fago
M13). Nel ciclo lisogeno, tipico del fago λ, il genoma virale si integra nel DNA
della cellula ospite, in un punto specifico del cromosoma batterico, attλ,
prendendo il nome di provirus (o profago) e mantenendo quasi tutti i suoi geni
disattivati. Una volta che la cellula si duplica viene trasmesso anche il DNA
virale alle cellule figlie. Lo stato di profago è mantenuto da un repressore
prodotto dal fago stesso, la proteolisi del quale induce il ciclo litico. Il genoma
del provirus reprime la maggior parte dei suoi geni, che vengono riattivati in
caso di danni alla cellula ospite, dando il via ad un ciclo litico. Alcuni fagi,
come ad esempio il fago P1, mantengono il DNA virale come un episoma
(Heinrich et al., 1995).
I tre più importanti batteriofagi, sono il fago λ, il fago M13 ed il fago T4. Il
DNA del fago lisogeno (λ) viene espresso (cioè tradotto in proteina), in
conseguenza dello stress della cellula che si trova in una netta carenza di
energia, ed è inoltre danneggiata da tossine (ad esempio antibiotici) ed altri
116
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
fattori. In questa fase il metabolismo cellulare è fortemente alterato. Il profago
si riattiva, il suo DNA si stacca dal genoma batterico e si avvia così il ciclo
litico. Il fago riattivato inizia a produrre grandi quantità di mRNA a partire dal
proprio DNA, al fine di costituire un elevato numero di unità fagiche. Quando
tutte le risorse della cellula sono esaurite, a causa dell’assemblaggio di nuovi
fagi, la sua membrana viene distrutta ed i fagi prodotti sono riversati all’esterno.
Il fago M13 è un fago filamentoso, contenente un DNA a singolo filamento ed è
maschio-specifico in quanto penetra nella cellula ospite attraverso il pilus F. Il
filamento di DNA una volta entrato nella cellula batterica viene convertito in
una molecola circolare a doppio filamento, chiamata RF (Replicative Form),
che si replica più volte. Contemporaneamente vengono trascritti i geni che
codificano per le proteine strutturali del fago. Quando sono state sintetizzate
circa 100-200 copie fagiche, il prodotto del gene 5 (Gp5) si lega al DNA a
singolo filamento impedendone la replicazione. I filamenti possono così
interagire con la membrana della cellula attraverso Gp7 e Gp9 e una volta preso
contatto, Gp5 viene rimpiazzato da Gp8 e Gp3. Il fago così assemblato
fuoriesce dalla cellula senza lisarla.
Il fago T4
I T-fagi rappresentano i modelli principali per lo sviluppo della genetica e
della biologia molecolare, già a partire dal 1940. I batteriofagi T2, T4 e T6 sono
il fondamento di molti concetti biologici fondamentali, come il concetto di
acido nucleico come materiale genetico (Hershey e Chase, 1952), la definizione
di gene (Benzer, 1957), la dimostrazione del codice genetico sotto forma di
triplette (Crick et al., 1961; Streisinger et al., 1966), la scoperta dell’mRNA
(Volkin e Astrachan, 1956; Brenner et al., 1961), l’importanza della
ricombinazione nella replicazione del DNA (Hershey e Rotman, 1948), i
meccanismi di riparo del DNA (Dulbecco 1949), il self-splicing di introni nei
117
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
procarioti (Belfort et al., 1986), sono solo i principali concetti scoperti con l’uso
dei fagi.
Il fago T4, uno dei numerosi membri della famiglia dei fagi tipo T, è un fago
litico, di circa 200 nm di lunghezza che appartiene alla famiglia dei
Myoviridiae. Dal punto di vista morfologico, presenta una testa icoesaedrica,
una base con sei fibre corte, un DNA a doppio filamento, e una coda con sei
fibre lunghe che permettono l’approccio della base del fago all’ospite, seguito
da una serie di cambiamenti conformazionali che consentono al DNA del fago
di penetrare nell’ospite. Il virione libero infetta E. coli, contattando l’ospite
grazie a sensori, presenti nelle fibre, in grado di riconoscere dei recettori
(lipopolisaccaridi o proteine OmpC) sulla superficie cellulare dell’ospite. Tale
interazione è reversibile, ma quando almeno tre fibre lunghe si legano all’ospite,
esse cambiano la loro conformazione, segnalando alla base del fago, grazie alla
proteina Gp9, che il legame è avvenuto con successo. A questo punto dei
movimenti contrattili avvicinano la base all’ospite, consentendo il contatto
anche delle fibre corte, a cui segue il cambiamento conformazionale della base,
che consente alla coda di penetrare nella membrana esterna di E. coli. Raggiunta
la parete batterica, i tre domini con attività lisozimica della proteina Gp5,
digeriscono i peptidoglicani, creando un poro attraverso il quale la coda
batteriofagica può raggiungere la membrana interna dell’ospite. Il contatto tra la
coda del fago e la membrana interna di E. coli, innesca il meccanismo di rilascio
del DNA (Rossmann et al., 2004). Dopo l’infezione del DNA fagico all’interno
del batterio, una serie di modificazioni hanno luogo nella RNA polimerasi
batterica. Il DNA dell’ospite è degradato, dando inizio alla fase di biosintesi e
assemblaggio di nuove particelle fagiche, che termina con la lisi del batterio ed
il rilascio dei nuovi virioni. La trascrizione del DNA di T4 necessita tre classi di
promotori, detti early (Pe), middle (Pm) e late (Pl), che guidano, assieme alle
modificazioni nella RNA polimerasi batterica, i vari stadi dell’infezione,
118
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
favorendo la replicazione del DNA fagico, la sintesi proteica e l’assemblaggio
dei nuovi virioni.
Studi effettuati con mutanti T4, il cui sviluppo è bloccato a differenti stadi,
hanno mostrato un differente gruppo di proteine associate alla RNA polimerasi.
Tali proteine sembrano dunque essere correlate con la replicazione e la
trascrizione del DNA (Malik et al., 1985). Il DNA del fago T4, presenta un
contenuto in G+C di circa il 34.5%, rispetto al 50% circa presente nel DNA di
E. coli. Circa il 38% delle ORFs di T4 non hanno omologie con le ORFs
presenti in altri fagi sequenziati, e addirittura il 50% non presenta omologie né
con altri fagi né con altri procarioti. Inoltre le ORFs sconosciute presenti nel
DNA di T4 sono più numerose rispetto a quelle presenti nel DNA di E. coli; ciò
è un indice della vasta diversità virale (Nolan et al., 2006; Yin e Fischer, 2008).
Il DNA del fago T4 presenta circa 300 probabili geni, impacchettati in un
genoma di 168903 bp. Le posizione di questi geni, dei promotori, dei
terminatori e delle più importanti origini di replicazione sono state determinate
(figura 28, Miller et al., 2003). Il genoma del fago T4 presenta un totale di 289
geni che probabilmente codificano per delle proteine, 8 geni codificanti per
tRNA, ed almeno altri 2 geni che codificano per piccoli e stabili RNA a
funzione sconosciuta (Miller et al., 2003). Circa 144 dei 289 geni codificano per
proteine a funzione sconosciuta. Per questo motivo, è particolarmente
interessante effettuare degli studi sui fagi, per cercare di chiarire il maggior
numero possibile di dettagli su queste ORFs a funzione sconosciuta. L’origine
di molti geni è poco chiara, e solo 42 geni presentano omologie con altri geni
presenti in banche dati (Kutter et al., 1985). Soltanto 65, cioè circa il 20%, dei
geni del fago T4 sono essenziali per la sopravvivenza in condizioni standard di
laboratorio (mezzo ricco, aerazione, 30-37 °C) (Miller et al., 2003). Tali geni
occupano circa la metà del genoma, codificando per proteine del complesso di
replicazione, per fattori regolatori della trascrizione e per le proteine strutturali.
I geni non essenziali invece codificano per enzimi della biosintesi dei
119
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
nucleotidi, per la ricombinazione ed il riparo del DNA, per nucleasi necessarie a
degradare il DNA contenente citosina e per proteine necessarie alla lisi ed al
rilascio delle particelle fagiche.
Molte delle proteine a funzione sconosciuta si trovano in regioni del genoma,
trascritte durante la fase early dell’infezione, mentre solo tre sono trascritte
nella fase late. Per cercare di fare delle previsioni sulla funzione molecolare di
queste ORFs a funzione sconosciuta, è stato eseguito un PSI-BLAST (Position
Specific Iterated-Basic Local Alignment Search Tool) (Altschul et al., 1997)
contro le sequenze tridimensionali presenti in una banca dati (Kawabata et al.,
2000). Questo metodo consente di trovare solo 13 ORFs, tra cui vs.1, e.1, rIIA, i
cui omologhi non erano stati trovati con i metodi di allineamento tradizionali.
RIIA è una proteina associata alla membrana, capace di legare il DNA, simile in
sequenza al dominio N-terminale della proteina heat shock Hsp90. Essa ha un
ruolo nella lisi rapida, ma la sua funzione molecolare è ancor oggi poco
conosciuta. La proteina E.1 è simile alla 8-oxo-dGTP-idrolasi MutT di E. coli,
ed è stata identificata, con PSI-BLAST, come un possibile lisozima.
Uno screening in presenza di arabinosio, effettuato in laboratorio, usando una
libreria del DNA del fago T4, clonata in un vettore inducibile con arabinosio, ha
evidenziato come circa il 5% dei frammenti contiene degli inserti che
impediscono la crescita in presenza di arabinosio (definiti come “tossici”; E.
coli ha dunque un fenotipo AraS). Tra i vari cloni tossici, è stato studiato il
frammento contenente il DNA del gene vs.1, che presenta una ipotetica
sequenza segnale.
120
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Figura 28: Mappa del genoma del fago T4. In evidenza sia le ORFs caratterizzate che quelle
ipotetiche. Le varie funzioni geniche sono rappresentate con colori differenti. Rosso:
trascrizione; marrone: traduzione; arancione: metabolismo; giallo: replicazione del DNA,
ricombinazione, riparo, impacchettamento; blu: proteine del virione; puntini-blu: chaperons;
verde: lisi; viola: interazioni fago-ospite; rosa: alterazioni dell’ospite; pesca: endonucleasi;
puntini neri: proteine integrali di membrana o periplasmatiche; bianco: proteine sconosciute
(Miller et al., 2003).
121
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
I lisozimi del fago T4: la proteina VS.1
Il fago T4 possiede due tipi di lisozima, Gpe e Gp5. Il lisozima Gpe (Gene
Product), il maggiore lisozima solubile presente nel fago T4, è stato
intensivamente studiato (Wozniak et al., 1994): più di 100 mutanti sono stati
caratterizzati mediante cristallografia ai raggi X. Questo enzima ha un ruolo
nella “lisi dall’interno” dei batteri infettati, favorendo il rilascio della progenie
fagica. Esso non presenta una sequenza segnale e dunque utilizza un
meccanismo di secrezione particolare. In realtà il fago codifica delle piccole
proteine holine che si accumulano nel citoplasma dell’ospite, determinando la
formazione di un buco (hole) nella membrana batterica che favorisce la lisi
grazie all’uscita dell’enzima litico Gpe (Grundling et al., 2000). Il lisozima
Gp5, invece è una proteina strutturalmente essenziale con un’attività litica
fondamentale in assenza di Gpe (Kao e McClain, 1980 A; Nakagawa et al.,
1985). Si tratta di una proteina localizzata alla base del fago, il cui sito attivo è
presente nella sua porzione centrale. Gp5 è sintetizzato come un precursore di
575 residui amminoacidici, mentre la forma matura di 44 KDa, si compone di
351 amminoacidi (Kanamaru et al., 1999). La sua estremità N-terminale,
prodotta in seguito ad un taglio post-traduzionale, consente la trimerizzazione
della proteina (Kawabata et al., 2000). Il fago T4 presenta un gene gps (Gene
Product S) il cui prodotto Sp, protegge le cellule infettate dalla lisi provocata
dal lisozima Gp5, il quale è responsabile della “lisi dall’interno” in assenza di
Sp e Gpe. Mutazioni in gps infatti determinano la lisi in assenza di Gpe (Kao e
McClain, 1980 B). Dunque in condizioni normali il fago utilizza per la lisi il
lisozima Gpe e non Gp5.
La proteina VS.1 possiede una significativa similarità di sequenza con SLT70
(Solubile
Lytic
Murein
Transglycosylase)
di
E.
coli,
un
lisozima,
periplasmatico, avente una sequenza segnale, che taglia i ponti glicosidici β-1,4
tra l’acido N-acetil-muramico e la N-acetil-D-glucosamina, presenti nei
peptidoglicani della parete batterica. Sebbene SLT70 non mostra significativa
122
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
similarità di sequenza con il lisozima del fago T4, una relazione evolutiva,
basata sulla similarità della struttura tridimensionale è suggerita (Thunnissen et
al., 1995; (Kawabata et al., 2000) (figura 29). L’allineamento della sequenza di
VS.1 e SLT70, presenta una debole omologia (19 residui conservati su 86
allineati), anche se la regione contenente i siti di legame è altamente conservata.
Al contrario SLT70 mostra una larga α−α superelica di 450 amminoacidi,
presente nella sua regione N-terminale ed assente in VS.1. Questi dati
suggeriscono che VS.1 potrebbe essere il terzo lisozima del fago T4, ed è ovvio
chiedersi come mai VS.1 non provochi la lisi delle cellule infettate.
Probabilmente esiste un meccanismo che maschera questo effetto litico. Il clone
contenente il gene vs.1 è incapace di crescere in presenza di arabinosio (AraS).
Dei soppressori cromosomici di tale gene sono stati ricercati per capire il ruolo
di VS.1. Tutti i mutanti identificati con l’uso di varie strategie, descritte nel
capitolo dei risultati, sono dei mutanti nel gene rpoA, che
sull’espressione del vettore PBAD.
123
ha effetto
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Figura 29: Dominio C-terminale del lisozima SLT70 di E. coli. I ligandi, N-acetil-Dglucosammina e acido-N-acetilmuramico sono mostrati con un modello a palle e bastoncini.
La porzione colorata rappresenta la parte omologa tra SLT70 e VS.1 (Kawabata et al., 2000).
124
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
La RNA polimerasi di E. coli e la trascrizione
In E. coli è presente una sola RNA polimerasi, associata di volta in volta a
differenti sub-unità σ che ne permettono la localizzazione a livello dei
promotori di specifici gruppi di geni. Al contrario, negli eucarioti sono presenti
tre diverse RNA polimerasi: la RNAPI presiede alla sintesi degli rRNA, la
RNAPII catalizza la sintesi degli mRNA, la RNAPIII catalizza la sintesi dei
tRNA e dei piccoli RNA. L’oloenzima della RNA polimerasi di E. coli è
composto da quattro differenti sub-unità, α2ββ′σ. Il core α2ββ’ è la parte attiva
della RNA polimerasi, mentre il legame della sub-unità σ è richiesto per la fase
di iniziazione dei promotori. σ70 è il fattore σ primario che lega il core della
RNAP guidandolo verso un vasto numero di promotori di geni essenziali per la
crescita. L’interazione tra σ70 ed il core della RNAP, permette il legame
specifico con il DNA (Dombroski et al., 1993). L’analisi della struttura di σ70,
mostra che i residui che legano il core della RNAP sono localizzati nella parte
opposta rispetto a quelli capaci di legare il DNA (Malhotra et al., 1996). σ70 è
il fattore predominante durante la fase di crescita esponenziale (Jishage et al.,
1996). Cambiamenti nelle condizioni di crescita, come heat shock o crescita in
fase stazionaria, determinano la sostituzione di σ70 con altri fattori σ (Ozaki et
al., 1991), provocando il mancato riconoscimento dei promotori e causando una
riduzione del livello di molti RNA e proteine, inclusi vari componenti della
macchina di sintesi proteica (Fujita e Ishihama, 1987; Magnusson et al., 2003).
σ70, dunque compete con altri fattori σ, come ad esempio σ38, specifico della
fase stazionaria, nel legame con il core della RNAP (Farewell et al., 1998). La
funzione di σ70 è bloccata da specifici fattori anti-σ, proteine della fase
stazionaria che legano σ70.
Altro fondamentale fattore per l’assemblaggio del complesso di trascrizione è
la proteina CAP (Catabolite Activating Protein), che interagisce con una
sequenza consenso di 11 nucleotidi, presente a monte del sito di inizio, facendo
125
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
assumere al promotore la corretta topologia affinché la RNA polimerasi possa
creare un legame stabile col DNA. La proteina CAP interagisce con
l’oloenzima sia a livello di σ, sia a livello del dominio C-terminale di α2.
A questo punto, il fattore σ70 favorisce il melting del promotore e quindi
l’inizio della trascrizione (Young et al., 2004). Le due sub-unità β (RpoB) e β′
(RpoC) della RNA polimerasi sono particolarmente importanti nel fenomeno di
melting. Entrambe interagiscono con il DNA e contribuiscono al sito attivo
della RNAP (Landick et al., 1990). Inoltre due regioni conservate, presenti alla
estremità C-terminale di RpoB sono richieste per l’assemblaggio della RNAP
(Wang et al., 1997). Il complesso RNAP-σ riconosce, la sequenza –35 del
promotore (Buckle et al., 1999) e si estende poi fino alla posizione +20, grazie
ad interazioni che coinvolgono oltre al fattore σ anche le due sub-unità β e β′
(Brodolin et al., 1993). Quando il legame è completo, l’elica del DNA si apre
dalla posizione –12/-10 fino alla posizione +2 (Tsujikawa et al., 2002),
determinando così il fenomeno di melting del promotore.
Vari fattori modulano la forza di un promotore, influenzando l’inizio della
trascrizione e la quantità di trascritto prodotto. Entrambe le sequenze –35 e –10
e la distanza tra esse sono molto importanti (Miksch et al., 2005). La regione –
10 (TATAbox) è importante per l’apertura dell’elica del DNA, così come il
motivo TTGACA in posizione –35. Inoltre, elementi a monte del promotore
(UPs: Upstream Promoter), localizzati nelle regioni –40/-60, possono stimolare
la trascrizione anche in assenza di fattori σ (Fredrick e Helmann, 1997).
A questo punto la RNA polimerasi può cominciare a trascrivere il DNA e ad
appaiare le corrette basi al fine di sintetizzare il trascritto primario (RNA non
ancora processato): questa fase di “messa a registro” è la più critica, al punto
che si hanno diversi inizi abortivi in cui la RNA polimerasi non riesce a
sintetizzare un filamento di RNA sufficientemente lungo da determinare dei
cambiamenti conformazionali in tutto il complesso, in modo che il fattore σ si
stacchi, i legami tra la RNA polimerasi ed il DNA diventino aspecifici, e CAP
126
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
non sia più necessaria. Probabilmente il tutto viene indotto dall’allungamento
dell’ibrido RNA-DNA, che nel momento in cui supera le 9-10 paia di basi crea
un ingombro sterico tale da indurre il rilascio di tutti gli altri fattori, secondo il
fenomeno di clearance del promotore, che coinvolge il rilascio del promotore e
la perdita del fattore σ.
In sintesi, l’assemblaggio del complesso di trascrizione basale segue delle fasi
ben precise. La sub-unita α1 contatta la sub-unità α2 e tale dimero ha già la
capacità di legare il DNA anche se in maniera aspecifica. A questo punto si
legano le sub-unità catalitiche β e β′, responsabili del riconoscimento delle
singole basi di DNA, a cui appaiano le corrette basi complementari. La proteina
CAP, legata ad una regione ricca in AT, distorce il DNA (de Gunzburg, 1985).
Anche grazie a questa distorsione, σ contatta un’ampia regione del promotore in
modo da reclutare la RNA polimerasi, che comincia la lettura del filamento
antisenso (3’->5’) e quindi inizia a sintetizzare l’ibrido DNA-RNA, lungo 9-10
paia di basi. L’evento che dà il via alla reazione è la denaturazione locale del
DNA, che forma la cosiddetta bolla di trascrizione. Inizia così la fase di
elongazione del trascritto di RNA, in cui un filamento di DNA viene trascritto
senza che vi sia una distruzione permanente della doppia elica. La trascrizione
procede in direzione 5’→3’. Più precisamente, il filamento lungo il quale il
DNA viene “letto”, detto filamento stampo, è percorso dall’enzima in direzione
3’→5’. Il nuovo filamento di RNA, identico al filamento senso viene
sintetizzato a partire dal suo 5’. Durante questa fase soltanto 30-40 bp del DNA
sono in contatto con la RNA polimerasi, piuttosto delle 75 o più, in contatto
durante la fase di inziazione.
I segnali di terminazione sono nella sequenza di DNA, ma espletano la loro
funzione solo quando sono trascritti in mRNA. Essi possono indurre l’RNA di
nuova sintesi ad assumere una struttura secondaria (generalmente delle forcine
di terminazione) tale da destabilizzare e far staccare la RNA polimerasi, nel
caso dei terminatori forti Rho-indipendenti. La struttura a forcina si forma
127
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
grazie all’elevata presenza di guanine e citosine che instaurano tra loro tre
legami ad idrogeno. A valle della zona a forcina si trova una sequenza di poliU:
questo significa che sul DNA è presente una sequenza di poliA, e poiché
l’appaiamento tra A ed U è il più debole esistente, il distacco dell’mRNA dal
DNA, e la conseguente terminazione della trascrizione viene favorita. Se il
terminatore non è sufficientemente forte, e questo può accadere quando non è
presente la zona poliU, è necessaria una sequenza con una alta affinità per la
proteina Rho, un fattore di terminazione intergenico che stacca il trascritto
primario dal complesso di trascrizione. Rho lega l’mRNA in determinati punti,
raggiunge la RNA polimerasi e promuove il distacco del DNA quando la
polimerasi si sofferma su un terminatore o quando i ribosomi si staccano per la
presenza di un codone di terminazione, lasciando a Rho lo spazio necessario per
legare l’mRNA.
La cinetica ed il meccanismo della trascrizione sono stati studiati a lungo e
con varie tecniche biochimico-cristallografiche, capaci di mettere in evidenza
in tempo reale le caratteristiche della RNAP e del complesso di trascrizione, e le
varie fasi in cui la RNAP riconosce il promotore, inizia la trascrizione, fa delle
pause lungo il DNA, corregge eventuali errori ed in fine termina la trascrizione
(Bai et al., 2006; Herbert et al., 2008).
RpoA
La sub-unità α della RNAP, detta RpoA si compone di 329 residui
amminoacidici
e,
come
detto
in
precedenza,
ha
un
ruolo
chiave
nell’assemblaggio della RNAP (Ishihama, 1981). Studi in vivo (Hayward et al.,
1991) ed in vitro (Kimura et al., 1994), condotti analizzando mutanti aventi
delezioni in rpoA, hanno messo in evidenza come molti dei suoi 94 residui Cterminali possono essere rimossi senza impedire l’assemblaggio della RNAP.
La regione C-terminale prossimale è necessaria per la regolazione della
trascrizione, non soltanto con gli attivatori trascrizionali come ad esempio CAP
128
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
(Igarashi et al., 1991), ma anche con il repressore GalR (Choy et al., 1995). I
fattori di trascrizione che richiedono il dominio C-terminale di RpoA, vengono
definiti come fattori di classe I. Molti di questi fattori legano regioni del DNA
localizzate a monte della regione –35 del promotore. La regione C-terminale di
RpoA, ha inoltre un ruolo nel riconoscimento degli elementi UPs, ricchi in AT,
che aumentano l’inizio della trascrizione (Ross et al., 2003). Il dominio Cterminale (α-CTD, residui 249-329, figura 30) di RpoA ha un ruolo chiave
nell’inizio della trascrizione in molti promotori dipendenti da attivatori
trascrizionali, ed è in grado di interagire con il DNA oltre che con i regolatori
della trascrizione. Questo dominio è connesso al dominio N-terminale (α-NTD,
residui 8-235), regione importante per le interazioni con la RNAP, grazie ad un
linker di 13 residui amminoacidici, che consente un alto grado di motilità all’ αCTD (Meng et al., 2000).
Studi di mutazioni hanno mostrato che i residui amminoacidici richiesti per la
trascrizione CAP-dipendente, sono localizzati nella regione α-CTD di RpoA
compresa tra gli amminoacidi 258 e 270 (Tang et al., 1994). Per comprendere il
ruolo di ognuno di questi amminoacidi, sono state condotte mutagenesi
sistematiche per creare una serie di mutanti contenenti una singola sostituzione.
L’abilità delle RNAP mutanti a rispondere a CAP o agli elementi UPs è
esaminata in reazioni di trascrizione in vitro, usando i promotori lacP1 (CAPdipendente) e rrnBP1 (UPs-dipendente). I risultati identificano i residui di
RpoA coinvolti nelle interazioni con CAP e con gli elementi UPs (Muratami et
al., 1996).
Tre differenti mutanti rpoA (gro109, sez e phs), sono stati largamente e
diffusamente studiati. La mutazione gro109 (L290H) conferisce resistenza al
fago P2 come conseguenza del fallimento dell’inizio della trascrizione tardiva
(Sunshine e Sauer, 1975). La mutazione sez (P323L) sopprime l’effetto
pleiotropico dell’allele envZ473, un allele rpoA, e determina quindi un aumento
della trascrizione dei geni affetti (Garrett e Silhavy, 1987).
129
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Il terzo allele identificato è l’allele rpoA341 (K271E), originariamente
definito mutante phs, il quale conferisce un difetto di crescita in presenza di
melibiosio, glutammato e arabinosio ed una autrofia che può essere soddisfatta
da metionina e cisteina (Giffard et al., 1985). L’allele rpoA341 determina un
difetto trascrizionale di alcuni geni regolati positivamente. L’analisi condotta su
diversi promotori di geni regolati positivamente (Giffard e Booth, 1988), ha
messo in evidenza come tre operoni sono influenzati da questa mutazione, e
precisamente l’operone melAB, il locus cys ed il regulone ara. Interessante è il
risultato per il locus cys, dove soltanto l’espressione di CysA è seriamente
danneggiata dalla mutazione rpoA341, mentre nell’operone ara, tutti e tre i loci
araE, araBAD, araFGH, sono danneggiati trascrizionalmente dalla mutazione
rpoA341. Questi risultati evidenziano che rpoA341 causa dei difetti di
trascrizione, e ciò suggerisce che la sub-unità α (RpoA) della RNAP ha un
ruolo diretto nell’inizio della trascrizione di operoni regolati positivamente.
Gli studi condotti sugli altri due alleli rpoA (gro109 ed envZ473) sostengono
questa ipotesi, dal momento che in entrambi i casi la mutazione determina un
cambio nella trascrizione di operoni regolati positivamente. Ognuna delle tre
mutazioni interessa un gruppo differente di operoni, e la base di questa
specificità può essere dovuta ai contatti tra la RNAP e le molecole che fungono
da regolatori positivi.
130
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
A
B
C
Figura 30: struttura dell’α
α-CTD di RpoA. A) Struttura secondaria dell’α-CTD, ottenuta
mediante risonanza magnetica nucleare. Sono evidenti le due strutture elica-giro-elica ed il
residuo Arg265, importante per l’interazione con il solco minore dell’elica del DNA (Young
et al., 1995). B) Localizzazione dei residui importanti per l’attivazione del promotore proP P2
ad opera della proteina Fis. Tale promotore possiede anche un sito di legame per CAP. Sono
evidenziate sei mutazioni che riducono l’efficienza della trascrizione. La regione 271-273, in
rosso, necessaria per il legame con la proteina Fis e le regioni 264-265, 296-297 necessarie per
il legame con il DNA. E’ mostrato il residuo K271, la cui mutazione (K271E), origina il
mutante rpoA341 (McLeod et al., 2002) C) Struttura tridimensionale con i residui necessari
per l’attivazione del promotore PM del fago λ, attivato dalla proteina cI. I residui 265 e 287
sono necessari per il legame agli elementi UPs del promotore. In evidenza il residuo 287
importante per l’interazione con la proteina CAP (Kedzierska et al. 2007).
131
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
L’operone arabinosio: struttura e regolazione
Escherichia coli può crescere su L-arabinosio come sola sorgente di carbonio.
L’arabinosio deve quindi essere assorbito dal terreno di coltura e metabolizzato.
Sono necessarie per questo processo varie proteine codificate dall’operone
arabinosio: araB, araA, araD, codificano per enzimi in grado di convertire Larabinosio in D-xilulosio-5-fosfato; i geni araE, araF, araG e araH codificano
per proteine richieste per il trasporto attivo dell’arabinosio all’interno della
cellula. Le proteine AraF, AraG, AraH sono necessarie per il trasporto ad alta
affinità e bassa capacità, ATP dipendente, mentre AraE favorisce il trasporto a
bassa affinità ed alta capacità, guidato da un gradiente protonico (Kolodrubetz e
Schleif, 1981). Infine il gene araC, codifica per una proteina che regola
l’espressione degli altri geni ara.
I siti richiesti per l’espressione dei geni araBAD, sono il sito di legame per la
RNAP, il sito di legame per la proteina AraC, il sito araI, ed il sito di legame
per la proteina CAP detta anche CRP (AMPc Receptor Protein). Sempre nella
regione contenente questi siti, si trovano altri siti coinvolti nella regolazione e
nell’espressione del gene araC. Si tratta del sito operatore araO1 al quale si
lega la proteina AraC per reprimere l’espressione del promotore PC. Un terzo
sito di legame per AraC, detto araO2, è importante per il meccanismo di
regolazione. Esistono due meccanismi di regolazione positiva e negativa dei
geni araBAD, ed il coinvolgimento di CAP, suggerisce un alto livello di
complessità del sistema. AraC può legare tre siti nelle regione regolatrice
araBAD, si tratta dei siti araI (Induction), araO1, araO2. Secondo il modello
proposto, in assenza di arabinosio e di proteina CAP, la proteina AraC lega
entrambi i siti araI ed araO2, originando un loop nel DNA. La formazione di
questo loop aiuta la proteina AraC a reprimere l’inizio della trascrizione dal sito
di legame adiacente per la RNAP. Quando invece sia l’arabinosio che AMPcCAP sono presenti, la repressione non è più a lungo possibile. Il loop si apre, ed
i suoi componenti adottano una conformazione differente, favorendo il legame
132
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
della RNAP (Dunn et al., 1984; Martin et al., 1986; Scheilf, 2000, 2003). La
proteina AraC stimola, in presenza di arabinosio, l’inizio della trascrizione a
partire dal promotore PBAD, mentre al promotore PC, AraC agisce negativamente
sia in presenza che in assenza di arabinosio. Essa funziona come omodimero.
Ogni monomero possiede due domini, un dominio di dimerizzazione Nterminale capace anche di legare l’arabinosio e un dominio C-terminale di
legame al DNA (Cass e Wilcox, 1986; Francklyn e Lee, 1988; Menon e Lee,
1990). Questi due domini sono connessi da un linker flessibile. In assenza di
arabinosio, il dimero AraC, è legato ai siti araO2 ed araI1, separati da 210 bp,
formando un loop che reprime la trascrizione sia di PC che di PBAD, bloccando
stericamente l’accesso della RNAP ai due promotori e probabilmente anche
della proteina CAP. In presenza di arabinosio, AraC, legata appunto
all’arabinosio, interagisce a sua volta con i due emi-siti araI1 ed araI2,
conseguentemente la RNAP ha accesso al promotore PBAD, così come CAP può
legarsi accanto agli emi-siti araO1L ed araO1R. L’importanza dell’arabinosio è
dimostrata da esperimenti in cui è utilizzato il D-fucosio, un substrato analogo
all’L-arabinosio, capace di legare la proteina AraC, ma incapace di attivare la
trascrizione (Schleif, 2000). Un fenomeno ancora poco chiaro è la derepressione transiente del promotore PC in seguito alla presenza di arabinosio.
L’attività di questo promotore aumenta di circa 10 volte subito dopo l’aggiunta
di arabinosio, ma ritorna ai valori pre-induzione, circa 10 minuti dopo. Questo
comportamento è spiegabile con l’ipotesi che l’apertura del loop consente alla
RNAP di legarsi al PC, fin quando AraC non lega il sito araO1 (Scheilf, 2000)
(figura 25). AraC e la RNAP competono per il legame al promotore PC (Scheilf,
2000, 2003).
Questo modello è sostenuto da esperienze in cui l’aggiunta o la delezione di
DNA tra i siti araI e araO2, determina un’alterazione nell’orientazione
angolare, interferendo con la repressione (Shore e Baldwin, 1983). Numerosi
esperimenti di inserzione e delezione di regioni di DNA (helical twist) hanno
133
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
confermato l’esistenza del loop. L’inserzione o la delezione di 5 bp di DNA in
una regione non essenziale tra il promotore PBAD e l’emi-sito araO2, determina
l’introduzione di mezzo giro di elica nel DNA, che interferisce con la
repressione di PBAD, in assenza di arabinosio, provocando un aumento di 5-10
volte nel livello di trascrizione basale. Il mezzo giro d’elica originato con
l’inserzione di 5 bp di DNA, determina infatti la rotazione di uno dei due siti cui
la proteina AraC è legata, ostacolando il formarsi del loop. Al contrario
l’inserzione di un numero di bp che determina l’introduzione di giri di elica
completi non interferisce con la repressione (Scheilf, 2000, 2003).
134
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Figura 31: Regolazione dell’operone L-arabinosio. Struttura della proteina omodimerica
AraC (a), e delle regioni regolatrici PC e PBAD, in assenza (b) ed in presenza (c) di arabinosio.
Gli elementi regolatori O2, I1, I2, sono emi-siti di 17 bp capaci di legare una sub-unità di
AraC, mentre O1 è formato da due emi-siti, O1L, O1R, che legano due sub-unità di AraC. In
assenza di arabinosio, il loop impedisce l’accesso della RNAP al PC ed al PBAD; probabilmente
il sito di legame per la proteina CAP è ugualmente inaccessibile. In presenza di arabinosio,
AraC lega gli emi-siti I1 e I2, e conseguentemente il loop scompare e la RNAP ha libero
accesso al PBAD, così come CAP può legarsi al suo sito. RNAP e AraC competono inoltre per
il legame al PC e ad O1 (Schleif, 2000).
135
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
L’aspetto ancor oggi poco chiaro del meccanismo di regolazione dell’operone
arabinosio è la fase di legame della RNAP al promotore PBAD. Regolatori
positivi della trascrizione possono stimolare il legame della RNAP o la
formazione di complessi aperti RNAP-DNA, trascrizionalmente competenti.
Studi sul meccanismo di azione della proteina CAP (Busby e Ebright, 1999),
mostrano che i regolatori positivi incrementano il legame della RNAP al
promotore e/o accelerano la conversione del complesso chiuso RNAP-DNA in
un complesso aperto capace di iniziare la trascrizione.
Sono stati evidenziati contatti tra la proteina CAP e la RNAP. Il sito di
contatto nella RNAP può includere il fattore σ, la regione N-terminale e la
regione C-terminale di RpoA (sub-unità α della RNAP). La proteina CAP è un
omodimero di 45KDa (Kolb et al. 1993). Ogni monomero presenta un dominio
N-terminale (residui 1-139) ed un dominio C-terminale (residui 140-209)
(Busby e Ebright, 1999). Il dominio N-terminale è responsabile della
dimerizzazione e delle interazioni con l’effettore allosterico AMPc, il quale lega
CAP, inducendo un cambio conformazionale, che determina una conformazione
competente per il legame al DNA. Il dominio C-terminale è invece responsabile
delle interazioni con il DNA, riconoscendo uno specifico sito di 22 bp (5’AAATGTGATCTAGATCACATTT-3’) (Busby e Ebright, 1999).
I promotori la cui attivazione è dipendente da CAP, si dividono in tre gruppi: i
promotori di classe I (lac), necessitano della sola presenza di CAP per
l’attivazione della trascrizione, e presentano un solo sito di legame per CAP,
nella regione 61.5 bp a monte del sito di iniziazione. Il promotore lac presenta
una sequenza –45 che permette l’attivazione della trascrizione anche in assenza
di CAP (Czarniecki et al., 1997). La proteina CAP interagisce con la regione αCTD di RpoA. Per identificare i siti di legame, studi su una libreria di mutanti
rpoA, generata mediante mutagenesi per PCR e testata in base alla capacità di
attivare il gene reporter lacZ, hanno messo in evidenza come le mutazioni sono
localizzate nei siti 258-265, della regione α-CTD (Zou et al., 1992; Tang et al.,
136
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
2007). Tale regione è dunque necessaria per l’attivazione CAP-dipendente del
promotore. I promotori di classe II (galP), sono simili a quelli di classe I, dai
quali differiscono per il sito di legame di CAP che si sovrappone al sito di
legame per la RNAP. Infine i promotori di classe III (araBAD), richiedono
molteplici attivatori per la trascrizione (Zhang e Schleif, 1998). Inoltre AraC
stimola il legame della RNAP e la formazione del complesso aperto RNAPDNA ed anche essa, così come CAP, può interagire con la RNAP.
In sintesi, (figura 26), l’RNAP può contattare, mediante la sua sub-unità α
(RpoA) sia le due proteine CAP e AraC, che il DNA presente tra i siti di legame
di queste due proteine. Il meccanismo è ancor oggi poco chiaro e dunque
potrebbe risultare alquanto interessante, cercare di chiarirlo. Per questo motivo
nell’ultima parte di questo lavoro di tesi, sono stati effettati una serie di
esperimenti per mettere in evidenza un alquanto probabile contatto RpoA-AraC.
Tale meccanismo però necessita di ulteriori chiarimenti.
137
INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Figura 32: Contatti tra la RNA polimerasi ed il promotore PBAD. Probabili contatti tra il
dominio C-terminale della sub-unità α (RpoA) della RNA polimerasi e le proteine CAP e
AraC. RpoA probabilmente interagisce anche con la regione di DNA presente tra i siti di
legame per le due proteine CAP e AraC. In rosso è mostrato l’arabinosio legato ad AraC
(Schleif, 2000).
138
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Presentazione della ricerca
Una libreria del DNA del fago T4 è stata costruita utilizzando il vettore
pBAD18, che permette una espressione inducibile con l’arabinosio (Guzmann et
al., 1995). Uno screening su piastre indicatrici in presenza di arabinosio ha
evidenziato che il 5% dei frammenti contiene degli inserti che impediscono la
crescita in presenza di arabinosio (definiti “tossici”, cioè AraS). Il frammento
contenente il DNA del gene vs.1, che presenta una ipotetica sequenza segnale, è
stato studiato. Questo gene è incapace di crescere in presenza di arabinosio, sia
in un ceppo wild-type (high ColE1 copy number 20-40 copie/cellula), sia in un
ceppo pcnB (low ColE1 copy number 2-4 copie/cellula). Si tratta di un gene che
potrebbe codificare per un lisozima omologo del lisozima SLT70 di E. coli
(Thunnissen et al., 1995; Kawabata et al., 2000). Visto che il lisozima Gp5 del
fago T4, può essere inibito dalla proteina Sp, dei soppressori cromosomici del
gene vs.1 sono stati ricercati. La difficoltà nell’isolare dei soppressori porta ad
ipotizzare che vs.1 non può essere bloccato da una proteina bersaglio. Tutti i
mutanti identificati come soppressori di vs.1 sono dei mutanti nel gene che
codifica la sub-unità α della RNA polimerasi (RpoA). In rapporto a questo
risultato, la regolazione dell’espressione del promotore PBAD dell’operone
arabinosio maggiore è stata studiata. I risultati mostrano (figura 42) come nel
mutante rpoA341, si ha una riduzione di circa il 50% dell’espressione del
promotore PBAD rispetto al ceppo wild type. Inoltre è stato studiato l’effetto del
G6P (glucosio-6-fosfato) un inibitore della sintesi dell’AMPc (Mikuniya et al.,
2005). In assenza di CAP funzionante si ha una limitata differenza
nell’espressione di PBAD. Secondo la letteratura (Schleif, 2000, 2003) sono
possibili interazioni tra RpoA-AraC, RpoA-CAP o RpoA-DNA. Sulla base di
questa esperienza, i contatti RpoA-AraC dovrebbero essere molto più
importanti dei contatti RpoA-CAP. Visti questi probabili contatti RpoA-AraC,
139
PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
eventuali mutanti nel gene araC, soppressori dei mutanti rpoA, sono stati
ricercati.
140
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Studio di una proteina sconosciuta del
fago T4
La proteina VS.1: lisozima del fago T4 con ipotetica sequenza
segnale
Il punto di partenza d questo studio, è una libreria del DNA del fago T4,
costruita utilizzando il vettore pBAD18, che permette un’espressione inducibile
con arabinosio (Guzman et al., 1995). Uno screening su piastre indicatrici in
presenza di arabinosio ha evidenziato che il 5% dei frammenti contiene degli
inserti che impediscono la crescita in presenza di arabinosio (definiti “tossici”,
cioè AraS). Questa analisi presenta in realtà il limite di eventuali geni tossici
presenti a valle di promotori costitutivi, che si esprimono in assenza di
arabinosio e quindi non possono essere clonati. Un frammento contiene quasi
esclusivamente il gene vs.1, che presenta una ipotetica sequenza segnale. Tale
frammento è stato ottenuto a partire dal clone 10 presentato in figura 33. Questo
gene è incapace di crescere in presenza di arabinosio, sia in un ceppo wild type
(high ColE1 copy number 20-40 copie/cellula), sia in un ceppo pcnB (low
ColE1 copy number 2-4 copie/cellula).
Come prima cosa, visto che il plasmide che contiene la sequenza del gene vs.1
presenta solo la resistenza all’ampicillina, la cassetta che porta la resistenza alla
kanamicina è stata in esso clonata, originando così il vettore pBAD18-vs.1-Kn,
che è stato trasformato nei ceppi DB550 e DB502, aventi diverso background
genetico. Delle diluizioni di cellule sono state depositate su piastre LB-agar, in
presenza di ampicillina, kanamicina e arabinosio (figura 34). L’esperienza è
stata inoltre ripetuta nel ceppo pcnB (dati non mostrati). Il plasmide è tossico in
tutte le condizioni testate.
141
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
delEcoRI
delNheI -StyI
delEcoRI -StyI
delSphI
delEcoNI -StyI
EcoNI 512
SphI 691
StyI 1260
vs.1
EcoRI 1714
tk .4
vs
500
tk .2
tk .3
1000
Clone 10_t4
EcoRI 2111
tk .1
1500
2000
(2116 bps )
Figura 33: Schema del clone 10 ottenuto da una libreria del DNA del fago T4 clonata nel
vettore inducibile pBAD18. I cloni successivi sono stati ottenuti mediante delezioni per
testare il fenotipo in presenza di arabinosio dei vari geni presenti nel clone di partenza. Alcuni
cloni conferiscono un fenotipo AraS (grassetto), mentre altri AraR. Il clone delSphI di circa
700 bp, che contiene quasi esclusivamente la sequenza del gene vs.1, è utilizzato in questo
studio. I cloni delSphI e delEcoNi-StyI sono prodotti a partire dal clone delEcoRI-StyI. Il
fenotipo dei geni tk.1, tk.2, tk.3 e vs è stato testato con i cloni intermediari: essi conferiscono
tutti un fenotipo AraR, mentre il fenotipo del gene tk.4 non è stato analizzato.
142
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
arabinosio
-- arabinosio
DB502
DB502
DB502
arabinosio
++ arabinosio
DB550
DB550
DB502
Figura 34: Tossicità di vs.1. Analisi su LB-agar-Ap-Kn della tossicità del plasmide
pBAD18-vs.1-Ap-Kn in presenza di arabinosio (destra) e come controllo in assenza di
arabinosio (sinistra). Colture dei ceppi di E. coli DB550 (derivato da MC1000) e DB502
(derivato da MC4100) diluite serialmente 10-1-10-7.
Per vedere se la tossicità è reversibile, colture vengono indotte con arabinosio
per un tempo di 20, 40 o 60 minuti, e infine piastrate su LB-agar contenente
ampicillina e kanamicina, in assenza di arabinosio. L’analisi del numero di
colonie cresciute (figura 35), paragonata con il numero delle colonie presenti
prima dell’induzione, mostra, dopo 60 minuti di induzione, una reversibilità di
circa il 32% nel ceppo DB550, mentre il fenotipo è quasi irreversibile (2% di
reversibilità) nel ceppo DB502. Per analizzare questa differenza nei due ceppi
di E. coli, è stata effettuata una curva di crescita del plasmide pBAD18-vs.1-Kn
in DB502 e DB550. Come si nota, i due ceppi si comportano differentemente
anche in coltura liquida. In DB550, si nota un blocco della crescita, mentre in
DB502 si osserva una lisi cellulare; con un vettore controllo pBAD22-Kn non si
ha una inibizione della crescita. Inoltre si osserva in DB502 un blocco della
crescita dopo circa 40 minuti di induzione, mentre in DB550 occorrono circa
140 minuti per il blocco della crescita (figura 36). La lisi osservata in DB502
conferma che VS.1 ha un’attività di lisozima.
143
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
DB502
DB550
160
140
% di sopravvivenza
120
100
80
60
40
20
0
0
20
40
60
T e m p o (m in .)
Figura 35: Reversibilità della tossicità di vs.1. Analisi del plasmide pBAD18-vs.1-Kn nei
ceppi DB550 e DB502. Il grafico mostra la percentuale di sopravvivenza, cioè la media (di tre
conteggi) del numero di cellule cresciute su LB-agar-Ap-Kn, dopo 20, 40 o 60 minuti di
induzione con arabinosio. Il tempo zero rappresenta la situazione di partenza, prima
dell’induzione di VS.1.
144
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
VS.1/DB550
VS.1/DHB3
VS.1/DB502
VS.1/DB502
Tempo
(min.)
Minute
s
1
20
40
40
60
80
80
100
120 140 160
160 180
120
OD600 nm
0
O
ott
tt
O
Tempo (min.)
Minutes
Diluizio
200 220
200
240
240
VS.1
-ara
VS.1
+ar
+ara
1
o
0
40
40
120
120
80
80
160
160
240
240
-ara -ara
VS.1
0.1
0.1
Lisi
200
200
Blocco
della
crescita
OD600 nm
Diluizio
+ara +ara
VS.1
0.1
0.1
pBAD22-Kn/DB502
Tempo (min.)
1
40
80
120
160
200
240
OD600 nm
0
- ara
+ara
0,1
Figura 36: Curva di crescita di E. coli in presenza ed in assenza di VS1. Andamento
semilogaritmico della crescita a 37 °C di due colture del plasmide pBAD18-vs.1-Kn (in alto)
nei ceppi DB502 e DB550, in assenza (-ara) o in presenza (+ara) di VS.1. In basso, andamento
della crescita del plasmide controllo pBAD22-Kn nel ceppo DB502. I grafici riportano la
densità ottica a 600 nm, in funzione del tempo, dopo induzione con arabinosio (tempo zero in
figura). La crescita è seguita in media per 230 minuti, diluendo opportunamente la coltura
quando la densità ottica misurata si avvicina al valore 1 (indicato in figura con una freccia).
145
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
A questo punto, si è cercato di isolare dei soppressori cromosomici del gene
vs.1, effettuando varie mutagenesi del ceppo DB502 contenente il plasmide
pBAD18-vs.1-Kn, in cui si osserva la lisi batterica in presenza di arabinosio.
Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: trasposizione
mediante uso di miniTet
Per isolare eventuali mutanti spontanei, soppressori cromosomici di vs.1, 24
colture indipendenti di DB502/pBAD18-vs.1-Kn sono state piastrate e
analizzate su LB-agar-Ap-Kn. Il DNA plasmidico di un singolo clone AraR di
ognuna delle 24 colture indipendenti è stato trasformato in DB502 e piastrato su
LB-agar-Ap-Kn-arabinosio. Tutti e 24 i DNA plasmidici analizzati hanno un
fenotipo AraR, sono dunque dei mutanti plasmidici.
Una mutagenesi del ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn è stata effettuata usando
il minitrasposone TetR presente nel fago λ miniTet1098 (minitrasposone che si
inserisce aleatoriamente nel cromosoma batterico; una volta inserito è stabile,
perché il fago che contiene la trasposasi è incapace di lisogenizzare nelle
condizioni utilizzate; Way et al., 1984). Dopo aver verificato il numero di
cellule aventi il trasposone (circa 5 x 105 in totale nella coltura), è stato
calcolato, in rapporto alla grandezza del genoma di E. coli (4.5 Mbasi), il
numero di eventi di trasposizione, stimando 1 evento/10 bp, dunque una buona
efficienza della mutagenesi. Opportune diluizioni della coltura mutagenizzata
sono state piastrate su LB-agar-Ap-Kn-Tet +/-arabinosio. Un pool di circa 105
colonie è stato usato per preparare uno stock di fagi P1, trasdotto poi nel ceppo
DB502/pBAD18-vs.1-Kn, testando circa 2.2 x 105 colonie TetR. Poiché i geni
di E. coli sono circa 4000 geni, sono state stimate circa 50 colonie TetR/gene.
La selezione su LB-agar-Ap-Kn-Tet-arabinosio, evidenzia 1 sola colonia AraR
il cui DNA plasmidico è stato trasformato in DB502 e analizzato su LB-agarAp-Kn-arabinosio. Si tratta di un mutante plasmidico.
146
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
In conclusione, mediante l’uso di un minitrasposone TetR non sono stati
ottenuti dei mutanti di inserzione AraR soppressori del gene vs.1. Dunque la
tossicità di vs.1 non richiede la collaborazione di un gene non essenziale di E.
coli.
Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutagenesi con
irradiazione UV
Il ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn è stato mutagenizzato con raggi UV.
Effettuando uno screening di circa 5 x 104 colonie su LB-agar-Ap-Knarabinosio, sono stati ottenuti 45 cloni AraR. Il DNA plasmidico, mostra che
6/45 dei DNA analizzati mantengono ancora il fenotipo AraS, dunque sono stati
ottenuti 6 mutanti soppressori cromosomici (MUV8, 10, 11, 12, 13, 14).
Studio di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutanti rpoA
Per caratterizzare i 6 soppressori cromosomici di vs.1, uno di questi mutanti
(MUV11) è stato infettato con il fago λ miniTet1098, in modo da ottenere un
trasposone TetR inserito vicino al soppressore. Il numero totale di cellule in cui
il trasposone si è inserito è di circa 1.5 x 106. Un pool è stato usato per
preparare un stock di fagi P1. I fagi prodotti permettono di effettuare una
trasduzione generalizzata nel ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn. Testando circa
5.5 x 103 colonie trasduttanti, sono stati ottenuti 9 cloni AraR. Essi dovrebbero
avere inserito il soppressore legato al Tn10. Da due di questi trasduttanti AraR
(MUV11A e MUV11B), è stato preparato uno stock di fagi P1, in modo da
analizzare la percentuale di cotrasduzione TetR-AraR, che è stata rispettivamente
di 9/24 (MUV11A) e 10/24 (MUV11B), cioè circa il 40%. Il gene in cui si ha la
mutazione soppressore deve essere circa 10-20 Kb distante dal Tn10. Degli
incroci sono stati effettuati per individuare la posizione dei Tn10 inseriti vicino
agli altri 5 mutanti MUV 8, 10, 12, 13, 14. Dopo trasduzione generalizzata dei
147
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
mutanti MUV8A-8B……MUV14A-14B TetR-AraR nel ceppo DB502/pBAD18vs.1-Kn, è stato verificato che il Tn10 ed il soppressore sono legati. Scegliendo
trasduttanti TetR-AraS, i vari Tn10 sono stati trasdotti nel mutante MUV11, per
vedere se i vari soppressori sono legati. La percentuale di cotrasduzione TetRAraS osservata per i vari incroci è la seguente:
MUV8A e 8B in MUV11: 7/12 AraS e 7/12 AraS
MUV10A e 10B in MUV11: 8/12 AraS e 6/12 AraS
MUV12A e 12B in MUV11: 10/12 AraS e 10/12 AraS
MUV13A e 13B in MUV11: 8/12 AraS e 12/12 AraS
MUV14A e 14B in MUV11: 4/12 AraS e 8/12 AraS
Tali percentuali indicano che anche negli altri mutanti il Tn10 è localizzato in
una posizione simile rispetto a quelli inseriti in MUV11A e MUV11B.
In conclusione tutti e sei i soppressori isolati dopo mutagenesi UV dovrebbero
essere localizzati in geni vicini o magari nello stesso gene. Per determinare la
posizione del Tn10 in questi mutanti, il DNA genomico dei due ceppi MUV11A
e MUV11B è stato digerito con Sau3AI, diluito ed incubato con la DNA ligasi
per ottenere dei frammenti circolari. Amplificazioni per PCR, usando i primers
pah1 e pah2 divergentemente orientati per la fine del trasposone, permettono di
ottenere dei frammenti lineari in cui il DNA genomico dalla posizione di
inserzione è legato alla estremità del Tn10 (figura 51, materiali e metodi,
Higashitani et al., 1994). La sequenza dei frammenti ottenuti mostra che nel
mutante MUV11A il trasposone è localizzato nel gene envR (73.51 minuti),
mentre nel MUV11B nel gene gspO (74.65 minuti).
Identificata la posizione del Tn10, occorre capire dove è avvenuta la
mutazione che protegge dall’induzione di VS.1. Vista la posizione dei due Tn10
(figura 37), tale mutazione deve essere in un gene localizzato tra di essi. La
trasduzione con il marcatore gspA::Tn10 nel mutante MUV11 mostra che 46/48
delle colonie TetR sono AraS, confermando dunque la localizzazione. Come si
148
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
vede nella figura 37, localizzati vicino al gspA::Tn10, ci sono il gene secY e il
gene rpoA. Mutazioni nel gene rpoA che interferiscono con l’induzione di PBAD
sono state descritte (Giffard et al., 1985; Bost e Belin, 1995). Il DNA
cromosomico di MUV11 è stato amplificato con i primers pRpoAup e
pRpoAdown e sequenziato con gli stessi primers. Il risultato della sequenza
mostra che la soppressione della tossicità nel ceppo MUV11 è legata alla
mutazione (K271I) in rpoA.
MUV11B:10/24 TetR-AraR
MUV11A: 9/24 TetR-AraR
46/48 TetR-AraS
rpoA secY
73.5
envR
74.35
gspA
74.6
gspO
74.05 74.15
Figura 37: Identificazione della posizione dei Tn10 legati ad un soppressore
cromosomico di vs.1. Schema della strategia usata per identificare la posizione del Tn10 nei
mutanti TetR-AraR MUV11A e MUV11B. La percentuale di cotrasduzione dei trasposoni TetR
e del marcatore AraR sono illustrate in figura. La posizione dei geni è espressa in minuti. La
distanza tra i geni envR e gspO è di 52 Kb.
149
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Caratterizzazione dei mutanti rpoA
Il mutante rpoA341 interferisce con la regolazione positiva dell’inizio della
trascrizione dell’operone arabinosio e del locus cysA del regulone cys (Giffard
e Booth, 1988). Esso è incapace di crescere su terreno minimo mentre tale
deficit può essere corretto aggiungendo al terreno di coltura 1% CAA
(Casamminoacidi che contengono cisteina e metionina). I mutanti UV sono stati
analizzati su terreno minimo (figura 38). I MUV10, 11, 12, 13 hanno lo stesso
fenotipo del ceppo DB512, un altro rpoA341 isolato, mentre i mutanti MUV 8,
14 hanno un fenotipo simile al ceppo DB502 ed al ceppo DB511, mutante secY
L407F usato come controllo. Si potrebbero avere due categorie di mutanti, un
gruppo possibilmente mutato in secY ed uno in rpoA. Questa ipotesi è plausibile
visto che, come si vede dalla figura 37, questi due geni sono distanti solamente
2 Kb. Per testare se realmente si hanno delle mutazioni in secY, il vettore
pKY248 (in cui gene secY wild-type è espresso) e il controllo pACY184, sono
stati trasformati nei MUV8 e MUV14, aventi fenopito AraR. Tali mutanti
mantengono il fenotipo AraR, non si ha dunque complementazione delle
ipotetiche mutazioni in secY, e dunque non si tratta di mutanti in secY.
150
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutante UV
MUV8
MUV10
MUV11 (rpoA K271I)
MUV12
MUV13
MUV14
DB512
(rpoA341 K271E)
DB511
(secYL407F)
DB502
Crescita su M630.2% glucosio
+
+
-
Crescita su M630.2% glucosio + 1% CAA
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
+
Figura 38: Crescita su terreno minimo dei ceppi soppressori cromosomici di vs.1. Analisi
della crescita su M63-0.2%glucosio +/- 1%CAA dei sei mutanti UV. Si osservano due gruppi
di mutanti capaci ed incapaci di crescere su terreno minimo. I mutanti MUV sono tutti derivati
dal ceppo DB502 e contengono, così come il ceppo DB502, il plasmide pBAD18-vs.1-Kn. I
due ceppi DB511 e DB512 hanno rispettivamente la mutazione secYL407F e rpoA341,
strettamente legate in esperimenti di trasduzione.
Anche nei mutanti MUV8, 10, 12, 13, 14 dovrebbe esserci una mutazione nel
gene rpoA come quella già identificata nel MUV11. La sequenza del gene rpoA,
ottenuta mediante PCR con i primers pRpoAup e pRpoAdown, mostra che tutti
i soppressori contengono mutazioni in rpoA (figura 39). Le mutazioni L270F,
K271I e K271E sono state isolate due volte in questo lavoro. La sostituzione di
K271 è stata isolata parecchie volte: K271E, descritta per la prima volta da
Giffard e Booth (1988) è stata anche isolata come soppressore della tossicità di
PAI2-PhoA (Bost e Belin, 1995). La sostituzione K271 era già stata isolata una
volta in laboratorio come soppressore di PAI2-PhoA. Infine L270F, mai isolata
prima, è particolarmente interessante visto che distingue l’attivazione di PBAD da
quella di cysA, in quanto non impedisce la crescita su terreno minimo.
151
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutante UV
Mutazione in rpoA
MUV8, MUV14
L270F
MUV10, MUV12
K271E (rpoA341)
MUV11, MUV13
K271I
Figura 39: Mutazioni identificate nei sei mutanti UV, soppressori di vs.1. Risultati del
sequenziamento dei mutanti UV con i primers pRpoAup e pRpoAdown.
Studio dei mutanti rpoA
Per studiare i mutanti rpoA precedentemente caratterizzati, è stato utilizzato il
plasmide pBAD101-lacZ (low copy), al fine di analizzare gli effetti
trascrizionali di RpoA sul gene reporter lacZ. Questo plasmide è stato
trasformato nei ceppi mutanti rpoA (L270F, K271I, K271E) e nel ceppo wild
type rpoA+ (DB502). Un dosaggio dell’attività β-galattosidasi è stato effettuato
in assenza o dopo induzione di un’ora con arabinosio (figura 40). Stranamente
non ci sono grandi differenze nel dosaggio tra i mutanti e il ceppo wild type.
L’analisi è stata ripetuta utilizzando il plasmide pBAD24-lacZ (high copy).
Anche in questo caso, non ci sono grandi differenze tra i ceppi mutanti e il
ceppo wild type. Inoltre, le unità di β-galattosidasi sono più basse rispetto al
dosaggio effettuato con il plasmide low copy pBAD101-lacZ. In conclusione il
dosaggio dell’attività β-galattosidasi, non può essere utilizzato per studiare i
ceppi mutanti rpoA.
Per dare una spiegazione a questo risultato e capire se esso sia dovuto al
tempo eccessivo di induzione con arabinosio (1 ora), sarà utile effettuare
un’esperienza in cui l’induzione sia di 10-20 minuti. Inoltre una spiegazione
potrebbe aversi effettuando degli studi sulla sintesi dell’RNA. E’ possibile che a
causa dell’alto livello di espressione con pBAD24, la traduzione non sia più
proporzionata alla velocità di trascrizione.
152
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
3000
Beta-gal Units
-ara
+ara
pBAD101-lacZ
2000
1000
0
L270F
rpoA341(K271E)
K271I
rpoA+
-ara
+ara
pBAD24-lacZ
Beta-gal Units
3000
2000
1000
0
rpoA341(K271E)
K271I
rpoA+
Figura 40: Dosaggio dell’attività β -galattosidasi nei mutanti rpoA e nel ceppo wild type.
Sono stati utilizzati i plasmidi pBAD101-lacZ e pBAD24-lacZ, trasformati nei ceppi derivati
dai mutanti rpoA (K271E, K271I, L270F) e nel ceppo rpoA+ (DB502). Le colture sono state
indotte per 1 ora a 37 °C con arabinosio. I ceppi aventi le mutazioni rpoA ( K271E, K271I)
sono ottenuti trasducendo il Tn10 dei mutanti di partenza nel ceppo wild type ed analizzando
la crescita su terreno minimo, dopo selezione su LB contenente tetraciclina. rpoA (L270F),
incapace di crescere su terreno minimo, è ottenuto trasformando il plasmide pBAD18-vs.1-Kn
in cellule competenti TetR, ed isolando un ceppo TetR-AraR. I plasmidi con il gene reporter
lacZ sono stati trasformati nel ceppo cosi’ isolato e privo di vs.1. I risultati sono espressi in
unità di β-galattosidasi. L’analisi è condotta in triplicato ed in figura è rappresentata la media
con la rispettiva banda di errore.
153
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Sono stati analizzati gli effetti dei mutanti rpoA sull’espressione di PAI2PhoA, una proteina chimerica in cui i 52 residui N-terminali di PAI2 sono fusi
alla porzione matura di PhoA, clonata nel vettore inducibile con arabinosio
pBAD18-Kn. Alti livelli di espressione di questa proteina chimerica
interferiscono con la crescita cellulare (Belin et al., 2004) e la mutazione
rpoA341, riduce l’espressione della proteina chimerica in modo sufficiente a
sopprimere la tossicità (Bost e Belin, 1995). Il plasmide pBAD-hAhB-E2K-E3K
è stato trasformato nei ceppi mutanti rpoA (L270F, K271I, K271E) e nel ceppo
rpoA+ (DB502). Dopo induzione di 20 minuti con arabinosio, le proteine
sintetizzate
sono
state
marcate
con
un
pulse
di
35
S-metionina
ed
immunoprecipitate con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA (figura 41). Nei ceppi
mutanti si osserva una riduzione dell’espressione di PAI2-PhoA, già notevole
con rpoA (L270F), ma che diventa massima con rpoA341 (K271E). Visto che
l’espressione di PAI2-PhoA è tossica in DB502 (rpoA+) l’esperienza è stata
ripetuta usando il plasmide pBAD-hAhB, con il quale si ha meno sintesi rispetto
a pBAD-hAhB-E2K-E3K e inoltre non si ha tossicità. I risultati non mostrati,
evidenziano che la sintesi proteica è troppo bassa per poter effettuare un’analisi
quantitativa. E’ stato utilizzato un altro plasmide pBAD-hAhB-E2K, con il
quale si ha una sintesi simile al plasmide pBAD-hAhB-E2K-E3K, ma che
risulta essere meno tossico rispetto a quest’ultimo. L’analisi di colture di questo
plasmide trasformato nel ceppo mutante rpoA341 (K271E) è presentata nella
figura 42.
Lo schema evidenzia come in rpoA341 si ha una riduzione di circa il 50%
dell’espressione di PA2-PhoA, rispetto al ceppo rpoA+. Questa riduzione è
inferiore a quella vista in figura 41. Questi dati suggeriscono che l’effetto di
rpoA341 sembra dipendere dalle sequenze a valle del sito di inizio della
trascrizione. L’espressione di PBAD dipende non solo da AraC ma anche da
CAP, un attivatore dipendente dall’AMPc (Dunn et al., 1984; Martin et al.,
1986; Scheilf, 2000, 2003). La figura 42 mostra una piccola differenza di
154
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
espressione nel ceppo rpoA+ in presenza di G6P (glucosio-6-fosfato) un
inibitore della sintesi dell’AMPc (Mikuniya et al., 2005). Ciò vuol dire che, nel
ceppo rpoA+, la proteina CAP attiva ha un piccolo effetto sull’espressione di
PAI2-PhoA. Nel ceppo rpoA341 si osserva una riduzione nella sintesi di PAI2PhoA rispetto a rpoA+, e l’espressione residuale è anche dipendente dall’AMPc.
Dunque, nel ceppo rpoA341, la trascrizione di PBAD risponde ancora alla
proteina CAP attiva.
Riprendendo le ipotesi presenti in letteratura (Schleif, 2000, 2003) secondo le
quali sono possibili interazioni tra RpoA-AraC, RpoA-CAP e RpoA-DNA,
questa esperienza suggerisce che i contatti attivanti di RpoA, indeboliti dalla
sostituzione K271E, dovrebbero riguardare i contatti AraC-RpoA.
Sintesi relativa di PAI2-PhoA
5
PhoA/OmpA
4
3
2
1
0
L270F
K271I
rpoA341(K271E)
rpoA+
Cloni rpoA
Figura 41: Sintesi relativa della proteina PAI2-PhoA nei mutanti rpoA e nel ceppo
rpoA+. Le colture del plasmide pBAD-hAhB-E2K-E3K trasformato nel ceppo rpoA+ (DB502)
e nei ceppi mutanti rpoA L270F, rpoA K271I, rpoA341 (K271E), sono cresciute in M63+ e
indotte 20 minuti con arabinosio 2%. Le proteine vengono marcate con un pulse (30 secondi)
di
35
S-metionina e immunoprecipitate con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA. I risultati sono
espressi come rapporto tra quantità di proteina PhoA e OmpA. L’analisi è condotta in
triplicato ed in figura è rappresentata la media con la rispettiva banda di errore.
155
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
-G6P
+G6P
-G6P
+G6P
PAI2-PhoA
OmpA
rpoA+
rpoA341(K271E)
Sintesi relativa di PAI2-PhoA
PhoA/OmpA
15
10
5
0
rpoA+
rpoA+ (G6P)
rpoA341
rpoA341 (G6P)
Figura 42: Espressione della proteina PAI2-PhoA e sintesi relativa di PAI2-PhoA nel
ceppo rpoA+ (DB502) e nel ceppo mutante rpoA341 (K271E). In alto: Le colture del
plasmide pBAD-hAhB-E2K trasformato nel ceppo mutante e in DB502, in assenza o dopo
aggiunta di G6P 10 mM, (aggiunto 10 minuti prima dell’induzione con arabinosio), sono
cresciute in M63+ è indotte 20 minuti con arabinosio 2%. Le proteine sintetizzate sono state
marcate con un pulse (30 secondi) di
35
S-metionina e immunoprecipitate con anticorpi anti-
PhoA e anti-OmpA. L’analisi è effettuata in triplicato ed in figura sono mostrati in sequenza
colture del plasmide pBAD-hAhB-E2K nei ceppi rpoA+, rpoA++G6P, rpoA341 e
rpoA341+G6P. In basso: quantificazione del gel mostrato in alto. La figura presenta la media
del rapporto PhoA/OmpA con la rispettiva banda di errore dell’esperienza condotta in
triplicato.
156
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA341
Condizioni ottimali per una selezione rpoA+/rpoA341
Per studiare l’attivazione trascrizionale mediata dal CTD di RpoA sono stati
ricercati dei soppressori del mutante rpoA341 nel gene araC, visti i probabili
contatti RpoA-AraC, messi in evidenza nella sezione precedente. E’ necessario,
avere
a
disposizione
dei
plasmidi
che
consentano
uno
screening
rpoA+/rpoA341, in modo da poter distinguere i soppressori di rpoA341, aventi
un fenotipo simile a quello rpoA+. Per questo screening è stata utilizzata la
sequenza segnale mutata MalE18 presente nei due ceppi isogenici GP31
(rpoA+) e GP32 (rpoA341). Visto che l’effetto delle mutazioni nella sequenza
segnale è spesso amplificato in assenza di secG, sono stati preparati anche i
ceppi GP33 (rpoA+,secG::Kn) e GP34 (rpoA341, secG::Kn). I ceppi GP31,
GP32, GP33, GP34 sono stati testati su vari terreni di coltura e a varie
temperature, per evidenziare eventuali differenze in presenza degli alleli rpoA+
o rpoA341, differenze da utilizzare per isolare in seguito dei soppressori di
rpoA341. I risultati sono riepilogati nella figura 43 e mostrano come rpoA341 è
cold-sensitive su LB. In terreno minimo-glucosio, rpoA341 non cresce perché
diminuisce l’espressione di cysA, interferisce cioè con la regolazione positiva
dell’inizio della trascrizione del locus cys. Il gene cysA è necessario per il
trasporto dello zolfo inorganico dall’esterno verso l’interno: in sua assenza la
cellula non può produrre gli amminoacidi contenenti zolfo, cisteina e metionina
(Giffard e Booth, 1988). Inoltre secG::Kn impedisce la crescita su terreno
minimo-maltosio sia del ceppo rpoA+ che di rpoA341: la mutazione rpoA341
non ha effetti sul promotore dell’operone mal, il quale è regolato positivamente
dalla proteina MalT. Ciò potrebbe essere utilizzato per studiare delle interazioni
MalT-RpoA.
157
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Le sequenze dei geni malE+ (MC4100) e malE18 (DB504) sono state
amplificate, usando i primers pMalEup e pMalEdown, allo scopo di utilizzare
dei plasmidi contenenti la sequenza segnale di malE, al fine di poter isolare dei
soppressori di rpoA341 su terreno minimo-maltosio. Lo scopo è di fornire
abbastanza proteina MalE nel periplasma in modo da permettere la crescita
soltanto delle cellule fenotipicamente rpoA+. I geni, malE+ e malE18, sono stati
clonati nei vettori pBAD24 (40 copie/cellula) e pBAD101 (4 copie/cellula).
Inoltre è stato preparato anche il plasmide pBAD24-malE18-Eco-blunt, in cui
l’ATG è spostato di 4 basi dalla sequenza di Shine-Dalgarno capace di legare il
ribosoma, determinando così una minore sintesi proteica. I cinque plasmidi
(pBAD24-malE+, pBAD24-malE18, pBAD101-malE+, pBAD101-malE18,
pBAD24-malE18-Eco-blunt) sono stati testati nei ceppi GP31, GP32, GP33,
GP34, cercando di trovare una condizione necessaria per la selezione. In nessun
si hanno differenze nella crescita.
L’esperienza è stata ripetuta utilizzando il ceppo DB512 (rpoA341,
gspA::Tn10), visto che il ceppo GP34 (rpoA341, gsp::Tn10, secG::Kn) cresce
in modo non ottimale su LB-agar. I ceppi GP35, GP36, GP37, GP38, sono stati
preparati in maniera analoga a GP31-34, trasformando poi in essi i 5 plasmidi
descritti in precedenza. Anche in questo caso non si hanno differenze nella
crescita.
In conclusione, non è stato possibile utilizzare il terreno minimomaltosio+cys-met e i vari plasmidi esprimenti MalE dal promotore PBAD, per
isolare dei soppressori di rpoA341.
158
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Terreno di coltura e temperature di crescita GP31
GP33
GP32
GP34
LB, 23 °C
+
+
-
-
LB, 30 °C
+
+
+
+/-
LB, 37 °C
+
+
+
+/-
M63-glucosio, 23 °C
+
+
-
-
M63-glucosio, 30 °C
+
+
-
-
M63-glucosio, 37 °C
+
+
-
-
M63-glucosio + Cys-Met, 23 °C
+
+
+
+
M63-glucosio + Cys-Met, 30 °C
+
+
+
+
M63-glucosio + Cys-Met, 37 °C
+
+
+
+
M63-maltosio, 23 °C
+/-
-
-
-
M63-maltosio, 30 °C
+
-
-
-
M63-maltosio, 37 °C
+
-
-
-
M63-maltosio + Cys-Met, 23 °C
+/-
-
+/-
-
M63-maltosio + Cys-Met, 30 °C
+
-
+
-
M63-maltosio + Cys-Met, 37 °C
+
-
+
-
rpoA
rpoA+
rpoA+
rpoA341
rpoA341
secG
secG+ SecG::Kn
secG+
SecG::Kn
Figura 43: Crescita su diversi terreni di coltura e a temperature differenti di ceppi
isogenici rpoA+ e rpoA341. Analisi dei ceppi GP31-GP32 (ceppi isogenici DB504, rpoA+rpoA341), GP33-GP34 (ceppi isogenici 504, rpoA+-rpoA341, secG ::Kn). Il segno + indica
crescita, mentre il segno – assenza di crescita.
159
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Visto che l’espressione di MalE non ha fornito un metodo di selezione, si è
cercato di identificare uno screening basato su PhoA. Sono stati testati vari
plasmidi contenenti phoA, con mutazioni nella sequenza segnale, e dei plasmidi
che invece presentano una mutazione nella sequenza segnale di malE fusa alla
porzione matura di phoA, utilizzando nuovamente i ceppi GP35, GP36, GP37,
GP38. L’analisi su piastre indicatrici, ha evidenziato una differenza di colore tra
il ceppo rpoA+ ed il ceppo rpoA341. Tuttavia è necessario utilizzare dei ceppi in
cui il gene phoA endogeno sia assente, invece che solamente represso come nel
caso dei ceppi derivati da MC4100 (phoA+) cresciuti in presenza di fosfato
inorganico. Sono stati utilizzati i ceppi isogenici GP39 (DB550, gspA::Tn10,
rpoA+) e GP40 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341) derivati da DB550 (MC1000,
malF∆3, phoA∆(PvuII), phoR). I plasmidi p609-616 sono stati trasformati nei
ceppi GP41 e GP42, isogenici dei ceppi GP39 e GP40, ma contenenti il
marcatore secG::Kn, e analizzati su piastre indicatrici LB-agar-Ap-XParabinosio. Tra tutti i plasmidi, il plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA)
presenta la più evidente differenza di colore: colonie blu scuro per il ceppo
rpoA+ contro colonie blu chiaro per il ceppo rpoA341.
160
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutanti spontanei, mutagenesi UV e con nitrosoguanidina del plasmide
p614
Poché è stato difficile identificare mediante uno screening dei soppressori
spontanei, è stata effettuata una mutagenesi con l’uso degli agenti mutageni UV
e nitrosoguanidina. Innanzi tutto è stato testato il miglior tempo di irradiazione
UV, per una coltura del plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA) in GP42
(DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn), irradiando con UV per 1, 2, 4, 6, 10
minuti e trasformando il DNA mutagenizzato nel ceppo DH5α. La conta del
numero di colonie cresciute su LB-agar-Ap, paragonate alle colonie ottenute
prima dell’irradiazione UV, ha mostrato come a 10 minuti di irradiazione si
ottiene circa il 6% di capacità di trasformazione (in confronto al 10% a 6
minuti, 23% a 4 minuti, 40% a 2 minuti, 65% a 1 minuto). Con questo plasmide
mutagenizzato a 10 minuti, mediante trasformazione in DH5α sono state isolate
circa 4 x 104 colonie. Questa tappa permette la replicazione e la segregazione
prima dell’isolamento del DNA plasmidico.
Allo stesso tempo è stata effettuata una mutagenesi con l’uso di
nitrosoguanidina (50 µg/ml, 5 minuti a 37 °C) di una coltura del plasmide p614
in GP42. Una trasformazione in DH5α ha evidenziato il numero di colonie
bianche (mutate), rispetto alle colonie blu chiaro (wild type), aventi i plasmidi
ApR con una mutazione che determina una perdita di funzione sia in araC che
nel reporter malE::phoA. Sono state ottenute 3 bianche/800 blu chiaro. Circa 4.5
x 104 trasformanti sono stati analizzati, dunque in totale 160 mutazioni su circa
4.5 x 104, considerando solamente mutazioni che inattivano l’espressione di
PhoA. Questo valore rappresenta circa uno 0.4% di efficienza della mutagenesi
e visto che araC + malE::phoA rappresentano invece circa il 35% del plasmide
p614, la mutagenesi è poco efficiente.
Il DNA amplificato del plasmide p614 mutagenizzato con UV e con
nitrosoguanidina, è stato comunque introdotto per elettroporazione in cellule
GP42. Uno screening su LB-Ap-Xp-arabinosio di circa 5 x 104 colonie, ha
161
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
evidenziato 65 colonie bianche e 2 sole colonie blu scuro, soppressori di
rpoA341 o revertanti di malE16. Questi risultati mostrano che la percentuale di
colonie bianche non è stata sufficiente. I plasmidi dei due cloni blu scuro
prodotti sono stati sequenziati con i primers pBadup2, pMBPdown e pAraCend.
Uno dei due cloni, non ha alcuna mutazione, si tratta di un mutante copy
number, mentre l’altro ha una mutazione nella sequenza segnale di malE (S in
F, 3 amminoacidi a monte di malE16). Per questo mutante è stato effettuato un
dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina nei ceppi rpoA+ e rpoA341 ed una
cinetica nei ceppi DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn).
I risultati, presentati nella figura 44, mostrano che l’esporto di PhoA nel caso
di malE16 S13F è incrementato, e risulta secG-indipendente e rpoAindipendente. Infine l’esporto in rpoA341 è inferiore rispetto a rpoA+.
Probabilmente la mutazione malE16 S13F, compensa gli effetti della mutazione
rpoA341 sull’esporto di PhoA.Tale mutante malE16 S13F è simile allo
pseudorevertante RbsB16 (Ser16His), descritto nella prima parte di questo
lavoro.
162
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
PhoA Units
300
200
100
0
malE16
S13F/rpoA+
PhoA Units
secG+
delsecG
malE16
S13F/rpoA341
malE16/rpoA+ malE16/rpoA341
malE16 S13F
400
200
0
10
20
40
60
Induzione (min.)
Figura 44: Dosaggio e cinetica di esporto di PhoA codificata da un prodotto (malE16
S13F) ottenuto da una mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide p614 (pBAD24malE16-phoA). In alto: dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina, dopo
induzione di 1 ora con arabinosio, dei plasmidi malE16 S13F e malE16, trasformati nei ceppi
GP41 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn,) e GP42 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341,
secG::Kn). L’analisi è condotta in triplicato ed il valore medio, con corrispondente banda di
errore, è rappresentato in figura. In basso: cinetica di esporto di PhoA, dopo induzione di 10,
20, 40, 60 minuti con arabinosio, del mutante malE16 S13F trasformato nei ceppi DB550
(secG+) e DB551 (secG:.Kn). L’analisi è effettuata in triplicato ed il valore medio, con
corrispondente banda di errore, è rappresentato in figura.
163
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Vista la scarsa efficienza della mutagenesi precedente, è stata effettuata una
nuova mutagenesi con nitrosoguanidina a 37 °C (50 µg/ml) e a tempi superiori
(30, 45, 60 minuti), di una coltura di p614 in GP42. Dopo trasformazione in
DH5α, il numero di colonie bianche (mutate) rispetto alle blu chiaro (wild type)
mostra la frequenza di plasmidi ApR aventi una mutazione che determina una
perdita di funzione sia in araC che nel reporter malE::phoA. Sono state ottenute
200 colonie bianche/550 blu chiaro. Circa 3 x 104 trasformanti sono stati
analizzati, dunque in totale circa 1.1 x 104 mutazioni su 3 x 104, considerando
solamente le mutazioni che inattivano l’espressione di PhoA. Questo valore
rappresenta circa un 37% di efficienza della mutagenesi e visto che araC +
malE::phoA rappresentano il 35% del plasmide p614, la mutagenesi sembra
efficiente. Il DNA amplificato del plasmide p614 mutagenizzato, è stato
introdotto per elettroporazione in cellule GP42. Uno screening su LB-Ap-Xparabinosio di circa 4 x 104 colonie, ha evidenziato 30 colonie blu scuro,
soppressori di rpoA341 o revertanti di malE16. Un dosaggio quantitativo
dell’attività della fosfatasi alcalina è stato effettuato per i 30 cloni prodotti
(figura 45). Con 4 cloni (B11, B18, B20, B21) le cui unità di PhoA sono più
elevate rispetto a tutti gli altri, è stato effettuato un dosaggio quantitativo nei
ceppi GP41 (rpoA+) e GP42 (rpoA341), per analizzare l’effetto degli alleli rpoA
(figura 46). Solo i mutanti B11 e B18 sono poco influenzati da rpoA341. Il
sequenziamento di questi due mutanti, effettuato usando i primers pMBPdown e
pAraCend, ha evidenziato che essi non presentano mutazioni né in araC, né in
malE, né nella regione regolatrice della trascrizione localizzata tra araC e
malE16-phoA. La mutazione è probabilmente localizzata nel Tn-phoA o nel
vettore plasmidico. B21, sequenziato con i primers pMBPdown, pAraCend e
pBADup2, ha una mutazione, P in T, localizzata 32 amminoacidi a valle della
mutazione malE16, cioè nel Tn-phoA. In conclusione, non sono stati ottenuti dei
mutanti in araC soppressori di rpoA341, per studiare l’attivazione trascrizionale
mediata dal CTD di RpoA.
164
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
80
PhoA Units
60
40
20
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
B1
1
12
13
14
15
16
1
B17
8
19
B2
B20
1
22
23
24
25
26
27
28
p
2
p6 61
14 4/r 39
p
/rp o 0
oA A +
34
1
0
Cloni
Figura 45: Dosaggio, nel ceppo rpoA341, dell’esporto della proteina PhoA codificata da
30 cloni ottenuti con una mutagenesi del plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA). Analisi
quantitativa dell’attività della fosfatasi alcalina di 30 mutanti prodotti con una mutagenesi del
plasmide p614 con nitrosoguanidina (50 µg/ml), per 30, 45, 60 minuti a 37 °C. L’analisi è
stata effettuata in triplicato, dopo una induzione di 1 ora con arabinosio, nel ceppo GP42
(DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn). Il valore medio, con la rispettiva banda di errore è
mostrato in figura. Il plasmide controllo p614, è dosato oltre che in GP42 anche nel ceppo
GP41 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn). Le unità di PhoA sono relativamente basse,
trattandosi di un dosaggio nel ceppo rpoA341, e molti dei 30 cloni isolati presentano una unità
di PhoA, più bassa del plasmide controllo: probabilmente l’analisi qualitativa che aveva
consentito la discriminazione sulla base di una differenza di colore, blu scuro/blu chiaro, non
era corretta.
165
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
PhoA Units
200
100
1
14
/rp
p6
oA
14
+
/rp
oA
34
1
A
34
p6
A
+
B2
1
/rp
o
1
/rp
o
A
34
B2
1
A
+
/rp
o
B2
0
/rp
o
1
B2
0
A
34
A
+
B1
8
/rp
o
1
/rp
o
A
34
B1
8
/rp
o
B1
1
B1
1
/rp
o
A
+
0
Cloni
Figura 46: Dosaggio, nei ceppi rpoA+ e rpoA341, dell’esporto della proteina PhoA
codificata da 4 prodotti di mutagenesi del plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA).
Analisi quantitativa dell’attività della fosfatasi alcalina, dopo induzione di 1 ora con
arabinosio, di colture dei mutanti B11, B18, B20, B21 prodotti della mutagenesi con
nitrosoguanidina del plasmide p614. L’analisi è effettuata in triplicato, nei ceppi GP41
(DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn) e GP42 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn),
ed il valore medio, con la rispettiva banda di errore, è mostrato in figura. Il plasmide p614 è il
controllo. Il mutante B20, in realtà non è un clone positivo, perché ha la stessa attività del
plasmide controllo p614.
166
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Il numero dei nucleotidi di un plasmide e la sua attività
Il numero dei nucleotidi di un plasmide influenza la sua attività, come è
ampiamente mostrato in letteratura (Schleif, 2003). Quattro nucletodi sono stati
aggiunti a valle della sequenza di phoA nel plasmide p614 (digestione con SalI,
T4 DNA polimerasi e self-ligazione). Il plasmide p614+4nt, così ottenuto, ed il
controllo p614 sono stati trasformati nei ceppi rpoA+ e rpoA341, effettuando un
pulse di 35S-metionina ed una immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA e
anti-OmpA, in modo da studiare gli effetti di questi due plasmidi
sull’espressione della proteina MalE16-PhoA. I risultati sono presentati nella
figura 47. Il numero dei nucleotidi influenza l’attività del plasmide nel ceppo
rpoA+, mentre in rpoA341, non si possono osservare grandi differenze, vista la
scarsa sintesi proteica.
167
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Sintesi relativa di MalE16-PhoA
20
PhoA/OmpA
15
10
5
0
p614/rpoA+
p614/rpoA341
p614+4nt/rpoA+ p614+4nt/rpoA341
Figura 47: Rapporto della sintesi di MalE16-PhoA e OmpA, nei ceppi rpoA+ e rpoA341.
La proteina MalE16-PhoA è codificata dal plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA) in cui
sono stati aggiunti 4 nucleotidi a valle della sequenza di phoA. Le colture dei plasmidi p614 e
p614+4 nucleotidi nei ceppi GP39 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+) e GP40 (DB550,
gspA::Tn10, rpoA341), sono state indotte per 20 minuti con arabinosio 2%. Le proteine
sintetizzate sono state marcate con un pulse di 30 secondi di
35
S-metionina e
immunoprecipitate con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA. L’analisi è stata effettuata in
triplicato ed il valore medio, con la rispettiva banda di errore, è mostrato in figura.
168
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD-hAhB-E3K
Visto che con il plasmide p614 utilizzato in precedenza non sono stati isolati
dei soppressori di rpoA341 in araC, sono stati testati altri plasmidi per i quali lo
screening rpoA+/rpoA341 risulti migliore. Sono stati analizzati i plasmidi
pBAD-hAhB-E2K-E3K,
pBAD-hA,
pBAD-hA-E2K,
pBAD-hAhB-E3K,
contenenti le sequenze di PAI2 ed alcuni plasmidi contenenti la sequenza
segnale mutata della proteina maspina (una proteina precursore della serpina
B5,
che
viene
secreta
efficacemente,
quando
mutata,
nello
spazio
extracellulare), clonata davanti la porzione matura di PhoA (#42-maspina
normale S38A+C34F, #21-maspina corta S38I, #26-maspina tronca S36L, #16maspina corta tronca P32K). L’analisi su piastre indicatrici contenenti LBagarAp-Xp-arabinosio ha mostrato come tra tutti i plasmidi analizzati, pBADhAhB-E3K presenta una più facile discriminazione di colore: blu scuro in rpoA+
e blu chiaro in rpoA341.
Una nuova mutagenesi con nitrosoguanidina a 37 °C (100 µg/ml) e a tempi
differenti (5, 10, 15, 30 minuti) di una coltura di pBAD-hAhB-E3K è stata
efficace, visto il numero di colonie bianche (mutate) rispetto alle colonie blu
chiaro (wild type). 18% di colonie bianche a 5 minuti, 20% a 10 minuti, 24% a
15 minuti, 25% a 30 minuti. Un pool di questo plasmide mutagenizzato da 5 a
30 minuti è stato trasformato in DH5α, ottenendo circa 5 x 104 trasformanti.
Grazie ad elettroporazione e screening in cellule GP38 (DB504, gsp::Tn10,
rpoA341, secG::Kn), sono state isolate circa 1.8 x 104 colonie, ottenendo 9
colonie blu scuro. L’attività della fosfatasi alcalina di questi 9 cloni è stata
misurata nei ceppi GP37 (DB504, gsp::Tn10, rpoA+, secG::Kn) e GP38
(DB504, gsp::Tn10 rpoA341, secG::Kn), per evidenziare un eventuale effetto
dell’allele rpoA (figura 48). I risultati, mostrano due cloni (7,10 e 8,10) in cui
l’effetto dell’allele rpoA341 è molto debole. Il sequenziamento dei due cloni
7,10, 8,10, utilizzando i primers pAraCend e pP2F, non ha evidenziato una
mutazione nel gene araC o nella regione regolatrice.
169
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Esporto di PAI2-PhoA
PhoA units
100
50
1,
1, 5/A
5/ +
A
4, 341
4, 10/
10 A+
/A
7, 341
7, 10/
10 A+
/A
8, 341
8, 10/
10 A+
/A
11 34
11 ,15 1
,1 /A
5/ +
A
12 34
12 ,15 1
,1 /A
5/ +
A
14 34
14 ,15 1
,1 /A
5/ +
A
15 34
,
15 15 1
,1 /A
5/ +
A
pB
16 34
pB AD 16 ,15 1
AD -h ,1 /A
-h Ah 5/A +
Ah B- 34
B- E3 1
E3 K/
K/ A+
A3
41
0
Cloni
Figura 48: Esporto della proteina PAI2-PhoA nei ceppi rpoA341 e rpoA+. Dosaggio
quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina per 9 cloni, prodotti da una mutagenesi con
nitrosoguanidina del plasmide pBAD-hAhB-E3K, trasformati nei ceppi GP37 (DB504,
gsp::Tn10, rpoA+, secG::Kn) e GP38 (DB504, gsp::Tn10, rpoA341, secG::Kn). Le colture
sono state indotte per 1 ora con arabinosio. Il dosaggio è stato effettuato in triplicato e la
media, con la rispettiva banda di errore, è mostrata in figura. La figura evidenzia i cloni 7,10 e
8,10 poco influenzati da rpoA341. Altri due cloni, 1,5 e 11,15 sono invece influenzati da
rpoA341.
170
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutagenesi con idrossilammina del plasmide pBAD33
Per avere maggiori probabilità di ottenere dei soppressori di rpoA341
contenenti mutazioni nel gene araC, è stata cambiata la strategia,
mutagenizzando il plasmide pBAD33. Lo screening seguente rivela l’azione di
AraC, prodotto da pBAD33 in trans, su un altro plasmide non mutato che
contiene un reporter espresso come in precedenza dal promotore PBAD. Il
plasmide pBAD33 è stato mutagenizzato con idrossilammina (che muta
originando solo transizioni G:C in A:T), in modo da avere maggiori probabilità
di evidenziare gli effetti in trans. La scelta dell’idrossilammina è dovuta
all’analisi del mutante rpoA341 (K271E) in cui si ha la mutazione AAA in
GAA. Dunque la mutagenesi che origina per esempio la transizione GAA in
AAA, dovrebbe compensare l’effetto di rpoA341. Il numero di trasformanti
ottenuti in DH5α, in rapporto ai trasformanti ottenuti con il plasmide non
mutato è mostrato in figura 49. La tappa di trasferimento del plasmide in un
altro ceppo è importante poiché l’idrossilammina genera soltanto una lesione e
perciò un eterozigote mutazionale deve essere replicato.
171
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Efficienza di trasformazione
5000
2500
Numero di trasformanti
7500
0
0
1
2
4
6
8
23
Mutagenesi (ore)
Figura 49: Efficienza di trasformazione del plasmide pBAD33 mutagenizzato con
idrossilammina. Numero di trasformanti ottenuti dopo trasformazione in DH5α del plasmide
pBAD33 mutagenizzato a differenti tempi con idrossilammina.
172
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD33
Come si vede in figura 49, a 2 ore di trattamento con idrossilammina è stata
osservata circa un 2% di efficienza di trasformazione (150 trasformanti rispetto
ai circa 6000 di partenza). Questo tempo è stato scelto come ottimale per
effettuare la ricerca di soppressori di rpoA341 con mutazioni in araC. Circa 3.5
x 104 colonie ottenute dopo trasformazione in DH5α sono state utilizzate per
trasformare il DNA plasmidico in cellule elettrocompetenti GP37 (DB504,
gsp::Tn10, rpoA+, secG::Kn,) e GP38 (DB504, gsp::Tn10, rpoA341, secG::Kn)
contenenti il plasmide pBAD-hAhB-E3K-delaraC. Circa 5 x 104 colonie sono
state testate su LB-agar-Cm-Ap-Xp-arabinosio. Lo screening ha mostrato un
20% di colonie bianche, una percentuale che attesta la buona efficienza della
mutagenesi. Il DNA di 61 colonie blu è stato trasformato in DH5α, purificando
in modo da eliminare il plasmide pBAD-hAhB-E3K-delaraC. Il DNA di
colonie ApS-CmR è stato trasformato in GP38 contenente il plasmide pBADhAhB-E3K-delaraC, facendo un’analisi su LB-agar-Ap-Cm-Xp-arabinosio.
Sono state ottenute 29 colonie blu, per le quali è stato effettuato un dosaggio
quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina. Il risultato ha evidenziato come
solo due cloni (30, 31), hanno unità di PhoA notevolmente maggiori rispetto al
plasmide originale pBAD33 (figura 50). Il gene araC di questi due cloni è stato
sequenziato, usando i primers pAraCstart e pAraCend. Esso non ha alcuna
mutazione nel gene araC. Sono state effettuate altre due mutagenesi di pBAD33
con irradiazioni UV e nitrosoguanidina (100 µg/ml). Nonostante siano state
testate circa 4 x 104 colonie per ogni mutagenesi, non sono stati isolati dei
soppressori.
173
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Esporto di PAI2-PhoA
14
12
PhoA-Units
10
8
6
4
2
3
5
6
7
8
9
15
18
20
21
23
24
25
26
28
30
31
33
38
42
44
45
47
48
54
56
57
5
pB 68
A 0
D
33
0
Cloni
Figura 50: Esporto della proteina PAI2-PhoA nel ceppo rpoA341. Dosaggio quantitativo
dell’attività della fosfatasi alcalina per 29 cloni prodotti da una mutagenesi con
idrossilammina del plasmide pBAD33. L’analisi è condotta nel ceppo GP38 (DB504,
gsp::Tn10 rpoA341, secG::Kn), contenente il plasmide pBAD-hAhB-E3K-delaraC. Le
colture sono state indotte per 1 ora con arabinosio. Il dosaggio è stato effettuato in triplicato e
la media con la rispettiva banda di errore è mostrata in figura. Le unità di PhoA sono
relativamente basse, trattandosi di un dosaggio nel ceppo rpoA341, ed alcuni dei 29 cloni
isolati presentano una unità di PhoA, più bassa del plasmide controllo. Probabilmente l’analisi
qualitativa che aveva consentito la discriminazione sulla base di una differenza di colore, blu
scuro/blu chiaro, non era corretta.
174
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA N268T
La mutazione rpoA (N268T) è stata ottenuta come un allele rpoA spontaneo
che sopprime la tossicità di una ORF del fago T4. Probabilmente è un forte
allele rpoA poiché un decremento di dieci volte nella sua espressione non è
sufficiente ad attenuare la tossicità.
La proteina maspina, nella forma wild type è incapace di promuovere
l’esporto di PhoA in E. coli, mentre può essere convertita in sequenze segnale
efficaci (Belin et al., 2004). Essa presenta una sequenza segnale inusuale con
una regione C-terminale priva di un sito di taglio ed una regione N-terminale
alquanto lunga. Sono stati utilizzati due plasmidi p50short-phoA e p51-phoA
codificanti rispettivamente per due proteine chimeriche. p50short::phoA
ottenuto per delezione di 21 dei 27 residui della regione N-terminale della
maspina, contiene due mutazioni G26R, nella regione N-terminale, e S40F, nel
core idrofobo; p51::phoA, ha la mutazione T37I, nel core idrofobo. Questi due
plasmidi sono stati trasformati nel ceppo DB862 contenente la mutazione rpoA
N268T. Essi hanno una colorazione bianca su piastre indicatrici contenenti XParabinosio, mentre nel ceppo rpoA+, presentano una colorazione blu. Si tratta
quindi di una discriminazione rpoA+/ rpoA N268T basata su una differenza di
colore blu-bianco, molto più netta rispetto alla colorazione blu scuro-blu chiaro
utilizzata negli esperimenti precedenti. E’ stato dunque ideale sfruttare questo
nuovo allele rpoA per cercare di isolare dei soppressori con queste due proteine.
Dopo delezione del gene araC, questi plasmidi p50short-phoA e p51-phoA sono
stati trasformati nei ceppi DB504 (rpoA+) e DB862 (rpoA N268T).
Per cercare di mutare il gene araC, è stata effettuata una mutagenesi con
nitrosoguanidina (50-100 µg/ml) a 70 °C e a tempi differenti (5, 10, 15, 30
minuti) di colture di pBAD33/DB550 (rec+) e di pBAD33/DH5α (rec-). La
mutagenesi è risultata nettamente migliore nel ceppo DB550 (rec+) e la
condizione ottimale è a 30 minuti di trattamento con nitrosoguanidina 100
µg/ml (20% di colonie bianche). Questo DNA mutagenizzato è stato
175
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
amplificato, isolando circa 105 colonie. Dopo trasformazione nel ceppo DB862
contenente uno dei due plasmidi codificanti per la maspina e privi del gene
araC, sono stati ricercati dei soppressori di colore blu, cresciuti su piastre LBAp-Cm-Xp-arabinosio, in mezzo a colonie bianche. Analizzando circa 1.6 x 105
trasformanti, sono stati ottenuti 6 cloni blu (50.2, 50.3, 50.4, 50.5, 50.6, 51.2).
Questi mutanti possono avere una mutazione in araC (plasmide pBAD33), delle
mutazioni cromosomiche o delle mutazioni spontanee nel plasmide codificante
la maspina. Il plasmide pBAD33 mutagenizzato (ApSCmR) ed il plasmide
codificante la maspina (ApRCmS) sono stati separati. I plasmidi pBAD33
mutagenizzati ottenuti sono stati trasformati nel ceppo DB862, contenente uno
dei due plasmidi codificanti la maspina e privi del gene araC. L’analisi su
piastre indicatrici mostra come sia per il DNA di pBAD33 mutagenizzato che
per quello codificante la maspina, ottenuti dalle 6 colonie blu di partenza, sono
state ottenute delle colonie bianche. In conclusione, i 6 mutanti blu ottenuti
mediante mutagenesi con nitrosoguanidina sono probabilmente dei mutanti
cromosomici.
PCR-mutagenica del plasmide pBAD33
Per mutare il gene araC, è stata effettuta una PCR-mutagenica. Il gene araC
mutagenizzato è stato clonato in pBAD33-delaraC. Il DNA di circa 6 x 103
colonie è stato trasformato in DB862, contenente uno dei due plasmidi
codificanti la maspina e privi del gene araC, cercando dei soppressori di colore
blu, cresciuti, su piastre LB-Ap-Cm-Xp-arabinosio, in mezzo alle colonie
bianche. In totale sono stati analizzati circa 5 x 104 trasformanti bianchi,
ottenendo 1 colonia blu (50.8), che non presenta mutazioni nel plasmide
pBAD33 e neanche nel plasmide codificante la maspina.
176
RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Mutagenesi del plasmide pBAD33 con l’uso del sistema YM
Il ceppo CC104YM (Miller, 1992) contenente delle mutazioni in mutY e
mutM, è stato utilizzato per mutagenizzare il plasmide pBAD33. In questo
ceppo le mutazioni introdotte sono soltanto delle trasversioni (G:C in T:A). Il
DNA plasmidico di circa 5 x 105 colonie è stato trasformato nel ceppo DB862,
contenente uno dei due plasmidi codificanti la proteina maspina e privi del
gene araC, con l’obiettivo di individuare su piastre LB-agar-Ap-Cm-Xparabinosio, dei mutanti blu in mezzo alle colonie bianche. Sono state analizzate
circa 7.7 x 104 colonie, ottenendo 1 sola colonia blu (50.7). Anche con questa
strategia, i plasmidi pBAD33 e quello codificante la maspina non hanno un
fenotipo diverso da quello dei plasmidi originali. In conclusione il mutante blu
ottenuto (50.7) mediante mutagenesi con il ceppo CC204YM è probabilmente
un mutante cromosomico.
177
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Discussione
Il DNA del fago T4 si compone di circa 289 geni/ORFs, tra cui 65 sono
essenziali e 77 sono geni non essenziali con una funzione nota. Piu’ di cento
geni hanno invece una funzione sconosciuta. Lo screening di una libreria di
frammenti del DNA del fago T4 clonati nel vettore pBAD18, ha evidenziato che
il 5% dei frammenti contiene degli inserti che impediscono la crescita in
presenza di arabinosio (definiti “tossici”, cioè AraS). Tra i vari cloni tossici è
stato studiato il frammento contenente il gene vs.1, che presenta una ipotetica
sequenza segnale. Esso è tossico (figura 29) e impedisce la crescita in presenza
di arabinosio, sia in un ceppo wild type (ColE1 copy number=20-40
copie/cellula), sia in un ceppo pcnB (ColE1 copy number=2-4 copie/cellula).
L’analisi della reversibilità della tossicità, ha mostrato una reversibilità di circa
il 32% nel ceppo DB550 mentre il fenotipo è quasi irreversibile (2% di
reversibilità) nel ceppo DB502 (figura 35). Per comprendere il motivo di questa
differenza nei due ceppi di E. Coli, è stata studiata la crescita di DB550 e
DB502, dopo induzione del plasmide pBAD18-vs.1-Kn. I due ceppi si
comportano differentemente anche in coltura liquida (figura 36). In DB550 è
stato osservato un blocco della crescita, mentre in DB502 si è avuta la lisi
cellulare.
178
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1
Sono stati ricercati dei soppressori di vs.1 effettuando varie mutagenesi del
ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn.
Un trasposone miniTeT è stato inserito nel ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn. Il
minitrasposone si inserisce aleatoriamente nel cromosoma batterico. L’analisi di
circa 2.2 x 105 colonie contenenti il TeTR, ha messo in evidenza in presenza di
arabinosio, una sola colonia AraR, soppressore plasmidico di vs.1. E’ possibile,
vista questa difficoltà, che il target di VS.1 sia un gene essenziale o che esso
agisca su due proteine bersaglio differenti. La mutagenesi mediante radiazioni
UV di DB502/pBAD18-vs.1-Kn ed il successivo screening di circa 5 x 104
colonie ha messo in evidenza sei soppressori cromosomici di vs.1 (MUV8, 10,
11, 12, 13 14).
Studio di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutanti rpoA
Per studiare i soppressori cromosomici di vs.1, sono stati inseriti dei
trasposoni miniTeT. La verifica ha permesso di affermare che il gene la cui
mutazione determina l’AraR è localizzato a 10-20 Kb di distanza dai due
miniTet ed il sito di inserzione è stato sequenziato.
Uno dei due miniTet è localizzato nel gene envR (73.51) e l’altro nel gene gspO
(74.65). Vista la posizione dei due Tn10 (figura 37), la mutazione che determina
la AraR deve essere localizzata in un gene presente tra i due geni envR e gspO. Il
sequenziamento ha dimostrato che il soppressore di rpoA ha la mutazione
K271I.
179
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Caratterizzazione e studio dei mutanti rpoA
Il mutante rpoA341 (K271E) interferisce con la regolazione positiva
dell’inizio della trascrizione dell’operone arabinosio e del locus cysA del
regulone cys (Giffard e Booth, 1988). Esso è incapace di crescere su terreno
minimo. L’analisi dei mutanti UV, su terreno M63-0.2% glucosio (figura 38),
ha evidenziato che i MUV10, 11, 12, 13 hanno lo stesso fenotipo di rpoA341
(Min-), mentre i mutanti MUV 8, 14 hanno un fenotipo Min+. Esperimenti di
complementazione con il gene secY+ hanno permesso di escludere di avere delle
mutazioni nel gene secY vicino a rpoA. Anche i MUV8 e 14 sono dei mutanti
rpoA. Sono stati ottenuti due gruppi (figura 39) di mutanti rpoA: un gruppo
incapace, così come il mutante rpoA341, di crescere su terreno minimo (Min-),
ed un gruppo capace di crescere su terreno minimo (Min+). In quest’ultimo
gruppo non si ha l’interferenza con la regolazione positiva del locus cysA del
regulone cys, osservata per rpoA341 (Giffard e Booth, 1988).
I mutanti rpoA, sono stati studiati analizzando i loro effetti sull’espressione di
una proteina chimerica in cui i 52 residui N-terminali di PAI2 (una debole
sequenza segnale in E. coli), sono fusi con la porzione matura di PhoA, clonata
in pBAD18. Alti livelli di espressione di questa proteina chimerica
interferiscono con la crescita cellulare (Belin et al., 2004) e il soppressore
rpoA341 riduce l’espressione della proteina (Bost e Belin, 1995). Nei mutanti è
stata osservata una riduzione nell’espressione di PAI2-PhoA (figura 37). Nel
mutante rpoA341 è stata evidenziata una riduzione di circa il 50% (figura 38)
dell’espressione di PA2-PhoA. Inoltre si ha una piccola differenza in rpoA+ in
presenza di G6P (glucosio-6-fosfato) un inibitore della sintesi dell’AMPc.
Dunque in assenza di CAP attiva, si ha solamente un piccolo effetto
sull’espressione di PAI2-PhoA. Riprendendo le ipotesi della letteratura (Schleif,
2000 e 2003) secondo le quali sono possibili interazioni RpoA-AraC, RpoACAP, o RpoA-DNA, sulla base di questa esperienza, i contatti RpoA-AraC
sembrano più probabili.
180
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA341
Per studiare gli effetti dei mutanti rpoA, sono stati ricercati dei soppressori,
con mutazioni nel gene araC, del mutante rpoA341. E’ necessario, avere dei
plasmidi che consentano uno screening rpoA+/rpoA341. Il plasmide p614
(pBAD-MalE16-phoA), ha mostrato una differenza tra il ceppo rpoA+ ed il
ceppo rpoA341. La mutagenesi con UV e nitrosoguanidina del ceppo
GP42/p614 e lo screening di circa 5 x 104 colonie ha permesso di isolare un
solo mutante nel quale si ha una mutazione nella sequenza segnale MalE16 (S
in F, 3 amminoacidi a monte di MalE16). Dopo una nuova mutagenesi con
nitrosoguanidina, uno screening di circa 3 x 104 colonie, ha evidenziato 30
candidati per i quali è stato effettuato un dosaggio dell’attività della fosfatasi
alcalina nei ceppi GP41 (rpoA+) e GP42 (rpoA341) (figura 46). I mutant B11 e
B18 sono poco influenzati da rpoA+ a differenza di B21. Il sequenziamento ha
mostrato che B21 ha una mutazione, P in T, localizzata 32 amminoacidi a valle
della mutazione MalE16, cioè nel Tn::phoA, mentre B11 e B18 hanno la
mutazione nel vettore o nel Tn-PhoA. In conclusione, non sono stati isolati dei
mutanti in araC soppressori di rpoA341
Con un altro plasmide (pBAD-hAhB-E2K-E3K) uno screening di circa 1.8 x
104 colonie, ha permesso di isolare 10 candidati, per i quali il dosaggio
dell’attività della fosfatasi alcalina ha evidenziato due cloni non influenzati da
rpoA341 (7,10 e 8,10) e due cloni influenzati da rpoA341 (1,5 e 11,15) (figura
48). Nessuno di questi cloni presenta una mutazione nel gene araC.
Visti i risultati negativi ottenuti, è stato mutagenizzato il plasmide pBAD33,
che esprime il gene araC in trans. La mutagenesi con idrossilammina e lo
screening di circa 5 x 104 colonie, ha permesso di ottenere 61 candidati. Il
sequenziamento di due di questi cloni (30 e 31, figura 50) ha mostrato che essi
non hanno mutazioni nel gene araC.
181
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA N268T
Recentemente abbiamo isolato un allele rpoA (N268T) piu’ forte, che ha
permesso di ottenere una discriminazione rispetto a rpoA+, molto più netta
rispetto a quella utilizzata in precedenza. Lo screening di 1.6 x 105 colonie per
cercare di isolare dei soppressori di rpoA N268T, ha prodotto sei candidati, i
quali sono tutti dei mutanti cromosomici.
Per mutare il gene araC, è stata effettuata una PCR-mutagenica del plasmide
pBAD33. Lo screening di circa 5 x 104 colonie, ha prodotto solo un mutante
cromosomico. Infine anche cellule CC104YM, contenenti delle mutazioni nel
sistema YM di riparo del DNA, sono state utilizzate per mutare il gene araC.
Lo screening di circa 7.7 x 104 colonie, ha prodotto solo un mutante
cromosomico.
182
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Conclusioni
Il modello presentato per il promotore PM del fago λ (Kedzierska et al., 2007)
(figura 30, introduzione), mette in evidenza come i residui amminoacidici 266270 dell’α-CTD sono necessari per le interazioni con il DNA, mentre i residui
265 e 287 sono essenziali per il contatto tra l’α-CTD e il repressore cI di λ.
Come descritto nei risultati, i mutanti rpoA identificati sono tutti in posizione
270-271 dell’α-CTD di RpoA, mentre non sono stati ottenuti mutanti nelle
posizioni 265 e 287. E’ dunque possibile proporre un modello in cui, nella
regolazione della trascrizione dell’operone arabinosio, i contatti RpoA-AraC
sono più importanti delle interazioni RpoA-CAP e RpoA-DNA. Sulla base di
questo schema, la figura 50 mostra un modello dei possibili contatti operati da
RpoA nella regolazione dell’operone arabinosio. Il residuo 265 dell’α-CTD di
RpoA interagisce col il solco minore del DNA, mentre il residuo 287 media le
interazioni con la proteina CAP.
183
DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Figura 50: Modello dell’α
α-CTD di RpoA di E. coli, osservato da due diversi punti di vista.
In blu il residuo R265 che interagisce con il solco minore del DNA ed il residuo V287 (palle
blu, visibile solo nella figura di destra) che interagisce con la proteina CAP. I residui che
interagiscono con la proteina AraC sono mostrati con gli altri colori. Rosa: N268; verde:
L270; rosso: K271; arancione: A272 (Jeon et al., 1995).
184
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
MATERIALI E METODI
Antibiotici
Antibiotico
Concentrazione stock
Concentrazione
finale
Ampicillina (Ap)
200 mg/ml
200 µg/ml
Cloramfenicolo(Cm)
30 mg/ml in 100% etanolo
30 µg/ml
Kanamicina (Kn)
40 mg/ml
40 µg/ml
Tetraciclina (Tet)
30 mg/ml in acqua/etanolo 1/1
7.5 µg/ml
Spectinomicina(Spc)
50 mg/ml
100 µg/ml
Induttori e substrati
L-Arabinosio: soluzione 20% sterilizzata per filtrazione e conservata a
temperatura ambiente.
XP (5-bromo-4-cloro-3-indolil-fosfato): 20 mg/ml in dimetilformamide,
conservato a –20 °C.
ONPG (o-nitrofenil-β-D-galattopiranoside): 4 mg/ml in tampone Z (60 mM
Na2HPO4, 40 mM NaH2PO4, 10 mM KCl, 1 mM MgSO4, 50 mM βmercaptoetanolo, aggiunto fresco, aggiustare a pH 7.0), conservato a –20 °C.
IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi): stock 1 M, conservato a –20 °C.
185
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Terreni di coltura
LB
10 g/l triptone (Difco), 10 g/l di NaCl, 5 g/l estratto di lievito (Difco),
aggiustare a pH 7.0 con NaOH.
LB agar
Terreno LB liquido, 15 g/l agar in polvere (Difco).
LB-Top agar
LB agar diluito 2x con LB, 2mM CaCl2, 0.1% glucosio.
M63 minimo solido
Autoclavare 7.5 g di agar in polvere (Difco) in 400 ml di acqua, poi aggiungere
100 ml di 5x M63 (15 g/l KH2PO4, 35 g/l K2HPO4, 10 g/l (NH4)2SO4, 2.5 ml/l di
1 mg/l FeSO4), 0.5 ml 1 M MgCl2, 1 ml di vitamina B1 2 mg/ml. Lo zucchero è
aggiunto ad una concentrazione finale dello 0.2%.
SOB
20 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 mM NaCl, 2.5 mM KCl, 10 mM
MgCl2, 10 mM MgSO4.
SOC
SOB, 20 mM glucosio.
186
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Ceppi batterici e fagi
CAG12072: MG1655, zgj203::Tn10 (Singer et al., 1989).
CC104YM: mutY::Kn, mutM::Tc, ara+, del(gpt lac)5/F’ lacI378, lacZ461
(Miller, 1992).
C600-802: F-, e14-(McrA-), hsdR(rk-mk+) supE44, thr, leuB6, thi1, lacY1,
fhuA21, mcrB (Meissner et al., 1987).
MC1000: F- araD139, ∆(ara-leu)7696, ∆lacX74, rpsL150, galU, galK, thi, ilv
(Casabadan e Cohen, 1980).
DHB3: MC1000, malF∆3, phoA∆(PvuII), phoR (Boyd at al. 1987).
LMG194: MC1000, ∆ara714, phoA∆(PvuII), leu::Tn10, pcnB80 (Guzman et al.,
1995).
MC4100: F- araD139, relA1, thi, rspL150, flB5301, ∆(argF169U-lac) U169,
deoC7, ptsF25, rbsR (Casadaban, 1976).
KJ195: MC4100, gspA::Tn10, secA::lacf181 (λPR9=secA+) (Beckwith
collezione).
DB502: MC 4100, leu+, ara∆714, malE14 (Labo Belin).
DB504: MC 4100, leu+, ara∆714, malE18 (Labo Belin).
DB511: DB504, gspA::Tn10, secY-L407F (Labo Belin).
DB512: DB504, gspA::Tn10, rpoA341 (Labo Belin).
DB550: DHB3, zgj203::Tn10, secG+ (Labo Belin).
DB551: DHB3, zgj203::Tn10, secG::Kn (Labo Belin).
DB638: DB504, secG::Kn (Labo Belin).
DB757: MC 4100, leu+, ara ∆714, malE16, pcnB (Labo Belin).
DB758: DB757 (λ) (Labo Belin).
187
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
DB862: rpoA N268T, gsp::Tn10 (Labo Belin).
GP31=GP35 : DB504, gsp::Tn10, rpoA+ (questo studio).
GP32=GP36 : DB504, gsp::Tn10, rpoA341 (questo studio).
GP33=GP37 : DB504, gsp::Tn10, rpoA+ , secG::Kn (questo studio).
GP34=GP38 : DB504, gsp::Tn10 rpoA341, secG::Kn (questo studio).
GP39: DB550, gspA::Tn10, rpoA+ (questo studio).
GP40: DB550, gspA::Tn10, rpoA341 (questo studio).
GP41: DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn (questo studio).
GP42: DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn (questo studio).
λ-1098-TetR: fago λ, contenente un trasposone miniTet e la trasposasi sotto il
controllo del promotore PTAC. TcR, cl857, Pam80, nin5 (Way et al., 1984).
P1vir: stock circa 1011 fagi/ml (cresciuti su MC4100) (Miller, 1992).
Plasmidi
pBAD18: derivato di pBR322 ApR, araC+ (Guzman et al., 1992).
pBAD18-vs.1: prodotto del clonaggio di una libreria del DNA del fago T4, nel
sito EcoRI di pBAD18 (Labo Belin).
pUC4-Kn: KnR (Pharmacia, AN: X06404).
pBAD18-vs.1-Kn: clonaggio della kanamicina del plasmide pUC4-Kn, digerito
con PstI, in pBAD18-Kn, digerito con NsiI (questo studio).
pBAD22-Kn: derivato di pBR322 ApR, KnR, araC+ (Guzman et al., 1992).
pBAD101: promotore PBAD e gene araC+ in pGB2 (vettore contenente l’origine
di replicazione pSC101), SpcR (Churchward et al., 1984).
188
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
pBAD/myc-His/lacZ: plasmide ApR contenente il promotore PBAD, l’epitopo
myc, l’ORF del gene lacZ+ e l’origine di pBR322 (Invitrogen).
pBAD101-lacZ: clonaggio del gene lacZ+ (3.2 Kb) del plasmide pBAD/mycHis/lacZ, nei siti HindIII-NcoI del plasmide pBAD101 (questo studio).
pBAD24: derivato di pBR322, colE1 ori, ApR, araC+, con il promotore PBAD
situato davanti il sito di clonaggio (Guzman et al., 1995).
pBAD24-lacZ: clonaggio del gene lacZ+ (3.2 Kb) del plasmide pBAD/mycHis/lacZ, nei siti HindIII-NcoI del plasmide pBAD24 (questo studio).
pBAD18-Kn: clonaggio della kanamicina, ottenuta dal plasmide pUC4-Kn
digerito con PstI e reso blunt, in pBAD18 digerito con ScaI-BpmI (Guzman et
al., 1995).
pKY248: derivato di pACYC184, CmR, secY+ (Taura et al., 1993).
pBAD-hAhB: un frammento KpnI-XbaI di pSWF2 (Ehrman et al., 1990) è
clonato nel sito corrispondente di pBAD18, originando il plasmide pBAD18TnphoA. Il frammento codificante per gli amminoacidi 1-52 di mPAI-2 (hA-hB)
(Belin et al., 1989), ottenuto per PCR, è digerito con gli enzimi NheI-KpnI e
clonato nel sito corrispondente di pBAD18-TnphoA. La sequenza N-terminale
della proteina di fusione PAI2-PhoA è MKK. Il frammento kanamicina di
pUC4-Kn è clonato nel sito SalI di pBAD18, a valle del frammento TnphoA
(Belin et al. 2004).
pBAD-hAhB-E2K: plasmide simile a pBAD-hAhB La sequenza N-terminale
della proteina di fusione PAI2-PhoA ha la mutazione E in K in posizione 2
(Belin et al. 2004).
pBAD-hAhB-E2K-E3K: plasmide simile a pBAD-hAhB. La sequenza Nterminale della proteina di fusione PAI2-PhoA è la stessa di quella di PAI2
(MEE) (Belin et al. 2004).
189
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
pBAD-hA: plasmide simile a pBAD-hAhB contenente solo la regione hA e
privo della regione hB di PAI2. La sequenza N-terminale della proteina di
fusione PAI2-PhoA è la stessa di quella di PAI2 (MEE). Costruito clonando il
frammento AflII-Klenow-XbaI di hAhB-AP in pBAD24, digerito con Asp718Klenow-XbaI. Ciò introduce un amminoacid Val in posizione 2 (Belin et al.
2004).
pBAD-hA-E2K: plasmide simile a pBAD-hAhB contenente solo la regione hA
e privo della regione hB di PAI2. La sequenza N-terminale della proteina di
fusione PAI2-PhoA ha la mutazione E in K in posizione 2 (Belin et al. 2004).
pBAD-hAhB-E3K: plasmide simile a pBAD-hAhB. La sequenza N-terminale
della proteina di fusione PAI2-PhoA ha la mutazione E in K in posizione 3
(Belin et al. 2004).
pBAD-hAhB-E3K-delaraC:
prodotto
da
pBAD-hAhB-E3K,
grazie
a
digestione con NsiI e MfeI, Klenow con DNA polI e self-ligazione (questo
studio).
pBAD24-malE: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e pMalEdown
della sequenza malE+ (DNA genomico MC4100), clonata poi nei siti NheIHindIII del plasmide pBAD24 (questo studio).
pBAD24-malE18: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e
pMalEdown della sequenza malE18 (DNA genomico DB504), clonata poi nei
siti NheI-HindIII del plasmide pBAD24 (questo studio).
pBAD101-malE: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e
pMalEdown della sequenza malE+ (DNA genomico MC4100), clonata poi nei
siti NheI-HindIII del plasmide pBAD24 (questo studio).
pBAD101-malE18: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e
pMalEdown della sequenza malE18 (DNA genomico DB504), clonata poi nei
siti NheI-HindIII del plasmide pBAD24 (questo studio).
190
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
pBAD24-malE18-Eco-blunt: digestione del plasmide pBAD24-malE18 con
EcoRI, Klenow e self-ligazione. L’ATG è spostato di 4 basi dalla sequenza di
Shine-Dalgarno capace di legare il ribosoma, determinando così una minore
sintesi proteica (questo studio).
p608: pBAD-phoA, avente nella sequenza segnale di phoA la mutazione Mph42
phoA82 (Michaelis et al., 1983).
p609: pBAD-phoA, avente nella sequenza segnale di phoA la mutazione Mph42
phoA82 (mutante blu) (Michaelis et al., 1983).
p610: pBAD-phoA, avente nella sequenza segnale di phoA la mutazione Mph42
phoA73 (Michaelis et al., 1983).
p611: pBAD-malE-phoA (MC4100) (Bedouelle et al., 1980).
p612: pBAD-malE10-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la
mutazione malE10 (Bedouelle et al., 1980).
p613: pBAD-malE14-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la
mutazione malE14 (Bedouelle et al., 1980).
p614: pBAD-malE16-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la
mutazione malE16 (Bedouelle et al., 1980).
p614+4nt: derivato da p614 con digestione SalI, trattamento con T4 DNA
polimerasi e self-ligazione (questo studio).
p615: pBAD-malE18-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la
mutazione malE18 (Bedouelle et al., 1980).
p616: pBAD-malE19-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la
mutazione malE19 (Bedouelle et al., 1980).
pBAD33: derivato di pACYC184, pAC184 ori, CmR, araC+, presenta il
promotore PBAD situato a monte del sito di clonaggio (Guzman et al., 1995).
191
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
pBAD33-delaraC: digestione con ClaI di pBAD33, Klenow e infine digestione
con SapI (questo studio).
p50short-phoA: plasmide contenente la chimera maspina-PhoA. La maspina ha
le mutazioni G26R, nella regione N-terminale, e S40F, nel core idrofobo.
Inoltre presenta la delezione di 21 dei 27 residui della regione N-terminale della
maspina (Labo Belin).
p51-phoA: plasmide contenente la chimera maspina-PhoA. La maspina ha la
mutazione T37I, nel core idrofobo (Labo Belin).
p51-phoA-delaraC: plasmide ottenuto per digestione MluI-NsiI di p51-phoA,
Klenow e self-ligazione (questo studio).
p50short-phoA-delaraC: plasmide ottenuto per digestione MluI-NsiI di
p50short-phoA, Klenow e self-ligazione (questo studio).
Primers e PCR
pah1: 5’-GATTTTTACCAAAATCATTAGGGGATTCAT-3’
pah2: 5’-CTAAAAATGGTTTTAGTAATCCCCTAAGTA-3’
pRpoAup: 5’-CGGATCCCACCTGATCGTCGAGCTTTACTCC-3’
pRpoAdown: 5’-GGGGTACCCCACTCTTACGATGGCGCATGACC-3’
pMalEup:5’-CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCATTATGAAAATAAAAACAG-3’
(contenente i siti NheI ed EcoRI e la sequenza di malE)
pMalEdown: 5’-GATCAAGCTTACTTGGTGATACGAGTCTGC-3’(contenente il sito
HindIII)
pMBPdown: 5’-GGTACCTCGATTTTGGCG-3’
pBADup2: 5’-CCTGACGCTTTTTATCGC-3’
pAraCstart: 5’-GGTTAGCGAGAAGAG-3’
pAraCend: 5’-GCAAACCCTATGCTACTC-3’
192
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
pP2F: 5’-GGTACCTGTTCAGTGTTACC-3’
Programma di amplificazione di frammenti di DNA genomico digerito con
Sau3AI, diluito ed incubato con DNA ligasi, in modo da ottenere frammenti
circolari. PCR condotta con i primers pah1 e pah2: 5 minuti a 94 °C, 30 cicli di
30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 55 °C e 30 secondi a 72 °C. Infine 10 minuti a
72 °C e lasciare a 4 °C (figura 51).
Programma di amplificazione di rpoA con i primers pRpoAup e pRpoAdown: 5
minuti a 94 °C, 30 cicli di 1 minuto a 94 °C, 2 minuti a 55 °C e 2.5 minuti a 72
°C. Infine 5 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C.
Programma di amplificazione di malE con i primers pMalEup e pMalEdown: 5
minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 40 °C e 1 minuto a
72 °C, 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 60 °C e 1 minuto a 72 °C.
Infine 1 minuto a 72 °C e lasciare a 4 °C.
Figura 51 (Pagine seguente): Rappresentazione del metodo di mappatura per
individuare mutazioni nel cromosoma di E. coli. Le tappe del metodo sono le seguenti:
-
inserzione aleatoria del Tn10 nel mutante cromosomico.
-
selezione dell’inserzione del Tn10.
-
digestione del DNA genomico con l’enzima Sau3AI e self-ligazione, in modo da
ottenere frammenti circolari.
-
PCR-inversa della regione fiancheggiante il sito di inserzione del Tn10, condotta
usando i primers pah1 e pah2.
- sequenziamento (Higashitani et al., 1994).
193
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Reversibilità della tossicità di VS.1
Inoculare una singola colonia del plasmide pBAD18-vs.1-Kn trasformato nei
due ceppi DB502 e DB550, in terreno liquido contenente ampicillina e
kanamicina, e lasciare crescere con aerazione, overnight, a 37 °C. Diluire 100x
la coltura satura e lasciare crescere con aerazione, fino ad una densità ottica a
600 nm di circa 0.2 (circa 108 batteri/coltura). Indurre con arabinosio 0.2%, per
un tempo di 20, 40, 60 minuti, e infine piastrare una opportuna diluizione su
LB-agar contenente ampicillina e kanamicina, ma privo di arabinosio. Il
rapporto tra il numero di colonie cresciute dopo induzione ed il numero di
colonie presenti prima dell’induzione con arabinosio, consente di determinare la
percentuale di reversibilità.
194
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
Curva di crescita
Inoculare una singola colonia in terreno liquido contenente gli antibiotici
necessari, e lasciare crescere overnight a 37 °C, con aereazione. Diluire 100x la
coltura satura in due beute con tubo fissato al collo, in modo da poter misurare
regolarmente la torbidità e fare crescere con aerazione fino ad una densità ottica
a 600 nm di circa 0.2 (circa 108 batteri/coltura). Indurre una delle due colture
con arabinosio 0.2%, e lasciare l’altra coltura come controllo non indotto.
Seguire l’andamento della crescita, effettuando delle misurazioni della densità
ottica a 600 nm ad intervalli di tempo regolari (generalmente ogni 15 minuti).
Quando la densità ottica si avvicina al valore 1, diluire in terreno fresco in
modo da ottenere nuovamente una densità di circa 0.2.
Preparazione di uno stock di fago λ miniTet1098
Diluire una coltura fresca del ceppo C600-802 in LB-0.2%maltosio e far
crescere fino alla fase esponenziale. Mescolare 100 µl di questa coltura a 100 µl
di uno stock di fago λ miniTet1098, diluito 107x in λ−dil (10 mM MgSO4, 10
mM Tris-HCl pH 7.4). Dopo incubazione di 10 minuti a 37 °C, aggiungere la
miscela a 2.5 ml di LB-Top agar, vortexare, piastrare immediatamente su LB0.3% glucosio-0.075 mM CaCl2-2 mM MgSO4 e incubare per circa 8 ore a 37
°C. Aggiungere 5 ml di SM (10 mM Tris-HCl pH 7.5, 10 mM MgSO4, 200 mM
NaCl, 0.05% gelatina) nella piastra e incubare overnight con agitazione a 4 °C.
Recuperare l’SM e lavare ancora con 1 ml di SM. Aggiungere qualche goccia di
cloroformio, vortexare bene e centrifugare a 4 °C per 15 minuti a 2000 rpm.
Recuperare il supernatante e conservare a 4 °C. Per titolare questo stock,
centrifugare una coltura satura di C600-802 e risospenderla in 10 mM MgSO4,
in modo da avere 0.5 A600nm/ml. Incubare 200 µl per 15 minuti a 37 °C e
aggiungere a 2.5 ml di LB-Top agar, piastrando su LB-agar. Dopo 5 minuti, fare
degli spot di 10 µl di differenti diluizioni dello stock di fagi da titolare,
195
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
direttamente sulla piastra contenente le cellule e incubare overnight a 37 °C.
Contare le placche di lisi e calcolare il titolo dello stock di fagi espresso in pfu
(unità formanti placche)/ml.
Inserzione di miniTet
Diluire
100x in terreno liquido contenente gli antibiotici necessari, una
coltura del ceppo contenente il mutante da caratterizzare. Incubare a 37 °C fino
ad una densità ottica a 600 nm di circa 1.8 (circa 109 batteri/ml). Centrifugare
250 µl della coltura a 13000 rpm e risospenderla in 1 ml di LB-antibiotici-10
mM MgSO4 (circa 2.5x108 batteri/ml). Aggiungere una opportuna quantità dello
stock di fago λ miniTet1098, in modo da avere un rapporto 0.3 fagi/batteri.
Incubare per 15 minuti a 37 °C senza agitazione, per permettere l’assorbimento,
aggiungere poi 1 ml di LB e incubare a 37 °C con agitazione, per 90 minuti. Il
numero totale di cellule aventi il minitrasposone è misurato piastrando varie
diluizioni su LB-agar-Tet ed opportuni antibiotici. Diluire 10x in LB-Tet più
eventuali antibiotici il resto della coltura e incubare overnight a 39.5 °C. Il
miniTet si inserisce in modo casuale nel cromosoma. Per avere un pool
rappresentativo, piastrare su LB-agar-Tet e gli antibiotici necessari in modo da
ottenere circa 105 colonie, fare un pool di queste colonie, tra le quali le
potenziali colonie mutanti e preparare da esso un lisato di fagi P1, da utilizzare
poi per la trasduzione generalizzata.
Preparazione di un lisato di fagi P1
Diluire 100x una coltura satura in LB-5mM CaCl2, incubare a 37 °C con
agitazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.4. Aggiungere circa
107 di fagi P1vir ad 1 ml di coltura e incubare a 37 °C senza agitazione.
Aggiungere poi questa miscela a 2.5 ml di LB-Top agar, vortexare e piastrare
immediatamente su LB-agar-0.1% glucosio-2 mM CaCl2. Dopo 5-8 ore di
196
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
incubazione a 37 °C, fin quando cioè le cellule lisate sono confluenti,
recuperare lo strato superiore dell’agar, lavare la piastra con 1 ml di LB-5 mM
CaCl2, aggiungere qualche goccia di cloroformio. Vortexare 30 secondi,
centrifugare 10 minuti a 3000 rpm, recuperare il lisato e conservare a 4 °C.
Trasduzione generalizzata
Centrifugare 1.5 ml di una coltura satura, per 1 minuto a 13000 rpm,
risospenderla in 300 µl di MC (100 mM MgCl2, 5 mM CaCl2) e incubare 10
minuti a 37 °C. Mescolare 100 µl della coltura a 10-50 µl di lisato di fagi P1 ed
incubare per 20 minuti senza agitazione a 37 °C, in modo da permettere
l’assorbimento. Aggiungere 1 ml di LB e 200 µl di 1 M citrato di sodio e
incubare 1 ora con agitazione a 37 °C, in modo da permettere l’espressione dei
geni trasferiti. Centrifugare per 1 minuto a 13000 rpm, risospendere il pellet in
100 µl di 1 M citrato di sodio, e piastrare infine su LB-5 mM citrato di sodio e
l’antibiotico necessario.
Mutagenesi UV
Inoculare overnight a 37 °C, in LB contenente gli antibiotici necessari, una
singola colonia del plasmide da mutagenizzare trasformato nel ceppo
desiderato. Diluire 100x la coltura satura e lasciare crescere a 37 °C, fino ad una
densità ottica a 600 nm di circa 1.8 (circa 109 batteri/ml). Prelevare 10 ml di
coltura, centrifugare per 10 minuti a 4000 rpm, risospendere il pellet in 10 ml
di 0.1 mM MgSO4 e incubare in ghiaccio per 10 minuti. Irradiare agli UV
(lampada UV accesa un’ora prima dell’inizio dell’irradiazione) a tempi
differenti, in modo da determinare il tempo migliore per la mutagenesi,
disponendo 1 ml di coltura in una piastra ed agitando durante l’irradiazione.
Effettuare delle opportune diluizioni da piastrare overnight a 37 °C su LB-agar
197
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
contenente gli antibiotici necessari. Contando il numero delle colonie cresciute
ai differenti tempi di irradiazione e facendo il rapporto con quelle cresciute al
tempo zero (prima cioè dell’irradiazione), è possibile determinare il tempo
ideale, per il quale si ha una percentuale di mutazione dell’1-2%. Estrarre il
DNA plasmidico dalla coltura, per la quale si ha la maggiore efficienza di
mutagenesi e amplificare il plasmide, mediante trasformazione in cellule di E.
coli DH5α e isolamento di un certo numero di colonie (circa 4-5 x 104),
cresciute su LB-agar e gli antibiotici opportuni, in modo da avere tante colonie
e permettere la segregazione. Fare un pool di tutte queste colonie, estrarre il
DNA, procedere ad una trasformazione nella coltura desiderata, piastrare su
terreno selettivo per effettuare uno screening. La mutagenesi agli UV è in grado
di originare varie mutazioni come transizioni, transversioni, delezioni,
inserzioni, frameshifts (Yanofsky et al., 1966).
Mutagenesi con nitrosoguanidina
Inoculare overnight a 37 °C, in LB contenente gli antibiotici necessari, una
singola colonia del plasmide da mutagenizzare trasformato nel ceppo
desiderato. Diluire 100x la coltura satura e lasciare crescere a 37 °C, fino ad una
densità ottica a 600 nm di circa 1.8 (circa 109 batteri/ml). Mescolare 1.9 ml della
coltura con 100 µl di N-metil-N’-nitro-nitrosoguanidina 50-100 µg/ml ed
incubare a 37 °C al buio, per tempi variabili. Centrifugare, sempre al buio, la
coltura, lavare con 2 ml di LB e risospendere in 200 µl di LB con gli antibiotici
opportuni. Diluire 20x in LB con antibiotici ed incubare a 37 °C overnight, al
buio. Estrarre il DNA plasmidico dalla coltura, trasformare in cellule di E. coli
DH5α, piastrare su terreno di coltura indicatore, in modo da testare l’efficienza
della mutagenesi. Amplificare il plasmide mutagenizzato al tempo migliore,
mediante trasformazione in DH5α e isolamento di un certo numero di colonie
(circa 4-5 x 104). Fare un pool di tutte queste colonie, estrarre il DNA,
trasformare nella coltura desiderata e piastrare su terreno selettivo per effettuare
198
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
uno screening. La mutagenesi con nitrosoguanidina è in grado di originare
soprattutto delle transizioni (Adelberg et al., 1965).
Mutagenesi con idrossiliammina
Mescolare 3 µg in TE del plasmide da mutagenizzare, 100 µl di tampone
fosfato (0.1 M Na2HPO4/Na2H2PO4, 1 mM EDTA pH 6.0 con NaOH) e 80 µl di
soluzione con NH2OH (1M NH2OH, 1 mM EDTA pH 6.0 con NaOH). Incubare
a 70 °C e a tempi differenti. Purificare poi con colonna Micro Bio-Spin il DNA,
trasformare in cellule di E. coli DH5α, piastrare su terreno di coltura indicatore,
in modo da testare l’efficienza della mutagenesi. Amplificare il plasmide
mutagenizzato al tempo migliore, mediante trasformazione in DH5α e
isolamento di un certo numero di colonie (circa 4-5 x 104). Fare un pool di tutte
queste colonie, estrarre il DNA, trasformare nella coltura desiderata e piastrare
su terreno selettivo per effettuare uno screening. La mutagenesi con
idrossilammina è in grado di originare soltanto transizioni G:C in A:T (Freese et
al., 1961).
PCR-mutagenica di araC
Preparare 4 tubi con ciascuno circa 100 ng del plasmide pBAD33, aggiungere
in ogni tubo uno dei 4 nucleotidi in condizioni limitanti (20 µM), 0.2 mM dei
primers pAraCstart e pAraCend, 200 µM di nucleotidi (senza il nucleotidi
presente in condizioni limitanti), 200 µM di dITP, 1.5 mM di MgCl2 e
agiungere in un volume finale di 50 µl, la quantità di enzima necessario
(Programma: 5 minuti a 94 °C, 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a
54°C, 1 minuto a 72 °C. Infine 10 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C) (Spee et al.,
1993). I 4 prodotti di PCR, mescolati, sono trattati con Klenow-kinasi ed in
seguito digeriti con l’enzima SapI, presente nel primer pAraCstart. Allo stesso
199
MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4
tempo il plasmide pBAD33-delaraC è stato sottoposto a Klenow e digestione
con SapI. Il gene araC mutagenizzato è stato così clonato in pBAD33-delaraC.
Dosaggio dell’attività β-gal
Diluire 100x una coltura satura fresca in LB contenente gli antibiotici necessari.
Dopo 2 ore di crescita a 37 °C con agitazione, indurre per 1 ora a 37 °C, con 1
mM IPTG. Lavare il pellet due volte in 1x MOPS (diluizione 1:3 di 3x MOPS
(200 mM MOPS, 250 mM NaCl, 48 mM NH4Cl pH 7.2 aggiustato con KOH) e
rispospendere in 1 ml di 1x MOPS. La metà è utilizzata per misurare la densità
ottica a 600 nm. Mescolare 100 µl di ogni campione a 900 µl di tampone Z (60
mM Na2HPO4·7H2O, 40 mM NaH2PO4·H2O, 10 mM KCl, 1mM MgSO4·7H2O,
50 mM (3.4 ml/l) di β-mercaptoetanolo, pH 7.0). Per permeabilizzare le cellule,
aggiungere 25 µl di 0.1% SDS e 25 µl di cloroformio. Iniziare la reazione
aggiungendo 200 µl di ONPG (4 mg/ml in tampone Z) e incubare a 28 °C.
Fermare la reazione con 500 µl di 1 M Na2CO3, centrifugare a 4 °C per 2 minuti
a 13000 rpm e misurare la densità ottica a 420 e 550 nm (rispettivamente
assorbanza dell’o-nitrofenol e dei detriti cellulari). La formula seguente è
utilizzata per calcolare il numero di unità:
Unità = OD420 – (1.75 OD550) / Tempo(minuti) x Volume(ml) x OD600
200
PROSPETTIVE
Prospettive
Questo lavoro di tesi, suddiviso in due parti, la prima dedicata allo studio del
ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli e la seconda allo studio di una
proteina sconosciuta del fago T4, ha permesso di raggiungere alcune
conclusioni, ma allo stesso tempo lascia ancora aperti una serie di interrogativi
che potranno essere oggetto di future ricerche. Lo studio del “paradosso di
SecG”, cioè la differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il
substrato wild type OmpA+ (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione
in vivo da noi osservata, con sequenze segnale wild type, necessita di ulteriori
chiarimenti. Inoltre, il fatto che le sequenze segnale mutate, anche in vivo
mostrano la differenza di stimolazione osservata in vitro, è un ulteriore punto da
delucidare. Poiché le mutazioni prl favoriscono il trasporto anche di sequenze
segnale mutate, un possible rapporto tra secG e prl è ipotizzabile. In futuro
potrebbe risultare interessante studiare i rapporti tra i mutanti prl ed il
paradosso di SecG, effettuando degli esperimenti di translocazione con i
mutanti prl. Inoltre si potranno effettuare ricerche di substrati efficaci SecGdipendenti, non solo tra le proteine periplasmatiche (qui studiate), ma anche tra
quelle delle membrane esterna ed interna, ricercando dei substrati efficaci e
SecG-dipendenti da poter utilizzare nelle esperienze di translocazione in vitro.
La seconda parte del lavoro, dedicata allo studio della proteina VS-1 del fago
T4, è ancora piena di punti da chiarire e da esplorare per la prima volta. Innanzi
tutto cercare di delucidare il meccanismo di attivazione trascrizionale del
promotore PBAD. Inoltre visto che VS.1 presenta una sequenza segnale, sarà
possibile in futuro, trovare un collegamento anche con l’argomento della prima
parte di questo lavoro. Infine si potranno studiare e caratterizzare altri geni, ad
esempio rbpA, ottenuti dalla libreria di frammenti del DNA del fago T4, che
così come vs.1 sono tossici in presenza di arabinosio. Sarà così possibile
risalire al loro un meccanismo di azione che determina l’incapacità a crescere in
201
PROSPETTIVE
presenza di arabinosio di E. coli. Questi geni potrebbero interferire nella
replicazione, trascrizione o traduzione in E. coli o magari alterare la membrana
cellulare. A lungo termine questo approccio, che identifica funzioni inibitorie
nell’ospite ad opera del batteriofago, potrebbe essere utile per identificare e
definire nuove terapie anti-microbiche.
202
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“……l’importante in questo mondo
non è dove sei arrivato,
ma la direzione in cui ti sei mosso……”
(Robert Baden Powell)
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