Thesis Reference - Archive ouverte UNIGE
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Thesis Ruolo di SecG nel trasporto proteico in Escherichia coli e studio di una proteina sconosciuta del fago T4 PLAIA, Giuseppe Abstract La translocation des protéines chez les procaryotes, comme chez les eucaryotes, est définie comme un transport à travers une membrane lipidique. Dans les deux cas, il existe différents mécanismes de transport ATP-dépendants. Chez les eucaryotes, les protéines sont synthétisées vers la lumière du réticulum endoplasmique et destinées à être exportées à l'extérieur ou à s'intégrer dans une membrane cellulaire. Chez les procaryotes, les protéines sont exportées du cytoplasme vers le périplasme, c'est-à-dire dans l'espace compris entre la membrane interne et la membrane externe, ou elles s'intègrent dans la membrane interne. Du périplasme, les protéines rejoignent ensuite leur destination finale, qui peut être le périplasme, la membrane externe ou l'espace extra-cellulaire. Il faut avant tout distinguer le transport général, lié à la présence de séquences signal, et les transports spécialisés indépendants de ces séquences (Wiech et al., 1991; Baker et al., 1996; Saier, 2006)... Reference PLAIA, Giuseppe. Ruolo di SecG nel trasporto proteico in Escherichia coli e studio di una proteina sconosciuta del fago T4. Thèse de doctorat : Univ. Genève, 2009, no. Sc. 4097 URN : urn:nbn:ch:unige-24495 Available at: http://archive-ouverte.unige.ch/unige:2449 Disclaimer: layout of this document may differ from the published version. UNIVERSITE DE GENEVE Département de biologie moléculaire FACULTE DES SCIENCES Professeur David Shore Département de pathologie et immunologie FACULTE DE MEDECINE Professeur Dominique Belin Ruolo di SecG nel trasporto proteico in Escherichia coli e studio di una proteina sconosciuta del fago T4 THESE présentée à la Faculté des sciences de l’Université de Genève pour obtenir le grade de Docteur ès sciences, mention biologie par Giuseppe PLAIA de Gibellina (Italie) Thèse n° 4097 GENEVE Atelier d’impression ReproMail 2009 Ai miei nonni “…. Io sono stato sempre con te, in qualsiasi momento ti ho tenuto per mano, e quando camminando sulla sabbia non vedevi le mie orme accanto alle tue, non ti avevo abbandonato ma ti avevo preso in braccio….” (Anonimo Brasiliano) RINGRAZIAMENTI Grazie al Prof. D. Belin per avermi accolto nel suo laboratorio ed aver mostrato tanta pazienza. Grazie al “répondant” presso la facoltà di Scienze Prof. D. Shore e alla Prof.ssa Alessandra Polissi per aver accettato di far parte della commissione di tesi. Grazie ai miei “parrains” Prof. P. Linder e Dott. P. Herrera per l’aiuto ed i consigli. Grazie al Prof. I. Rodriguez per il suo aiuto e la sua mediazione. Grazie al Prof. C. Georgopoulos, al Dott. D. Ang e al Dott. P. Génévaux per i numerosissimi consigli e per aver messo a mia disposizione la libreria del DNA del fago T4. Grazie a F. Silva per la sua disponibilità, il suo entusiasmo e i suoi pareri preziosi. Grazie a tutti i membri del laboratorio che nel corso di questi cinque anni mi hanno aiutato e sostenuto. In particolare grazie S. Biéler, Y. Boulfekhar, S. Djafaar, J.L. Falcone, K. Khatib, Y. Mattenberger. Grazie a D. Roppolo e a S. Negrini per avermi aiutato nello stabilirmi a Ginevra, per i consigli, la disponibilità e l’aiuto per qualsiasi problema legato alla tesi e non solo. Grazie ai miei amici, a Giovanni e Barbara, a Chiara, a Laura, a Salvino ed alla sua famiglia, a Lucia, a Mario, a Carmen e Giuseppe, per avermi aiutato e fatto sentir parte delle loro famiglie. Il grazie più sentito va ai miei genitori, per la pazienza ed il grande sacrificio che hanno dimostrato nella loro vita, permettendo il realizzarsi di ogni mio sogno ed aspirazione, anche quando questi erano per loro fonte di sofferenza. Grazie ai miei fratelli, alle mie cognate ed ai miei cinque nipoti, Michele, Sofia, Salvatore, Erika e Michele, perché sono stati sempre vicini a me, nonostante in realtà fossero lontani nella amata Sicilia. INDICE INDICE RIASSUNTO………………………………………………….………………….………Pag. 1 Ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli RESUME…………………………………………………………………………….…...Pag. 2 INTRODUZIONE………………………………………………………………….……..Pag. 9 I principali sistemi di trasporto proteico…………………………………………….…Pag. 9 Il GSP: general secretory pathway in E. coli …………….…………………………...Pag. 15 La sequenza segnale…………………………………………………………….………Pag. 19 La translocasi…………………………………………………………………………....Pag. 24 Trasporto SecG-dipendente e indipendente……….…………………………………..Pag. 37 Modello sperimentale…………………………………………………………………...Pag. 39 PRESENTAZIONE DELLA RICERCA……………………………………………....Pag. 41 RISULTATI……………………………………………………………………………..Pag. 43 Il paradosso di SecG: differenza tra trasporto proteico in vitro ed in vivo………….Pag.43 Preparazione degli esperimenti di translocazione in vitro: produzione di OmpA, SecB e SecA……………………………………………………………………..……………….Pag. 49 Esperimenti di translocazione in vitro…………………………………………………Pag. 54 Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze aleatorie………..Pag. 59 Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: amplificazione per PCR di sequenze segnale di specifici geni di E. coli……………………..........................…….Pag. 65 Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze aleatorie di E. coli, maiale, topo e uomo………………………………………………….....................…....Pag. 75 DISCUSSIONE………………………………………………………………….……....Pag. 82 MATERIALI E METODI……………………………………………………….……..Pag. 88 INDICE Studio di una proteina sconosciuta del fago T4 RESUME……………………………………………………………………………..Pag. 110 INTRODUZIONE……………………………………………………………….…..Pag. 116 Principali caratteristiche dei batteriofagi………………………………………….Pag. 116 Il fago T4 …………….………………………………………………………………Pag. 117 I lisozimi del fago T4: la proteina VS.1…………………………………………….Pag. 122 La RNA polimerasi di E. coli e la trascrizione …………………………………....Pag. 125 RpoA……….………………………………………………………………………....Pag. 128 L’operone arabinosio: struttura e regolazione………………………………….…Pag. 132 PRESENTAZIONE DELLA RICERCA…………………………………………..Pag. 139 RISULTATI ………………………………………………………………………....Pag. 141 La proteina VS.1: lisozima del fago T4 con ipotetica sequenza segnale…………Pag .141 Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: trasposizione mediante uso di miniTet……………………………………………………………………………….Pag. 146 Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutagenesi con irradiazione UV…………………………………………………………………………………….Pag. 147 Studio di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutanti rpoA………………....Pag. 147 Caratterizzazione dei mutanti rpoA………………………………………………..Pag. 150 Studio dei mutanti rpoA………………………………………………………….….Pag. 152 Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA341………………………Pag. 157 Condizioni ottimali per la selezione rpoA+/rpoA341.................................…………..Pag. 157 Mutanti spontanei, mutagenesi UV e con nitrosoguanidina del plasmide p614……..Pag. 161 Il numero dei nucleotidi di un plasmide e la sua attività……………………………..Pag. 167 Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD-hAhB-E3K………………….Pag. 169 Mutagenesi con idrossilammina del plasmide pBAD33…...........................................Pag. 171 Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD33…........................................Pag. 173 Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA N268T…………………..Pag. 175 PCR-mutagenica del plasmide pBAD33……………………………………………..Pag. 176 Mutagenesi del plasmide pBAD33 con l’uso del sistema YM……………………….Pag. 177 INDICE DISCUSSIONE…………………………………………………………….……...Pag. 178 MATERIALI E METODI………………………………………………...………Pag. 185 PROSPETTIVE..............................................................................................……..Pag. 201 BIBLIOGRAFIA………………………………………………………………….Pag. 203 RIASSUNTO RIASSUNTO Questo lavoro è suddiviso in due parti distinte. La prima parte tratta del ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli. SecG è uno dei componenti della macchina di translocazione, presente nella membrana plasmatica, attraverso la quale ha luogo il trasporto proteico verso il periplasma. In vivo, SecG è non essenziale e la cinetica di trasporto non cambia molto in presenza o assenza di SecG, mentre in vitro, stimola fortemente e contribuisce all’attività ottimale della translocasi. Questa differenza tra la situazione in vitro e quella in vivo rappresenta un paradosso. Il solo substrato efficace e SecG-dipendente, non si è rivelato adatto per i saggi di translocazione in vitro. Delle sequenze segnali, siano efficaci e SecG-dipendenti, sono state ricercate mediante lo studio di sequenze aleatorie o amplificando delle sequenze segnale di proteine esportate. La seconda parte di questo lavoro si occupa dello studio di un gene sconosciuto del fago T4. Da una libreria di frammenti del DNA di tale fago, sono stati individuati circa 5% di sequenze che impediscono ad E. coli di crescere dopo induzione della loro espressione. Tra tutte queste sequenze il frammento contenente il gene vs.1 codifica per un terzo lisozima del fago T4. Utilizzando differenti strategie di mutagenesi, sono stati ricercati dei soppressori cromosomici di tale gene. Sono state identificate solamente delle mutazioni nel gene rpoA, che codifica la subunità α della RNA polimerasi batterica. I risultati suggeriscono che i contatti RpoA-AraC sono più importanti di quelli RpoA-CAP e RpoA-DNA. Ecco perché, sono stati ricercati infine eventuali mutanti nel gene araC, soppressori dei mutanti rpoA che interferiscono con l’induzione della trascrizione del promotore PBAD. 1 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli RESUME Rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli Introduction La translocation des protéines chez les procaryotes, comme chez les eucaryotes, est définie comme un transport à travers une membrane lipidique. Dans les deux cas, il existe différents mécanismes de transport ATP-dépendants. Chez les eucaryotes, les protéines sont synthétisées vers la lumière du réticulum endoplasmique et destinées à être exportées à l’extérieur ou à s’intégrer dans une membrane cellulaire. Chez les procaryotes, les protéines sont exportées du cytoplasme vers le périplasme, c’est-à-dire dans l’espace compris entre la membrane interne et la membrane externe, ou elles s’intègrent dans la membrane interne. Du périplasme, les protéines rejoignent ensuite leur destination finale, qui peut être le périplasme, la membrane externe ou l’espace extra-cellulaire. Il faut avant tout distinguer le transport général, lié à la présence de séquences signal, et les transports spécialisés indépendants de ces séquences (Wiech et al., 1991; Baker et al., 1996; Saier, 2006). Chez les eucaryotes, les systèmes indépendants de la séquence signal concernent la membrane plasmique, tandis que le système général utilisant le peptide signal se trouve dans le réticulum endoplasmique (figure 1, introduction). Parmi les systèmes indépendants de la séquence signal, le transport de l’IL-1 est un exemple très important (Siders et Mizel., 1995). Les principaux systèmes de transport des protéines chez les procaryotes se subdivisent en transport à travers des voies Sec-dépendantes, sur lesquelles nous reviendrons, et le transport Sec-indépendant. Les deux principaux systèmes de transport Sec-indépendant, sont les systèmes de type I et de type III. Les trois principaux systèmes Sec-dépendant sont les systèmes II, IV et V. Le système de type II représente la branche proximale de la voie générale de 2 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli sécrétion (GSP). Les protéines transportées dans la périplasme, après la coupure du peptide signal, le repliement, la formation de ponts di-sulfure et de l’assemblage des sous-unités, sont transportées à travers la membrane extérieure par le système de type II, en mesure de discriminer parmi les protéines périplasmiques et celles à exporter. Le GSP (General Secretory Patwhay) est la principale voie de transport chez les procaryotes que chez les eucaryotes. Ce système nécessite deux composantes, une machinerie de transport, la translocase et une séquence Nterminale, définie comme séquence signal. Le transport des protéines synthétisées sous forme de précurseurs, contenant séquence signal, inclut des étapes d’association, d’insertion dans la membrane et de translocation. Des protéines du cytosol contribuent à la fidélité du transport protéique: les principales sont le “Trigger factor” (Stoller et al., 1995; Patzelt et al., 2001; Genevaux et al., 2004) et la SRP (Signal Recognition Particle) (Wiech et al., 1991; Clérico et al., 2008) qui discriminent les protéines naissantes émergeant du ribosome. A ces deux systèmes s’ajoutent des chaperons qui permettent au précurseur de rester dans un état déplié et d’exposer son séquence signal. Dans E. coli, SecB est le seule chaperon dédié à la translocation. L’insertion dans la membrane des précurseurs et leur transport dépend de l’énergie obtenue par l’hydrolyse de l’ATP et de la force proton motrice (Cunningham et Wickner, 1989; Schiebel et al., 1991; van der Wolk et al., 1997; Driessen et Nouwen, 2008). La séquence signal N-terminale est hautement dégénérée bien que son organisation structurale soit conservée. Elle se compose de trois domaines distincts: une région N-terminale généralement basique (1-5 acides aminés), une région centrale hydrophobe (7-15 acides aminés) et une région C-terminale polaire (6 acides aminés) (von Heijne, 1985; Martoglio et Dobberstein, 1998) (figure 3, introduction). Les séquences signal possèdent des informations qui spécifient l’efficacité de la translocation et la cinétique de coupure; elles jouent 3 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli donc un rôle clé dans la biogenèse des protéines. La translocation des protéines chez E. coli a été considérablement étudiée, tant du point de vue génétique (Schatz et Beckwith, 1990; Danese et Silhavy, 1998) que biochimique (Duong et al., 1997). La translocase se compose de plusieurs protéines intégrales de membrane (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) et de deux composantes solubles, SecA, une ATPase périphérique de la membrane interne et SecB une chaperon moléculaire (Driessen et al., 1998; Müller et al, 2001) (figure 8, introduction). SecYEG forment un complexe stable qui représente le cœur de la translocase et qui peut s’associer à SecDFYajC (Duong et Wickner, 1997; Samuelson et al., 2000; Jiang et al., 2003). Un complexe homologue, Sec61αγβ se trouve aussi chez les eucaryotes, et il représente la partie de la translocase la plus conservée pendant l’évolution (Cao et Saier, 2003). La protéine YidC peut s’associer à SecDFYajC et elle est très importante pour le transport de protéines de membrane (Luirink et al., 2001; Nouwen et Driessen, 2002; van Bloois et al., 2005). Différentes études ont montré que SecG participe à la reconnaissance de la séquence signal. Le point de départ de ma thèse repose sur l’analyse de la translocation de plusieurs protéines chimériques contenant diverses séquences signal type sauvage (PhoA, RbsB, MalE) ou mutantes (dérivées de PhoA, MalE ou RbsB) fusionnées à la région mature de PhoA. Toutes ces protéines ont été exprimées à partir du promoteur PBAD, inductible avec arabinose (Guzman et al., 1995). PhoA est une enzyme qui n’est active qu’après la translocation dans le périplasme (Boyd et al., 1987). En effet, PhoA contient quatre résidus Cys qui doivent être oxydés pour former deux ponts S-S nécessaires au repliement de l’enzyme (Derman et Beckwith, 1991). L’oxydation a lieu dans le périplasme et la protéine devient ainsi active. L’activité de PhoA peut être dosée quantitativement ou révélée qualitativement grâce à un substrat chromogène (XP) dont l’hydrolyse donne un précipité bleu. La cinétique de transport de 4 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli PhoA, déterminée en mesurant son activité enzymatique, est indépendante de SecG avec les séquences signal sauvages, tandis qu’elle est dépendante de SecG avec les séquences signal mutées (figure 9, résultats). Il y a donc une différence entre la stimulation par SecG, observée in vitro avec le substrat sauvage OmpA+ (Nishiyama et al., 1993), et l’absence de stimulation observée in vivo. Cette différence entre la situation in vitro et celle in vivo représente un paradoxe. En revanche, l’activité résiduelle des séquences signal mutées est stimulée in vivo par SecG. Des expériences de pulse-chasse-immunoprécipitation ont été effectuées avec différents substrats chimériques qui contiennent différentes séquences signal et la portion mature de la protéine OmpA, le substrat classique de la translocase. La cinétique de coupure de la séquence signal a été mesurée dans des souches bactériennes contenant le gène secG ou dans laquelle le gène est délété. Les résultats permettent d’identifier différentes substrats efficaces et pour lesquels le transport est SecG-indépendant, comme par exemple la protéine OmpA+ (contenant la séquence signal et la portion mature de OmpA) (figure 10, résultats). Nous n’avons identifié qu’un seul substrat efficace et SecGdépendant, la protéine PhoA82rev-OmpA. Des expériences de translocation in vitro on été faites pour étudier le “paradoxe de SecG “, en utilisant les substrats efficaces in vivo, et SecG-dépendants ou indépendants. Malheureusement, le seul substrat SecG-dépendant dont je dispose (PhoA82rev-OmpA) n’est pas efficace in vitro (moins de 5% de translocation) (figure 16, résultats). J’ai donc cherché d’autres substrats efficaces et SecG-dépendants. 5 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli Recherche de séquences signal efficaces et SecG-dépendantes Pour tenter d’obtenir des séquences signal efficaces et SecG-dépendantes, j’ai préparé une librairie de fragments aléatoires de l’ADN d’E. coli, clonés dans un vecteur contenant le promoteur PBAD et la séquence codant pour la portion mature de PhoA. Les colonies prennent une coloration bleue si PhoA est exportée efficacement vers le périplasme. Le criblage d’environ 4.7 x 104 clones, et le dosage quantitatif de la phosphatase alcaline de 24 candidats, montre que la plupart des clones analysés (15/24) contiennent des séquences aléatoires, alors que 8/24 candidats contiennent des fragments de protéines trans-membranaires. Un seul candidat (Mut15-Rzor) contient une vraie séquence signal (figure 18, résultats). Cette séquence signal est SecGindépendante (figure 17, résultats) et ne présente pas une coupure pendant le transport (figure 19 résultats). J’ai continué la recherche de séquences signal efficaces et SecG-dépendantes en effectuant des amplifications par PCR de vraies séquences signal. Parmi les 4173 gènes d’E. coli qui codent pour des protéines, il y en a 1350 qui codent pour des protéines destinées à être exportés hors du cytoplasme. Ces dernières se subdivisent en environ 896 protéines de la membrane interne (par exemple les protéines SecE et SecG de la translocase), environ 313 protéines de la membrane externe et 139 protéines périplasmiques (par exemple la protéine PhoA). Les protéines classées comme exportées, se distinguent en protéines caractérisées ayant une séquence signal caractérisée expérimentalement et protéines non caractérisées mais dont la région N-terminale est identifiée in silico comme une séquence signal. J’ai amplifié quelque séquence signal parmi les 139 protéines du périplasme. J’ai choisi 12 protéines caractérisées et qui doivent donc être exportées par la translocase (Bla, DsbA, DsbG, GlnH, OsmY, MppA, DegP, DppA, MepA, DsbC, PotD, CcmG) et 3 parmi celles qui ne sont pas caractérisées (YrbC, YnjB, Yehz). Ces séquences on été clonées dans un vecteur contenant le promoteur PBAD et la séquence de phoA dépourvue de la 6 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli séquence signal. Le dosage quantitatif de l’activité de la phosphatase alcaline dans des souches isogéniques secG+ et secG::Kn, met en évidence qu’aucune des 15 séquences signal n’est dépendant de SecG (figure 20 résultats). J’ai amplifié le gène secM (Secretion Moniteur) qui code pour une protéine exportée vers le périplasme et qui contrôle (moniteur) l’activité de la translocase en réglant la traduction du gène secA (Oliver et al., 1998). Le gène secM est localisé en amont de secA et les deux gènes forment un opéron (Schmidt et al., 1988). La traduction de secM est couplée à celle de secA; elle est sujette à une pause lorsque la chaîne protéique naissante est localisée encore dans le cytosol (Nakatogawa et Ito, 2001). L’étude de différents mutants secM (Nakatogawa et Ito, 2002) a montré que la pause traductionelle au niveau de Pro166 active la synthèse de SecA. Vu les interactions entre secM et secA, j’ai analysé la séquence signal de secM pour tester sa dépendance envers SecG. L’export de PhoA médié soit par la séquence signal de SecM (1-43 résidus) soit par les résidus 1-170 n’est pas significativement differentes dans les souches secG+ et secG::Kn (figure 22, résultats). Puisque l’export des protéines est sensible au froid (Pogliano et Beckwith, 1993) l’export des 15 protéines chimériques, déjà analysées à 37 °C, a été mesuré à 20 °C (figure 23, résultats). Pour 9/15 des protéines chimériques analysées on observe un export comparable en présence ou absence de SecG, semblable ce qui est observé à 37°C (données non montrées). De façon surprenante, 5/15 des protéines chimériques analysées à 20 °C présentent un comportement inattendu: le transport de ces 5 protéines chimériques est fortement diminué en présence de SecG (figure 23, résultats). Enfin, l’export de PhoA médié soit par la séquence signal de SecM (1-43 résidus) soit par les résidus 1-170 a été mesuré à 20 °C: le transport est diminué en présence de SecG (données non montrées). Ce comportement étonnant nécessite d’ultérieurs approfondissements. J’ai continué ma recherche en construisant d’autres librairies de séquences aléatoires, en employant de l’ADN génomique de E. coli, de rat, de cochon et 7 RESUME: rôle de SecG dans le transport des protéines chez E. coli d’homme. J’ai changé ma stratégie du clonage, à cause des résultats précédents, en clonant des petits fragments, environ 100 bp d’ADN. Cette fois-ci la portion du gène phoA n’est pas entièrement dépourvue, comme auparavant, de toute la séquence signal mais elle contient encore la région C-terminale hydrophile. Nous cherchons donc des fragments capables de contenir les régions n et h de la séquence signal. L’analyse d’environ 8 x 104 colonies (2 x 104 pour chaque type d’ADN) et le dosage quantitatif de 13 candidats obtenus sur des boîtes indicatrices, a mis de nouveau en évidence des séquences qui permettent un transport SecG-indépendant ou insuffisantement SecG-dépendant (clone 4) (figure 25, 26, résultats). Enfin, des expériences de pulse-chasse- immunoprécipitation pour voir si le meilleur candidat est coupé pendant le transport ont donné des résultats négatifs (figure 27, résultats). En conclusion, malgré differentes tentatives, je n’ai pas réussi à isoler des substrats efficaces et pour lesquels la cinétique de transport vers le périplasme est dépendante de SecG. Perspectives L’impossibilité apparente d’isoler, malgré les différentes tentatives, des substrats efficaces et SecG-dépendants, suggère que seules les séquences signal mutées, et donc inefficaces, requièrent la présence de SecG pour leur export résiduel. En revanche, le transport de séquences signal sauvages ne semble que faiblement affecté par la présence de SecG in vivo, contrairement aux résultats obtenus in vitro. Dans le futur, il pourrait être intéressant étudier le lien entre le mutations prl e le “paradoxe de SecG”, pour effectuer des expériences de translocation, peut-être avec des mutants prl. Enfin, on pourrait effectuer des recherches de substrats efficaces et SecG-dépendants, non seulement parmi les protéines périplasmiques, mais aussi parmi celles de la membrane interne. 8 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Introduzione I principali sistemi di trasporto proteico Il meccanismo di trasporto delle proteine nei procarioti, così come negli eucarioti, può essere definito come un trasporto attraverso una membrana. In entrambi gli organismi esistono vari meccanismi di trasporto ATP-dipendenti, distinti l’uno dall’altro, che mostrano delle omologie, nonostante la diversa organizzazione morfologico-strutturale tra eucarioti e procarioti. Negli eucarioti, come si può vedere nella figura 1, le proteine sintetizzate e trasportate nel lume del reticolo endoplasmatico, destinate ad essere esportate all’esterno o verso la membrana cellulare, vengono trasportate prima in vescicole nel citoplasma e poi sono liberate nell’ambiente extracellulare. Al contrario nei batteri Gram negativi, come E. coli, le proteine da esportare, vengono traslocate dal citoplasma al periplasma, cioè nello spazio compreso tra la membrana interna e la membrana esterna. Dal periplasma le proteine possono raggiungere la membrana esterna o lo spazio extracellulare. Possiamo dunque considerare la membrana del reticolo endoplasmatico eucariotico omologa della membrana interna procariotica ed il lume del reticolo endoplasmatico omologo del periplasma. In E. coli circa il 40% dei geni codifica per proteine non citoplasmatiche che raggiungono in seguito la propria destinazione finale, cioè la membrana interna, il periplasma, la membrana esterna, la superficie cellulare, l’ambiente extracellulare o altre cellule. Nello studiare i diversi meccanismi di trasporto proteico, bisogna innanzi tutto distinguere tra il trasporto generale strettamente legato alla presenza di particolari sequenze, definite sequenze segnale (Blobel e Dobberstein, 1975) presenti nei precursori proteici ed il trasporto proteico dipendente da altri segnali (Wiech et al., 1991; Baker et al., 1996; Saier, 2006; Saier et al., 2008). 9 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 1: Trasporto proteico nei batteri Gram negativi (alto) e negli eucarioti (basso). C, citosol; ER, reticolo endoplasmatico; PM, membrana plasmatica. Nei procarioti i due meccanismi di trasporto dipendente (freccia nera) o indipendente (freccia bianca) da un peptide segnale, sono localizzati nella membrana plasmatica. Negli eucarioti invece, il trasporto dipendente dalla sequenza segnale si trova nella membrana del reticolo endoplasmatico, mentre il trasporto indipendente da tale sequenza è localizzato nella membrana plasmatica (Wiech et al., 1991). 10 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Negli eucarioti, il meccanismo indipendente dalla sequenza segnale è localizzato nella membrana plasmatica, mentre quello dipendente dal peptide segnale si trova nel reticolo endoplasmatico. Con il primo sistema vengono translocate alcune citochine, proteine di secrezione, aventi una sequenza segnale e una funzione regolatrice, che controllano la sopravvivenza, la crescita e il differenziamento cellulare. Tra esse, la interleukina 1 (IL-1), una citochina secreta da varie cellule del sistema immunitario, prodotta anche in risposta ad infezioni batteriche (la cui produzione è stimolata soprattutto dall’LPS, una endotossina dei batteri Gram negativi). Essa può restare associata alla membrana plasmatica o può invece essere immessa in circolo e fungere da ormone, stimolando una risposta immunitaria (Dinarello, 1998). La IL-1 viene sintetizzata sotto forma di precursore biologicamente inattivo di 31-33 KDa che viene tagliato prima della secrezione, originando la forma matura, biologicamente attiva, di circa 15 KDa la cui secrezione è stimolata dal calcio (Siders e Mizel., 1995). Un’altra interleukina, la IL-15 è sintetizzata precocemente nel corso delle infezioni virali, stimolando la crescita dei linfociti T (Fehniger e Caligiuri, 2001). Una forma della IL-15 è sintetizzata come un precursore contenente un lungo peptide segnale e la sua secrezione ha luogo a livello del reticolo endoplasmatico. L’altra forma invece si suppone venga secreta come IL-1 (Onu et al., 1997; Duitman et al., 2008). Si tratta dunque di un processo controllato a livello traduzionale e non a livello trascrizionale. Nei procarioti entrambi i sistemi di trasporto sono localizzati a livello della membrana interna. Una breve descrizione delle caratteristiche generali dei principali sistemi di trasporto proteico nei procarioti, parte dalla suddivisione in trasporto attraverso vie Sec-dipendenti (dipendenti cioè dalle proteine Sec, su cui ritorneremo in seguito) ed il trasporto Sec-indipendente (Andersson e von Heijne, 1993). I due principali sistemi di trasporto Sec-indipendenti, sono il sistema di tipo I ed il sistema di tipo III. La via di tipo I o via ABC (ATP Binding Cassette) è 11 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli largamente utilizzata nei batteri per la secrezione di una grande varietà di proteine, ad esempio nei batteri Gram negativi le tossine, le adesine, le emoforine e molte colicine sono esportate con questo meccanismo. Tutte queste proteine hanno pochi residui cisteinici, sono fortemente acide e presentano una sequenza di esporto C-terminale, di circa 15-30 residui amminoacidici, che non viene tagliata durante il trasporto (Duong et al., 1996). Il T1SS, la macchina che trasporta le proteine secondo questa via, si compone di tre proteine essenziali per la translocazione: una proteina ABC della membrana interna, una proteina detta Adattatore-MFP (Membrane Fusion Protein) e una proteina della membrana esterna della famiglia di TolC. La proteina ABC accoppia l’idrolisi dell’ATP al trasporto proteico, interviene nel riconoscimento dei substrati e interagisce in modo specifico con la sequenza di esporto. Secondo il modello proposto, vengono idrolizzate due molecole di ATP, una necessaria al trasporto del substrato, che determina dei cambiamenti conformazionali nella proteina ABC, e l’altra necessaria per il ristabilirsi della conformazione aperta di partenza (Sauna e Ambudkar, 2000). L’altra componente del T1SS, oltre alla proteina MFP che funge da adattatore, è la proteina TolC, una proteina di circa 500 residui amminoacidici, estremamente conservata nei batteri Gram negativi, che trimerizza formando un poro membranario (Koronakis et al., 2004). Tale poro è un canale idrofilo tra il periplasma e la membrana esterna, in cui la rotazione delle eliche della porzione inferiore permette il passaggio dei substrati (Koronakis et al., 2000). L’altro sistema di secrezione Sec-indipendente, presente in molti batteri Gram negativi patogeni o simbionti (Rhizobium), è il sistema di tipo III, che ha una struttura evolutivamente simile e correlata ai flagelli, destinata ad indirizzare delle proteine effettrici all’interno di cellule eucariotiche. In questo sistema, la secrezione è dipendente dal contatto (Fauvart e Michiels, 2008) e non si hanno sequenze identificate di esporto, come mostrato invece per la via di tipo I, ma il contatto è favorito da specifici fattori e dai polisaccaridi presenti in superficie. 12 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli I tre principali sistemi Sec-dipendenti sono i sistemi II, IV e V. Il sistema di tipo IV è presente ad esempio in cellule di E. coli localizzate nell’intestino e destinate alla adesione e distruzione di cellule epiteliali. Tale sistema, omologo ai pili coniugativi, è presente in molti batteri coniugativi (Escherichia coli, Agrobacterium tumefaciens, Helicobacter pylori, Bacillus pertussis). Si tratta di un poro membranario necessario al trasporto del DNA batterico e/o di proteine provenienti dal meccanismo principale di trasporto batterico (GSP: General Secretory Pathway, su cui ritorneremo in seguito). Il sistema di tipo IV (T4SS) si compone di un complesso di circa una dozzina o più proteine di membrana che si assembla in risposta a dei segnali ambientali (Christie, 2004). Nei batteri Gram negativi, la macchina di coniugazione è composta da un canale di secrezione e da un pilo extracellulare, formando così una struttura estremamente dinamica, indispensabile al trasporto di proteine e DNA, dipendente dall’idrolisi dell’ATP. Il sistema di tipo V, necessario al trasporto di proteasi, invasine, tossine, adesine, è un ramo terminale del GSP; si tratta di un semplice sistema, privo di fattori accessori, localizzato nella membrana esterna, che consente il rilascio della proteina matura dopo la proteolisi. La maggior parte delle proteine trasportate dal sistema di tipo V, sono dei fattori autotrasportatori di virulenza, con un ruolo nelle infezioni batteriche. Il polipeptide autotrasportatore si compone di due domini, un peptide segnale ed un β-dominio (Yen e Stathopoulos, 2007). La famiglia delle proteine autotrasportatrici secrete con il sistema di tipo V è in continua espansione ed è diventato il più grande gruppo di proteine secrete nei batteri Gram negativi (Desvaux et al., 2004). Queste proteine possono inoltre essere “accompagnate” da una proteina chaperon verso il sistema di tipo V. Infine, il sistema di tipo II rappresenta il ramo terminale del GSP, di cui parleremo in dettaglio nel prossimo paragrafo. Le proteine translocate nel periplasma, dopo la rimozione del peptide segnale, il ripiegamento, la formazione di ponti di-solfuro e l’assemblaggio in sub-unità, vengono translocate attraverso la membrana esterna grazie al sistema di tipo II, 13 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli altamente specie-specifico, ed in grado di discriminare tra le proteine periplasmatiche e quelle da esportare. Esso forma un poro tra la membrana esterna e quella interna composto da varie proteine Gsp (D, S, C, G, J, F, K, N, E). Il trasporto proteico è mediato dall’idrolisi dell’NTP ad opera della proteina GspE (Py et al. 2001). In E. coli K12 wild type, la trascrizione divergente dei due operoni presenti nel locus gsp, è resa silente dalla presenza della proteina H-NS (Nucleotid-Structuring). Solo quando si hanno mutazioni in H-NS, si ha un efficiente secrezione della proteina endogena extracellulare endochitinasi ChiA (Francetic et al., 2000). Infine, il sistema Tat (Twin Arginine Translocation) è un sitema Secindipendente differente dagli altri precedentemente descritti. Esso, a differenza dei sistemi fin qui descritti, è in grado di translocare proteine che si ripiegano correttamente già nel citoplasma e che sono associate a specifici cofattori (Berks, 1996; Robinson e Bolhuis, 2004). Tale sistema è presente nei tilacoidi dei cloroplasti e nella membrana citoplasmatica di molti batteri ed archeobatteri. Il sistema Tat riconosce dei substrati in cui la sequenza segnale N-terminale presenta un motivo S/TRRXFLK con almeno due residui contigui di arginina (Sargent 2007), che rendono la sequenza segnale meno riconoscibile dal sistema Sec. I componenti principali del sistema sono TatC e TatB, che formano un complesso coinvolto nel riconoscimento della sequenza segnale e TatA, che media la translocazione grazie all’energia della forza proton motrice. Dopo aver accennato alle caratteristiche generali di alcuni sistemi di trasporto nei procarioti, occorre soffermarsi in particolare, sul GSP. 14 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Il GSP: General Secretory Pathway in E. coli Per comprendere il meccanismo di trasporto proteico, occorre innanzi tutto descrivere l’organizzazione morfologico-strutturale dei batteri ed in particolare dei batteri Gram negativi (E. coli, figura 2). In E. coli, è presente una struttura definita trilaminare, con una membrana interna, uno spazio periplasmatico, uno strato di petidoglicani che forma la parete batterica e una membrana esterna contenente proteine e lipidi (Duong et al., 1997; Bos e Tommassen, 2004). Il bilayer lipidico della membrana interna si compone di fosfatidiletanolammina, fosfatidilglicerolo e difosfatidilglicerolo. Il periplasma è uno spazio acquoso tra le due membrane batteriche, contenente oligosaccaridi, proteine solubili, componenti del sistema di trasporto, chaperons, oligonucleotidi e peptidi. I petidoglicani sono composti dagli acidi N-acetilglucosammina e Nacetilmuramico, legati a formare delle catene, grazie a legami β (1,4). Tali catene si legano tra di loro mediante ponti peptidici tra gli acidi Nacetilmuramici delle diverse catene, formando delle lamine. Lo strato di peptidoglicani è spesso circa 50-100 Angstrom in E. coli, mentre nei batteri Gram positivi può raggiungere gli 800 Angstrom. La parete batterica è importante per mantenere il turgore cellulare e funge da àncora per le lipoproteine della membrana esterna, costituita appunto, principalmente da lipidi e lipoproteine oltre che dalle porine, proteine formanti un canale acquoso. Il bilayer della membrana esterna è asimmetrico, con all’interno gli stessi glicerolfosfolipidi presenti nella membrana interna ed all’esterno uno strato lipopolisaccaridico. 15 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 2: Superficie cellulare in E. coli con in evidenza le due membrane interna ed esterna, lo spazio periplasmatico e la parete batterica. Omp, outer membrane protein; PulL, pullulanase; Chap, chaperon; MDO, membrane-derived olisosaccharide; Lpase, leader peptidase; Dsb, geni che influenzano la formazione dei ponti di-solfuro; PC, M13 procoat; GSP, general secretory pathway. Esiste una forza proton motrice, positiva all’esterno, attraverso la membrana interna che guida la sintesi dell’ATP, il trasporto di soluti e la translocazione proteica (Duong et al., 1997). 16 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Come già accennato nel precedente paragrafo, il GSP (General Secretory Patwhay) è la via principale di trasporto, mostrato nella figura 1 nei procarioti. Tale sistema necessita di due componenti, una macchina di trasporto, detta translocasi, localizzata nei procarioti nella membrana interna (mentre negli eucarioti si trova nella membrana del reticolo endoplasmatico) e una particolare sequenza presente nel precursore proteico da translocare, definita sequenza segnale (von Heijne, 1985). Il trasporto dei susbtrati sintetizzati sotto forma di precursori, contenenti questa sequenza segnale include varie tappe di associazione, inserzione nella membrana e translocazione. Esistono dei sistemi citosolici che contribuiscono alla fedeltà del trasporto proteico: il primo coinvolge il trigger factor (Stoller et al., 1995; Patzelt et al., 2001; Genevaux et al., 2004) ed il secondo la SRP (Signal Recognition Particle) (Wiech et al., 1991; Bui e Strub, 1999; Clérico et al., 2008) che competono per la proteina nascente emergente dal ribosoma. La SRP è una ribonucleoproteina (RNP) essenziale per il riconoscimento di un gruppo di proteine aventi una sequenza segnale. La SRP lega tale sequenza della pre-proteina in sintesi, legata al ribosoma, formando un complesso, che grazie all’energia ricavata dall’idrolisi del GTP, è guidato verso un recettore di membrana, in modo che la proteina venga poi integrata nella membrana o translocata. Molti dei substrati esportati via SRP sono proteine della membrana interna e DsbA è una delle proteine periplasmatiche che usa questo pathway. La proteina citoplasmatica tioredoxina 1, che normalmente si ripiega rapidamente, può essere efficacemente esportata nel periplasma grazie alla sequenza segnale di DsbA. Studi di mutazioni nell’SRP pathway, mostrano come la isomerasi periplasmatica DsbA indirizza la tioredoxina 1 verso l’SRP (Schierle et al., 2003). Studi biochimici suggeriscono che le proteine senza sequenza segnale sono catturare dal trigger factor prolyl isomerasi, mentre quelle contenenti il pepdide segnale si legano alla SRP. Trigger factor e SRP consentono, in collaborazione col ribosoma, al precursore proteico di rimanere non 17 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli completamente sintetizzato e quindi di restare in uno stato non ripiegato ed esporre solamente il peptide segnale. A questi due sistemi si aggiunge, un altro sistema citosolico che coinvolge delle chaperons che consentono al precursore proteico rilasciato dal ribosoma di restare in uno stato non ripiegato ed esporre il peptide segnale. Negli eucarioti, il sistema dipendente dalla SRP è usato per il trasporto della maggioranza dei precursori proteici, anche se, in alternativa, una chaperon molecolare (Hsp70) può funzionare per certi precursori. In E. coli inoltre è presente la chaperon SecB in aggiunta alla SRP. Nei batteri inoltre non c’è alcuna ragione per la presenza di un recettore di membrana per il peptide segnale, visto che il problema della specificità di membrana non esiste. E’ importante inoltre sottolineare come l’inserzione nella membrana del precursore proteico ed il trasporto dipendono dall’energia ricavata dall’idrolisi dell’ATP e dalla forza proton motrice (Cunningham e Wickner, 1989; Schiebel et al., 1991; van der Wolk et al., 1997; Driessen e Nouwen, 2008). Parleremo più avanti del ruolo dell’ATP, ricordiamo qui soltanto che viene idrolizzato da SecA, una ATPasi che utilizza l’energia per inserirsi nella membrana e translocare le proteine. La forza proton motrice, generata dalla respirazione, si compone di un potenziale elettrico di membrana (∆ψ) e di un gradiente protonico (∆pH), che stimolano la translocazione delle proteine (Driessen e Wickner, 1991). Se la forza proton motrice viene dissipata in vivo aggiungendo CCCP, un trasportatore di protoni, si osserva l’accumulo di precursori proteici all’interno delle cellule. In vitro, l’uso delle membrane invertite (IMVs) non necessita della presenza della forza proton motrice, ma nel caso in cui è rigenerata aggiungendo del succinato, essa può aumentare, da due a dieci volte, la velocità di translocazione (Driessen, 1993). Nei procarioti il gradiente protonico, assicurato dall’ATPsintetasi, dal sistema Sec e da vari tipi di trasporto, è diretto verso il lume citoplasmatico, mentre nelle IMVs, che si comportano in maniera inversa, è necessario riempire le membrane di protoni, grazie alla catena di trasporto di elettroni usando il NADH o il succinato che, 18 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli per mezzo della succinato deidrogenasi della membrana, origina un gradiente protonico verso l’interno delle IMVs. Siccome i residui carichi positivamente sembrano essere esportati con difficoltà, la forza proton motrice potrebbe essere necessaria al trasporto di un peptide che necessita di un movimento di protoni in direzione opposta. In E. coli, l’ATP e la forza proton motrice agiscono in differenti momenti della translocazione: l’ATP è necessario durante la fase di iniziazione, mentre la forza proton motrice è necessaria dopo la prima inserzione di SecA nella membrana. Il seguito della translocazione può essere assicurato da una delle due sorgenti di energia (Schiebel et al., 1991). Come accennato all’inizio di questo paragrafo, due sono le principali caratteristiche del sistema Sec, la macchina di translocazione localizzata nella membrana interna, detta translocasi, e la presenza di una sequenza segnale nel precursore proteico da translocare, che viene tagliata da una signal peptidasi Lep, originando la proteina matura. La sequenza segnale In E. coli, le proteine destinate ad essere esportate dal citoplasma verso la membrana interna, il periplasma o la membrana esterna, sono sintetizzate come precursore contenente un sequenza N-terminale, definita peptide segnale, la cui sequenza primaria è altamente degenerata, mentre il suo motivo strutturale conservato, è composto da tre domini distinti: una regione N-terminale basica (1-5 amminoacidi), una regione centrale idrofoba (7-15 amminoacidi) e una regione C-terminale polare (6 amminoacidi) (von Heijne, 1985; Martoglio e Dobberstein, 1998; Karamyshev et al., 1998) (figura 3). Le proteine prive di sequenza segnale sono destinate ad accumularsi nel citoplasma (Default pathway). La sequenza segnale è conservata strutturalmente e funzionalmente nel corso dell’evoluzione, testimoniando così il rapporto evolutivo comune degli esseri viventi. E’ dunque presente anche negli eucarioti, dove promuove, 19 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli come mostrato in figura 1, il trasporto attraverso la membrana del reticolo endoplasmatico (Wiech et al., 1991). Studi con numerosi sistemi sperimentali hanno messo in evidenza una sequenza substrato-specifica la quale presenta una struttura conservata, fornendo una specificità funzionale e strutturale (Hegde e Bernestein, 2006). Mutazioni nella sequenza segnale ostacolano il trasporto e determinano un accumulo di precursore nel citoplasma (Michaelis et al., 1983, 1986). Ad esempio studi condotti sulla sequenza segnale di MalE mostrano come la mutazione, all’interno della sequenza segnale, di un singolo amminoacido idrofobo o non carico in uno carico è sufficiente a bloccare il processo di secrezione (Bedouelle et al. 1980). Recenti studi hanno messo in evidenza come l’idea che le sequenze segnale siano semplici, degenerate ed intercambiabili, in realtà presenta numerose eccezioni. Le sequenze segnale possiedono informazioni che specificano l’efficienza di translocazione e la cinetica di taglio. Esse hanno dunque un importante ruolo nella biogenesi delle proteine. Parecchie sono le funzioni attribuite alla sequenza segnale, come il mantenimento delle proteine neosintetizzate in una conformazione non ripiegata, indispensabile per l’esporto, l’interazione con le proteine chaperons, l’inserzione nel bilayer lipidico e l’interazione con i componenti della translocasi (Lill et al, 1990; Nouwen et al., 1996). E’ possibile che la sequenza segnale, una volta rimossa dalla proteina translocata, possa avere funzioni (neurotrasmettitore, ormone, antigene) non legate alla proteina da cui deriva. La sequenza segnale può fungere da àncora per le proteine transmembrana, se contiene una regione idrofoba sufficientemente lunga ed in questo caso non viene tagliata dalla signal peptidasi (High e Dobberstein, 1991). La sequenza segnale prima di essere tagliata e rimossa ad opera di una signal peptidasi, partecipa al ripiegamento ed alla maturazione della proteina (Chen et al., 2001; Kim et al., 2002). In E. coli sono presenti due petidasi, la peptidasi I 20 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli (Lep), una proteina della membrana interna di 36 KDa, che possiede un dominio periplasmatico (San Millan et al., 1989) e la peptidasi II (LspA), una proteina trasmembrana di 18 KDa che taglia i precursori di parecchie lipoproteine (Yu et al., 1984). Le peptidasi non sono associate in maniera stabile alla translocasi, quindi il taglio della sequenza segnale non sembra essere strettamente legato al processo di translocazione. Studi recenti, sulla sequenza segnale di certe molecole MHC di classe I presenti sulla superficie cellulare delle HLA-E (Braud et al., 1997) mostrano come la signal peptidasi, piuttosto che, o magari in aggiunta a promuovere il taglio della sequenza segnale, facilita il suo coinvolgimento in funzioni regolatrici come la presentazione antigene-mediata delle HLA-E (Weihofen et al., 2002; Lemberg e Martoglio, 2002). La purificazione, il clonaggio e l’identificazione della signal peptidasi come un nuovo membro della famiglia delle proteasi transmembrana (Weihofen et al., 2002) e l’identificazione di alcune caratteristiche che conferiscono una substrato-specificità (Lemberg e Martoglio, 2002), hanno permesso di mettere in luce le proprietà che consentono la discriminazione tra le varie sequenze segnale. Un helix-breaking residuo nella regione idrofoba della sequenza segnale facilita il taglio ad opera delle peptidasi. Mentre cariche positive nel lato C-terminale della regione idrofoba, possono invece inibire il taglio. La presenza della sequenze segnale non è tuttavia sufficiente ad assicurare un efficiente trasporto attraverso la membrana. In E. coli è necessaria una regione di circa 30 amminoacidi carichi, presente immediatamente a valle della sequenza segnale (Andersson e von Heijne, 1991). 21 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli 22 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 3 (pagina precedente): Logo di 161 sequenze non segnale (alto) e 104 sequenze segnale allineate all’estremità N-terminale (centro) o al sito di taglio (basso), ottenuto con un programma alpro-makelogo (Schneider e Stephens, 1990). Ogni cumulo rappresenta una posizione dopo l’iniziale metionina, così ad esempio il terzo cumulo rappresenta la posizione +4. L’altezza di ogni cumulo è proporzionale alla conservazione della posizione, mentre l’altezza di ogni amminoacido è proporzionale alla relativa abbondanza nella data posizione dell’allineamento. Grazie alla differenza di colore notiamo nella sequenza segnale (centro) la regione N-terminale basica (blu) ricca in lisina e arginina, che si estende dalla posizione +1 a +3/+4. La regione centrale idrofoba (nera), ricca in leucina, alanina e valina (anche se in contrasto, essa include amminoacidi non idrofobi, come tirosina, serina e treonina). Infine la regione C-terminale polare (verde) appare evidente in basso, nell’allineamento al sito di taglio, localizzato tra –1 e 0 (in posizione 0 comincia la porzione matura della proteina). Come si nota non si ha questa differenza nella sequenza non segnale (alto), che non è dunque strutturata come la sequenza segnale. Amminoacidi idrofobi (apolari) (nero): A, C, F, G, I, L, M, P, V, W. Amminoacidi idrofili (polari) (verde): S, G, T, Y, C. Amminoacidi neutri (giallo): N, Q. Amminoacidi basici e carichi positivamente (blu): H, K, R. Amminoacidi acidi e carichi negativamente (rosso): D, E. Alcuna spiegazione possibile per la variabilità completa in posizione +15 (alto) (Falcone JL., studio). 23 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli La translocasi Il trasporto proteico in E. coli attraverso la translocasi è stato largamente studiato, sia dal punto di vista genetico (Schatz e Beckwith, 1990; Danese e Silhavy, 1998) che da quello biochimico (Duong et al., 1997). Questi studi, hanno consentito di identificare i geni sec, codificanti per i componenti della translocasi. Ulteriori studi hanno consentito di isolare una nuova classe di mutazioni prl nei geni sec. Questi mutanti facilitano l’esporto di sequenze segnale mutate (Schatz e Beckwith, 1990; Bost e Belin, 1997; Duong e Wickner, 1999; Khatib e Belin, 2002) e vengono classificati come prlD/secA, prlH/secG, prlG/secE, prlA/secY, in base al gene sec in cui è avvenuta la mutazione. Il complesso della translocasi si compone di varie proteine integrali di membrana (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) e di due componenti solubili, SecA, una ATPasi periferica della membrana interna e SecB una chaperon molecolare (Driessen et al., 1998; Müller et al., 2001). SecYEG formano un complesso stabile che rappresenta il core della translocasi e che può associarsi a SecDFYajC (Duong e Wickner, 1997; Samuelson et al., 2000; Jiang et al., 2003; Collinson, 2005). Sec61αγβ, un complesso omologo a SecYEG, è presente negli eucarioti e rappresenta la parte della translocasi più conservata durante l’evoluzione (Cao e Saier, 2003). SecA codificata da un gene essenziale per la sopravvivenza cellulare, è una ATPasi che funziona come un omodimero di sub-unità di 102 KDa (Hirano et al., 1996; Rajapandi e Oliver, 1996; van der Wolk et al., 1997; Rusch e Kendall, 2007). Ogni monomero di SecA, una RNA elicasi della superfamiglia 2, contiene il dominio DEAD (Asp-Glu-Ala-Asp), core dell’ATPasi (Hunt et al., 2002; Papanikolau et al., 2007), in cui sono presenti due NBD (NucleotideBinding Domain), un dominio ad alta affinità (NBD1), il vero sito di legame per l’ATP, presente in posizione 1-220 vicino all’estremità N-terminale, ed un secondo dominio a bassa affinità (NBD2) localizzato nei residui 378-420, all’estremità C-terminale, (Mitchell e Oliver, 1993; Caruthers e McKay, 2002). 24 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Inoltre si hanno una regione regolatrice intramolecolare (IRA2), in posizione 421-610 (Hunt et al., 2002; Sharma et al., 2003), un dominio PBD (Preprotein Binding Domain) ed un dominio C-terminale. SecA è presente in soluzione in equilibrio tra la forma monomerica e la forma dimerica, tuttavia recenti studi hanno dimostrato che SecA funzionalmente attiva agisce come dimero nella membrana (Jilaveanu et al., 2007; Wang et al., 2008), sebbene la presenza della forma monomerica in certi stadi della translocazione non è esclusa (Or et al., 2005). La dimerizzazione di SecA è mediata da contatti tra i domini DEAD, mentre il dominio C-terminale è lasciato esternamente. La proteina SecA può essere presente associata alla membrana o in forma solubile (Cabelli et al., 1991; Hunt et al., 2002), ed essa lega il complesso SecB-precursore (Breukink et al., 1995; Zhou e Xu, 2003; Randall et al., 2004) interagendo in seguito con la membrana e con il core SecYEG della translocasi (Breukink et al., 1992; Oliver, 1993; Karamanou et al., 2008), promuovendo dunque il legame dei precursori alla membrana interna e la successiva translocazione. Il meccanismo di translocazione attraverso la membrana ha luogo attraverso vari stadi, prevedendo dei cicli di inserzione-de-inserzione alla membrana, favoriti dal legame e idrolisi dell’ATP. Ciò spiega perché SecA può essere presente nella forma solubile o associata alla membrana. Il legame del complesso SecB-precursore a SecA promuove lo scambio ADP/ATP in SecA. Il legame dell’ATP determina l’inserzione nella membrana di una regione di 30 KDa di SecA (Economou e Wickner, 1994; Kim et al., 1994), e la concomitante translocazione di 20 residui amminoacidici del precursore attraverso il poro della translocasi (Schiebel et al., 1991; Arkowitz et al., 1993). In seguito l’idrolisi di una molecola di ATP, consente la translocazione del precursore e la de-inserzione della regione di 30 KDa, che può essere scambiata con la proteina SecA citosolica, determinando l’inizio di un nuovo ciclo (Economou e Wickner, 1994). La proteina SecA è conservata evolutivamente negli eubatteri, ciò porta 25 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli ad ipotizzare un meccanismo del trasporto proteico comune a tutti i procarioti (esclusi gli archeobatteri, dove SecA è assente) ed assente negli eucarioti. Figura 4: Struttura 3D di un dimero SecA, ottenuta mediante diffrazione ai raggi X (Papanikolau et al., 2007). SecB codificata da un gene non essenziale, è una chaperon citoplasmatica omotetramerica di 64 KDa, necessaria per il trasporto proteico Sec-dipendente. Essa lega l’estremità C-terminale di SecA, legata a sua volta al precursore, prevenendo così il suo ripiegamento (Zahn et al., 1996; Fekkes et al., 1998). I mutanti di SecB, L75Q ed E77K, interferiscono con la translocazione in vivo, mentre sono incapaci di stimolare la translocazione in vitro. Entrambi i mutanti legano preOmpA, ma non permettono l’interazione SecA-dipendente con la membrana, proprio a causa di una marcata riduzione nell’affinità di legame SecB-SecA (Driessen et al., 1998). L’interazione SecB-SecA, coinvolge i 22 residui C-terminali di SecA, una regione altamente conservata che contiene 3 26 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli residui di cisteina ed uno di istidina, residui potenzialmente coinvolti nella coordinazione di uno ione metallico. Il trattamento di SecA con uno zinco chelante, determina la perdita dell’effetto stimolatorio di SecB sull’attività di SecA, attività che viene ristabilita aggiungendo ZnCl2. Il legame SecB-SecA è stabilizzato dallo ione zinco che promuove il legame funzionale (Fekkes et al., 1999; Randall et al., 2004). Esperimenti condotti con un substrato mutante ∆8preOmpA, mostrano che tale substrato non è translocato in membrane wild type, difetto di translocazione che viene soppresso in membrane del ceppo prlA4 (Fekkes et al., 1998). PrlA4 è un mutante di secY che consente la translocazione di proteine con sequenze segnale mutanti o anche prive di sequenze segnale. Tali proteine legano la translocasi con una minore affinità, mentre in questi mutanti prlA4, il legame di SecA alla translocasi ha luogo con una maggiore affinità, consentendo così una efficiente translocazione. Dunque i mutanti prlA4, agiscono stabilizzando l’interazione SecA-SecYEG (van der Wolk et al., 1998). Questi dati mostrano come il legame dei precursori proteici a SecB richiede sia una sequenza segnale funzionale sia un sito di legame per SecB, presente in SecA. Dunque l’interazione SecB-SecA è necessaria al rilascio della proteina matura da SecB, mentre l’interazione della sequenza segnale con SecA è necessaria ad assicurare l’efficiente trasferimento del precursore alla translocasi. 27 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 5: Struttura 3D di un omotetramero SecB, ottenuta mediante diffrazione ai raggi X (Dekker et al., 2003). SecE e SecY formano in vivo un eterotrimero assieme a SecG. Così come SecA, anche SecE e SecY sono essenziali per la sopravvivenza cellulare e per il trasporto proteico sia in vivo che in vitro (Akimaru et al., 1991). SecY e SecE sono delle proteine integrali di membrana rispettivamente di 49 KDa e 13.6 KDa. Particolarmente interessante è SecY, la sub-unità centrale dell’eterotrimero. La mutazione secY205 (Tyr429Asp) localizzata nel dominio carbossiterminale citoplasmatico, impedisce l’inserzione del complesso SecAprecursore proteico, mentre consente il legame di SecA isolata. Questa mutazione influenza la struttura del canale SecYEG. La mutazione secA36 (Ala112Val), localizzata nel dominio di legame ad alta affinità all’ATP, sopprime in vitro i difetti nella translocazione dovuti alla mutazione secY205. 28 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Questi risultati forniscono l’evidenza che SecA e SecY interagiscono specificamente e mostrano che SecY guida l’inserzione del complesso SecAprecursore proteico alla membrana (Matsumoto et al., 1997). SecG, è una proteina integrale di membrana di 12 KDa, codificata da un gene non essenziale per la sopravvivenza di E. coli (Flower et al., 2000). Essa presenta un allineamento di sequenza con Secβ di Methanococcus jannaschii (van der Berg et al., 2004), suggerendo quindi un’analogia di funzione (figura 6). SecG è stata identificata grazie alla purificazione cromatografica e al sequenziamento del complesso SecYE, che in realtà risulta composto da tre polipeptidi, SecE, SecY e la banda 1, definita SecG (Douville et al., 1994). La proteina SecG presenta due domini transmembrana, aventi un proposto ciclo di inversione topologica (Sugai et al., 2007). Questi cicli sono accoppiati alla funzione di SecG ed ai cicli di inserzione-de-inserzione di SecA alla membrana (Nishiyama et al., 1996; Nagamori et al., 2002). SecG e SecA sono dunque definiti come i due componenti dinamici della translocasi. IMVs contenenti la proteina di fusione SecG-PhoA, in assenza di SecA solubile, sono efficienti nella translocazione così come le IMVs contenenti SecG+, al contrario sono meno attive in presenza di SecA solubile. Ciò dimostra che la translocazione SecA-dipendente, richiede l’inversione topologica di SecG (Sugai et al., 2007). Altri studi invece sembrano mostrare che l’inversione topologica non è necessaria alla translocazione SecA-dipendente, infatti IMVs in cui SecG è parzialmente cross-linked con SecY, sono attive, nonostante il crosslinking blocchi l’inversione topologica. Dunque in assenza di SecA solubile, l’inversione topologica può non essere richiesta (van der Sluis et al., 2006). Diciotto derivati di SecG, aventi un singolo residuo di cisteina in varie posizioni, sono costruiti ed espressi in un ceppo privo del gene secG (Nagamori et al., 2000). Tutti questi derivati SecG-Cys mantengono la funzione di SecG+, stimolando la translocazione sia in vivo, con un debole effetto, che in vitro. I derivati aventi la cisteina nella regione periplasmatica, esistono sotto forma di 29 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli omodimero, grazie alla presenza di ponti di-solfuro. Ciò indica che due molecole di SecG possono coesistere nella translocasi. La translocazione delle proteine attraverso la membrana interna di E. coli prevede una interazione tra SecG e SecA. Lo studio di diversi mutanti di secA, azi-resistenti (azi-4, L645Q e azi-7, N179Y) e prlD (prlD2 A488V, prlD4 T111N, prlD5 A373V, prlD22 Y134C), soppressori di mutazioni nelle sequenze segnale, ha messo in evidenza, nel caso dei mutanti azi-resistenti, che il trasporto proteico è dipendente dalla temperatura, dunque l’attività di SecA è influenzata dalla temperatura (Ramamurthy et al., 1998). I mutanti azi e prlD sopprimono l’esporto difettivo di un ceppo mutante in cui il gene secG è assente. Questo indica che SecG promuove l’attività di SecA e questo processo è dipendente dalla temperatura. Mutanti della proteina SecA, privi di 8 residui nella regione N-terminale, pur non variando l’interazione con il precursore proteico nascente e l’ATP, presentano differenze nella translocazione rispetto al ceppo wild type. Questi mutanti influenzano il ciclo di inversione topologica di SecG, portando a supporre che questa regione di SecA interagisca con SecG (Mori et al., 1998). L’introduzione di residui carichi in uno o in entrambi i due domini transmembrana di SecG non previene l’integrazione nella membrana ed al tempo stesso non la ostacola, ma indebolisce soltanto l’interazione con SecY e SecE (Bost et al., 2000). SecG rende la translocasi altamente efficace. Infine, studi basati sull’uso di una sequenza segnale inefficiente PAI-2 fusa alla porzione matura di PhoA, hanno permesso di isolare dei soppressori che consentono l’esporto della proteina chimerica. Soltanto uno dei soppressori è un allele secY, quindi un mutante prlA, capace di permettere l’esporto di proteine chimeriche con sequenze segnale inefficaci, mentre gli altri sono mutanti puntiformi di secG che mappano in tre codoni adiacenti (Tyr41Pro, Leu42Pro, Phe43Ser), identificando il dominio TLF di SecG, un dominio centrale importante per la sua attività, così come i domini N-terminale e C-terminale. Questi mutanti hanno un debole fenotipo Sec, abbassano lentamente l’esporto di 30 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli PAI-2-PhoA (Bost e Belin, 1995). SecG agisce dunque dopo il legame SecAdipendente della proteina al complesso SecYE. SecG interagisce con SecYE formando il core della translocasi. Recenti analisi ai raggi X, mostrano come SecY è suddiviso in una regione N-terminale TMHs 1-5 (Trans Membrane Helix) ed una C-terminale TMHs 6-10, formanti una conchiglia bivalve, connesse da un loop tra i domini transmembrana 5 e 6. SecY è aperto da un solo lato, mentre è chiuso dagli altri tre lati da SecE e SecG, le quali presentano rispettivamente uno e due domini transmembrana. Il PCC (Protein-Conducting Channel) è un complesso dinamico, capace di aprire e chiudere un poro, relativamente isolato dai lipidi idrofobi, disposto perpendicolarmente al piano della membrana, che permette il passaggio anche delle regioni idrofile di un polipeptide (van der Berg et al., 2004; Mitra et al., 2005). Il canale presenta una cavità centrale a forma di imbuto, avente un diametro di 20-25 Angstrom, presente sul lato citoplasmatico di SecY. L’imbuto si assottiglia, chiudendosi nel mezzo della membrana, ciò indica che la struttura corrisponde ad un canale chiuso, impermeabile a polipeptidi e piccole molecole. L’imbuto è chiuso da un plug (TMH2a) (van der Berg et al., 2004) che sembra “sigillare” il canale. Tuttavia il ruolo del plug risulta poco chiaro, perché mutanti di E. coli in cui si ha la delezione del plug sono funzionali e translocano le proteine attraverso la membrana (Li et al., 2007; Maillard et al. 2007). Il plug non è quindi essenziale per la translocazione, ma la chiusura del canale da esso operata inattiva la translocazione. Molte proteine di membrana e alcune proteine solubili sono translocate attraverso il PCC, secondo un processo in cui il ribosoma lega il PCC e la translocazione della proteina nascente è concomitante con l’elongazione della stessa. Il modello di translocazione propone che la sequenza segnale della catena proteina nascente translocata, sposti il plug aprendo così le due regioni N e C-terminale di SecY (van der Berg et al., 2004; Mitra et al., 2005). Il poro è rivestito da un anello di sei residui idrofobi che 31 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli formando una guarnizione attorno ai polipeptidi ne consentono la translocazione (figura 7). •••----•,••••1••••,••••-2 MJs61b ----------------------------------MSK----REETGLATSAGLIRYM-D PHs61b ----------------------------------MAK----EKTTLPPTGAGLMRFF-D MetBs61b ----------------------------------MAK----KSGSGLQSSAGLMRYY-E MKs61b ----------------------------------MGKKMEKKRAEMPPARAGILSFW-D MTs61b ----------------------------------MAKK---DKKTLPPSGAGLVRYF-E Fas61b -------------------------------MTSMAKD---NQNENFQSGAGLIRYFNE ThAs61b ----------------------------------MASD---RKSEGFQSGAGLIRYFEE Hsps61b ----------------------------------MSSG---QNSGGLMSSAGLVRYFDS Afs61b ---------------------------------MAKAPKGKAKTPPLMSSAGIMRYF-E PyAs61b ----------------------------------MARRRK— YEGLNPFVAAGLIKFSEE Aps61b MGMRHSSQPYYGMLRFNSPHTHVTGGRVPGGWRVLSVRRRRERRATPVTAAGLL SFY-E Sas61b ----------------------------------MPSSKKKKEDVPIASMAGLVRYY-E Hssec61b MPGPTPSGTNVGSSGRSPSKAVAARAAGSTVRQRKNASCGTRSAGRTTSAGTGG MWRFYT SCsbh1 ---------------MSSPTPPGGQRTLQKRKQGSSQKVAASAPKKNTNSNNSILKIYS 32 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli >---------TM-------< HHHHHHHHHHHHHHHHHHHH ••••,••••3••••,••••4••••,••••5••• MJs61b ETFSKIRVKPEHVIGVTVAFVIIEAILTYGRFL----- PHs61b EDTRAIKITPKGAIALVLILIIFEILLHVVG-PRIFG- MetBs61b ADKNAVQVQPKVVLIVGAIVGIAVLFLSAVN-GFWP-MKs61b EEAPGIKIDPDYILYACFAVAVLLIIAHTMAAV----- MTs61b EETKGPKLTPEQVVVMSIILAVFCLVLRFSG------- Fas61b EEIKGPAIDPKLIIYIGIAMGVIVELAKVFW-PV---- ThAs61b EEIKGPALDPKLVVYMGIAVAIIVEIAKIFW-PP---- Hsps61b EDSNALQIDPRSVVAVGAFFGLVVLLAQFFA------- Afs61b EEKTQIKVSPKTILAAGIVTGVLIIILNAYY-GLWP-- PyAs61b GELEKIKLTPRAAVVISLAIIGLLIAINLLLPPL---- Aps61b EYEGKIKISPTIVVGAAILVSAVVAAAHIFLPAVP--- Sas61b SEKEKVKISPKVVVVASIVLIAGVIIASFIIRPRYNLF Hssec61b EDSPGLKVGPVPVLVMSLLFIASVFMLHIWGKYTRS-SCsbh1 DEATGLRVDPLVVLFLAVGFIFSVVALHVISKVAGKLF Figura 6: Allineamento di sequenza di SecG in archeobatteri ed eucarioti. ARCHEOBATTERI (MJ, Methanococcus jannaschii; PH, Pyrococcus horikoshii; MetB, Methanosarcina barkeri; MK, Methanopyrus kandleri AV19; MT, Methanothermobacter thermautotrophicus; FA, Ferroplasma acidarmanus; ThA, Thermoplasma acidophilum; Hsp, Halobacterium sp. NRC-1; AF, Archaeoglobus fulgidus DSM 4304; PyA, Pyrobaculum aerophilum; AP, Aeropyrum pernix; SA, Sulfolobus acidocaldarius), EUCARIOTI (HS, Homo sapiens and SC, Saccharomyces cerevisiae). H: elementi della struttura secondaria.TM: porzione immersa nel bilayer lipidico. Rosso: > 50% identità tra tutte le specie. Magenta : 50% similarità tra tutte le specie (van der Berg et al., 2004). 33 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 7: Struttura del PCC (Protein-Conducting Channel), ottenuta mediante diffrazione ai raggi X. La figura mostra lo stato aperto del canale, con un crosslink tra SecY e SecE, il poro, il suo anello di amminoacidi idrofobi ed il plug (van der Berg et al., 2004). 34 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli SecD, SecF, YajC sono codificati da geni non essenziali per la sopravvivenza cellulare ma necessari per il trasporto proteico efficace (Pogliano e Beckwith, 1994; Sagara et al., 1994). Essi formano un eterotrimero che può associarsi a SecYEG (Duong e Wickner, 1997; Lotz et al., 2008). Il complesso SecDFYajC stabilizza l’inserzione di SecA nella membrana, con un meccanismo che permette l’accumulo di intermedi di translocazione, i quali possono guidare il completamento della translocazione, sotto l’influenza della forza proton motrice. L’eterotrimero controlla inoltre i cicli di inserzione-deinserzione di SecA alla membrana, regolando così la translocazione (Duong e Wicker, 1997). SecDFYajC sono necessari per il rilascio delle proteine translocate e sono implicati nel mantenimento della forza proton motrice (Arkowitz e Bassilana, 1994). Sia SecG che SecDFYajC favoriscono l’attività di SecE e SecY, facilitando il ciclo ATP-dipendente di inserzione-de-inserzione di SecA alla membrana (Duong e Wicker, 1997). Ulteriori studi mostrano come i due complessi trimerici si associano a formare il complesso esamerico SecYEG-SecDFYajC. YidC è una proteina che favorisce l’inserzione e l’assemblaggio di molte proteine della membrana interna di E. coli. Omologhi di YidC, sono Oxa1, nella membrana interna dei mitocondri, ed Alb3, nella membrana tilacoidale dei cloroplasti (Yi e Dalbey, 2005), mentre non si hanno omologhi nella membrana del reticolo endoplasmatico. YidC agisce secondo due pathways distinti, uno associato con la translocasi, che media anche il trasporto di proteine attraverso la membrana e l’altro indipendente da essa (Luirink et al., 2001; van Bloois et al., 2005). Nel primo pathway YidC interagisce con SecDFYajC, formando un complesso omotetramerico (Nouwen e Driessen, 2002). 35 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli COOH NH2 ATPase YidC YajC SecD PERIPLASMA SecF SecA SecG SecY SecE CITOPLASMA Membrana interna SecB + H Figura 8: Componenti della translocasi localizzata nella membrana interna di E. coli, ampiamente descritti nel testo. SecA, l’ATPasi periferica della membrana, SecB, la chaperon molecolare, il core SecYEG, il complesso SecDFYajC e la proteina YidC. In nero è rappresentata la pre-proteina translocata. In rosso le due sorgenti di energia, l’ATP e il gradiente protonico, uno dei due componenti, oltre al potenziale elettrico di membrana, della forza proton motrice. 36 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Trasporto SecG-dipendente e indipendente PAI-2 un inibitore di proteasi della famiglia delle serpine, è espresso dai monociti del sangue periferico, dai cheratinociti e dai macrofagi. Nei mammiferi questa proteina si ritrova sia translocata nel reticolo endoplasmatico e poi secreta, sia accumulata nel citoplasma. Tale localizzazione bi-topologica di PAI-2 è dovuta ad una “secrezione facoltativa” (Belin et al., 1989). Questa proteina ha delle proprietà simili quando viene espressa in E. coli, ciò porta ad interrogarsi su quale sia la sequenza segnale di PAI-2 e quale il suo meccanismo di distribuzione topologica. Per rispondere a queste domande, sono state fatte parecchie costruzioni di proteine chimeriche contenenti la regione matura della proteina PhoA e la porzione N-terminale di PAI-2 che contiene due domini idrofobi corrispondenti a due eliche α (hA e hB) della struttura tridimensionale delle serpine (Huber e Carrel, 1989). La superfamiglia delle proteine serpine, molte delle quali sono inibitori di serina-proteasi, comprende proteine identificate in archeobatteri, batteri e piante. Uno “storico” membro di questa superfamiglia è la proteina di pollo ovalbumina, necessaria per la conservazione del bianco dell’uovo, priva dell’attività inibitrice di proteasi. Essa appartiene al sottogruppo definito ovoserpine o B-serpine, che comprende nell’uomo tredici proteine coinvolte nella regolazione dell’infiammazione, dell’apoptosi, dell’angiogenesi e dell’embriogenesi. Nel pollo sono presenti dieci proteine del sottogruppo delle ovo-serpine, i cui geni sono localizzati in un locus di circa 150 Kb. La presenza di un gruppo di queste proteine anche in zebrafish, consente di affermare che le B-serpine sono conservate nel corso dell’evoluzione e la presenza di “nuove” serpine, come l’ovalbumina, ha contribuito all’adattamento dei vertebrati (Benarafa e Remold-O’Donnel, 2005). PAI-2 appartiene ad sottogruppo di serpine, che include l’ovalbumina, una proteina che viene secreta, e inibitori dell’elastasi o della trombina che sono stati invece messi in evidenza soltanto nel citosol (Belin, 1993). PAI-2, così 37 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli come l’ovalbumina è secreta senza alcun taglio della sequenza segnale (Ye et al., 1988). La regione N-terminale completa (hA+hB) è una sequenza segnale poco efficace, circa dieci volte più debole della sequenza segnale della fostatasi alcalina wild type. L’hA non è una sequenza segnale, mentre l’hB sembra essere una sequenza segnale più efficiente (Belin et al., 2003). Questo suggerisce che le due eliche cooperino e che l’hA impedisca la translocazione sia grazie ad una interazione diretta con il dominio hB, sia spingendo la regione idrofoba lontano dall’estremità N-terminale. Alti livelli di espressione della proteina chimerica PAI-2-PhoA, interferiscono con la crescita cellulare (Bost e Belin, 1995). Molti soppressori di questo fenotipo tossico sono localizzati nei geni secA e secY, e quindi l’arresto della crescita è dovuto ad una interazione difettiva della proteina chimerica con la macchina di trasporto. Molti soppressori sono presenti anche nel gene secG, e questi mutanti hanno un debole fenotipo Sec, determinato dal loro effetto sul trasporto di sequenze segnale wild type. La delezione di secG, conferisce anch’essa un debole fenotipo Sec, ma non sopprime la tossicità della proteina chimerica PAI-2-PhoA. Questa differenza risulta da un effetto selettivo dei mutanti secG sulla cinetica dell’esporto mediata da PAI-2. Possiamo affermare che esistono due tipi funzionali di complessi di translocazione, con o senza SecG (Bost e Belin, 1995). Un altro studio effettuato usando una versione tronca (hB-PhoA) della stessa proteina chimerica, ha consentito di isolare altri mutanti, soppressori della tossicità, localizzati nel gene secG. Due di questi mutanti sono funzionali, facilitano l’esporto delle proteine endogene, e interagiscono, anche se con ridotta affinità, con il complesso SecYE. Il mutante in cui il gene secG è deleto sopprime la tossicità di hB-PhoA ma non quella di PAI-2-PhoA. Ciò è dovuto al fatto che la più lunga regione N-terminale della sequenza segnale di PAI-2-PhoA contiene dei determinanti aggiuntivi che interagiscono con SecA e/o SecYE, contribuendo alla sua tossicità. Dunque SecG partecipa al riconoscimento della sequenza segnale ed entrambi i domini transmembrana di SecG contribuiscono 38 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli ad assicurare il normale riconoscimento della sequenza segnale ad opera della translocasi (Bost et al., 2000). Occorre tener presente come ci sia una discrepanza tra la translocazione a 37 °C nelle cellule o nei proteoliposomi ricostituiti. La translocazione in cellule in cui il gene secG è assente è quasi normale a 37°C, ciò indica che SecG non è indispensabile a questa temperatura, mentre stimola la translocazione proteica in proteoliposomi ricostituiti. Uno studio (Hanada et al., 1996) sulla translocazione in membrane contenenti o prive di SecG, in presenza o assenza di forza proton motrice, effettuato a 37 °C, ha messo in evidenza che l’assenza della forza proton motrice, rende la translocazione fortemente dipendente da SecG. Dunque la translocazione in proteoliposomi, in assenza della forza proton motrice, richiede SecG, mentre nelle cellule dove è sempre generata una forza proton motrice, non è richiesto SecG. Modello sperimentale Il modello sperimentale per isolare delle sequenze segnali efficaci, sfrutta le proprietà della fosfatasi alcalina (PhoA), una proteina attiva enzimaticamente solo quando viene translocata nel periplasma (Boyd et al., 1987; Derman et al., 1991). Dosaggi quantitativi dell’attività della fosfatasi alcalina, effettuati usando delle proteine chimeriche, contenenti la porzione matura di PhoA e una sequenza segnale wild type o mutata, la cui espressione è inducibile con l’arabinosio, mostrano come la cinetica di trasporto di PhoA, è indipendente da SecG, per una sequenza wild type, mentre è dipendente da SecG, in caso di sequenza segnale mutata (figura 9). C’è dunque una differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+ (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo, da noi osservata, con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e quella in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. 39 INTRODUZIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Varie costruzioni chimeriche, in un plasmide contenente il promotore PBAD, inducibile con arabinosio, sono state effettuate, clonando dei frammenti aleatori di DNA o dei prodotti di amplificazione per PCR di sequenze segnale note o ipotetiche. L’esporto delle proteine chimeriche è messo in evidenza grazie al cromogeno XP (5-bromo-4-cloro-3-indolil-fostato). Tali colonie vengono poi analizzate in due ceppi di E. coli, in cui è presente il gene secG o in cui tale gene è assente, al fine di individuare una eventuale dipendenza o indipendenza da SecG del trasporto proteico e poter studiare mediante esperimenti di translocazione in vitro, il “paradosso di secG”. Per studiare questo paradosso bisogna effettuare delle esperienze di translocazione in vitro utilizzando delle IMVs, vescicole di membrana invertite. Tali vescicole funzionano al contrario di una normale membrana interna procariotica, i precursori proteici marcati radioattivamente vengono cioè traslocati dall’esterno all’interno della vescicola. La digestione con proteinasi K, degrada tutto il substrato non translocato, permettendo di rilevare, la percentuale di substrato translocato. Per questo progetto occorre identificare delle sequenze segnale che permettono in vivo un esporto efficiente solamente in presenza di SecG. 40 PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Presentazione della ricerca Il meccanismo di trasporto delle proteine in E. coli è stato largamente studiato, sia dal punto di vista genetico (Schatz e Beckwith, 1990; Danese e Silhavy, 1998) che da quello biochimico (Duong et al., 1997). Nei procarioti, le proteine della membrana esterna e quelle del periplasma sono sintetizzate nel citoplasma e trasportate in seguito nel periplasma. Per il trasporto di queste proteine, una sequenza segnale è riconosciuta dalla translocasi, localizzata nella membrana interna. Tali proteine sono sintetizzate sotto forma di precursore, e la sequenza segnale è normalmente tagliata durante il trasporto, da una peptidasi, originando così la proteina matura. La translocasi si compone di varie proteine integrali di membrana (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) e di due componenti solubili, SecA, una ATPasi e SecB, una chaperon molecolare. Il mio lavoro è finalizzato a studiare il trasporto di proteine attraverso la membrana, ed in particolare il ruolo di SecG nel trasporto. Il punto di partenza è un dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina, usando delle proteine chimeriche, la cui espressione è inducibile con l’arabinosio, contenenti una sequenza segnale wild type o mutata e la porzione matura di PhoA, una proteina sintetizzata nel citoplasma e attiva enzimaticamente solo dopo il trasporto nel periplasma, visto che contiene quattro residui di cisteina che devono essere ossidati per permettere la formazione di ponti S-S (Boyd et al., 1987; Derman et al., 1991). Tale ossidazione ha luogo nel periplasma, originando così la proteina attiva, che trasforma un substrato cromogeno (XP) in un precipitato, legato alla quantità di PhoA attiva nel periplasma. PhoA viene clonata nel vettore PBAD, e la sua espressione è inducibile con l’arabinosio. I risultati, presentati nella figura 9, mostrano come la cinetica di trasporto di PhoA, messa in evidenza misurando la sua attività enzimatica, è indipendente da SecG, per una sequenza wild type (PhoA+), mentre è dipendente da SecG, 41 PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli per una sequenza segnale mutata (MalE14). C’è dunque una differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+ (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo, da noi osservata, con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e quello in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. Come mostra la figura 9, le sequenze segnale mutate (in figura è mostrata MalE14, una delle varie sequenze segnale mutate analizzate) presentano invece, in vivo, la differenza di stimolazione osservata in vitro con le sequenze wild type. In seguito, ho utilizzato dei substrati chimerici contenenti la porzione matura di OmpA e varie sequenze segnale wild type o mutate. Un solo substrato era SecG-dipendente, la proteina PhoA82rev-OmpA. Visto che questo substrato SecG-dipendente non si è rivelato adatto ai miei esperimenti (meno del 5% di translocazione, figura 16), è stato necessario ricercare altri substrati SecGdipendenti ed efficaci. 42 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Il ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Il paradosso di SecG: differenza tra trasporto proteico in vitro ed in vivo Il punto di partenza di questo lavoro è un dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina, usando delle proteine chimeriche, contenenti una sequenza segnale wild type o mutata e la porzione matura di PhoA, una proteina attiva enzimaticamente solo dopo il trasporto nel periplasma (Boyd et al., 1987). Una analisi qualitativa dell’attività di PhoA viene eseguita su piastre indicatrici, contenenti XP, un substrato cromogeno trasformato in un precipitato blu se la proteina è enzimaticamente attiva. Un dosaggio quantitativo dell’attività di PhoA, consente di dosare in dettaglio l’attività enzimatica delle proteine esportate. PhoA viene clonata nel vettore PBAD, e la sua espressione è inducibile con l’arabinosio. E’ dunque possibile seguire la cinetica di accumulazione di PhoA attiva a vari tempi dopo l’induzione. I risultati, presentati nella figura 9, mostrano come la cinetica di trasporto di PhoA, è indipendente da SecG, per due sequenze segnale wild type (PhoA+, MalE+), mentre è dipendente da SecG, per due sequenze mutate (MalE14, PhoA82rev). PhoA82rev, è uno pseudorevertante in cui l’effetto della delezione degli amminoacidi idrofobi leucina 8 e alanina 9 è compensato dalla mutazione Lys20Glu. C’è dunque una differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo, da noi osservata, con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e quello in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. Come mostra la figura 9, le sequenze segnale mutate presentano invece, anche in vivo, la differenza di stimolazione osservata in vitro con le sequenze wild type. Oltre alla sequenza segnale mutata MalE14 e allo pseudorevertante PhoA82rev, 43 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli presentati in figura 9, altri mutanti in diverse posizioni della sequenza segnale di MalE+ (Leu10Pro, Ala14Glu, Thr16Lys, Met18Arg, Met19Arg), PhoA+ (Leu14Gln, delLeu8Ala9) e RbsB (Ser16Arg, Ala17Asp) sono stati studiati. Tutti questi mutanti, tranne RbsBrev (Ser16His), un altro pseudorevertante, presentano in vivo la differenza di stimolazione osservata in vitro con le sequenze segnale wild type. RbsBrev, è uno pseudorevertante di RbsB16 (Ser16Arg), che presenta la mutazione Ser16His, un amminoacido che non sarebbe stato prodotto come attivo all’interno della regione idrofoba. Per studiare il paradosso di SecG, ho utilizzato delle proteine chimeriche contenenti la porzione matura di OmpA, il classico reporter utilizzato in vitro, invece di PhoA. Varie esperienze di pulse-chase-immunoprecipitazione, sono state condotte utilizzando diversi substrati chimerici contenenti varie sequenze segnale wild type o mutate (PhoA+, PhoA82rev, RbsB, RbsBrev, OmpA+) e la porzione matura di OmpA, per quantificare la percentuale di forma matura in ceppi isogenici contenenti il gene secG o in cui tale gene è assente. Le cinque sequenze segnale utilizzate sono (la freccia indica la posizione del sito di taglio): 44 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli OmpA: MKK TAI AIA VAL AGF ATV AQA PhoA: MKQ STI ALA LLP LLF TPV TKA PhoA73 (L14Q): MKQ STI ALA LLP LQF TPV TKA PhoA82 (delL8A9): MKQ STI A-- LLP LLF TPV TKA PhoA82rev (delL8A9, K20E): MKQ STI A-- LLP LLF TPV TEA RbsB : MNM KKL ATL VSA VAL SAT RbsBrev (S16H) : MNM KKL ATL VSA VAL HAT 45 VSA NAM A VSA NAM A RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli I risultati sono presentati nella figura 10. Vari substrati sono efficaci e con un trasporto di poco SecG-dipendente, come ad esempio la proteina OmpA, (contenente la sequenza segnale e la porzione matura di OmpA) ed un solo substrato è invece altamente SecG-dipendente, la proteina PhoA82rev-OmpA (Michaelis et al., 1983). RbsB-OmpA e Rbsrev-OmpA sono efficaci e SecGindipendenti ed infine PhoA-OmpA è poco esportata nel pulse ma efficace nel chase. Sono stati condotti quindi gli esperimenti di translocazione in vitro, per studiare il “paradosso di SecG”, utilizzando i substrati SecG-dipendenti e SecGindipendenti mostrati nella figura 10. Figura 9 (pagina seguente): Cinetica di esporto di PhoA+ e di tre proteine chimeriche. Dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina di proteine chimeriche contenenti la porzione matura di PhoA e una sequenza segnale, rispettivamente quella naturale di prePhoA (PhoA+) o di preMalE (MalE+), mutata PhoA82rev (delLeu8Ala9, Lys20Glu), mutata MalE14 (A14E), nei ceppi isogenici DB550 e DB551, derivati da DHB3, in cui gli alleli secG+ e secG::Kn sono introdotti mediante cotrasduzione con zhc::203 da CAG12072 (Singer et al., 1989; Nichols et al., 1998) ed in altri due ceppi contenenti le mutazioni secG1 e secG15. secG1 (F43S) sopprime la tossicità della proteina chimerica PAI2-PhoA (Bost e Belin, 1995), mentre secG::Kn e secG15 (L59R) sopprimono la tossicità di hB-PhoA (Bost e Belin, 2000). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 20, 40, 60 e 80 minuti con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore. 46 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli PhoA82rev (delLeu8Ala9,Lys20Glu) 2500 secG+ delsecG PhoA Units 2000 secG1 secG15 1500 1000 500 0 0 20 40 60 Tempo (min.) 47 80 100 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli 100 100 75 75 50 25 0 0 secG+ del secG pulse chase secG+ del secG PhoA82rev-OmpA 100 75 75 %mature 100 50 25 0 0 secG+ del secG chase 100 %mature 75 50 25 0 pulse RbsB-OmpA pulse RbsBrev-OmpA chase 48 chase 50 25 pulse PhoA-OmpA 50 25 pulse %mature secG+ del secG OmpA+ %mature %mature secG+ del secG chase RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 10 (pagina precedente): Esporto determinato dal taglio della sequenza segnale. Pulse-chase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-OmpA di colture batteriche dei ceppi DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn) contenenti i plasmidi (p694-p698) codificanti per varie proteine chimeriche aventi differenti sequenze segnale (OmpA+, PhoA, PhoA82rev, RbsB, RbsBrev) e la porzione matura di OmpA. Le colture sono indotte con arabinosio per 5 minuti, e marcate con metionina 35 S (pulse 20 secondi, chase 10 minuti). In figura è mostrato il rapporto tra la forma matura della proteina ed il totale (forma matura più precursore). L’analisi è effettuata in triplicato e la media con la banda di errore è mostrata in figura. Preparazione degli esperimenti di translocazione in vitro: produzione di OmpA, SecB e SecA Per la translocazione in vitro, occorre innanzi tutto preparare i substrati necessari, OmpA+, PhoA82rev-OmpA, PhoA-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrevOmpA e le proteine SecA e SecB. Per produrre i vari substrati, in particolare OmpA+, ho utilizzato un ceppo GP2, contenente l’allele secA11, visto che la percentuale di precursore preOmpA non tagliato in questo ceppo mutante è quasi doppia rispetto al ceppo wild type GP1. Così facendo ho superato “l’inconveniente” che il normale destino di un precursore è di essere esportato e dunque la purificazione risulterebbe difficoltosa. L’espressione della proteina OmpA+ è stata indotta con arabinosio, in colture di cellule GP1 e GP2, contenenti il plasmide p694. Le cellule sono state lisate ed i risultati della preparazione sono mostrati nella SDS-PAGE (figura 11). Come si vede la quantità di precursore preOmpA nel ceppo GP2 è quasi doppia rispetto al ceppo GP1. La quantità di proteina è stata infine stimata con un dosaggio proteico. Il secondo componente per effettuare i saggi in vitro è la proteina SecB. A causa di una difficoltà di produzione di SecB usando il plasmide pJW25 (ApR) ho clonato il frammento kanamicina del plasmide pUC4-Kn, nel vettore pJW25, contenente il gene secB espresso dal promotore della T7 RNA polimerasi. L’espressione della proteina SecB è stata indotta con IPTG, in colture di cellule BL21 contenente il suddetto plasmide. La proteina SecB è stata purificata, dopo 49 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli aver lisato le cellule, mediante cromatografia a scambio anionico Q Sepharose Fast Flow (Amersham), grazie ad un gradiente di NaCl 0-600 mM, precipitazione con solfato di ammonio e dialisi mediante membrane (Spectra/Por 1, cut-off 6000-8000). L’ultima tappa di purificazione è una cromatografia FPLC (MonoQ 5/5) sempre recuperando la proteina mediante un gradiente di NaCl (figura 12). La quantità di proteina è stata infine stimata con un dosaggio proteico. secA+ secA11 p m Figura 11: Purificazione della proteina preOmpA+. SDS-PAGE della proteina OmpA+, ottenuta da colture dei ceppi GP1 (secA+) e GP2 (secA11), contenenti il plasmide p694, indotte con arabinosio e lisate con lisozima 50 mg/ml e sonicazione. La “p” rappresenta il precursore e la “m” la forma matura della proteina OmpA+. Nel ceppo GP2 il precursore è quasi doppio rispetto al ceppo GP1, e quasi non si ha la forma matura. I due ceppi sono preparati trasducendo il trasposone leu::Tn10 di LMG194, in SB11 (DHB3, secA11 I327S, p72Kn), selezionando e facendo uno screening su arabinosio 0.2%. Uno stock di P1 del ceppo leu::Tn10, secA11 (AraR), così ottenuto, è trasdotto in Mph56, selezionando ed isolando una colonia blu (GP1) ed una bianca (GP2). 50 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli 0-350 mM NaCl 350-600 mM NaCl Figura 12: Purificazione della proteina SecB. SDS-PAGE della proteina SecB, ottenuta da una coltura del ceppo BL21, contenente il plasmide pJW25-Kn, indotta con IPTG 0.5 mM, lisata mediante lisozima 10 mg/ml e sonicazione, purificata grazie a Q Sepharose Fast Flow (Amersham), precipitazione con solfato di ammonio 80% di saturazione, dialisi e FPLC su MonoQ 5/5. La proteina viene eluita mediante gradiente di NaCl 0-350 mM, 350-600 mM. Nel rettangolo sono evidenziate le frazioni da cui viene recuperata SecB, mentre nel primo pozzetto si ha una aliquota del materiale di partenza, cioè SecB dopo la prima cromatografia con Q Sepharose Fast Flow. 51 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Per purificare l’ATPasi SecA, sono stati utilizzati due plasmidi, pZ52SecA-E e pT7-SecAHis, il secondo più semplice da purificare rispetto al primo, facendo colture di cellule rispettivamente BL21 e BL21.19, in cui l’espressione della proteina è stata indotta con IPTG. La proteina SecA è stata purificata, dopo aver lisato le cellule, utilizzando varie tecniche di cromatografia in base al peso molecolare (Hiload 16/60-Superdex) o cromatografia HPLC (Sephacryl S300High Resolution), che non hanno prodotto una proteina enzimaticamente attiva. Infine è stata effettuata una cromatografia per affinità, usando per SecA una Blue Sepharose 6 Fast Flow (Amersham), in cui il substrato Cibacron Blue 3G è covalentemente legato alla resina Blue Sepharose 6 e per SecA-His una NiNTA-agarose. L’attività della proteina così prodotta è stata testata mediante saggi dell’attività enzimatica con TLC-plate e γ-ATP-32P, usando il substrato preOmpA e delle membrane invertite (IMVs) urea-stripped di KM9 (in cui non si ha l’operone unc, che codifica per nove sub-unità della ATP-sintetasi). I risultati della figura 13 confermano che la proteina SecA è enzimaticamente attiva, anche se non determina una grande differenza rispetto alla reazione condotta in assenza di SecA. Ciò vuol dire che le membrane non sono state efficacemente urea-stripped della proteina SecA endogena. In realtà una verifica è stata condotta, mediante Western-blot (dati non mostrati) con anticorpi antiSecA e anti-YidC, un anticorpo usato come controllo. Le IMVs ed il lisato totale contengono la stessa quantità di proteina SecA. Non sarebbe quindi nemmeno necessario aggiungere SecA per i saggi di translocazione in vitro. 52 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Attività ATPasica di SecA 20,000,000 10,000,000 Se cA pO A, IM Vs Se cA pO ,I M A, Vs IM Vs ,S ec A 0 min. 30 min. IM Vs BL AN K 0 Figura 13: Attività ATPAsica di SecA. Saggio dell’attività ATPasica di SecA purificata dal ceppo BL21, contenente il plasmide pZ52-SecAE. L’attività ATPasica di SecA (100 µg/ml finale) è testata mediante saggio con TLC-plates, usando 2 µCi γ-ATP 32 P. Le IMVs KM9 urea-stripped e il substrato preOmpA in urea buffer sono usati ad una concentrazione finale di 100 µg/ml. Il saggio è effettuato a 40 °C per 30 minuti. Vista l’attività messa in evidenza, con preOmpA, IMVs e in assenza di SecA, di poco differente a quando è aggiunta SecA, evidentemente le IMVs non sono state efficacemente urea-stripped di SecA endogena. 53 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Esperimenti di translocazione in vitro La tappa preparatoria agli esperimenti di translocazione in vitro è la rimozione del detergente NP40 usato durante la preparazione del substrato OmpA+. Per far ciò, un eguale volume di acido tricloracetico 20% è aggiunto, incubando in ghiaccio per un’ora. Dopo aver effettuato tre lavaggi con acetone freddo, la proteina è risospesa in urea buffer (6M urea, 50 mM Tris-HCl, pH 8.0). Lo stesso procedimento è utilizzato per gli altri substrati PhoA-OmpA, PhoA82revOmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA, espressi dai plasmidi p695, p696, p697, p698. A questo punto i substrati proteici sono marcati radioattivamente mediante iodinazione. In un tubo è lasciato evaporare sotto azoto dello iodogeno in cloroformio 1 mg/ml (lo iodogeno è un ossidante che fissa lo iodio marcato alla proteina). 50 µg di proteina OmpA+ e 20 µCi di 125I, sono incubati 10 minuti in ghiaccio. La radioattività in una parte della reazione è misurata, mentre il resto è diviso in due parti, una precipitata 5 minuti in ghiaccio con acido tricloracetico 20% e poi risospesa in urea buffer e l’altra risospesa direttamente in urea buffer. L’efficienza della iodinazione è verificata su gel di acrilammide (figura 14). Dopo precipitazione con acido tricloracetico, si vedono un certo numero di prodotti di degradazione, mentre senza precipitazione al TCA si osserva un’unica banda di 37 KDa, corrispondente al substrato iodinato. I prodotti di degradazione non sembrano dovuti alla iodinazione o alla precipitazione al TCA, ma alla risospensione in urea buffer. Gli altri substrati PhoA82rev-OmpA, PhoA-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA sono stati iodinati senza la precipitazione al TCA 20% (dati non mostrati). 54 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Sup +TCA -TCA Figura 14: Iodinazione della proteina OmpA+. Gel di poliacrilammide 10% contenente nel primo pozzetto il supernatante (104 cpm) ottenuto dopo iodinazione e precipitazione al TCA 20% di OmpA+, nel secondo pozzetto la proteina (2 x 104 cpm) iodinata con precipitazione al TCA 20% e nel terzo pozzetto (104 cpm) la iodinazione senza precipitazione al TCA 20%. Si nota come nell’ultimo caso OmpA presenta un’unica banda di 37 KDa. A questo punto sono stati condotti dei saggi di translocazione in vitro con i substrati iodinati, per stabilire le condizioni ideali di reazione (figura 15): circa 4 x 104 cpm/reazione di substrato proteico, SecA 40 µg/ml, SecB 40 µg/ml (anche se non sarebbe necessario aggiungerla), ATP 2 mM, IMVs 100 µg/ml. La reazione è condotta per 15 minuti a 37 °C e 2 minuti di incubazione in ghiaccio, digestione con proteinasi K (1 mg/ml) che degrada la proteina non translocata all’interno delle IMVs, mentre quella translocata è inaccessibile. Come si vede dalla figura 15 le proteine OmpA+, e PhoA-OmpA sono quelle la cui translocazione è più efficiente. Inoltre, i due substrati efficienti in vivo, RbsBrev-OmpA e PhoA82rev-OmpA, sono estremamente deboli in vitro. Probabilmente il sistema non riflette adeguatamente l’esporto in vivo. 55 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli OmpA+ Sequenza segnale: 1 21 2 3 4 5 6 - - - 1/3 3x SecB SecA ATP SecB 7 8 PhoA+ PhoA82 RbsB RbsBrev rev 9 10 1/3 3x + SecA 11 12 13 14 - 1/3 3x SecA-His + 15 16 17 18 19 20 - - + + + - - SecB Figura 15: Esperimenti preliminari di translocazione in vitro. Gel di poliacrilammide di un’esperienza necessaria a mettere a punto le condizioni ottimali di reazione. Nel 1 e 2 pozzetto due aliquote (2 x 104 cpm) di reazione completa con OmpA+. Nel 3 pozzetto è assente SecB: l’efficienza di translocazione varia di poco, quindi non sarebbe nemmeno necessario usare SecB. Nel 4 pozzetto è assente SecA: la translocazione è fortemente ridotta (risultato in disaccordo con quanto ottenuto in figura 13, in cui la differenza tra la reazione in presenza o assenza di SecA non è drastica come in questo caso, probabilmente perché si è avuta una lisi delle membrane). Nel 5 pozzetto reazione condotta senza ATP: non si ha translocazione. Nel 6 e 7 pozzetto 1/3 e 3x di SecB: non si hanno grandi differenze. Nell’8 e 9 pozzetto 1/3 e 3x di SecA: non si hanno grandi differenze. Nel 10 pozzetto la reazione è condotta usando SecA-His: non si hanno grandi differenze rispetto a SecA. Nei pozzetti 11, 12, 13 SecA-His è rispettivamente assente, 1/3 e 3x. La translocazione in assenza di SecA-His non è fortemente ridotta (come in assenza di SecA, pozzetto 4). Nei pozzetti 14 e 15, l’esperienza è condotta in presenza o assenza di SecB, con PhoA-OmpA (4 x 104 cpm). Nei pozzetti 16 e 17, in presenza o assenza di SecB, con PhoA82rev-OmpA (4 x 104 cpm). Nei pozzetti 18 e 19, in presenza o assenza di SecB, con RbsB-OmpA (4 x 104 cpm). Nei pozzetti 20 e 21, in presenza o assenza di SecB, con RbsBrev-OmpA (4 x 104 cpm). Manca un loading control. 56 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Dopo aver stabilito le condizioni ottimali di translocazione, è stata effettuata una cinetica di reazione a differenti tempi (fino a 25 minuti), usando le condizioni stabilite in precedenza. I risultati, mostrati nella figura 16, evidenziano che il tempo non determina grandi differenze nell’efficienza di reazione e più precisamente dopo sei minuti sembra che la reazione giunga a saturazione. Inoltre si vede che OmpA+ e PhoA-OmpA sono translocate più efficacemente (circa 10% ) rispetto agli altri tre substrati (meno del 5%). Inoltre paragonando i risultati di PhoA-OmpA con la figura 10, osservo che tale proteina chimerica è translocata con un taglio non ottimale durante la translocazione. A questo punto, varie esperienze di translocazione in vitro sono state condotte, con i substrati iodinati e le condizioni ottimali determinate in precedenza (dati non mostrati). Inoltre varie IMVs urea-stripped (IMVs-KM9, IMVs-KM9-HAEY, IMVs-KM9-HAEYG, le ultime prodotte trasformando i plasmidi pHAEY e pHAEYG nel ceppo KM9) sono state testate. Purtroppo i risultati non sono riproducibili. Visti questi risultati, in cui l’unico substrato SecG-dipendente, PhoA82revOmpA, non sembra essere adatto, probabilmente perché non è una vera sequenza segnale wild type ma uno pseudorevertante di PhoA, ho ricercato altri substrati SecG-dipendenti ed efficaci. 57 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli OmpA+ 1 2 3 4 5 6 20%10% + 3’ IMVs Tx 7 6’ 8 PhoA-OmpA 9 10 11 12 1 2 9’ 12 ‘ 15’ 18’ 21’ 25’ 5 6 20%10% - + 3’ IMVs Tx 6’ RbsB-OmpA RbsBrev-OmpA 1 2 3 4 5 6 7 8 1 2 3 4 5 6 7 3 4 7 8 9’ 9 10 11 12 12 ‘ 15’ 18’ 21’ 25’ PhoA82rev-OmpA 8 1 10% 5% + 5’ 10’ 15’ 20’ 10%5% - + 5’ 10’ 15’ 20’ IMVs Tx IMVs Tx 2 10% 5% 3 4 + IMVs Tx 5 6 3’ 6’ 7 9’ 8 9 10 12’ 15’ 20’ ? Figura 16: Esperimenti di translocazione in vitro. Gel di poliacrilammide di esperienze condotte con vari substrati proteici e a differenti tempi di reazione. Per OmpA+ (4 x 104 cpm/reazione): Nel 1 e 2 pozzetto 20% e 10% della reazione non digerita con proteinasi K. Nel 3 e 4 pozzetto i controlli senza IMVs e con IMVs + Triton X-100. Dal 5 al 12 pozzetto la reazione condotta rispettivamente a 3, 6, 9, 12, 15, 18, 21, 25 minuti a 37 °C. Per PhoA-OmpA (4 x 104 cpm/reazione): stesse condizioni di OmpA+. Per RbsBOmpA (7 x 104 cpm/reazione), nei primi due pozzetti 10% e 5% di materiale non digerito con proteinasi K, poi i due controlli, e la reazione condotta a 5, 10, 15, 20 minuti. Per RbsBrevOmpA (8 x 104 cpm/reazione), 10% e 5% di materiale non digerito con proteinasi K, il controllo senza IMVs (?, probabilmente la proteinasi K non è stata aggiunta), il controllo con IMVs e Triton X-100 e la reazione a 5, 10, 15, 20 minuti. Infine per PhoA82rev-OmpA (9 x 104 cpm/reazione), 10% e 5% di materiale non digerito con proteinasi K, il controllo senza IMVs e con IMVs + Triton X-100, e le reazioni a 3, 6, 9, 12, 15, 20 minuti. Paragonando questa figura con la corrispondente figura 10, si evidenzia inoltre un cattivo taglio durante il trasporto per PhoA-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA, PhoA82revOmpA. 58 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze aleatorie Per ottenere delle sequenze aleatorie una libreria di frammenti di DNA di E. coli è stata prodotta nel vettore pBAD24-phoA contenente la porzione matura di phoA nel buon codice di lettura. Il DNA genomico di E. coli è stato digerito con gli enzimi di restrizione AluI, HaeIII, RsaI, che producono estremità blunt, in modo da ottenere piccoli frammenti di circa 100 bp che sono stati clonati in pBAD24-phoA digerito con l’enzima SmaI. I prodotti di ligazione sono stati elettroporati in cellule di E. coli (DB550, ceppo in cui il gene endogeno phoA è assente), con il fine di ottenere un gran numero di cloni, analizzati su piastre contenenti ampicillina, XP ed arabinosio, in modo da indurre l’espressione di PhoA. Le colonie assumono una colorazione blu se la proteina PhoA viene esportata efficacemente nel periplasma. Circa 4.7 x 104 cloni sono stati ottenuti, e 24 sono stati analizzati mediante un dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). 18/24 (Mut1, 2…18) presentano unità di PhoA in DB550 superiori al valore 200 (figura 17), che è stato scelto come soglia minima, mentre 6/24 (Mut19, …24) presentano un valore inferiore a 200 (dati non mostrati). Come si vede dalla figura 17, solo 3 mutanti (Mut11, 13, 14) presentano un trasporto limitatamente SecG-dipendente. In seguito, i 24 cloni sono stati sequenziati con il primer pBADup2 e le sequenze sono state comparate a quelle dei geni di E. coli. I risultati di questa analisi sono presentati nella figura 18. I mutanti che presentano un trasporto SecG-dipendente (Mut11, Mut13, Mut14) non hanno una sequenza segnale, ma delle sequenze random o di domini proteici transmembrana; un unico mutante (Mut15), SecG-indipendente presenta una vera sequenza segnale, quella della proteina Rzor, una proteina della membrana esterna. 59 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 17 (pagina seguente): Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn) di 18 mutanti ottenuti da una libreria di frammenti di DNA di E. coli clonati nel vettore pBAD24-phoA. L’analisi in triplicato è effettuata dopo induzione di 1 ora con arabinosio e la media con la banda di errore è mostrata in figura. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Il controllo è il vettore pslAP contenente phoA ma privo di sequenza segnale. Solo i mutanti Mut11, 13, 14 presentano una limitata SecG-dipendenza. 60 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli secG+ del secG PhoA units 1600 1200 800 400 0 pslAP Mut1 Mut2 secG+ del secG PhoA units 1600 1200 800 400 0 pslAP Mut3 Mut4 Mut5 Mut6 Mut7 Mut8 Mut9 Mut10 secG+ del secG 1200 800 400 61 ut 18 M ut 17 M ut 16 M M ut 15 ut 14 M ut 13 M ut 12 M ut 11 M P 0 ps lA PhoA units 1600 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Clone Gene SwissProt Localizzazione Informazioni Mut1 gcd Q8X946 Random Opposite sense Mut2 yejE P33915 TM Probabile parte di un sistema di trasporto binding-protein dipendente Mut3 yigQ P39341 TM Mut4 fecD P15029 Random Mut5 ybfP P75737 TM Mut6 ycaD P21503 TM Mut7 lidP P33231 2 TM Mut8 yeiY P33021 Random Trasporto del lattato attraverso la membrana Opposite sense Mut9 yehY P33361 Random Opposite sense Mut10 proX P14177 Random Opposite sense Mut11 idnT P39344 Random Opposite sense Mut12 yhjS Q52982 Random Opposite sense Mut13 mreC P16926 Random Opposite sense Mut14 fadE Q47146 TM AcCoA-DH Mut15 rzor P58042 Mut16 hemG P27863 Sequenza segnale 1-19 Random Membrana esterna (lipid anchor) Opposite sense Mut17 yidK P31448 Random Opposite sense Mut18 gntU P46858 2 TM Mut19 yfgB P36979 Random Opposite sense Mut20 yehW P33359 Random Opposite sense Mut21 gsk P22937 Random Opposite sense Mut22 Z2595 Q8X780 Random Opposite sense Mut23 bipA P32132 Random Opposite sense Mut24 tatC P27852 TM Translocasi Sec-indipendente 62 Opposite sense RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Figura 18 (pagina precedente): Analisi dei cloni positivi di una libreria di frammenti di DNA di E. coli. Schema riepilogativo dell’analisi condotta mediante sequenziamento con il primer pBADup2 e comparazione con le sequenze dei geni di E. coli, per i 24 mutanti ottenuti da una libreria di frammenti di DNA di E. coli clonati nel vettore pBAD24-phoA. I Mut 1, 2,…..18 presentano unità di PhoA maggiori o uguali a 200 (figura 16), mentre dal Mut 19 al Mut 24, i valori sono inferiori a 200 (dati non mostrati). 15/24 sono sequenze aleatorie, 8/24 frammenti di domini proteici transmembrana e 1/24 è una vera sequenza segnale. I mutanti Mut11, 13, 14 che presentano una limitata SecG-dipendenza (figura 17) ed il mutante Mut15, che è l’unico corrispondente ad una vera sequenza segnale, sono stati analizzati, mediante un pulse-chase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA, per vedere se vengono tagliati durante il trasporto (tale caratteristica sarà utile per i saggi di translocazione in vitro). Il risultato, presentato nella figura 19, mostra che nessuna delle proteine chimeriche presenta un taglio durante il trasporto, ciò è strano, soprattutto per il mutante Mut15-Rzor, che contiene una vera sequenza segnale. In realtà tale risultato è interpretabile con il fatto che Rzor è una lipoproteina tagliata dalla signal peptidasi II (MVLMRKLKMMLCVMMLPLVVVG C). In conclusione, visto che la maggior parte, 15/24 dei cloni analizzati presentano sequenze aleatorie, 8/24 rappresentano frammenti di domini proteici transmembrana e solo 1/24 (Mut15-Rzor) è una vera sequenza segnale SecGindipendente, la ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti è continuata effettuando delle amplificazioni per PCR di vere sequenze segnale. 63 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli pslAP p c Mut11 p c Mut13 p c Mut 14 p c Mut15 p c Figura 19: Analisi del taglio della sequenza segnale durante il trasporto proteico. Pulsechase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA delle proteine chimeriche Mut 11, 13, 14, 15-PhoA nel ceppo DB550 (secG+). Le colture sono indotte con arabinosio per 1 ora, e marcate con metionina S35 (pulse 20 secondi, chase 10 minuti). Il controllo è il vettore pslAP contenente phoA ma privo di sequenza segnale. Rzor non è tagliata durante il trasporto perché è una lipoproteina il cui taglio è operato dalla signal peptidasi II. 64 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: amplificazione per PCR di sequenze segnale di specifici geni di E. coli Il genoma di E. coli contiene geni che codificano per circa 4173 proteine. Tra queste, circa 2800 sono proteine del citoplasma (ad esempio la β-galattosidasi), mentre circa 1350 sono proteine destinate ad essere esportate fuori dal citoplasma. Queste ultime si suddividono in 896 proteine della membrana interna (ad esempio le proteine Sec della translocasi), 313 della membrana esterna e 139 del periplasma (ad esempio la proteina PhoA). Le proteine destinate ad essere esportate, si distinguono in proteine caratterizzate aventi una sequenza segnale determinata sperimentalmente e proteine non caratterizzate per le quali poco o nulla si sa circa la presenza di una potenziale sequenza segnale. Per analizzare in maniera più metodica delle sequenze segnale endogene, alcune tra le 139 del periplasma sono state amplificate, scegliendole sulla base di differenze nel peso molecolare, in modo da avere un range vario. 12 sono state scelte tra quelle aventi sequenza segnale caratterizzata e che dunque devono essere esportate via translocasi (Bla, DsbA, DsbG, GlnH, OsmY, MppA, DegP, DppA, MepA, DsbC, PotD, CcmG) e 3 tra quelle non caratterizzate (YrbC, YnjB, Yehz), delle quali poco o nulla si conosce per quanto riguarda il trasporto. Le vere o potenziali sequenze segnale di questi 15 geni sono state amplificate usando opportuni primers e poi clonate nel vettore pslAP, costruendo così delle chimere contenenti una sequenza segnale determinata o potenziale e la porzione matura del gene phoA. Un dosaggio quantitativo è stato effettuato per tutte e 15 le sequenze, misurando l’attività della fosfatasi alcalina. I risultati di questi dosaggi sono presentati nella figura 20. 65 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli DsbA 600 400 400 PhoA units PhoA units Bla 600 200 200 0 secG+ 0 del secG se cG+ DsbG GlnH 600 400 400 PhoA units PhoA units 600 200 200 0 0 se cG+ secG+ de l secG del secG MppA OsmY 600 600 400 400 PhoA units PhoA units del se cG 200 200 0 0 secG+ secG+ del secG 66 del secG RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli DppA 600 400 400 PhoA units PhoA units DegP 600 200 200 0 0 secG+ secG+ del secG del secG DsbC MepA 400 400 PhoA units PhoA units 600 600 200 200 0 0 secG+ del secG CcmG PotD 600 PhoA units 600 secG+ del secG 400 PhoA units 400 200 200 0 0 secG+ secG+ del secG 67 del secG RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli YrbC PhoA units 600 400 200 0 secG+ del secG YehZ 600 600 400 400 PhoA units PhoA units YnjB 200 0 200 0 secG+ del secG secG+ del secG Figura 20: Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina. Proteine chimeriche contenenti la porzione matura del gene phoA e una sequenza segnale determinata sperimentalmente o potenziale, nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 1 ora con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore. 68 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Un dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina, a 1, 2, 3 ore di induzione con arabinosio (figura 21), è stato effettuato nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn), per le due proteine chimeriche GlnH e YrbC, che fra le 15 analizzate mostrano un maggior valore in unità di PhoA e una limitatissima dipendenza da SecG. Purtroppo anche queste due possibili candidati, mostrano essere in realtà SecG-indipendenti. In conclusione tra le 15 sequenze segnale analizzate, nessuna presenta una SecG-dipendenza. 69 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli secG+ del secG GlnH 2000 PhoA units 1500 1000 500 0 1 2 3 Tempo (ore) secG+ del secG YrbC PhoA units 2000 1500 1000 500 0 1 2 Tempo (ore) 3 Figura 21: Cinetica di esporto determinata mediante dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina. Proteine chimeriche GlnH-PhoA e YrbC-PhoA nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 1, 2 e 3 ore con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore. 70 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Il gene secM (Secretion Monitor), codifica per una proteina secreta nel perisplasma che controlla (monitor) il trasporto proteico in E. coli e regola la traduzione del gene secA (Oliver et al. 1998). Tale gene secM è localizzato nello stesso operone e a monte di secA (Schmidt et al. 1988), e la sua traduzione, accoppiata a quella di secA, è soggetta ad una pausa, quando la catena proteica nascente è localizzata ancora nel citosol (Nakatogawa e Ito, 2001). I ribosomi che sono impegnati nella traduzione del gene secM, deregolano la repressione del gene secA, distruggendone la struttura secondaria dell’elica II dell’mRNA e dunque regolandone positivamente l’espressione (Sarker et al., 2000). Studi su vari mutanti di secM (Nakatogawa e Ito, 2002) hanno evidenziato come la pausa traduzionale nel codone del residuo Pro166, aumenta le de-repressione e quindi la sintesi di SecA. Viste queste interazioni così strette tra secM e secA, la sequenza segnale del gene secM è stata studiata, per testarne la sua dipendenza da SecG. La sequenza segnale di secM e la maggior parte di secM fino al residuo Pro166 sono state amplificate. Queste due frammenti sono stati clonati nel vettore pslAP. Dopo trasformazione nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn), un dosaggio quantitativo, misurando l’attività della fosfatasi alcalina, è stato effettuato (figura 22). Anche in questo caso purtroppo non è stata ottenuta alcuna SecG-dipendenza. 71 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli secG+ del secG SecM 1-510 PhoA units 400 200 0 20 40 Tempo ( min.) 60 secG del secG SecM 1-129 PhoA units 400 200 0 20 40 Tempo (min.) 60 Figura 22:Cinetica di esporto determinata mediante dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina. Sequenza 1-510 di secM (comprendente fino alla prolina 166) e sequenza 1-129 (contenente solo la sequenza segnale), fuse alla porzione matura di PhoA e trasformate nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 20, 40 e 60 minuti con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio rappresenta la media di due esperienze condotte con colture indipendenti. 72 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli L’analisi della SecG-dipendenza, mediante i dosaggi quantitativi dell’attività della fosfatasi alcalina, è stata fin qui condotta sempre ad una temperatura di 37 °C. E’ stato deciso di variare tale temperatura, ipotizzando che essa possa avere un’influenza, impedendo di discriminare una eventuale SecG-dipendenza. In realtà la temperatura ha un effetto nel trasporto proteico, in cui è presente una fase Cs (Cold Sensitive) (Pogliano e Beckwith, 1993). Sono stati identificati mutanti Cs in SecD, SecE, SecF, SecY, ma non in SecG (Flower et al., 2000) quindi la temperatura non dovrebbe avere effetto nel trasporto proteico SecGdipendente. I dosaggi per le 15 proteine chimeriche, contenenti sequenze segnale determinate sperimentalmente o potenziali e la porzione matura della proteina PhoA, già analizzate in precedenza a 37 °C, sono stati ripetuti, effettuando questa volta il dosaggio ad una temperatura di 20 °C. I risultati sono riepilogati nella figura 23. Per 9/15 (7 con sequenza segnale determinata: Bla, DsbG, OsmY, DegP, DppA, PotD, CcmG e 2 con potenziale sequenza segnale: YnjB, YehZ) delle proteine chimeriche analizzate si ha una SecG-indipendenza, simile a quella osservata a 37 °C (dati non mostrati). Con grande sorpresa, 5/15 delle proteine chimeriche analizzate a 20 °C (4 con sequenza segnale determinata: DsbC, GlnH, MepA, MppA, e 1 con potenziale sequenza segnale: YrbC), hanno un comportamento, messo in evidenza in figura 23, e non citato in letteratura, definito come SecG-inibizione. Il trasporto di queste 5 proteine chimeriche è inibito dalla presenza della proteina SecG. Anche i dosaggi per la sequenza 1510 di secM (comprendente fino alla prolina 166) e per la sequenza 1-129 (contenente solo la sequenza segnale), fuse alla porzione matura di PhoA ed analizzate in precedenza a 37 °C (figura 22), sono stati ripetuti a 20 °C, ottenendo una SecG-inibizione, piu’ accentuata per la sequenza 1-510 (dati non mostrati). Questo comportamento necessita di ulteriori approfondimenti e studi. 73 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli GlnH 600 600 400 400 PhoA units PhoA units DsbC 200 200 0 0 secG+ secG+ del secG del secG MppA MepA 600 PhoA units 400 200 400 200 0 0 secG+ secG+ del secG del secG YrbC 600 PhoA units PhoA units 600 400 200 0 secG+ del secG Figura 23: Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo a 20 °C dell’attività della fosfatasi alcalina. Proteine chimeriche contenenti la porzione matura di PhoA e una sequenza segnale determinata sperimentalmente (DsbC, GlnH, MepA, MppA) o potenziale (YrbC), nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 20 °C dopo un’induzione di 3 ore con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore. 74 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti: sequenze aleatorie di E. coli, maiale, topo e uomo Dopo aver ricercato delle sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti, facendo una libreria di sequenze aleatorie e un’amplificazione per PCR di sequenze segnale conosciute, un’ultima libreria di sequenze aleatorie, è stata costruita usando del DNA genomico di E. coli, di maiale, di topo e di uomo. La strategia di clonaggio, è stata cambiata, clonando dei piccoli frammenti di DNA, di circa 100 bp, in un vettore plasmidico non privo, come in precedenza, dell’intera sequenza segnale di phoA ma contenente la regione C-terminale idrofila (Martoglio e Dobbertein, 1998). Per costruire questo vettore, pBAD24 è digerito con gli enzimi di restrizione EcoRI e XbaI, ed il plasmide pslAP viene digerito con PvuII-XbaI, in modo da ottenere una parte della regione matura di phoA. Parte della regione matura di phoA, è stata amplificata, usando il plasmide pBAD101-pOS3 (che contiene la sequenza segnale di phoA). Il frammento pslAP-PvuII-XbaI ed il frammento di PCR sono stati inseriti nel vettore pBAD24. Lo schema del clonaggio di pBAD24-C-slAP è mostrato nella figura 24. 75 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli SmaI EcoRI pBAD24 XbaI PvuII Porzione matura Sequenza segnale C-terminale phoA phoA GAATTCACCATGAAACCCGGG-ACC CCT GTG ACA AAA GCC-CGG ACA CCA GAA ATG CCT GTT CTG GAA AAC CGG--- -6 -1 +1/22 T-----P-----V-----T------K----A-----R-----T----P----E----M----P----V----L-----E-----N-----R Sequenza segnale C-terminale di phoA Porzione matura di phoA Figura 24: Plasmide pBAD24-C-slAP. Contiene la porzione C-terminale (blu) della sequenza segnale e la porzione matura di phoA. Tale regione è ottenuta mediante PCR del plasmide pBAD101-pOS3, usando i primers pPhoAdown e pPhoAup (che contiene il sito SmaI, un ATG e la regione C-terminale della sequenza segnale). Il resto della porzione matura di phoA (rosso) è ottenuto dal plasmide pslAP. 76 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli A questo punto del DNA genomico di E. coli, di maiale, di topo e di uomo, è stato digerito con gli enzimi AluI, RsaI, HaeIII, in modo da ottenere piccoli frammenti di circa 100 bp, clonati nel vettore appena costruito, sfruttando il sito SmaI che, come gli enzimi AluI, RsaI, HaeIII, digerisce producendo estremità blunt. Il prodotto del clonaggio è stato trasformato in cellule e piastrato su terreno di coltura in presenza di ampicillina, XP e arabinosio, in modo da evidenziare mediante la colorazione blu eventuali cloni positivi, in cui cioè la proteina PhoA è esportata nel periplasma. Complessivamente sono state analizzate 8 x 104 colonie (2 x 104 per ogni tipo di DNA) e 13 cloni blu sono stati ottenuti. Un dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina è stato effettuato nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn) (figura 25). Mediante sequenziamento è stato verificato che due di questi cloni (il clone 4 interessante perché presenta una SecG-dipendenza seppur limitata, e il clone 18 perché efficace) contenessero realmente un inserto (3n) rispettivamente di DNA di E. coli (120 bp) e di topo (75 bp). Un dosaggio quantitativo più dettagliato dei cloni 4 e 18, è stato condotto a tempi differenti di induzione con arabinosio (figura 26). I cloni 5 e 12, pur avendo una SecG-dipendenza non sono stati studiati in dettaglio, perché poco efficaci. Le sequenze proteiche dei due inserti sono rispettivamente: CLONE 4: M-K-P-P-G-M-R-K-F-T-L-N-I-F-T-L-S-L-G-L-A-L-L-N-N-C-D-LF-L-C-G-T-P-S-A-F-L-R-G-----TPVKA----RTPEMPVLRNR CLONE 18: M-K-P-L-I-V-I-T-L-I-S-A-L-L-S-G-Y-V-Q-Q-K-F-S-G-G----- TPVKA---- RTPEMPVLRNR 77 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli secG+ del secG PhoA units 400 200 0 1 4 5 Cloni 7 2 pslAP secG+ del secG PhoA units 400 200 0 10 11 12 13 14 15 17 18 Cloni Figura 25: Esporto determinato mediante dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina. Analisi effettuata per 13 cloni positivi aventi colorazione blu su piastre indicatrici, nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). Dosaggio a 37 °C, dopo induzione di 1 ora con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore. 78 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli secG+ del secG Clone 4 600 PhoA units 400 200 0 20 40 Tempo (min.) 60 secG+ Clone 18 del PhoA units 600 400 200 0 20 40 60 Tempo (min.) Figura 26: Cinetica di esporto determinata mediante dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina dei cloni 4 e 18, nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). L’analisi è fatta a 37 °C dopo un’induzione di 20, 40 e 60 minuti con arabinosio. Il risultato è espresso in unità di PhoA. Ogni dosaggio è effettuato in triplicato ed in grafico è riportata la media con la rispettiva banda di errore. 79 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli I risultati messi in evidenza nella figura 26, mostrano come per il clone 18 la cinetica di trasporto è indipendente da SecG, mentre per il clone 4 si nota una limitatissima dipendenza da SecG. Un pluse-chase-immunoprecipitazione è stata effettuata con anticorpi antiPhoA, per vedere se per i due cloni studiati si ha un taglio durante il trasporto. Purtroppo i risultati sono negativi, non si ha cioè alcun taglio durante il trasporto, come si vede, dalla figura 27, per il clone 4 (risultati simili e non mostrati per il clone 18). La sequenza inserita è troppo lunga per usare il sito di taglio di PhoA. In conclusione, nonostante i vari tentativi, con differenti strategie, non sono stati isolati altri substrati efficaci e per i quali la cinetica di trasporto verso il periplasma è SecG-dipendente. 80 RISULTATI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli secG+ pslAP p p c delsecG p c Figura 27: Analisi del taglio della sequenza segnale durante il trasporto proteico. Pulsechase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA, della proteina prodotta dal clone 4, nei ceppi isogenici DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). Le colture sono indotte con arabinosio per 20 minuti, e marcate con metionina 35S (pulse 15 secondi, chase 10 minuti). Il controllo è il vettore pslAP, per il quale viene effettuato solo un pulse di 15 secondi. 81 DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Discussione Translocazione in vitro Nei procarioti, le proteine del periplasma e quelle della membrana esterna sono sintetizzate e trasportate in seguito nel periplasma. Per il trasporto di queste proteine, che rappresentano circa il 10% delle proteine totali sintetizzate in E. coli, una sequenza segnale è riconosciuta dalla translocasi localizzata nella membrana interna. Tali proteine sono sintetizzate sotto forma di precursore. La sequenza segnale è normalmente tagliata, durante il trasporto, dalla peptidasi Lep, originando così la proteina matura. La translocasi si compone di varie proteine integrali di membrana (SecY, SecE, SecG, SecD, SecF, YajC, YidC) e di due componenti solubili, SecA, una ATPasi e SecB, una chaperon molecolare. La prima parte di questo lavoro è stata finalizzata a studiare il ruolo di SecG nel trasporto. Il punto di partenza sono stati studi dell’esporto di proteine chimeriche, la cui espressione è inducibile con arabinosio. Queste proteine contengono una sequenza segnale wild type o mutata e la porzione matura di PhoA, una proteina attiva enzimaticamente solo dopo il trasporto nel periplasma. I risultati, presentati nella figura 9, hanno mostrato come la cinetica di trasporto di PhoA è indipendente da SecG, per una sequenza wild type, mentre è dipendente da SecG, in caso di sequenza segnale mutata. C’è dunque una differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+ (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo da noi osservata, con sequenze segnale wild type. Questa differenza tra la situazione in vitro e quella in vivo, rappresenta il “paradosso di SecG”. Invece, le sequenze segnale mutate presentano in vivo la differenza di stimolazione osservata in vitro. Esperienze di pulse-chase-immunoprecipitazione, con diverse proteine chimeriche contenenti varie sequenze segnale wild type o mutate e la porzione matura di OmpA+, hanno evidenziato (figura 10) vari substrati efficaci e per i 82 DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli quali il trasporto è SecG-indipendente, come ad esempio la proteina OmpA+, ed un solo substrato SecG-dipendente, la proteina PhoA82rev-OmpA che contiene la sequenza segnale di uno pseudorevertante (delLeu8Ala9, Lys20Glu). Esperimenti di translocazione in vitro, utilizzando il substrato SecGdipendente e quelli SecG-indipendenti, presentati nella figura 10, sono stati effettuati utilizzando delle membrane invertite, in cui le proteine vengono trasportate verso l’interno della membrana. La digestione con proteinasi K degrada il substrato non translocato, permettendo di rilevare la percentuale di substrato translocato. I risultati presentati nella figura 15 evidenziano come SecA è necessaria per la translocazione, in quanto in sua assenza si riduce la quantità di proteina translocata, mentre SecB sembra essere ininfluente, in quanto in sua assenza praticamente non si hanno effetti sulla quantità di proteina translocata. Due substrati OmpA+ e PhoA-OmpA sono translocati più efficacemente rispetto a PhoA82rev-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA (figura 16). Numerose esperienze di translocazione in vitro sono state effettuate con questi substrati, utilizzando varie membrane invertite, oltre alle IMVs wild type. I risultati sono stati poco riproducibili (dati non mostrati). Il saggio in vitro utilizzato per studiare il trasporto di proteine non riflette completamente la situazione in vivo. Probabilmente ciò è dovuto alle membrane principalmente prodotte da cellule che over-esprimono SecYEG. E’ possibile che altre proteine, come SecDF o YidC contribuiscano alla fedeltà del riconoscimento della sequenza segnale e del trasporto. Visti questi risultati, in cui l’unico substrato SecG-dipendente non sembra essere adatto, probabilmente perché non è una vera sequenza segnale wild type ma uno pseudorevertante, sono stati ricercati altri substrati SecG-dipendenti ed efficaci, da utilizzare poi per le analisi in vitro. 83 DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Ricerca di sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti Studi di sostituzione di sequenze aleatorie in sequenze segnale wild type della invertasi di Saccharomyces cerevisiae, hanno permesso di chiarire il meccanismo di translocazione proteica (Kaiser et al., 1987; Kaiser e Botstein, 1990). Su 28 sequenze aleatorie, isolate dal DNA umano, 10 consentono il trasporto della invertasi o della β-galattosidasi. Dunque la translocazione dal citoplasma nei diversi organelli cellulari è controllata da un meccanismo di riconoscimento del segnale, avente una bassa specificità di sequenza. Per ottenere delle sequenze segnale efficaci e SecG-dipendenti è stata prodotta una libreria di frammenti aleatori del DNA di E. coli, contenenti la parte del gene phoA che codifica per la porzione matura della proteina. Le colonie assumono una colorazione blu se la proteina PhoA è esportata efficacemente nel periplasma. L’analisi di circa 4.7 x 104 cloni ed il dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina di 24 cloni blu, trasformati nei ceppi secG+ e secG:.Kn (figura 17) ha messo in evidenza come i cloni che presentano un trasporto debolmente SecG-dipendente (Mut11, Mut13, Mut14) non hanno una sequenza segnale, mentre un unico clone (Mut15) ha una vera sequenza segnale, quella della proteina Rzor, una proteina della membrana esterna. L’analisi di alcuni di questi cloni, mediante pulse-chase-immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA (figura 19), ha mostrato che nessuna delle proteine presenta un taglio durante il trasporto (tale caratteristica sarebbe utile per i saggi di translocazione in vitro). Ciò appare strano per il clone Mut15-Rzor, che contiene una vera sequenza segnale. Tale risultato è interpretabile con il fatto che Rzor è una lipoproteina esportata senza il taglio ad opera della peptidasi Lep, in quanto è tagliata dalla signal peptidasi II. In conclusione, nessuno dei cloni analizzati ha mostrato una SecG-dipendenza. Tra i 4173 geni di E. coli che codificano proteine, circa 1350 sono geni per proteine che dopo essere state sintetizzate sono esportate fuori dal citoplasma. Queste si suddividono in circa 896 proteine della membrana interna (ad esempio 84 DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli le proteine Sec della translocasi), circa 313 della membrana esterna e 139 del periplasma (ad esempio la proteina PhoA). Le proteine destinate ad essere esportate, si distinguono in proteine caratterizzate aventi una sequenza segnale determinata sperimentalmente e proteine non caratterizzate per le quali poco o nulla si conosce circa la presenza di una potenziale sequenza segnale. Entrambi le categorie appaiono interessanti. Per analizzare in maniera più metodica delle sequenze segnale endogene, alcune scelte tra le 139 proteine del periplasma, sulla base di differenze nel peso molecolare, sono state amplificate. 12 sono state scelte tra quelle aventi sequenza segnale caratterizzata e che dunque devono essere esportate via translocasi (Bla, DsbA, DsbG, GlnH, OsmY, MppA, DegP, DppA, MepA, DsbC, PotD, CcmG) e 3 tra quelle non caratterizzate (YrbC, YnjB, Yehz). Il clonaggio di queste sequenze a monte della porzione matura della proteina PhoA ed dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina (figure 20 e 21) nei ceppi secG+ e secG::Kn, ha mostrato come nessuna delle 15 sequenze ha una SecG-dipendenza. Un’altra sequenza interessante da analizzare è quella del gene secM (Secretion Monitor) il quale codifica per una proteina secreta nel perisplasma che controlla il trasporto proteico in E. coli e regola la traduzione del gene secA (Oliver et al. 1998), ATPasi fondamentale nel meccanismo di trasporto via translocasi. secM è localizzato nello stesso operone e a monte di secA (Schmidt et al. 1988), e la sua traduzione, accoppiata a quella di secA, è soggetta ad una pausa, quando la catena proteica nascente è localizzata ancora nel citosol (Nakatogawa e Ito, 2001). I ribosomi che sono impegnati nella traduzione del gene secM, deregolano il repressore di secA e dunque ne regolano positivamente l’espressione (Sarker et al., 2000). Studi su vari mutanti di secM (Nakatogawa e Ito, 2002) hanno evidenziato come la pausa traduzionale vicina al residuo Pro166, aumenta le de-repressione e quindi la sintesi di SecA. Anche in questo caso il dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina (figura 22) nei ceppi secG+ e secG:.Kn, non ha evidenziato un 85 DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli ruolo significativo di SecG nell’esporto. È stata variata la temperatura, ipotizzando che essa possa avere un’influenza, impedendo di discriminare un eventuale effetto di SecG. I dosaggi delle 15 proteine chimeriche, già analizzate in precedenza con cellule cresciute a 37 °C, sono stati ripetuti effettuando il dosaggio con cellule cresciute ad una temperatura di 20 °C. I risultati sono riepilogati nella figura 23. Per 9/15 delle proteine chimeriche analizzate (7 con sequenza segnale determinata sperimentalmente: Bla, DsbG, OsmY, DegP, DppA, PotD, CcmG e 2 con potenziale sequenza segnale: YnjB, YehZ) è stata osservata una SecGindipendenza, simile a quella osservata a 37 °C (dati non mostrati). Con grande sorpresa 5/15 delle proteine chimeriche analizzate a 20 °C (4 con sequenza segnale determinata sperimentalmente: DsbC, GlnH, MepA, MppA, e 1 con potenziale sequenza segnale: YrbC), presentano un comportamento non citato in letteratura e che è stato definito come SecG-inibizione. Il trasporto di queste 5 proteine chimeriche è inibito dalla presenza della proteina SecG. Questo comportamento necessita di ulteriori approfondimenti e studi. Anche i dosaggi per la sequenza secM sono stati ripetuti a 20 °C, ottenendo una SecG-inibizione (dati non mostrati). Una libreria di sequenze aleatorie è stata prodotta usando del DNA genomico di E. coli, di topo, di maiale e di uomo. Questa volta la strategia di clonaggio è stata cambiata a causa dei risultati precedenti. Frammenti di DNA di circa 100 bp, sono stati clonati in un vettore plasmidico non privo, come in precedenza, dell’intera sequenza segnale di phoA ma contente la regione C-terminale idrofila (Martoglio e Dobbertein, 1998). L’analisi di circa 8 x 104 colonie (2 x 104 per ogni tipo di DNA) ed il dosaggio quantitativo di 13 cloni blu, trasformati nei ceppi secG+ e secG::Kn, ha messo in evidenza (figure 25 e 26) un trasporto SecG-indipendente o scarsamente SecG-dipendente (clone 4). Infine una esperienza di pulse-chase-immunoprecipitazione, con anticorpi anti- 86 DISCUSSIONE: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli PhoA è stata effettuata per il clone 4, al fine di analizzare il taglio potenziale durante il trasporto. Non è stato evidenziato alcun taglio (figura 27). In conclusione, nonostante in vari tentativi, con differenti strategie, non è stato possibile isolare altri substrati efficaci e per i quali la cinetica di trasporto verso il periplasma è SecG-dipendente. 87 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli MATERIALI E METODI Antibiotici Antibiotico Concentrazione stock Concentrazione finale Ampicillina (Ap) 200 mg/ml 200 µg/ml Cloramfenicolo(Cm) 30 mg/ml in 100% etanolo 30 µg/ml Kanamicina (Kn) 40 mg/ml 40 µg/ml Tetraciclina (Tet) 30 mg/ml in acqua/etanolo 1/1 7.5 µg /ml Induttori e substrati L-Arabinosio: soluzione 20% sterilizzata per filtrazione e conservata a temperatura ambiente. IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi): soluzione 1 M, conservata a –20 °C. XP (5-bromo-4-cloro-3-indolil-fosfato): 20 mg/ml in dimetilformamide, conservato a –20 °C. PNPP (p-nitrofenil-fosfato): 40 mg/ml in 1 M Tris-HCl pH 8.1, conservato a –20 °C. 88 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Terreni di coltura LB 10 g/l triptone (Difco), 10 g/l di NaCl, 5 g/l estratto di lievito (Difco), aggiustare a pH 7.0 con NaOH. LB agar Terreno LB liquido, 15 g/l agar in polvere (Difco). M63 minimo solido Autoclavare 7.5 g di agar in polvere (Difco) in 400 ml di acqua, poi aggiungere 100 ml di 5x M63 (15 g/l KH2PO4, 35 g/l K2HPO4, 10 g/l (NH4)2SO4, 2.5 ml/l di 1 mg/l FeSO4), 0.5 ml 1 M MgCl2, 1 ml di vitamina B1 2 mg/ml. Lo zucchero è aggiunto ad una concentrazione finale dello 0.2%. SOB 20 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 mM NaCl, 2.5 mM KCl, 10 mM MgCl2, 10 mM MgSO4. SOC SOB, 20 mM glucosio. Ceppi batterici BL21 (E.coli B): F- ompT hsdSB (rB- mB- ) gal dcm (λDE3) (Miller, 1992). BL21.19: derivato da BL21: supF(Ts), trp(Am), zch::Tn10, secA13(Am), clpA319::kan, recA::cat (Mitchell e Oliver, 1993). DH5α α: F’/ endA1, hsdR17 (rk-mk+), supE44, thi-1, recA1, gyrA(NalR), relA1 ∆(lacZYA-argF)U169, deoR (Φ80dlac,lacZ∆M15) (Hanahan, 1983). KM9: unc::Tn10, relA1, spoT1, metB1 (Klionsky et al. 1984). 89 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli MC4100: F- araD139, relA1, thi, rspL150, flB5301, ∆(argF169U-lac) U169, deoC7, ptsF25, rbsR (Casadaban, 1976). Mph56: MC1000, phoA73, phoR, secA+, leu::Tn10 (Michaelis et al., 1986). GP1: Mph56, secA+, leu::Tn10 (questo studio). GP2: Mph56, secA11 (I327S), leu::Tn10 (questo studio). MC1000: F- araD139, ∆(ara-leu)7696, ∆lacX74, rpsL150, galU, galK, thi, ilv (Casabadan e Cohen, 1980). LMG194: MC1000, ∆ara714, phoA∆(PvuII), leu::Tn10, pcnB80 (Guzman et al., 1995). DHB3: MC1000, malF∆3, phoA∆(PvuII), phoR (Boyd at al. 1987). DHB4: DHB3/F’ lacIQ pro+ (Boyd at al. 1987). DB550: DHB3, zgj203::Tn10, secG+ (Labo Belin). DB551: DHB3, zgj203::Tn10, secG::Kn (Labo Belin). SB11: DHB4, secA11 (I327S), p72Kn (Khatib e Belin, 2002). Plasmidi p694: pBAD-OmpA-BS. Codifica per la proteina OmpA+. Contiene il frammento PvuII-ScaI del plasmide pBS-KS e il frammento Eco47.3-ScaI del plasmide pBAD-OmpA (Labo Belin). p695: pBAD-PhoA-OmpA-BS. Codifica per la proteina chimerica PhoA+OmpA (Labo Belin). p696: pBAD-PhoA82rev(delLeu8Ala9,Lys20Glu)-OmpA-BS. Codifica per la proteina PhoA82rev-OmpA (Labo Belin). p697: pBAD-RbsB-OmpA-BS. Codifica per la proteina RbsB-OmpA (Labo Belin). 90 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli p698: pBAD-RbsBrev(S16H)-OmpA-BS. Codifica per la proteina RbsBrevOmpA (Labo Belin). p72-Kn (pBAD18-Kn-PAI2-PhoA): un frammento KpnI-XbaI di pSWF2 (Ehrman et al., 1990) è clonato nei siti corrispondenti di pBAD18, originando il plasmide pBAD18/TnphoA. Il frammento codificante per gli amminoacidi 1-52 di mPAI-2 (hA-hB) (Belin et al., 1989), ottenuto per PCR, è digerito con gli enzimi NheI-KpnI, clonato nei siti corrispondenti di pBAD18/TnphoA. Uno dei plasmidi così ottenuti è definito p72: la sequenza N-terminale della proteina di fusione p72 è MKK. Infine, un frammento SalI di pUC4-Kn (Pharmacia), che codifica per un gene che porta la resistenza alla kanamicina è clonato a valle del frammento TnphoA, nel sito corrispondente di pBAD18 (Belin et al. 2004). pUC4-Kn: KnR (Pharmacia, AN: X06404). pJW25: clonaggio del frammento PvuII-HindIII, di 1.52 Kb, del plasmide pDC2, (contenente il gene secB sotto il controllo del promotore della T7 RNA polimerasi) nel sito StuI del vettore pET-7 (Weiss et al., 1988). pJW25-Kn: clonaggio della kanamicina del plasmide pUC4-Kn nel sito EcoRI del plasmide pJW25 (questo studio). pZ52SecA-E: plasmide contenente i geni secA-secE sotto il controllo del promotore della T7 RNA polimerasi (Economou e Wickner, 1994). pT7-SecAHis: plasmide contenente il gene secA, con un His-tag N-terminale, sotto il controllo del promotore della T7 RNA polimerasi (Economou e Wickner, 1994). pHAEY: contiene secE, (con all’estremità N-terminale l’epitopo emagglutinina A (HA) e secY clonati, in pBAD22 (Joly et al. 1994). pHAEYG: derivato di pHAEY, contenente secG clonato a valle di secY (Joly et al. 1994). 91 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli pSWFII: clonaggio di un polylinker alle due estremità di phoA, usando la cassetta TnphoA pPHO7 (Ehrman et al., 1990). pBAD24: derivato di pBR322, colE1 ori, ApR, araC+, con il promotore PBAD situato davanti il sito di clonaggio (Guzman et al., 1995). pBAD24-phoA: digestione SmaI-HindIII di pSWF2 e clonaggio nei siti corrispondenti di pBAD24 (questo studio). pslAP: pBAD24, signalless phoA. Il frammnento KpnI-XbaI di pSWF2 è clonato in pBAD24. Esso presenta un’origine pBR322, è ApR, e codifica per AraC (Belin et al., 2004). pOS3: φ(proU-lacZ), AmpR (May et al., 1986). pGB2: pSC101 ori, SpcR, SmR, contiene siti unici per gli enzimi HindIII, PstI, SalI, BamHI, SmaI and EcoRI (Churchward et al., 1984). pBAD101-pOS3: plasmide contenente phoA: frammento BspHI-KpnI di pOS3 in pGB2 EHK, SpcR, contenente ori pSC101 (Labo Belin). pBAD24-C-slAP: amplificazione per PCR (primers pPhoAup e pPhoAdown) della regione matura e la regione C-terminale della sequenza segnale phoA presente nel plasmide pBAD101-pOS3. Digestione del prodotto di PCR con EcoRI-PvuII e clonaggio in pBAD24 digerito con EcoRI-XbaI, con una parte di pSlAP digerito con PvuII-XbaI (questo studio). Primers e PCR pBADup2:5’-CCTGACGCTTTTTATCGC-3’ NheI EcoRI pBAD24-Bla pBlaup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAGTATTCAACATTCCC-3’ Sequenza ShineDalgarno Sequenza Kozak 92 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli KpnI pBladown:5’-GAGGTACCTCTGGGTGAGCAAAGACAGGAAGG-3’ Il gene Bla è clonato in pslAP usando gli enzimi NheI-KpnI. Gli altri primers presentano le stesse caratteristiche di pBlaup e pBladown. pDsbAup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAAAAGATTTGG-3’ pDsbAdown:5’-GGGGTACCGGTTTCTCCAGGGTAGTGT-3’ pDsbGup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGTTAAAAAAGATA-3’ pDsbGdown:5’-GGGGTACCATCTGGAGTCAGGTAGAT-3’ pGlnHup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAGTCTGTATT-3’ pGlnHdown:5’-GGGGTACCGGAACGAAGGCGGTATCC-3’ pOsmYup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGACTATGACAAGA-3’ pOsmYdown:5’-GGGGTACCGACTTTATTCATAGAGCT-3’ pMppAupA:5’-GGGGTACCAGCTCCTGCTTC-3’ pMppAdown:5’-GGGGTACCGGTTGGG-3’ pDegPup:5’-GGGGTACCGTCGTTGCTG-3’ pDegPdown:5’-GGGGTACCGTCCAGTTGTAG-3’ pDppAup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGCGTATTTCCTTG-3’ pDppAdown:5’-GGGGTACCGGAGATCCTTC-3’ pMepAup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAATAAAACCGCG-3’ pMepAdown:5’-AGCGGTACCAGCTCCTGCTTC-3’ pDsbCup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAGAAAGGTTTT-3’ pDsbCdown:5’-GGGGTACCTTGATGCCCATTTTGGCT-3’ pPotDup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAAAAATGGTCA-3’ pPotDdown:5’-GGGGTACCGGTTTCTTTGGTGAACTG-3’ pCcmGup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGAAGCGCAAAGTA-3’ pCcmGdown:5’-GGGGTACCGAGCGCCGATTCCAG-3’ pYrbCup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGTTTAAACGTTTA-3’ pYrbCdown:5’-GGGGTACCCGCAGATAATCCGGGTTG-3’ pYnjBup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGCGCCATTGTGGG-3’ pYnjBdown:5’-GGGGTACCTCACCCAGTCGAGATAGC-3’ pYehZup:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCATGCCACTCTTAAAG-3’ 93 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli pYehZdown:5’-GGGGTACCGAGTAGCGCCCTTCGGTA-3’ pSecMupper:5’CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCACCGTGAGTGGAATACTG-3’ pSecMlower s.s.: 5’-GGGGTACCGGCGCGTTTGG-3’ pSecMlower:5’- GGGGTACCGTGAGGCGTTG-3’ T P V T pPhoAup:5’- CCGAATTCACCATGAAACCCGGGACC CCT GTG ACC-3’ (contiene i siti di restrizione EcoRI (blu), SmaI (verde) e la regione C-terminale (rosso) della sequenza segnale di phoA. pPhoAdown:5’- GAGCTGTAAGCAGCTGTTCGG-3’ Programma di amplificazione di secM con i primers pSecMupper s.s./pSecMlower (per la sequenza 1-129) e pSecMupper/pSecMlower (per la sequenza 1-510) : 5 minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 34 °C, 30 secondi a 72 °C e poi 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 59 °C, 30 secondi a 72 °C. Infine 30 secondi a 72 °C e lasciare a 4°C. Programma di amplificazione di phoA con i primers pPhoAup e pPhoAdown: 5 minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 32 °C, 30 secondi a 72 °C e poi 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 64 °C, 30 secondi a 72 °C. Infine 30 secondi a 72 °C e lasciare a 4°C. Programma di amplificazione di bla, dsbA, dsbG,….yehZ con i primers up e down appropriati: 5 minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 32-40 °C e 30 secondi a 72 °C, e 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 58-62 °C. Infine 30 secondi a 72 °C, 10 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C. 94 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Colture batteriche I ceppi batterici sono conservati sotto forma di coltura fresca satura contenente glicerolo (17% finale) a – 80 °C. Prelevare cellule a partire da questi, striare su piastra, contenente l’antibiotico necessario per la selezione del/dei plasmide/i e incubare a 37 °C overnight. Effettuare le colture liquide a partire da colonie isolate, e incubare a 37 °C, overnight, con aerazione, in terreno selettivo. Preparazione del DNA plasmidico Centrifugare 1.5 ml di una coltura satura per 1 minuto a 15000 rpm, eliminare il supernatante, risospendere il pellet in 100 µl di soluzione 1 (50 mM glucosio, 25 mM Tris-HCl pH 8.1, 10 mM EDTA) e incubare 5 minuti in ghiaccio. Aggiungere 200 µl di soluzione 2 (100 mM NaOH, 1 % SDS), mescolare, invertendo delicatamente i tubi, e lasciare 5 minuti in ghiaccio. Aggiungere 150 µl di soluzione 3 (3 M KOAc, a pH 4.8 con acido acetico glaciale), mescolare, invertendo delicatamente i tubi, ed incubare 5 minuti in ghiaccio. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 15000 rpm. Recuperare la fase acquosa, contenente il DNA, e purificare con una estrazione con fenolo-cloroformio-isoamminoalcol (25:24:1), seguita da una estrazione con cloroformio-isoamminoalcol (24:1). Precipitare il DNA, aggiungendo 1 ml di etanolo 100%. Centrifugare a 4 °C per 10 minuti a 15000 rpm, eliminare il supernatante e lavare il pellet con etanolo 70 %. Infine asciugare all’aria il pellet e risospenderlo, incubando per 10 minuti a 37 °C in TE o acqua (per DNA da sequenziare) contenente RNAasi 20 µg/ml. 95 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Digestione con enzimi di restrizione La reazione è preparata seguendo le istruzioni del fornitore di enzima (tampone di reazione, presenza di BSA, numero di unità, temperatura di reazione, etc). Fare la reazione in un volume sufficientemente grande in modo da evitare che la concentrazione di glicerolo superi il 5 %. Incubare 1-2 ore e verificare una parte della reazione dopo aver aggiunto 1x di acryl-dye (per 1 ml: 0.5 ml di 87% glicerolo, 0.2 ml di 0.1% cilene cianolo, 0.2 ml di 0.1% blu di bromofenolo, 50 µl di 10% SDS, 50 µl di TBE 10x), facendo migrare su gel di agarosio. Ligazione Effettuare la reazione in un volume finale di 20 µl. Utilizzare 10-20 ng di vettore digerito, ed un eccesso di 4-10x del frammento rispetto al vettore. Aggiungere 1 U di T4 DNA ligasi, il tampone di reazione 1x ed incubare 1-2 ore a temperatura ambiente. Gel di agarosio 1-2% di agarosio in tampone TAE 1x (TAE 50x: 2 M Tris, circa 50 ml di acido acetico glaciale fino a pH 8.0, 20 mM EDTA), 0.4 µg/ml di bromuro di etidio. Cellule competenti: metodo glicerolo Diluire 200x una coltura fresca satura in LB e lasciare crescere a 37 °C con aerazione, fino ad ottenere una densità ottica a 600 nm di circa 0.2-0.5. Lasciare le cellule per 10 minuti in ghiaccio, centrifugare a 4 °C per 10 minuti a 2500 g, 96 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli risospendere in metà volume di 50 mM CaCl2, 10 mM Pipes pH 6.8 e incubare in ghiaccio per 20 minuti. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 2500 g e risospendere in 1/50 del volume iniziale di 50 mM CaCl2, 10 mM Pipes pH 6.8, Glicerolo 15%). Aliquotare, congelare in azoto liquido e conservare a – 80 °C. Cellule competenti: metodo DMSO Per ottenere delle cellule con una elevata competenza (Inoue et al., 1990), diluire 50x in 250 ml di SOB, in una fiasca di 1 litro, una coltura fresca satura e lasciare crescere a 37 °C con aerazione, fino ad ottenere una densità ottica a 600 nm di circa 0.5. Lasciare le cellule per 10 minuti in ghiaccio, centrifugare a 4 °C per 10 minuti a 2500 g, risospendere a 4 °C in 80 ml di TB (10 mM Pipes, 15 mM CaCl2, 250 mM KCl: aggiustare a pH 6.7 con KOH 5 M) e incubare in ghiaccio per 10 minuti. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 2500 g e risospendere a 4 °C in 20 ml di TB, aggiungendo delicatamente DMSO ad una concentrazione finale del 7%. Aliquotare a 4 °C, congelare in azoto liquido e conservare a – 80 °C. Cellule elettrocompetenti Per ottenere delle cellule con una elevata competenza diluire 100x in 200 ml di SOB, in una fiasca di 1 l, una coltura fresca satura e lasciar crescere a 37 °C, con aerazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.4-0.5. Incubare 3 minuti a 42 °C e rimettere a 37 °C ancora per 20 minuti. Bloccare la crescita, incubando 10 minuti in ghiaccio, ed effettuare 4 lavaggi con acqua fredda, centrifugando a 4 °C, per 10 minuti a 2500g. Risospendere il pellet a 4 °C in 560 µl di 7% DMSO in acqua. Aliquotare a 4°C, congelando in azoto liquido e conservando a – 80°C. 97 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Trasformazione di DNA in cellule competenti Aggiungere a 20-200 µl di cellule competenti (scongelate in ghiaccio se preparate con il metodo glicerolo, o a temperatura ambiente e poi in ghiaccio se preparate con il metodo del DMSO) 1 µl (meno di 10 ng) di DNA prodotto di una miniprep (metodo glicerolo) o 10 µl prodotto di una ligazione (metodo DMSO). Lasciare 10-30 minuti in ghiaccio, incubare a 42 °C per 30 secondi e lasciare per 2-3 minuti in ghiaccio. Aggiungere 250 µl di LB (metodo glicerolo) o 800 µl di SOC (metodo DMSO) ed incubare a 37 °C per un’ora. Piastrare infine su terreno selettivo (per piastrare tutta la trasformazione, centrifugare 1 minuto e risospendere il pellet in circa 100 µl di LB). Per l’eletroporazione in cellule elettrocompetenti, aggiungere a 40 µl di cellule, 1 µl di DNA (meno di 10 ng). Incubare in ghiaccio per 30 secondi. Trasferire in cuvette di 0.2 cm, tenute in ghiaccio ed elettroporare a 2.5 kV, con una resistenza di 200 Ω e una capacitanza di 25 µF. Aggiungere rapidamente 1 ml di SOC ed incubare a 37 °C per un’ora. Piastrare infine su terreno selettivo (per piastrare tutta la trasformazione, centrifugare 1 minuto e risospendere il pellet in circa 100 µl di LB). Dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina Diluire 100x in LB una coltura fresca satura, lasciare crescere a 37 °C con aerazione fino ad una densità ottica a 600 nm tra 0.2 e 0.4. Indurre a 37 °C con arabinosio 0.2% e prelevare dei campioni della coltura a tempi indicati. Ogni campione (1 ml) è mescolato con 4 µl di 0.5 M iodoacetammide (che penetra nelle cellule e blocca i gruppi SH liberi, impedendo l’ossidazione e attivazione di PhoA citoplasmatica) e tenuto in ghiaccio. Centrifugare a 4 °C, per 5 minuti a 13000 rpm, lavare due volte con 1 ml di MOPS1x-10 mM MgCl2 (MOPS 3x: 200 mM 3-(N-morfolin) acido propansulfonico, 250 mM NaCl, 48 mM NH4Cl, 98 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli aggiustare con 1 M KOH a pH 7.2 e filtrare; proteggere dalla luce). Risospendere il pellet in 1 ml di MOPS1x-10 mM MgCl2. Prelevare 500 µl e diluire con 500 µl di MOPS1x-10 mM MgCl2, per misurare la densità ottica a 600 nm. Per il dosaggio enzimatico, aggiungere 10-100 µl cellule a 900 µl di TZ (1 M Tris-HCl pH 8.1, 1 mM ZnCl2), 25 µl di 0.1% SDS, 25 µl di cloroformio, mescolare bene, ed iniziare la reazione aggiungendo 100 µl di 0.4% PNPP (p-nitrofenilfosfato) in TZ e incubando a 28 °C. Quando il contenuto del tubo diventa giallo, bloccare la reazione con 120 µl di soluzione stop (1 volume di 0.5 M EDTA pH 8.0, 4 volumi di 2.5 M K2HPO4). Le reazioni possono essere momentaneamente conservate in ghiaccio o a 4 °C, protette dalla luce. Centrifugare per 5 minuti a 13000 rpm e misurare la densità ottica a 420 nm (p-nitrofenol) e 550 nm (resto dei detriti cellulari). Per calcolare l’attività della fosfatasi alcalina in unità, utilizzare la formula seguente: Unità= OD420 – (1.75 x OD550)/ Tempo (minuti) x OD600 x Volume (ml). Immunoprecipitazione e marcatura di proteine Diluire 50x in M63+, una coltura satura in LB (M63 1x, amminoacidi idrofobi 1x (50 µg/ml di ognuno) (stock 50x di Ile, Phe, Trp, Tyr), amminoacidi idrofili 1x (50 µg/ml di ognuno) (stock 100x di 14 amminoacidi esclusi Cys e Met), 0.2% glicerolo, 1 mM MgCl2, 4 µg/ml vitamina B1, e antibiotico opportuno). Lasciare crescere overnight a 37 °C. Diluire 40x in M63+ e lasciare crescere a 37 °C fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2-0.4. Indurre con arabinosio 0.2% per un tempo indicato, marcare con 35 µCi/ml di 35 S-met (Hartmann IS103). La marcatura è bloccata trasferendo 1 ml in un tubo in ghiaccio contenente 100 µl di metionina (0.5% in M63 1x). Preparare i campioni centrifugando a 4 °C, per 2 minuti a 15000 rpm, e risospendendo il pellet, vortexando, in 50 µl di SDS-buffer (1% SDS, 10 mM Tris-HCl pH 8.1, 1 99 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli mM EDTA). Lisare le cellule bollendo 2 minuti a 90 °C e lasciare raffreddare per 5 minuti a temperatura ambiente. Aggiungere 800 µl di KI-buffer (50 mM Tris-HCl pH 8.1, 150 mM NaCl, 2% Triton X-100), mescolare bene e lasciare in ghiaccio per 20 minuti circa. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 15000 rpm, e conservare il supernatante a –80 °C. Immunoprecipitare, 1 ora a temperatura ambiente o overnight in ghiaccio, 100-300 µl di lisato con l’opportuna quantità dell’anticorpo desiderato. Legare il complesso immunoprecipitato con 30 µl di cellule di Staphylococcus aureus fissate (sospensione 10%), mescolare ed incubare 30 minuti in ghiaccio, vortexando occasionalmente. Fare due lavaggi con 1 ml di high salt buffer (50 mM Tris-HCl pH 8.1, 1 M NaCl, 1% Triton X100, 1 mM EDTA) ed uno con 1 ml di 10 mM Tris-HCl pH 8.1. Risospendere il pellet in 20 µl di SB+ 1x (50 mM Tris-HCl pH 6.8, 2% SDS, 9% glicerolo, 5% β-mercaptoetanolo, 0.005% blu di bromofenolo). Bollire 2 minuti a 90 °C, centrifugare per 5 minuti a 15000 rpm, recuperare e caricare su gel. Dopo la migrazione (tampone di elettroforesi: 0.025 M tris, 0,192 M glicina, 0.1% SDS), fissare e colorare il gel 15 minuti in una soluzione di blu di Coomassie (30% metanolo, 12% acido acetico, 3.2 g/l blu di Coomassie) e poi decolorare 2 volte in una soluzione (30% metanolo, 6% acido acetico). Infine far asciugare il gel su carta cromatografia (3MM-Whatmann) ed esporlo con un film BMR (kodak) a temperatura ambiente. Gel di poliacrilammide discontinuo Gel di separazione: 11% acrilammide-bisacrilammide (37.5:1), 45 g/l TrisHCl pH 8.8, 1 g/l SDS, 2 µl/ml TEMED, 0.07% APS Gel di concentrazione: 4.5% acrilammide-bisacrilammide (37.5:1), 15 g/l TrisHCl pH 6.8, 1 g/l SDS, 2 µl/ml TEMED, 0.07% APS. 100 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Produzione della proteina preOmpA+ Trasformare il plasmide p694 nel ceppo GP2 (secA11), piastrare in presenza di ampicillina, ed incubare a 37 °C overnight. Inoculare una singola colonia in 10 ml di LB-ampicillina e incubare overnight a 37 °C. Diluire 100X la coltura satura in 1 l di LB-ampicillina, ed incubare a 37 °C con aerazione, in una fiasca di 3 l di volume. Lasciare crescere le cellule fino ad un densità ottica a 600 nm di 0.5-0.7. Indurre l’espressione della proteina, aggiungendo arabinosio 0.2% e lasciare crescere a 37 °C per due ore. Recuperare le cellule, centrifugando la coltura a 4 °C, per 30 minuti a 2500 g e risospendendo il pellet in 100 ml di tampone PD 1x freddo (PD10x: 81.8 g NaCl, 2 g KCl, 11.5 g Na2HPO4, 2 g KH2PO4 in 1 litro di acqua). Centrifugare a 4 °C per 30 minuti a 2500 g e risospendere il pellet in 30 ml di HEMGM (100 mM KCl, 25 mM Hepes pH 7.6, 0.1 mM EDTA pH 7.4, 12.5 mM MgCl2, 0.1% NP40, 1 mM DTT) contenente 300 µl di lisozima 50 mg/ml. Incubare per 25 minuti in ghiaccio, sonicare, e centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 27000 g. Effettuare 7 lavaggi con HEMGM e risospendere il pellet in 30 ml di HEMGM-Urea 1 M. Sonicare e risospendere il pellet, dopo centrifugazione a 4 °C, per 15 minuti a 27000 g, in 10 ml di 6 M Urea-50 mM Tris HCl pH 7.4-2 mM DTT. Dopo un’ultima sonicazione, centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 27000 g, congelare il supernatante in azoto liquido e conservare a –80 °C. Saggio proteico quantitativo Per stimare la quantità di proteine ho utilizzato un kit Sosochim (ref. 23225). Preparare differenti diluizioni della proteina BSA da usare come standard e il tampone in cui si trova la proteina da stimare, diluito 5 volte, da utilizzare come bianco. Mettere varie aliquote di 25 µl di bianco, BSA, e campione da testare, in ogni pozzetto di una piastra multipozzetti, a cui aggiungere 175 µl di soluzione 101 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli BCAB-BCAA (rapporto 1:4) ed incubare a 37 °C per 30 minuti. Il Cu+2 presente nel reagente BCAA forma un complesso proteina-Cu+1 tetradentato, ed il complesso BCA-Cu+1 assume un color porpora. Effettuare la lettura a 570 nm, e testare la quantità di proteina in relazione allo standard BSA a concentrazione nota. Purificazione della proteina SecB Trasformare il plasmide pJW25-Kn, nel ceppo BL21 e piastrare in presenza degli antibiotici ampicillina e kanamicina, incubando a 37 °C overnight. Inoculare una singola colonia in LB-kanamicina-ampicillina e incubare overnight a 37 °C. Diluire 100x la coltura satura in 1 l di LB-antibiotici (in una fiascha di 3 l) e lasciare crescere, a 37 °C con aerazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2. Indurre l’espressione della proteina, lasciando crescere 3 ore a 37 °C, dopo aver aggiunto alla coltura 0.5 mM di IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi). Centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 3700 rpm, risospendere il pellet in 20 ml di 50 mM Tris-HCl pH 8.1, 20% glicerolo, congelare in azoto liquido e conservare a –80 °C. Scongelare e aggiungere 200 mg/ml di lisozima fresco, 0.1 mM PMSF (stock 100 mM in etanolo), 1 mM EDTA. Mescolare delicatamente e incubare in ghiaccio per 30 minuti e a 37 °C per 3 ore. Centrifugare a 4 °C, per 1 ora a 43000 g, recuperare il supernatante, sonicare e centrifugare nelle stesse condizioni. Recuperare il supernatante a cui aggiungere 0.1 mM PMSF. Caricare il campione così ottenuto in una colonna cromatografica a scambio anionico Q Sepharose Fast Flow (Amersham) (soluzione di partenza resina-20% EtOH equilibrata in 20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF e impacchettata su colonna). Lavare con 200 ml di buffer di equilibrio (20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF), ed eluire con circa 3.6 litri di un gradiente 0-600 mM di NaCl. Recuperare 10 ml/tubo, e dopo avere verificato su gel di poliacrilammide le frazioni contenenti la proteina, mescolare 102 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli e precipitare con solfato di ammonio (80% saturazione, a 4 °C, con agitazione). Centrifugare a 4°C, per 30 minuti a 17000g e risospendere il pellet in 10 ml di 20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF. Dializzare a 4 °C, in 2 litri di 20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF, con membrana Spectra/Por 6000-8000 cut-off (4 volte per due ore ed una volta overnight). Ultracentrifugare il campione a 4 °C, per 1 ora a 30000 rpm e caricare il supernatante (0.1 ml/minuto) su una colonna cromatografica FPLC-MonoQ 5/5. Lavare 10 minuti con tampone A (20 mM Tris-HCl pH 7.4, 0.1 mM PMSF) ed eluire SecB grazie ad un doppio gradiente 0-350 mM e 350-600 mM di NaCl. Verificare il buon esito della purificazione, caricando un’aliquota delle frazioni ottenute (2 ml/frazione) su gel di poliacrilammide ed effettuando una separazione elettroforetica. Concentrare e dializzare le frazioni contenenti SecB, congelare in azoto liquido e conservare in 20% glicerolo a –80C. Purificazione della proteina SecA Trasformare rispettivamente i plasmidi pZ52SecA-E e pT7-SecAHis nei ceppi BL21 e BL21.19 e piastrare in presenza dell’antibiotico ampicillina, incubando a 37 °C overnight. Inoculare una singola colonia in LB-ampicillina e incubare overnight a 37 °C. Diluire 100x la coltura satura in 1 l di LBampicillina (in una fiascha di 3 l) e lasciare crescere, a 37 °C con aerazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2. Indurre l’espressione della proteina, lasciando crescere 3 ore a 37 °C, dopo aver aggiunto alla coltura 0.5 mM di IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi). Centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 3700 rpm, risospendere il pellet in 20 ml di 50 mM Tris-HCl pH 8.1, 20% glicerolo, congelare in azoto liquido e conservare a –80 °C. Aggiungere a 10 ml di volume, 0.9 mg/ml di lisozima fresco, mescolare delicatamente e incubare in ghiaccio per 1 ora. Lisare con l’uso di French press (3x a 1000 psi g), aggiungere poi 100 µl di 0.1 mM PMSF (stock 100 mM in etanolo) e portare ad 103 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli un volume di 20 ml, aggiungendo 50 mM Tris-HCl pH 7.4, 350 mM KCl, 10% glicerolo, 2mM DTT). Centrifugare a 4 °C, per 1 ora a 26900 g. Recuperare il supernatante ed aggiungere PMSF ad una concentrazione finale di 2 mM. Purificare rispettivamente la proteina SecA, con Blue Sepharose 6 Fast Flow (Amersham), in cui il substrato Cibacron Blue 3G è covalentemente legato alla resina Blue Sepharose 6 e SecA-His con colonna Ni-NTA-agarosio, dopo aver equilibrato le resine (circa 10 ml in 30% etanolo) con 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, e caricato il campione (10 ml) a 0.5 ml/minuto. Lavare con 10 volumi (100 ml) di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT e poi con 4 volumi (80 ml) di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 200 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT. Eluire la proteina con 10 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 600 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, recuperandola in frazioni di 2 ml. Nel caso di SecA-His l’eluizione è fatta con 4 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, 30 mM imidazolo ed in seguito 2 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, 100 mM imidazolo e 2 volumi di 50 mM Tris-HCl pH 7.0, 175 mM KCl, 10% glicerolo, 1 mM DTT, 300 mM imidazolo.Verificare il buon esito della purificazione, caricando un aliquota delle frazioni ottenute (2 ml/frazione) su gel di poliacrilammide ed effettuando una separazione elettroforetica. Dializzare a 4 °C, in 2 litri di 50 mM Tris-HCl pH 7.4, 10% glicerolo, 1 mM DTT, con membrana Spectra/Por 12000-14000 cut-off (4 volte per due ore ed una volta overnight). Concentrare, congelare in azoto liquido e conservare in 20% glicerolo a –80C. 104 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Saggio dell’attività ATPasica di SecA Preparare una miscela 1 contenente SecA 100 µg/ml, ATP 60 µM, 2.0 µCi γATP-32P e buffer A (25 mM HEPES, 50 mM KCl, 10 mM MgCl2) ed una miscela 2 preparata allo stesso modo ma in cui SecA è assente. Preparare poi una miscela 3 in buffer A contenente le IMVs 100 µg/ml e il substrato OmpA+ 100 µg/ml in urea buffer (6 M Urea, 50 mM Tris HCl pH 7.4, 2 mM DTT). Le miscele sono conservate a 25 ° C. Come controllo diluire 1 µl della miscela 1 e 2 più 3 µl di buffer A e pipettare 2 µl su TLC-plate (PEI cellulosa F, Rectolab). Effettuare la reazione con 12 µl della miscela 1/2 e 38 µl della miscela 3 e pipettare 2 µl a differenti tempi di reazione a 40 °C su TLC-plate. Asciugare la TLC-plate e fare migrare in 150 ml di 0.15 M acido formico, 0.15 M LiCl. Stimare infine l’efficienza dell’attività di SecA, dopo esposizione del gel con Phospho-Imager. SDS-PAGE e immunoblotting SDS-PAGE sono effettuate usando gel con 10-15% di gel di separazione e 4.5% di gel di concentrazione. Preparare una membrana di nitrocellulosa 0.45 µm e bagnarla in una soluzione transfer 1x (Transfer 10x: 25 mM Tris-HCl pH 8.8, 192 mM glicina, 20% metanolo). Disporre tra due fogli di carta 3M, la membrana e il gel, bagnare sempre con transfer 1x e trasferire le proteine per 1 ora a 450 mA, dal gel alla membrana, usando un apparato transblot (Bio-Rad). Immergere la membrana per 1 ora a temperatura ambiente in TBS-T (50 mM Tris-HCl pH 8.0, 150 mM NaCl, 0.1% Tween20) contenente 5% di latte e incubare per 1 ora a temperatura ambiente con nuovo TBS-T-latte e il primo anticorpo opportunamente diluito. Lavare la membrana due volte per 15 minuti con TBS-T e incubare 1 ora a temperatura ambiente con TBS-T-latte contenente horseradish perossidasi legata al secondo anticorpo diluito. Dopo tre lavaggi 105 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli con TBS-T, l’analisi è effettuata sfruttando le proprietà della perossidasi che che in presenza di un substrato chemioluminescente (Covalab), catalizza la scissione dell’acqua ossigenata ed emette luce in grado di impressionare una lastra fotografica XAR (Kodak). Iodinazione di substrati proteici Prima di iodinare occorre rimuovere il detergente NP40 utilizzato per la preparazione dei substrati chimerici OmpA+, PhoA-OmpA, PhoA82rev-OmpA, RbsB-OmpA, RbsBrev-OmpA. In un tubo è lasciato evaporare sotto azoto 100 µl di iodogeno in cloroformio 1 mg/ml (lo iodogeno è un ossidante che fissa lo iodio marcato alla proteina). 50 µg di proteina e 20 µCi de 125I sono incubati 10 minuti in ghiaccio. Diluire 20 volte con urea buffer ed utilizzare una parte della reazione per misurare la radioattività. Verificare su gel di poliacrilammide e successiva esposizione con film XAR (Kodak), il buon esito della iodinazione. Preparazione di membrane IMVs urea-stripped Per preparare le IMVs, fare delle colture, a 37 °C overnight, in LB-0.2% glucosio a partire da una singola colonia di KM9 cresciuta su terreno solido. Diluire 200x in LB-0.2% glucosio la coltura satura e lasciare crescere a 37 °C, fino ad una densità ottica a 600 nm di 0.2. Centrifugare a 4 °C, per 20 minuti a 4000 rpm. Eliminare il supernatante e risospendere il pellet in un eguale volume di buffer freddo 50 mM Tris-HCl pH 8.1, 10% sucrosio, 50 mM NaCl. Centrifugare a 4°C, per 10 minuti a 12000 rpm, risospendere il pellet in 10 ml di buffer AH freddo (50 mM Hepes-KOH pH 7.0, 50 mM NaCl, 5 mM MgCl2, 1 mM DTT) e 1 mM di PMSF. Lisare le cellule con French press (550 psi g), centrifugare a 4°C, per 10 minuti a 12000 rpm, recuperare il supernatante e completare a 30 ml con buffer AH freddo-20% sucrosio. Centrifugare a 4°C, per 106 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli 2 ore a 24000 rpm, risospendere il pellet in 1 ml di buffer AH freddo. Congelare in azoto liquido e conservare a – 80 °C. Aggiungere alla sospensione di IMVs, un eguale volume di 6 M urea, incubare 35 minuti in ghiaccio, centrifugare a 4 °C, per 1 ora a 165000 g, lavare 2 volte il pellet con buffer B (500 mM Tris-HCl pH 8.1, 500 mM KCl, 50 mM MgCl2, 10 mM DTT), risospendere in un volume desiderato di buffer B, congelare in azoto liquido e conservare a – 80 °C. Translocazione in vitro Preparare una soluzione stock contenente SecA 40 µg/ml, SecB 40 µg/ml, BSA 200 µg/ml, IMVs urea-stripped 100 µg/ml, ATP 2 mM, buffer B1x (Buffer 10x: 500 mM Tris-HCl pH 8.0, 500 mM KCl, 50 mM MgCl2, 10 mM DTT, aggiunto immediatamente prima dell’uso). Per iniziare la reazione aggiungere il substrato proteico iodinato (circa 40000 cpm) ed effettuare la reazione in un volume finale di 50 µl. Incubare 15 minuti a 37 °C e bloccare la reazione per 2 minuti in ghiaccio. Digerire con 1 mg/ml di proteinasi K, incubando in ghiaccio per 15 minuti (la proteinasi K degrada la proteina non transclocata all’interno delle IMVs, mentre quella translocata è inaccessibile). Centrifugare a 4 °C, per 15 minuti a 14000 rpm. Elimare il supernatante e risospendere il pellet in 1 ml di acetone freddo. Centrifugare a 4 °C, per 10 minuti a 14000 rpm, asciugare il pellet e risospenderlo in 30 µl di SB+ 1x. Bollire i campioni per 3 minuti a 90 °C, prima di caricarli su gel di poliacrilammide. Dopo migrazione, asciugare il gel e esporre con film XAR (Kodak). 107 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli Preparazione di DNA genomico Centrifugare 1.5 ml di una coltura satura a 13000 rpm per 5 minuti, lavare il pellet con un volume di 0.4 M NaCl e risospenderlo in 270 µl di TE. Aggiungere 15 µl di Rnasi pancreatica 2 mg/ml e 20 µl di lisozima 50 mg/ml ed incubare 20 minuti in ghiaccio. Aggiungere 300 µl di SARK/TE (100 µl di sarkosil, 1.8 ml di TE, 90 µl di 0.2 M EDTA) e incubare 8 minuti a 65 °C. Mescolare bene la soluzione viscosa, vortexando delicatamente per non distruggere il DNA cromosomico, aggiungere 100 µl di Rnasi pancreatica 2 mg/ml e proteinasi K 100 µg/ml ed incubare 1 ora a 37 °C. Estrarre 3 volte con fenolo-cloroformio-isoamminoalcol (25:24:1) e 1 volta con cloroformioisoamminoalcol (24:1). Dividere il lisato in due parti (350 µl/tubo), e aggiungere in ogni tubo 50 µl di 2 M NaOAc pH 4.8 e 800 µl di 100% etanolo, in modo da precipitare gli acidi nucleici. Centrifugare 5 minuti a 13000 rpm, lavare con 70% etanolo, asciugare all’aria e risospendere in 150 µl di TE. Conservare a 4 °C. La concentrazione del DNA è stimata mediante misura della densità ottica a 260 nm. PCR e trattamento prodotti PCR Usare 100 ng-1 µg di DNA genomico, aggiungere 1x tampone-PCR, 200 µM dNTP, 0.2 µM di ogni primer, 2 mM di MgCl2, 1 U di Taq polimerasi e completare con acqua a 50 µl. I programmi, con le rispettive temperature, variano secondo la taglia e la composizione del primer e secondo la taglia della regione da amplificare. I frammenti amplificati per PCR, destinati ad essere clonati, sono caricati su gel d’agarosio 2% contenente bromuro di etidio. Dopo migrazione, sono prelevati dal gel, con l’uso di una lama, purificati mediante kit, e diluiti in 80 µl di acqua, con 10 µl di tampone 10x T4 polinucleotide kinasi (PnK), 5 µl di 5 108 MATERIALI E METODI: ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli mM rATP, 2.5 µl di 10 mM dNTP e i due enzimi: 2 U del frammento Klenow della DNA polimerasi I e 10 U della T4 polinucleotide kinasi (PnK). La Klenow favorisce la rimozione di estremità 3’ sporgenti, grazie ad un’attività di polimerasi e di esonucleasi 3’----5’, mentre la polinucleotide kinasi aggiunge dei gruppi fosfato alle estremità 5’ del DNA, favorendo così il clonaggio. Incubare 30 minuti a temperatura ambiente, e aggiungere 2 µl di 0.5 M EDTA, 100 µl di TE, estrarre una volta con fenolo-cloroformio-isoamminoalcol (25:24:1) e una volta con cloroformio-isoamminoalcol (24:1). Aggiungere 70 µl di 2 M NaOAc pH 4.8 e 550 µl di 100% etanolo, mescolare bene e lasciar precipitare e 1 ora a –20 °C. Lavare infine con 500 µl di 70% etanolo, asciugare all’aria, e risospendere il pellet in 20 µl di TE. 109 RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4 RESUME Etude d’une protéine inconnue du phage T4 Introduction Le phage T4 Un bactériophage est un virus capable de parasiter une bactérie, dont il provoque la destruction par lyse cellulaire. Le bactériophage se fixe sur un récepteur de la surface bactérienne, et injecte ensuite son acide nucléique à l’intérieur de l’hôte, pendant que son enveloppe protéique reste à l’extérieur. Le génome du phage peut ensuite suivre deux voies différentes. Dans la voie lytique, typique des bactériophages T, le génome viral prend contrôle de la cellule hôte en l’induisant à synthétiser des acides nucléiques viraux et des protéines qui, une fois assemblées avec le génome, vont constituer des nouveaux virions qui sortiront en tuant l’hôte par lyse cellulaire. Dans la voie lysogénique, le génome viral s’insère le plus souvent dans l’ADN de la cellule hôte, et maintient la plupart de ses gènes inactifs. Une fois que la cellule se réplique, elle transmet aussi l’ADN viral aux cellules filles. Le génome du provirus est réactivé en cas de dommages à la cellule hôte, en donnant lieu au cycle lytique. Le phage T4 est un phage lytique d’E. coli d’environ 200 nm de long. Du point de vue morphologique, il présente une tête icosaédrique contenant un ADN double brin, une queue et une base contenant six fibres qui permettent l’attachement du bactériophage à l’hôte. Après l’infection, l’ARN polymérase bactérienne est modifiée et l’ADN d’E. coli est rapidement dégradé. Après la réplication commence la biosynthèse et l’assemblage de nouvelles particules phagiques. Le génome du phage T4 (168903 bp) contient 289 gènes pouvant coder pour des protéines, 8 gènes codant pour des t-ARN, et au moins 2 autres gènes qui codent pour des petits ARN stables à fonction inconnue (figure 28, introduction); 144 des 289 gènes codent pour des protéines, à fonction inconnue 110 RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4 et on appelle ces gènes potentiels des ORFs (Open Reading Frame). Pour chercher à faire des prévisions sur la fonction moléculaire de ces ORFs on a utilisé un PSI-BLAST (Position Specific Iterated-Basic Local Alignment Search Tool) (Altschul et al., 1997), contre les séquences tridimensionnelles présentes dans les data bases (Kawabata et al., 2000). Cette méthode permet d’identifier 13 ORFs du phage T4, parmi lesquelles le gène vs.1. Le phage T4 présentait auparavant deux types de lysozyme, appelés Gpe et Gp5. Gpe, une protéine soluble, joue un rôle dans la “lyse de l’intérieur“ des bactéries infectées, en favorisant le relâchement des nouveaux phages (Wozniak et al., 1994). Gp5 est une protéine codée par un gène essentiel, localisée dans la base du phage (Kao et McClain, 1980; Nakagawa et al., 1985; Kanamaru et al., 1999; Kawabata et al., 2000). Gp5 n’est actif comme lysozyme qu’au début de l’infection lors de l’injection de l’ADN et il est bloqué par le produit du gène gps, une protéine périplasmique (Kao et McClain, 1980 B). La protéine VS.1 possède une similarité de séquence significative avec SLT70 (Soluble Lytic Murein Transglycosylase), de E. coli, un lysozyme périplasmique, ayant une séquence signal qui coupe les ponts β-1.4 entre l’acide N-acetyl-muramique et l’N-acetyl-D-glucosamine, présents dans les peptidoglycans. L’alignement de la séquence de VS.1 et de SLT70, présente une faible similarité (19 résidus conservés sur 86 alignés), même si la région contenant les sites de liaison est hautement conservée (Thunnissen et al., 1995; Kawabata et al., 2000). Ces données suggèrent que VS.1 pourrait être le troisième lysozyme du phage T4. L’ARN polymérase L’holoenzyme de l’ARN polymérase d’E. coli est composé de quatre sousunités différentes, α2ββ′σ. Le cœur, α2ββ′, est actif dans la synthèse de l’ARN, tandis que les facteurs σ sont impliqués dans la reconnaissance des promoteurs et l’initiation. La sous-unité α de l’ARN polymérase, appelée RpoA, se compose de 329 résidus; son domaine C-terminal (α-CTD, résidus 249-329) est 111 RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4 impliqué dans la transcription des promoteurs dépendant d’un mécanisme d’activation transcriptionnelle. Il est capable d’interagir avec l’ADN aux éléments UPs des gènes des ARN ribosomaux et avec les régulateurs de la transcription comme CAP et AraC. Ce domaine est lié par un «linker» de 13 acides aminés très mobile au domaine N-terminale (α-NTD, résidus 8-235), une région importante pour la dimérisation de RpoA et les interactions avec les sous-unités β e β′ de l’ARN pol. L’allèle rpoA341, originairement défini comme mutant phs, confère un défaut de croissance en présence de melibiose, glutamate et arabinose et une auxotrophie qui peut être satisfaite par la méthionine et la cystéine (Giffard et al., 1985). Le régulon arabinose : structure et régulation Escherichia coli peut pousser sur L-arabinose comme seule source de carbone. Les protéines AraB, AraA, AraD de l’opéron araBAD convertissent le L-arabinose en D-xylulose-5-phosphate; les protéines AraE, AraF, AraG et AraH codées par deux autres opérons sont nécessaires pour le transport actif de l’arabinose à l’intérieur de la cellule. Le gène araC code pour une protéine qui règle positivement l’expression des autres opéron ara. En absence d’arabinose, le dimère AraC-AraC est lié aux sites araO2 et araI1, séparés par 210 bp, en formant une boucle qui réprime la transcription aussi bien du promoteur PC que du promoteur PBAD. En présence d’arabinose, AraC, liée à l’arabinose, se lie aux deux demi-sites araI1 et araI2, permettant à l’ARN pol d’accéder au promoteur PBAD. Par contre, au niveau du promoteur PC, AraC et l’ARN pol sont en compétition (Scheilf, 2000, 2003) (figure 31, introduction). En résumé (figure 32, introduction), l’ARN pol peut contacter, au moyen de ses sous-unité α (RpoA) soit les deux protéines CAP et AraC, soit l’ADN présent entre les sites de liaison de ces deux protéines. Le mécanisme n’est pas encore complètement caractérisé. 112 RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4 Résultats Une librairie de l’ADN du phage T4 a été clonée dans un vecteur inductible avec l’arabinose. Un criblage en présence d’arabinose, a montré qu’environ 5% des clones contiennent des inserts qui empêchent la croissance en présence d’arabinose (définis comme “toxiques” c’est-à-dire conférant un phénotype AraS). Parmi les différentes clones toxiques, le fragment contenant l’ADN du gène vs.1, est particulièrement intéressant parce ce clone est incapable de pousser en présence d’arabinose, aussi bien dans une souche normale (“high” ColE1 réplicon à 20-40 copies/cellule) que dans une souche pcnB (“low” ColE1 réplicon à 2-4 copies/cellule). Le phénotype toxique de vs.1 est partiellement réversible dans la souche DB550, tandis que il est presque irréversible dans la souche DB502 (figure 35, résultats). Dans DB550, on observe un arrêt de la croissance, tandis que dans DB502 on observe une lyse cellulaire (figures 36, résultats). On a cherché à isoler des suppresseurs chromosomiques de vs.1, en utilisant une stratégie d’insertion par transposition. L’analyse de environ 2.2 x 105 colonies contenant le transposon miniTet, a mis en évidence un seule clone AraR, qui est du à une insertion dans le plasmide. Ensuite, une mutagenèse UV d’une souche contenant le plasmide pBAD18-vs.1-Kn, avec un criblage d’environ 5 x 104 colonies, à mis en évidence 45 clones AraR, parmi les quels 39 sont des mutants plasmidiques, et 6 sont des suppresseurs chromosomiques de vs.1. Pour localiser ces suppresseurs, un de ces mutants (MUV11) a été infecté avec le phage λ miniTet1098, pour isoler des transposons liés aux suppresseurs. La liaison a été analysée en mesurant le pourcentage de cotransduction entre les marqueurs TetR et AraR. Ensuite le site d’insertion des Tn10 a été identifié par séquençage. Les résultats suggèrent que le suppresseur pouvait se trouver dans rpoA. La séquence du gène rpoA de MUV11 montre qu’il s’agit d’un mutant rpoA (K271I). Les cinq autres mutants sont aussi des mutants rpoA. 113 RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4 Deux groupes (figure 39, résultats) de mutants rpoA ont été obtenus: quatre mutants sont incapables, comme le mutant rpoA341 (K271E) (Giffard et Booth, 1988), de pousser sur milieu minimal. Les deux autres sont capables de pousser sur milieu minimal. Avec ce deuxième groupe il n’y a donc pas d’interférence avec la régulation positive de la transcription du locus cysA. Pour étudier ces mutants rpoA, les effets sur l’expression de PAI2-PhoA, une protéine chimérique toxique clonée dans le même vecteur inductible avec arabinose, ont été analysés. Des hauts niveaux d’expression de cette protéine chimérique interfèrent avec la croissance cellulaire (Belin et al., 2004), et la mutation rpoA341 réduit suffisamment l’expression de la protéine chimérique pour abolir sa toxicité (Bost et Belin, 1995). Les hypothèses de la littérature (Schleif, 2000 et 2003) proposent des interactions RpoA-AraC, RpoA-CAP, ou RpoA-DNA. Mes résultats (figure 41) suggèrent que les contacts RpoA-AraC sont beaucoup plus probables que les contacts RpoA-CAP, parce qu’en absence de CAP fonctionnelle n’observe en pratique de différences dans l’expression de PAI2-PhoA. Pour étudier le rôle de α-CTD dans l’expression de l’opéron araBAD, on a tenté d’isoler des suppresseurs dans le gène araC. Il est nécessaire d’avoir à disposition des plasmides qui permettent une bonne discrimination entre les allèles rpoA+ et rpoA341. Plusieurs tentatives de mutagenèses de la souche rpoA341 ont été faits, exprimant des chimères de PhoA, qui forment des colonies bleu foncé dans une souche rpoA+ et bleu pâle dans une souche rpoA341. Le but était d’identifier des colonies bleues foncées, suppresseurs hypothétiques de rpoA341, parmi de colonies bleus pâles. Le criblage d’environ 1.3 x 105 colonies (figures 44, 45, 46, résultats) en présence de XP et de arabinose, a permis d’isoler un seul mutant non localisé dans araC. On a changé stratégie, en mutagénisant le plasmide pBAD33, qui contient le gène araC. Le criblage d’environ 5 x 104 colonies obtenues par la transformation de ce plasmide mutagénisé dans une souche rpoA341, contenant 114 RESUME: étude d’une protéine inconnue du phage T4 un plasmide exprimant une chimère PhoA indicatrice à partir du promoteur PBAD, et contenant une délétion d’araC, n’a pas permis pas d’isoler les mutants araC cherchés (figure 50, résultats). Des autres mutants rpoA contenant la mutation rpoAN268T et des autres protéines chimériques reporters, qui donnent une coloration blanche sur des boîtes indicatrices, ont été utilisés. Dans la souche sauvage rpoA+, elles forment de colonies bleues. Le plasmide pBAD33 a été mutagénisé et transformé dans une souche rpoAN268T, qui contient le plasmide pBAD-delaraC, exprimant la protéine chimérique. Le criblage d’environ 1.5 x 105 colonies sur des boîtes indicatrices n’a pas permis d’isoler des mutants dans le gene araC. Enfin, la souche CC104YM, contenants des mutations dans le système YM de réparation de l’ADN, à été utilisée pour induire donc la transversion GC---TA, peu favorisée dans les mutagenèses précédentes, et tenter de créer des mutations suppresseurs dans araC. Le criblage sur des boîtes indicatrices d’environ 7.7 x 104 colonies dans une souche rpoAN268T n’a identifié qu’un seule clone bleu qui est un mutant chromosomique. 115 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Introduzione Principali caratteristiche dei batteriofagi Un batteriofago è un virus capace di parassitare un batterio, di cui può provocare la distruzione per lisi. I batteriofagi più complessi sono quelli della serie T (Type), aventi una forma a spillo con una testa, contenente l’acido nucleico, un collare ed una coda, terminante con una estremità di sei fibre. Il batteriofago si fissa al batterio grazie alle fibre, in seguito con un meccanismo di contrazione inietta il suo acido nucleico all’interno dell’ospite, mentre il suo involucro proteico rimane all’esterno (Hershey e Chase, 1952). Una volta iniettato, il genoma fagico può seguire due vie: nel ciclo litico, tipico dei batteriofagi T, il genoma virale controlla la cellula ospite, inducendola a sintetizzare nuovo acido nucleico virale e proteine che, una volta assemblate con il genoma, andranno a costituire nuovi virioni. Essi usciranno dalla cellula “uccidendola”, in una fase di lisi (T fagi), o verranno da essa secreti (fago M13). Nel ciclo lisogeno, tipico del fago λ, il genoma virale si integra nel DNA della cellula ospite, in un punto specifico del cromosoma batterico, attλ, prendendo il nome di provirus (o profago) e mantenendo quasi tutti i suoi geni disattivati. Una volta che la cellula si duplica viene trasmesso anche il DNA virale alle cellule figlie. Lo stato di profago è mantenuto da un repressore prodotto dal fago stesso, la proteolisi del quale induce il ciclo litico. Il genoma del provirus reprime la maggior parte dei suoi geni, che vengono riattivati in caso di danni alla cellula ospite, dando il via ad un ciclo litico. Alcuni fagi, come ad esempio il fago P1, mantengono il DNA virale come un episoma (Heinrich et al., 1995). I tre più importanti batteriofagi, sono il fago λ, il fago M13 ed il fago T4. Il DNA del fago lisogeno (λ) viene espresso (cioè tradotto in proteina), in conseguenza dello stress della cellula che si trova in una netta carenza di energia, ed è inoltre danneggiata da tossine (ad esempio antibiotici) ed altri 116 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 fattori. In questa fase il metabolismo cellulare è fortemente alterato. Il profago si riattiva, il suo DNA si stacca dal genoma batterico e si avvia così il ciclo litico. Il fago riattivato inizia a produrre grandi quantità di mRNA a partire dal proprio DNA, al fine di costituire un elevato numero di unità fagiche. Quando tutte le risorse della cellula sono esaurite, a causa dell’assemblaggio di nuovi fagi, la sua membrana viene distrutta ed i fagi prodotti sono riversati all’esterno. Il fago M13 è un fago filamentoso, contenente un DNA a singolo filamento ed è maschio-specifico in quanto penetra nella cellula ospite attraverso il pilus F. Il filamento di DNA una volta entrato nella cellula batterica viene convertito in una molecola circolare a doppio filamento, chiamata RF (Replicative Form), che si replica più volte. Contemporaneamente vengono trascritti i geni che codificano per le proteine strutturali del fago. Quando sono state sintetizzate circa 100-200 copie fagiche, il prodotto del gene 5 (Gp5) si lega al DNA a singolo filamento impedendone la replicazione. I filamenti possono così interagire con la membrana della cellula attraverso Gp7 e Gp9 e una volta preso contatto, Gp5 viene rimpiazzato da Gp8 e Gp3. Il fago così assemblato fuoriesce dalla cellula senza lisarla. Il fago T4 I T-fagi rappresentano i modelli principali per lo sviluppo della genetica e della biologia molecolare, già a partire dal 1940. I batteriofagi T2, T4 e T6 sono il fondamento di molti concetti biologici fondamentali, come il concetto di acido nucleico come materiale genetico (Hershey e Chase, 1952), la definizione di gene (Benzer, 1957), la dimostrazione del codice genetico sotto forma di triplette (Crick et al., 1961; Streisinger et al., 1966), la scoperta dell’mRNA (Volkin e Astrachan, 1956; Brenner et al., 1961), l’importanza della ricombinazione nella replicazione del DNA (Hershey e Rotman, 1948), i meccanismi di riparo del DNA (Dulbecco 1949), il self-splicing di introni nei 117 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 procarioti (Belfort et al., 1986), sono solo i principali concetti scoperti con l’uso dei fagi. Il fago T4, uno dei numerosi membri della famiglia dei fagi tipo T, è un fago litico, di circa 200 nm di lunghezza che appartiene alla famiglia dei Myoviridiae. Dal punto di vista morfologico, presenta una testa icoesaedrica, una base con sei fibre corte, un DNA a doppio filamento, e una coda con sei fibre lunghe che permettono l’approccio della base del fago all’ospite, seguito da una serie di cambiamenti conformazionali che consentono al DNA del fago di penetrare nell’ospite. Il virione libero infetta E. coli, contattando l’ospite grazie a sensori, presenti nelle fibre, in grado di riconoscere dei recettori (lipopolisaccaridi o proteine OmpC) sulla superficie cellulare dell’ospite. Tale interazione è reversibile, ma quando almeno tre fibre lunghe si legano all’ospite, esse cambiano la loro conformazione, segnalando alla base del fago, grazie alla proteina Gp9, che il legame è avvenuto con successo. A questo punto dei movimenti contrattili avvicinano la base all’ospite, consentendo il contatto anche delle fibre corte, a cui segue il cambiamento conformazionale della base, che consente alla coda di penetrare nella membrana esterna di E. coli. Raggiunta la parete batterica, i tre domini con attività lisozimica della proteina Gp5, digeriscono i peptidoglicani, creando un poro attraverso il quale la coda batteriofagica può raggiungere la membrana interna dell’ospite. Il contatto tra la coda del fago e la membrana interna di E. coli, innesca il meccanismo di rilascio del DNA (Rossmann et al., 2004). Dopo l’infezione del DNA fagico all’interno del batterio, una serie di modificazioni hanno luogo nella RNA polimerasi batterica. Il DNA dell’ospite è degradato, dando inizio alla fase di biosintesi e assemblaggio di nuove particelle fagiche, che termina con la lisi del batterio ed il rilascio dei nuovi virioni. La trascrizione del DNA di T4 necessita tre classi di promotori, detti early (Pe), middle (Pm) e late (Pl), che guidano, assieme alle modificazioni nella RNA polimerasi batterica, i vari stadi dell’infezione, 118 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 favorendo la replicazione del DNA fagico, la sintesi proteica e l’assemblaggio dei nuovi virioni. Studi effettuati con mutanti T4, il cui sviluppo è bloccato a differenti stadi, hanno mostrato un differente gruppo di proteine associate alla RNA polimerasi. Tali proteine sembrano dunque essere correlate con la replicazione e la trascrizione del DNA (Malik et al., 1985). Il DNA del fago T4, presenta un contenuto in G+C di circa il 34.5%, rispetto al 50% circa presente nel DNA di E. coli. Circa il 38% delle ORFs di T4 non hanno omologie con le ORFs presenti in altri fagi sequenziati, e addirittura il 50% non presenta omologie né con altri fagi né con altri procarioti. Inoltre le ORFs sconosciute presenti nel DNA di T4 sono più numerose rispetto a quelle presenti nel DNA di E. coli; ciò è un indice della vasta diversità virale (Nolan et al., 2006; Yin e Fischer, 2008). Il DNA del fago T4 presenta circa 300 probabili geni, impacchettati in un genoma di 168903 bp. Le posizione di questi geni, dei promotori, dei terminatori e delle più importanti origini di replicazione sono state determinate (figura 28, Miller et al., 2003). Il genoma del fago T4 presenta un totale di 289 geni che probabilmente codificano per delle proteine, 8 geni codificanti per tRNA, ed almeno altri 2 geni che codificano per piccoli e stabili RNA a funzione sconosciuta (Miller et al., 2003). Circa 144 dei 289 geni codificano per proteine a funzione sconosciuta. Per questo motivo, è particolarmente interessante effettuare degli studi sui fagi, per cercare di chiarire il maggior numero possibile di dettagli su queste ORFs a funzione sconosciuta. L’origine di molti geni è poco chiara, e solo 42 geni presentano omologie con altri geni presenti in banche dati (Kutter et al., 1985). Soltanto 65, cioè circa il 20%, dei geni del fago T4 sono essenziali per la sopravvivenza in condizioni standard di laboratorio (mezzo ricco, aerazione, 30-37 °C) (Miller et al., 2003). Tali geni occupano circa la metà del genoma, codificando per proteine del complesso di replicazione, per fattori regolatori della trascrizione e per le proteine strutturali. I geni non essenziali invece codificano per enzimi della biosintesi dei 119 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 nucleotidi, per la ricombinazione ed il riparo del DNA, per nucleasi necessarie a degradare il DNA contenente citosina e per proteine necessarie alla lisi ed al rilascio delle particelle fagiche. Molte delle proteine a funzione sconosciuta si trovano in regioni del genoma, trascritte durante la fase early dell’infezione, mentre solo tre sono trascritte nella fase late. Per cercare di fare delle previsioni sulla funzione molecolare di queste ORFs a funzione sconosciuta, è stato eseguito un PSI-BLAST (Position Specific Iterated-Basic Local Alignment Search Tool) (Altschul et al., 1997) contro le sequenze tridimensionali presenti in una banca dati (Kawabata et al., 2000). Questo metodo consente di trovare solo 13 ORFs, tra cui vs.1, e.1, rIIA, i cui omologhi non erano stati trovati con i metodi di allineamento tradizionali. RIIA è una proteina associata alla membrana, capace di legare il DNA, simile in sequenza al dominio N-terminale della proteina heat shock Hsp90. Essa ha un ruolo nella lisi rapida, ma la sua funzione molecolare è ancor oggi poco conosciuta. La proteina E.1 è simile alla 8-oxo-dGTP-idrolasi MutT di E. coli, ed è stata identificata, con PSI-BLAST, come un possibile lisozima. Uno screening in presenza di arabinosio, effettuato in laboratorio, usando una libreria del DNA del fago T4, clonata in un vettore inducibile con arabinosio, ha evidenziato come circa il 5% dei frammenti contiene degli inserti che impediscono la crescita in presenza di arabinosio (definiti come “tossici”; E. coli ha dunque un fenotipo AraS). Tra i vari cloni tossici, è stato studiato il frammento contenente il DNA del gene vs.1, che presenta una ipotetica sequenza segnale. 120 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Figura 28: Mappa del genoma del fago T4. In evidenza sia le ORFs caratterizzate che quelle ipotetiche. Le varie funzioni geniche sono rappresentate con colori differenti. Rosso: trascrizione; marrone: traduzione; arancione: metabolismo; giallo: replicazione del DNA, ricombinazione, riparo, impacchettamento; blu: proteine del virione; puntini-blu: chaperons; verde: lisi; viola: interazioni fago-ospite; rosa: alterazioni dell’ospite; pesca: endonucleasi; puntini neri: proteine integrali di membrana o periplasmatiche; bianco: proteine sconosciute (Miller et al., 2003). 121 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 I lisozimi del fago T4: la proteina VS.1 Il fago T4 possiede due tipi di lisozima, Gpe e Gp5. Il lisozima Gpe (Gene Product), il maggiore lisozima solubile presente nel fago T4, è stato intensivamente studiato (Wozniak et al., 1994): più di 100 mutanti sono stati caratterizzati mediante cristallografia ai raggi X. Questo enzima ha un ruolo nella “lisi dall’interno” dei batteri infettati, favorendo il rilascio della progenie fagica. Esso non presenta una sequenza segnale e dunque utilizza un meccanismo di secrezione particolare. In realtà il fago codifica delle piccole proteine holine che si accumulano nel citoplasma dell’ospite, determinando la formazione di un buco (hole) nella membrana batterica che favorisce la lisi grazie all’uscita dell’enzima litico Gpe (Grundling et al., 2000). Il lisozima Gp5, invece è una proteina strutturalmente essenziale con un’attività litica fondamentale in assenza di Gpe (Kao e McClain, 1980 A; Nakagawa et al., 1985). Si tratta di una proteina localizzata alla base del fago, il cui sito attivo è presente nella sua porzione centrale. Gp5 è sintetizzato come un precursore di 575 residui amminoacidici, mentre la forma matura di 44 KDa, si compone di 351 amminoacidi (Kanamaru et al., 1999). La sua estremità N-terminale, prodotta in seguito ad un taglio post-traduzionale, consente la trimerizzazione della proteina (Kawabata et al., 2000). Il fago T4 presenta un gene gps (Gene Product S) il cui prodotto Sp, protegge le cellule infettate dalla lisi provocata dal lisozima Gp5, il quale è responsabile della “lisi dall’interno” in assenza di Sp e Gpe. Mutazioni in gps infatti determinano la lisi in assenza di Gpe (Kao e McClain, 1980 B). Dunque in condizioni normali il fago utilizza per la lisi il lisozima Gpe e non Gp5. La proteina VS.1 possiede una significativa similarità di sequenza con SLT70 (Solubile Lytic Murein Transglycosylase) di E. coli, un lisozima, periplasmatico, avente una sequenza segnale, che taglia i ponti glicosidici β-1,4 tra l’acido N-acetil-muramico e la N-acetil-D-glucosamina, presenti nei peptidoglicani della parete batterica. Sebbene SLT70 non mostra significativa 122 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 similarità di sequenza con il lisozima del fago T4, una relazione evolutiva, basata sulla similarità della struttura tridimensionale è suggerita (Thunnissen et al., 1995; (Kawabata et al., 2000) (figura 29). L’allineamento della sequenza di VS.1 e SLT70, presenta una debole omologia (19 residui conservati su 86 allineati), anche se la regione contenente i siti di legame è altamente conservata. Al contrario SLT70 mostra una larga α−α superelica di 450 amminoacidi, presente nella sua regione N-terminale ed assente in VS.1. Questi dati suggeriscono che VS.1 potrebbe essere il terzo lisozima del fago T4, ed è ovvio chiedersi come mai VS.1 non provochi la lisi delle cellule infettate. Probabilmente esiste un meccanismo che maschera questo effetto litico. Il clone contenente il gene vs.1 è incapace di crescere in presenza di arabinosio (AraS). Dei soppressori cromosomici di tale gene sono stati ricercati per capire il ruolo di VS.1. Tutti i mutanti identificati con l’uso di varie strategie, descritte nel capitolo dei risultati, sono dei mutanti nel gene rpoA, che sull’espressione del vettore PBAD. 123 ha effetto INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Figura 29: Dominio C-terminale del lisozima SLT70 di E. coli. I ligandi, N-acetil-Dglucosammina e acido-N-acetilmuramico sono mostrati con un modello a palle e bastoncini. La porzione colorata rappresenta la parte omologa tra SLT70 e VS.1 (Kawabata et al., 2000). 124 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 La RNA polimerasi di E. coli e la trascrizione In E. coli è presente una sola RNA polimerasi, associata di volta in volta a differenti sub-unità σ che ne permettono la localizzazione a livello dei promotori di specifici gruppi di geni. Al contrario, negli eucarioti sono presenti tre diverse RNA polimerasi: la RNAPI presiede alla sintesi degli rRNA, la RNAPII catalizza la sintesi degli mRNA, la RNAPIII catalizza la sintesi dei tRNA e dei piccoli RNA. L’oloenzima della RNA polimerasi di E. coli è composto da quattro differenti sub-unità, α2ββ′σ. Il core α2ββ’ è la parte attiva della RNA polimerasi, mentre il legame della sub-unità σ è richiesto per la fase di iniziazione dei promotori. σ70 è il fattore σ primario che lega il core della RNAP guidandolo verso un vasto numero di promotori di geni essenziali per la crescita. L’interazione tra σ70 ed il core della RNAP, permette il legame specifico con il DNA (Dombroski et al., 1993). L’analisi della struttura di σ70, mostra che i residui che legano il core della RNAP sono localizzati nella parte opposta rispetto a quelli capaci di legare il DNA (Malhotra et al., 1996). σ70 è il fattore predominante durante la fase di crescita esponenziale (Jishage et al., 1996). Cambiamenti nelle condizioni di crescita, come heat shock o crescita in fase stazionaria, determinano la sostituzione di σ70 con altri fattori σ (Ozaki et al., 1991), provocando il mancato riconoscimento dei promotori e causando una riduzione del livello di molti RNA e proteine, inclusi vari componenti della macchina di sintesi proteica (Fujita e Ishihama, 1987; Magnusson et al., 2003). σ70, dunque compete con altri fattori σ, come ad esempio σ38, specifico della fase stazionaria, nel legame con il core della RNAP (Farewell et al., 1998). La funzione di σ70 è bloccata da specifici fattori anti-σ, proteine della fase stazionaria che legano σ70. Altro fondamentale fattore per l’assemblaggio del complesso di trascrizione è la proteina CAP (Catabolite Activating Protein), che interagisce con una sequenza consenso di 11 nucleotidi, presente a monte del sito di inizio, facendo 125 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 assumere al promotore la corretta topologia affinché la RNA polimerasi possa creare un legame stabile col DNA. La proteina CAP interagisce con l’oloenzima sia a livello di σ, sia a livello del dominio C-terminale di α2. A questo punto, il fattore σ70 favorisce il melting del promotore e quindi l’inizio della trascrizione (Young et al., 2004). Le due sub-unità β (RpoB) e β′ (RpoC) della RNA polimerasi sono particolarmente importanti nel fenomeno di melting. Entrambe interagiscono con il DNA e contribuiscono al sito attivo della RNAP (Landick et al., 1990). Inoltre due regioni conservate, presenti alla estremità C-terminale di RpoB sono richieste per l’assemblaggio della RNAP (Wang et al., 1997). Il complesso RNAP-σ riconosce, la sequenza –35 del promotore (Buckle et al., 1999) e si estende poi fino alla posizione +20, grazie ad interazioni che coinvolgono oltre al fattore σ anche le due sub-unità β e β′ (Brodolin et al., 1993). Quando il legame è completo, l’elica del DNA si apre dalla posizione –12/-10 fino alla posizione +2 (Tsujikawa et al., 2002), determinando così il fenomeno di melting del promotore. Vari fattori modulano la forza di un promotore, influenzando l’inizio della trascrizione e la quantità di trascritto prodotto. Entrambe le sequenze –35 e –10 e la distanza tra esse sono molto importanti (Miksch et al., 2005). La regione – 10 (TATAbox) è importante per l’apertura dell’elica del DNA, così come il motivo TTGACA in posizione –35. Inoltre, elementi a monte del promotore (UPs: Upstream Promoter), localizzati nelle regioni –40/-60, possono stimolare la trascrizione anche in assenza di fattori σ (Fredrick e Helmann, 1997). A questo punto la RNA polimerasi può cominciare a trascrivere il DNA e ad appaiare le corrette basi al fine di sintetizzare il trascritto primario (RNA non ancora processato): questa fase di “messa a registro” è la più critica, al punto che si hanno diversi inizi abortivi in cui la RNA polimerasi non riesce a sintetizzare un filamento di RNA sufficientemente lungo da determinare dei cambiamenti conformazionali in tutto il complesso, in modo che il fattore σ si stacchi, i legami tra la RNA polimerasi ed il DNA diventino aspecifici, e CAP 126 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 non sia più necessaria. Probabilmente il tutto viene indotto dall’allungamento dell’ibrido RNA-DNA, che nel momento in cui supera le 9-10 paia di basi crea un ingombro sterico tale da indurre il rilascio di tutti gli altri fattori, secondo il fenomeno di clearance del promotore, che coinvolge il rilascio del promotore e la perdita del fattore σ. In sintesi, l’assemblaggio del complesso di trascrizione basale segue delle fasi ben precise. La sub-unita α1 contatta la sub-unità α2 e tale dimero ha già la capacità di legare il DNA anche se in maniera aspecifica. A questo punto si legano le sub-unità catalitiche β e β′, responsabili del riconoscimento delle singole basi di DNA, a cui appaiano le corrette basi complementari. La proteina CAP, legata ad una regione ricca in AT, distorce il DNA (de Gunzburg, 1985). Anche grazie a questa distorsione, σ contatta un’ampia regione del promotore in modo da reclutare la RNA polimerasi, che comincia la lettura del filamento antisenso (3’->5’) e quindi inizia a sintetizzare l’ibrido DNA-RNA, lungo 9-10 paia di basi. L’evento che dà il via alla reazione è la denaturazione locale del DNA, che forma la cosiddetta bolla di trascrizione. Inizia così la fase di elongazione del trascritto di RNA, in cui un filamento di DNA viene trascritto senza che vi sia una distruzione permanente della doppia elica. La trascrizione procede in direzione 5’→3’. Più precisamente, il filamento lungo il quale il DNA viene “letto”, detto filamento stampo, è percorso dall’enzima in direzione 3’→5’. Il nuovo filamento di RNA, identico al filamento senso viene sintetizzato a partire dal suo 5’. Durante questa fase soltanto 30-40 bp del DNA sono in contatto con la RNA polimerasi, piuttosto delle 75 o più, in contatto durante la fase di inziazione. I segnali di terminazione sono nella sequenza di DNA, ma espletano la loro funzione solo quando sono trascritti in mRNA. Essi possono indurre l’RNA di nuova sintesi ad assumere una struttura secondaria (generalmente delle forcine di terminazione) tale da destabilizzare e far staccare la RNA polimerasi, nel caso dei terminatori forti Rho-indipendenti. La struttura a forcina si forma 127 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 grazie all’elevata presenza di guanine e citosine che instaurano tra loro tre legami ad idrogeno. A valle della zona a forcina si trova una sequenza di poliU: questo significa che sul DNA è presente una sequenza di poliA, e poiché l’appaiamento tra A ed U è il più debole esistente, il distacco dell’mRNA dal DNA, e la conseguente terminazione della trascrizione viene favorita. Se il terminatore non è sufficientemente forte, e questo può accadere quando non è presente la zona poliU, è necessaria una sequenza con una alta affinità per la proteina Rho, un fattore di terminazione intergenico che stacca il trascritto primario dal complesso di trascrizione. Rho lega l’mRNA in determinati punti, raggiunge la RNA polimerasi e promuove il distacco del DNA quando la polimerasi si sofferma su un terminatore o quando i ribosomi si staccano per la presenza di un codone di terminazione, lasciando a Rho lo spazio necessario per legare l’mRNA. La cinetica ed il meccanismo della trascrizione sono stati studiati a lungo e con varie tecniche biochimico-cristallografiche, capaci di mettere in evidenza in tempo reale le caratteristiche della RNAP e del complesso di trascrizione, e le varie fasi in cui la RNAP riconosce il promotore, inizia la trascrizione, fa delle pause lungo il DNA, corregge eventuali errori ed in fine termina la trascrizione (Bai et al., 2006; Herbert et al., 2008). RpoA La sub-unità α della RNAP, detta RpoA si compone di 329 residui amminoacidici e, come detto in precedenza, ha un ruolo chiave nell’assemblaggio della RNAP (Ishihama, 1981). Studi in vivo (Hayward et al., 1991) ed in vitro (Kimura et al., 1994), condotti analizzando mutanti aventi delezioni in rpoA, hanno messo in evidenza come molti dei suoi 94 residui Cterminali possono essere rimossi senza impedire l’assemblaggio della RNAP. La regione C-terminale prossimale è necessaria per la regolazione della trascrizione, non soltanto con gli attivatori trascrizionali come ad esempio CAP 128 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 (Igarashi et al., 1991), ma anche con il repressore GalR (Choy et al., 1995). I fattori di trascrizione che richiedono il dominio C-terminale di RpoA, vengono definiti come fattori di classe I. Molti di questi fattori legano regioni del DNA localizzate a monte della regione –35 del promotore. La regione C-terminale di RpoA, ha inoltre un ruolo nel riconoscimento degli elementi UPs, ricchi in AT, che aumentano l’inizio della trascrizione (Ross et al., 2003). Il dominio Cterminale (α-CTD, residui 249-329, figura 30) di RpoA ha un ruolo chiave nell’inizio della trascrizione in molti promotori dipendenti da attivatori trascrizionali, ed è in grado di interagire con il DNA oltre che con i regolatori della trascrizione. Questo dominio è connesso al dominio N-terminale (α-NTD, residui 8-235), regione importante per le interazioni con la RNAP, grazie ad un linker di 13 residui amminoacidici, che consente un alto grado di motilità all’ αCTD (Meng et al., 2000). Studi di mutazioni hanno mostrato che i residui amminoacidici richiesti per la trascrizione CAP-dipendente, sono localizzati nella regione α-CTD di RpoA compresa tra gli amminoacidi 258 e 270 (Tang et al., 1994). Per comprendere il ruolo di ognuno di questi amminoacidi, sono state condotte mutagenesi sistematiche per creare una serie di mutanti contenenti una singola sostituzione. L’abilità delle RNAP mutanti a rispondere a CAP o agli elementi UPs è esaminata in reazioni di trascrizione in vitro, usando i promotori lacP1 (CAPdipendente) e rrnBP1 (UPs-dipendente). I risultati identificano i residui di RpoA coinvolti nelle interazioni con CAP e con gli elementi UPs (Muratami et al., 1996). Tre differenti mutanti rpoA (gro109, sez e phs), sono stati largamente e diffusamente studiati. La mutazione gro109 (L290H) conferisce resistenza al fago P2 come conseguenza del fallimento dell’inizio della trascrizione tardiva (Sunshine e Sauer, 1975). La mutazione sez (P323L) sopprime l’effetto pleiotropico dell’allele envZ473, un allele rpoA, e determina quindi un aumento della trascrizione dei geni affetti (Garrett e Silhavy, 1987). 129 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Il terzo allele identificato è l’allele rpoA341 (K271E), originariamente definito mutante phs, il quale conferisce un difetto di crescita in presenza di melibiosio, glutammato e arabinosio ed una autrofia che può essere soddisfatta da metionina e cisteina (Giffard et al., 1985). L’allele rpoA341 determina un difetto trascrizionale di alcuni geni regolati positivamente. L’analisi condotta su diversi promotori di geni regolati positivamente (Giffard e Booth, 1988), ha messo in evidenza come tre operoni sono influenzati da questa mutazione, e precisamente l’operone melAB, il locus cys ed il regulone ara. Interessante è il risultato per il locus cys, dove soltanto l’espressione di CysA è seriamente danneggiata dalla mutazione rpoA341, mentre nell’operone ara, tutti e tre i loci araE, araBAD, araFGH, sono danneggiati trascrizionalmente dalla mutazione rpoA341. Questi risultati evidenziano che rpoA341 causa dei difetti di trascrizione, e ciò suggerisce che la sub-unità α (RpoA) della RNAP ha un ruolo diretto nell’inizio della trascrizione di operoni regolati positivamente. Gli studi condotti sugli altri due alleli rpoA (gro109 ed envZ473) sostengono questa ipotesi, dal momento che in entrambi i casi la mutazione determina un cambio nella trascrizione di operoni regolati positivamente. Ognuna delle tre mutazioni interessa un gruppo differente di operoni, e la base di questa specificità può essere dovuta ai contatti tra la RNAP e le molecole che fungono da regolatori positivi. 130 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 A B C Figura 30: struttura dell’α α-CTD di RpoA. A) Struttura secondaria dell’α-CTD, ottenuta mediante risonanza magnetica nucleare. Sono evidenti le due strutture elica-giro-elica ed il residuo Arg265, importante per l’interazione con il solco minore dell’elica del DNA (Young et al., 1995). B) Localizzazione dei residui importanti per l’attivazione del promotore proP P2 ad opera della proteina Fis. Tale promotore possiede anche un sito di legame per CAP. Sono evidenziate sei mutazioni che riducono l’efficienza della trascrizione. La regione 271-273, in rosso, necessaria per il legame con la proteina Fis e le regioni 264-265, 296-297 necessarie per il legame con il DNA. E’ mostrato il residuo K271, la cui mutazione (K271E), origina il mutante rpoA341 (McLeod et al., 2002) C) Struttura tridimensionale con i residui necessari per l’attivazione del promotore PM del fago λ, attivato dalla proteina cI. I residui 265 e 287 sono necessari per il legame agli elementi UPs del promotore. In evidenza il residuo 287 importante per l’interazione con la proteina CAP (Kedzierska et al. 2007). 131 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 L’operone arabinosio: struttura e regolazione Escherichia coli può crescere su L-arabinosio come sola sorgente di carbonio. L’arabinosio deve quindi essere assorbito dal terreno di coltura e metabolizzato. Sono necessarie per questo processo varie proteine codificate dall’operone arabinosio: araB, araA, araD, codificano per enzimi in grado di convertire Larabinosio in D-xilulosio-5-fosfato; i geni araE, araF, araG e araH codificano per proteine richieste per il trasporto attivo dell’arabinosio all’interno della cellula. Le proteine AraF, AraG, AraH sono necessarie per il trasporto ad alta affinità e bassa capacità, ATP dipendente, mentre AraE favorisce il trasporto a bassa affinità ed alta capacità, guidato da un gradiente protonico (Kolodrubetz e Schleif, 1981). Infine il gene araC, codifica per una proteina che regola l’espressione degli altri geni ara. I siti richiesti per l’espressione dei geni araBAD, sono il sito di legame per la RNAP, il sito di legame per la proteina AraC, il sito araI, ed il sito di legame per la proteina CAP detta anche CRP (AMPc Receptor Protein). Sempre nella regione contenente questi siti, si trovano altri siti coinvolti nella regolazione e nell’espressione del gene araC. Si tratta del sito operatore araO1 al quale si lega la proteina AraC per reprimere l’espressione del promotore PC. Un terzo sito di legame per AraC, detto araO2, è importante per il meccanismo di regolazione. Esistono due meccanismi di regolazione positiva e negativa dei geni araBAD, ed il coinvolgimento di CAP, suggerisce un alto livello di complessità del sistema. AraC può legare tre siti nelle regione regolatrice araBAD, si tratta dei siti araI (Induction), araO1, araO2. Secondo il modello proposto, in assenza di arabinosio e di proteina CAP, la proteina AraC lega entrambi i siti araI ed araO2, originando un loop nel DNA. La formazione di questo loop aiuta la proteina AraC a reprimere l’inizio della trascrizione dal sito di legame adiacente per la RNAP. Quando invece sia l’arabinosio che AMPcCAP sono presenti, la repressione non è più a lungo possibile. Il loop si apre, ed i suoi componenti adottano una conformazione differente, favorendo il legame 132 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 della RNAP (Dunn et al., 1984; Martin et al., 1986; Scheilf, 2000, 2003). La proteina AraC stimola, in presenza di arabinosio, l’inizio della trascrizione a partire dal promotore PBAD, mentre al promotore PC, AraC agisce negativamente sia in presenza che in assenza di arabinosio. Essa funziona come omodimero. Ogni monomero possiede due domini, un dominio di dimerizzazione Nterminale capace anche di legare l’arabinosio e un dominio C-terminale di legame al DNA (Cass e Wilcox, 1986; Francklyn e Lee, 1988; Menon e Lee, 1990). Questi due domini sono connessi da un linker flessibile. In assenza di arabinosio, il dimero AraC, è legato ai siti araO2 ed araI1, separati da 210 bp, formando un loop che reprime la trascrizione sia di PC che di PBAD, bloccando stericamente l’accesso della RNAP ai due promotori e probabilmente anche della proteina CAP. In presenza di arabinosio, AraC, legata appunto all’arabinosio, interagisce a sua volta con i due emi-siti araI1 ed araI2, conseguentemente la RNAP ha accesso al promotore PBAD, così come CAP può legarsi accanto agli emi-siti araO1L ed araO1R. L’importanza dell’arabinosio è dimostrata da esperimenti in cui è utilizzato il D-fucosio, un substrato analogo all’L-arabinosio, capace di legare la proteina AraC, ma incapace di attivare la trascrizione (Schleif, 2000). Un fenomeno ancora poco chiaro è la derepressione transiente del promotore PC in seguito alla presenza di arabinosio. L’attività di questo promotore aumenta di circa 10 volte subito dopo l’aggiunta di arabinosio, ma ritorna ai valori pre-induzione, circa 10 minuti dopo. Questo comportamento è spiegabile con l’ipotesi che l’apertura del loop consente alla RNAP di legarsi al PC, fin quando AraC non lega il sito araO1 (Scheilf, 2000) (figura 25). AraC e la RNAP competono per il legame al promotore PC (Scheilf, 2000, 2003). Questo modello è sostenuto da esperienze in cui l’aggiunta o la delezione di DNA tra i siti araI e araO2, determina un’alterazione nell’orientazione angolare, interferendo con la repressione (Shore e Baldwin, 1983). Numerosi esperimenti di inserzione e delezione di regioni di DNA (helical twist) hanno 133 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 confermato l’esistenza del loop. L’inserzione o la delezione di 5 bp di DNA in una regione non essenziale tra il promotore PBAD e l’emi-sito araO2, determina l’introduzione di mezzo giro di elica nel DNA, che interferisce con la repressione di PBAD, in assenza di arabinosio, provocando un aumento di 5-10 volte nel livello di trascrizione basale. Il mezzo giro d’elica originato con l’inserzione di 5 bp di DNA, determina infatti la rotazione di uno dei due siti cui la proteina AraC è legata, ostacolando il formarsi del loop. Al contrario l’inserzione di un numero di bp che determina l’introduzione di giri di elica completi non interferisce con la repressione (Scheilf, 2000, 2003). 134 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Figura 31: Regolazione dell’operone L-arabinosio. Struttura della proteina omodimerica AraC (a), e delle regioni regolatrici PC e PBAD, in assenza (b) ed in presenza (c) di arabinosio. Gli elementi regolatori O2, I1, I2, sono emi-siti di 17 bp capaci di legare una sub-unità di AraC, mentre O1 è formato da due emi-siti, O1L, O1R, che legano due sub-unità di AraC. In assenza di arabinosio, il loop impedisce l’accesso della RNAP al PC ed al PBAD; probabilmente il sito di legame per la proteina CAP è ugualmente inaccessibile. In presenza di arabinosio, AraC lega gli emi-siti I1 e I2, e conseguentemente il loop scompare e la RNAP ha libero accesso al PBAD, così come CAP può legarsi al suo sito. RNAP e AraC competono inoltre per il legame al PC e ad O1 (Schleif, 2000). 135 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 L’aspetto ancor oggi poco chiaro del meccanismo di regolazione dell’operone arabinosio è la fase di legame della RNAP al promotore PBAD. Regolatori positivi della trascrizione possono stimolare il legame della RNAP o la formazione di complessi aperti RNAP-DNA, trascrizionalmente competenti. Studi sul meccanismo di azione della proteina CAP (Busby e Ebright, 1999), mostrano che i regolatori positivi incrementano il legame della RNAP al promotore e/o accelerano la conversione del complesso chiuso RNAP-DNA in un complesso aperto capace di iniziare la trascrizione. Sono stati evidenziati contatti tra la proteina CAP e la RNAP. Il sito di contatto nella RNAP può includere il fattore σ, la regione N-terminale e la regione C-terminale di RpoA (sub-unità α della RNAP). La proteina CAP è un omodimero di 45KDa (Kolb et al. 1993). Ogni monomero presenta un dominio N-terminale (residui 1-139) ed un dominio C-terminale (residui 140-209) (Busby e Ebright, 1999). Il dominio N-terminale è responsabile della dimerizzazione e delle interazioni con l’effettore allosterico AMPc, il quale lega CAP, inducendo un cambio conformazionale, che determina una conformazione competente per il legame al DNA. Il dominio C-terminale è invece responsabile delle interazioni con il DNA, riconoscendo uno specifico sito di 22 bp (5’AAATGTGATCTAGATCACATTT-3’) (Busby e Ebright, 1999). I promotori la cui attivazione è dipendente da CAP, si dividono in tre gruppi: i promotori di classe I (lac), necessitano della sola presenza di CAP per l’attivazione della trascrizione, e presentano un solo sito di legame per CAP, nella regione 61.5 bp a monte del sito di iniziazione. Il promotore lac presenta una sequenza –45 che permette l’attivazione della trascrizione anche in assenza di CAP (Czarniecki et al., 1997). La proteina CAP interagisce con la regione αCTD di RpoA. Per identificare i siti di legame, studi su una libreria di mutanti rpoA, generata mediante mutagenesi per PCR e testata in base alla capacità di attivare il gene reporter lacZ, hanno messo in evidenza come le mutazioni sono localizzate nei siti 258-265, della regione α-CTD (Zou et al., 1992; Tang et al., 136 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 2007). Tale regione è dunque necessaria per l’attivazione CAP-dipendente del promotore. I promotori di classe II (galP), sono simili a quelli di classe I, dai quali differiscono per il sito di legame di CAP che si sovrappone al sito di legame per la RNAP. Infine i promotori di classe III (araBAD), richiedono molteplici attivatori per la trascrizione (Zhang e Schleif, 1998). Inoltre AraC stimola il legame della RNAP e la formazione del complesso aperto RNAPDNA ed anche essa, così come CAP, può interagire con la RNAP. In sintesi, (figura 26), l’RNAP può contattare, mediante la sua sub-unità α (RpoA) sia le due proteine CAP e AraC, che il DNA presente tra i siti di legame di queste due proteine. Il meccanismo è ancor oggi poco chiaro e dunque potrebbe risultare alquanto interessante, cercare di chiarirlo. Per questo motivo nell’ultima parte di questo lavoro di tesi, sono stati effettati una serie di esperimenti per mettere in evidenza un alquanto probabile contatto RpoA-AraC. Tale meccanismo però necessita di ulteriori chiarimenti. 137 INTRODUZIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Figura 32: Contatti tra la RNA polimerasi ed il promotore PBAD. Probabili contatti tra il dominio C-terminale della sub-unità α (RpoA) della RNA polimerasi e le proteine CAP e AraC. RpoA probabilmente interagisce anche con la regione di DNA presente tra i siti di legame per le due proteine CAP e AraC. In rosso è mostrato l’arabinosio legato ad AraC (Schleif, 2000). 138 PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Presentazione della ricerca Una libreria del DNA del fago T4 è stata costruita utilizzando il vettore pBAD18, che permette una espressione inducibile con l’arabinosio (Guzmann et al., 1995). Uno screening su piastre indicatrici in presenza di arabinosio ha evidenziato che il 5% dei frammenti contiene degli inserti che impediscono la crescita in presenza di arabinosio (definiti “tossici”, cioè AraS). Il frammento contenente il DNA del gene vs.1, che presenta una ipotetica sequenza segnale, è stato studiato. Questo gene è incapace di crescere in presenza di arabinosio, sia in un ceppo wild-type (high ColE1 copy number 20-40 copie/cellula), sia in un ceppo pcnB (low ColE1 copy number 2-4 copie/cellula). Si tratta di un gene che potrebbe codificare per un lisozima omologo del lisozima SLT70 di E. coli (Thunnissen et al., 1995; Kawabata et al., 2000). Visto che il lisozima Gp5 del fago T4, può essere inibito dalla proteina Sp, dei soppressori cromosomici del gene vs.1 sono stati ricercati. La difficoltà nell’isolare dei soppressori porta ad ipotizzare che vs.1 non può essere bloccato da una proteina bersaglio. Tutti i mutanti identificati come soppressori di vs.1 sono dei mutanti nel gene che codifica la sub-unità α della RNA polimerasi (RpoA). In rapporto a questo risultato, la regolazione dell’espressione del promotore PBAD dell’operone arabinosio maggiore è stata studiata. I risultati mostrano (figura 42) come nel mutante rpoA341, si ha una riduzione di circa il 50% dell’espressione del promotore PBAD rispetto al ceppo wild type. Inoltre è stato studiato l’effetto del G6P (glucosio-6-fosfato) un inibitore della sintesi dell’AMPc (Mikuniya et al., 2005). In assenza di CAP funzionante si ha una limitata differenza nell’espressione di PBAD. Secondo la letteratura (Schleif, 2000, 2003) sono possibili interazioni tra RpoA-AraC, RpoA-CAP o RpoA-DNA. Sulla base di questa esperienza, i contatti RpoA-AraC dovrebbero essere molto più importanti dei contatti RpoA-CAP. Visti questi probabili contatti RpoA-AraC, 139 PRESENTAZIONE DELLA RICERCA: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 eventuali mutanti nel gene araC, soppressori dei mutanti rpoA, sono stati ricercati. 140 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Studio di una proteina sconosciuta del fago T4 La proteina VS.1: lisozima del fago T4 con ipotetica sequenza segnale Il punto di partenza d questo studio, è una libreria del DNA del fago T4, costruita utilizzando il vettore pBAD18, che permette un’espressione inducibile con arabinosio (Guzman et al., 1995). Uno screening su piastre indicatrici in presenza di arabinosio ha evidenziato che il 5% dei frammenti contiene degli inserti che impediscono la crescita in presenza di arabinosio (definiti “tossici”, cioè AraS). Questa analisi presenta in realtà il limite di eventuali geni tossici presenti a valle di promotori costitutivi, che si esprimono in assenza di arabinosio e quindi non possono essere clonati. Un frammento contiene quasi esclusivamente il gene vs.1, che presenta una ipotetica sequenza segnale. Tale frammento è stato ottenuto a partire dal clone 10 presentato in figura 33. Questo gene è incapace di crescere in presenza di arabinosio, sia in un ceppo wild type (high ColE1 copy number 20-40 copie/cellula), sia in un ceppo pcnB (low ColE1 copy number 2-4 copie/cellula). Come prima cosa, visto che il plasmide che contiene la sequenza del gene vs.1 presenta solo la resistenza all’ampicillina, la cassetta che porta la resistenza alla kanamicina è stata in esso clonata, originando così il vettore pBAD18-vs.1-Kn, che è stato trasformato nei ceppi DB550 e DB502, aventi diverso background genetico. Delle diluizioni di cellule sono state depositate su piastre LB-agar, in presenza di ampicillina, kanamicina e arabinosio (figura 34). L’esperienza è stata inoltre ripetuta nel ceppo pcnB (dati non mostrati). Il plasmide è tossico in tutte le condizioni testate. 141 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 delEcoRI delNheI -StyI delEcoRI -StyI delSphI delEcoNI -StyI EcoNI 512 SphI 691 StyI 1260 vs.1 EcoRI 1714 tk .4 vs 500 tk .2 tk .3 1000 Clone 10_t4 EcoRI 2111 tk .1 1500 2000 (2116 bps ) Figura 33: Schema del clone 10 ottenuto da una libreria del DNA del fago T4 clonata nel vettore inducibile pBAD18. I cloni successivi sono stati ottenuti mediante delezioni per testare il fenotipo in presenza di arabinosio dei vari geni presenti nel clone di partenza. Alcuni cloni conferiscono un fenotipo AraS (grassetto), mentre altri AraR. Il clone delSphI di circa 700 bp, che contiene quasi esclusivamente la sequenza del gene vs.1, è utilizzato in questo studio. I cloni delSphI e delEcoNi-StyI sono prodotti a partire dal clone delEcoRI-StyI. Il fenotipo dei geni tk.1, tk.2, tk.3 e vs è stato testato con i cloni intermediari: essi conferiscono tutti un fenotipo AraR, mentre il fenotipo del gene tk.4 non è stato analizzato. 142 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 arabinosio -- arabinosio DB502 DB502 DB502 arabinosio ++ arabinosio DB550 DB550 DB502 Figura 34: Tossicità di vs.1. Analisi su LB-agar-Ap-Kn della tossicità del plasmide pBAD18-vs.1-Ap-Kn in presenza di arabinosio (destra) e come controllo in assenza di arabinosio (sinistra). Colture dei ceppi di E. coli DB550 (derivato da MC1000) e DB502 (derivato da MC4100) diluite serialmente 10-1-10-7. Per vedere se la tossicità è reversibile, colture vengono indotte con arabinosio per un tempo di 20, 40 o 60 minuti, e infine piastrate su LB-agar contenente ampicillina e kanamicina, in assenza di arabinosio. L’analisi del numero di colonie cresciute (figura 35), paragonata con il numero delle colonie presenti prima dell’induzione, mostra, dopo 60 minuti di induzione, una reversibilità di circa il 32% nel ceppo DB550, mentre il fenotipo è quasi irreversibile (2% di reversibilità) nel ceppo DB502. Per analizzare questa differenza nei due ceppi di E. coli, è stata effettuata una curva di crescita del plasmide pBAD18-vs.1-Kn in DB502 e DB550. Come si nota, i due ceppi si comportano differentemente anche in coltura liquida. In DB550, si nota un blocco della crescita, mentre in DB502 si osserva una lisi cellulare; con un vettore controllo pBAD22-Kn non si ha una inibizione della crescita. Inoltre si osserva in DB502 un blocco della crescita dopo circa 40 minuti di induzione, mentre in DB550 occorrono circa 140 minuti per il blocco della crescita (figura 36). La lisi osservata in DB502 conferma che VS.1 ha un’attività di lisozima. 143 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 DB502 DB550 160 140 % di sopravvivenza 120 100 80 60 40 20 0 0 20 40 60 T e m p o (m in .) Figura 35: Reversibilità della tossicità di vs.1. Analisi del plasmide pBAD18-vs.1-Kn nei ceppi DB550 e DB502. Il grafico mostra la percentuale di sopravvivenza, cioè la media (di tre conteggi) del numero di cellule cresciute su LB-agar-Ap-Kn, dopo 20, 40 o 60 minuti di induzione con arabinosio. Il tempo zero rappresenta la situazione di partenza, prima dell’induzione di VS.1. 144 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 VS.1/DB550 VS.1/DHB3 VS.1/DB502 VS.1/DB502 Tempo (min.) Minute s 1 20 40 40 60 80 80 100 120 140 160 160 180 120 OD600 nm 0 O ott tt O Tempo (min.) Minutes Diluizio 200 220 200 240 240 VS.1 -ara VS.1 +ar +ara 1 o 0 40 40 120 120 80 80 160 160 240 240 -ara -ara VS.1 0.1 0.1 Lisi 200 200 Blocco della crescita OD600 nm Diluizio +ara +ara VS.1 0.1 0.1 pBAD22-Kn/DB502 Tempo (min.) 1 40 80 120 160 200 240 OD600 nm 0 - ara +ara 0,1 Figura 36: Curva di crescita di E. coli in presenza ed in assenza di VS1. Andamento semilogaritmico della crescita a 37 °C di due colture del plasmide pBAD18-vs.1-Kn (in alto) nei ceppi DB502 e DB550, in assenza (-ara) o in presenza (+ara) di VS.1. In basso, andamento della crescita del plasmide controllo pBAD22-Kn nel ceppo DB502. I grafici riportano la densità ottica a 600 nm, in funzione del tempo, dopo induzione con arabinosio (tempo zero in figura). La crescita è seguita in media per 230 minuti, diluendo opportunamente la coltura quando la densità ottica misurata si avvicina al valore 1 (indicato in figura con una freccia). 145 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 A questo punto, si è cercato di isolare dei soppressori cromosomici del gene vs.1, effettuando varie mutagenesi del ceppo DB502 contenente il plasmide pBAD18-vs.1-Kn, in cui si osserva la lisi batterica in presenza di arabinosio. Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: trasposizione mediante uso di miniTet Per isolare eventuali mutanti spontanei, soppressori cromosomici di vs.1, 24 colture indipendenti di DB502/pBAD18-vs.1-Kn sono state piastrate e analizzate su LB-agar-Ap-Kn. Il DNA plasmidico di un singolo clone AraR di ognuna delle 24 colture indipendenti è stato trasformato in DB502 e piastrato su LB-agar-Ap-Kn-arabinosio. Tutti e 24 i DNA plasmidici analizzati hanno un fenotipo AraR, sono dunque dei mutanti plasmidici. Una mutagenesi del ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn è stata effettuata usando il minitrasposone TetR presente nel fago λ miniTet1098 (minitrasposone che si inserisce aleatoriamente nel cromosoma batterico; una volta inserito è stabile, perché il fago che contiene la trasposasi è incapace di lisogenizzare nelle condizioni utilizzate; Way et al., 1984). Dopo aver verificato il numero di cellule aventi il trasposone (circa 5 x 105 in totale nella coltura), è stato calcolato, in rapporto alla grandezza del genoma di E. coli (4.5 Mbasi), il numero di eventi di trasposizione, stimando 1 evento/10 bp, dunque una buona efficienza della mutagenesi. Opportune diluizioni della coltura mutagenizzata sono state piastrate su LB-agar-Ap-Kn-Tet +/-arabinosio. Un pool di circa 105 colonie è stato usato per preparare uno stock di fagi P1, trasdotto poi nel ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn, testando circa 2.2 x 105 colonie TetR. Poiché i geni di E. coli sono circa 4000 geni, sono state stimate circa 50 colonie TetR/gene. La selezione su LB-agar-Ap-Kn-Tet-arabinosio, evidenzia 1 sola colonia AraR il cui DNA plasmidico è stato trasformato in DB502 e analizzato su LB-agarAp-Kn-arabinosio. Si tratta di un mutante plasmidico. 146 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 In conclusione, mediante l’uso di un minitrasposone TetR non sono stati ottenuti dei mutanti di inserzione AraR soppressori del gene vs.1. Dunque la tossicità di vs.1 non richiede la collaborazione di un gene non essenziale di E. coli. Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutagenesi con irradiazione UV Il ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn è stato mutagenizzato con raggi UV. Effettuando uno screening di circa 5 x 104 colonie su LB-agar-Ap-Knarabinosio, sono stati ottenuti 45 cloni AraR. Il DNA plasmidico, mostra che 6/45 dei DNA analizzati mantengono ancora il fenotipo AraS, dunque sono stati ottenuti 6 mutanti soppressori cromosomici (MUV8, 10, 11, 12, 13, 14). Studio di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutanti rpoA Per caratterizzare i 6 soppressori cromosomici di vs.1, uno di questi mutanti (MUV11) è stato infettato con il fago λ miniTet1098, in modo da ottenere un trasposone TetR inserito vicino al soppressore. Il numero totale di cellule in cui il trasposone si è inserito è di circa 1.5 x 106. Un pool è stato usato per preparare un stock di fagi P1. I fagi prodotti permettono di effettuare una trasduzione generalizzata nel ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn. Testando circa 5.5 x 103 colonie trasduttanti, sono stati ottenuti 9 cloni AraR. Essi dovrebbero avere inserito il soppressore legato al Tn10. Da due di questi trasduttanti AraR (MUV11A e MUV11B), è stato preparato uno stock di fagi P1, in modo da analizzare la percentuale di cotrasduzione TetR-AraR, che è stata rispettivamente di 9/24 (MUV11A) e 10/24 (MUV11B), cioè circa il 40%. Il gene in cui si ha la mutazione soppressore deve essere circa 10-20 Kb distante dal Tn10. Degli incroci sono stati effettuati per individuare la posizione dei Tn10 inseriti vicino agli altri 5 mutanti MUV 8, 10, 12, 13, 14. Dopo trasduzione generalizzata dei 147 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 mutanti MUV8A-8B……MUV14A-14B TetR-AraR nel ceppo DB502/pBAD18vs.1-Kn, è stato verificato che il Tn10 ed il soppressore sono legati. Scegliendo trasduttanti TetR-AraS, i vari Tn10 sono stati trasdotti nel mutante MUV11, per vedere se i vari soppressori sono legati. La percentuale di cotrasduzione TetRAraS osservata per i vari incroci è la seguente: MUV8A e 8B in MUV11: 7/12 AraS e 7/12 AraS MUV10A e 10B in MUV11: 8/12 AraS e 6/12 AraS MUV12A e 12B in MUV11: 10/12 AraS e 10/12 AraS MUV13A e 13B in MUV11: 8/12 AraS e 12/12 AraS MUV14A e 14B in MUV11: 4/12 AraS e 8/12 AraS Tali percentuali indicano che anche negli altri mutanti il Tn10 è localizzato in una posizione simile rispetto a quelli inseriti in MUV11A e MUV11B. In conclusione tutti e sei i soppressori isolati dopo mutagenesi UV dovrebbero essere localizzati in geni vicini o magari nello stesso gene. Per determinare la posizione del Tn10 in questi mutanti, il DNA genomico dei due ceppi MUV11A e MUV11B è stato digerito con Sau3AI, diluito ed incubato con la DNA ligasi per ottenere dei frammenti circolari. Amplificazioni per PCR, usando i primers pah1 e pah2 divergentemente orientati per la fine del trasposone, permettono di ottenere dei frammenti lineari in cui il DNA genomico dalla posizione di inserzione è legato alla estremità del Tn10 (figura 51, materiali e metodi, Higashitani et al., 1994). La sequenza dei frammenti ottenuti mostra che nel mutante MUV11A il trasposone è localizzato nel gene envR (73.51 minuti), mentre nel MUV11B nel gene gspO (74.65 minuti). Identificata la posizione del Tn10, occorre capire dove è avvenuta la mutazione che protegge dall’induzione di VS.1. Vista la posizione dei due Tn10 (figura 37), tale mutazione deve essere in un gene localizzato tra di essi. La trasduzione con il marcatore gspA::Tn10 nel mutante MUV11 mostra che 46/48 delle colonie TetR sono AraS, confermando dunque la localizzazione. Come si 148 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 vede nella figura 37, localizzati vicino al gspA::Tn10, ci sono il gene secY e il gene rpoA. Mutazioni nel gene rpoA che interferiscono con l’induzione di PBAD sono state descritte (Giffard et al., 1985; Bost e Belin, 1995). Il DNA cromosomico di MUV11 è stato amplificato con i primers pRpoAup e pRpoAdown e sequenziato con gli stessi primers. Il risultato della sequenza mostra che la soppressione della tossicità nel ceppo MUV11 è legata alla mutazione (K271I) in rpoA. MUV11B:10/24 TetR-AraR MUV11A: 9/24 TetR-AraR 46/48 TetR-AraS rpoA secY 73.5 envR 74.35 gspA 74.6 gspO 74.05 74.15 Figura 37: Identificazione della posizione dei Tn10 legati ad un soppressore cromosomico di vs.1. Schema della strategia usata per identificare la posizione del Tn10 nei mutanti TetR-AraR MUV11A e MUV11B. La percentuale di cotrasduzione dei trasposoni TetR e del marcatore AraR sono illustrate in figura. La posizione dei geni è espressa in minuti. La distanza tra i geni envR e gspO è di 52 Kb. 149 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Caratterizzazione dei mutanti rpoA Il mutante rpoA341 interferisce con la regolazione positiva dell’inizio della trascrizione dell’operone arabinosio e del locus cysA del regulone cys (Giffard e Booth, 1988). Esso è incapace di crescere su terreno minimo mentre tale deficit può essere corretto aggiungendo al terreno di coltura 1% CAA (Casamminoacidi che contengono cisteina e metionina). I mutanti UV sono stati analizzati su terreno minimo (figura 38). I MUV10, 11, 12, 13 hanno lo stesso fenotipo del ceppo DB512, un altro rpoA341 isolato, mentre i mutanti MUV 8, 14 hanno un fenotipo simile al ceppo DB502 ed al ceppo DB511, mutante secY L407F usato come controllo. Si potrebbero avere due categorie di mutanti, un gruppo possibilmente mutato in secY ed uno in rpoA. Questa ipotesi è plausibile visto che, come si vede dalla figura 37, questi due geni sono distanti solamente 2 Kb. Per testare se realmente si hanno delle mutazioni in secY, il vettore pKY248 (in cui gene secY wild-type è espresso) e il controllo pACY184, sono stati trasformati nei MUV8 e MUV14, aventi fenopito AraR. Tali mutanti mantengono il fenotipo AraR, non si ha dunque complementazione delle ipotetiche mutazioni in secY, e dunque non si tratta di mutanti in secY. 150 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutante UV MUV8 MUV10 MUV11 (rpoA K271I) MUV12 MUV13 MUV14 DB512 (rpoA341 K271E) DB511 (secYL407F) DB502 Crescita su M630.2% glucosio + + - Crescita su M630.2% glucosio + 1% CAA + + + + + + + + + + + Figura 38: Crescita su terreno minimo dei ceppi soppressori cromosomici di vs.1. Analisi della crescita su M63-0.2%glucosio +/- 1%CAA dei sei mutanti UV. Si osservano due gruppi di mutanti capaci ed incapaci di crescere su terreno minimo. I mutanti MUV sono tutti derivati dal ceppo DB502 e contengono, così come il ceppo DB502, il plasmide pBAD18-vs.1-Kn. I due ceppi DB511 e DB512 hanno rispettivamente la mutazione secYL407F e rpoA341, strettamente legate in esperimenti di trasduzione. Anche nei mutanti MUV8, 10, 12, 13, 14 dovrebbe esserci una mutazione nel gene rpoA come quella già identificata nel MUV11. La sequenza del gene rpoA, ottenuta mediante PCR con i primers pRpoAup e pRpoAdown, mostra che tutti i soppressori contengono mutazioni in rpoA (figura 39). Le mutazioni L270F, K271I e K271E sono state isolate due volte in questo lavoro. La sostituzione di K271 è stata isolata parecchie volte: K271E, descritta per la prima volta da Giffard e Booth (1988) è stata anche isolata come soppressore della tossicità di PAI2-PhoA (Bost e Belin, 1995). La sostituzione K271 era già stata isolata una volta in laboratorio come soppressore di PAI2-PhoA. Infine L270F, mai isolata prima, è particolarmente interessante visto che distingue l’attivazione di PBAD da quella di cysA, in quanto non impedisce la crescita su terreno minimo. 151 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutante UV Mutazione in rpoA MUV8, MUV14 L270F MUV10, MUV12 K271E (rpoA341) MUV11, MUV13 K271I Figura 39: Mutazioni identificate nei sei mutanti UV, soppressori di vs.1. Risultati del sequenziamento dei mutanti UV con i primers pRpoAup e pRpoAdown. Studio dei mutanti rpoA Per studiare i mutanti rpoA precedentemente caratterizzati, è stato utilizzato il plasmide pBAD101-lacZ (low copy), al fine di analizzare gli effetti trascrizionali di RpoA sul gene reporter lacZ. Questo plasmide è stato trasformato nei ceppi mutanti rpoA (L270F, K271I, K271E) e nel ceppo wild type rpoA+ (DB502). Un dosaggio dell’attività β-galattosidasi è stato effettuato in assenza o dopo induzione di un’ora con arabinosio (figura 40). Stranamente non ci sono grandi differenze nel dosaggio tra i mutanti e il ceppo wild type. L’analisi è stata ripetuta utilizzando il plasmide pBAD24-lacZ (high copy). Anche in questo caso, non ci sono grandi differenze tra i ceppi mutanti e il ceppo wild type. Inoltre, le unità di β-galattosidasi sono più basse rispetto al dosaggio effettuato con il plasmide low copy pBAD101-lacZ. In conclusione il dosaggio dell’attività β-galattosidasi, non può essere utilizzato per studiare i ceppi mutanti rpoA. Per dare una spiegazione a questo risultato e capire se esso sia dovuto al tempo eccessivo di induzione con arabinosio (1 ora), sarà utile effettuare un’esperienza in cui l’induzione sia di 10-20 minuti. Inoltre una spiegazione potrebbe aversi effettuando degli studi sulla sintesi dell’RNA. E’ possibile che a causa dell’alto livello di espressione con pBAD24, la traduzione non sia più proporzionata alla velocità di trascrizione. 152 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 3000 Beta-gal Units -ara +ara pBAD101-lacZ 2000 1000 0 L270F rpoA341(K271E) K271I rpoA+ -ara +ara pBAD24-lacZ Beta-gal Units 3000 2000 1000 0 rpoA341(K271E) K271I rpoA+ Figura 40: Dosaggio dell’attività β -galattosidasi nei mutanti rpoA e nel ceppo wild type. Sono stati utilizzati i plasmidi pBAD101-lacZ e pBAD24-lacZ, trasformati nei ceppi derivati dai mutanti rpoA (K271E, K271I, L270F) e nel ceppo rpoA+ (DB502). Le colture sono state indotte per 1 ora a 37 °C con arabinosio. I ceppi aventi le mutazioni rpoA ( K271E, K271I) sono ottenuti trasducendo il Tn10 dei mutanti di partenza nel ceppo wild type ed analizzando la crescita su terreno minimo, dopo selezione su LB contenente tetraciclina. rpoA (L270F), incapace di crescere su terreno minimo, è ottenuto trasformando il plasmide pBAD18-vs.1-Kn in cellule competenti TetR, ed isolando un ceppo TetR-AraR. I plasmidi con il gene reporter lacZ sono stati trasformati nel ceppo cosi’ isolato e privo di vs.1. I risultati sono espressi in unità di β-galattosidasi. L’analisi è condotta in triplicato ed in figura è rappresentata la media con la rispettiva banda di errore. 153 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Sono stati analizzati gli effetti dei mutanti rpoA sull’espressione di PAI2PhoA, una proteina chimerica in cui i 52 residui N-terminali di PAI2 sono fusi alla porzione matura di PhoA, clonata nel vettore inducibile con arabinosio pBAD18-Kn. Alti livelli di espressione di questa proteina chimerica interferiscono con la crescita cellulare (Belin et al., 2004) e la mutazione rpoA341, riduce l’espressione della proteina chimerica in modo sufficiente a sopprimere la tossicità (Bost e Belin, 1995). Il plasmide pBAD-hAhB-E2K-E3K è stato trasformato nei ceppi mutanti rpoA (L270F, K271I, K271E) e nel ceppo rpoA+ (DB502). Dopo induzione di 20 minuti con arabinosio, le proteine sintetizzate sono state marcate con un pulse di 35 S-metionina ed immunoprecipitate con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA (figura 41). Nei ceppi mutanti si osserva una riduzione dell’espressione di PAI2-PhoA, già notevole con rpoA (L270F), ma che diventa massima con rpoA341 (K271E). Visto che l’espressione di PAI2-PhoA è tossica in DB502 (rpoA+) l’esperienza è stata ripetuta usando il plasmide pBAD-hAhB, con il quale si ha meno sintesi rispetto a pBAD-hAhB-E2K-E3K e inoltre non si ha tossicità. I risultati non mostrati, evidenziano che la sintesi proteica è troppo bassa per poter effettuare un’analisi quantitativa. E’ stato utilizzato un altro plasmide pBAD-hAhB-E2K, con il quale si ha una sintesi simile al plasmide pBAD-hAhB-E2K-E3K, ma che risulta essere meno tossico rispetto a quest’ultimo. L’analisi di colture di questo plasmide trasformato nel ceppo mutante rpoA341 (K271E) è presentata nella figura 42. Lo schema evidenzia come in rpoA341 si ha una riduzione di circa il 50% dell’espressione di PA2-PhoA, rispetto al ceppo rpoA+. Questa riduzione è inferiore a quella vista in figura 41. Questi dati suggeriscono che l’effetto di rpoA341 sembra dipendere dalle sequenze a valle del sito di inizio della trascrizione. L’espressione di PBAD dipende non solo da AraC ma anche da CAP, un attivatore dipendente dall’AMPc (Dunn et al., 1984; Martin et al., 1986; Scheilf, 2000, 2003). La figura 42 mostra una piccola differenza di 154 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 espressione nel ceppo rpoA+ in presenza di G6P (glucosio-6-fosfato) un inibitore della sintesi dell’AMPc (Mikuniya et al., 2005). Ciò vuol dire che, nel ceppo rpoA+, la proteina CAP attiva ha un piccolo effetto sull’espressione di PAI2-PhoA. Nel ceppo rpoA341 si osserva una riduzione nella sintesi di PAI2PhoA rispetto a rpoA+, e l’espressione residuale è anche dipendente dall’AMPc. Dunque, nel ceppo rpoA341, la trascrizione di PBAD risponde ancora alla proteina CAP attiva. Riprendendo le ipotesi presenti in letteratura (Schleif, 2000, 2003) secondo le quali sono possibili interazioni tra RpoA-AraC, RpoA-CAP e RpoA-DNA, questa esperienza suggerisce che i contatti attivanti di RpoA, indeboliti dalla sostituzione K271E, dovrebbero riguardare i contatti AraC-RpoA. Sintesi relativa di PAI2-PhoA 5 PhoA/OmpA 4 3 2 1 0 L270F K271I rpoA341(K271E) rpoA+ Cloni rpoA Figura 41: Sintesi relativa della proteina PAI2-PhoA nei mutanti rpoA e nel ceppo rpoA+. Le colture del plasmide pBAD-hAhB-E2K-E3K trasformato nel ceppo rpoA+ (DB502) e nei ceppi mutanti rpoA L270F, rpoA K271I, rpoA341 (K271E), sono cresciute in M63+ e indotte 20 minuti con arabinosio 2%. Le proteine vengono marcate con un pulse (30 secondi) di 35 S-metionina e immunoprecipitate con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA. I risultati sono espressi come rapporto tra quantità di proteina PhoA e OmpA. L’analisi è condotta in triplicato ed in figura è rappresentata la media con la rispettiva banda di errore. 155 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 -G6P +G6P -G6P +G6P PAI2-PhoA OmpA rpoA+ rpoA341(K271E) Sintesi relativa di PAI2-PhoA PhoA/OmpA 15 10 5 0 rpoA+ rpoA+ (G6P) rpoA341 rpoA341 (G6P) Figura 42: Espressione della proteina PAI2-PhoA e sintesi relativa di PAI2-PhoA nel ceppo rpoA+ (DB502) e nel ceppo mutante rpoA341 (K271E). In alto: Le colture del plasmide pBAD-hAhB-E2K trasformato nel ceppo mutante e in DB502, in assenza o dopo aggiunta di G6P 10 mM, (aggiunto 10 minuti prima dell’induzione con arabinosio), sono cresciute in M63+ è indotte 20 minuti con arabinosio 2%. Le proteine sintetizzate sono state marcate con un pulse (30 secondi) di 35 S-metionina e immunoprecipitate con anticorpi anti- PhoA e anti-OmpA. L’analisi è effettuata in triplicato ed in figura sono mostrati in sequenza colture del plasmide pBAD-hAhB-E2K nei ceppi rpoA+, rpoA++G6P, rpoA341 e rpoA341+G6P. In basso: quantificazione del gel mostrato in alto. La figura presenta la media del rapporto PhoA/OmpA con la rispettiva banda di errore dell’esperienza condotta in triplicato. 156 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA341 Condizioni ottimali per una selezione rpoA+/rpoA341 Per studiare l’attivazione trascrizionale mediata dal CTD di RpoA sono stati ricercati dei soppressori del mutante rpoA341 nel gene araC, visti i probabili contatti RpoA-AraC, messi in evidenza nella sezione precedente. E’ necessario, avere a disposizione dei plasmidi che consentano uno screening rpoA+/rpoA341, in modo da poter distinguere i soppressori di rpoA341, aventi un fenotipo simile a quello rpoA+. Per questo screening è stata utilizzata la sequenza segnale mutata MalE18 presente nei due ceppi isogenici GP31 (rpoA+) e GP32 (rpoA341). Visto che l’effetto delle mutazioni nella sequenza segnale è spesso amplificato in assenza di secG, sono stati preparati anche i ceppi GP33 (rpoA+,secG::Kn) e GP34 (rpoA341, secG::Kn). I ceppi GP31, GP32, GP33, GP34 sono stati testati su vari terreni di coltura e a varie temperature, per evidenziare eventuali differenze in presenza degli alleli rpoA+ o rpoA341, differenze da utilizzare per isolare in seguito dei soppressori di rpoA341. I risultati sono riepilogati nella figura 43 e mostrano come rpoA341 è cold-sensitive su LB. In terreno minimo-glucosio, rpoA341 non cresce perché diminuisce l’espressione di cysA, interferisce cioè con la regolazione positiva dell’inizio della trascrizione del locus cys. Il gene cysA è necessario per il trasporto dello zolfo inorganico dall’esterno verso l’interno: in sua assenza la cellula non può produrre gli amminoacidi contenenti zolfo, cisteina e metionina (Giffard e Booth, 1988). Inoltre secG::Kn impedisce la crescita su terreno minimo-maltosio sia del ceppo rpoA+ che di rpoA341: la mutazione rpoA341 non ha effetti sul promotore dell’operone mal, il quale è regolato positivamente dalla proteina MalT. Ciò potrebbe essere utilizzato per studiare delle interazioni MalT-RpoA. 157 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Le sequenze dei geni malE+ (MC4100) e malE18 (DB504) sono state amplificate, usando i primers pMalEup e pMalEdown, allo scopo di utilizzare dei plasmidi contenenti la sequenza segnale di malE, al fine di poter isolare dei soppressori di rpoA341 su terreno minimo-maltosio. Lo scopo è di fornire abbastanza proteina MalE nel periplasma in modo da permettere la crescita soltanto delle cellule fenotipicamente rpoA+. I geni, malE+ e malE18, sono stati clonati nei vettori pBAD24 (40 copie/cellula) e pBAD101 (4 copie/cellula). Inoltre è stato preparato anche il plasmide pBAD24-malE18-Eco-blunt, in cui l’ATG è spostato di 4 basi dalla sequenza di Shine-Dalgarno capace di legare il ribosoma, determinando così una minore sintesi proteica. I cinque plasmidi (pBAD24-malE+, pBAD24-malE18, pBAD101-malE+, pBAD101-malE18, pBAD24-malE18-Eco-blunt) sono stati testati nei ceppi GP31, GP32, GP33, GP34, cercando di trovare una condizione necessaria per la selezione. In nessun si hanno differenze nella crescita. L’esperienza è stata ripetuta utilizzando il ceppo DB512 (rpoA341, gspA::Tn10), visto che il ceppo GP34 (rpoA341, gsp::Tn10, secG::Kn) cresce in modo non ottimale su LB-agar. I ceppi GP35, GP36, GP37, GP38, sono stati preparati in maniera analoga a GP31-34, trasformando poi in essi i 5 plasmidi descritti in precedenza. Anche in questo caso non si hanno differenze nella crescita. In conclusione, non è stato possibile utilizzare il terreno minimomaltosio+cys-met e i vari plasmidi esprimenti MalE dal promotore PBAD, per isolare dei soppressori di rpoA341. 158 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Terreno di coltura e temperature di crescita GP31 GP33 GP32 GP34 LB, 23 °C + + - - LB, 30 °C + + + +/- LB, 37 °C + + + +/- M63-glucosio, 23 °C + + - - M63-glucosio, 30 °C + + - - M63-glucosio, 37 °C + + - - M63-glucosio + Cys-Met, 23 °C + + + + M63-glucosio + Cys-Met, 30 °C + + + + M63-glucosio + Cys-Met, 37 °C + + + + M63-maltosio, 23 °C +/- - - - M63-maltosio, 30 °C + - - - M63-maltosio, 37 °C + - - - M63-maltosio + Cys-Met, 23 °C +/- - +/- - M63-maltosio + Cys-Met, 30 °C + - + - M63-maltosio + Cys-Met, 37 °C + - + - rpoA rpoA+ rpoA+ rpoA341 rpoA341 secG secG+ SecG::Kn secG+ SecG::Kn Figura 43: Crescita su diversi terreni di coltura e a temperature differenti di ceppi isogenici rpoA+ e rpoA341. Analisi dei ceppi GP31-GP32 (ceppi isogenici DB504, rpoA+rpoA341), GP33-GP34 (ceppi isogenici 504, rpoA+-rpoA341, secG ::Kn). Il segno + indica crescita, mentre il segno – assenza di crescita. 159 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Visto che l’espressione di MalE non ha fornito un metodo di selezione, si è cercato di identificare uno screening basato su PhoA. Sono stati testati vari plasmidi contenenti phoA, con mutazioni nella sequenza segnale, e dei plasmidi che invece presentano una mutazione nella sequenza segnale di malE fusa alla porzione matura di phoA, utilizzando nuovamente i ceppi GP35, GP36, GP37, GP38. L’analisi su piastre indicatrici, ha evidenziato una differenza di colore tra il ceppo rpoA+ ed il ceppo rpoA341. Tuttavia è necessario utilizzare dei ceppi in cui il gene phoA endogeno sia assente, invece che solamente represso come nel caso dei ceppi derivati da MC4100 (phoA+) cresciuti in presenza di fosfato inorganico. Sono stati utilizzati i ceppi isogenici GP39 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+) e GP40 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341) derivati da DB550 (MC1000, malF∆3, phoA∆(PvuII), phoR). I plasmidi p609-616 sono stati trasformati nei ceppi GP41 e GP42, isogenici dei ceppi GP39 e GP40, ma contenenti il marcatore secG::Kn, e analizzati su piastre indicatrici LB-agar-Ap-XParabinosio. Tra tutti i plasmidi, il plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA) presenta la più evidente differenza di colore: colonie blu scuro per il ceppo rpoA+ contro colonie blu chiaro per il ceppo rpoA341. 160 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutanti spontanei, mutagenesi UV e con nitrosoguanidina del plasmide p614 Poché è stato difficile identificare mediante uno screening dei soppressori spontanei, è stata effettuata una mutagenesi con l’uso degli agenti mutageni UV e nitrosoguanidina. Innanzi tutto è stato testato il miglior tempo di irradiazione UV, per una coltura del plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA) in GP42 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn), irradiando con UV per 1, 2, 4, 6, 10 minuti e trasformando il DNA mutagenizzato nel ceppo DH5α. La conta del numero di colonie cresciute su LB-agar-Ap, paragonate alle colonie ottenute prima dell’irradiazione UV, ha mostrato come a 10 minuti di irradiazione si ottiene circa il 6% di capacità di trasformazione (in confronto al 10% a 6 minuti, 23% a 4 minuti, 40% a 2 minuti, 65% a 1 minuto). Con questo plasmide mutagenizzato a 10 minuti, mediante trasformazione in DH5α sono state isolate circa 4 x 104 colonie. Questa tappa permette la replicazione e la segregazione prima dell’isolamento del DNA plasmidico. Allo stesso tempo è stata effettuata una mutagenesi con l’uso di nitrosoguanidina (50 µg/ml, 5 minuti a 37 °C) di una coltura del plasmide p614 in GP42. Una trasformazione in DH5α ha evidenziato il numero di colonie bianche (mutate), rispetto alle colonie blu chiaro (wild type), aventi i plasmidi ApR con una mutazione che determina una perdita di funzione sia in araC che nel reporter malE::phoA. Sono state ottenute 3 bianche/800 blu chiaro. Circa 4.5 x 104 trasformanti sono stati analizzati, dunque in totale 160 mutazioni su circa 4.5 x 104, considerando solamente mutazioni che inattivano l’espressione di PhoA. Questo valore rappresenta circa uno 0.4% di efficienza della mutagenesi e visto che araC + malE::phoA rappresentano invece circa il 35% del plasmide p614, la mutagenesi è poco efficiente. Il DNA amplificato del plasmide p614 mutagenizzato con UV e con nitrosoguanidina, è stato comunque introdotto per elettroporazione in cellule GP42. Uno screening su LB-Ap-Xp-arabinosio di circa 5 x 104 colonie, ha 161 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 evidenziato 65 colonie bianche e 2 sole colonie blu scuro, soppressori di rpoA341 o revertanti di malE16. Questi risultati mostrano che la percentuale di colonie bianche non è stata sufficiente. I plasmidi dei due cloni blu scuro prodotti sono stati sequenziati con i primers pBadup2, pMBPdown e pAraCend. Uno dei due cloni, non ha alcuna mutazione, si tratta di un mutante copy number, mentre l’altro ha una mutazione nella sequenza segnale di malE (S in F, 3 amminoacidi a monte di malE16). Per questo mutante è stato effettuato un dosaggio quantitativo della fosfatasi alcalina nei ceppi rpoA+ e rpoA341 ed una cinetica nei ceppi DB550 (secG+) e DB551 (secG::Kn). I risultati, presentati nella figura 44, mostrano che l’esporto di PhoA nel caso di malE16 S13F è incrementato, e risulta secG-indipendente e rpoAindipendente. Infine l’esporto in rpoA341 è inferiore rispetto a rpoA+. Probabilmente la mutazione malE16 S13F, compensa gli effetti della mutazione rpoA341 sull’esporto di PhoA.Tale mutante malE16 S13F è simile allo pseudorevertante RbsB16 (Ser16His), descritto nella prima parte di questo lavoro. 162 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 PhoA Units 300 200 100 0 malE16 S13F/rpoA+ PhoA Units secG+ delsecG malE16 S13F/rpoA341 malE16/rpoA+ malE16/rpoA341 malE16 S13F 400 200 0 10 20 40 60 Induzione (min.) Figura 44: Dosaggio e cinetica di esporto di PhoA codificata da un prodotto (malE16 S13F) ottenuto da una mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide p614 (pBAD24malE16-phoA). In alto: dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina, dopo induzione di 1 ora con arabinosio, dei plasmidi malE16 S13F e malE16, trasformati nei ceppi GP41 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn,) e GP42 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn). L’analisi è condotta in triplicato ed il valore medio, con corrispondente banda di errore, è rappresentato in figura. In basso: cinetica di esporto di PhoA, dopo induzione di 10, 20, 40, 60 minuti con arabinosio, del mutante malE16 S13F trasformato nei ceppi DB550 (secG+) e DB551 (secG:.Kn). L’analisi è effettuata in triplicato ed il valore medio, con corrispondente banda di errore, è rappresentato in figura. 163 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Vista la scarsa efficienza della mutagenesi precedente, è stata effettuata una nuova mutagenesi con nitrosoguanidina a 37 °C (50 µg/ml) e a tempi superiori (30, 45, 60 minuti), di una coltura di p614 in GP42. Dopo trasformazione in DH5α, il numero di colonie bianche (mutate) rispetto alle blu chiaro (wild type) mostra la frequenza di plasmidi ApR aventi una mutazione che determina una perdita di funzione sia in araC che nel reporter malE::phoA. Sono state ottenute 200 colonie bianche/550 blu chiaro. Circa 3 x 104 trasformanti sono stati analizzati, dunque in totale circa 1.1 x 104 mutazioni su 3 x 104, considerando solamente le mutazioni che inattivano l’espressione di PhoA. Questo valore rappresenta circa un 37% di efficienza della mutagenesi e visto che araC + malE::phoA rappresentano il 35% del plasmide p614, la mutagenesi sembra efficiente. Il DNA amplificato del plasmide p614 mutagenizzato, è stato introdotto per elettroporazione in cellule GP42. Uno screening su LB-Ap-Xparabinosio di circa 4 x 104 colonie, ha evidenziato 30 colonie blu scuro, soppressori di rpoA341 o revertanti di malE16. Un dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina è stato effettuato per i 30 cloni prodotti (figura 45). Con 4 cloni (B11, B18, B20, B21) le cui unità di PhoA sono più elevate rispetto a tutti gli altri, è stato effettuato un dosaggio quantitativo nei ceppi GP41 (rpoA+) e GP42 (rpoA341), per analizzare l’effetto degli alleli rpoA (figura 46). Solo i mutanti B11 e B18 sono poco influenzati da rpoA341. Il sequenziamento di questi due mutanti, effettuato usando i primers pMBPdown e pAraCend, ha evidenziato che essi non presentano mutazioni né in araC, né in malE, né nella regione regolatrice della trascrizione localizzata tra araC e malE16-phoA. La mutazione è probabilmente localizzata nel Tn-phoA o nel vettore plasmidico. B21, sequenziato con i primers pMBPdown, pAraCend e pBADup2, ha una mutazione, P in T, localizzata 32 amminoacidi a valle della mutazione malE16, cioè nel Tn-phoA. In conclusione, non sono stati ottenuti dei mutanti in araC soppressori di rpoA341, per studiare l’attivazione trascrizionale mediata dal CTD di RpoA. 164 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 80 PhoA Units 60 40 20 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 B1 1 12 13 14 15 16 1 B17 8 19 B2 B20 1 22 23 24 25 26 27 28 p 2 p6 61 14 4/r 39 p /rp o 0 oA A + 34 1 0 Cloni Figura 45: Dosaggio, nel ceppo rpoA341, dell’esporto della proteina PhoA codificata da 30 cloni ottenuti con una mutagenesi del plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA). Analisi quantitativa dell’attività della fosfatasi alcalina di 30 mutanti prodotti con una mutagenesi del plasmide p614 con nitrosoguanidina (50 µg/ml), per 30, 45, 60 minuti a 37 °C. L’analisi è stata effettuata in triplicato, dopo una induzione di 1 ora con arabinosio, nel ceppo GP42 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn). Il valore medio, con la rispettiva banda di errore è mostrato in figura. Il plasmide controllo p614, è dosato oltre che in GP42 anche nel ceppo GP41 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn). Le unità di PhoA sono relativamente basse, trattandosi di un dosaggio nel ceppo rpoA341, e molti dei 30 cloni isolati presentano una unità di PhoA, più bassa del plasmide controllo: probabilmente l’analisi qualitativa che aveva consentito la discriminazione sulla base di una differenza di colore, blu scuro/blu chiaro, non era corretta. 165 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 PhoA Units 200 100 1 14 /rp p6 oA 14 + /rp oA 34 1 A 34 p6 A + B2 1 /rp o 1 /rp o A 34 B2 1 A + /rp o B2 0 /rp o 1 B2 0 A 34 A + B1 8 /rp o 1 /rp o A 34 B1 8 /rp o B1 1 B1 1 /rp o A + 0 Cloni Figura 46: Dosaggio, nei ceppi rpoA+ e rpoA341, dell’esporto della proteina PhoA codificata da 4 prodotti di mutagenesi del plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA). Analisi quantitativa dell’attività della fosfatasi alcalina, dopo induzione di 1 ora con arabinosio, di colture dei mutanti B11, B18, B20, B21 prodotti della mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide p614. L’analisi è effettuata in triplicato, nei ceppi GP41 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn) e GP42 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn), ed il valore medio, con la rispettiva banda di errore, è mostrato in figura. Il plasmide p614 è il controllo. Il mutante B20, in realtà non è un clone positivo, perché ha la stessa attività del plasmide controllo p614. 166 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Il numero dei nucleotidi di un plasmide e la sua attività Il numero dei nucleotidi di un plasmide influenza la sua attività, come è ampiamente mostrato in letteratura (Schleif, 2003). Quattro nucletodi sono stati aggiunti a valle della sequenza di phoA nel plasmide p614 (digestione con SalI, T4 DNA polimerasi e self-ligazione). Il plasmide p614+4nt, così ottenuto, ed il controllo p614 sono stati trasformati nei ceppi rpoA+ e rpoA341, effettuando un pulse di 35S-metionina ed una immunoprecipitazione con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA, in modo da studiare gli effetti di questi due plasmidi sull’espressione della proteina MalE16-PhoA. I risultati sono presentati nella figura 47. Il numero dei nucleotidi influenza l’attività del plasmide nel ceppo rpoA+, mentre in rpoA341, non si possono osservare grandi differenze, vista la scarsa sintesi proteica. 167 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Sintesi relativa di MalE16-PhoA 20 PhoA/OmpA 15 10 5 0 p614/rpoA+ p614/rpoA341 p614+4nt/rpoA+ p614+4nt/rpoA341 Figura 47: Rapporto della sintesi di MalE16-PhoA e OmpA, nei ceppi rpoA+ e rpoA341. La proteina MalE16-PhoA è codificata dal plasmide p614 (pBAD24-malE16-phoA) in cui sono stati aggiunti 4 nucleotidi a valle della sequenza di phoA. Le colture dei plasmidi p614 e p614+4 nucleotidi nei ceppi GP39 (DB550, gspA::Tn10, rpoA+) e GP40 (DB550, gspA::Tn10, rpoA341), sono state indotte per 20 minuti con arabinosio 2%. Le proteine sintetizzate sono state marcate con un pulse di 30 secondi di 35 S-metionina e immunoprecipitate con anticorpi anti-PhoA e anti-OmpA. L’analisi è stata effettuata in triplicato ed il valore medio, con la rispettiva banda di errore, è mostrato in figura. 168 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD-hAhB-E3K Visto che con il plasmide p614 utilizzato in precedenza non sono stati isolati dei soppressori di rpoA341 in araC, sono stati testati altri plasmidi per i quali lo screening rpoA+/rpoA341 risulti migliore. Sono stati analizzati i plasmidi pBAD-hAhB-E2K-E3K, pBAD-hA, pBAD-hA-E2K, pBAD-hAhB-E3K, contenenti le sequenze di PAI2 ed alcuni plasmidi contenenti la sequenza segnale mutata della proteina maspina (una proteina precursore della serpina B5, che viene secreta efficacemente, quando mutata, nello spazio extracellulare), clonata davanti la porzione matura di PhoA (#42-maspina normale S38A+C34F, #21-maspina corta S38I, #26-maspina tronca S36L, #16maspina corta tronca P32K). L’analisi su piastre indicatrici contenenti LBagarAp-Xp-arabinosio ha mostrato come tra tutti i plasmidi analizzati, pBADhAhB-E3K presenta una più facile discriminazione di colore: blu scuro in rpoA+ e blu chiaro in rpoA341. Una nuova mutagenesi con nitrosoguanidina a 37 °C (100 µg/ml) e a tempi differenti (5, 10, 15, 30 minuti) di una coltura di pBAD-hAhB-E3K è stata efficace, visto il numero di colonie bianche (mutate) rispetto alle colonie blu chiaro (wild type). 18% di colonie bianche a 5 minuti, 20% a 10 minuti, 24% a 15 minuti, 25% a 30 minuti. Un pool di questo plasmide mutagenizzato da 5 a 30 minuti è stato trasformato in DH5α, ottenendo circa 5 x 104 trasformanti. Grazie ad elettroporazione e screening in cellule GP38 (DB504, gsp::Tn10, rpoA341, secG::Kn), sono state isolate circa 1.8 x 104 colonie, ottenendo 9 colonie blu scuro. L’attività della fosfatasi alcalina di questi 9 cloni è stata misurata nei ceppi GP37 (DB504, gsp::Tn10, rpoA+, secG::Kn) e GP38 (DB504, gsp::Tn10 rpoA341, secG::Kn), per evidenziare un eventuale effetto dell’allele rpoA (figura 48). I risultati, mostrano due cloni (7,10 e 8,10) in cui l’effetto dell’allele rpoA341 è molto debole. Il sequenziamento dei due cloni 7,10, 8,10, utilizzando i primers pAraCend e pP2F, non ha evidenziato una mutazione nel gene araC o nella regione regolatrice. 169 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Esporto di PAI2-PhoA PhoA units 100 50 1, 1, 5/A 5/ + A 4, 341 4, 10/ 10 A+ /A 7, 341 7, 10/ 10 A+ /A 8, 341 8, 10/ 10 A+ /A 11 34 11 ,15 1 ,1 /A 5/ + A 12 34 12 ,15 1 ,1 /A 5/ + A 14 34 14 ,15 1 ,1 /A 5/ + A 15 34 , 15 15 1 ,1 /A 5/ + A pB 16 34 pB AD 16 ,15 1 AD -h ,1 /A -h Ah 5/A + Ah B- 34 B- E3 1 E3 K/ K/ A+ A3 41 0 Cloni Figura 48: Esporto della proteina PAI2-PhoA nei ceppi rpoA341 e rpoA+. Dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina per 9 cloni, prodotti da una mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD-hAhB-E3K, trasformati nei ceppi GP37 (DB504, gsp::Tn10, rpoA+, secG::Kn) e GP38 (DB504, gsp::Tn10, rpoA341, secG::Kn). Le colture sono state indotte per 1 ora con arabinosio. Il dosaggio è stato effettuato in triplicato e la media, con la rispettiva banda di errore, è mostrata in figura. La figura evidenzia i cloni 7,10 e 8,10 poco influenzati da rpoA341. Altri due cloni, 1,5 e 11,15 sono invece influenzati da rpoA341. 170 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutagenesi con idrossilammina del plasmide pBAD33 Per avere maggiori probabilità di ottenere dei soppressori di rpoA341 contenenti mutazioni nel gene araC, è stata cambiata la strategia, mutagenizzando il plasmide pBAD33. Lo screening seguente rivela l’azione di AraC, prodotto da pBAD33 in trans, su un altro plasmide non mutato che contiene un reporter espresso come in precedenza dal promotore PBAD. Il plasmide pBAD33 è stato mutagenizzato con idrossilammina (che muta originando solo transizioni G:C in A:T), in modo da avere maggiori probabilità di evidenziare gli effetti in trans. La scelta dell’idrossilammina è dovuta all’analisi del mutante rpoA341 (K271E) in cui si ha la mutazione AAA in GAA. Dunque la mutagenesi che origina per esempio la transizione GAA in AAA, dovrebbe compensare l’effetto di rpoA341. Il numero di trasformanti ottenuti in DH5α, in rapporto ai trasformanti ottenuti con il plasmide non mutato è mostrato in figura 49. La tappa di trasferimento del plasmide in un altro ceppo è importante poiché l’idrossilammina genera soltanto una lesione e perciò un eterozigote mutazionale deve essere replicato. 171 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Efficienza di trasformazione 5000 2500 Numero di trasformanti 7500 0 0 1 2 4 6 8 23 Mutagenesi (ore) Figura 49: Efficienza di trasformazione del plasmide pBAD33 mutagenizzato con idrossilammina. Numero di trasformanti ottenuti dopo trasformazione in DH5α del plasmide pBAD33 mutagenizzato a differenti tempi con idrossilammina. 172 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutagenesi con nitrosoguanidina del plasmide pBAD33 Come si vede in figura 49, a 2 ore di trattamento con idrossilammina è stata osservata circa un 2% di efficienza di trasformazione (150 trasformanti rispetto ai circa 6000 di partenza). Questo tempo è stato scelto come ottimale per effettuare la ricerca di soppressori di rpoA341 con mutazioni in araC. Circa 3.5 x 104 colonie ottenute dopo trasformazione in DH5α sono state utilizzate per trasformare il DNA plasmidico in cellule elettrocompetenti GP37 (DB504, gsp::Tn10, rpoA+, secG::Kn,) e GP38 (DB504, gsp::Tn10, rpoA341, secG::Kn) contenenti il plasmide pBAD-hAhB-E3K-delaraC. Circa 5 x 104 colonie sono state testate su LB-agar-Cm-Ap-Xp-arabinosio. Lo screening ha mostrato un 20% di colonie bianche, una percentuale che attesta la buona efficienza della mutagenesi. Il DNA di 61 colonie blu è stato trasformato in DH5α, purificando in modo da eliminare il plasmide pBAD-hAhB-E3K-delaraC. Il DNA di colonie ApS-CmR è stato trasformato in GP38 contenente il plasmide pBADhAhB-E3K-delaraC, facendo un’analisi su LB-agar-Ap-Cm-Xp-arabinosio. Sono state ottenute 29 colonie blu, per le quali è stato effettuato un dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina. Il risultato ha evidenziato come solo due cloni (30, 31), hanno unità di PhoA notevolmente maggiori rispetto al plasmide originale pBAD33 (figura 50). Il gene araC di questi due cloni è stato sequenziato, usando i primers pAraCstart e pAraCend. Esso non ha alcuna mutazione nel gene araC. Sono state effettuate altre due mutagenesi di pBAD33 con irradiazioni UV e nitrosoguanidina (100 µg/ml). Nonostante siano state testate circa 4 x 104 colonie per ogni mutagenesi, non sono stati isolati dei soppressori. 173 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Esporto di PAI2-PhoA 14 12 PhoA-Units 10 8 6 4 2 3 5 6 7 8 9 15 18 20 21 23 24 25 26 28 30 31 33 38 42 44 45 47 48 54 56 57 5 pB 68 A 0 D 33 0 Cloni Figura 50: Esporto della proteina PAI2-PhoA nel ceppo rpoA341. Dosaggio quantitativo dell’attività della fosfatasi alcalina per 29 cloni prodotti da una mutagenesi con idrossilammina del plasmide pBAD33. L’analisi è condotta nel ceppo GP38 (DB504, gsp::Tn10 rpoA341, secG::Kn), contenente il plasmide pBAD-hAhB-E3K-delaraC. Le colture sono state indotte per 1 ora con arabinosio. Il dosaggio è stato effettuato in triplicato e la media con la rispettiva banda di errore è mostrata in figura. Le unità di PhoA sono relativamente basse, trattandosi di un dosaggio nel ceppo rpoA341, ed alcuni dei 29 cloni isolati presentano una unità di PhoA, più bassa del plasmide controllo. Probabilmente l’analisi qualitativa che aveva consentito la discriminazione sulla base di una differenza di colore, blu scuro/blu chiaro, non era corretta. 174 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA N268T La mutazione rpoA (N268T) è stata ottenuta come un allele rpoA spontaneo che sopprime la tossicità di una ORF del fago T4. Probabilmente è un forte allele rpoA poiché un decremento di dieci volte nella sua espressione non è sufficiente ad attenuare la tossicità. La proteina maspina, nella forma wild type è incapace di promuovere l’esporto di PhoA in E. coli, mentre può essere convertita in sequenze segnale efficaci (Belin et al., 2004). Essa presenta una sequenza segnale inusuale con una regione C-terminale priva di un sito di taglio ed una regione N-terminale alquanto lunga. Sono stati utilizzati due plasmidi p50short-phoA e p51-phoA codificanti rispettivamente per due proteine chimeriche. p50short::phoA ottenuto per delezione di 21 dei 27 residui della regione N-terminale della maspina, contiene due mutazioni G26R, nella regione N-terminale, e S40F, nel core idrofobo; p51::phoA, ha la mutazione T37I, nel core idrofobo. Questi due plasmidi sono stati trasformati nel ceppo DB862 contenente la mutazione rpoA N268T. Essi hanno una colorazione bianca su piastre indicatrici contenenti XParabinosio, mentre nel ceppo rpoA+, presentano una colorazione blu. Si tratta quindi di una discriminazione rpoA+/ rpoA N268T basata su una differenza di colore blu-bianco, molto più netta rispetto alla colorazione blu scuro-blu chiaro utilizzata negli esperimenti precedenti. E’ stato dunque ideale sfruttare questo nuovo allele rpoA per cercare di isolare dei soppressori con queste due proteine. Dopo delezione del gene araC, questi plasmidi p50short-phoA e p51-phoA sono stati trasformati nei ceppi DB504 (rpoA+) e DB862 (rpoA N268T). Per cercare di mutare il gene araC, è stata effettuata una mutagenesi con nitrosoguanidina (50-100 µg/ml) a 70 °C e a tempi differenti (5, 10, 15, 30 minuti) di colture di pBAD33/DB550 (rec+) e di pBAD33/DH5α (rec-). La mutagenesi è risultata nettamente migliore nel ceppo DB550 (rec+) e la condizione ottimale è a 30 minuti di trattamento con nitrosoguanidina 100 µg/ml (20% di colonie bianche). Questo DNA mutagenizzato è stato 175 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 amplificato, isolando circa 105 colonie. Dopo trasformazione nel ceppo DB862 contenente uno dei due plasmidi codificanti per la maspina e privi del gene araC, sono stati ricercati dei soppressori di colore blu, cresciuti su piastre LBAp-Cm-Xp-arabinosio, in mezzo a colonie bianche. Analizzando circa 1.6 x 105 trasformanti, sono stati ottenuti 6 cloni blu (50.2, 50.3, 50.4, 50.5, 50.6, 51.2). Questi mutanti possono avere una mutazione in araC (plasmide pBAD33), delle mutazioni cromosomiche o delle mutazioni spontanee nel plasmide codificante la maspina. Il plasmide pBAD33 mutagenizzato (ApSCmR) ed il plasmide codificante la maspina (ApRCmS) sono stati separati. I plasmidi pBAD33 mutagenizzati ottenuti sono stati trasformati nel ceppo DB862, contenente uno dei due plasmidi codificanti la maspina e privi del gene araC. L’analisi su piastre indicatrici mostra come sia per il DNA di pBAD33 mutagenizzato che per quello codificante la maspina, ottenuti dalle 6 colonie blu di partenza, sono state ottenute delle colonie bianche. In conclusione, i 6 mutanti blu ottenuti mediante mutagenesi con nitrosoguanidina sono probabilmente dei mutanti cromosomici. PCR-mutagenica del plasmide pBAD33 Per mutare il gene araC, è stata effettuta una PCR-mutagenica. Il gene araC mutagenizzato è stato clonato in pBAD33-delaraC. Il DNA di circa 6 x 103 colonie è stato trasformato in DB862, contenente uno dei due plasmidi codificanti la maspina e privi del gene araC, cercando dei soppressori di colore blu, cresciuti, su piastre LB-Ap-Cm-Xp-arabinosio, in mezzo alle colonie bianche. In totale sono stati analizzati circa 5 x 104 trasformanti bianchi, ottenendo 1 colonia blu (50.8), che non presenta mutazioni nel plasmide pBAD33 e neanche nel plasmide codificante la maspina. 176 RISULTATI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Mutagenesi del plasmide pBAD33 con l’uso del sistema YM Il ceppo CC104YM (Miller, 1992) contenente delle mutazioni in mutY e mutM, è stato utilizzato per mutagenizzare il plasmide pBAD33. In questo ceppo le mutazioni introdotte sono soltanto delle trasversioni (G:C in T:A). Il DNA plasmidico di circa 5 x 105 colonie è stato trasformato nel ceppo DB862, contenente uno dei due plasmidi codificanti la proteina maspina e privi del gene araC, con l’obiettivo di individuare su piastre LB-agar-Ap-Cm-Xparabinosio, dei mutanti blu in mezzo alle colonie bianche. Sono state analizzate circa 7.7 x 104 colonie, ottenendo 1 sola colonia blu (50.7). Anche con questa strategia, i plasmidi pBAD33 e quello codificante la maspina non hanno un fenotipo diverso da quello dei plasmidi originali. In conclusione il mutante blu ottenuto (50.7) mediante mutagenesi con il ceppo CC204YM è probabilmente un mutante cromosomico. 177 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Discussione Il DNA del fago T4 si compone di circa 289 geni/ORFs, tra cui 65 sono essenziali e 77 sono geni non essenziali con una funzione nota. Piu’ di cento geni hanno invece una funzione sconosciuta. Lo screening di una libreria di frammenti del DNA del fago T4 clonati nel vettore pBAD18, ha evidenziato che il 5% dei frammenti contiene degli inserti che impediscono la crescita in presenza di arabinosio (definiti “tossici”, cioè AraS). Tra i vari cloni tossici è stato studiato il frammento contenente il gene vs.1, che presenta una ipotetica sequenza segnale. Esso è tossico (figura 29) e impedisce la crescita in presenza di arabinosio, sia in un ceppo wild type (ColE1 copy number=20-40 copie/cellula), sia in un ceppo pcnB (ColE1 copy number=2-4 copie/cellula). L’analisi della reversibilità della tossicità, ha mostrato una reversibilità di circa il 32% nel ceppo DB550 mentre il fenotipo è quasi irreversibile (2% di reversibilità) nel ceppo DB502 (figura 35). Per comprendere il motivo di questa differenza nei due ceppi di E. Coli, è stata studiata la crescita di DB550 e DB502, dopo induzione del plasmide pBAD18-vs.1-Kn. I due ceppi si comportano differentemente anche in coltura liquida (figura 36). In DB550 è stato osservato un blocco della crescita, mentre in DB502 si è avuta la lisi cellulare. 178 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Ricerca di soppressori cromosomici del gene vs.1 Sono stati ricercati dei soppressori di vs.1 effettuando varie mutagenesi del ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn. Un trasposone miniTeT è stato inserito nel ceppo DB502/pBAD18-vs.1-Kn. Il minitrasposone si inserisce aleatoriamente nel cromosoma batterico. L’analisi di circa 2.2 x 105 colonie contenenti il TeTR, ha messo in evidenza in presenza di arabinosio, una sola colonia AraR, soppressore plasmidico di vs.1. E’ possibile, vista questa difficoltà, che il target di VS.1 sia un gene essenziale o che esso agisca su due proteine bersaglio differenti. La mutagenesi mediante radiazioni UV di DB502/pBAD18-vs.1-Kn ed il successivo screening di circa 5 x 104 colonie ha messo in evidenza sei soppressori cromosomici di vs.1 (MUV8, 10, 11, 12, 13 14). Studio di soppressori cromosomici del gene vs.1: mutanti rpoA Per studiare i soppressori cromosomici di vs.1, sono stati inseriti dei trasposoni miniTeT. La verifica ha permesso di affermare che il gene la cui mutazione determina l’AraR è localizzato a 10-20 Kb di distanza dai due miniTet ed il sito di inserzione è stato sequenziato. Uno dei due miniTet è localizzato nel gene envR (73.51) e l’altro nel gene gspO (74.65). Vista la posizione dei due Tn10 (figura 37), la mutazione che determina la AraR deve essere localizzata in un gene presente tra i due geni envR e gspO. Il sequenziamento ha dimostrato che il soppressore di rpoA ha la mutazione K271I. 179 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Caratterizzazione e studio dei mutanti rpoA Il mutante rpoA341 (K271E) interferisce con la regolazione positiva dell’inizio della trascrizione dell’operone arabinosio e del locus cysA del regulone cys (Giffard e Booth, 1988). Esso è incapace di crescere su terreno minimo. L’analisi dei mutanti UV, su terreno M63-0.2% glucosio (figura 38), ha evidenziato che i MUV10, 11, 12, 13 hanno lo stesso fenotipo di rpoA341 (Min-), mentre i mutanti MUV 8, 14 hanno un fenotipo Min+. Esperimenti di complementazione con il gene secY+ hanno permesso di escludere di avere delle mutazioni nel gene secY vicino a rpoA. Anche i MUV8 e 14 sono dei mutanti rpoA. Sono stati ottenuti due gruppi (figura 39) di mutanti rpoA: un gruppo incapace, così come il mutante rpoA341, di crescere su terreno minimo (Min-), ed un gruppo capace di crescere su terreno minimo (Min+). In quest’ultimo gruppo non si ha l’interferenza con la regolazione positiva del locus cysA del regulone cys, osservata per rpoA341 (Giffard e Booth, 1988). I mutanti rpoA, sono stati studiati analizzando i loro effetti sull’espressione di una proteina chimerica in cui i 52 residui N-terminali di PAI2 (una debole sequenza segnale in E. coli), sono fusi con la porzione matura di PhoA, clonata in pBAD18. Alti livelli di espressione di questa proteina chimerica interferiscono con la crescita cellulare (Belin et al., 2004) e il soppressore rpoA341 riduce l’espressione della proteina (Bost e Belin, 1995). Nei mutanti è stata osservata una riduzione nell’espressione di PAI2-PhoA (figura 37). Nel mutante rpoA341 è stata evidenziata una riduzione di circa il 50% (figura 38) dell’espressione di PA2-PhoA. Inoltre si ha una piccola differenza in rpoA+ in presenza di G6P (glucosio-6-fosfato) un inibitore della sintesi dell’AMPc. Dunque in assenza di CAP attiva, si ha solamente un piccolo effetto sull’espressione di PAI2-PhoA. Riprendendo le ipotesi della letteratura (Schleif, 2000 e 2003) secondo le quali sono possibili interazioni RpoA-AraC, RpoACAP, o RpoA-DNA, sulla base di questa esperienza, i contatti RpoA-AraC sembrano più probabili. 180 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA341 Per studiare gli effetti dei mutanti rpoA, sono stati ricercati dei soppressori, con mutazioni nel gene araC, del mutante rpoA341. E’ necessario, avere dei plasmidi che consentano uno screening rpoA+/rpoA341. Il plasmide p614 (pBAD-MalE16-phoA), ha mostrato una differenza tra il ceppo rpoA+ ed il ceppo rpoA341. La mutagenesi con UV e nitrosoguanidina del ceppo GP42/p614 e lo screening di circa 5 x 104 colonie ha permesso di isolare un solo mutante nel quale si ha una mutazione nella sequenza segnale MalE16 (S in F, 3 amminoacidi a monte di MalE16). Dopo una nuova mutagenesi con nitrosoguanidina, uno screening di circa 3 x 104 colonie, ha evidenziato 30 candidati per i quali è stato effettuato un dosaggio dell’attività della fosfatasi alcalina nei ceppi GP41 (rpoA+) e GP42 (rpoA341) (figura 46). I mutant B11 e B18 sono poco influenzati da rpoA+ a differenza di B21. Il sequenziamento ha mostrato che B21 ha una mutazione, P in T, localizzata 32 amminoacidi a valle della mutazione MalE16, cioè nel Tn::phoA, mentre B11 e B18 hanno la mutazione nel vettore o nel Tn-PhoA. In conclusione, non sono stati isolati dei mutanti in araC soppressori di rpoA341 Con un altro plasmide (pBAD-hAhB-E2K-E3K) uno screening di circa 1.8 x 104 colonie, ha permesso di isolare 10 candidati, per i quali il dosaggio dell’attività della fosfatasi alcalina ha evidenziato due cloni non influenzati da rpoA341 (7,10 e 8,10) e due cloni influenzati da rpoA341 (1,5 e 11,15) (figura 48). Nessuno di questi cloni presenta una mutazione nel gene araC. Visti i risultati negativi ottenuti, è stato mutagenizzato il plasmide pBAD33, che esprime il gene araC in trans. La mutagenesi con idrossilammina e lo screening di circa 5 x 104 colonie, ha permesso di ottenere 61 candidati. Il sequenziamento di due di questi cloni (30 e 31, figura 50) ha mostrato che essi non hanno mutazioni nel gene araC. 181 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Ricerca di soppressori del mutante cromosomico rpoA N268T Recentemente abbiamo isolato un allele rpoA (N268T) piu’ forte, che ha permesso di ottenere una discriminazione rispetto a rpoA+, molto più netta rispetto a quella utilizzata in precedenza. Lo screening di 1.6 x 105 colonie per cercare di isolare dei soppressori di rpoA N268T, ha prodotto sei candidati, i quali sono tutti dei mutanti cromosomici. Per mutare il gene araC, è stata effettuata una PCR-mutagenica del plasmide pBAD33. Lo screening di circa 5 x 104 colonie, ha prodotto solo un mutante cromosomico. Infine anche cellule CC104YM, contenenti delle mutazioni nel sistema YM di riparo del DNA, sono state utilizzate per mutare il gene araC. Lo screening di circa 7.7 x 104 colonie, ha prodotto solo un mutante cromosomico. 182 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Conclusioni Il modello presentato per il promotore PM del fago λ (Kedzierska et al., 2007) (figura 30, introduzione), mette in evidenza come i residui amminoacidici 266270 dell’α-CTD sono necessari per le interazioni con il DNA, mentre i residui 265 e 287 sono essenziali per il contatto tra l’α-CTD e il repressore cI di λ. Come descritto nei risultati, i mutanti rpoA identificati sono tutti in posizione 270-271 dell’α-CTD di RpoA, mentre non sono stati ottenuti mutanti nelle posizioni 265 e 287. E’ dunque possibile proporre un modello in cui, nella regolazione della trascrizione dell’operone arabinosio, i contatti RpoA-AraC sono più importanti delle interazioni RpoA-CAP e RpoA-DNA. Sulla base di questo schema, la figura 50 mostra un modello dei possibili contatti operati da RpoA nella regolazione dell’operone arabinosio. Il residuo 265 dell’α-CTD di RpoA interagisce col il solco minore del DNA, mentre il residuo 287 media le interazioni con la proteina CAP. 183 DISCUSSIONE: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Figura 50: Modello dell’α α-CTD di RpoA di E. coli, osservato da due diversi punti di vista. In blu il residuo R265 che interagisce con il solco minore del DNA ed il residuo V287 (palle blu, visibile solo nella figura di destra) che interagisce con la proteina CAP. I residui che interagiscono con la proteina AraC sono mostrati con gli altri colori. Rosa: N268; verde: L270; rosso: K271; arancione: A272 (Jeon et al., 1995). 184 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 MATERIALI E METODI Antibiotici Antibiotico Concentrazione stock Concentrazione finale Ampicillina (Ap) 200 mg/ml 200 µg/ml Cloramfenicolo(Cm) 30 mg/ml in 100% etanolo 30 µg/ml Kanamicina (Kn) 40 mg/ml 40 µg/ml Tetraciclina (Tet) 30 mg/ml in acqua/etanolo 1/1 7.5 µg/ml Spectinomicina(Spc) 50 mg/ml 100 µg/ml Induttori e substrati L-Arabinosio: soluzione 20% sterilizzata per filtrazione e conservata a temperatura ambiente. XP (5-bromo-4-cloro-3-indolil-fosfato): 20 mg/ml in dimetilformamide, conservato a –20 °C. ONPG (o-nitrofenil-β-D-galattopiranoside): 4 mg/ml in tampone Z (60 mM Na2HPO4, 40 mM NaH2PO4, 10 mM KCl, 1 mM MgSO4, 50 mM βmercaptoetanolo, aggiunto fresco, aggiustare a pH 7.0), conservato a –20 °C. IPTG (isopropil-β-D-galattosidasi): stock 1 M, conservato a –20 °C. 185 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Terreni di coltura LB 10 g/l triptone (Difco), 10 g/l di NaCl, 5 g/l estratto di lievito (Difco), aggiustare a pH 7.0 con NaOH. LB agar Terreno LB liquido, 15 g/l agar in polvere (Difco). LB-Top agar LB agar diluito 2x con LB, 2mM CaCl2, 0.1% glucosio. M63 minimo solido Autoclavare 7.5 g di agar in polvere (Difco) in 400 ml di acqua, poi aggiungere 100 ml di 5x M63 (15 g/l KH2PO4, 35 g/l K2HPO4, 10 g/l (NH4)2SO4, 2.5 ml/l di 1 mg/l FeSO4), 0.5 ml 1 M MgCl2, 1 ml di vitamina B1 2 mg/ml. Lo zucchero è aggiunto ad una concentrazione finale dello 0.2%. SOB 20 g/l triptone, 5 g/l estratto di lievito, 10 mM NaCl, 2.5 mM KCl, 10 mM MgCl2, 10 mM MgSO4. SOC SOB, 20 mM glucosio. 186 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Ceppi batterici e fagi CAG12072: MG1655, zgj203::Tn10 (Singer et al., 1989). CC104YM: mutY::Kn, mutM::Tc, ara+, del(gpt lac)5/F’ lacI378, lacZ461 (Miller, 1992). C600-802: F-, e14-(McrA-), hsdR(rk-mk+) supE44, thr, leuB6, thi1, lacY1, fhuA21, mcrB (Meissner et al., 1987). MC1000: F- araD139, ∆(ara-leu)7696, ∆lacX74, rpsL150, galU, galK, thi, ilv (Casabadan e Cohen, 1980). DHB3: MC1000, malF∆3, phoA∆(PvuII), phoR (Boyd at al. 1987). LMG194: MC1000, ∆ara714, phoA∆(PvuII), leu::Tn10, pcnB80 (Guzman et al., 1995). MC4100: F- araD139, relA1, thi, rspL150, flB5301, ∆(argF169U-lac) U169, deoC7, ptsF25, rbsR (Casadaban, 1976). KJ195: MC4100, gspA::Tn10, secA::lacf181 (λPR9=secA+) (Beckwith collezione). DB502: MC 4100, leu+, ara∆714, malE14 (Labo Belin). DB504: MC 4100, leu+, ara∆714, malE18 (Labo Belin). DB511: DB504, gspA::Tn10, secY-L407F (Labo Belin). DB512: DB504, gspA::Tn10, rpoA341 (Labo Belin). DB550: DHB3, zgj203::Tn10, secG+ (Labo Belin). DB551: DHB3, zgj203::Tn10, secG::Kn (Labo Belin). DB638: DB504, secG::Kn (Labo Belin). DB757: MC 4100, leu+, ara ∆714, malE16, pcnB (Labo Belin). DB758: DB757 (λ) (Labo Belin). 187 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 DB862: rpoA N268T, gsp::Tn10 (Labo Belin). GP31=GP35 : DB504, gsp::Tn10, rpoA+ (questo studio). GP32=GP36 : DB504, gsp::Tn10, rpoA341 (questo studio). GP33=GP37 : DB504, gsp::Tn10, rpoA+ , secG::Kn (questo studio). GP34=GP38 : DB504, gsp::Tn10 rpoA341, secG::Kn (questo studio). GP39: DB550, gspA::Tn10, rpoA+ (questo studio). GP40: DB550, gspA::Tn10, rpoA341 (questo studio). GP41: DB550, gspA::Tn10, rpoA+, secG::Kn (questo studio). GP42: DB550, gspA::Tn10, rpoA341, secG::Kn (questo studio). λ-1098-TetR: fago λ, contenente un trasposone miniTet e la trasposasi sotto il controllo del promotore PTAC. TcR, cl857, Pam80, nin5 (Way et al., 1984). P1vir: stock circa 1011 fagi/ml (cresciuti su MC4100) (Miller, 1992). Plasmidi pBAD18: derivato di pBR322 ApR, araC+ (Guzman et al., 1992). pBAD18-vs.1: prodotto del clonaggio di una libreria del DNA del fago T4, nel sito EcoRI di pBAD18 (Labo Belin). pUC4-Kn: KnR (Pharmacia, AN: X06404). pBAD18-vs.1-Kn: clonaggio della kanamicina del plasmide pUC4-Kn, digerito con PstI, in pBAD18-Kn, digerito con NsiI (questo studio). pBAD22-Kn: derivato di pBR322 ApR, KnR, araC+ (Guzman et al., 1992). pBAD101: promotore PBAD e gene araC+ in pGB2 (vettore contenente l’origine di replicazione pSC101), SpcR (Churchward et al., 1984). 188 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 pBAD/myc-His/lacZ: plasmide ApR contenente il promotore PBAD, l’epitopo myc, l’ORF del gene lacZ+ e l’origine di pBR322 (Invitrogen). pBAD101-lacZ: clonaggio del gene lacZ+ (3.2 Kb) del plasmide pBAD/mycHis/lacZ, nei siti HindIII-NcoI del plasmide pBAD101 (questo studio). pBAD24: derivato di pBR322, colE1 ori, ApR, araC+, con il promotore PBAD situato davanti il sito di clonaggio (Guzman et al., 1995). pBAD24-lacZ: clonaggio del gene lacZ+ (3.2 Kb) del plasmide pBAD/mycHis/lacZ, nei siti HindIII-NcoI del plasmide pBAD24 (questo studio). pBAD18-Kn: clonaggio della kanamicina, ottenuta dal plasmide pUC4-Kn digerito con PstI e reso blunt, in pBAD18 digerito con ScaI-BpmI (Guzman et al., 1995). pKY248: derivato di pACYC184, CmR, secY+ (Taura et al., 1993). pBAD-hAhB: un frammento KpnI-XbaI di pSWF2 (Ehrman et al., 1990) è clonato nel sito corrispondente di pBAD18, originando il plasmide pBAD18TnphoA. Il frammento codificante per gli amminoacidi 1-52 di mPAI-2 (hA-hB) (Belin et al., 1989), ottenuto per PCR, è digerito con gli enzimi NheI-KpnI e clonato nel sito corrispondente di pBAD18-TnphoA. La sequenza N-terminale della proteina di fusione PAI2-PhoA è MKK. Il frammento kanamicina di pUC4-Kn è clonato nel sito SalI di pBAD18, a valle del frammento TnphoA (Belin et al. 2004). pBAD-hAhB-E2K: plasmide simile a pBAD-hAhB La sequenza N-terminale della proteina di fusione PAI2-PhoA ha la mutazione E in K in posizione 2 (Belin et al. 2004). pBAD-hAhB-E2K-E3K: plasmide simile a pBAD-hAhB. La sequenza Nterminale della proteina di fusione PAI2-PhoA è la stessa di quella di PAI2 (MEE) (Belin et al. 2004). 189 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 pBAD-hA: plasmide simile a pBAD-hAhB contenente solo la regione hA e privo della regione hB di PAI2. La sequenza N-terminale della proteina di fusione PAI2-PhoA è la stessa di quella di PAI2 (MEE). Costruito clonando il frammento AflII-Klenow-XbaI di hAhB-AP in pBAD24, digerito con Asp718Klenow-XbaI. Ciò introduce un amminoacid Val in posizione 2 (Belin et al. 2004). pBAD-hA-E2K: plasmide simile a pBAD-hAhB contenente solo la regione hA e privo della regione hB di PAI2. La sequenza N-terminale della proteina di fusione PAI2-PhoA ha la mutazione E in K in posizione 2 (Belin et al. 2004). pBAD-hAhB-E3K: plasmide simile a pBAD-hAhB. La sequenza N-terminale della proteina di fusione PAI2-PhoA ha la mutazione E in K in posizione 3 (Belin et al. 2004). pBAD-hAhB-E3K-delaraC: prodotto da pBAD-hAhB-E3K, grazie a digestione con NsiI e MfeI, Klenow con DNA polI e self-ligazione (questo studio). pBAD24-malE: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e pMalEdown della sequenza malE+ (DNA genomico MC4100), clonata poi nei siti NheIHindIII del plasmide pBAD24 (questo studio). pBAD24-malE18: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e pMalEdown della sequenza malE18 (DNA genomico DB504), clonata poi nei siti NheI-HindIII del plasmide pBAD24 (questo studio). pBAD101-malE: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e pMalEdown della sequenza malE+ (DNA genomico MC4100), clonata poi nei siti NheI-HindIII del plasmide pBAD24 (questo studio). pBAD101-malE18: amplificazione per PCR con i primers pMalEup e pMalEdown della sequenza malE18 (DNA genomico DB504), clonata poi nei siti NheI-HindIII del plasmide pBAD24 (questo studio). 190 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 pBAD24-malE18-Eco-blunt: digestione del plasmide pBAD24-malE18 con EcoRI, Klenow e self-ligazione. L’ATG è spostato di 4 basi dalla sequenza di Shine-Dalgarno capace di legare il ribosoma, determinando così una minore sintesi proteica (questo studio). p608: pBAD-phoA, avente nella sequenza segnale di phoA la mutazione Mph42 phoA82 (Michaelis et al., 1983). p609: pBAD-phoA, avente nella sequenza segnale di phoA la mutazione Mph42 phoA82 (mutante blu) (Michaelis et al., 1983). p610: pBAD-phoA, avente nella sequenza segnale di phoA la mutazione Mph42 phoA73 (Michaelis et al., 1983). p611: pBAD-malE-phoA (MC4100) (Bedouelle et al., 1980). p612: pBAD-malE10-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la mutazione malE10 (Bedouelle et al., 1980). p613: pBAD-malE14-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la mutazione malE14 (Bedouelle et al., 1980). p614: pBAD-malE16-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la mutazione malE16 (Bedouelle et al., 1980). p614+4nt: derivato da p614 con digestione SalI, trattamento con T4 DNA polimerasi e self-ligazione (questo studio). p615: pBAD-malE18-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la mutazione malE18 (Bedouelle et al., 1980). p616: pBAD-malE19-phoA, avente nella sequenza segnale di malE la mutazione malE19 (Bedouelle et al., 1980). pBAD33: derivato di pACYC184, pAC184 ori, CmR, araC+, presenta il promotore PBAD situato a monte del sito di clonaggio (Guzman et al., 1995). 191 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 pBAD33-delaraC: digestione con ClaI di pBAD33, Klenow e infine digestione con SapI (questo studio). p50short-phoA: plasmide contenente la chimera maspina-PhoA. La maspina ha le mutazioni G26R, nella regione N-terminale, e S40F, nel core idrofobo. Inoltre presenta la delezione di 21 dei 27 residui della regione N-terminale della maspina (Labo Belin). p51-phoA: plasmide contenente la chimera maspina-PhoA. La maspina ha la mutazione T37I, nel core idrofobo (Labo Belin). p51-phoA-delaraC: plasmide ottenuto per digestione MluI-NsiI di p51-phoA, Klenow e self-ligazione (questo studio). p50short-phoA-delaraC: plasmide ottenuto per digestione MluI-NsiI di p50short-phoA, Klenow e self-ligazione (questo studio). Primers e PCR pah1: 5’-GATTTTTACCAAAATCATTAGGGGATTCAT-3’ pah2: 5’-CTAAAAATGGTTTTAGTAATCCCCTAAGTA-3’ pRpoAup: 5’-CGGATCCCACCTGATCGTCGAGCTTTACTCC-3’ pRpoAdown: 5’-GGGGTACCCCACTCTTACGATGGCGCATGACC-3’ pMalEup:5’-CCTAGCTAGCAGGAGGAATTCATTATGAAAATAAAAACAG-3’ (contenente i siti NheI ed EcoRI e la sequenza di malE) pMalEdown: 5’-GATCAAGCTTACTTGGTGATACGAGTCTGC-3’(contenente il sito HindIII) pMBPdown: 5’-GGTACCTCGATTTTGGCG-3’ pBADup2: 5’-CCTGACGCTTTTTATCGC-3’ pAraCstart: 5’-GGTTAGCGAGAAGAG-3’ pAraCend: 5’-GCAAACCCTATGCTACTC-3’ 192 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 pP2F: 5’-GGTACCTGTTCAGTGTTACC-3’ Programma di amplificazione di frammenti di DNA genomico digerito con Sau3AI, diluito ed incubato con DNA ligasi, in modo da ottenere frammenti circolari. PCR condotta con i primers pah1 e pah2: 5 minuti a 94 °C, 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 55 °C e 30 secondi a 72 °C. Infine 10 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C (figura 51). Programma di amplificazione di rpoA con i primers pRpoAup e pRpoAdown: 5 minuti a 94 °C, 30 cicli di 1 minuto a 94 °C, 2 minuti a 55 °C e 2.5 minuti a 72 °C. Infine 5 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C. Programma di amplificazione di malE con i primers pMalEup e pMalEdown: 5 minuti a 94 °C, 3 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 40 °C e 1 minuto a 72 °C, 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 60 °C e 1 minuto a 72 °C. Infine 1 minuto a 72 °C e lasciare a 4 °C. Figura 51 (Pagine seguente): Rappresentazione del metodo di mappatura per individuare mutazioni nel cromosoma di E. coli. Le tappe del metodo sono le seguenti: - inserzione aleatoria del Tn10 nel mutante cromosomico. - selezione dell’inserzione del Tn10. - digestione del DNA genomico con l’enzima Sau3AI e self-ligazione, in modo da ottenere frammenti circolari. - PCR-inversa della regione fiancheggiante il sito di inserzione del Tn10, condotta usando i primers pah1 e pah2. - sequenziamento (Higashitani et al., 1994). 193 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Reversibilità della tossicità di VS.1 Inoculare una singola colonia del plasmide pBAD18-vs.1-Kn trasformato nei due ceppi DB502 e DB550, in terreno liquido contenente ampicillina e kanamicina, e lasciare crescere con aerazione, overnight, a 37 °C. Diluire 100x la coltura satura e lasciare crescere con aerazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2 (circa 108 batteri/coltura). Indurre con arabinosio 0.2%, per un tempo di 20, 40, 60 minuti, e infine piastrare una opportuna diluizione su LB-agar contenente ampicillina e kanamicina, ma privo di arabinosio. Il rapporto tra il numero di colonie cresciute dopo induzione ed il numero di colonie presenti prima dell’induzione con arabinosio, consente di determinare la percentuale di reversibilità. 194 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 Curva di crescita Inoculare una singola colonia in terreno liquido contenente gli antibiotici necessari, e lasciare crescere overnight a 37 °C, con aereazione. Diluire 100x la coltura satura in due beute con tubo fissato al collo, in modo da poter misurare regolarmente la torbidità e fare crescere con aerazione fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.2 (circa 108 batteri/coltura). Indurre una delle due colture con arabinosio 0.2%, e lasciare l’altra coltura come controllo non indotto. Seguire l’andamento della crescita, effettuando delle misurazioni della densità ottica a 600 nm ad intervalli di tempo regolari (generalmente ogni 15 minuti). Quando la densità ottica si avvicina al valore 1, diluire in terreno fresco in modo da ottenere nuovamente una densità di circa 0.2. Preparazione di uno stock di fago λ miniTet1098 Diluire una coltura fresca del ceppo C600-802 in LB-0.2%maltosio e far crescere fino alla fase esponenziale. Mescolare 100 µl di questa coltura a 100 µl di uno stock di fago λ miniTet1098, diluito 107x in λ−dil (10 mM MgSO4, 10 mM Tris-HCl pH 7.4). Dopo incubazione di 10 minuti a 37 °C, aggiungere la miscela a 2.5 ml di LB-Top agar, vortexare, piastrare immediatamente su LB0.3% glucosio-0.075 mM CaCl2-2 mM MgSO4 e incubare per circa 8 ore a 37 °C. Aggiungere 5 ml di SM (10 mM Tris-HCl pH 7.5, 10 mM MgSO4, 200 mM NaCl, 0.05% gelatina) nella piastra e incubare overnight con agitazione a 4 °C. Recuperare l’SM e lavare ancora con 1 ml di SM. Aggiungere qualche goccia di cloroformio, vortexare bene e centrifugare a 4 °C per 15 minuti a 2000 rpm. Recuperare il supernatante e conservare a 4 °C. Per titolare questo stock, centrifugare una coltura satura di C600-802 e risospenderla in 10 mM MgSO4, in modo da avere 0.5 A600nm/ml. Incubare 200 µl per 15 minuti a 37 °C e aggiungere a 2.5 ml di LB-Top agar, piastrando su LB-agar. Dopo 5 minuti, fare degli spot di 10 µl di differenti diluizioni dello stock di fagi da titolare, 195 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 direttamente sulla piastra contenente le cellule e incubare overnight a 37 °C. Contare le placche di lisi e calcolare il titolo dello stock di fagi espresso in pfu (unità formanti placche)/ml. Inserzione di miniTet Diluire 100x in terreno liquido contenente gli antibiotici necessari, una coltura del ceppo contenente il mutante da caratterizzare. Incubare a 37 °C fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 1.8 (circa 109 batteri/ml). Centrifugare 250 µl della coltura a 13000 rpm e risospenderla in 1 ml di LB-antibiotici-10 mM MgSO4 (circa 2.5x108 batteri/ml). Aggiungere una opportuna quantità dello stock di fago λ miniTet1098, in modo da avere un rapporto 0.3 fagi/batteri. Incubare per 15 minuti a 37 °C senza agitazione, per permettere l’assorbimento, aggiungere poi 1 ml di LB e incubare a 37 °C con agitazione, per 90 minuti. Il numero totale di cellule aventi il minitrasposone è misurato piastrando varie diluizioni su LB-agar-Tet ed opportuni antibiotici. Diluire 10x in LB-Tet più eventuali antibiotici il resto della coltura e incubare overnight a 39.5 °C. Il miniTet si inserisce in modo casuale nel cromosoma. Per avere un pool rappresentativo, piastrare su LB-agar-Tet e gli antibiotici necessari in modo da ottenere circa 105 colonie, fare un pool di queste colonie, tra le quali le potenziali colonie mutanti e preparare da esso un lisato di fagi P1, da utilizzare poi per la trasduzione generalizzata. Preparazione di un lisato di fagi P1 Diluire 100x una coltura satura in LB-5mM CaCl2, incubare a 37 °C con agitazione, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 0.4. Aggiungere circa 107 di fagi P1vir ad 1 ml di coltura e incubare a 37 °C senza agitazione. Aggiungere poi questa miscela a 2.5 ml di LB-Top agar, vortexare e piastrare immediatamente su LB-agar-0.1% glucosio-2 mM CaCl2. Dopo 5-8 ore di 196 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 incubazione a 37 °C, fin quando cioè le cellule lisate sono confluenti, recuperare lo strato superiore dell’agar, lavare la piastra con 1 ml di LB-5 mM CaCl2, aggiungere qualche goccia di cloroformio. Vortexare 30 secondi, centrifugare 10 minuti a 3000 rpm, recuperare il lisato e conservare a 4 °C. Trasduzione generalizzata Centrifugare 1.5 ml di una coltura satura, per 1 minuto a 13000 rpm, risospenderla in 300 µl di MC (100 mM MgCl2, 5 mM CaCl2) e incubare 10 minuti a 37 °C. Mescolare 100 µl della coltura a 10-50 µl di lisato di fagi P1 ed incubare per 20 minuti senza agitazione a 37 °C, in modo da permettere l’assorbimento. Aggiungere 1 ml di LB e 200 µl di 1 M citrato di sodio e incubare 1 ora con agitazione a 37 °C, in modo da permettere l’espressione dei geni trasferiti. Centrifugare per 1 minuto a 13000 rpm, risospendere il pellet in 100 µl di 1 M citrato di sodio, e piastrare infine su LB-5 mM citrato di sodio e l’antibiotico necessario. Mutagenesi UV Inoculare overnight a 37 °C, in LB contenente gli antibiotici necessari, una singola colonia del plasmide da mutagenizzare trasformato nel ceppo desiderato. Diluire 100x la coltura satura e lasciare crescere a 37 °C, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 1.8 (circa 109 batteri/ml). Prelevare 10 ml di coltura, centrifugare per 10 minuti a 4000 rpm, risospendere il pellet in 10 ml di 0.1 mM MgSO4 e incubare in ghiaccio per 10 minuti. Irradiare agli UV (lampada UV accesa un’ora prima dell’inizio dell’irradiazione) a tempi differenti, in modo da determinare il tempo migliore per la mutagenesi, disponendo 1 ml di coltura in una piastra ed agitando durante l’irradiazione. Effettuare delle opportune diluizioni da piastrare overnight a 37 °C su LB-agar 197 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 contenente gli antibiotici necessari. Contando il numero delle colonie cresciute ai differenti tempi di irradiazione e facendo il rapporto con quelle cresciute al tempo zero (prima cioè dell’irradiazione), è possibile determinare il tempo ideale, per il quale si ha una percentuale di mutazione dell’1-2%. Estrarre il DNA plasmidico dalla coltura, per la quale si ha la maggiore efficienza di mutagenesi e amplificare il plasmide, mediante trasformazione in cellule di E. coli DH5α e isolamento di un certo numero di colonie (circa 4-5 x 104), cresciute su LB-agar e gli antibiotici opportuni, in modo da avere tante colonie e permettere la segregazione. Fare un pool di tutte queste colonie, estrarre il DNA, procedere ad una trasformazione nella coltura desiderata, piastrare su terreno selettivo per effettuare uno screening. La mutagenesi agli UV è in grado di originare varie mutazioni come transizioni, transversioni, delezioni, inserzioni, frameshifts (Yanofsky et al., 1966). Mutagenesi con nitrosoguanidina Inoculare overnight a 37 °C, in LB contenente gli antibiotici necessari, una singola colonia del plasmide da mutagenizzare trasformato nel ceppo desiderato. Diluire 100x la coltura satura e lasciare crescere a 37 °C, fino ad una densità ottica a 600 nm di circa 1.8 (circa 109 batteri/ml). Mescolare 1.9 ml della coltura con 100 µl di N-metil-N’-nitro-nitrosoguanidina 50-100 µg/ml ed incubare a 37 °C al buio, per tempi variabili. Centrifugare, sempre al buio, la coltura, lavare con 2 ml di LB e risospendere in 200 µl di LB con gli antibiotici opportuni. Diluire 20x in LB con antibiotici ed incubare a 37 °C overnight, al buio. Estrarre il DNA plasmidico dalla coltura, trasformare in cellule di E. coli DH5α, piastrare su terreno di coltura indicatore, in modo da testare l’efficienza della mutagenesi. Amplificare il plasmide mutagenizzato al tempo migliore, mediante trasformazione in DH5α e isolamento di un certo numero di colonie (circa 4-5 x 104). Fare un pool di tutte queste colonie, estrarre il DNA, trasformare nella coltura desiderata e piastrare su terreno selettivo per effettuare 198 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 uno screening. La mutagenesi con nitrosoguanidina è in grado di originare soprattutto delle transizioni (Adelberg et al., 1965). Mutagenesi con idrossiliammina Mescolare 3 µg in TE del plasmide da mutagenizzare, 100 µl di tampone fosfato (0.1 M Na2HPO4/Na2H2PO4, 1 mM EDTA pH 6.0 con NaOH) e 80 µl di soluzione con NH2OH (1M NH2OH, 1 mM EDTA pH 6.0 con NaOH). Incubare a 70 °C e a tempi differenti. Purificare poi con colonna Micro Bio-Spin il DNA, trasformare in cellule di E. coli DH5α, piastrare su terreno di coltura indicatore, in modo da testare l’efficienza della mutagenesi. Amplificare il plasmide mutagenizzato al tempo migliore, mediante trasformazione in DH5α e isolamento di un certo numero di colonie (circa 4-5 x 104). Fare un pool di tutte queste colonie, estrarre il DNA, trasformare nella coltura desiderata e piastrare su terreno selettivo per effettuare uno screening. La mutagenesi con idrossilammina è in grado di originare soltanto transizioni G:C in A:T (Freese et al., 1961). PCR-mutagenica di araC Preparare 4 tubi con ciascuno circa 100 ng del plasmide pBAD33, aggiungere in ogni tubo uno dei 4 nucleotidi in condizioni limitanti (20 µM), 0.2 mM dei primers pAraCstart e pAraCend, 200 µM di nucleotidi (senza il nucleotidi presente in condizioni limitanti), 200 µM di dITP, 1.5 mM di MgCl2 e agiungere in un volume finale di 50 µl, la quantità di enzima necessario (Programma: 5 minuti a 94 °C, 30 cicli di 30 secondi a 94 °C, 30 secondi a 54°C, 1 minuto a 72 °C. Infine 10 minuti a 72 °C e lasciare a 4 °C) (Spee et al., 1993). I 4 prodotti di PCR, mescolati, sono trattati con Klenow-kinasi ed in seguito digeriti con l’enzima SapI, presente nel primer pAraCstart. Allo stesso 199 MATERIALI E METODI: studio di una proteina sconosciuta del fago T4 tempo il plasmide pBAD33-delaraC è stato sottoposto a Klenow e digestione con SapI. Il gene araC mutagenizzato è stato così clonato in pBAD33-delaraC. Dosaggio dell’attività β-gal Diluire 100x una coltura satura fresca in LB contenente gli antibiotici necessari. Dopo 2 ore di crescita a 37 °C con agitazione, indurre per 1 ora a 37 °C, con 1 mM IPTG. Lavare il pellet due volte in 1x MOPS (diluizione 1:3 di 3x MOPS (200 mM MOPS, 250 mM NaCl, 48 mM NH4Cl pH 7.2 aggiustato con KOH) e rispospendere in 1 ml di 1x MOPS. La metà è utilizzata per misurare la densità ottica a 600 nm. Mescolare 100 µl di ogni campione a 900 µl di tampone Z (60 mM Na2HPO4·7H2O, 40 mM NaH2PO4·H2O, 10 mM KCl, 1mM MgSO4·7H2O, 50 mM (3.4 ml/l) di β-mercaptoetanolo, pH 7.0). Per permeabilizzare le cellule, aggiungere 25 µl di 0.1% SDS e 25 µl di cloroformio. Iniziare la reazione aggiungendo 200 µl di ONPG (4 mg/ml in tampone Z) e incubare a 28 °C. Fermare la reazione con 500 µl di 1 M Na2CO3, centrifugare a 4 °C per 2 minuti a 13000 rpm e misurare la densità ottica a 420 e 550 nm (rispettivamente assorbanza dell’o-nitrofenol e dei detriti cellulari). La formula seguente è utilizzata per calcolare il numero di unità: Unità = OD420 – (1.75 OD550) / Tempo(minuti) x Volume(ml) x OD600 200 PROSPETTIVE Prospettive Questo lavoro di tesi, suddiviso in due parti, la prima dedicata allo studio del ruolo di SecG nel trasporto proteico in E. coli e la seconda allo studio di una proteina sconosciuta del fago T4, ha permesso di raggiungere alcune conclusioni, ma allo stesso tempo lascia ancora aperti una serie di interrogativi che potranno essere oggetto di future ricerche. Lo studio del “paradosso di SecG”, cioè la differenza tra la stimolazione di SecG, osservata in vitro con il substrato wild type OmpA+ (Nishiyama et al. 1993), e l’assenza di stimolazione in vivo da noi osservata, con sequenze segnale wild type, necessita di ulteriori chiarimenti. Inoltre, il fatto che le sequenze segnale mutate, anche in vivo mostrano la differenza di stimolazione osservata in vitro, è un ulteriore punto da delucidare. Poiché le mutazioni prl favoriscono il trasporto anche di sequenze segnale mutate, un possible rapporto tra secG e prl è ipotizzabile. In futuro potrebbe risultare interessante studiare i rapporti tra i mutanti prl ed il paradosso di SecG, effettuando degli esperimenti di translocazione con i mutanti prl. Inoltre si potranno effettuare ricerche di substrati efficaci SecGdipendenti, non solo tra le proteine periplasmatiche (qui studiate), ma anche tra quelle delle membrane esterna ed interna, ricercando dei substrati efficaci e SecG-dipendenti da poter utilizzare nelle esperienze di translocazione in vitro. La seconda parte del lavoro, dedicata allo studio della proteina VS-1 del fago T4, è ancora piena di punti da chiarire e da esplorare per la prima volta. Innanzi tutto cercare di delucidare il meccanismo di attivazione trascrizionale del promotore PBAD. Inoltre visto che VS.1 presenta una sequenza segnale, sarà possibile in futuro, trovare un collegamento anche con l’argomento della prima parte di questo lavoro. Infine si potranno studiare e caratterizzare altri geni, ad esempio rbpA, ottenuti dalla libreria di frammenti del DNA del fago T4, che così come vs.1 sono tossici in presenza di arabinosio. Sarà così possibile risalire al loro un meccanismo di azione che determina l’incapacità a crescere in 201 PROSPETTIVE presenza di arabinosio di E. coli. Questi geni potrebbero interferire nella replicazione, trascrizione o traduzione in E. coli o magari alterare la membrana cellulare. A lungo termine questo approccio, che identifica funzioni inibitorie nell’ospite ad opera del batteriofago, potrebbe essere utile per identificare e definire nuove terapie anti-microbiche. 202 BIBLIOGRAFIA BIBLIOGRAFIA • Adelberg EA., Mandel M., Chen GCC., (1965) Optimal conditions for mutagenesis by N-metyl-N’-nitro-N-nitrosoguanidine in Escherichia coli K12. Biochem. Biophys. Res. Comm., 18, 786. • Altschul SF., Madden TL., Schäffer AA., Zhang J., Zhang Z., Miller W, Lipman DJ., (1997) Gapped BLAST and PSI-BLAST: a new generation of protein database search programs. Nucleic Acids Res., 25 (17), 3389402. • Andersson H., von Heijne G., (1991) A 30-residue-long “export initiation domain” adjacent to the signal sequence is critical for protein translocation across the inner membrane of Escherichia coli. Proc. Natl. Acad. Sci. 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