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4 Giovedì 7 Gennaio 2016 Corriere della Sera # Primo piano L’emergenza profughi Ue, vacilla il sistema Schengen E la Germania passa all’attacco Berlino avverte che «saranno necessarie misure dei singoli Stati» La Commissione di Bruxelles chiede di salvaguardare il Trattato I numeri Le regole di Schengen sono attualmente sospese in 6 Paesi: la Norvegia (che non fa parte della Ue), la Svezia, la Danimarca, l’Austria, la Germania (che vi ha fatto ricorso a settembre) e la Francia (dopo gli attentati terroristici del 13 novembre). L’Italia non ha intenzione di ripristinare i controlli ai confini. Nei giorni scorsi il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha assicurato: «A Nord-Est non chiuderemo le frontiere, ma abbiamo già inviato, e continueremo a farlo, numerosi uomini e mezzi» Secondo gli ultimi dati, solo 272 rifugiati sono stati ricollocati da Italia (190) e Grecia (82) su un totale di 160 mila previsti dal piano di Bruxelles DALLA NOSTRA INVIATA «Siamo d’accordo sul fatto che Schengen e il libero movimento debbano essere salvaguardati, sia per i cittadini, sia per l’economia. Misure eccezionali sono state prese e abbiamo concordato di mantenerle al minimo necessario, per tornare alla normalità il prima possibile». Il resoconto del commissario all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, al termine dell’incontro d’urgenza con i rappresentanti di Svezia, Danimarca e Germania dopo la decisione di Stoccolma di reintrodurre i controlli al confine con Copenaghen, che a cascata li ha ripristinati con la Germania, mostra lo stallo della politica europea per fronteggiare l’emergenza immigrazione. Tutti concordano sull’importanza di Schengen, ma è il segretario di Stato tedesco all’Immigrazione, Ole Schröder ad andare dritto al problema: la Ue non ha un efficace sistema di controllo delle frontiere esterne, in particolare tra Grecia e Turchia, e il sistema del ricollocamento dei richiedenti asilo «non sta funzionando». I numeri gli danno ragione: secondo gli ultimi dati, solo 272 rifugiati sono stati ricollocati da Italia (190) e Grecia (82) su un totale di 160 mila previsto dal piano di Bruxelles. «Sino a BRUXELLES La parola Il fronte mediterraneo SCHENGEN Lo spazio Schengen, istituito con un accordo firmato nell’omonima cittadina lussemburghese nel 1985, è una zona di libera circolazione senza controlli alle frontiere, salvo circostanze eccezionali. Comprende 26 paesi, di cui 22 membri dell’Unione Europea. quando non avremo una soluzione europea — ha concluso Schröder — saranno necessarie misure da parte dei singoli Stati membri». La Svezia ha dovuto affrontare solo in autunno un’ondata senza precedenti: negli ultimi quattro mesi ha aperto le porte a 115 mila richiedenti asilo. Il ministro della Giustizia e dell’Immigrazione svedese Morgan Johansson ha spiegato che i controlli ai confini imposti a novembre e la verifica dei documenti dalla mezzanotte di domenica sono «necessari per controllare la situazione, cominciamo ad avere problemi nella gestione dei flussi, per questo è necessaria una politica europea di condivisione delle responsa- Il vertice L’incontro di ieri a Bruxelles convocato dopo le iniziative di Svezia e Danimarca L’iniziativa Domenica 17 il Giubileo dei migranti Saranno in cinquemila in San Pietro Cinquemila migranti parteciperanno domenica 17 gennaio all’Angelus del Papa e passeranno poi dalla Porta Santa per assistere alla messa in San Pietro. L’iniziativa si svolge in occasione del Giubileo dei migranti, organizzato dalla Fondazione Migrantes per la Giornata mondiale del rifugiato. In quel giorno arriverà a San Pietro anche la Croce di Lampedusa realizzata con le assi di legno dei barconi dei migranti. Un progetto curato dalla «Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti» che ha previsto anche la consacrazione delle ostie prodotte dai detenuti del carcere di Opera. bilità». Ma così si crea un effetto domino e la Danimarca «non vuole essere la destinazione finale per migliaia e migliaia di richiedenti asilo» ha detto in modo inequivocabile la ministra all’Immigrazione e integrazione danese Inger Stojberg: servono «soluzioni europee». Le chiedono i Paesi del nord Europa dove i rifugiati vogliono fare domanda di asilo, le chiedono i Paesi del sud, con Italia e Grecia in testa, dove i migranti approdano al termine di viaggi tragici. Ma la situazione non si sblocca. «I flussi devono essere rallentati. L’unica via sono le soluzioni europee con tutti i 28 Stati membri», ha ribadito Avramopoulos in conferenza stampa e al termine ha ripetuto le linee da seguire: «Difendere meglio i confini dell’Europa, far funzionare il ricollocamento dei rifugiati, rispettare le regole». Ovvero identificare i migranti che arrivano. Ma anche su questo i dati non sono confortanti. Dei sei hotspot previsti in Italia quelli attivi sono due, Lampedusa e Trapani, mentre dei cinque previsti in Grecia uno solo è operativo, ha elen- La protesta dei profughi a Lampedusa Uno de piccoli profughi arrivati sull’isola di Lampedusa. Sul cartello la scritta in inglese dice: scappiamo dalla guerra, cerchiamo sicurezza. Da due giorni sull’isola va avanti la protesta di un centinaio di eritrei che rifiutano di farsi prendere le impronte digitali, come impongono le norme Ue (Ansa). cato Tove Ernst, una dei portavoce della Commissione Ue per l’Immigrazione. La riunione d’urgenza si è conclusa in un reciproco impegno di collaborazione, ma resta il fatto che uno dei pilastri fondamentali dell’Unione Europea, la libera circolazione delle persone, stia subendo duri attacchi. Tutti ribadiscono l’eccezionalità delle misure e la temporaneità. Ma intanto in sei Paesi sono sospese le regole di Schengen: la Norvegia, che non fa parte della Ue, la Svezia, la Danimarca, l’Austria, la Germania, che vi ha fatto ricorso a settembre, e la Francia, dopo gli attentati terroristici del 13 novembre. L’Italia non ha intenzione di ripristinare i controlli ai confini. Lo ha assicurato nei giorni scorsi il ministro dell’Interno Angelino Alfano: «A Nord-Est non chiuderemo le frontiere, ma abbiamo già inviato, e continueremo a farlo, numerosi uomini e mezzi antiterrorismo». Francesca Basso © RIPRODUZIONE RISERVATA Il retroscena di Luigi Offeddu Chi è Federica Mogherini, 42 anni, è dal 1°novembre 2014 Alto rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza. In precedenza è stata ministro degli Esteri nel governo Renzi Notizia in arrivo dal Baltico, ma che riguarda 193 Paesi del mondo, tutti quelli membri dell’Onu: Dalia Grybauskaité, la prima donna mai eletta alla presidenza della Lituania, ha annunciato ieri che non si candiderà alla carica di segretario generale dell’Organizzazione, come erede di Ban Ki-moon. Spiegazione ufficiosa: rinuncia, perché se si facesse avanti, Vladimir Putin metterebbe il veto sul suo nome. Ma al di là del Baltico, c’è appunto il risvolto di portata mondiale. Perché la signora Dalia era forse la più accreditata fra le 3040 donne in corsa verso quella poltrona, dal 1946 occupata solo da uomini. La sua rinuncia a scendere in campo apre ora la strada ad altre figure già Corsa femminile per la successione all’Onu Lagarde in lizza come erede di Ban Ki-moon. Spunta l’ipotesi Mogherini di prima fila, a cominciare da Federica Mogherini, Alto commissario dell’Unione Europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, o Christine Lagarde, direttore del Fondo monetario internazionale, cui guarda la finanza mondiale. Mogherini, fino alla scorsa estate relativamente defilata, avrebbe rafforzato le sue carte negli ultimi mesi, anche perché — così dicono i suoi sostenitori a Bruxelles — la sua figura sarebbe in fondo l’unica a poter rappresentare con pieno diritto l’Europa unita nel palazzo di New York. Anche se un ostacolo «laterale» potrebbe intralciare il suo percorso: un altro italiano, Filippo Grandi, è stato appena nominato Alto commissario dell’Unhcr, l’agenzia VkVSIyMjVm9sb0Vhc3lSZWFkZXJfQXZ2ZW5pcmUjIyNwLnZpYW5hIyMjQ29ycmllcmUgZGVsbGEgU2VyYSMjIzA3LTAxLTIwMTYjIyMyMDE2LTAxLTA4VDE3OjA1OjQ2WiMjI1ZFUg== 20 ambasciatrici alle Nazioni Unite: guidate dalla rappresentante della Colombia hanno lanciato una campagna per nominare una donna alla guida dell’Onu, per la prima volta nei suoi 70 anni di vita dell’Onu per i rifugiati. E nel gioco eterno delle caselle, il manuale Cencelli può forse avere qualche peso anche a New York: due nomi italiani ai vertici della stessa Organizzazione potrebbero essere considerati troppi da altri Paesi ingombranti. Per esempio dalla Germania, che pure ha fra le teoriche papabili la sua Angela Merkel (presenza però «fuori concorso», quasi simbolica). Scaduto il mandato di Ban il prossimo 31 dicembre, il suo erede o la sua erede verranno scelti come sempre con una procedura segreta, dai 5 membri permanenti del Consiglio di Sicurezza Onu: Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna, Francia. Non proprio il massimo della trasparenza, e soprattutto il contrario di quando chiede la «Campagna per eleggere una donna segretaria generale dell’Onu», lanciata dalla Colombia e dai 19 altri governi che hanno già una signora come ambasciatrice alle Nazioni Unite. «L’Onu ha ormai 70 anni, il tempo di una vita intera. Facciamo sì che in futuro i suoi vertici includano donne di merito e nervi saldi…». Nella lista provvisoria che circola per le capitali, l’altra metà del cielo ha molte altre rappresentanti di rilievo: da Tarja Halonen, prima donna presidente della Finlandia, a Enra Solberg attuale premier della Norvegia, a Helle Thorning-Schmidt, prima donna a essere divenuta capo di un governo danese; a Graca Machel, unica donna nella storia ad essere stata capo di Stato in due diverse repubbliche, il Mozambico e il Sud Africa. L’EstEuropa, che già appoggiava Dalia Grybauskaité, ora potrebbe far convergere il suo sostegno morale su Kolinda Grarbar-Kitarovic, neo-presidente della Croazia. Ma c’è anche Michelle Bachelet, presidente del Cile. E Maria Angela Holguin Cuéllar, ministro degli Esteri colombiano. Da Londra, rimbalza il nome di lady Catherine Ashton, che ha preceduto Mogherini alla guida degli Esteri Ue: ma la sua, giudizio comune, è stata una prova sbiadita, e in pochi desiderano una replica a New York. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA