CALCIO - LA STORIA DEL CALCIO Le attrezzature e gli impianti di

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CALCIO - LA STORIA DEL CALCIO Le attrezzature e gli impianti di
CALCIO - LA STORIA DEL CALCIO
Enciclopedia dello Sport
di Adalberto Bortolotti, Gianni Leali, Mario Valitutti, Angelo Pesciaroli, Fino Fini, Marco Brunelli, Salvatore Lo Presti,
Leonardo Vecchiet, Luca Gatteschi, Maria Grazia Rubenni, Franco Ordine, Ruggiero Palombo, Gigi Garanzini
Le attrezzature e gli impianti di Fino Fini
Le prime norme sulle attrezzature e sugli impianti utilizzati per il gioco del calcio risalgono al 1863, quando
in Inghilterra, per salvaguardare l'incolumità dei giocatori, la Football Association ‒ all'atto della sua
costituzione ‒ vietò l'uso di calzature che avessero suole con chiodi sporgenti, piastre metalliche o materiali
di guttaperca indurita. D'altra parte, al fine di garantire una maggiore stabilità ai giocatori, sia nei
movimenti sia nel controllo della palla, sugli sdrucciolevoli terreni erbosi inglesi, resi ancora più infidi dalle
frequenti piogge, nel 1891 fu autorizzato l'uso di scarpe fornite di tacchetti (o bulloni) e di strisce da
applicare alle suole, purché tali supporti fossero di cuoio. L'altezza dei tacchetti e delle strisce non doveva
essere superiore a 12,7 mm. La stessa misura costituiva il diametro minimo consentito per i tacchetti. Nel
1951, l'altezza massima delle strisce e dei tacchetti venne portata a 19 mm. All'inizio, la tomaia era
interamente di cuoio, molto rigida, con un rinforzo anteriore (spuntergo) a protezione delle dita. Nel
tempo, l'utilizzo di materiali più duttili e meno pesanti ha modificato notevolmente le caratteristiche delle
scarpe da calcio, che sono divenute sempre più leggere e pratiche; i tacchetti, di cuoio o di gomma,
consentono una presa sempre migliore sul terreno di gioco e una più efficace torsione della calzatura. Le
scarpe che si producono attualmente assicurano il massimo comfort e la migliore protezione del piede su
qualsiasi tipo di campo. Dotate di ammortizzatori capaci di esaltare la reattività e la potenza degli atleti,
hanno tomaie di pelle sintetica, più leggera ed elastica rispetto al cuoio naturale. Le stringhe sono studiate
per consentire insieme la massima aderenza al terreno e la flessibilità del collo del piede, essenziale per un
buon controllo del pallone.
Nelle prime regole dettate dalla Football Association non vi era alcuna indicazione né sul peso né sulla
circonferenza del pallone. Soltanto nel 1872 vennero stabiliti i valori minimi e massimi (rispettivamente 68
e 71 cm) consentiti per la misura della circonferenza dell'attrezzo, valori rimasti tuttora pressoché immutati
(68-70 cm). Quanto al peso, all'inizio di ogni partita esso non doveva essere inferiore a 340 g e superiore a
425; nel 1900, per gli incontri internazionali, il peso minimo fu portato a 368 g. Con il tempo, ci si rese però
conto dell'eccessiva leggerezza del pallone, il cui peso venne quindi fissato, nel 1937, a un minimo di 396 g
e un massimo di 453, poi arrotondati a 410 e 450. Per la confezione dello strato esterno del pallone furono
utilizzate a lungo pezze rettangolari di cuoio grezzo, cucite all'interno l'una con l'altra. Dentro questo
involucro era inserita una sfera di gomma, la camera d'aria, gonfiabile per mezzo di un piccolo budello di
gomma telata, poi ripiegato e coperto con una stringa che fungeva da chiusura dell'involucro esterno. La
ruvidezza del materiale utilizzato e la non perfetta sfericità del pallone, che inoltre, in caso di pioggia,
assorbiva una grande quantità di acqua e quindi aumentava notevolmente di peso, costringeva i giocatori,
per attutire la violenza dell'impatto con l'attrezzo, ad annodarsi un fazzoletto attorno alla fronte o a
utilizzare delle bende. In Inghilterra, era frequente l'uso di un cap a protezione della testa. Il miglioramento
delle tecnologie e dei materiali e l'eliminazione della camera d'aria interna hanno reso possibili non solo la
perfetta sfericità, ma anche una fattura molto più funzionale e sofisticata del pallone, grazie all'uso di cuoi
sempre meno ruvidi e di materiali sintetici uniti a pelli leggerissime; inoltre l'applicazione di apposite vernici
sulla superficie esterna consente ormai la completa impermeabilizzazione del pallone. Questo inizialmente
era di colore marrone, tipico del cuoio; poi, anche per esigenze di riprese televisive, ha subito alcune
varianti: è diventato a spicchi bianchi e neri nel 1970, tricolore in occasione dei Mondiali di Francia 1998.
Per il Mondiale 2002 è stato presentato un pallone dorato, con l'inserimento di disegni e di colori legati alla
tradizione dei due paesi ospitanti, la Corea e il Giappone.
Quanto al terreno di gioco, secondo le prime regole del 1863 esso era costituito da uno spazio delimitato
soltanto da bandierine. La lunghezza massima del campo era fissata in 200 yard (182 m), la larghezza
massima in 100 yard (91 m). Da quando, nel 1897, furono sostituite da linee sia laterali sia di fondo campo,
le bandierine si utilizzarono solo per indicare i quattro angoli del terreno di gioco. La porta era inizialmente
costituita da due pali posti a una distanza (misurata dal loro interno) di 7,32 m, senza nessuna delimitazione
in altezza; in seguito, venne aggiunta una fettuccia posta in orizzontale fra i due pali, a 2,44 m di altezza,
misura rimasta tuttora immutata. Nel 1875 era stato introdotto l'uso, all'inizio facoltativo, di una traversa
fissa, che fu resa obbligatoria nel 1882; nel 1891 venne ufficialmente disposto l'uso di reti a chiusura
posteriore delle porte. Nel 1897, l'IFAB stabilì le nuove dimensioni del terreno di gioco: lunghezza massima
120 m, minima 90 m, larghezza massima 90 m, minima 45 m. Per quanto riguarda gli incontri internazionali
la lunghezza massima venne fissata a 110 m, la minima a 100 m, la larghezza -massima a 75 m, la minima a
64 m. Il perimetro del terreno di gioco deve essere perfettamente rettangolare e tracciato con una linea
continua. L'altezza delle bandierine nei quattro angoli non deve essere superiore a 150 cm; la larghezza
massima delle linee di delimitazione del campo è fissata a 12 cm.
Gli stadi del calcio di Marco Brunelli
Nel mondo vi sono 11 impianti in grado di ospitare incontri di calcio con una cornice di pubblico di almeno
100.000 spettatori (capienza ufficialmente riconosciuta dalle istituzioni calcistiche internazionali). È
singolare, però, che solo due di questi impianti appartengano a un paese che occupa uno dei primi dieci
posti della classifica FIFA per nazioni: si tratta dei brasiliani Maracaná e Mineirão. Tra i 32 stadi con più di
80.000 posti, solo dieci si trovano in paesi calcisticamente all'avanguardia.
Lo stadio più grande del mondo è il May Day Stadium di Pyongyang (Corea del Nord), inaugurato nel 1989,
con una capienza di 150.000 spettatori; l'impianto, che era stato inizialmente progettato per ospitare i
Giochi Olimpici, speranza poi risultata vana, viene utilizzato per le partite della nazionale, ma anche per
numerose manifestazioni e raduni extrasportivi. Seguono, in questa classifica, dopo il Salt Lake Stadium di
Calcutta (120.000), due stadi di grandissime tradizioni calcistiche, come il Maracaná di Rio de Janeiro
(ufficialmente in grado di ospitare 122.000 spettatori, ma che in alcuni casi è arrivato a contenerne oltre
200.000) e lo stadio Azteca di Città del Messico (106.000).
I paesi nei quali vi è almeno uno stadio da 70.000 posti sono: Algeria, Arabia Saudita, Argentina, Armenia,
Australia, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Congo, Corea del Nord, Corea del Sud, Ecuador, Egitto, Francia,
Galles, Georgia, Germania, Giappone, Grecia, India, Indonesia, Inghilterra, Iran, Italia, Libia, Malaysia,
Marocco, Messico, Pakistan, Portogallo, Russia, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Turchia, Ucraina e Uruguay.
Una simile graduatoria, tuttavia, non coincide se non in minima parte con quella degli impianti che hanno
lasciato una traccia significativa nella storia del calcio. In molti casi, infatti, si tratta solo di monumenti che
rispondono più alla volontà autocelebrativa o propagandistica di un regime politico che non alle tradizioni
calcistiche e ai risultati sportivi delle squadre nazionali. In altre circostanze l'imponenza degli stadi è
direttamente proporzionale al numero di abitanti della città o della regione nella quale sono ubicati,
indipendentemente dalla storia calcistica locale. È significativo notare come quasi nessuno degli stadi più
grandi sia stato costruito negli ultimi dieci anni. Anzi, per lo più gli impianti progettati e realizzati di recente
hanno una capienza inferiore ai 70.000 posti e spesso non raggiungono i 60.000. La capienza media degli
impianti costruiti o rinnovati per i Campionati del Mondo di Giap-pone e Corea 2002 è di 49.700 spettatori
(il più grande ne ha 70.500, il più piccolo 41.800); quella degli stadi degli Europei 2004 è di 41.300 spettatori
(75.000 il più grande, 31.500 il più piccolo). Infine, la capienza media degli impianti che saranno realizzati
per i Mondiali di Germania 2006 è di 50.000 spettatori (76.000 il più grande, 22.500 il più piccolo).
In generale, i lavori di adeguamento degli stadi alle nuove norme di sicurezza o ai criteri di maggiore
comfort che si sono affermati in tutto il mondo a partire dagli anni Ottanta, parallelamente alla definitiva
affermazione del calcio televisivo, hanno comportato significative riduzioni delle capienze massime degli
impianti che avevano ospitato i più importanti incontri di calcio negli anni Cinquanta e Sessanta. Nell'anno
della sua inaugurazione, oltre 200.000 spettatori assistettero dalle gradinate del Maracaná alla finalissima
dei Mondiali del 1950 tra Brasile e Uruguay. Le cronache riferiscono di 130.000 persone stipate nello stadio
Azadi di Teheran, o dell'Estádio da Luz di Lisbona stracolmo di 120.000 appassionati. Oltre 124.000
spettatori celebrarono la vittoria del Real Madrid nella finale di Coppa dei Campioni del 1957 disputatasi al
Chamartín/Santiago Bernabéu. I successivi trionfi della squadra di Di Stefano, Puskas e Gento allo stadio
Heysel di Bruxelles (1958) e all'Hampden Park di Glasgow (1960) furono salutati rispettivamente da 67.000
e 128.000 spettatori. All'epoca della finale di Coppa dei Campioni vinta dall'Inter sul Real Madrid (1964), il
Prater di Vienna poteva contenere 71.000 persone. In occasione delle Olimpiadi del 1936, l'Olympiastadion
di Berlino arrivò a ospitare 120.000 spettatori.
Nella stagione 1999-2000 la capienza media degli stadi di prima divisione in Europa è stata di 49.900
spettatori in Italia, 33.700 in Inghilterra, 39.800 in Spagna, 29.800 in Francia e 42.400 in Germania. Negli
Stati Uniti, la Lega professionistica (Major league soccer) richiede stadi con un minimo di 25.000 e un
massimo di 40.000 posti a sedere.
Molto più suggestivo è classificare gli stadi in base al significato da essi assunto per avere ospitato partite
memorabili della storia del calcio. In qualche caso, lo stadio viene ricordato proprio per la partita che vi si è
giocata: lo Stadio Azteca di Città del Messico sarà sempre, non solo per gli italiani, lo stadio di ItaliaGermania Ovest 4-3. Così il Maracaná di Rio de Janeiro non si separerà mai dal ricordo della finale dei
Mondiali del 1950, persa dal Brasile contro l'Uruguay, e il Centenario di Montevideo vivrà della memoria del
trionfo della nazionale di casa contro l'Argentina nella prima Coppa del Mondo del 1930 .
In molti altri casi, l'intensità del ricordo è direttamente proporzionale al grado di coinvolgimento emotivo di
un paese (o di una tifoseria) in un successo sportivo: Wembley rappresenta per gli inglesi lo stadio della
vittoria mondiale del 1966 sui tedeschi. Al Santiago Bernabéu tutti gli italiani hanno idealmente alzato con
gli azzurri la terza Coppa del Mondo della loro storia, ma lo stadio spagnolo entrato nella leggenda è il
Sarriá di Barcellona, teatro della sensazionale vittoria dell'Italia sul Brasile. Il Camp Nou di Barcellona è, per i
tifosi del Manchester United, il luogo dove i Red Devils hanno vinto la loro seconda Coppa dei Campioni
dopo trent'anni di astinenza, sconfiggendo il Bayern Monaco nella più rocambolesca finale che si ricordi.
Allo Stadio Wankdorf di Berna e al Monumental di Buenos Aires sono legate le prime Coppe del Mondo di
Germania e Argentina. Il punto più alto della storia calcistica della Danimarca coincide con l'inaspettata
conquista del Campionato d'Europa del 1992, celebratasi allo Stadio Nye Ullevi di Göteborg a spese della
favoritissima Germania. Uno stadio privo di qualsiasi tradizione calcistica come il Sanford di Athens, nello
Stato americano della Georgia, è diventato un punto di riferimento per l'intero continente africano, dopo
che la nazionale nigeriana vi ha conquistato il titolo olimpico nel 1996, superando il Brasile e l'Argentina in
due emozionantissime partite.
La fama di alcuni stadi deriva dal significato simbolico che essi hanno storicamente assunto nel loro paese,
generalmente per essere la sede degli incontri ufficiali della rappresentativa nazionale: Wembley per gli
inglesi, lo stadio FNB di Johannesburg per i sudafricani, El Monumental per gli argentini, El Centenario per
gli uruguayani, lo stadio Azadi per gli iraniani, lo Stadio Olimpico di Atene per i greci, il Népstadion per gli
ungheresi, lo stadio Lia Manoilu per i rumeni, lo stadio Re Baldovino per i belgi, l'Hampden Park per gli
scozzesi, il Lansdowne Road per gli irlandesi, lo Stadio Olimpico per i finlandesi, lo Stadium Australia per gli
australiani; in prospettiva, lo Stade de France per i francesi e il Millennium Stadium per i gallesi.
Fino al 2001, anno in cui gli è succeduto il Millennium Stadium di Cardiff, Wembley ha anche rappresentato
la sede naturale di quella che gli inglesi definiscono da sempre "la partita più importante del mondo",
ovvero la finale della Coppa d'Inghilterra. Nell'elenco delle partite indimenticabili della storia del calcio non
possono mancare alcune finali di questo torneo: il 4-3 con il quale il Blackpool, trascinato da Stanley
Matthews, sconfisse il Bolton nel 1953 ribaltando negli ultimi tre minuti un risultato che aveva visto il
Bolton in vantaggio per 3-1 sino a 20 minuti dal termine; la prima vittoria di un club di seconda divisione (il
Sunderland nel 1973); il trionfo del Tottenham nel 1981, propiziato dall'argentino Ricardo Villa con una
doppietta; il successo ai supplementari del Coventry City nella finale del 1987, dopo la rimonta di un doppio
svantaggio.
In altri casi, l'importanza di uno stadio deriva dall'identificazione che se ne fa con la squadra che vi disputa
le partite casalinghe. Ciò accade tipicamente in Inghilterra, dove il legame tra il club e lo stadio, proprio
perché esclusivo, è molto più stretto di quanto non sia, per esempio, in Italia: così l'Old Trafford è,
inequivocabilmente, lo stadio del Manchester United, Anfield Road quello del Liverpool e Highbury la casa
dell'Arsenal.
Per molti innamorati del calcio, l'unica classifica che renda giustizia al valore reale degli stadi è quella
basata sulla 'atmosfera' che vi si respira: Estádio da Luz (teatro delle imprese del Benfica), San Siro (Milan e
Inter), La Bombonera (Boca Juniors), Camp Nou (Barcellona), Old Trafford (Manchester United), Anfield
Road (Liverpool), Maracaná (Botafogo, Flamengo, Fluminense e Vasco da Gama), Monumental (River Plate),
Centenario (Peñarol), Ibrox Park (Rangers), Celtic Park (Celtic), San Mamés (Athletic Bilbao) rientrano, di
diritto, in questa categoria.
In almeno una decina di casi, poi, gli stadi devono la loro fama al verificarsi di un evento tragico in
occasione di una partita di calcio: Ibrox Park di Glasgow (94 morti e 700 feriti in tre distinti incidenti nel
1902, 1961 e 1971); Hillsborough di Sheffield (96 morti e 500 feriti nel 1989, provocati dalla calca dei tifosi
senza biglietto: da questa sciagura ha preso il via il processo di ammodernamento degli stadi inglesi);
Estádio Nacional di Lima (318 morti e 1000 feriti nel 1964); Stadio Lenin di Mosca (340 morti e 1000 feriti
nel 1982); Bradford (56 morti nell'incendio del 1985); Heysel (39 morti e oltre 240 feriti in occasione della
finale di Coppa dei Campioni del 1985); Furiani di Bastia (15 morti e più di 2000 feriti per il crollo di una
tribuna nel 1992); Mateo Flores di Città del Guatemala (84 morti nel 1996); Ellis Park di Johannesburg (47
morti nel 2001); stadio di Accra (126 morti nel 2001).
La lista degli stadi da ricordare non può chiudersi senza menzionare quelli che hanno lasciato o promettono
di lasciare una traccia sul piano architettonico o delle soluzioni tecnologiche innovative introdotte: Stadio
Olimpico di Monaco, Amsterdam ArenA, Gelredome di Arnheim, Philips Stadion di Eindhoven, Millennium
Stadium di Cardiff, Stadium Australia di Sydney, Ashburton Grove di Londra (nuovo stadio dell'Arsenal),
May Day Stadium di Pyongyang, Stade de France di Saint-Denis, Sapporo Dome, nuovo Wembley, Atatürk
Olympic Stadium di Istanbul, Arena auf Shalke di Gelsenkirchen, Stadium of Light di Sunderland, Parken di
Copenaghen, nuovo stadio di Seul, Invesco Field at Mile High di Denver (ma l'elenco è certamente
soggettivo e non esaurisce gli esempi possibili).
SITOGRAFIA: http://www.treccani.it/enciclopedia/calcio-la-storia-del-calcio_(Enciclopedia-dello-Sport)/