san francesco di sales 1 - Auguri da tutta la Vivi Don Bosco

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san francesco di sales 1 - Auguri da tutta la Vivi Don Bosco
4 GENNAIO: SAN FRANCESCO DI
SALES (1567-1622)
Nato in Savoia nel 1567,Francesco studiò filosofia e teologia a Parigi e si laureò in diritto civ
ile edecclesiastico a Padova. Divenuto sacerdote si offrì al vescovo per ricondurre i Calvinis
ti delloChablais alla fede cattolica. Fatto vescovo di Ginevra, ma con residenza ad Annecy,
svolseun'ampia predicazione e attuò le riforme del Concilio di Trento. Spirito nobile, acuto,
dottoumanista, fu grande direttore spirituale; aprì a tutti le vie dell'ascetica
(Filotèa),
mostrando
l'essenza della vita spirituale nell'amore di Dio
(Teotimo).
Intuì
l'importanza della stampa; quale uomo di azione istituì a Thonon un'Accademia che
raccoglieva le menti più elette per l'approfondimento della scienza, e per avviare i giovani
ad una formazione professionale. Con Santa Giovanna di Chantal fondò e diresse
1'Ordine dellaVisitazione. Morì a Lione il 28 dicembre 1622; il trasporto della salma
ad Annecy (24
gennaio
1623)
è
all'origine della data
dell'odierna festa.
Canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesanel 1877, fu costituito patrono dei
giornalisti e scrittori cattolici nel 1923. Don Bosco si ispiro'
all'apostolato di san
Francesco di Sales,
alla sua amorevole bontà, al suo umanesimo e lo volle
patrono della Società salesiana.
San Francesco di Sales nel cuore di don Bosco
L’8 dicembre 1844, don Bosco inaugurava nella periferia di Torino un “oratorio” dedicato a
san Francesco di Sales. Da tre anni ormai, egli radunava ogni domenica e durante le feste i
ragazzi che incontrava nelle strade e nei cantieri della città. L’opera “salesiana”, che allora
era soltanto agli inizi e che egli chiamò oratorio, ricordando l’Oratorio fondato a
Roma nel secolo XVI da san Filippo Neri, era destinato all’educazione di giovani spesso
molto sprovveduti. Oltre alla formazione religiosa da lui considerata come fondamentale,
don Bosco non trascurava la formazione umana e l’istruzione, e per di più, infondeva
un’impronta festosa a tutte le attività, nelle quali il gioco, il canto e i divertimenti avevano
una parte rilevante. Descrivendo quella giornata storica nelle sue Memorie
dell’Oratorio di san
Francesco di Sales,
l’educatore
piemontese si addossò
il
compito di spiegare le ragioni per cui aveva scelto la protezione di questo santo. La prima
era apparentemente fortuita: il ritratto di san Francesco diSales ornava già di fatto
l’ingresso del locale di cui prendeva possesso. La seconda, più personale, viene esposta con
una certa ridondanza: «Perché la parte di quel nostro ministero esigendo grande calma e
mansuetudine, ci eravamo messi sotto alla protezione di questo santo, affinché ci ottenesse
da Dio la grazia di poterlo imitare nella sua straordinaria mansuetudine e nel guadagno
delle anime». Così avvenne che quell’antico vescovo, nato nel 1567 vicino ad Annecy nella
Savoia, morto nel 1622 a Lione, diventò il protettore di tutta l’opera di don Bosco. La figura
di san Francesco di Sales, pastore zelante e amabile, missionario eroico nelle vicinanze
della Ginevra protestante, autore di libri famosi come la Filotea e il Teotimo, catechista dei
fanciulli, direttore spirituale ricercato e fondatore con santa Giovanna di Chantal
dell’ordine della Visitazione, indubbiamente gli piaceva. Già quando era in seminario a
Chieri, questa luminosa figura lo accompagnava. Cercava di dominare il suo temperamento
focoso e talvolta violento, imitando il santo vescovo e il suo modo stupendo di relazionarsi
con gli altri. Un suo coetaneo ha raccontato che c’era un altro seminarista che si chiamava
Bosco Giacomo. Per distinguersi del compagno, questi amava definirsi in dialetto
piemontese bosc d’pouciou (legno duro del nespolo), mentre Giovanni si sforzava di
diventare bosc d’sales (legno flessibile come il salice). Alla fine del seminario, durante gli
esercizi spirituali di preparazione all’ordinazione, egli prese questo proposito: “La carità e
la dolcezza di san Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa”. Don Bosco aveva veramente
san Francesco di Sales nel cuore e nella mente. Ogni anno, la festa del santo Patrono che si
faceva allora il 29 gennaio, veniva celebrata all’Oratorio con grande solennità. Diceva: «Il
mio spirito e lo spirito di questo oratorio è lo spirito di san Francesco di Sales». Quando
Domenico Savio entrò per la prima volta nella stanza di don Bosco, «il suo sguardo –
racconta don Bosco – si portò subito su di un cartello, sopra cui a grossi caratteri sono
scritte le seguenti parole che soleva ripetere s. Francesco di Sales: Da mihi animas, caetera
tolle». I “Salesiani” da lui fondati nel 1859 dovevano avere lo spirito di carità e di zelo che
contraddistingueva il loro Patrono. Quando don Bosco decise di dare inizio all’Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, la data scelta per fare le prime elezioni in vista della
costituzione del primo capitolo superiore con Madre Mazzarello, fu proprio il 29 gennaio
1872, “il bel giorno di san Francesco di Sales”, come dice la cronaca. D’altronde è risaputo
che in molti posti dove lavorano, le Figlie di Maria Ausiliatrice vengono spesso chiamate
Suore Salesiane. Don Bosco si rallegrò molto quando Pio IX dichiarò solennemente nel
1877 san Francesco Dottore della Chiesa. In quell’occasione, le Suore della Visitazione di
Annecy gli chiesero di partecipare alla decorazione della loro chiesa in onore del “Dottore
della carità”. La risposta fu subitanea: «Voto del mio cuore sarebbe che la nostra
congregazione, posta sotto la protezione dell’amabile Dottore, avesse in cotesto santuario
un altare a testimonianza della nostra divozione». E così fu fatto.
In quegli anni, la devozione al Cuore di Gesù conosceva un notevole sviluppo. A Roma, don
Bosco fu incaricato da Leone XIII di costruire la basilica del Sacro Cuore. Bisogna ricordare
a questo proposito che san Francesco di Sales è colui che ha seminato i germi di questa
devozione. Niente dunque di strano se fu proprio una sua figlia spirituale, santa Margherita
Maria Alacoque, a ricevere le rivelazioni del Sacro Cuore a Paray-le-Monial. Durante il
famoso viaggio a Parigi nel 1883, don Bosco volle compiere un pellegrinaggio “salesiano”.
Sapendo dell’esistenza della famosa statua della Madonna Nera di Parigi, davanti alla quale
amava pregare il giovane Francesco, si recò nella chiesa dove si trovava e scrisse in
francese nel registro delle Messe: «Abbé Jean Bosco, superiore della Pia Società Salesiana,
raccomanda a S. Francesco di Sales tutte le opere di cui S. Francesco è il Patrono».
Don Bosco morì il 31 gennaio 1888. Due giorni prima, proprio il 29 gennaio, festa del
Patrono, aveva ricevuto per l’ultima volta la santa Comunione. Si riteneva che quel giorno il
pellegrinaggio di don Bosco era finito, anche se il Signore sia poi venuto a prenderlo più
tardi, il mattino presto del 31. «Come se san Francesco fosse venuto a cercarlo», si diceva.
Una lezione di San Francesco di Sales sulla vita consacrata:
San Francesco di Sales, pastore pieno di zelo e maestro di carità, ispirò Don Bosco con il suo
umanesimo ottimista e la sua dedizione assoluta alla cura pastorale delle anime. Nel 1854
dichiarò: “La Madonna vuole che creiamo una Congregazione. Ho deciso che ci chiameremo
Salesiani. Poniamoci sotto la protezione di San Francesco di Sales, al fine di partecipare
della sua immensa amabilità”. Nel 1854 Don Bosco diede il nome di “Pia Società di San
Francesco di Sales” al primo gruppetto di 17 giovani che desideravano seguire i suoi passi
lavorando per la gioventù. Ecco una lezione di san Francesco di Sales sulla vita consacrata:
Mentre Francesco entra e si siede, un religioso com incia a interrogarlo: Maestro, qual è,
secondo te, il senso profondo vita consacrata? "Tutte le Congregazioni Religiose hanno
uno spirito in comune, e poi ciascuna ne ha unoparticolare. Quello comune è di giungere
alla perfezione della carità, ossia all'unione della nostra anima con Dio e con il prossimo
per amore di Dio. Questo si attua con Dio, per mezzo dell'unione della nostra volontà alla
sua; e con il prossimo per mezzo della dolcezza, che è una virtù che dipende direttamente
dalla carità". Ma esiste anche un fine particolare di ogni Congregazione...
"Proprio di quello particolare voglio parlarvi adesso. Anzitutto vi dirò che bisogna
averne unamore così grande, che non deve esserci nessuna cosa di cui veniamo a
conoscenza, che porti a tal fine, senza che l'abbracciamo con tutto il cuore..." Ivi 4).
Ma che cosa vuol dire avere amore per il fine della propria Congregazione?
"Vuoi dire essere esatti nell'osservanza dei mezzo per giungere al fine, ossia le nostre
Regole eCostituzioni, ed essere molto diligenti nel fare tutto ciò che ad esse è collegato e
che serve per osservarle con maggior perfezione... Ma bisogna che questa esatta e puntuale
osservanza siaattuata in semplicità di cuore. Infatti non è con la molteplicità delle cose
che facciamo, che si acquista la perfezione; ma è l'esattezza e la purezza d'intenzione con
cui le facciamo... E nonbisogna mai pensare che siano gli uomini che, con le loro idee,
hanno dato inizio alle varie forme di vita consacrata: non bisogna cercare il fine dei
Gesuiti nel primo progetto di sant'Ignazio, che pensava a tutto, meno che a fare quello che
ha poi fatto; come pure san Francesco, sanDomenico, e gli altri. È Dio stesso l'ispiratore
delle Regole, che sono i mezzi appropriati per giungere al fine" Ivi 5).
Maestro, mi hai messo in crisi: mi chiedo se ho davvero lo spirito della Regola...
"Ti credo. Lo spirito della Regola si acquista praticando fedelmente la Regola. Ma Dio
stesso ce lo concederà, purché abbiamo coraggio, e facciamo il nostro possibile per
acquistarlo. Saremofortunati se un quarto d'ora prima di morire ci troveremo rivestiti di
quest'abito! Tutta la nostravita sarà occupata bene se la spenderemo a cucirvi ora un
pezzo ora un altro. Infatti questo santo abito non si confeziona con una sola stoffa,
è richiesto che se ne impieghino molte. Credevi che la perfezione fosse già bell'e pronta,
e che non ci fosse altro da fare che infilarla come ogni altro abito? Proprio no, mio caro
figlio, le cose non vanno così..." Ivi 8).
Rimane un po' a sorridere, scuotendo la testa... Poi fa per andarsene. Ma ci ripensa, e
aggiunge sottovoce, come tra sé:
"Perché credi che in primavera i cani perdano più facilmente le tracce della selvaggina?
Perchéle erbe e i fiori sono in pieno rigoglio: l'intensità dei profumi annulla l'odorato dei
cani, che nonsanno più distinguere la loro preda. Così le anime sempre piene di desideri,
disegni e progetti,non desiderano mai come si deve il santo amore i Dio..."
(Trattato dell'amor di Dio, 12,3).
Canonizzato nel 1665 e proclamato Dottore della Chiesa nel 1877, fu costituito patrono dei
giornalisti e scrittori cattolici nel 1923.