La via della Plata in bicicletta

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La via della Plata in bicicletta
La via della Plata in bicicletta
Sono passati quasi 5 anni da quando abbiamo fatto il cammino francese da S. jean Pied de Port a Finisterre.
E’ stata una esperienza splendida, sia per me che per mia moglie. Appena tornati ci siamo proposti di fare il
cammino della via della Plata. Per un motivo o per l’altro in questi anni abbiamo sempre rimandato il
progetto. Ma la pulce che ti e’ entrata nell’orecchio e mi rivolgo a chi ha fatto l’esperienza del cammino di
Santiago, e’ sempre li che te lo ricorda. Quest’inverno abbiamo deciso e programmato, con molte
difficolta’, questa ultima esperienza. Ho preparato per bene le bici, smontate, impacchettate e cercato di
salvare il piu’ possibile le parti delicate, come cambio, raggi delle ruote, ecc. Ho adoperato perfino fogli di
compensato per miglior protezione. Finalmente partiamo.
11 maggio 2011.
Lo zio Luigi ci porta per l’ennesima volta
all’aeroporto di Treviso e ci imbarchiamo, non
senza controllare che i nostri voluminosi pacchi
siano stati caricati sull’aereo. Il volo e’ stato
tranquillo; arriviamo a Siviglia dopo 2 ore e
mezza. All’aeroporto di Siviglia incontriamo un
ragazzo da Mestre che fa il nostro stesso giro in
bici, ma lui deve partire subito, con un amico
spagnolo, mentre noi ci fermiamo nel pomeriggio
e notte a Siviglia per visitarla per la seconda
volta. In un salone dell’aeroporto mi metto
Siviglia: Torre dell’oro e la Giralda fra viali fioriti
d’accordo con un inserviente per montare le
bici e consegnargli i cartoni. Con grande disponibilita’ e
gentilezza mi dice che i cartoni ci pensa lui ad eliminarli. Subito la sorpresa: la bici di Carla ha il fanale
disintegrato e quel che e’ peggio il perno anteriore della ruota della mia bicicletta e’ fuori uso:
completamente piegato. Impossibile montare la ruota: siamo immobilizzati a 15 km da Siviglia. Chiedo aiuto
ad un uomo che lavora all’aeroporto. Dopo un quarto d’ora arrivano 3 persone, con diversi attrezzi e
riusciamo, con mia somma soddisfazione a montare la ruota. I signori non vogliono saperne di ricompense
e rifiutano anche la mia proposta di offrire a tutti qualcosa
da bere. Si sentono appagati del loro intervento ed io ancor
di piu’. Partiamo per Siviglia. Gia’ la periferia, rispetto alle
nostre citta’ e’ tenuta bene. La gente e’ gentile, disponibile
ed ha simpatia per gli Italiani. In questi giorni di maggio
molti viali della citta’ si presentano con alberi
stupendamente fioriti di azzurro. Sono alberi grandi, specie
di acacie. Giriamo per Siviglia, visitando ancora la
Cattedrale, la Giralda, piazza di Spagna, ecc. Andiamo a
Siviglia: piazza di Spagna
procurarci la credenziale dagli amici
del cammino di Santiago. E’ bello
girovagare a Siviglia e in genere nelle
citta’, con la bicicletta: vedi tanto e
con poca fatica. Andiamo a dormire
tardi e stanchi.
12 maggio.
Il cielo e’ nuvoloso. Andiamo alla
Cattedrale per la partenza di rito.
Qui troviamo un gruppo di Veneti
che ci chiede di fare insieme una
foto, perche’ ci ammirano colle
nostre attrezzature che iniziamo il
cammino. La cosa ci inorgoglisce un
Da Guillena a Castilblanco de los Arroyos
po’. Partiamo. Passiamo il ponte Isabella seconda
ed entriamo nel quartiere di Triana. Passato il
quartiere, lungo la strada Carlos terzo, distratti,
perdiamo i segni gialli che indicano la strada del
cammino. Ci troviamo a discutere animatamente e
con tono della voce non certo basso, sul bel ponte
moderno che scavalca il canale del Guadalquivir. In
quel momento si ferma un giovane che subito non
riconosciamo per gli occhiali che porta. Poi
capiamo che e’ il titolare dell’albergo dove
abbiamo dormito stanotte. Anche lui ciclista stava
facendo un giro in direzione contraria alla nostra.
Ha voluto giovarci e accompagnarci indietro a fare
il cammino segnato e poi ci ha accompagnato
ancora fino all’attraversamento del rio, poco prima
di Guillena, per circa 20 km. Non abbiamo parole
Parco de los Berrocales
per questa gente dell’Andalusia. Subito dopo Guillena, nella zona industriale ci prende un po’ di pioviggine,
senza grande disturbo. Prendiamo la strada in salita, fra bei uliveti. Si entra poi in un ambiente molto bello
fra la natura integra. Cominciano le prime querce da sughero e si procede a tratti su viottoli completamente
dissestati e in salita, che ci obbligano a spingere le biciclette con gran fatica (vista la zavorra che ci portiamo
dietro). Si arriva in una radura dove si pompa una acqua ristoratrice e fresca, ma io mi bevo subito una
cerveza, che ho nella borsa. Arriviamo finalmente a Castilblanco de los Arroios. Lieve pioviggine. A
Castilblanco prendiamo la strada provinciale, che con un percorso fortemente ondulato e faticoso, in un
ambiente di pascoli, ci porta all’entrata del parco de los Berrocales. In una regione selvaggia si procede, col
bel tempo, lungo una strada sterrata per circa 15 km. La luce della sera, le fioriture di maggio, le lepri, i
fagiani, le pernici che trovi dopo ogni curva, ti danno in questo luogo emozioni e sensazioni paradisiache.
Ma alla fine ci aspetta una breve, ma impegnativissima salita. Impossibile farla in bici. Le spingiamo con
tutta la nostra zavorra. Arriviamo sfiniti in cima al Cerro del Calvario. Un vero calvario, dopo 78 km sulle
gambe. E per scendere ad Almaden de la Plata la cosa non e’ da meno. Sembra di scendere per un burrone.
Ad Almaden troviamo un ospitalero gentilissimo; ci beviamo insieme una cerveza conversando
amabilmente. Sono molto stanco e vado a letto contento.
13 maggio
Ad Almaden de la Plata troviamo persone
disponibili e gentili verso di noi e ci danno
volentieri indicazioni a seconda dei nostri
bisogni.C’e’ da dire che pur non conoscendo lo
spagnolo, per noi basta parlare veneto e “se se
intende”, come dicono anche loro. Subito dopo
Almaden ci inoltriamo, con salite e repentine
discese, in una regione di boschi di querce da
sughero. Si entra in diverse fazende aprendo e
Maiali al pascolo fra Almaden e Monasterio
chiudendo cancelli. Da qui si cominciano a vedere
gli allevamenti liberi di maiali. Sono maiali piccoli, magri, scuri, al pascolo liberi. Sono i produttori
dell’ottimo Jamon di queste terre. In un piccolo avallamento cado dalla bici per la prima volta senza
conseguenze, ma non senza pronunciarmi con forti improperi. La guida che portiamo con noi ci sconsiglia di
proseguire con la bici sull’itinerario del cammino e quindi prendiamo la provinciale per El Real de la Jara.
Questa strada e’ tutto un sali scendi faticoso in una zona di pascoli boscati e querce. Il tempo e’ bello.
Siamo in mezzo ad uno spettacolo della natura. Non passa una macchina. La natura in questa parte di
Spagna in questo mese e’ veramente bella. A El
Real de la Jara facciamo delle spese alimentari
e soprattutto ci riforniamo di bevande. Fa
caldo, il sole picchia, si continua a sudare e a
bere. Subito dopo prendiamo una strada
sterrata molto lunga, la canada real, che ci
porta verso Monasterio, in uno splendido
ambiente di pascoli e boschi di querce. Il
terreno e’ nello splendore delle piu’ variegate
fioriture. Ritroviamo uno spagnolo da Granada
che ha dormito con noi ieri sera ad Almaden e
ci ha preceduto a piedi per un mucchio di km
Fioriture di maggio fra Monasterio e Fuente de Cantos
(chissa a che ora e’ partito stamane). Gli
diciamo che “tiene el motor nelle gambe” e lui
sembra gradire il complimento. Passando fra pascoli piu’ aperti arriviamo presso S. Isidro, (quattro case).
Qui notiamo un centinaio di tendoni. Chiedo a un giovane: qe se passa a qui? Lui mi risponde che c’e’una
grande festa in onore del patrono S. Isidro. Ci dice di entrare nella sua tenda per bere una cerveza. Non me
lo faccio dire 2 volte!. Accoglienza grandiosa, indimenticabile!.
Birre, coche cole, Jamon, salami locali fra i piu’ vari, cibarie di
ogni tipo e infine foto ricordo. Tutto questo solo perche’ siamo
pellegrini di passaggio per Santiago e forse anche per la simpatia
che hanno gli spagnoli per noi italiani. Erano quattro ragazzi e
non li potro’ dimenticare. Proseguendo poi, ben pasciuti ed
abbeverati, abbiamo affrontato la salita fino al centro di
Monasterio. Da Monasterio, incontrando sempre pellegrini con
cui conversi ed hai un bel rapporto, ci inoltriamo in un territorio
molto ondulato, con gran sole e caldo. Si vedono all’inizio le
Carla taglia lo jamon alla festa di s. Isidro.
.
varieta’ di fiori piu’ inaspettate, con scorci
paesaggistici spettacolari, allevamenti liberi di suini,
pecore e tori. Poi, a meta’ strada per Fuente de
Cantos il paesaggio cambia, diventa agricolo, con
grandi ondulazioni del terreno e coltivazioni di
frumento, orzo ed avena. Tutto un su e giu’, con la
strada sterrata sinuosa che scende verso rii e risale
pendenze in una natura senza neanche una
abitazione per tanti km. Mi viene male a pensarmi
che potrei avere qualche danno irreparabile alle
bici. La luce e’ abbagliante; e’ tutto uno spettacolo!
Dopo adeguate sudate troviamo un albergo molto
confortevole e ci riposiamo beatamente.
Carla appena dopo Calzadilla de los Barros
14 maggio.
Sono qui stasera a Torremejia, in Estremadura in un ottimo albergo per pellegrini. In due-tre giorni mi sono
fatto l’idea che le attrezzature per ospitare i pellegrini
sulla via della Plata sono migliori di quelle
sul cammino francese. Carla sta male; gia’
ieri aveva nausea, oggi ha avuto una
giornataccia. E’ stata molto brava ad arrivare fino
a qui; non so se io, nelle sue condizioni, ne sarei
stato capace. La ammiro per questo e soprattutto
per ben altre cose. Il tempo e’ stato bello, ma noi
non siamo abituati a questo sole caliente e a
questo riverbero di luce. Da mezzogiorno e anche
prima fino alle 17, si fa doppia fatica a pedalare,
specialmente in salita. Stamani a Fuente de
Cantos in un bar dove abbiamo fatto la prima
colazione, vecchietti del paese, come sempre
Poco prima di Fuente de Cantos.
cordiali, ci hanno indicato la strada. Capiamo
quasi tutto di quello che ci dicono e noi sentiamo su di noi una certa ammirazione e simpatia. Dopo Fuente
ci si inoltra in un paesaggio pieno dei piu’ variopinti fiori, per viottoli attraversando colline e coltivi variegati
fino a Calzadilla de los Barros. Qui sulla piazza una bella fonte, ma con acqua come sempre non potabile. La
gente ti indica il cammino. Questi villaggi sono tutti agglomerati di case bianche e sono belli. Ti danno un
senso di decoro, di dignita’, di ordine e di pulizia, sia in Andalusia sia in sud Estremadura. Sono agglomerati
di case distanti uno dall’altro dai 10 ai 20 km e in
mezzo niente, solo natura. Dal momento che
sono agglomerati con abitazioni non disperse nel
territorio, le infrastrutture sono efficienti. Non si
vedono pali del telefono o della luce, le strade
sono quasi sempre acciottolate, coi relativi
marciapiedi e fognature. La gente vive
dignitosamente prevalentemente di attivita’
agricole. Qui si respira una dimensione del vivere
umana. In questi paraggi non si vedono fabbriche
Si attraversa un rio dopo Calzilla de los Barros
o sistemi di produzione o commercializzazione di
grandi beni di consumo. Dopo Calzilla de los
Barros abbiamo passato a stento una valle
fangosa con erbe alte come un uomo. Meno
male che non pioveva! Abbiamo attraversato 2
rii e in uno io mi sono bagnato tutte le
estremita’, mentre mia moglie e’ scivolata con
mezza gamba nella melma. Siamo andati
ovviamente avanti, fra colline fiorite, in un su e
giu’, dentro e fuori faticoso, ma eccitante fino ad
arrivare a Zafra. Dopo aver fatto diversi acquisti,
Carla fra Los Santos de Maimona e Almazara
fra cui ottimo vino di Almedralejo, abbiamo
visitato il centro storico col castello di Zafra.
Dopo Zafra, sotto una pianta di more, ci siamo riposati all’ombra e abbiamo mangiato, (almeno io) diversi
boccadilli a base di Jamon locale. Sono due giorni che ne mangio come un porco, ma soprattutto lo annaffio
per bene coll’ottimo vino che producono da queste parti: e poi mi lamento che faccio fatica e do la colpa al
caldo! Subito dopo Carla ha bucato per la prima volta. In questo posto e’ difficile trovare un albero da stare
all’ombra, comunque dopo 500 m ci siamo messi
sotto un cespuglio e ho aggiustato la ruota. Poi salita
sotto il sole cocente e discesa fino a Los Santos de
Maimona. Si prosegue sempre su stradine non
asfaltate e per sentieri sconnessi. Passiamo colline
con estese coltivazioni di olivi, vite e qualche coltivo
cerealitico. Poi il paesaggio cambia, diventa selvatico
e a pascolo in qualche tratto. In questo posto sto
bene, mi sento libero; questo ambiente ti da’ la
voglia di vivere e di liberta’. Arriviamo ad Almazara.
Qui ci sono le “fieste” con gran numero di tende e
gran movimento in tutto il paese. Faccio la proposta
a Carla di andare a bere una cerveza in onore di S.
Isidro, ma lei non ne puo’ piu’. Continuiamo. Arriviamo a Villafranca de los Barros. In piazza vedo da
distante una fonte con quattro canne che gettano acqua copiosamente. Non mi par vero! Ma l’acqua
ovviamente non e’ potabile; almeno mi lavo i piedi e altro. Ci ristoriamo presso un bar del centro. Carla non
ne puo’ piu’. Propongo di fermarci qui, ma lei, visto che la guida dice che il prossimo tratto e’
semipianeggiante, vuole proseguire fino a Torremejia. Da Villafranca a Torremejia in un paesaggio appena
un poco ondulato c’e’ un percorso sterrato di 28 km in cui si vedono solo viti; viti a perdita d’occhio e
nessuna costruzione. E’ la tierra de Barros, il cui centro vinicolo e ’Almendralejo. Le viti sono tutte basse,
senza nessun sostegno, con buona produzione di raspi. Anche oggi abbiamo trovato diversi pellegrini: 3 da
Vienna, 3 spagnoli, 1 canadese, 2 tedeschi. Ci si incontra e ci si parla in qualche maniera, con espressioni le
piu’ disparate, ma sempre cordiali. Un pellegrino di Madrid ci e’ stato appresso fin quasi a Villafranca. Fa di
media 45 km a piedi, con punte di 50. Lui dice che sta bene cosi’. Noi lo abbiamo chiamato ”gamba de
fierro”. Domani non so come sara’ con Carla; per ora vado a letto, dopo che abbiamo percorso 74 km.
Estensione di vigneti nella tierra de Barros.
15 maggio.
Stamane a Torremejia l’ospitalero ci ha
fatto molta accoglienza, perche’ sua sorella
ha sposato uno di Bassano. Siamo partiti per
ultimi, verso le 9 perche’ Carla stava ancora
male. Ieri sera ho chiuso le bici con la chiave
e stamane non la trovavo piu’. La memoria
a volte mi inganna. Dopo averla tanto
cercata, con commenti sarcastici di mia
moglie, stavo per tagliare la fune antifurto,
quando mi viene in mente finalmente che la
ho messa nella custodia della macchina
fotografica. Si parte. Dopo 200 metri di
Carla e Raffaele al ponte romano di Merida
strada Carla si ritrova con la ruota anteriore
a terra: sono un gran bravo meccanico! Si
pompa in attesa di pompare poi certamente ancora. Usciamo dal villaggio; la gente che si incontra ci saluta
sempre e ci augura “buen camino”. Dobbiamo fare un tratto di statale deserta e poi si entra per campi
coltivati , soprattutto ancora a viti, per un sentiero sconnesso, in saliscendi fino a Merida. A Merida, vicino
al ponte romano, in un bel parco ci riposiamo e specialmente io, perche’ Carla non e’ in forma, do fondo a
varigate cibarie e bevande. Visitiamo il centro storico: il tempio di Diana, l’anfiteatro, l’acquedotto romano,
ecc. Merida e’ una gran bella citta’: ordinata, pulita, moderna, con
un grande patrimonio storico. Da Merida simo passati attraverso
la pista ciclabile, all’embalse di Proserpina: il lago artificiale
costruito dai romani per derivare in circa 12 km l’acqua alla citta’.
Lungo la strada abbiamo gustato (piu’ io), ottimi boccadilli ed in
particolare olive speciali, nonche’ ci siamo abbondantemente
dissetati. Il lago di Proserpina e’ molto bello e conserva ancora la
Il tepio di Diana a Merida
diga originale costruita dai romani. Qui, sempre per distrazione
abbiamo perso il cammino e lo abbiamo ritrovato dopo mezz’ora.
Ora si sale per una strada asfaltata completamente deserta. Entriamo poi in salita su viottoli sabbiosi nel
parco del Cornalvo. Qui lo spettacolo paesaggistico non si puo’ descrivere, e basta. Si va su e giu’ tra colline
e vallecole a pascolo con vacche e pecore in una natura vasta e incontaminata. Qui regna la pace piu’
completa, accompagnata da una luce abbagliante. Il parco e’ percorso da un sentiero sabbioso, faticoso da
percorrere, tutto dissestato, lungo per non so quanti km, ma molto gratificante. Qui oggi mi sono sentito
veramente felice ed appagato. E’ lo spirito vero del cammino. Queste cose le ho gia’ sperimentate sul
percorso Francese, Carla si e’ un po’ ripresa e spero
per domani, anche nel tempo.
16 maggio.
Siamo stasera in riva al lago artificiale de Alcantara.
E’ stata una giornata splendida, piena di luce
abbagliante. Stamane, fuori dell’albergo di Alcuescar
la gomma della ruota di mia moglie e’ ancora giu’. La
aggiusto per la ennesima volta: chissa’ che sia
l’ultima!. Si parte dopo una colazione misera fatta al
bar del paese. Si va verso Casas de Don Antonio fra
Il lago di Proserpina vicino a Merida
coltivi e una lunga vallata. Al ponte romano di Casas
de Don Antonio troviamo il professore danese che
parla l’italiano perfettamente e che abbiamo
conosciuto ieri sera. E’ una persona molto distinta ed
e’ piacevole parlare insieme. Continuiamo in un
percorso dove troviamo diversi miliari romani della
via della Plata. Carla sta ancora male e non riesce ad
andare avanti; ci fermiamo al paesucolo di Aldea del
Cano. Qui in una frutteria parliamo con gran
cordialita’ col gestore del negozio, che ci fa tanti
auguri di buon cammino. Diversi pellegrini tedeschi,
Ponte romano dopo Casas de D. Antonio
francesi, spagnoli, sono nostri compagni per poco
tempo, perche’ vanno quasi tutti a piedi. In particolare una ragazza tedesca, figlia di siciliani, che abbiamo
conosciuto ieri sera. Sotto una quercia ci fermiamo. L’acqua di questi paesi e’ pessima, a causa del cloro che
vi mettono per la potabilizzazione; ma purtoppo bisogna bere e tanto. Il vino invece, e’ a dir poco speciale.
Io preferisco di gran lunga questo, con un consumo giornaliero che credo sia meglio diminuire nei prossimi
giorni. Da Aldea del Cano a Valdesalor il paesaggio e’ inselvatichito, con pochi pascoli e sempre tutto un su
e giu’. Carla non mangia e se non mangi non puoi andare avanti. Dopo Valdesaor c’e’ una salita
impegnativa, con caldo sole e sentiero sconnesso. Si deve
smontare e spingere quasi sempre. Carla va avanti a
caramelle e non so come faccia. Lei ha solo carattere da
ammirare e qualche volta da invidiare. Io invece mi nutro
sempre abbondantemente e vado su facilmente, come un
treno. Da Valdesalor a Caceres si credeva che il tragitto fosse
piano e invece e’ tutto un pessimo su e giu’con sentieri quasi
impraticabili e sole cocente. A Caceres ci siamo persi, nel
senso che uno e’ andato da una parte e uno dall’altra.
Finalmente ci siamo ritrovati nella piazza maggiore, con
Caceres
baruffa colossale e numerosi locali e turisti che ci
guardavano esterefatti. Caceres l’abbiamo gia’ vista anni fa e
quindi la rivisitiamo in fretta, con gli esiti della arrabbiatura. Verso le 2 ci siamo fermati in una taverna a
mangiare tapas e bevande varie, per poi ripartire per Casar de Caceres. Difficolta’ a trovare il cammino
all’uscita di Caceres. A Casar ci fermiamo davanti al municipio, dove c’e’ l’albergo dei pellegrini. Dalla
finestra dell’albergo si affaccia uno che ci ha sentito parlare in veneto; e’ un padovano. Argomentando che
da Caceres a Casar, per circa 12 km, non si trova una pianta da ripararsi all’ombra, lui ci dice che per questo
ci sono 2 alternative: 1)prenderci un ombrello e
fare il cammino con bici e ombrello aperto.
2)andare la’ davanti, al bar che “ombre” ce ne
sono in quantita’. Subito dopo il gestore di una
bottega di generi alimentari ci dice che “con pan e
vin se fa el camin”. Ce lo dice in spagnolo, ma non
sa che ce lo ha detto in perfetto veneto ed ha
ragione. Da Casar de Caceres attraversiamo un
territorio di 22 km, selvaggio, senza abitazione
alcuna, con numerosi pascoli, attraverso colline,
Bovini al pascolo prima del lago de Alcantara
in un su e giu’ continuo; poi attraverso un
crinale molto lungo, panoramico, con tanti
allevamenti. C’e’ qualche quercia, ma ci sono
specialmente tanti cespugli con fioriture gialle
profumatissime, in un tripudio di sole e di
luce. Sento di stare bene con me stesso e la
natura che mi circonda. Sento le gambe girare
senza fatica e l’entusiasmo di vivere dentro. In
lontananza si vede il lago di Alcantara.
Arriviamo all’albergo dei pellegrini, posto in
una posizione incantevole davanti al lago,
dopo 74 km. Troviamo gli ultimi 2 posti.
L’albergo e’ un cesso. Dicono che domani
piovera’. Carla stasera almeno ha mangiato una bella terrina di insalata. Io invece ho mangiato e bevuto
ben altro!!.
Prima del lago di Alcantara
17 maggio.
Notte d’inferno; in un albergo dove c’e chi
russa, chi si alza alle 3 svegliando tutti e
sbattendo la porta. Sono quasi tutti olandesi;
non c’e’ nessun rispetto per il prossimo. E’
strano che chi fa tanta fatica non comprenda e
rispetti chi ne fa altrettanta. Alle 5 si
accendono le luci e con un fracasso infernale
qualcuno parte. Carla si alza e mette tutti in
riga con frasi inglesi che non ripeto. La tregua
dura poco. Intanto fuori tuona e piove a
dirotto. Stanchissimo, mi alzo un po’ tardi e
quando andiamo a fare colazione non troviamo
Raffaele fra Carcaboso e Oliva de Plasencia
piu’ niente; solo piatti sporchi. Gli ultimi
spagnoli pasciuti mi dicono che resta un po’ di caffe’ freddo e che bisogna lavarsi anche le scodelle. Alla fine
qualcosa abbiamo mangiato. L’ospitalero ovviamente e’ uccel di bosco e si parte sotto una fresca
pioviggine. Questa volta si sale lungo la statale 630 verso l’abitato di Cagnaveral. In questo pueblo facciamo
acquisti. Di quelli che hanno dormito con noi stanotte e che sorpassiamo per strada non salutiamo nessuno.
Poi ci aspetta ancora salita fino al passo, a circa 400 m. Carla sta un po’ meglio, ma e’ sempre fiacca nelle
salite. Arriviamo a Grimaldo e ci rifugiamo sotto
una pensilina del bus perche’ piove. Da Grimaldo
prendiamo una variante del cammino per Rio
Lobos, asfaltata, molto lunga. In circa 12 km non
abbiamo trovato una macchina; tutto un saliscendi.
A Holguera e Riolobos chiediamo informazioni ai
pensionati di turno. Tutti ci fermano e vogliono
sapere da dove siamo e da dove siamo partiti e
quando: non si va avanti. Tutti danno appropriate
informazioni utilissime. Subito dopo Riolobos su
All'albergue de Oliva de Plasencia
per una mulattiera troviamo un pellegrino spagnolo con le mani in tasca e uno zainetto grande come una
mano, a cui ha legato un ombrello. Non ha altro. Ci dice che nella vita non serve portarsi dietro tante cose,
perche’ quello che e’ essenziale e necessario e’ ben poco, il resto e’ superfluo e pesante. Credo che in parte
abbia ragione. Ci ho pensato a quanto mi ha detto, ma non posso neanche buttare in un fosso i nostri 4
pesanti borsoni!. Passiamo paesaggi sempre ondulati, ci spostiamo in sentieri che attraversano zone
impervie, brulle, con qualche pascolo fino a Galisteio. Qui piove. Procediamo lo stesso lungo il rio Jerte, in
una regione ricca di aziende agricole, ma non bella. Ci fermiamo in un bar ristorante e consumiamo le solite
tapas molto buone. Finalmente Carla comincia a mangiare dei bocconcini di baccala’ e coscette di pollo e
altre cose buone. Non si paga praticamente niente. Abbiamo una amena conversazione col gestore e figlio,
che si prodigano a darci informazioni sul tempo dei prossimi giorni e sul percorso ancora da fare. Usciamo
da Carcaboso e ci inoltriamo per una stradina sterrata in continua salita per Oliva de Plasencia. Da qui il
paesaggio e’splendido. E’ ritornato il sole su un altopiano ondulato in mezzo a pascoli fioriti e querce. La
stradina diventa un sentiero di circa 15 km, liscio, ben percorribile colle bici, in un posto straordinario.
Questa e’ stata la piu’ bella zona che abbiamo incontrato finora da Siviglia a qui. Poco prima di Oliva de
Plasencia, in una regione a pascolo con querce e tanti laghetti abbiamo visto una quntita’ impressionante di
cicogne. Qui la natura e’ ancora integra e pura. All’albergue dei pellegrini di Oliva de Plasencia abbiamo
mangiato insieme ad un tedesco di Amburgo (ci ha prestato il telefonino), a due cordialissimi francesi, a 2
spagnoli, a 2 brasiliani, di cui uno oriundo dalle nostre zone (si chiama Zilio di cognome, un suo avo e’
partito dal Veneto nell’800). Bella e allegra cena comunitaria gestita da Monica l’ospitalera simpatica. Foto
e promesse si sprecano. Oggi abbiamo fatto 74 km.
18 maggio.
Carla poco prima di Oliva de Plasencia
Stasera siamo a Calzada de Bejar a 800 metri di altitudine. Il
caminetto dell’albergue e’ acceso. E’ stata una giornata faticosa,
con tempo pessimo. A Oliva siamo partiti per ultimi, dopo
ottima e abbondante colazione. Qui i pellegrini si servono da se
e quando siamo partiti abbiamo lasciato tutto in ordine, spento
le luci e chiuso la porta. Monica ci ha detto ieri sera di fare cosi e
cosi abbiamo fatto. Siamo stati molto bene in questo albergo,
soprattutto da un punto di vista umano. I prezzi degli alberghi e
dei generi di prima necessita’ lungo tutto il cammino sono
calmierati e praticamente nessuno ne approfitta. Per
strada alla partenza, sotto un cielo plumbeo,
incontriamo tutti quelli della sera prima e salutandoci
cordialmente, come veri amici, ci facciamo promesse
varie. E’ questo lo spirito del cammino. Dopo pochi km
comincia a piovere. Attraversiamo diversi rii con
difficolta’ a causa del peso delle bici. Ad un certo punto
perdiamo il sentiero, subito dopo l’arco di Caparra.
Dobbiamo per forza andare sulla statale per un breve
tratto, per poi riprendere il sentiero in questo tratto
estremamente disagevole, mezzo allagato per circa 8 km
e sotto la pioggia. Sotto un cavalcavia della autostrada ci
fermiamo , sperando che il tempo cambi. Al contrario:
L'arco di Caparra
piove sempre di piu’ e intensamente. Ci avviamo verso
Adeanueva del Camino e entriamo in un bar a ristorarci e
facciamo spesa. Piove in una maniera veramente intensa
e pensiamo di andare avanti lo stesso, visto anche che
alcuni ciclisti spagnoli partono e non ci sentiamo da
meno. Si deve fare la nazionale fino a Bagnos de
Montemayor, sotto una pioggia forte e controvento, con
la tuta antipioggia che, se da una parte non ci bagnamo
esternamente, dall’altra, per la fatica e il sudore in salita,
ci bagnamo internamente come polli. La salita al passo e’
Presso il ponte della Magdalena.
lunga e faticosa. Non ho capito quanto dislivello abbiamo
fatto, ma sotto la pioggia mi e’ sembrato tanto. Vicino al passo ha finito di povere. La regione qui e’
verdissima, ci sono moltissimi frassini e altre latifoglie. Si vedono i primi fiori di digitalis purpurea. Sembra di
essere in Galizia. Subito dopo il passo si scende per una vallata verdissima con prati a pascolo e boschi di
frassino e querce fino al ponte della Magdalena sul rio Cuerpo de Hombre. C’e’ il sole e non piove piu’. Si
sale poi con tanta fatica, spingendo quasi sempre
la bici, su un tracciato con fossati e sassi per circa
4 km. La valle e’ bella, piena di prati verdi, piante
e fiori fra i piu’ vari, con bovini liberi al pascolo.
Si arriva finalmente a Calzada del Be’Jar. Qui
l’ospitalera dell’albergue e’ molto cordiale e ci
saluta e accoglie con simpatia. Subito dopo
entrati comincia a piovere a dirotto. A 800 m di
altitudine e’ bello veder piovere a dirotto, mentre
si e’ al coperto, al caldo del camino e in bella
compagnia. Mangiamo bene e conversiamo con
pellegrini specialmente spagnoli, in particolare
con un ragazzo di Bilbao che fa il cammino da
solo con la bici. Poi con altri spagnoli, 2 belgi e 2
del Canton Ticino. Sono tutti entusiasti della loro
esperienza, come noi due. Ci abbeveriamo
Salita a Calzada de Be'jar
abbondantemente e andiamo a letto come
sempre stanchi. La mia bici segna stasera, dall’aeroporto di Siviglia, 521 km, fatti quasi tutti sul cammino.
19 maggio.
Stasera siamo a Salamanca: Splendida citta’
universitaria che gia’ conoscevo. La citta’ di
Lazzzarillo e’ piena di giovani e di vita ed e’ molto
pulita e tenuta bene. Siamo arrivati qui dopo aver
percorso 84 km. Ci ha accolto un ospitalero
volontario dell’ Uruguai anziano, che conosce molte
lingue. Persona gentile e distinta; parliamo con lui in
italiano. Si chiama Fernando e ci assegna una stanza
con soli due letti. L’albergue e’ dietro la cattedrale e
i pellegrini se vogliono fanno una offerta per
Case a Calzada de Be'jar
dormire qui, altrimenti pace e
bene. In qesto spirito del
cammino spesso non ho parole.
Stamane Manuela a Calzada del
Be’jar ci ha fatto una buona
colazione
e
siamo
partiti
penultimi. Manuela ci ha salutato A Salamanca davanti al monumento a
Lazzarillo
baciandoci, perche’ ha detto che,
cosi’ facendo, si stirano le rughe. Cielo plumbeo. Il pueblo di Calzada
del Be’jar e’ fatto di 4 case basse, con poggioli caratteristici. Alla mattina attraverso la piazzetta conducono
le vacche al pascolo. E’ un paese che mi ricorda tempi della mia infanzia. Subito dopo un abitante ci dice
che il cammino, per la pioggia di stanotte e’ allagato ed e’ meglio fare un giro di 2 km per evitare fatiche
inutili e cosi’ facciamo. Sorpassiamo tutti i pellegrini di ieri sera e ci salutiamo cordialmente, in particolare i
francesi (lui ha 73 anni). Siamo sugli 800 m, fa freddo e ogni tanto pioviggina. Cielo nero. Si arriva in salita a
Valverde de Valdelacasa, poi si sale ancora, fra frassini, querce e pascoli fino a 950 m di Fuenterroble de
Salvatierra. Piove a tratti. Qui ci fermiamo a fare spesa in un negozietto di piccolo paese, dove la signora ci
dice che ha fatto il tratto Assisi-Roma con un asino, assieme ad altre persone e le e’ rimasto un ricordo
indelebile dell’Umbria, Lazio e degli italiani. C’e’ molta semplicita’ e dignita’ negli abitanti di questi paesi. Mi
sento bene con questa gente e mi ritrovo, dopo ogni colloquio,
sempre sereno e in pace: sara’ lo spirito del cammino. Certo credo
che la sua parte ce l’ ha. Da Fuenterroble inizia una strada sterrata
su un altipiano prativo con poche piante e molto lunga. Fa freddo,
ma c’e’ una pausa nel piovere. Si apre il cielo, che inonda luce
limpida d’alta montagna il paesaggio. Ad un cippo miliario della via
della Plata facciamo una sosta mangiando qualcosa sotto un
albero, vicino ad un grosso falco, che ci guarda senza scomporsi.
Salamanca
Siamo seduti sul cordolo della antica via romana della Plata, che
Bovini al pascolo prima di Salamanca
qui e’ tale e quale come era un tempo. Ci circondano vacche al
pascolo in quantita’ in un silenzio e solitudine totale. Mi sembra una situazione primordiale e irreale. Siamo
contenti. Credo che si dovrebbe vivere cosi, come ora. Si sale ancora, evitando per poco il Pico de la Duegna
a circa 1150 m e quindi ci
perdiamo, vagando per paesi
che non ricordo, fino ad
arrivare, grazie ad indicazioni
di persone di vari puebli, a S.
Pedro de Rozados. Da qui
ritorniamo
a
Morille,
raggiunta precedentemente.
Per sterrati variegati, in un
continuo su e giu’, con
abbastanza rilevanti dislivelli
si punta su Salamanca. Da S.
Pedro a Salamanca lo sterrato
di 24 km e’ circondato da un
Sull'altipiano, prima del Pico de la Duegna.
territorio splendido, con immensi spazi
aperti, si attravesano rii in successione,
prati fioriti con querce e ci sono tanti
animali al pascolo. Ad un certo punto,
dal margine dell’altipiano, compare
Salamanca e sembra li a due passi, ma ci
vogliono ancora tante pedalate per
raggiungerla. Scendendo dall’altipiano,
fra dolci colline coltivate a grano, a
segala e a orzo, nella luce della sera, con
le guglie della cattedrale di Salamanca
davanti agli occhi, mi sono commosso.
In vista di Salamanca.
Ho pensato alla mia vita, con i piedi
sempre sotto alla scrivania, ho
realizzato
che
ho
sbagliato tante cose.
Credo che la vita sia fare
piu’ spesso quello che ho
fatto e visto in questi
giorni. La fatica che ho
fatto oggi e’ stata grande,
ma stasera mi resta solo
la luce di spazi aperti, di
meravigliosi paesaggi, di
belle persone che ho
incontrato e la gioia di
vivere.
20 maggio.
Sono qui stasera nella
romanica citta’ di Zamora.
Prima di Salamanca
Qui non ero mai stato e la
citta’ vecchia si presenta con tutto il suo fascino appena passi il ponte medievale sul Duero. Arriviamo nel
pomeriggio, col sole che inonda le chiese e gli edifici storici. All’albergo, ristrutturato molto bene, subito
sopra il ponte medievale, ci accoglie con gentilezza una signora ospitalera volontaria svizzera. Ci sembra
tutto bello, con tutte le comodita’. Carla lava per
l’ennesima volta gli indumenti che si mettono ad
asciugare. Chi vuole si fa da mangiare: ci sono tutte le
attrezzature.
Oggi
abbiamo fatto 72 km
tutti in saliscendi, con
qualche
salita
non
lunga.
Prima di Salamanca
Da Salamanca fino a Castellanos il territorio e’
coltivato a frumento e segala, le stradine sterrate
sono lunghe, dritte e tutte ondulate fra colline.
Dopo Calzada de Valdunciel il cammino percorre
un tratto molto faticoso, disagevole e a contatto
con l’autostrada per circa 18-20 km. Fuori dal
paese di El Cubo de Tierra del Vino rompo il
portapacchi della bici. Evidentemente ho caricato
poco!. Per fortuna che ho appresso il necessario,
perfino filo di ferro e in qualche maniera me lo
aggiusto. Facendo questo mi viene in mente il
pellegrino con le mani in tasca e lo zainetto grande
come una mano; come avrebbe fatto in questo frangente? Sarebbe stato certamente bloccato, perche’ non
aveva niente con se; ma e’ anche vero che non avendo niente con se non avrebbe rotto il prtapacchi per il
peso…mah!!... Subito dopo si sale su colline e si scende in vallate bellissime, tutte coltivate a cereali e
perfino a piselli. Non si incontra
nessuno; per km e km non c’e’ una
abitazione. I colori della natura
sono fra i piu’ belli che ho visto e
molto variegati. La luce del pieno
sole e’ qui intensissima; difatti
stasera a Zamora sono rosso come
un peperone e per l’insolazione
non mi sento per niente bene.
Vedremo domani.
Fiori di lavanda selvatica dopo Salammanca
21 maggio.
Giornata anche oggi faticosa.
Stamane a Zabora la signora
svizzera da Closters ci ha preparato
Paesaggio dopo El Cubo de Tierra del Vino
la colazione. Come sempre si parte
lasciando un donativo. Non ti chiedono neanche quello!. La giornata e’ fresca, c’e’ il sole e si attrversano
campagne coltivate a cereali, come al solito, su stradine sterrate, in continuo salscendi,
che ci tagiano le gambe. Troviamo, fra gli altri pellegrini, due anziani di Nimes con cui abbiamo condiviso
Cespugli fioriti lungo il cammino
Carla dopo El Cubo de Tierra del Vino
la stanza. Lui porta al collo una
busta di plastica trasparente con
dentro uno spartito (non so perche’
e non glielo ho domandato).
Persona amabile; pero’stanotte ha
russato, senza disturbarmi piu’ di
tanto, dal momento che avrei
dormito anche su un sasso. Carla
invece si e’ un po’ lamentata.
Siamo passati per Montamarta,
misero paese agricolo, vicino al
paese di Ricobayo; poi percorso
durissimo tra sentieri sassuti di
campagna collinare, con deviazioni
impervie a causa di lavori per
strade. Infine ci troviamo in riva al lago di Ricobayo, dove i segni gialli sono stati a tratti interrotti, con
alternative approssimative e di difficile percorrenza, fino alle imponenti rovine della fortezza di
Castrotorafe. Si prosegue sempre per sentieri di
Paesaggio prima di Zamora
Cespugli in fiore dopo Moreruela
Verso il lago di Rocobayo
campagna non tanto
Castro e Riego del
tra colline e immensi
Granja de Moreruela. Qui
bevande varie e ci
Incontriamo altri ciclisti
un tratto insieme. Qui il
bella per Fontanilla de
cammino. Da qui si sale
campi di frumento a
ci ristoriamo con tapas e
consigliano sul cammino.
spagnoli e facciamo poi
cammino si divide: a nord
Gregge di pecore presso le rovine di Castrotorate
si va ad Astorga e poi a Santiago per il cammino francese; a ovest
si va a Santiago attraverso il cammino Sanabrico. Noi prendiamo
questo. Subito dopo Granja de Moreruela si sale, tanto per
cambiare, in un ambiente sterminato di cespugli con infiorescenze
bianche. In questo mese di maggio e’ un vero spettacolo della
natura, che da noi ci sogniamo. Poi si scende ripidamente al rio
Elsa, con relativo bel lago. Passato il ponte i ciclisti sono costretti a
proseguire fino a Foramontanos su strada asfaltata in saliscendi.
Da qui si arriva a Tabara che ci accoglie con la bella chiesa
romanica di S. Martin. L’albergo dei pellegrini e’ pieno e quindi ci
rivolgiamo ai gestori del bar in piazza che hanno anche una
pensione appena trecento metri dal centro e qui dormiamo e
mangiamo con prezzi ragionevoli. Oggi abbiamo fatto 72 km.
Domani il tempo dovrebbe essere bello. Carla mangia, beve e
rompe spesso le palle: vuol dire che sta bene!
Tabara: la chiesa di san Martin
22 maggio.
Oggi abbiamo trascorso ancora una giornata faticosa
e percorso 72 km. Stasera sono finito; credo di avere
la febbre, ho mal di gola e male alle articolazioni:
virosi. Comunque sono arrivato fino a qui; domani si
vedra’. Stamani siamo partiti presto da Tabara e, per
un errore, ci siamo avviati sulla statale per diversi km.
Qui le strade nazionali e provinciali, come avevo
constatato negli anni scorsi, sono tenute molto bene.
Oggi e’ domenica e vedi circolare una macchina ogni
“morte di papa”. L’asfalto e’ quasi tutto antipioggia,
non ci sono rattoppi o ancor meno buche. Non manca
Mombuey: la chiesa romanica
un catarinfrangente e la sgnaletica e’ semplice ed
efficiente come in Germania. Mi viene da piangere a pensare alle nostre strade nel Veneto e in particolare
alla SS della Valsugana di domenica in questo periodo. In tutto il giorno non ho visto una sola industria. I
paesi sono piu’ frequenti che in Andalusia ed Estremadura e le case sono fatte, quelle vecchie, con blocchi
di pietra granitica enormi, come qua vicino in Portogallo. Il territorio non e’ bello piu’ di tanto. Non ci sono
coltivazioni di cereali, ma boschi di roverella e,
da Santa Marta de Tera, tante ginestre, in un
tripudio di fioriture gialle. In ogni paese si
trovano belle e antiche chiese romaniche, che
si distinguono per la sobrieta’. A Monbuey,
davanti alla bella chiesa romanica costruita dai
templari nel 12° secolo, pochi abitanti del
paese si riuniscono, col prete, per la messa e ci
chiedono come al solito da quanto tempo
siamo in vaggio e da dove arriviamo… Si parla
Dopo Mombuey
sempre con cordialita’ e respiri dalla
gente un qualcosa di benevole. Se
incontri una macchina ti suonano o ti
salutano dai finestrini e noi simo contenti
e ci sentiamo importanti. Le campane di
questo campanile disperdono nell’aria un
suono che sembra quello di due battacchi
che battono dentro a due bidoni di latta.
Questo bel romanico campanile, unico
nel suo genere, meriterebbe di esprimersi
con ben altri suoni!. Da un paese all’altro
c’e’ un mare di ginestre in fiore: e’ uno
spettacolo! In diversi paesi ci siamo
fermati a bere qualcosa e qui mangi
sempre delle tapas e bocconcini, che sono sempre diversi, i piu’ vari e sempre molto buoni. I prezzi sono
buoni e nessuno ne approfitta coi pellegrini. A Otero de Sanabria ho discusso con mia moglie sulla “bella
Otero” di cui abbiamo sentito parlare; chi era costei? Mah… Otero e’ un paesucolo dove abbiamo
incontrato una anziana signora che ci ha detto che qui vivono trenta persone in estate e primavera e in
inverno vive da sola. Oggi ci sono le elezioni e lei si lamenta che a Madrid “comano” molto e a lei
pensionata, dopo tanti anni di lavoro non resta piu’ niente. Non sa
perche’ va a votare ed e’ sfiduciata della situazione politica
spagnola. Le rispondo che in Italia e’ lo stesso, se non peggio.
Un’altra signora oggi, presso S. Marta de Tera, visto che le
abbiamo detto che veniamo dalla zona di Venezia, vuole sapere
assolutamente se Venezia sprofonda per il peso dei palazzi o
perche’ si alza il mare. Le rispondo che la cosa non cambia, anche
Ginestre lungo il cammino
perche’ fra poco (accenno a forse fra 200 anni), avremo il Mose,
che rimediera’ a tutto, con buona pace di Venezia. Non mi crede.
Prima di arrivare a Puebla di Sanabria, passiamo in una zona dove c’e’ una specie di brughiera fiorita, da
fermarsi a guardare e da fotografare! All’albergo dei pellegrini di Puebla troviamo una signora anziana e
gentile , che ci assegna i posti in una camera a tre. L’albergo e’ tenuto molto bene, ma qui non si mangia.
Ognuno deve arrangiarsi. Qui ho trovato un pellegrino italiano di Lodi con cui abbiamo parlato di diverse
cose. Ho capito di aver trovato una brava persona, portatore di valori che condivido. Anche lui e’ partito da
Siviglia assieme ad altre due persone, che
hanno dovuto tornare a casa per malattia.
Lui ha proseguito da solo e credo abbia
fatto bene. E’ entusiasta, come tutti quelli
che incontri, che hanno fatto questa
esperienza. Ho notato che i pellegrini
raramente si lamentano delle cose che non
vanno, della pioggia, del mangiare quando
capita, delle varie privazioni, del dormire a
volte in maniera precaria, ecc. I pellegrini
parlano delle cose buone e belle del cammi
A Cernadilla
Brughiera fiorita prima di Puebla de Sanabria
no ed esprimono tutti determinazione di arrivare
alla meta e carattere; e quando hai affrontato le
privazioni piu’ diverse e a volte importanti, il
solo essere al riparo dalle intemperie e con
qulcosa in bocca, ti senti appagato, ma
soprattutto ti senti piu’ disponibile verso chi ha
bisogno. Credo che l’essenza del cammino sia
questa.
23 maggio.
Stanotte sono stato male, tanto che stamane ero
Fontana a Aciberos
indeciso di partire. Poi siamo montati in bici in
mezzo alla nebbia. Il primo tratto del percorso lo abbiamo fatto parte in strada statale e poi prima di
Requejo, in un sentiero melmoso, con rapidi strappi, paludi acquitrinose e con acque scorrevoli sul sentiero.
Un vero disagio. A Requejo, dopo aver fatto colazione e spesa, affrontiamo il passo Perdonelo a quota 1360
m circa. Gran sole e gran sudata. Continuo ad avere momenti di gran caldo e gran freddo: in pratica sto
male. In discesa andiamo ad Aciberos e poi, ancora in discesa dentro una valle verdissima di castagni, fino
ad attraversare il rio Pedro. Risaliamo alle 4 case di
Hedroso e poi a Lubian. Qui le case vecchie sono
coperte di lastre di ardesia. I muri delle case, almeno
quelle vecchie, sono fatte con grossi sassi di granito
squadrato, con architravi di porte e finestre giganteschi
e massicci. Sono molto caratteristiche, anche perche’
in tante si adoperano poggioli di legno. Il territorio e’
verde e boscato. Da Lubian siamo scesi al rio Tuela e da
questo posto fino al passo A Canada abbiamo fatto il
percorso di non so quanti metri di dislivello piu’
micidiale da Siviglia a qui. Nella parte bassa il sentero e’
Case a Lubian
tutto allagato e melmoso, poi corre in salita fra grandi
sassi, in mezzo a muri, dove insieme scorre un torrentello. Si fa fatica a procedere a piedi, immaginarsi con
2 bici stracariche di borse pesanti. (in qesto frangente mi sono pensato spesso di quello con le mani in tasca
e lo zaino grande come una mano!). Fra balze e salti da non riuscire neanche a portarci appresso le bici, in
qulche maniera, tutti trafelati, infangati e bagnati di sudore, siamo arrivati in cima con le nostre bici e le
nostre 4 borse di peso non ben definito,
ma rilevante. Ci abbiamo messo tre ore e
mezza. Non faro’ mai piu’ una esperienza
simile. Carla e’ stata bravissima e anche io,
perche’ non sto per niente bene. Si scende
a Vilavella e qui ci ristoriamo
adeguatamente e mangiamo il pulpo
galliego (siamo appena entrati in Galizia).
Subito dopo ho ripreso le forze e
attraverso un paesaggio di ginestre gialle e
Le scarpe di Carla dopo tanto camminare portando la bici
bianche e grossi massi di granito rotondi,
levigati dal vento, siamo arrivati alla Gudigna.
All’albergo ci sono molte persone con cui ci si
scambiano esperienze: tedeschi, un ciclista di
San Sebastian, uno di Lanzarote, un signore da
Bergamo, uno della val di Cembra. Parliamo
sempre del cammino, mangiamo e andiamo a
letto in un camerone dove ci sono 22 letti.
Credo che stanotte ci saranno dei bei cori di
russamento. Comunque lascia che russino, io
certo non li sentiro’, con la stanchezza che ho
addosso.
Le montagne della Galizia, subito dopo La Gudigna.
24 maggio.
E cosi’ e’ stato: notte di totale profondo riposo. Cosa sia successo stanotte attorno a me non lo so. Stamane
sto bene: difatti io e Carla discutiamo animatamente
per cose futili; vuol dire che si puo’ partire in forma.
Subito ci troviamo da fare una salita nel freddo mattino
con una bellissima giornata. Nelle valli si vedono le
nebbie. Ci si innalza, sudando sotto il maglione, fino a
un vertice di 1100 m. Si va poi in su e giu’ lungo un
crinale dove si vedono panorami con grandi spazi, fra le
montagne della Galizia, in posti fuori dal mondo. Come
sempre, partiti per ultimi, incontriamo le nostre
conoscenze della sera prima e ci fermiamo per
scambiarci qualche facezia, promesse ed auguri.
Passiamo per paesucoli e gruppi di case di montagna
come Venda do Espigno, V. Teresa, V. da Capela, V.
Bolagno, Campobecerros, dove non abita quasi piu’
nessuno, se non qualche vecchio, che con cordialita’ ti
saluta e ti racconta la situazione di questi luoghi. Sono
abitati spopolati, non ho visto giovani e le vecchie dignitosissime case di pietra e coperte con ardesia, sono
in gran parte diroccate. Ti coglie un senso di disaagio e pena per queste comunita’ che, nei secoli passati
hanno strappato alla brughiera della montagna qualche lembo di prato per pecore e vacche. Ora va tutto a
finire. Questi luoghi mi ricordano la vita del mio paese di montagna 50 anni fa. Qui in proporzione e’ la
stessa cosa. Ma la verde e bella Galizia da qui ti da’ panorami mozzafiato. Fra l’altro la vista del lago
artificiale de Las Portas ti accompagna per molti km e lungo
tutto il lungo crinale, fino a Campobecerros. Questo e’ un
paese che deve aver vissuto ben altre glorie, rispetto ad ora. La
gente e’ poca e arriviamo quando in piazza le capre e le pecore
si riuniscono, uscendo dalle porte delle stalle del paese, lungo
la via principale, per andare al pascolo. Sono condotte da una
pastora, che ci da’ informazioni su dove comprare il pane: fra
20 km!. Le piazze e le strade, soprattutto vicino alle fontane dei
Campobecerros: si conducono le pecore al pascolo
I simpatici ciclisti di Barcellona trova ti ad As Eiras
piccoli paesi della
Galizia
sono
sempre piene di
escrementi
di
vacche e di pecore.
Mi
commuovo,
perche’ questo mi
ricorda il paese
della mia infanzia.
Qui non esistono
La conchiglia lasciata al bar
Rincon
industrie, botteghe artigianali, turismo, attivita’ commercili,
giovani; capisci che qui tutto sta morendo, come del resto e’ successo in
tante nostre comunita’ di montagna. In questo paese, passando vicino ad una casa, abbiamo sentito
trasmettere il giornale radio con un volume molto alto, nel piu’ completo silenzio circostante. Incuriositi, ci
siamo fermati per capire l’arcano. Semplice: il proprietario di un cigliegio con frutti maturi, ha attaccato
l’altoparlante della radio sull’ albero e ha cosi’
inventato un geniale ed efficace spaventapasseri. Da
Campobecerros saliamo ancora per un piccolo passo
fra poche coltivazioni e ambiente inselvatichito e
arriviamo al paese di Porto Camba. Qui saliamo
ancora con un bel sole caliente alla croce posta in
onore dei pellegrini morti lungo il cammino. Poi ad
As Eiras troviamo un gruppo di ciclisti da Barcellona,
che sono partiti a Santiago e vanno a Siviglia in senso
contrario. Sono dei veri simpaticoni; ci fermiamo e
ridiamo molto in loro compagnia; sono in 10,
compresa una donna secca. Di un cigliegio del pueblo
hanno fatto completa razzia: sull’albero non e’
rimasto un frutto, solo foglie per terra. Facciamo una
foto ricordo e mi metto d’accordo che gliela mando
Dopo Albergueria.
al gruppo “ladrones” di Barcellona. Ad As Eiras inizia
una lunga discesa su strada sterrata fra montagne impervie, alcune forre e numerose piantagioni di pini: bei
posti. E’ lunga e ci vuole diverso tempo per scendere a Lasa, a circa 450 m di altitudine. Lasa e’ un centro
abbastanza grosso e qui facciamo spesa. Poi verso mezzogiorno, ci avviamo per la salita che porta su ai circa
1000 m della croce di Albergueria. Si va su dopo aver mangiato, con una temperatura e un sole caldo di cui
non sono abituato. A meta’ percorso c’e’ una specie di
barco, con una fonte che getta abbondante, fresca e
buonissima acqua. Mi lavo perfino la cabeza, con grande
refrigerio, ma per arrivare in cima ci vuole ben altro! Con
questo calore non si arriva mai su. Al piccolo centro di
Albergueria, tutti trafelati e bagnati di sudore, con gli
idumenti che sembrano essere stati messi in ammollo,
entriamo al bar Rincon del Peregrino per ristorarci. Bella
accoglenza da parte del gestore: subito mette su una
musica Italiana (il sole in un
Carla col proprietario del bar Rincon del Peregrino
Abbeveraggio di mucche a Boveda
a stanza di Mina): Carla l’accompagna
sottovoce. Poi ci prende una conchiglia
del pellegrino e vuole che scriviamo i
nostri nomi e la data di passaggio. Poi le
attacca a un chiodo, assieme alle
numerosissime altre, che ci sono nel
locale. Lui dice che fa cosi’ con tutti i
pellegrini che passano nel suo locale,
ma io credo che lo faccia solo con i piu’
simpatici!. Si chiama Luis Sander
Fernandez ed e’ una persona di poche
parole, ma di grande simpatia, che mi
restera’ come caro ricordo. Da queste
quattro case continuiamo lungo il
cammino e subito dopo ci troviamo impossibilitati a proseguire per l’acqua alta e il grande fango sul
sentiero. Torniamo indietro e proseguiamo lungo la provinciale senza
incontrare nessuno, prima in saliscendi, fra la brughiera fiorita e poi in
discesa fino a Vilar de Barrio. Da qui proseguiamo per Xunqueira fra
stradine di campagna in terra battuta, in un paesaggio ondulato e
pianeggiante in alcune zone, con tante ginestre. Si passano tanti piccoli
paesucoli. A El Barrio vediamo il primo tipico deposito di cereali
antiroditori, che si usava fare in tutta la Galizia. A Boveda, nella fontana
della piazza un vecchio sta abbeverando quattro magnifiche vacche e ci
fermiamo a parlare con lui. Questi ambienti e questi atti mi fanno
ritornare alla vita del mio paese in montagna, 50 anni fa, dove ho
vissuto gli anni piu’ belli della mia vita. Subito dopo, tanto per non farci
mancare niente, dopo 70 e piu’ km di montagne, ci perdiamo; come
sempre in ambienti fortemente ondulati. Comunque, grazie ai consigli
di due vecchi di non so quale paese, arriviamo a Xunqueira. Troviamo
subito l’albergo dei pellegrini e andiamo a mangiare e bere
copiosamente. E’ stata una bella e faticosa giornata.
El Barrio
A Vilar de Barrio
25 maggio.
Partenza col fresco; subito il solito su e giu’. In tutto questo viaggio abbiamo fatto ben pochissimo tragitto
in piano. Si va giu’ ad attraversare un rio e si ritorna su su un crinale per poi ridiscendere e rislire per
innumerevoli volte, con continue sudate e gambe che si spezzano: questo e’ il cammino in Galizia. In questa
regione ci sono diversi paesi e abitati. La natura e’ verde, con grandi alberi di querce e castagni. Si vedono
ancora tante magnifiche ginestre. In un su e giu’ continuo, ci
caliamo poi nella grande citta’ di Orense. E’ questa una citta’
moderna, con industrie e commerci. Ci mettiamo poco a
visitarla, perche’, oltre alla cattedrale
ha poco di rilevante da vedere.
Passiamo il ponte romano e da qui
inizia una salita in costiera del sole ,
Prima di Xunqueira
Alberto da Bilbao e Raffaele
fra abitati, ripida e
spaccagambe. A Cudeiro ci
fermiamo per un ristoro e
qui giunge Alberto, il
ciclista basco che abbiamo
conosciuto in precedenza.
Ripartiamo sotto un sole e
caldo disumani, su una
Davanti l'albergo dei pellegrini di Cea
salita che ti costringe a
spingere la bici. Poi qualche respiro, ma nei pressi di Tamallancos, non ne posso proprio piu’, mi distendo
sul sentiero , sotto una quercia e prendo sonno. Mi sveglia il temporale e quindi si continua, ancora in salita
e poi in saliscendi. Poco prima di Viduedo ci fermiamo in un ristorante a mangiare qualcosa. L’oste ci dice
che ci preparera’ un piatto adeguato per ciclisti che hanno bisogno di forze. Il carraffone di birra da litro
sono riuscito a berlo e neanche con tanti sforzi, ma le altre portate di non so quante cibarie, non siamo
riusciti a finirle. Alla fine abbiamo pagato ben poco, per quello che ci ha portato. Poi con fatica, ma senza
sole, siamo arrivati a Cea, il paese del pane. Il paese e’ bello, con numerose vecchie case tipiche e ben
conservate. All’albergue ci troviamo in un camerone da circa 40 posti. Oggi abbiamo fatto solo 45 km, ma
sono stanco lo stesso; forse sto pagando per i giorni scorsi. La mia bici segna 1000 km dall’aeroporto di
Siviglia.
All'albergo dei pellegrini di Cea
26 maggio.
Stasera siamo a Outeiro, a 16 km da Santiago e non mi pare vero.
Siamo in un albergo per pellegrini in mezzo ai boschi, isolato.
Abbiamo fatto oggi quasi 80 km, in mezzo a mezze montagne,
attraversando innumerevoli corsi d’acqua. Qui ci troviamo insieme
ad un gruppo di tedeschi sufficienti e numerosi altri pellegrini con
la bocca cucita. Il clima di cordialita’ fra i pellegrini cambia piu’ ci si
Antico forno per il pane a Cea
avvicina a Santiago. Questo avviene in maniera proporzionale al
numero dei pellegrini negli alberghi e quindi alla vicinanza a Santiago. Avevo notato questa cosa anche nel
cammino francese. Difatti molti arrivano con l’aereo o il pulman a percorrere gli ultimi 100 km e fatica ne
hanno poca sulle spalle e nelle gambe.
Stamane ho visto un gruppo di
giapponesi, erano una dozzina che
procedevano con uno zainetto
microscopico e qualcuno non aveva
neanche quello, scarpe da ginnastica
bianchissime e braghe bianche.
Ovviamente non hanno dormito con
noi all’albergo dei pellegrini, perche’ li
avrei visti, ma in qualche altro albergo
piu’ “decoroso”. Ognuno e’ libero di
fare quello che vuole, ma io sono
contento cosi, di fare quello che ho
fatto finora da Siviglia, con tanta fatica,
ma con grande soddisfazione. Stamani
Il caro vecchio di Outerio
fuori Cea, paese bello, colle sue vecchie case e forni
di granito, ci si e’ presentato, tanto per cambiare, un
percorso in salita, in un trcciato di sentiero
sconnesso, che ci ha costretto a spingere la bici per
circa 4-5 km. Poi, lungo una stradina campestre
asfaltata, abbiamo raggiunto, in forte salita il
grandioso monastero di Oseira. Qui il frate ci ha fatto
il timbro sulla credenziale, ma ci teneva che
comprassimo liquori di erbe e dolcetti che producono
loro; ma come portarci dietro tutto questo?. Il cielo e’
coperto e fa freddo. Le cime dei rilievi sono coperti
Davanti a un vecchio forno a Cea
dalle nebbie. Al monastero di Oseira facciamo una
buona colazione, senza la quale non si sarebbe potuto salire il poggio sopra il monastero. Poi in discesa
attraversiamo numerosi paesini ed abitati. Si vede qui l’anima della Galizia. L’anima vera, quella integra e
uguale nella sua essenza da secoli. Vicino ad Outerio ci fermiamo a parlare con un vecchio. Lungo la strada
sta conducendo 2 vacche, che trainano un carro, con caricato un aratro rudimentale, in forte salita. Ha la
sua bella eta’ e quando gli chiediamo come va, ci risponde che deve sempre e solo “trabahar”, anche se e’
vecchio. Vedendoci che siamo pellegrini per Santiago, ci fa gli auguri piu’ sinceri e belli che il mio animo ha
percepito fino ad ora. Quel momento per me e’ stato intenso e l’augurio sincero di quel povero vecchio di
un pueblo della Galizia non lo dimentichero’ piu’. La Galizia e’ bella; per conoscerla bisogna fare il cammino.
Il paesaggio e’ di montagna o mezza montagna, con tantissimi corsi d’acqua. Trovi acqua dappertutto, con
fontane di granito in ogni villaggio. I boschi, onnipresenti e il verde ti riposano l’occhio. Le boscaglie sono
costituite da grandi querce, con tronchi a volte enormi. Non so quanti secoli alcune abbiano, certamente
certe hanno convissuto con i Celti, antichi abitanti di qeste terre. Poi ci sono tanti castagni, anch’essi
enormi, alcuni secolari. Si vedono poi zone di eucalipti belli ed altissimi. Nelle radure in questo momento
regna la ginestra, con fioriture mozzafiato. Ma il fiore che caratterizza in questo mese la Galizia e che trovi
dappertutto e’ la digitalis purpurea. E’ qui ubiquitaria e nel nostro Veneto non l’ho mai vista. Da questa
pianta si ricava la digitale, un farmaco molto tossico e che si usa specialmente in patologie cardiache. Fra i
boschi si vedono qua e la’ radure prative, ma non estese, dove ci sono piccoli insediamenti umani, a volte di
una sola piccola fattoria. In qesti ambienti rurali si vive ancora come una volta, in simbiosi con la natura. In
genere non esistono fabbriche, ne’ commerci, salvo nei centri piu’ grossi. La gente vive di allevamento di
gran belle vacche da carne; non esiste pero’ un allevamento industriale, con mangimi, ecc. (almeno nelle
zone dove sono passato) e gli animali sono liberi al pascolo. Qui tutto e’ familiare, anche l’agricoltura: si
vedono orti piu’ o meno grandi con coltivazione di cipolle, patate, carote, piselli e soprattutto una specie di
verza che arriva all’ altezza di un uomo e
che qui, raccogliendo via via le foglie piu’
basse, con queste fanno una zuppa di cui
non ricordo il nome. Le case dei contadini
sono povere e dimesse; eppure, passando
per tutti questi innumerevoli paesetti ed
ambienti variegati, mi resta alla fine un
senso di grande pace e serenita’. Ma anche
di rammarico, perche’ sotto molti aspetti
mi rendo conto delle cose positive che ha
perduto la gente dalle nostre parti, solo in
La Galizia nella zona di Outeiro
una generazione, di un modo di vivere antico. Si
sale fino agli 800 m dell’alto de Santo Domingo.
Cerchiamo del pane in questo paesucolo, ma una
vecchia ci dice che dobbiamo andare avanti, molto
avanti. Si sale e si scende sempre e non poco. Da
Borralla a Taboada il cammino scende sul rio Deza e
qui ci sembra di tonare ai tempi di Cristo. Si
cammina trascinandoci le bici su un selciato di
granito romano fino a un ponte romano, che solca il
rio Deza. E’ un posto stupendo! Meno stupenda e’
la faticosa risalita sul lato opposto, sempre sulla
Sulla strada romana dopo Borralla
strada romana lastricata, tale e quale come ai tempi
di Cristo. Per arrivare a Puente Ulla non so quanti rii, con relative importanti salite e discese, abbiamo
scavalcato. L’ambiente e’ sempre lo stesso: sei smpre in mezzo a bellissimi boschi e radure prative con
piccoli villaggi. Da Puente Ulla ad Outero abbiamo fatto l’ultima
salita massacrante, molto impegnativa, spingendo a volte la bici, in
quanto, per la ripidita’ della strada, pedalando si alzava la ruota
anteriore. Grandiosa sudata. All’albergo Carla trova da dire con dei
tedeschi. Questi sono arrivati prima di noi e si sono impossessati di
cucina, pentole e altro: loro mangiano e se la prendono comoda. Per
andare a mangiare da qualche parte qui bisogna telefonre a un taxi.
Carla comunque cucina del riso con tonno e altre cose e mangiamo
in barba ai tedeschi. Avevamo fame e ora stiamo bene.
27 maggio.
Gran vento stanotte, che ci ha svegliati col suo soffiare molto
intenso. Stamane il cielo e’ limpidissimo e il vento ce lo abbiamo
ovviamente contro. Si parte per l’ultma tappa; da una parte sono
contento, dall’altra mi dispiace che stia per finire questa splendida
esperienza. Come al solito, gli ultimi km sono tutto un su e giu’, fra
alte colline in
mezzo
ai
boschi. Siamo partiti alle sette e un quarto e non
abbiamo trovato un bar aperto fino a Santiago. Via
via che ci si avvicina a Santiago si vedono sempre
piu’ abitazioni. Finalmente, al culmine dell’ennesimo
dosso, vediamo in lontananza le guglie della
cattedrale di Santiago! Ti prende uno struggimento.
Si va avanti ancora in su e giu’ per discrete pendenze
per un bel po’ e finalmente si inizia a salire per una
strada ripida, verso il centro della citta’. Andiamo
subito alla piazza della cattedrale e qui ci
commoviamo, ci sentiamo in pace con noi stessi,
rilassati, soddisfatti. Vedi tanti altri pellegrini, che
Il ponte romano dopo Borralla
La strada romana prima di Taboada
Hanno fatto la tua esperienza, con il viso raggiante, chi
seduto sulla piazza, chi confabulando qua e la’ con i
compagni di viaggio. E’ un momento particolare, molto
intenso, che non si puo’ dimenticare. Non ti pare vero di
aver realizzato un sogno e sei contento, sei solo
contento. I sacrifici, le privazioni, le salite faticose, non
esistono piu’, sei solo contento. E’ la terza volta che
arrivo a Santiago su questa piazza, ma questa volta
questo posto mi ha dato piu’ di sempre. Dedichiamo poi
il resto del tempo della giornata a fare il chek-in per
l’aereo via internet, a contattare, vicino a porta del
cammino, un artigiano, che parla diverse lingue e si
incarica di impacchettare le bici e mandarle col taxi
all’aeroporto. Siamo andati anche a prendere la
Digitalis purpurea
compostela e qui una signorina ha analizzato attentamente tutti i sigilli fatti sui vari alberghi dei pellegrini
sulle credenziali, da Siviglia a Santiago; ci ha fatto compilare una
specie di questionario e poi ci ha fatto i complimenti. Mi sono
sentito un po’ inorgoglito. La compostela non la danno a tutti, ma
solo a chi ha fatto regolarmente almeno gli ultimi 100 km del
cammino. Oggi abbiamo mangiato da Manolo, un ristorante
consigliato ai pellegrini; come al solito, Carla azzecca sempre bene
nella scelta del menu spagnolo, io non tanto. Stasera siamo qui
all’albergo dei pellegrini di S. Lazzaro. Ci sistemiamo, ci laviamo e
mangiamo insieme a diversi italiani di buona compagnia. C’e’ un
giapponese di Osaka, che e’ venuto dal Giappone via aereo a
Madrid, poi e’ andato a Pamplona e da qui a Roncisvalle per iniziare
il cammino francese, Durante il cammino dice di aver imparato un
po’ di spagnolo; in effetti in qualche maniera si fa capire in questa
lingua. Dice sinceramente che qulche tratto del cammino lo ha fatto
col bus. E’ piccolo, magro, simpatico, cordiale e furbo. In quattro e
quattrotto ha fatto un origamo realizzando una rosa rossa, con
relative foglie verdi, che ha regalato a mia moglie dicendole: mi piaci.
Contenti alla meta di Santiago
Si chiama Yoshitaka Sugimoto ed ha 73 anni.
28 maggio.
Stamane abbiamo portato le bici al nostro amico e
cosi’ siamo rimasti a piedi, con una borsa della bici a
tracolla. Grande autonomia la bici!! Abbiamo girato
per Santiago tutto il giorno perdendoci fra i
monumenti della citta, gratificati da tante sensazioni
ed umanita’. Siamo stati alla messa solenne per i
pellegrini in cattedrale, con grande affollamento di
gente. Alla fine il celebrante ci ha benedetto tutti col
buttafumeiro, che viene fatto oscillare da una navata
Carla con Sugimoto
all’altra. Infine stasera abbiamo deciso di lasciare
questo centro mistico. Sotto il portico della gloria un
giovane suonava una musica celtica con la
cornamusa. Sara’ stata la musica, sara’ stato
l’ambiente, il momento della sera, ma mi ha preso
un senso di mestizia e tristezza per la partenza, che
non so capire del tutto. Tornero’ a Santiago?
Rientriamo in albergo in attesa di progettare
qualcosa per domani, dal momento che l’aereo
parte il 30.
29 maggio.
Stamane decidiamo di partire per La Corugna, una
citta’ della Spagna dove non siamo mai stati. Anche
Gli amici italiani all’albergo s. Lazzaro di Santiago
perche’ e’ tradizione che il pellegrino, una volta
raggiunto Santiago vada fino all’atlantico. Il cammino francese lo abbiamo concluso a Finisterre, questo
pensiamo di concluderlo sulle coste dell’atlantico di La Corugna. Partiamo con l’autobus e in 40 minuti con
l’autostrada, siamo a destinazione. La Corugna e’
una grande citta’, moderna, con una quantita’
impressionante di banche. Presenta un grande e
fiorente porto. Girovaghiamo tutto il giorno
all’interno del cento storico, con la piazza de Maria
Pita. La citta’ vecchia presenta edifici con
caratteristici pergoli a vetrate, quasi tutti uguali e
un poco simili a quelli della citta’ di La Valletta,
solo che qui sono tutti bianchi. Facciamo a piedi
tutto il lungomare dal porto fino alla torre di
Ercole. Qesta punta e’ libera da abitazioni e si e’ a
La torre de Hercules a L Corugna
contatto con un vero ambiente atlantico del nord
della Spagna. La torre di Ercole e’ il piu’ antico faro
romano, costruito al tempo di Traiano e rifatto in epoca recente, ancora funzionante. E’ in una posizione
molto bella e panoramica. Ritorniamo in centro per il
lungomare de l’Ensenada del Orzan e qui andiamo a
mangiare qualcosa in un ristorante, col risultato che
non rimaniamo tanto contenti: evidentemente siamo
fuori dal tragitto del cammino di Santiago. Il cielo si
rannuvola velocemente con temporale imminente e a
stento arriviamo alla stazione degli autobus senza
bagnarci. Si ritorna all’albergo dei pellegrini di
Santiago. Qui troviamo ancora i 2 signori di Savona,
quello di Melegnano e quelli di Bergamo tutti
parcheggiati qui in attesa dell’aereo. Conversiamo
ridiamo, passiamo una serata in piacevole compagnia.
Centro storico a La Corugna
le coste dell'atlantico a La Corugna.
Fiori di prato in riva all'atlantico
30 maggio.
Oggi si parte. Col taxi e gli scatoloni delle biciclette andiamo all’aeroporto di Santiago e da qui a Barcellona
e infine a Venezia, dove alla sera ci viene a prendere sempre lo zio Luigi.
Conclusioni.
Le splendide terre che abbiamo attraversato nel piu’ bel mese dell’anno e le persone che abbiamo
incontrato ci hanno dato tanto. Torniamo a casa col ricordo di grandi emozioni, di spettacolari paesaggi, di
rapporti umani speciali. Torniamo con l’animo in pace e sereno e con la gioia di vivere; tutto questo dovuto
probabilmente allo spirito del cammino. Ci rimarranno ricordi indelebili e gia’ da adesso tanta nostalgia.
Una ultima considerazione: in tutte le regioni attraversate, da Siviglia fino ad oltre Santiago il canto delle
quaglie ci ha sempre accompagnato. E’ un canto che conosco bene e che appartiene alla mia infanzia. Oggi
da noi le quaglie da tanto tempo, non cantano piu’.
Maccagnan Raffaele.
Bassano del Grappa 06 giugno 2011.
P.S.: Questo elaborato e’ la trascrizione integrale di annotazioni scritte ogni sera, nonostante la stanchezza,
nel periodo di tutto il nostro viaggio.