tra natura, fede e trasgressione
Transcript
tra natura, fede e trasgressione
Antonio Saba SAGRE In questa immagine il momento saliente della Sartiglia di Oristano, l’emozionante vestizione del capocorsa (su componidori), che si completa coprendogli il volto con un’impenetrabile maschera bianca. A destra: la fase conclusiva di questa festa, caratterizzata dalle spericolate e abili esibizioni equestri dei cavalieri. Sagre TRA NATURA, FEDE E TRASGRESSIONE Grande la varietà dei carnevali dell’Isola: da quelli arcaici legati alle tradizioni del mondo pastorale alle feste d’impronta cristiana, dalle corse equestri ai carri “moderni” Giovanni Rinaldi/Il Dagherrotipo DI ALDO BRIGAGLIA I mesi invernali, in Sardegna, sono tempo di Carnevale. Anzi, di carnevali. Ce ne sono, infatti, almeno due gruppi. Si inizia il 16 e 17 gennaio con l’accensione di giganteschi falò. Anticamente era un rito pagano collegato alla celebrazione del solstizio d’inverno: i fuochi aiutavano il sole a riprendere il suo viaggio e a riscaldare la terra. Ma da tempo la ricorrenza si è trasformata in una festa cristiana dedicata a sant’Antonio abate, l’eremita che donò agli uomini il fuoco sottratto agli inferi con un abile stratagemma. Il falò viene acceso all’interno di un grande tronco vuoto (sa tuva) riempito di frasche. Le sfilate delle antiche confraternite nei loro caratteristici costumi e il canto dei gosos (i cori sacri che celebrano le lodi del santo) ruotano intorno al grande fuoco, presso cui la gente si intrattiene a cantare e a bere. Si fa rientro a casa con dei tizzoni da unire a quelli 167 Fotografie di Maurizio Fraschetti SAGRE del proprio focolare: il fuoco benedetto preserverà l’abitazione dal male. La festa di sant’Antonio abate viene celebrata in numerosi paesi dell’Isola. Tra le più suggestive, quelle di Bortigali, Lodé, Birori, Abbasanta e Ottana. Riti pagani e tornei cavallereschi A Ottana, dopo una prima comparsa in occasione dei fuochi, entrano in scena per tutto il Carnevale le maschere zoomorfe più interessanti della tradizione regionale: bòes e merdùles. Giovani vestiti con pelli di pecora e con il viso coperto da maschere lignee mimano i gesti del mondo pastorale. Il merdùle, lineamenti umani ma orripilanti, armato di forcone tiene sotto controllo una schiera di maschere bestiali (buoi-bòes, maiali-porcos, mucchebaccas). L’animale si avventa scalciando contro il guardiano che con urla e parolacce minaccia con mimica esplicita di castrarlo. È l’eterna lotta tra 168 uomo e animale, tra uomo e natura. La simbologia trasgressiva della festa riproduce le immutate gerarchie della società pastorale. Mentre bòes e merdùles ripetono ossessivamente il loro scontro per le vie del paese, una figura vestita d’un lungo scialle di lana nera e una maschera di legno scuro, sa filonzàna, con in mano una conocchia e un paio di forbici, tesse il filo della vita che può essere reciso in qualsiasi momento. Ma basta offrirle da bere per farsela amica. Un altro immancabile appuntamento è quello di Mamoiada e dei suoi celeberrimi mamuthònes, goffe e inquietanti figure a metà tra uomo e animale che procedono curve con passo scandito dal suono dei pesanti campanacci di cui sono cariche. Guardiani dal costume rosso acceso, gli issokadòres, li scortano prendendoli al laccio, sa soka, che a volte viene all’improvviso rivolto ad accalappiare qualche spettatore che potrà riavere la libertà offrendo da bere. In alto a sinistra: a Mamoiada, nel cuore della Barbagia, si svolge uno dei carnevali arcaici più interessanti di tutta Italia. La manifestazione, che prende avvio il giorno di sant’Antonio abate (17 gennaio), ha il suo culmine il martedì grasso con la sfilata per le strade del paese di due gruppi mascherati: dodici mamuthònes che avanzano con passo cadenzato scortati da otto issokadòres saltellanti. Particolarmente curioso è il costume dei mamuthònes, che indossano un abito e un pelliccione peloso bruno o nero; hanno il volto nascosto da una maschera di legno, sempre di colore scuro, e un berretto coperto da un grosso fazzoletto annodato sotto il mento; inoltre (sopra), portano sul petto un mazzo di campanelli di bronzo e sul dorso una cinquantina di pesanti campanacci di tutte le dimensioni. Accanto: il carnevale affascina gli abitanti del posto fin dalla più tenera età. 169 Fotografie di Gianmario Marras SAGRE Sopra e a sinistra: il Carnevale di Ottana, centro del Nuorese, è rinomato in tutta l’Isola per la bellezza delle sue maschere lignee e per la varietà dei suoi aspetti, tra cui spicca quello tipico di una società pastorale, che simboleggia l’eterna lotta tra l’uomo e l’animale. Le figure principali sono i medùles, che indossano maschere di colore scuro con lineamenti umani ma orripilanti, e i bòes, con maschere dalle sembianze bovine e lunghe corna. Altri singolari carnevali si svolgono a Orotelli, Ovodda e Bosa. Cagliari e Tempio hanno festose processioni di maschere e di carri in atmosfere più “cittadine”. A Santu Lussurgiu si svolge la carrela ‘e nanti, spericolata corsa a pariglie. La festa più elegante è comunque la Sartiglia di Oristano, che si ripete la domenica e il martedì di Carnevale. Il lungo cerimoniale inizia al mattino con la vestizione del su componidori, il capocorsa dalle cui performance dipenderà la riuscita della manifestazione. Vergini in costume, tra squilli di clarine e il silenzio stupefatto degli astanti, lo trasformano lentamente da uomo in figura androgina e sacrale, nascosta dietro l’impenetrabile maschera bianca. Così abbigliato sale a cavallo e guiderà la spettacolare giostra equestre che lo vede impegnato, con altri cavalieri, a sfrecciare per le vie del centro per infilzare una piccola stella d’argento. 170 171