Izzo, Marsiglia e il profumo della memoria

Transcript

Izzo, Marsiglia e il profumo della memoria
Anno XXII, numero 7
15 aprile 2010
Letture
17
Il grande autore francese come lo racconta Stefania Nardini nel suo nuovo libro
Izzo, Marsiglia e il profumo della memoria
A metà tra la biografia romanzata e il saggio. Testi inediti pubblicati per la prima volta
Un viaggio nella vita di un uomo e della sua città. Unʼopera che è un “atto dʼamore”
Giovanni Piccardo
racconta “Episodi”
Riflessioni
sul senso
della vita
ʼè la sua
vita,
ma
non quella
biografica, piuttosto
la vita interiore là
dove si annidano le
emozioni, le passioni, i dolori. Giovanni
Piccardo nel suo
libro “Episodi senza
c o m m e n t o ”
(ed.S.Maria) compie
unʼoperazione
di
grande coraggio: si
spoglia
del
suo
ruolo di dirigente
scolastico, di sindacalista per mettersi
“a nudo” attraverso
poesie,
racconti,
riflessioni.
E lo fa con la leggerezza di chi sa
mettersi in gioco,
guardando il mondo
per quello che è ma
filtrandone le vibrazioni.
Il testo è un susseguirsi di riflessioni
che cedono il passo
alla poesia, per poi
tornare in uno straordinario confronto epistolare, quello tra
lʼautore e sua figlia
Patrizia. Parole che
parlano dʼamore, di
rispetto per il prossimo, della genesi
umana.
Tra i testi che il
volume raccoglie ci
sono vere e proprie
testimonianze che
Piccardo scrive da
uomo che ha a che
fare con la vita di
ogni
giorno.
Unʼattenzione particolare è rivolta ai
giovani, ma senza
paternalismi, anzi.
Piccardo non si sottrae
allʼautocritica
generazionale, mettendo a punto gli
argomenti che sono
alla base di un desiderio di rinascita dei
valori.
Un libro di grande
delicatezza
ma
anche di grande
spessore, che possono leggere tutti.
Un libro che può
essere vissuto anche
come uno strumento
di aiuto nei momenti
in cui la vita ci presenta problemi che
appaiono insormontabili.
Passando dalla
prosa alla poesia,
dalla testimonianza
al confronto epistolare.
C
di Francesco Improta
l libro di Stefania
Nardini,
“Jean
Claude Izzo, storia
di
un
marsigliese”(ed.Perdisapop), è originale ed interessante,
lontano dai soliti cliché,
anche a livello specificamente
editoriale:
la
copertina, la carta, i
caratteri, le illustrazioni
e soprattutto la presenza
dei versi di J. C. Izzo,
alcuni dei quali inediti, ci
consentono di avvicinarci allo scrittore in punta
di piedi e favoriscono
una full immersion nella
sua opera e in quel
“mare” di luce che è la
sua città. Innanzitutto mi
sembra doveroso dire
che non si tratta di una
fredda, asettica biografia
ma di un atto dʼamore
nei confronti di un intellettuale, di un giornalista,
di uno scrittore, nellʼaccezione più piena e comprensiva del termine, e
del modo integrale, tutto
suo personale, di vivere
questi ruoli senza centellinare gli sforzi, senza
sconti e compromessi.
E di questo amore, tardivo, nato dalla lettura dei
suoi libri e lievitato nella
sua fantasia, lʼautrice ci
descrive le varie fasi in
una nota in calce, dove
parla di una visione avuta
in sogno e della sua decisione
di
andare
a
Marsiglia per ripercorrere
in pellegrinaggio gli itinerari di Izzo, uomo e scrittore. Doveva essere un soggiorno di una settimana -
I
questa era almeno la sua
intenzione - si è trasformato in una permanenza di
quattro anni, perché la
scoperta di Izzo ha coinciso con la scoperta, graduale e approfondita, di
Marsiglia, e più cresceva
la conoscenza dello scrittore più la città le rivelava i
suoi misteri e i suoi segreti.
Di genitori salernitani,
J. Claude porta nel suo
patrimonio genetico la predisposizione a vivere
intensamente nella realtà
e nella fantasia, a scambiare i sogni con la realtà e
viceversa; tutto ciò spiega
la sua costante militanza
politica, i suoi amori passionali, la forza della sua
scrittura risolta nella luce
di Marsiglia, la città in cui è
nato e a cui è tornato sempre, dopo i suoi viaggi, le
sue fughe, i suoi spostamenti. Una città che, non
diversamente da Napoli, è
adagiata, come una bagascia sulla riva del mare
Mediterraneo, languidamente abbandonata, pigra
e sensuale, pronta ad
accogliere nel suo ventre
oscuro, molle e protettivo
quanti hanno bisogno di
un rifugio, poco importa
che siano immigrati, esuli,
disperati, in fuga da se
stessi e dalla vita. Una
città che, come Napoli, è
divisa tra la bellezza e la
violenza ed è cresciuta a
dismisura nutrendosi delle
proprie miserie e contraddizioni. Ed è proprio
Marsiglia la vera protagonista del libro, una
Marsiglia che non fa da
sfondo ai romanzi di Izzo,
ma che cresce con lui e in
lui; una Marsiglia che
sapori. Basti pensare ai
gruppi musicali che hanno
operato a Marsiglia, penso
attraverso le testimonianze di amici, intellettuali e
parenti di J. Claude oltre
che la propria quadriennale esperienza lʼautrice riesce a mettere a nudo
facendone emergere non
solo problemi, aspettative
e dinamiche socio-politiche ma anche i colori, i
suoni, le voci, gli odori e i
in particolare ai Massilia
Sound System o agli Iam,
così intimamente legati
alla composizione del
primo libro della trilogia,
Casino Totale, oppure agli
odori del Panier ed in particolare del basilico, i cui
mazzetti occhieggiano dai
davanzali delle finestre,
allʼombra delle persiane,
come succede anche nella
Riviera di Ponente; questo
almeno ci raccontano nei
loro libri Nico Orengo e
Francesco Biamonti, autore questʼultimo particolarmente caro ad Izzo che lo
aveva conosciuto non solo
attraverso le sue opere ma
anche di persona al
Festival di Saint Malò. Per
quanto riguarda i sapori
penso al capitoletto dedicato alle capacità culinarie
di J. Claude e alla lasagna
che lui spesso preparava
per i suoi amici rifacendosi
alla ricetta della nonna
salernitana ma costretto a
sostituire la ricotta, praticamente introvabile, con
la brousse un formaggio
fresco proveniente dalla
Corsica.
E su tutto, uomini, cose
e sentimenti, quella luce
mediterranea ora laminata
e tagliente, ora soffusa e
trasparente, capace di
incidere le colline e scorporare lo spazio, mostrandoci cosa cʼè dietro
lʼapparenza delle cose.
Il libro, dalla veste tipografica
particolarmente
curata, si compone di 23
capitoli, ognuno dei quali
non solo è numerato ma è
presentato da una frase, a
volte una sola parola, tolta
dai suoi libri o suggerita da
una testimonianza, da una
confidenza
dellʼautore
stesso o dei suoi amici e
non sempre segue un
ordine cronologico, ne
consegue che la struttura,
complessa e sofisticata, è
fatta di rifrazioni, di echi e
di assonanze.
Grazie Stefania.
Eʼ uno scrittore che racconta la selvaggina umana. I suoi testi sono “pezzi unici”
Vincenzo Pardini e “La banda randagia”
di Marino Magliani *
uando ancora non avevo
letto nulla di Vincenzo
Pardini, ma ciò che sape-
Q
vo di lui era soltanto cosa si diceva,
trovavo inquietante che un autore
potesse essere ritenuto un maestro
assoluto del racconto. Cosa significava esserlo? Quanti scrittori in
Italia sono autori di
splendidi racconti e
raccolte, mi dicevo.
Poi l'ho letto e ho
capito
parecchie
cose. Una di queste è
che non avevano
ragione:
Vincenzo
Pardini non è un
maestro del racconto
italiano, poiché un
maestro
dovrebbe
dare un esempio, il
suo narrare, in questo caso, diventare
una scuola, e questo
è impossibile, i racconti di Pardini sono
pezzi unici, non si
smontano, e il suo
stile, il suo taglio, le
sue inarcature e il
suo passo sono inimitabili.
Anche stavolta,
per non smentirsi,
con La banda randagia, ( Fandango 2010
euro, euro 15,00 )
Pardini ci dà prova della sua unicità.
“Lo scrittore – dice - ha il dovere
di raccontare la verità. Uno scrittore non costruisce maschere, ma le
distrugge. Dai boschi e dai monti,
nei quali ritornerò anche per ossigenarmi, mi sono trasferito nella
periferia e in città: luoghi che frequento da anni, quasi 35, per il mio
mestiere di guardia giurata, preposta ai servizi notturni. In questi anni
ho assistito al capovolgimento
antropologico della società; allʼuomo del passato se nʼè sostituito
uno nuovo e inaspettato: quello criminale. Una criminalità che non è
solo di ladri e delinquenti abituali,
professionali o per tendenza, ma
anche nostra, di tutti. La criminalità
è un virus, una tentazione che contamina. Il fatto che i cittadini debbano stare vigili di notte, per evitare le
visite dei ladri, e il pensiero di
doverci difendere se questi ci
aggrediscono ci induce a diffidare
del prossimo, a essere pronti a reagire. Uno stato di guerra, di allʼerta,
dove può accadere di tutto.”
Eldo, l'assassino seriale di
Banda randagia, che dà il titolo alla
raccolta, è diventato tale perché un
giorno ha trovato una rivoltella o
forse perché aspettava soltanto
l'occasione per esserlo?
“Eldo è un giovane dei nostri
tempi. Un ragazzo frustrato, che
non riesce a realizzarsi. Penso a
quelli che lanciavano sassi dai
ponti dellʼautostrade o che aggrediscono gli extracomunitari. Debbono
dimostrare a se stessi e al prossimo che esistono. Lui lo fa in maniera sua: con una pistola. Ma avrebbe potuto farlo anche con un coltello, o un sasso. Il criminale ha dentro impulsi irrefrenabili, una libido di
morte di cui deve liberarsi. Alcuni lo
fanno uccidendo donne. Eldo
Culmine, il protagonista del racconto, è killer seriale che uccide per
uccidere. Mimetizzato nelle istituzioni, come frequentatore di un
poligono, esprime il malessere o i
malesseri di questa nostra società
e del suo doppio. La banda di cani
randagi che lo sbrana, credo lo faccia perché ne ha fiutato la pericolosità. Gli animali, spesso, sono veggenti. Per questo dovevano esserci
anche in queste pagine, e non solo
cani. Ma anche cinghiali. Vittime
sacrificali di una caccia che ci riporta allʼera della pietra.”
*scrittore
Pagina a cura di
Stefania Nardini