La lezione di Marsiglia all`immobilismo italiano

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La lezione di Marsiglia
all'immobilismo italiano
Da città degradata a perla della cultura con 7,5 miliardi di investimenti, il 70%
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Anna Maria Greco - Lun, 04/08/2014 - 08:14
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Roma - C'è, in Europa, un modello di trasformazione urbana che inchioda il sistema Italia
alla sua inefficienza e alla sua incapacità politica.
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Si chiama Marsiglia, la seconda città della Francia, a pochi chilometri dal confine e con
caratteristiche che possono essere paragonate a quelle di centri portuali come Genova,
Napoli, Bari...
Una metropoli degradata, con gravi problemi legati all'immigrazione nordafricana e
tradizionalmente dominata dalla malavita è diventata fiore all'occhiello, tanto da diventare
nel 2013 capitale Ue della Cultura, con 600mila visitatori in pochi mesi. L'anno scorso il
New York Times la indicava come la seconda destinazione del mondo dopo Rio de
Janeiro. E ospiterà gli Europei 2016, con lo stadio Vélodrome che si sta rinnovando.
Costruttori e architetti italiani la indicano come l'esempio di ciò che si potrebbe fare e
colpevolmente non si fa nell'Italia di sprechi e burocrazia, scontri tra competenze, eterne
incompiute, scandali e crolli. Per riqualificare l'esistente, far lavorare le imprese creando
posti di lavoro, attirare turismo e finanziamenti, creare ricchezza.
«La differenza è evidente - dice il presidente dell'Ance, Paolo Buzzetti - Questa è la strada
giusta, la sfida per i prossimi anni. Anche sotto il profilo normativo vogliamo proporre
quest'esempio ai nostri politici. Le amministrazioni devono attivare, con procedure
ordinarie e un quadro fiscale equo e incentivante, interventi per far tornare le nostre città
ai primi posti nel mondo». E il presidente del Consiglio nazionale degli architetti, Leopoldo
Freyrie, aggiunge: «Bisogna aprire una stagione nuova, di interventi di qualità, selezionati
attraverso concorsi di progettazione. A Marsiglia, da un lato le grandi firme hanno dato
valore al patrimonio della città e, dall'altro, c'è stata la riqualificazione di centro e parte
della periferia».
La metamorfosi è avvenuta con una programmazione lunga 19 anni, che ha impiegato 7,5
miliardi di investimenti con una quota di fondi privati del 70% e ha creato, con il piano
Euroméditerranée, 20mila posti di lavoro. I fondi europei sono stati utilizzati bene, è
enorme il giro d'affari attivato dal progetto avviato nel 1995 per rilanciare 480 ettari di
questa metropoli da 860mila abitanti.
Così si è arrivati a presentare un porto vecchio trasformato in salotto all'aria aperta sotto la
pensilina a specchio dell'Ombrière di Norman Foster, coronato da antichi forti che si
collegano su avveniristiche passerelle sospese in aria ad opere di archistar, come la
costruzione di merletto in materiali speciali del Museo della civiltà dell'Europa e del
Mediterraneo di Rudy Ricciotti e la Villa Méditerranée di Stefano Boeri e, vicino ai docks
rimessi a nuovo, l'originale Frac di Kengo Kuma per l'arte contemporanea. Alle spalle del
fiordo affollato da imbarcazioni, un centro storico rigenerato con demolizione e
ricostruzione di alloggi popolari, tra palazzi antichi e musei come quello della storia di
Marsiglia di Roland Carta. Più in periferia operazioni spontanee di rigenerazione urbana a
basso costo, come La «Belle de Mai» de La Friche, che ospita in una vecchia manifattura
tabacchi 70 atelier, libreria, biblioteca, asilo, cinema, teatro, ristoranti, bar e ha rimesso in
moto il mercato immobiliare nella zona diventata centro della movida dei giovani.
Il fatto è che qui c'è un'agenzia nazionale per il rinnovo urbano che funziona e per questo
particolare progetto una cabina di regia con tutti i soggetti coinvolti (Stato, Comune,
Regione, privati) che decide come in un consiglio d'amministrazione, approva progetti e,
se necessario, usa poteri di deroga dei piani regolatori e anche di esproprio. Tutto questo,
rispettando le scadenze, in un modo a noi sconosciuto. «Così- spiega Franck Geiling,
responsabile di architettura, urbanistica e sviluppo sostenibile di Euroméditerranée - i
disagi sono stati accettati dai cittadini, con un impegno comune, non c'è stata
contrapposizione con l'amministrazione pubblica. Il fattore tempo è fondamentale per non
perdere la fiducia dei cittadini».
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