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Mattino di Padova, Il
Data: 21/09/2012
"il fango non fa più miracoli rischiano il posto in 3.500"
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VENERDÌ, 21 SETTEMBRE 2012
Pagina 2 - PRIMO-PIANO
Il fango non fa più miracoli Rischiano il posto in 3.500
Gli alberghi stagionali cancellano il tempo indeterminato e rendono precario il personale Reggono
solo le strutture che si sono rinnovate per il wellness. I tedeschi sono spariti
di Irene Zaino wABANO TERME «Benvenuti alle Terme Euganee, dove acque benefiche e salutari sgorgano da oltre tremila anni,
dando vita alla più grande stazione termale d’Europa». Così recitano i depliant pubblicitari di Abano, Montegrotto, Galzignano,
Battaglia e Teolo, i cinque Comuni che costituiscono il bacino termale euganeo e che, ogni anno, accolgono 3 milioni di presenze
italiane e internazionali. Una storia bella, bellissima, perché dopo la Seconda guerra mondiale e almeno fino agli anni Novanta, il
fango curativo ha prima sfamato e poi arricchito ben tre generazioni in un bacino di oltre 50mila abitanti. Una storia che, però, già
tempo fa aveva iniziato a mandare segnali d’allarme. Oggi, con la crisi in atto, i nodi sono venuti al pettine e l’epilogo ha tutta l’aria
di non essere un lieto fine. Il rischio è che una delle aree più produttive del Veneto finisca travolta dallo stesso fango che l’ha
creata, trascinando con sé un’intera comunità. I numeri, appunto, la dicono tutta su cosa gira attorno al turismo termale. Gli
alberghi sono 119, le camere oltre 11mila e i posti letto superano i 18mila. Ci sono 5.000 lavoratori diretti tra fanghini,
massofisioterapisti, medici, portieri, camerieri, cuochi, addetti ai giardini e alle pulizie. E poi c’è l’indotto fatto di idraulici, elettricisti,
professionisti, fornitori di beni e servizi, commercianti e ristoratori che hanno mandato alle stelle il Pil di questi luoghi. Basta
guardare alle zone artigianali e si capisce come gli hotel siano la Fiat delle Terme Euganee. Con qualcosa in più: ogni albergo è
una mini struttura sanitaria perché (cosa unica in Italia) all’interno ha un proprio reparto cure. Fino agli anni Ottanta questo era
infatti il polo numero uno del termalismo terapeutico, sovvenzionato dalla mutua e dal sistema sanitario nazionale, sia italiano che,
soprattutto, tedesco. Nei cinque Comuni termali sono passati militari, dipendenti dello Stato e delle Forze dell’Ordine, pensionati,
invalidi civili e del lavoro. Tutti spesati da quanto di meglio il welfare sanitario ha potuto offrire. E proprio da qui ha origine la
parabola discendente: i tagli alla spesa pubblica sono iniziati dal mercato principe delle Terme Euganee, la Germania. Il
contraccolpo è stato immediato provocando il fallimento dei primi hotel, tra cui l’Orologio, il simbolo di Abano Terme e dei vip che
la frequentavano. Pian piano è toccato al mercato italiano, lasciando sul campo altri caduti eccellenti, come il “Pietro d’Abano”, lo
stabilimento di Battaglia Terme dove l’Inps mandava a curare i suoi iscritti. Nel frattempo la società è cambiata e, insieme, anche il
turismo. Come si può oggi convincere gli ospiti a scegliere le Terme Euganee piuttosto che altre località meno costose, o a
fermarsi in vacanza per i dodici giorni necessari affinché il fango dia beneficio? Come si possono tenere in piedi strutture da cento
o duecento camere se i turisti fanno il tutto esaurito solo per il weekend? Sono sfide che alcuni imprenditori hanno vinto
rivoluzionando i reparti cure, votandosi al wellness e puntando a nuovi mercati. C’è chi, invece, si è seduto sugli allori dei tempi
d’oro e si avvia al tramonto. Il panorama è frastagliato e ha creato non poche divisioni tra gli imprenditori. Metà vuole tagliare sul
costo del personale. L’altra metà cerca di forzare sulla flessibilità. Ben quindici strutture hanno avviato la trasformazione di 429
dipendenti fissi in stagionali. In mezzo, ci sono 3.500 addetti termo-alberghieri che, da novembre, resteranno a casa per la
chiusura degli hotel. Sperano nelle istituzioni per percepire gli ammortizzatori sociali, negli imprenditori e nei politici per ritrovare il
proprio posto di lavoro anche nel futuro. ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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