Italia SpA L`assalto al patrimonio culturale Editore
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Italia SpA L`assalto al patrimonio culturale Editore
Autore: Salvatore Settis Titolo: Italia S.p.A. L’assalto al patrimonio culturale Editore: Einaudi Pagine: 149 Anno prima edizione: 2002 ISBN: 978880618549 a cura di Chiara Di Vito e Erika Sorrenti, Gruppo di Milano UCSC “G. Lazzati” La scelta di approfondire all'interno di una mozione di indirizzo sulla “salvaguardia ambientale” tematiche inerenti ai beni culturali può forse sembrare una forzatura. Tuttavia, in un contesto come quello italiano, in cui per patrimonio culturale si intende un tutto unico in cui ambiente, paesaggio, città, edifici, quadri e manoscritti si legano indissolubilmente con il territorio la storia e la lingua del paese, il tema assume un respiro nuovo. “La forza del «modello Italia» - ci ricorda Settis in Italia S.p.a - è nella presenza diffusa, capillare, viva di un patrimonio solo in piccola parte conservato nei musei, e che incontriamo invece, anche senza volerlo e anche senza pensarci, nelle strade delle nostre città, nei palazzi in cui hanno sede abitazioni, scuole e uffici, nelle chiese aperte al culto; che fa tutt’uno con la nostra lingua, la nostra musica e letteratura, la nostra cultura”. Salvatore Settis è uno dei pochi archeologi italiani conosciuti al grande pubblico. Dopo aver diretto il Getty Center for the History of Art and the Humanities di Los Angeles dal 1994 al 1999 è stato direttore delle Scuola Normale Superiore di Pisa fino al 2010, ed è proprio nella prima decade del nuovo millennio che diventa uno dei protagonisti di una battaglia contro la svendita del patrimonio culturale in Italia. La pubblicazione di “Italia S.p.a. - L'assalto al patrimonio culturale” (2002), vincitore del premio Viareggio (categoria Saggistica) nel 2003, si inserisce pienamente in questo contesto. L'assalto evocato dal titolo, da cui scaturisce l'esigenza di pubblicare questo testo, è quello della legge del 2002 sulla “Patrimonio dello Stato S.p.a.” (n.112/2002) che rende possibile l'alienazione dei beni dello Stato, compresi quelli riconosciuti come patrimonio culturale. Fin dal primo capitolo, dal titolo “Talibani a Roma?”, Settis vuole evidenziare la drammatica minaccia di leggi, ironicamente paragonate alle invasioni barbariche, volte a sfavorire il patrimonio culturale italiano, oggi più che nelle guerre e invasioni passate, visto che la minaccia viene dall'interno dello Stato stesso attraverso quelle che lui definisce come le “cannonate delle pagine della Gazzetta Ufficiale”. Il grande pregio di questo saggio è sicuramente la minuziosa ricostruzione della successione dei meno eclatanti ma progressivi step che hanno portato all'istituzione della “Patrimonio dello Stato S.p.a” a discapito, afferma più volte Settis, della nostra identità nazionale e della nostra memoria storica. La tesi sostenuta è che il quadro legislativo per i beni culturali che emerge da tale normativa, nonostante ad oggi sia stata riconsiderata almeno in parte per cercare di frenare alcuni tra gli stravolgimenti temuti, sia in netto contrasto con la consolidata cultura della conservazione specificatamente italiana. Chiara deve esse per il lettore che si approccia a questo testo la posizione dell'autore vincolata ad una visione tipicamente “umanistica”, piuttosto elitaria della cultura e quindi dei beni culturali come limitati alle “belle arti”. In effetti non vi è una vera e propria riflessione critica sul concetto stesso di patrimonio culturale che è necessaria per affrontare una tematica che in un paese come l'Italia dovrebbe essere maggiormente sentita soprattutto a livello popolare. La confusione che emerge dal “Codice dei beni culturali e del paesaggio” (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e le successive modifiche) evidenzia come, in Italia, ancora non sia chiara la centralità del tema culturale sia a livello legislativo che a livello popolare. Nel saggio, infatti, Settis sostiene che “i cittadini sono gli eredi e i proprietari del patrimonio culturale, tanto nel suo valore monetario che nel suo valore simbolico e metaforico, come incarnazione dello Stato e della sua memoria storica, come segno di appartenenza, come figura della cittadinanza e dell’identità del Paese. Il patrimonio culturale assume in tal modo una notevolissima funzione civile”.