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MATERIALE TESTO ESPOSITIVO MENU`:“Riso Oryza sativa L
Riso Oryza sativa L. - Cereali - Coltivazioni erbacee
http://www.agraria.org/coltivazionierbacee/riso.htm
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Riso - Oryza sativa L.
Atlante delle coltivazioni erbacee - Piante industriali
Classe: Monocotyledones
Ordine: Glumiflorae
Famiglia: Graminaceae (Gramineae o Poaceae)
Tribù: Orizeae
Specie: Oryza sativa L.
Al genere Oryza appartiene anche la specie O. glaberrima Steud., coltivata solo in piccole zone
dell'Africa tropicale occidentale.
Francese: riz; Inglese: rice; Spagnolo: arroz; Tedesco: Reis.
Il riso è pianta di antichissima coltivazione, originaria del sud-est asiatico a clima tropicale e
subtropicale.
Il riso è una delle principali risorse alimentari dell'umanità: oltre la metà di essa basa sul riso la
sua alimentazione. Nel mondo si producono annualmente oltre 550 milioni di t di riso su oltre 150
milioni di ettari, prevalentemente nelle regioni a clima caldo e molto umido dei tropici e dei
subtropici, dove gli altri cereali non prosperano.
In Italia la risicoltura è estesa su circa 220.000 ettari e localizzata quasi totalmente nella Valle
Padana ed in particolar modo nelle zone dove sono disponibili per l'irrigazione grandi quantità
d'acqua a basso costo. In Italia in consumo annuo pro capite di riso è pari a circa 5,5 kg (nel Laos
si raggiungono i 170 kg pro capite/anno).
Coltivazioni erbacee
Cereali
Le province maggiormente risicole sono quelle di Vercelli, Pavia, Novara, Milano, che da sole
raggruppano poco meno del 90% della totale superficie investita a riso; altre province risicole
Avena
sono Mantova, Verona, Rovigo e Ferrara. Tracce sporadiche di coltivazione di riso ci sono anche
nell'Italia centrale (Siena, Grosseto) e insulare (Sardegna); il che significa che il riso si può
Grano duro
coltivare ovunque, purché ci sia acqua in abbondanza e a basso prezzo.
Grano saraceno
Farro
Grano tenero
Mais o Granoturco
Miglio e Panico
Orzo
Riso
Segale
Sorgo
Triticale
Leguminose Granella
Cece
Cicerchia
Fagiolo
Fava Favino Favetta
Lenticchia
Lupino
Pisello
Da tubero e orticole
Aglio
Asparago
Batata
Bietola da coste
Bietola da orto
Riso - Oryza sativa L. (foto CS Kuoh www.efloras.org)
Caratteri botanici
Quasi tutto il riso coltivato nel mondo appartiene alla specie Oryza sativa, graminacea della tribù
delle Oryzeae. Solo in Africa si è originata ed è tuttora limitatamente coltivata una specie a sé
stante: l'Oryza glaberrima.
L'Oryza sativa è ricchissima di forme; secondo la più recente e affermata classificazione le forme
coltivate possono essere ascritte a due sottospecie:
- Oryza sativa subsp. indica
- O.s. subsp. japonica.
Cardo
Carota
Cavolfiore e Broccolo
Cavoli
Cetriolo
Cicoria
Cipolla
Cocomero
I risi del tipo indica sono molto sensibili al fotoperiodo (sono brevidiurni) e adatti quindi ai climi
tropicali (sono diffusi tra 0° e 25° di latitudine), hanno ciclo lungo, sono rustici ma soggetti
Finocchio
all'allettamento e la granella è lunga (rapporto lunghezza/larghezza superiore a 3), stretta,
appiattita, resistente alla cottura e non incollante.
I risi di tipo japonica sono diffusi nelle zone temperate, essendo poco sensibili al fotoperiodo;
Lattuga
hanno esigenze termiche minori rispetto ai risi indica, ma maggiori esigenze nutrizionali; la paglia
è piuttosto corta e robusta, la produttività elevata; la granella è corta (rapporto
Patata
lunghezza/larghezza minore di 3) e tozza, poco resistente alla cottura e tendente ad incollarsi.
Il riso è dotato di un sistema radicale costituito da radici embrionali e da radici avventizie.
Pomodoro
Anche nel riso si ha una fase di accestimento e di emissione delle radici avventizie, più vigorose
delle embrionali; quindi una fase di levata alla quale corrisponde lo sviluppo in lunghezza degli
Rapa e Cima di rapa
steli.
Nelle radici avventizie non più giovani compaiono dei «vasi aeriferi», che assicurano l'aerazione
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Carciofo
Indivia
Melanzana
Melone
Peperone
Porro
Ravanello
Scalogno
Sedano
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Riso Oryza sativa L. - Cereali - Coltivazioni erbacee
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delle radici anche nell'ambiente sommerso in cui il riso vive.
Il culmo ha internodi cavi e nodi pieni e si sviluppa in modo analogo al frumento. Le foglie, in
Spinacio
numero diverso secondo la varietà, ma di solito 5-7 per culmo, sono costituite di una guaina e di
una lamina, ruvida per la presenza di peli corti e duri. La ligula è lunga e le auricole pelose.
Valerianella
L'infiorescenza è un panicolo terminale ramificato che porta spighette uniflore, formate di glume
molto più piccole delle glumelle, le quali ultime sono molto sviluppate, sovrapposte ai margini,
Zucca spinosa - Chayote
appiattite e racchiudenti la cariosside come un astuccio.
La giumella inferiore può essere mutica o brevemente aristata. Le glumelle possono anche
presentare alla maturazione delle pigmentazioni tipiche in molte varietà.
Il fiore è ermafrodito e comprende un gineceo uniovulare, con stilo bifido e stigma piumoso e un
androceo di sei stami.
Il frutto è una cariosside sempre vestita (che costituisce il «risone»), compressa ai lati, oblunga,
con un pericarpo bianco o pigmentato, costituita in modo analogo alla cariosside del frumento. La
Topinambur
Zucca e Zucchine
Ortaggi minori
Piante industriali
Amaranto
Arachide
Artemisia
Barbabietola zucchero
Canapa
fecondazione è strettamente autogama. Il peso di 1.000 cariossidi vestite varia da 25 a 45
grammi.
Canna comune
Naturalmente molto variabili sono la taglia del culmo, il portamento del fogliame, le dimensioni dei
panicoli, la loro forma e il loro portamento, le dimensioni delle spighette e quindi delle cariossidi, il
Cartamo
loro aspetto (vetroso od opaco) nonché la resa alla lavorazione, la produttività, la precocità, le
caratteristiche organolettiche. L'altezza media è di 1-1,2 m tende ad essere abbassata sotto al
Cotone
metro con la selezione.
Kenaf
Canna da zucchero
Colza
Girasole
Lino
Manioca
Ravizzone
Ricino
Sesamo
Soia
Tabacco
Industriali minori
Foraggere
Avena altissima
Bromo catartico
Bromo inerme
Coda di topo
Erba mazzolina
Erba medica
Falaride tuberosa
Festuca arundinacea
Festuca dei prati
Festuca ovina
Festuca rossa
Ginestrino
Gramigna
Loglio ibrido
Loglio rigido
Loietto inglese
Loietto italico Loiessa
Lupinella
Medica lupolina
Panico vergato
Sulla
Trifoglio alessandrino
Riso - Oryza sativa L. (foto www.ubcbotanicalgarden.org)
Esigenze ambientali
Clima
Trifoglio bianco
Trifoglio ibrido
Trifoglio incarnato
Il riso è esigentissimo in fatto di calore e di acqua, ma la sua più peculiare caratteristica ecologica
è di tollerare la saturazione idrica del terreno per cui, pur non essendo una pianta acquatica, è
Trifoglio persiano
adattato alle zone umide dei tropici e dei subtropici soggette anche a sommersione.
La temperatura deve essere elevata e costante in quanto il riso risente grave danno degli sbalzi
termici. Nelle regioni equatoriali, dove la temperatura è costantemente alta, si fanno anche 2-3
Trifoglio sotterraneo
raccolti all'anno. Nei climi temperati l'unica stagione di coltura possibile è quella primaverile-estiva
e con l'ausilio di irrigazione fatta con sistemi tali da svolgere anche importanti funzioni
termoregolatrici. Il ciclo dalla semina alla maturazione è di 150-180 giorni.
Le temperature minime vitali sono 12 °C per la germinazione; la levata e la fioritura si svolgono in
modo ottimale a 23-25 °C.
Minori sono i fabbisogni termici nel corso della granigione. Il riso oltre che esigente in fatto di
Trifoglio pratense
Trifoglio squarroso
Trifoglio vescicoloso
Foraggere minori
Piante aromatiche
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temperature è molto sensibile alle escursioni termiche giornaliere.
Dal punto di vista fotoperiodico il riso originariamente è brevidiurno, ma le varietà che si coltivano
in Italia hanno una sensibilità al fotoperiodo molto attenuata, tanto da fiorire anche in regime di
15 ore giornaliere di luce.
Per quanto riguarda l'acqua, il riso può essere coltivato senza irrigazione («upland rice») solo là
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dove cadono regolarmente più di 200 mm di pioggia al mese per almeno 3-4 mesi. In Italia, dove
il clima è temperato e dove le precipitazioni sono insufficienti, il riso è coltivato in terreno
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sommerso. In tal modo l'acqua, oltre a soddisfare le elevatissime esigenze idriche della pianta,
costituisce anche un insostituibile soccorso termico per l'apporto diretto di calore (quando l'acqua
abbia temperatura superiore a quella dell'aria) e per l'azione termoregolatrice, cedendo di notte e
nei giorni freddi il calore accumulato nei periodi di insolazione intensa. Con la sommersione
un'escursione termica giornaliera di 10-15°C viene ridotta ad appena 3-4°C.
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Terreno
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Per quanto riguarda il terreno, il riso si adatta ad ogni tipo e costituzione: sabbioso, argilloso,
basico o acido, ecc. purché umido. Nella risicoltura sommersa la limitazione principale in fatto di
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terreno sta nelle caratteristiche idrologiche del suolo stesso, che deve essere abbastanza
impermeabile da potervi mantenere la lama d'acqua necessaria: circa 0,3 m di spessore.
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Nella risaia sommersa il profilo del terreno è caratterizzato da un sottile strato ossidato in
corrispondenza dell'interfaccia suolo-acqua, al di sotto del quale il terreno si trova in condizioni
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fortemente riducenti.
Il terreno deve essere sistemato in modo da rendere possibile l'uniforme distribuzione dell'acqua e
un rapido prosciugamento per poter compiere le «asciutte» necessarie per certe operazioni
colturali.
Varietà
Il riso è stato ed è tuttora soggetto ad un intenso lavoro di miglioramento genetico per quanto
concerne: adattamento al fotoperiodo (precocità), alla pluviometria, alle basse temperature;
resistenza all'allettamento; resistenza alle malattie.
Classificazione delle varietà di riso italiane.
In base alla precocità le varietà italiane sono distinte come segue:
- Precoci: che maturano entro un massimo di 150 giorni.
- Medie: che maturano entro un massimo di 155-165 giorni.
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- Tardive: che maturano entro un massimo di 170-185 giorni.
In passato esistevano anche varietà precocissime (140 giorni) e lampo (125 giorni), utilizzate per
la coltura intercalare trapiantata, oggi scomparsa.
C'è una relazione lineare che lega la produttività alla lunghezza del periodo vegetativo.
In base alla qualità i risi vengono distinti variamente secondo le dimensioni della cariosside e/o
per caratteristiche organolettiche e di comportamento alla cottura dipendenti dal contenuto
proteico delle cariossidi.
Fin quasi alla fine del XX secolo tutte le varietà di riso coltivate in Italia erano del tipo japonica.
Recentemente l'intensificarsi degli scambi internazionali ha imposto di tener conto delle esigenze
di consumatori di paesi i più diversi e di adottare una classificazione internazionalmente
riconosciuta dei tipi di riso.
L'apprezzamento che su molti mercati trova il tipo Lungo B, che corrisponde al riso «indica», ha
stimolato i risicoltori italiani a tentare l'introduzione di varietà straniere di questo tipo e i
miglioratori genetici a costituire varietà di «indica» adattate all'ambiente climatico italiano. Nel
giro di pochi anni il riso «indica» è entrato massicciamente nella risicoltura italiana.
Tecnica colturale
Avvicendamento
Nei terreni acquitrinosi o a falda troppo superficiale, dove quella del riso è l'unica coltura fattibile,
il riso succede a se stesso indefinitamente (risaia permanente) poiché è specie che tollera la
coltura ripetuta anche se inconvenienti di natura parassitaria tendono a manifestarsi.
Nella maggior parte delle zone risicole italiane la risaia si avvicenda, anche se con qualche
difficoltà, con altre colture.
Le difficoltà risiedono nel fatto che la particolare sistemazione del terreno per la risaia non
consente l'agevole risanamento idraulico richiesto dalle altre colture e che i costosi lavori di
sistemazione della risaia vengono ammortizzati solo con più colture consecutive di riso.
Una rotazione assai seguita è quella in cui il riso occupa il 50% della superficie seminata, con il
riso che succede a se stesso per 3-6 anni per poi essere seguito da una successione di pari durata
di frumento, prati e/o colture da rinnovo. Tra un riso e l'altro, ove possibile, utile risulta la
coltivazione intercalare di una pianta da sovescio (es. trifoglio incarnato).
La risaia, pur dando luogo a uno stato ridotto e a un notevole dilavamento del terreno, esercita
un'azione molto favorevole di rinettamento dalle erbe infestanti terrestri, per cui costituisce una
buona precessione per il frumento ed è da considerare pianta miglioratrice per questo cereale.
Invece le colture da rinnovo trovano condizioni poco favorevoli subito dopo la risaia.
Sistemazione del terreno
Dovendo praticare l'irrigazione
per
sommersione,
base
della
sistemazione
è
il
perfetto
spianamento del terreno e la delimitazione di questo con arginature. In Italia si riscontrano due
modelli sistematori delle risaie, legati a differenze pedologiche, topografiche e di struttura
fondiaria: uno è diffuso nella Val Padana occidentale (Piemonte e Lombardia), l'altro nella Val
Padana orientale (Mantova e province emiliane e venete).
Nel primo caso le aziende non sono molto estese e la pendenza dei terreni non è trascurabile per
cui la superficie delle unità colturali, dette camere, sono modeste (2-3 ettari o meno); le camere
sono delimitate da arginelli temporanei rifatti tutti gli anni. Per lo più le varie camere sono
digradanti e l'acqua entra dalla bocchetta d'immissione posta a quota più elevata e passa
successivamente nelle camere a quota più bassa (irrigazione a camere dipendenti). Nel caso,
frequente in quest'area, che l'acqua dei fiumi alpini sia fredda, è necessario riscaldarla; a tal fine
si predispone la caldana: una porzione della camera più alta viene sistemata con arginelli a
pettine contrapposti che costringono l'acqua a fare un lungo percorso tortuoso, nel corso del quale
l'acqua si riscalda prima di essere immessa nella risaia vera e propria.
Nella risicoltura veneta ed emiliana i terreni sono già naturalmente quasi perfettamente piani per
cui lo spianamento è poco impegnativo e consente di fare unità colturali, dette bacini, di grande
estensione (10-12 ettari) delimitati da grandi argini funzionanti da capezzagne.
Preparazione del terreno
Nelle zone risicole nord-occidentali la lavorazione del terreno è preceduta dal rifacimento o dal
ripristino (mediante il riporto e il costipamento di terra) degli arginelli. Gli attrezzi impiegati sono
l'arginatore e il rullo per arginelli. Nella risicoltura delle province orientali, invece, non esistono
arginelli, ma solo i grandi argini permanenti.
La preparazione del terreno per il riso consiste in un complesso di lavori che, per lo più, vengono
eseguiti in inverno-primavera. Questi lavori comprendono: aratura, affinamento, pareggiamento
(arginellatura), slottamento, livellamento, costipamento (o intasamento).
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L'aratura con rovesciamento completo della fetta è utile per ripristinare la struttura e, nel caso
della risaia stabile o di riso dopo riso, per assicurare l'ossidazione degli strati di suolo che la
prolungata sommersione fa passare allo stato ridotto. Per stabilire la profondità di aratura va
esaminata la permeabilità del sottosuolo: se questa è elevata, l'aratura dovrà essere superficiale
per evitare eccessivi disperdimenti d'acqua per percolazione; se il sottosuolo è tenace e poco
permeabile si potrà approfondire il solco senza timore ma sempre tenendosi a profondità modesta,
non superando mai 0,30-0,35 m.
Di norma si fa una sola aratura, in autunno nei terreni argillosi e in quelli sortumosi o umidi, a fine
inverno in quelli torbosi o sciolti.
La zappatrice rotativa è un'alternativa valida all'aratura, ma può predisporre ad infestazioni di
specie propagantisi per via vegetativa come Scirpus maritimus, Butomus umbellatus, ecc.
Anche la vangatrice è da taluno adoperata per la lavorazione principale. All'aratura segue
l'affinamento, il pareggiamento e l'intasamento eventuale.
L'affinamento si fa con erpici di vario tipo.
Il pareggiamento, che ha lo scopo di assicurare il livellamento perfetto della camera, si fa
immettendo nella risaia acqua che, fungendo da livella, consente di individuare colmi e bassure, e
intervenendo con passaggi di spianone, a superficie liscia o munita di denti o zappette. In passato
il pareggiamento era distinto nelle due operazioni dello slottamento a mano dei colmi affioranti e
della successiva lisciatura con spianone.
L'intasamento dello strato attivo è un'operazione necessaria solo nei terreni eccessivamente
permeabili, per ridurre le perdite per percolazione. Si tratta di provocare nella risaia allagata la
formazione di torbida che sedimentandosi riduce la bibacità del terreno. Servono allo scopo
appositi strumenti intasatori o anche, ottimamente, ripetuti passaggi veloci di trattrici munite di
ruote a gabbia. In paesi ad agricoltura non meccanizzata l'intasamento è ottenuto col prolungato
calpestio di bufali.
Semina
Scelta delle varietà. Nella coltura del riso la scelta delle varietà da seminare è subordinata alle
condizioni climatiche, alla temperatura dell'acqua, alla precessione colturale. La scelta delle
varietà da seminare s'orienta di solito su due o tre tipi di riso che differiscono tra loro per la
durata del ciclo di sviluppo e per le caratteristiche mercantili del prodotto: non conviene coltivare '
molte razze. Varietà precoci sono da preferire quando si debba liberare presto il terreno per la
successiva semina del frumento, quando occorra distribuire nel tempo i lavori e quando le acque
siano fredde.
Ricordiamo che la semente di riso deve rispondere ai requisiti di purezza, germinabilità, sanità. La
germinabilità non deve essere inferiore all'85%, ma una buona semente deve avere oltre il 90%
di germinabilità e un'alta energia germinativa.
Anche per il riso si distinguono tre categorie di seme in base alla purezza varietale: semente di
base, certificata di 1° riproduzione, certificata di 2° riproduzione. Le tolleranze riguardano la
purezza varietale e il numero di grane rosse, cioè di granelli con pericarpo pigmentato di rosso
(che non devono essere più di 2 in 500 grammi di risone di base o di 5 in 500 g delle altre
categorie).
La stagione di semina del riso varia a seconda della temperatura dell'acqua, della coltura
precedente, della precocità della varietà, ecc. In genere è compresa tra la metà di aprile e la metà
di maggio, ma con varietà molto precoci ci si può spingere fino alla fine di maggio per motivi di
organizzazione.
Per avere un'emergenza soddisfacente occorre che la temperatura raggiunga i 12-14 °C.
La quantità di risone che comunemente si usa va dai 150 ai 220 kg per ha e talvolta anche di più;
l'obiettivo è di realizzare un popolamento di 250-300 piante per m2.
La semina viene preceduta da due operazioni preparatorie della semente; l'ammollamento e la
disinfezione.
L'ammollamento consiste nell'immersione in acqua per parecchie ore dei sacchi contenenti la
semente, onde facilitare l'affondamento delle cariossidi al momento della semina e inoltre
anticipare la germinazione e la nascita del riso.
Tradizionalmente la semina si fa su terreno inondato. La semina segue immediatamente il
passaggio dello spianone, di modo che la copertura del seme avviene per il depositarsi della
torbida sollevata da questo. Il sistema più usato è la semina a spaglio fatta a macchina; si
impiegano i comuni spandiconcime centrifughi portati dal trattore o seminatrici centrifughe dotate
di motore ausiliario; anche le seminatrici universali possono essere adoperate: senza distributori
assicurano una semina a spaglio molto regolare.
Semina in risaia asciutta. Una tecnica di semina che tende ad estendersi, perché atta a
semplificare il controllo delle infestanti, è la semina del riso su terreno asciutto cui seguirà la
sommersione dopo 20-35 giorni a riso già nato e con 2-3 foglie.
Trapianto
Il riso, oltre che direttamente in posto, può essere seminato in semenzaio per essere poi
trapiantato.
Il trapianto in Italia è completamente scomparso; si praticava estesamente in passato per
guadagnare tempo e poter fare il riso come coltura intercalare dopo frumento o dopo il primo
taglio di un prato. Questo sistema è ancora molto seguito ai tropici perché fa guadagnare tempo,
consentendo fino a tre raccolti all'anno, e fa risparmiare semente.
Governo dell'acqua
La conduzione dell'irrigazione in risaia è di grandissima importanza per assicurare alla coltura
nelle sue varie fasi le migliori condizioni di temperatura, di disponibilità di elementi nutritivi, di
controllo delle erbe infestanti o di certi parassiti, e in conseguenza richiede grande perizia in chi
deve regolare i flussi di alimentazione e di scarico delle camere o dei bacini.
Non c'è una regola generale precisa.
Il consumo d'acqua nella risaia è enorme: secondo la minore o maggiore permeabilità del terreno
sono richieste portate continue da 1 a 5 (media 2,5) litri al secondo per ettaro (e talora più, in
terreni permeabilissimi). Considerando una stagione di 5 mesi ciò porta a volumi stagionali
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d'adacquamento variabili da 13.000 a 65.000 m3/ha e oltre.
Esempi di governo dell'acqua in risaie di diverse aree
Nel Vercellese la tecnica oggi più diffusa prevede le seguenti manovre.
1) Sommersione con 20-30 mm d'acqua per fare il livellamento (indicativamente ai primi di
aprile).
2) Aumento della lama d'acqua a 55 mm (massimo 70-80) per fare la semina e suo
mantenimento per i 15-20 giorni successivi (germinazione); data indicativa: 10-30 aprile.
3) Aumento della lama d'acqua a 0,1 2-0,1 3 m per 10 giorni, in modo da sommergere
completamente le plantule per fare il trattamento contro i giavoni (primi di maggio).
4) Riduzione della lama d'acqua a 80-100 mm per 30-35 giorni (cioè fin verso la metà di
Giugno).
5) Asciutta di 2-3 giorni per fare il diserbo contro ciperacee, alismatacee e altre specie non
graminacee.
6) Sommersione con 80-100 mm d'acqua per due settimane.
7) Asciutta di una settimana per fare la concimazione in copertura all'inizio della levata (ultimi
giorni di giugno).
8) Sommersione con 80-100 mm d'acqua fin verso la fine di agosto, stadio di maturazione lattea.
Con la sospensione dell'irrigazione il terreno è lasciato prosciugare in modo che le risaie siano
agibili in settembre per le macchine da raccolta.
Nelle terre torbose del ferrarese il governo dell'acqua è un po' diverso. Intanto la lama d'acqua è
sempre molto più alta che nel caso visto prima: 0,20-0,25 m. E poi praticata un'asciutta detta di
radicamento verso la metà di giugno per favorire lo sviluppo dell'apparato radicale, mentre non si
pratica l'asciutta di inizio levata, la quale sarebbe controproducente favorendo un eccessivo
rilascio di azoto da parte del terreno che è molto ricco di sostanza organica.
La concimazione organica, sotto forma di letamazione e/o di sovescio, è stata in passato la
principale forma di fertilizzazione della risaia, soprattutto nei terreni poveri di sostanza organica.
Oggi che la scomparsa degli allevamenti zootecnici dalle zone risicole ha fatto venir meno la
disponibilità di letame, la fertilizzazione è basata prevalentemente sull'impiego dei concimi
minerali e sulla reintegrazione nel terreno di tutti i residui colturali.
La concimazione minerale è quindi la base indispensabile per assicurare le massime rese.
Per la concimazione fosfatica i quantitativi di P2O5 comunemente impiegati sono di 70-80 kg/ha.
La concimazione potassica è praticata quasi esclusivamente nel comprensorio risicolo della zona
prealpina occidentale dove i terreni sono dilavati ed acidi, nella quantità di 100-150 kg/ha di K2O;
poco o nulla usati sono i concimi potassici nel Delta padano dove i terreni sono alluvionali.
I concimi fosfo-potassici vanno dati prima dell'aratura, in modo che si trovino negli strati esplorati
dalle radici.
Per la concimazione azotata vale lo stesso principio enunciato per il frumento, e cioè di dare tanto
azoto quanto la resistenza all'allettamento della varietà consente, tenendo inoltre presente che un
eccesso di azoto predispone la coltura del riso anche all'attacco del brusone.
Le dosi di azoto variano molto, com'è ovvio, oltre che secondo la varietà, secondo natura del
terreno, coltura precedente, ecc.
Con le varietà attuali le dosi di azoto ordinariamente fornite sono 100-150 kg/ha.
Per assicurare la nutrizione azotata del riso durante le fasi di accestimento, levata e fioritura, si è
visto che la tecnica migliore è quella di fare la concimazione azotata in tre volte: la prima dando il
20-25% della dose prevista alla semina, sotto forma di urea; la seconda azotatura va fatta in
copertura verso la fine dell'accestimento, la terza all'inizio della levata.
La forma del concime azotato per la risaia ha grandissima importanza. L'azoto sotto forma nitrica
o nitro-ammoniacale è da escludere categoricamente perché troppo solubile, dilavabile e soggetto
a denitrificarsi negli strati sottosuperficiali del suolo che trovansi allo stato ridotto.
L'urea è il concime azotato ideale per la risaia.
Controllo delle infestanti
La risaia sommersa è un agroecosistema del tutto particolare nel quale la vegetazione infestante
che vi si insedia ha caratteristiche altrettanto particolari, ad esempio comprendendo alghe oltre
che piante superiori adattate al particolare habitat della risaia.
La lotta contro le infestanti della risaia è sempre stata pratica indispensabile, ancorché
estremamente impegnativa, faticosa e onerosa.
La flora infestante delle risaie è caratteristica per avere come habitat ambienti palustri o
comunque saturi d'acqua, per cui comprende specie diverse da quelle che si trovano negli
agroecosistemi di terraferma: alghe, piante acquatiche vere e proprie (Potamogeton, eterantera);
piante palustri (ciperacee, butomacee, alismatacee); piante tolleranti gli ambienti umidi (tra le
graminacee i giavoni e il riso selvatico).
Nella risicoltura del passato il controllo della vegetazione infestante era fatta con i sali di rame
sciolti nell'acqua delle risaie per controllare le alghe, e la «monda», cioè la scerbatura a mano,
fatta con due passaggi a distanza di 15 giorni nel mese di giugno, che richiedeva l'impegno di ben
45 giornate per ettaro. Motivi economici hanno ormai da tempo reso non più proponibile la
scerbatura, motivi tossicologici hanno limitato l'impiego del rame per il disalgo.
Sono, quindi, stati messi a punto mezzi chimici di controllo che hanno avuto una larghissima
diffusione in tutte le zone risicole grazie alla loro insostituibile efficacia.
- Flora di sostituzione
Purtroppo l'impiego generalizzato di diserbanti sulle colture di riso che si ripetono sullo stesso
terreno anche per parecchi anni, ha dato luogo ad un progressivo e profondo cambiamento della
flora infestante le risaie perché specie che in passato avevano importanza secondaria sono
diventate dominanti perché resistenti ai diserbanti più diffusi («flora di sostituzione»). Ciò ha reso
incessante la ricerca di nuove armi chimiche contro le infestanti emergenti e, di conseguenza, non
semplice la tecnica del loro controllo, che va fatto in modo diversificato in base alla flora specifica
e con ponderazione, tenendo conto che i prodotti vengono immessi nell'acqua della risaia che può
veicolarli nel sottosuolo o nei corpi idrici superficiali.
I molteplici problemi che si presentano nel controllo delle infestanti della risaia possono essere
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schematicamente indicati come segue:
- alghe
- giavoni
- ciperacee, butomacee, alismatacee
- eterantera
- riso selvatico.
- Controllo delle alghe («disalgo»)
Le infestazioni di alghe sono dannose specialmente durante il primo sviluppo del riso per il feltro
che esse formano con l'intreccio dei loro filamenti sul fondo della risaia o in superficie.
Le alghe prevalenti nelle risaie sono quelle verdi e quelle azzurre; in passato le prime erano
prevalenti ma facilmente controllabili, mentre attualmente stanno aumentando le seconde.
Le alghe verdi formano un feltro galleggiante che ostacola l'emergenza dall'acqua delle piantine di
riso, le cui foglie restano invischiate nel feltro algale trovando difficoltà ad uscire alla luce. Le
seconde formano il loro feltro prima sul fondo, dove le plantule di riso stanno compiendo il loro
primo sviluppo, per poi sollevarsi diventando galleggianti: in questo modo le plantule di riso
vengono sradicate e portate in superficie dove tra l'altro le aspetta il rischio di essere spinte alla
deriva dal vento e dal moto ondoso, finendo ammassate nella parte sottovento del campo.
- Controllo dei giavoni
I giavoni comprendono parecchie specie graminacee del genere Echinochloa e sono le infestanti
del riso più frequenti e invadenti, contro le quali è quasi sempre necessario intervenire perché
bastano pochissime piante per metro2 (6-7) per causare perdite di produzione gravissime. Per il
diserbo si dispone di prodotti impiegabili in pre-semina o in post-emergenza precoce (classico prodotto: il molinate) o in post-emergenza anche tardiva, quindi come eventuale completamento
(prodotto tipico è il propanile). Il diserbo contro i giavoni consente abbinamenti molto interessanti
per allargare il controllo ad altre specie.
- Controllo delle Ciperacee, Butomacee, Alismatacee
Il controllo si fa con diserbi di post-emergenza prevalentemente a base di bensulfuron-metile o
composti ormonici, generalmente abbinabili ai giavonicidi. Controllo dell'eterantera (Heteranthera
limosa, H. reniformis).
È un'infestante nuova, introdotta dall'America centrale alcuni anni fa e che infesta ormai la quasi
totalità delle risaie italiane. I soli trattamenti efficaci sono quelli preventivi fatti prima della semina
su risaia asciutta. Il principio attivo specifico ed efficace è l'oxadiazon.
- Controllo delle graminacee perenni e del «riso crodo»
Un gruppo di specie tipicamente infestanti le risaie è costituito da graminacee tra le quali le più
temibili sono la Leersia oryzoides e soprattutto il riso crodo. Il riso crodo è riso selvatico che ha la
caratteristica di disseminare la granella («crodatura») prestissimo, già dopo la maturazione lattea,
determinando nel terreno una carica infestante di piante di riso selvatico incontrollabile in mezzo
al riso coltivato. Per entrambe queste specie la lotta è difficile e si basa sulla tattica di fare una
«finta semina» e ritardare la semina del riso per dar tempo alle infestanti di emergere e di essere
controllate.
Raccolta e utilizzazione
Raccolta
Il riso seminato in aprile giunge alla maturazione fisiologica in epoche diverse secondo la precocità
della varietà: ad esempio quelle precoci raggiungono la maturazione in settembre, mentre quelle
tardive vi pervengono alla fine di ottobre.
La raccolta è preceduta dall'asciutta definitiva che si fa un paio di settimane avanti la maturazione
per accelerare questa e rendere praticabile il terreno. È necessario che la raccolta sia fatta con
tempestività perché un ritardo aumenta le perdite per crodatura (o «sgranellatura») e la quota di
cariossidi che non si «sbiancano» durante la lavorazione del risone.
La raccolta si può fare, come per il frumento, con il sistema della mietitura o della
mietitrebbiatura. Il secondo sistema ha soppiantato completamente il primo.
La trebbiatura dei covoni veniva poi fatta con trebbiatrici fisse, sull'aia.
La mietitrebbiatura del riso può presentare qualche difficoltà per la problematica praticabilità del
terreno della risaia da parte della pesante mietitrebbiatrice. Per ovviare a questo inconveniente le
mietitrebbiatrici da riso sono generalmente semi-cingolate. Si tratta di macchine semoventi con
barre di taglio da 3 a 4,5 m di lunghezza e capacità lavorativa di circa 1 ha all'ora.
Il prodotto che si ottiene dalla trebbiatura è il risone o riso vestito.
Essiccazione
Il risone che esce dalla trebbiatrice ha sempre un'umidità così alta (25% in media) che non è
possibile conservarlo o lavorarlo; perciò deve essere sottoposto ad essiccazione. In passato si
utilizzava il solo calore solare stendendo il riso sull'aia; ma il decorso stagionale spesso
sfavorevole ostacolava l'operazione e talvolta recava pregiudizio, anche grave, alla qualità del
prodotto. Pertanto ha incontrato molto favore la pratica dell'essiccazione artificiale in appositi
essiccatoi ad aria calda e a moderata temperatura (35-40 °C); questa operazione va fatta subito
dopo la raccolta, comunque non oltre 15-20 ore da questa, pena fermentazione.
Il riso uscito dall'essiccatoio subisce una pulitura per ventilazione e vagliatura onde liberarlo dalle
impurità inerti, dai semi di malerbe e dalla granella vuota, immatura, ecc. Poi si immagazzina in
attesa di essere ceduto all'industria che lo lavorerà.
Produzione e lavorazione del prodotto.
Buone sono da considerare per l'Italia rese di 7-8 t/ha di risone; sono segnalate punte non
eccezionali di 10 t/ha. Nella maggior parte delle plaghe risicole del mondo le rese sono molto più
basse (2-2,5 t/ha).
Lavorazione del risone
Come s'è detto, il prodotto della trebbiatura è composto dalle cariossidi di riso ancora avvolte
nelle glumelle. Scopo della lavorazione è quello di staccare le giumelle ed anche parte del
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pericarpo della cariosside insieme a parti proprie del seme, mediante una serie di operazioni che
descriveremo qui appresso nelle loro fasi principali: pulitura (separazione delle impurezze dal
risone), rottura delle reste (nel caso di risi aristati), sbramatura (distacco e separazione dalla
cariosside delle glumelle, che vanno a costituire la lolla), sbiancatura o raffinatura (si allontanano
gli strati esterni del granello e l'embrione, o gemma, con ripetuti passaggi alle macchine
sbiancatrici).
Il riso raffinato, che è bianco e conservabile, può subire un altro trattamento, la oleatura o la
brillatura.
Quindi nel corso della lavorazione si ottengono successivamente questi prodotti.
- Riso greggio (o r. «cargo»), privato della lolla, che conserva ancora pericarpo ed embrione.
- Riso sbramato speciale, cioè semigreggio, che ha subito una lavorazione incompleta alla
sbiancatrice.
- Riso mercantile, riso adatto al consumo, però non lavorato a fondo (due passaggi di
sbiancatrice) e di non grande serbevolezza.
- Riso raffinato, riso bianco passato 3-4 volte alla sbiancatrice che ha privato completamente la
cariosside del pericarpo, e che perciò ha subito una lavorazione completa. Lungamente serbevole,
adatto ad essere esportato, è il riso che si adopera per sottoporlo a lavorazioni speciali.
- Riso camolino od oleato, che si ottiene oleando leggermente la superficie del riso raffinato con
olio inodoro di lino o di vasellina.
- Riso brillato, che si prepara da quello raffinato rendendolo brillante a seguito di lavorazione con
talco e glucosio.
Il riso raffinato, oleato, brillato si usa nell'alimentazione umana; quello sbramato trova impiego
nella fabbricazione della birra.
In epoche recenti si sono ideati dei sistemi speciali di lavorazione che migliorano le caratteristiche
organolettiche e il valore alimentare del riso e lo rendono più resistente alla cottura
(«parboiling»). Con il «parboiling» il risone viene ammollato, cotto a vapore ed essiccato; in tal
modo l'amido viene gelatinizzato e i sali, grassi e proteine si diffondono all'interno
dell'endosperma. Ne risulta una riduzione delle rotture durante la successiva lavorazione e un
aumento della digeribilità e della resistenza alla cottura e allo spappolamento.
La resa alla lavorazione, cioè il riso lavorato che si ricava da 100 kg di risone, si aggira su tra i 60
e i 66 kg. La lavorazione modifica notevolmente la composizione del riso. Infatti, oltre che della
lolla, la cariosside viene privata del pericarpo, del germe e dello strato aleuronico, perdendo
quindi una notevole quantità di cellulosa, di sostanze minerali, di grassi e di sostanze proteiche.
La paglia del riso trova usi analoghi a quella del frumento sebbene sia meno assorbente di questa,
e viene anche destinata alla fabbricazione di cellulosa da carta.
Avversità e parassiti
Numerose sono le avversità che il riso incontra.
Avversità meteoriche
Il vento è dannoso quando, dando origine a moti ondosi, compromette il radicamento delle
piantine. Più avanti nello sviluppo il vento può essere causa di allettamento o sgranatura.
Avversità di origine fisiologica
La colatura apicale consiste nell'atrofia di una parte del panicolo, solitamente quella distale, che
può portare alla sterilità fin del 50% delle spighette. Oltre alla predisposizione varietale, cause
predisponenti sono le basse temperature nel periodo tra il viraggio e la spigatura.
Una qualche importanza occasionalmente riveste anche il gentiluomo (straighthead: testa alta, in
inglese) che si manifesta con colorazione verde cupo della pianta, foglie erette e panicolo che
resta completamente sterile e, per questo, assume portamento eretto. II fatto che si manifesti in
risaie in successione a prati vecchi, fa ritenere che ne siano causa fenomeni putrefattivi a carico
della sostanza organica.
Analoga come eziologia è una malattia di natura fisiologica sporadica in Italia ma molto comune in
Giappone, l'akiochi (o declino autunnale), che sarebbe conseguenza della presenza nel terreno di
acido solfidrico formatosi nell'ambiente anaerobico del terreno a risaia.
Parassiti animali
Particolare importanza assumono i nemici che attaccano le piante nel periodo tra la germinazione
e l'emergenza dall'acqua.
Tra i ditteri danni notevoli al germinello provocano le larve del leccariso (Cricotopus spp.),
erodendo i germinelli e le foglie sommerse o adagiate sull'acqua, e la Hidrellia griseola, le cui
larve provocano diradamenti minando il tessuto verde delle foglie delle giovani piante appena
emerse dall'acqua. In genere questi ditteri si combattono indirettamente con asciutte. Il crostaceo
Triops cancriformis (coppetta) può provocare fallanze per mancata germinazione o per
sradicamento con i suoi movimenti che sollevano la terra del fondo e intorbidano l'acqua.
Un'asciutta è un trattamento agronomico che può limitare il danno.
Parassiti vegetali
Il più dannoso parassita del riso è un fungo (Piricularia oryzae) responsabile di una sindrome
molto variata che prende nome di brusone quando colpisce precocemente le foglie (provocando un
danno limitato) e di mal del nodo e di mal del colletto quando colpisce la pianta ai nodi o all'ultimo
internodo, con danni ben più gravi dato che ne consegue il disseccamento dell'intero panicolo. La
diffusione della malattia è favorita da elevata umidità dell'aria durante o subito dopo la spigatura,
da eccesso di azoto, da semine fitte, da abbassamenti bruschi di temperatura. L'impiego di varietà
resistenti è il mezzo di prevenzione più efficace.
Anche l'elmintosporiosi (Helminthosporium oryzae) arreca danni gravissimi, soprattutto fuori
d'Italia, colpendo tutte le parti aeree della pianta. Attualmente sta destando crescente
preoccupazione anche in Italia. L'infezione si trasmette con il seme che quindi deve essere
scrupolosamente trattato.
Il mal del piede del riso (Sclerotium oryzae) si manifesta durante la maturazione con il
disseccamento e il conseguente allettamento delle piante. L'attacco, visibile come lesioni nerastre,
comincia sulle guaine delle foglie basali e poi passa sugli internodi. Anche in questo caso il rimedio
migliore è l'adozione di varietà resistenti.
Una virosi, il giallume, sta destando qualche preoccupazione nell'ambiente risicolo italiano; essa è
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Riso Oryza sativa L. - Cereali - Coltivazioni erbacee
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diffusa da un afide, il Rhopalosiphon padi.
a cura di Elena Nelli e Francesco Sodi
Versione di stampa
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