Le trasformazioni del commercio del sesso. Uno sguardo

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Le trasformazioni del commercio del sesso. Uno sguardo
Le trasformazioni del commercio del sesso.
Uno sguardo sulla regione Campania
di Annalucia Grimaldi
La strada è da sempre un luogo dove possono compiersi atti spiacevoli o molesti – scippi, rapine, violenze sono alcuni di questi –, ma
è anche luogo per eccellenza del triste mondo dello sfruttamento
sessuale di donne e ragazzine straniere.
Nel 1958 lo Stato italiano con la legge n. 75, «Abolizione della
regolamentazione della prostituzione e lotta contro lo sfruttamento
della prostituzione altrui», ordina la chiusura tassativa delle 560 «case» dislocate su tutto il territorio nazionale. Non consentendo né di
organizzare la prostituzione né di esercitarla al chiuso.
Da allora ad oggi la prostituzione in Italia si è trasformata e radicata sul territorio nazionale in molte forme. E così, percorrendo le
strade delle nostre città, forse nemmeno le più degradate o isolate, il
nostro sguardo incrocia la provocazione di queste tante donne che,
con abiti quasi invisibili e gli atteggiamenti dei loro corpi, ci impensieriscono, spaventano, preoccupano. Le vediamo lì che aspettano,
mostrando i loro corpi come in una vetrina, in attesa di essere scelte
dal primo che passa. La strada è diventata un vero e proprio supermercato dove si guarda, si sceglie e si compra il corpo che si desidera.
È facile definire la prostituzione, oggi come ieri, la «professione
più antica del mondo», rendendola una realtà consolidata ma moralmente ambivalente, lasciando nell’ombra le problematiche reali
che tale fenomeno si porta dietro, dal comportamento deviante,
immorale, di sfruttamento, ai pericoli per l’integrità fisica e morale
degli individui coinvolti e, di riflesso, della società.
Alcune studi (PARSEC, 1998) stimano nel nostro paese la presenza di 15.000-19.000 prostitute straniere in strada, circa la metà è di
origine nigeriana e circa 5.000 di origine albanese.
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Dapprima si trattava di ragazze per lo più di provenienza urbana,
maggiorenni, sposate e con figli; a partire dal 1994/95, la loro origine è diventata prevalentemente rurale e l’età sempre più giovane,
fino al recente reclutamento di ragazze anche minorenni.
Da uno studio presentato da Transcrime alla Commissione per i
diritti delle donne e le pari opportunità del Parlamento europeo il
4 ottobre 2005, al fine di promuovere future strategie del Parlamento europeo in materia, risulta che nel 2000 si stimavano da 41.940 a
84.030 con una tendenza in crescita continua (fonte: elaborazione
Transcrime su dati nazionali forniti dagli esperti). In particolare in
Italia dal marzo 2003 al marzo 2004, si parla di presenza di vittime
di tratta da un numero minimo di 19.710 a un massimo di 39.420
(fonte: elaborazione Transcrime su dati del Dipartimento Italiano
per le Pari Opportunità).
Sono donne straniere che si affidano a «trafficanti» che organizzano loro il viaggio, stipulando un vero e proprio contratto. Si tratta
del movimento di 4 milioni di persone su cui le organizzazioni criminali speculano. È una vera e propria tratta di esseri umani, donne
e bambine inserite nel mercato della prostituzione, che rappresenta
la terza voce di entrate in profitti della criminalità organizzata, dopo il traffico di droga e di armi, e rispetto agli ultimi due espone in
misura minore gli attori di questo giro transnazionale a rischi e pericoli.
Tra il trafficante e il trafficato si instaura un rapporto di asservimento e sfruttamento dovuto al debito contratto dal migrante per il
viaggio illegale. Gli investigatori, in riferimento alla dimensione
temporale di tale rapporto, ovvero se esso prosegue anche nel paese
di destinazione, distinguono tra smuggling of migrants, e trafficking in
human beings.
Lo smuggling of migrants consiste nel favoreggiamento organizzato
dell’immigrazione clandestina: la relazione con i trafficanti parte
dagli stessi migranti che, consapevoli della possibilità di tali organizzazioni di garantire la migrazione, si rivolgono in prima persona
ad essi disponendo di un capitale proprio. Il trafficking in human
beings consiste invece nello sfruttamento successivo delle persone
trafficate: la relazione parte dalle organizzazioni che con la violenza, l’inganno, il ricatto, reclutano le vittime a seconda della domanda dei paesi di destinazione. Tale domanda dipende dalle rispettive
domande di mercati illeciti quali economia sommersa o «lavoro ne180
ro», prostituzione, accattonaggio di minori e, spesso, traffico di organi umani. Queste due forme di relazione non sono distinte e separate, spesso la prima sfocia nella seconda.
In ogni caso, le vittime sono private di ogni diritto fondamentale,
non dispongono di uno status giuridico, la loro condizione di estrema
emarginazione e sfruttamento è avvolta da un silenzio fatto di paura
e minacce.
Prostituzione coercitiva, questo può essere un effetto diretto della
tratta. Si fonda su diverse forme di assoggettamento, di carattere
persuasivo e non violento, o di carattere fortemente violento, incidendo sul rapporto con gli sfruttatori, rapporto di vero assoggettamento paraschiavistico, caratterizzato dalla mancanza di libertà e di
autonomia decisionale delle vittime, segregazione e scarsissima socialità, subordinazione psicofisica, stato di detenzione e sorveglianza
ravvicinata, forme di alienazione e possibilità di vendita delle dirette interessate al pari di qualsiasi altra proprietà.
Oggi sempre più assistiamo ad una porosità delle frontiere tra
commercio del sesso e commercio di tempo libero notturno, come
tra le differenti forme del commercio del sesso in sé.
Non si può più considerare la prostituzione come un’industria rigida e separata, ma bisogna guardarla come un fenomeno variamente articolato e intrecciato con altri tipi di servizi forniti dall’industria del sesso.
Sono cambiati i protagonisti: non esistono solo le donne-prostitute e i clienti-maschi, ma anche gli omosessuali, i travestiti, i transessuali, i quali hanno una clientela sia maschile che femminile, e i
cosiddetti gigolò, prostituti per donne, nonché prostitute donne per
sole donne.
È avvenuta una forte diversificazione sia nella domanda che nell’offerta. Scambiare il proprio corpo come una merce, oggi, può assumere varie sembianze: dalle relazioni dirette, in cui c’è il contatto
fisico, del marciapiede o dell’appartamento, ai rapporti in cui non è
previsto il contatto diretto col compratore, in cui gli operatori del sesso svolgono professioni socialmente accettate, quali quelle di hostess
per attività d’accompagnamento, ballerine di lap dance, intrattenitrici all’interno di night club. La prostituzione in questi luoghi è definita «propria», che non inquina le vie delle città, razionalizzata,
moderna, dove le donne sono «libere» di lavorare o no.
«Il liberismo moderno ha promosso un’etica ed un ideale di liber181
tà individuale pure subordinando questo tipo di libertà ad una sottomissione alle forme nuove ed insidiose di autorità ed ai meccanismi di costrizioni sempre più interiorizzate».
Cambiano il luogo e la definizione, ma la condizione di sfruttamento resta. Difatti essa viene definita prostituzione sommersa, proprio perché non visibile come quella da strada, o ricreativa.
Si assiste a un progressivo spostamento della prostituzione dalla
strada al chiuso, in luoghi differenziati, che lasciano presupporre
modalità altrettanto diversificate di pubblicizzazione, aggancio, esercizio e ulteriori stratificazioni, relativamente alle persone coinvolte
nell’attività prostitutiva e alle loro caratteristiche e condizioni di lavoro e di vita, e relativamente alle reti di sfruttamento e di controllo; stiamo assistendo, dunque, a una sorta di «delocalizzazione» del
luogo prostitutivo.
Non solo i club scambisti o i backroom gays appaiono sempre più
spesso nei media, ma la maggior parte dei locali notturni offre attività legate al commercio del sesso: ballerine/i seminudi, spogliarelliste/i, accompagnatici, o intrattenitrici disponibili anche per prestazioni sessuali.
L’esercizio della prostituzione in strada rappresenta comunque la
forma di commercio sessuale più diffusa, soprattutto perché mimetizza meglio forme di sfruttamento coatto proprio per la possibilità
di disporre continuamente di luoghi diversi, di combinare orari sicuri per l’uscita in strada delle donne e di agevolare l’esercizio della
prostituzione coatta.
Potendo disporre di una forte mobilità geografica territoriale, le
organizzazioni criminali riescono a distogliere l’attenzione delle forze dell’ordine dai loro «giri», riuscendo a mantenere l’anonimato
delle donne e ad escludere la possibilità di rapporti più profondi e
personali con clienti abituali. In questo tipo di prostituzione, lo
svantaggio maggiore è per la donna, che può trovarsi esposta alla
violenza del cliente, sola e in posti isolati, con uomini che si rifiutano di pagare o si riprendono i soldi dopo la prestazione sessuale, o
che le costringono con la forza a prestazioni non volute.
Il cliente invece, oltre ad avere prestazioni sessuali a basso costo,
trova in questo tipo di prostituzione un fascino particolare, perché
lega l’atto sessuale al rischio, ha più sicurezza di mantenere l’anonimato, può scegliere il corpo che preferisce, lentamente, comodamente seduto nella sua macchina.
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L’esercizio della prostituzione in luoghi chiusi, oltre a fornire
luoghi più confortevoli e meno rischiosi rispetto alla strada, prevede, però, costi maggiori, dovuti all’utilizzo più o meno obbligato di
spese accessorie, come, ad esempio, il biglietto di ingresso, superalcolici e quant’altro. È di sicuro più rischiosa per quanto riguarda i
problemi con le forze dell’ordine, proprio perché è vietata, anche se
le prestazioni vengono mascherate da lavori legali, ballerine, bariste, massaggiatrici. Anche queste donne, comunque, non rimangono
sempre nello stesso luogo, ma il più delle volte vengono spostate in
altri luoghi, quartieri, città o regioni.
La prostituzione virtuale, invece, è un settore in continua evoluzione ed è il più difficile da controllare. In quanto virtuale non può
essere nemmeno perseguibile dalla legge, poiché nei siti Internet
non è esplicitamente espresso il compenso per la prestazione, ma
solo il tipo di offerta, anche perché la prestazione sessuale non viene mai menzionata.
Forse potrebbe essere l’unica capace di garantire un perfetto
anonimato sia alla donna che al cliente: spesso questo tipo di prestazione non è legato a sfruttamento, ma a scelte volontarie.
Rientrano in questa fetta di commercio del sesso anche gli annunci personali pubblicati su quotidiani e periodici che sembrano
costituire la principale forma di promozione della prostituzione
sommersa.
Nella Regione Campania, la prostituzione straniera appare nei
primi anni Novanta, in prevalenza sulle strade, quelle ad alto scorrimento o a forte traffico commerciale.
Da allora ad oggi, il fenomeno della prostituzione si è esteso nell’intera regione, caratterizzandosi come fortemente dinamico, segnato da continue e profonde modificazioni, che hanno riguardato
molteplici aspetti, quali la nazionalità delle donne coinvolte, i territori interessati, i livelli di sfruttamento e autonomia, le modalità
d’ingresso nella regione Campania.
Ciò che più caratterizza la prostituzione coatta in questa regione
è la mobilità geografica che interessa un numero elevato di prostitute, soprattutto nigeriane e donne che provengono dai paesi dell’Est.
In particolare si tratta di un forte pendolarismo giornaliero, che
porta allo spostamento di queste donne dai luoghi di residenza ai
posti dove svolgono la loro attività, da comune a comune, da provincia a provincia, o semplicemente da quartiere a quartiere. Natu183
ralmente tutti gli spostamenti sono controllati e gestiti dalle organizzazioni criminali, molto ben organizzate, che operano sul territorio campano.
Per quanto riguarda la provincia di Napoli, il fenomeno della
prostituzione straniera si concentra prevalentemente nella zona
orientale della città, precisamente nei quartieri di Poggioreale, S.
Giovanni a Teduccio, Vicaria, S. Lorenzo, Mercato, Pendino, Vasto,
Fuorigrotta e nella zona Flegrea.
Il tempo di inizio e fine dell’attività prostitutiva è diverso da un
territorio all’altro della città. Nella zona occidentale, le donne iniziano l’attività più tardi rispetto ad altre zone; spesso esercitano da
sole o in compagnia di un’altra donna.
Si riscontra la presenza, in prevalenza, di prostitute di origine nigeriana che si sono adattate ad esercitare nelle zone più degradate;
non mancano donne albanesi, che adescano i clienti sulla strada per
poi consumare il rapporto in casa o in albergo; infine sono presenti
donne provenienti dai paesi dell’Est Europa, le quali preferiscono
esercitare nelle zone centrali. Durante il giorno, la prostituzione a
Napoli avviene solo sulle strade periferiche e di raccordo per la
tangenziale, ed è esercitata quasi esclusivamente da prostitute marocchine, algerine e tunisine.
Il numero delle prostitute che operano nella zona di Napoli si attesta su circa 250-300 unità, con una forte percentuale di nigeriane
e albanesi.
La provincia di Caserta vede invece sul litorale domiziano, soprattutto nella zona di Castelvolturno, la maggiore concentrazione
del fenomeno della prostituzione, che può essere considerato il più
rilevante della regione, con una stima di presenze di prostitute che
va dalle 550 alle 600 unità.
Nella zona di Castelvolturno si concentra la maggior parte delle
prostitute e delle madame, che operano non solo nella zona casertana, ma anche nelle zone di Napoli e di Salerno; da qui partono con
i loro «tassisti» o in autobus per recarsi sui luoghi di esercizio.
Queste donne provengono soprattutto dai paesi dell’Est Europa,
dall’Albania.
Nella provincia di Salerno la prostituzione di strada si concentra
soprattutto nella zona industriale della città e sull’adiacente litorale
(via S. Allende).
Sono soprattutto donne provenienti dall’Est Europa, seguono poi
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donne albanesi, mentre si è ridotto il numero delle prostitute nigeriane, che appaiono sporadicamente sul litorale salernitano, soprattutto nelle vicinanze dello stadio «Arechi». Il numero delle prostitute
presenti nelle zone di Salerno si attesta intorno alle 180-200 unità.
Una caratteristica della prostituzione salernitana è l’utilizzo dell’albergo, soprattutto da parte delle donne dell’Est, con albergatori
che, per qualche euro in più, sono disposti a chiudere un occhio.
Non esiste comunque solo la prostituzione da strada, ma anche la
Campania sta vedendo e vivendo la trasformazione che il commercio del sesso a pagamento sta attraversando. Non sono pochi i locali
che offrono ai clienti la possibilità di intrattenersi con ballerine, accompagnatrici, massaggiatrici, e non sono pochi i locali predisposti
proprio a fornire prestazioni sessuali a pagamento (il caso dello
scandalo al locale notturno «Settimo Cielo» di Salerno ne è un
esempio); e non sono pochi gli annunci su giornali di ragazze delle
varie province campane.
Quello della prostituzione straniera sta diventando sempre più
un fenomeno pieno di sfaccettature, che si porta dietro altri fenomeni e problemi altrettanto importanti e gravi.
Tratta di esseri umani, sfruttamento, violenze sono alcuni di questi, che quasi sempre l’opinione pubblica non vede o non vuole vedere, considerando il fenomeno solo sotto l’aspetto morale, stigmatizzando queste ragazze, allontanandole; ci si focalizza su aspetti mediatici, come il comune senso del pudore o le storie di vita delle ragazze
che, almeno nella narrazione giornalistica, finiscono quasi sempre in
«riscatto» o in tragedia, senza vedere che dietro c’è una persona che
è costretta ad offrirsi perché dall’altro lato c’è chi compra.
Sono stimati in circa 9 milioni i clienti della prostituzione straniera: uomini che hanno problemi e che invece non ne hanno, uomini
angosciati, che forse hanno bisogno di un rapporto di questo tipo, e
uomini che per distrarsi, per divertimento, per piacere, alimentano
questo mercato che cambia a seconda delle loro esigenze.
Il fatto che l’offerta sia così varia, così articolata, non può essere
altro che il risultato determinante di una domanda che la richiede
in questi termini.
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