Alba Rohrwacher

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Alba Rohrwacher
incontro
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Alba Rohrwacher
nel nome
della
libertà
Tre nuovi film confermano il talento dell’attrice fiorentina
e la sua predilezione per ruoli sempre più complessi
e ambiziosi. che questo mese la portano alla Berlinale
di Emanuela Giampaoli
Contadina che lascia la campagna alla ricerca di
una vita diversa in città nel film di Giorgio Diritti
L’uomo che verrà. Rampolla di una famiglia dell’alta borghesia milanese, con aspirazioni artistiche,
che fugge a Londra per vivere una relazione omosex in Io sono l’amore, pellicola di Luca Guadagni-
no. Tranquilla impiegata che manda all’aria fidanzamento e sicurezze in nome di una felicità
che non è mai troppo tardi inseguire in Cosa voglio
di più per la regia di Silvio Soldini. Ruoli diversissimi ma accomunati dalla voglia di trasgredire,
di andare oltre le regole, di rompere gli schemi
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incontro
per l’attrice Alba Rohrwacher che questo mese
è a Berlino alla sessantesima edizione della
Berlinale (11-21 febbraio) con l’anteprima, fuori
concorso, del film di Soldini e con l’opera di
Guadagnino che fa parte della sezione Culinary
Cinema. Attualmente è impegnata sul set torinese di La solitudine dei numeri primi, pellicola del
regista Saverio Costanzo direttamente ispirata
dall’omonimo bestseller di Paolo Giordano.
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L’uomo che verrà, nelle sale, racconta una delle pagine più tragiche della storia italiana,
definita dal premio Nobel Quasimodo «il più
vile sterminio di popolo». Che cosa ne sapeva prima di girare il film?
«L’eccidio di Marzabotto è stato a lungo rimosso
dalla memoria collettiva del Paese, è una vicenda di cui si è parlato poco. Dopo la guerra in Italia occorreva ricostruire e su molti di questi fatti
è calato il silenzio, fino alla riapertura dei cosiddetti “armadi della vergogna”, che hanno portato
ai primi processi solo cinquant’anni dopo. In
quelle zone sono state spazzate via vite umane.
Un’intera generazione è stata spazzata via. Per
questo è stato un lavoro difficile ma importantissimo, necessario. Avevamo il dovere di restituire la verità storica di quel tragico evento.»
In apertura, 1 e 2
Alba Rohrwacher, 30 anni,
nel film di Silvio Soldini
Che cosa voglio di più
in uscita il 30 aprile
3 e 4 Immagini di
L’uomo che verrà,
attualmente nelle sale
Nell’opera lei è una contadina in tempo di
guerra ed è la zia della protagonista, la bambina attraverso i cui occhi il regista racconta
la strage di Marzabotto. È stato complicato
calarsi nei panni di una donna dell’Appennino
emiliano della metà del secolo scorso?
«Di solito un film lo scelgo per la storia o per il
regista. In questo caso quello che mi ha convinto
subito, ancor prima di leggere il soggetto, è stata
una foto sul copione di una delle famiglie coinvolte nella strage di Marzabotto. Ho sentito
un’immediata empatia per quelle persone. Beniamina è una ribelle, una che cerca di fuggire
dalla povertà e che cercherà, a tutti i costi, di non
cedere alla violenza nazista.»
Si tratta di un film corale in cui recitano professionisti come Maya Sansa e Claudio Casala freccia
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in the name of freedom. A peasant farmer
during the war in the Apennines of Emilia in Giorgio Diritti’s film. A descendant
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of an upper middleclass family in Luca Guadagnino’s movie. A quiet office worker
who breaks up with her fiancé in Silvio Soldini’s. These incredibly different roles
all have one thing in common, a desire for transgression by Alba Rohrwacher, the
actress who will also be attending the 60th Berlin Film Festival this month.
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dio accanto ad attori non professionisti. Come
è stata l’esperienza sul set?
«Davvero un bel regalo. Ho ritrovato Maya con
cui avevo recitato nel mio film d’esordio, L’amore
ritrovato, che è davvero una “grande”. Ho conosciuto un attore come Claudio che viene dal teatro ed è stato un altro incontro importante. L’aria
che si respirava era quella di una grande famiglia, forse proprio perché non c’erano solo attori
di professione ma molta gente comune, selezionata nell’Appennino emiliano, il che rendeva
l’atmosfera molto vera.»
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Tutt’altro registro per Che cosa voglio di più, dove
con Pierfrancesco Favino portate sullo schermo
una storia di passione, tradimento, sesso.
«Mi sono fidata completamente di Silvio Soldini
che ci chiedeva di raccontare questa vicenda lasciando da parte ogni pregiudizio. Non sempre è
stato facile recitare nei panni di Anna, che tradisce il suo fidanzato con un uomo sposato. È il
mio personaggio che prende l’iniziativa inviando
un sms che dà inizio alla relazione: i due si inFebbraio 2010
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«Confrontarsi con lei ha rappresentato una crescita dal punto di vista professionale e umano.
Tilda è una grande artista, da cui si può solo
imparare.»
contrano prima in un bar, poi devono andare in
un motel perché non hanno nessun altro luogo
dove stare insieme.»
A proposito delle scene nel motel, è stato
difficile girarle?
«Silvio ha avuto un’intuizione molto giusta,
quella di spiegarci le scene di sesso con grande
dovizia di particolari. Di solito accade il contrario nel cinema: nelle scene di passione si lascia
agli attori una maggior libertà rispetto a quanto
accade per altre sequenze. Mentre in questo caso se ne discuteva talmente a lungo prima che,
nel momento in cui si girava, non c’erano più
né imbarazzo né vergogna.»
Ancora una volta un personaggio che sfugge
alle regole.
«Se le regole sono solo dettate da vuote convenzioni occorre sfuggirle.»
Quando si parla di lei, l’aggettivo più ricorrente è fragile. Forse a una prima impressione, poi prevale tutta la sua determinazione.
Lei come si vede?
«A volte sono fragile. Altre molto determinata.
Non credo che le due cose si escludano. In definitiva non saprei dirle se sono fragile o no.
Non so parlare di me. Mi piace di più leggere
come mi vedono gli altri. In fondo è anche il
mio lavoro.»
Lei che cosa pensa del tradimento?
«La difficoltà è stata cercare di non porsi questa domanda. Facevo fatica a comprendere le
motivazioni di Anna, ma l’intenzione era raccontare una situazione, peraltro molto comune,
senza dare giudizi moralistici. Anna è sopraffatta da questo incontro che vive con libertà, con
gioia e naturalmente anche con molto dolore
quando entrano in campo le responsabilità nei
confronti degli altri esseri umani coinvolti.»
In Io sono l’amore il regista Luca Guadagnino
l’ha voluta nel ruolo di Elisabetta, la figlia del
personaggio interpretato da Tilda Swinton.
Com’è stato lavorare accanto a un’icona del
cinema?
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Nella foto in alto
il cast del film di Luca
Guadagnino Io sono l’amore
in uscita a marzo
Gli attori sono spesso in viaggio. Le piace il
treno come mezzo di trasporto?
«È il mio preferito. E poi in treno si fanno sempre incontri inattesi quanto speciali. È stato su
un convoglio notturno verso la Danimarca che,
per la prima volta, una persona mi ha raccontato nel dettaglio del Centro Sperimentale di Cinematografia a Roma. Fino ad allora ne avevo
solo sentito parlare, mentre lui stava partecipando alle audizioni. Un incontro decisamente
importante.»
la freccia
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