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[email protected] 1 scheda tecnica durata: 118 minuti nazionalità: Italia anno: 2004 regia: Silvio Soldini soggetto: Silvio Soldini, Doriana Leondeff, Francesco Piccolo sceneggiatura: Silvio Soldini, Doriana Leondeff, Francesco Piccolo produzione: Luigi Musini, Roberto Cicutto, Tiziana Soldani per Albachiara, Amka Films, TSI, mercury Films Prod., Lumiere&Co., Eurimages fotografia: Arnaldo Catinari montaggio: Carlotta Cristiani scenografia: Paola Bizzarri musiche: Giovanni Venosta costumi: Silvia Nebiolo interpreti: LICIA MAGLIETTA (AGATA), GIUSEPPE BATTISTON (ROMEO), EMILIO SOLFRIZZI (GUSTAVO ), MARINA MASSIRONI (INES SILVESTRI), CLAUDIO SANTAMARIA (NICO), GISELDA VOLODI (MARIA LIBERA), REMO REMOTTI (GENEROSO RAMBONE), MONICA NAPPO (DARIA), ANN ELEONORA JORGENSEN (PERNILLE MARGRETHE KIERKEGAARD ), CARLA ASTOLFI (GEOMETRA TIRABASSI), SILVANA BOSI (MADRE DI ROMEO), ANDREA GUSSONI (BENEDETTO), MAURO MARINO (DOTTORE), ELENA NICASTRO (IOLE/HOSTESS) Silvio Soldini nato a Milano nel 1958 biografia Nato nel 1958. Nel 1983 ha girato il suo primo mediometraggio in 16mm "Paesaggio con figure" che, insieme al suo primo film, "Giulia in ottobre", ha ottenuto riconoscimenti in vari festival nazionali e internazionali. Nel 1985, con "Voci celate", inizia la sua attività anche in campo documentaristico. Dal 1989 al 1997 realizza tre lungometraggi: "L'aria serena dell'ovest" (1989), ''Un'anima divisa in due" (1993, vincitore con Fabrizio Bentivoglio della coppa Volpi alla Mostra di Venezia), "Le acrobate" (1997, premiato agli incontri del cinema di Parigi). Nel 2000 realizza il film "Pane e tulipani" che gli vale il David di Donatello per la miglior regia e la miglior sceneggiatura e il Nastro d'argento sempre per la miglior regia e la miglior sceneggiatura. filmografia L'ARIA SERENA DELL'OVEST - regia, soggetto e sceneggiatura - 1990 FEMMINE, FOLLE E POLVERE D'ARCHIVIO - regia e soggetto - 1993 UN'ANIMA DIVISA IN DUE - regia, soggetto e sceneggiatura - 1993 MIRACOLI. STORIE PER CORTI - regia, soggetto e sceneggiatura - 1994 LE ACROBATE - regia, soggetto e sceneggiatura 1997 PANE E TULIPANI - regia, soggetto e sceneggiatura - 1999 TIPOTA - attori - 1999 BRUCIO NEL VENTO - regia e sceneggiatura – 2002 AGATA E LA TEMPESTA - regia, soggetto e sceneggiatura - 2004 [email protected] 2 Licia Maglietta MORTE DI UN MATEMATICO NAPOLETANO - attrice - 1992 filmografia NEL MIO AMORE - attrice - 2003 AGATA E LA TEMPESTA - attrice - 2004 PANE E TULIPANI - attrice - 1999 L'AMORE MOLESTO - attrice - 1995 RASOI - attrice - 1993 LE ACROBATE - attrice - 1997 RDF - RUMORI DI FONDO - attrice - 1996 LUNA ROSSA - attrice - 2001 UNA SOLA DEBOLE VOCE - attrice - 1999 Agata e la tempesta: interviste In occasione della presentazione del suo ultimo film, Agata e la tempesta, abbiamo incontrato il regista Silvio Soldini e tutto il cast in una conferenza stampa dai toni alquanto surreali, probabilmente non meno di quelli dei film. Il regista italiano è apparso infastidito dalla richiesta di chiarificazione della sua pellicola, fedele all’idea che l’eccessivo svisceramento dei motivi che portano a girare un film porti lo svilimento dello stesso. Seguiamone comunque alcuni estratti. Soldini, lei sembra l’alfiere di un cinema che guarda sempre avanti e verso il futuro. In questo senso, il suo film sembra voler comunicare l’esigenza del non arrendersi mai. E’ corretto interpretarlo così? Silvio Soldini: E’ un mio modo di cercare di vedere le cose, specie dopo i miei primi due film. Infatti, credo che il mio atteggiamento sia cambiato dagli esordi, ed ora cerco di fare un film con l’occhio dello spettatore. Ogni volta penso cosa mi piacerebbe rimanesse nel cuore e nella mente dello spettatore, usando me stesso come riferimento. E cosa crede dovrebbe rimanere allo spettatore vedendo il suo ultimo film? Non saprei dirglielo, non ne ho idea, è una cosa che non saprei spiegare. Perché Agata è il centro del film e non gli altri due protagonisti, per esempio? Perché all’inizio del film c’era solo la storia di questa donna un po’ particolare, molto intensa. Poi sono nati i personaggi di Romeo e Gustavo, e da lì si è sviluppata la drammaturgia dello scoprire che non si è chi si pensa di essere. Tutto è filtrato dallo sguardo di Agata sulle cose e sul mondo, e la tempesta è ciò che accade intorno a lei. Soldini, rispetto al suo stile di regia, mi chiedevo perché ha abbandonato il particolare approccio che aveva in Le acrobate. E’ per motivi economici? Io credo di avere un solo stile di regia, quello che può cambiare è il tono del film. A seconda di cosa voglia raccontare, uso uno stile più ironico o no, ma non è per ottenere successo, anche perché non saprei come ottenerlo. Il successo dipende solo da quanto si colpisce il pubblico. [email protected] 3 Ci può dire qualcosa sui colori del film e sul perché l’ambientazione è in Emilia Romagna? Il tono dei colori usati era alla ricerca di un mondo surreale, il più possibile lontano dalla realtà. Questi colori dovevano interagire con la storia, dovevano essere i personaggi. Ho scelto la Romagna per motivi geografici e cioè per la presenza della Pianura Padana. Gli attori possono dirci qualcosa sui loro personaggi e sul modo di rappresentarli, che pare legato ad una recitazione a sottrarre? Licia Maglietta: Personalmente volevo eliminare la sensazione del sempre visto, la banalità. Non è comunque una recitazione a togliere, come si usa dire, ma una ricerca dell’andare a fondo. E’ difficile spiegarlo a parole, si tratta di cercare il mistero, quell’alone di inspiegabilità. Volevo che Agata fosse una donna desueta, non convenzionale. Giuseppe Battiston: Io amo costruire un personaggio prima di andare sul set: in questo modo fai tua una partitura, per poi prenderti il lusso di dimenticarla alleggerendo la recitazione. Non mi piace una situazione di battute comiche, ma di personaggi comici. Solfrizzi, come è stato lavorare con Soldini? E’ così come appare in conferenza stampa? Emilio Solfrizzi: Per me lavorare con Silvio ha rappresentato il raggiungimento di un obiettivo. Silvio è come un segnale stradale. Tutti guardano al regista per andare in una strada dritta. Bisogna tornare un po’ bambini, o vergini se preferite, per tornare alle sensazioni volute da Silvio. Comunque (sorridendo, ndr), non credo a nulla di tutto quello che ho detto. da www.castlerock.it “È il film più dinamico e colorato che abbia mai fatto”, dice Silvio Soldini di Agata e la tempesta, che segna il ritorno del regista alla commedia dopo la fortunata esperienza di Pane e tulipani di alcuni anni fa. A quel film Agata e la tempesta è unito da molti legami, fra i quali un gruppo di attori che si ritrova insieme ancora una volta, e un certo tono surreale che caratterizza la narrazione. Agata, la protagonista, crede di essere al sicuro nella sua libreria e invece all’improvviso si ritrova travolta da una specie di tempesta che rivoluziona la sua vita: scopre che suo fratello Gustavo non è suo fratello, si innamora perdutamente di Romeo, un ragazzo più giovane di lei, e le lampadine si fulminano al suo passaggio. Si può definire questo film come una favola? Al contrario di Pane e tulipani, direi che Agata e la tempesta non è una favola. Essendo la mia seconda avventura nella commedia, anche questa volta ho cercato la leggerezza, però con personaggi, ambientazioni e accadimenti un po’ diversi. Credo che questo film sia più surreale dell’altro, ma anche più vicino alla vita vera ‘con le sue gioie e i suoi dolori’, per dirla con una frase fatta. È soprattutto un film molto più corale, perché i personaggi principali sono tre, Agata, Romeo e Gustavo, ma attorno a ognuno di loro ne ruotano molti altri. Rispetto ai miei due ultimi film, Pane e tulipani e Brucio nel vento, impostati su una narrazione che segue un protagonista dall’inizio alla fine, qui c’è la messinscena di tanti personaggi che si muovono separatamente, per poi confluire tutti nello stesso luogo. La narrazione ha quindi ha un ritmo diverso, come una musica fatta di tanti elementi. [email protected] 4 Come mai ha scelto un tono ‘surreale e colorato’ per raccontare la storia di Agata? Ogni film per me è un’occasione per cercare di raccontare la realtà in modo non scontato e banale. Pur usando toni leggeri, questo film vuole staccarsi nettamente dal linguaggio naturalistico delle fiction televisive, che non mi piace. Nelle ambientazioni e nei costumi ho usato delle sottolineature che portano il film a galleggiare sopra la realtà di tutti i giorni, creando un mondo tutto suo. Al cinema mi piace proprio questo come spettatore: che un film sia capace di trasportarmi in un altro mondo, per poi tornare nel mio con qualcosa in più. Lei ha detto che ritiene importante che in ogni suo film ci siano degli spunti per riflettere. In questo caso quali sono i temi di riflessione? Questo film pone talmente tante domande che non so quale sia il tema principale. Al contrario di altri miei film, che sono di costruzione drammaturgica più semplice, mi risulta difficile anche raccontarlo. Mentre lavoravo alla sceneggiatura con Doriana Leondeff e Francesco Piccolo, tutti e tre avevamo voglia di fare qualcosa di poco definibile, che però sapesse comunicare molte emozioni e suscitare delle riflessioni. I temi toccati dal film sono tanti, dalla sincerità, al rapporto fratellosorella, all’amore. Credo sia anche un film sulla capacità di cambiare e sul significato del cambiamento, sia dal punto di vista individuale che nel rapporto con gli altri. Anche qui, come in Pane e Tulipani, alla fine si forma una famiglia anomala, un gruppo di persone che sceglie di stare insieme al di là dei legami di sangue: una specie di comunità utopica? Se nel mondo si costituisse una nuova nazione popolata da persone che credono nei valori in cui credo anch’io e li mettono in pratica nella sfera politica, mi cambierei il passaporto e mi trasferirei subito lì. Non sto bene in Italia in questo momento, però non saprei dove altro andare. Un giorno sarebbe bello che la gente si dividesse non secondo il luogo d’origine, la razza o la nazionalità, ma per affinità e valori, decidendo dove andare a vivere e con chi. Nel film, in fondo, c’è questa speranza. Qual è il particolare magnetismo di Agata, che fulmina le lampadine? Agata è una donna che ha superato quarant’anni e molte peripezie: ha avuto molti amori, una figlia, ha vissuto all’estero. Poi si è stabilita a Genova e ha realizzato il sogno della sua vita, aprire una libreria. La libreria di Agata è un luogo centrale nel film, dato che vi gravitano intorno molti personaggi, e volevo che desse l’idea di un luogo dove si sta bene, come io immagino debba essere una libreria. L’abbiamo dovuta ricreare completamente, perché non abbiamo trovato nessun ambiente reale che restituisse l’atmosfera piacevole del negozio di Agata, forse un riflesso della sua passione per i libri, soprattutto per i romanzi. Agata ha una cultura e un gusto più elevato della Rosalba di Pane e tulipani, ed è una donna che ha sempre seguito le sue emozioni, buttandosi completamente nelle cose. Forse è per questo che il momento di tempesta che travolge tutti i personaggi, specialmente suo fratello, non la coglie in pieno, la sfiora soltanto. Il film è ambientato in parte a Genova. Perché ha scelto proprio questa città? Mi sembrava giusto che la città di Agata non fosse tutta chiusa su se stessa, come Milano, ma che avesse un’apertura verso l’orizzonte. Però nel film il mare non si vede quasi mai e la città non è specificata. Di solito scelgo la città dove ambientare un film per la fascinazione che ricevo dalla sua scoperta. Credo che lavorerò ancora [email protected] 5 a Genova, perché sento di non averla ancora esaurita. Il gruppo di attori che partecipa a questo film è molto nutrito: oltre a Claudio Santamaria e Emilio Solfrizzi, che lavorano con lei per la prima volta, ci sono Licia Maglietta, Marina Massironi e Giuseppe Battiston, che erano anche in Pane e tulipani… Sono contentissimo degli attori che ho scelto per fare questo film e dei personaggi che siamo riusciti a creare insieme. Ci tengo però a dire che i ruoli di Giuseppe Battiston, Licia Maglietta e Marina Massironi sono molti diversi da quelli che avevano in Pane e tulipani, così come è diversa la parte di Giselda Volodi, che nel film precedente compariva in una sola scena nei panni di una cameriera, e qui ha un personaggio degno di tale nome. Anche per quel che riguarda Solfrizzi, credo e spero di averlo sollecitato a fare qualcosa di nuovo. Non mi piace ripetermi, far rifare agli attori le stesse cose, sarebbe noioso sia per me che per loro. Purtroppo in Italia accade spesso che si prenda un attore per fargli rifare più o meno il personaggio in cui lo si è visto credibile e bravo. Sul set di Pane e tulipani si era creata un’atmosfera magica: è successo anche stavolta? Gli attori sono l’elemento più importante del film, sono coloro che verranno visti sullo schermo, quindi l’atmosfera che si crea con loro è importantissima per me. Questo film è stato un po’ più dispersivo dell’altro, che era tutto girato a Venezia. Inoltre, gli attori erano molti e non sempre erano presenti tutti sul set. Però era sempre molto bello ritrovarci quando tornavano, e questo è il segno che si stava bene insieme. Mi piace crearmi una grande famiglia intorno quando lavoro. da www.fice.it Recensioni Film TV - Enrico Magrelli C'è Agata, una libraia che fulmina le lampadine e si innamora di Nico, un cliente sposato, molto più giovane di lei e con un sosia. C'è Gustavo, un architetto con moglie psicologa di un programma Tv e un figlio martoriato dai compagni di scuola, che scopre, all'improvviso, di non essere più fratello di Agata e figlio dei genitori che lo hanno allevato. C'è Romeo che gira in auto con il suo campionario di vestiti, ha una moglie paralizzata, la adora, la tradisce ad ogni occasione e sogna di aprire un vivaio di trote. C'è un vecchio burbero reso sordo da due tappi di cerume. C'è una anziana geometra che parla come un documento del catasto. Ci sono molti altri personaggi pittoreschi e stravaganti che si aggirano tra Genova e la Bassa Padana. Ci sono molti libri e trame che fluttuano tra uno squillo e l'altro di telefonino, tra tempeste elettromagnetiche e un paio di flashback visioni in bianco e nero, tra sfondi post-naif e discontinuità surrealiste. Un film corale, interpretato discretamente dagli attori, sulle scosse elettriche, sui gangli del feuilleton, su una Madame Bovary da carruggio e da balera, sul perdere la normalità e perdersi (del regista tra le anse morfologiche di «un mondo un po' sollevato dalla realtà». La Stampa - Lietta Tornabuoni I nostri guai o le nostre tragedie trasformati in una commedia lieve, colorata, elegante, da ridere. Al suo sesto film Agata e la tempesta (il primo, L'aria serena dell'Ovest oscuro e bello, è del 1990), Silvio Soldini, milanese,46 anni, già autore ammirato di Brucio nel vento e Pane e tulipani, capovologe volontaristicamente le brutte realtà: la morte d'una madre, la rovina d'uno studio professionale, la scoperta di essere un altro, una moglie paraplegica, un letale incidente d'auto, una separazione coniugale, gli inconvenienti d'innamorarsi d'una persona molto più giovane, diventano elementi festosi o almeno sopportabili d'un mondo diverso da quello vero e da [email protected] 6 quello televisivo, surreale e giocoso, multicolore come una stanza dei bambini e felice quanto è possibile. Non ha speciale significato, non vuol dire granchè (se non, forse, un invito all'ottimismo, un desiderio di contraddire l'attuale dominante cultura della catastrofe, un'affermazione che la vita può essere bella): ma il film fatto e recitato bene è divertente, piacevole. Licia Maglietta, presenza magnifica, attrice naturale e seducente, spontanea e raffinata, è una libraia, simbolo della cultura con la sua nutriente funzione e insieme emblema dell'amore con le sue belle insensatezze: creatura anche magica, al cui passaggio misteriosamente le lampadine elettriche si fulminano, i computer esplodono, le luci stradali si spengono, asciugacapelli e tostapane smettono di funzionare; Emilio Solfrizzi, architetto, marito di Marina Massironi psicologa televisiva, crede di essere suo fratello, ma scopre d'aver avuto altri genitori e d'avere invece un fratello diverso che è il bravissimo piazzista Giuseppe Battiston. Tra Genova stupenda e la pianura padana, i tre vivono avventure circondati da molti personaggi minori interessanti, ben disegnati e buffi. Le scenografie colorate di Paola Bizzarri sono adeguate; i costumi di Silvia Nebiolo, creativi e perfetti (soprattutto gli abiti da uomo sono originali, giusti), danno all'atmosfera del film un contributo notevole. In bianconero, fotografie di famiglia e piccoli film domestici evocano il passato, sempre ricordato con slancio ironico, mai sentimentale. Corriere della Sera - Maurizio Porro Forse la libraia Agata, innamorata dell'amore e della cultura, somiglia alla francese Amélie, gioca con i destini altrui, da quello di un fratello che scopre d'improvviso d'essere stato venduto in fasce dalla vera madre. Su questa classica trovata da feuilleton, Soldini apre Agata e la tempesta, seconda commedia in forma di favola dopo Pane e tulipani, in cui molti, troppi personaggi si agitano per trovarsi in una sorta di eremo di affinità elettive dopo aver subito di tutto, di più e di troppo. Il film parte divertente ed elettrico, poi si spegne come le lampadine al passaggio della fantastica Licia Maglietta, corteggiata con amore dal regista, perché accumula troppi trattini e parentesi. È come un grande albero, nato su una buona idea cui il regista non ha il coraggio di potare i fronzoli, specie nell'ultima mezz'ora piena di accadimenti inutili e di una tragedia fuori posto. Soldini vuole mandare a casa il pubblico contento, ma non si lascia andare: la commedia è ambiziosa, citazionista, intellettuale anche nella campagna romagnola. La sostengono però attori formidabili, dalla Maglietta, anima e corpo della storia, portatrice sana di sottigliezze espressive, alla Massironi psicologa da tv come la Morante di Verdone. Bravissimi e complementari Emilio Solfrizzi, fratello in panne, lo spiritoso Giuseppe Battiston e l'ottimo Claudio Santamaria che si sdoppia con quell'aria sognata e stravagante con cui conquista, libri e tulipani, il cuore di Licia. la Repubblica - Paolo D'agostini Fate caso ai colori. E' un film multicolore Agata e la tempesta, negli abiti, negli ambienti, perfino nelle automobili. Come un sogno o come una fiaba. Alla presentazione per la stampa, affollata perché si era sparsa l'aspettativa per un Pane e tulipani 2, le espressioni finali erano di quelle che dicono: troppo ottimismo, troppa positività, troppo zucchero. E invece no: è un film emozionante, e se c'è da sfidare l'insinuazione che Soldini, regista già cupamente svizzero, si sia rimbecillito, ebbene la sfidiamo con lui, solidali. Evviva il cinema italiano che "si è rimbecillito", cioè ha capito che il cinema non serve a parlare con se stessi, per quello ci sono le poesie, ma con tanti. E che c'è un modo - mille in realtà - per farlo, ed è doveroso cercarli e trovarli, senza calare le braghe, senza rinunciare al proprio profilo e alle ambizioni artistiche. Banale, direte, De Sica lo sapeva molto tempo fa e metteva in atto il suo sapere senza perdersi in chiacchiere. Ma non è invece così banale considerando per quanto tempo il cinema italiano si è smarrito divaricando al massimo lo spazio tra le rare vette "d'autore" e una popolarità piatta e volgare. Certo, chi l'avrebbe mai detto che uno dei principali artefici del riscatto sarebbe stato proprio Silvio Soldini, nato come regista di culto della cinefilia più settaria? Sarà l'amore, ci permettiamo d'immaginare appellandoci al fatto risaputo che la protagonista Licia Maglietta è anche sua partner nella vita. Come già la Rosalba casalinga a un tempo inquieta e solare in Pane e tulipani così anche la sua Agata, qui, è illuminata da un occhio innamorato. Che porta letteralmente in trionfo l'attrice napoletana (la cui napoletanità deve aver contato qualcosa nel diradare le brume nordiche). E ce la rende irresistibile e incantevole nel suo disinvolto muoversi a bocca aperta come Alice nel paese delle meraviglie, e [email protected] 7 mentre ogni lampada ostinatamente si fulmina al suo passaggio, tra: un fratello (Emilio Solfrizzi) che, si scopre, non è più un fratello; uno sconosciuto (Giuseppe Battiston) che è invece il vero fratello di quello che non è più suo fratello ma, bando alle quisquilie biologiche, va a rimpinguare un terzetto di fratelli d'elezione; e un innamorato pazzo (Santamaria) che viene sostituito dal fratello gemello innamorato ancor più pazzo (sempre Santamaria). Insomma un doppio messaggio, di tensione al sorriso e alla leggerezza che (senza obbligo per nessuno) non può far che bene al nostro cinema, e di acuta osservazione sui rimescolamenti dei legami tradizionali, su un panorama umano tanto imprevedibile quanto entusiasmante. l'Unità - Dario Zonta Silvio Soldini è tornato, dopo il melodramma svizzero di cupa e angosciosa sfumatura Brucio nel vento, ai colori accesi e sgargianti che aveva già iniziato ad impastare nel fortunato Pane e tulipani. Solo che questa volta ha creato toni più accesi e sfumature più ombrate, restituendo un quadro più ambizioso, ma anche più confuso. Il titolo di questa nuova commedia suona già foriero di intenzioni letterarie: Agata e la tempesta. Agata è Lucia Maglietta, attrice feticcio di Soldini, e la tempesta è un coro di personaggi variopinti, surreali e inconsueti. Dividono la vita, il destino incerto che li vedrà assiepati dalla stessa parte del recinto, e la morte (inaspettata e due volte luttuosa), tra una grande città (Genova) e un piccolo paesino romagnolo. "Lo spunto - dice Soldini è quello di una donna che inconsapevolmente fa fulminare le lampadine". Un’immagine ancora una volta letteraria che trova conferma nel personaggio di Agata, una libraia di Genova, donna matura e decisa, che trasforma la vita in suggestioni romanzesche. "Durante il periodo di scrittura – racconta Soldini - con gli sceneggiatori Doriana Leondeff e Francesco Piccolo siamo partiti in un paio di direzioni diverse prima di trovare la strada giusta. Tutto il resto è venuto fuori dopo ore e ore passate a buttare nel piatto qualsiasi spunto ci passasse nella testa". Che il film sia stato il parto difficile di tre menti, il regista e gli sceneggiatori, risulta evidente anche in conferenza stampa (dove si è registrata una certa tensione e una certa difficile comunicazione con l’uditorio dei giornalisti), in cui Soldini ha dato più volte la parola e cercato più volte l’aiuto della coppia di sceneggiatori. Una cosa, comunque, l’abbiamo capita: "Ho fatto questo film - dice Soldini pensando a cosa uno spettatore vuole vedere, cosa si può portare a casa da una storia come questa. E questa domanda, prima di tutto l’ho fatta a me stesso". Il risultato sono due ore di commedia a tratti agra. Ma perché ancora commedie, è stato chiesto un po’ polemicamente al regista di Le acrobate: "Non capisco cosa ci sia di strano nel fatto di aver voglia di raccontare il mondo, per come io lo vedo, alternando uno sguardo più leggero a uno sguardo più drammatico". Insomma Soldini, ci sembra voler dire, riesce con uguale felicità a gestire commedia e dramma, film di viaggio e film d’autore. E questa volta il regista ha voluto che fosse commedia. Nella storia ci sono: una sorella e un fratello che si credono di sangue e si scoprono estranei; un uomo che crede di essere figlio unico e si scopre fratello; una libraria che provoca incidenti; un paesino della Romagna che accoglie questi transfughi per creare una nuova famiglia... e così via. Tante storie ma ognuna con la propria testa e in una direzione diversa, tutte, comunque, alquanto lontane da una certa realtà. Soldini conferma: "Oggi come oggi non ho voglia di fare cinema naturalista, ce n’è già troppo sia al cinema che in televisione, così cerco di creare un mondo a parte, quello del film diverso, ma pieno di rimandi". Questo metodo ci ricorda quello di un altro regista europeo che guarda caso Agata ricorda fatalmente: Pedro Almodóvar. Non parliamo di citazioni vere e proprie quanto di atmosfere. Bene, sinceramente, non avremmo mai immaginato un Soldini fulminato dal surreale almodovariano e non ci sembra che questo incontro, che sia suo o degli sceneggiatori, abbia giovato al suo percorso e al film. [email protected] 8