bosnia ed erzegovina / (bosna i hercegovina): storia

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BOSNIA ED ERZEGOVINA / (BOSNA I HERCEGOVINA):
STORIA, POLITICA E QUADRO MACROECONOMICO
SONIA GEROMINO
Giornata Paese Bosnia Erzegovina, 5 Aprile 2007
Dati
Capitale: Sarajevo (Sarajevo, 520.000 ab. stima 2004)
Superficie: 51.209 kmq
Popolazione: 3.842.527 (stima 2004)
Densità di popolazione: 75,04 ab./kmq
Tasso di crescita della popolazione: 0,7% (stima 2004)
Coefficiente di natalità: 9,1/1.000 ab. (stima 2004)
Coefficiente di mortalità: 8,5/1.000 ab. (stima 2004)
Coefficiente di mortalità infantile: 7,2/1.000 (stima 2004)
Tasso di alfabetizzazione: 92% (stima 2002)
Nazionalità presenti: bosgnacchi1 (musulmani) 40%; serbi 37,1%; croati 14,3%; altri 0,6% (2002)
Religioni: musulmana 40%, ortodossa 31%, cattolica 15%, altre 14% (dati riferiti al 2002)
Lingue ufficiali: bosniaco, croato, serbo
Divisione amministrativa: Federazione di Bosnia ed Erzegovina (FBiH) e Repubblica Serba (Rs)
Aspettativa di vita: 68,9 anni (uomini 66,3; donne 71,7) (stima 2004)
Fonti: Bhas, Bm, Cia, Onu
1
Per riferirsi ai musulmani di Bosnia, esistono i termini «bosgnacchi» o «bošnjaci», perfettamente equivalenti. In questa scheda si è
sistematicamente optato per la prima soluzione.
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Storia
La storia della Bosnia-Erzegovina è la storia di territori attraverso i quali sono passati, nel corso
dei secoli, due importanti confini: quello che ha diviso i cristiani cattolici dagli ortodossi; e quello fra
Impero asburgico e Impero ottomano, che ha fermato l'espansione turca in Europa limitandola ai Balcani
dal XV al XX secolo. Per queste ragioni la Bosnia-Erzegovina è stata il punto di contatto fra tre comunità
slave distinte dalla religione d'appartenenza: la croata, cattolica; la serba, ortodossa, e quella dei
bogomili, cristiani eretici divenuti musulmani con la dominazione ottomana. Le due province di Bosnia ed
Erzegovina, con il Trattato di Berlino del 1878, passarono sotto l’amministrazione austro-ungarica dopo
essere state, per più di quattro secoli, controllate dai turchi. L'annessione completa all'Impero asburgico
del 1908 provocò una crescente tensione fra gli slavi meridionali, fino a sfociare nell'attentato al
pretendente al trono austriaco Francesco Ferdinando, assassinato a Sarajevo il 28 giugno 1914 dal
giovane irredentista serbo Gavrilo Princip.
Fu la miccia che diede il via alla Prima guerra mondiale,
conclusasi con la sconfitta dell'Austria-Ungheria e l'incorporazione della Bosnia-Erzegovina nel primo
Stato degli slavi del sud (o jugoslavi): il Regno dei serbi, croati e sloveni (Shs). Con la riforma
amministrativa
del
1929,
il
territorio
bosniaco
fu
smembrato
e
diviso
in
quattro
province.
Successivamente (1939) alcuni territori furono assegnati alla Croazia. Poco dopo, nel 1941, quando la
Seconda guerra mondiale condusse all'occupazione nazista della Jugoslavia, le province bosniache
entrarono a far parte dello Stato fantoccio croato del dittatore fascista Ante Pavelić. Ma sulle montagne
bosniache si organizzò la resistenza all'invasore italo-tedesco e in una cruenta guerra civile si
fronteggiarono le bande croate (ustaše) legate a Pavelić, quelle serbe (četnici) fedeli al re in esilio e i
partigiani comunisti jugoslavi del maresciallo Josip Broz, detto Tito. Sono loro ad avere la meglio e a
proclamare, nel novembre 1943, la nascita della Jugoslavia federale e democratica. La BosniaErzegovina, con capoluogo Sarajevo, diventò una delle sei repubbliche di cui era composto il paese. Dal
1968 i musulmani diventarono una nazionalità riconosciuta dalla costituzione bosniaca. La grave crisi
economica succeduta alla morte di Tito (1980) e le crescenti tensioni serbo-slovene misero in discussione
l'esistenza stessa del paese. La vittoria delle forze nazionaliste alle prime elezioni libere del 1990 accelerò
il processo di dissoluzione della Jugoslavia: Slovenia e Croazia proclamarono la secessione dalla
federazione nel giugno 1991, cui fece séguito lo scoppio della guerra. Il 1° marzo 1992 anche i bosniaci si
espressero per l'indipendenza, ma il voto referendario venne boicottato dai serbi, determinati a rimanere
nella nuova Jugoslavia ormai limitata solo a Serbia e Montenegro. La dichiarazione dell'indipendenza, il 6
aprile 1992, coincise con il coinvolgimento della Bosnia nel conflitto militare. Con l'aiuto dell'esercito
jugoslavo, le milizie serbo-bosniache occuparono rapidamente, dal nordovest al sud-est, due terzi del
territorio, autoproclamarono la nascita di una Repubblica serba di Bosnia (Rs) e cominciarono un
sanguinoso assedio delle città rimaste sotto controllo croato e musulmano, fra cui la capitale Sarajevo. La
violenza della guerra bosniaca colse di sorpresa la comunità internazionale, già impegnata a sedare il
conflitto in Krajina e Slavonia.
Un primo piano di pace, che proponeva la divisione del paese in dieci cantoni autonomi, venne
presentato solo nel gennaio 1993 e, dopo lunghe discussioni, rifiutato dall'assemblea dei serbi di Bosnia
nel maggio. Il tramonto del progetto e le sue ambiguità (esso pareva legittimare la divisione etnica del
paese) portarono alla spaccatura del fronte croato-musulmano e alla guerra fra il governo centrale
bosniaco a guida musulmana e l'Herceg-Bosna, la piccola repubblica autoproclamata dai croati
dell'Erzegovina. Fu questo il momento più difficile del conflitto: le tre parti si combattevano in una lotta di
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tutti contro tutti, i massacri di civili si susseguivano e non si riusciva a trovare una soluzione diplomatica
che facesse cessare le ostilità. Un secondo piano di pace, che prevedeva la divisione della BosniaErzegovina in tre mini-stati etnici, non portò ad alcun risultato. Spaccata sulla necessità di un intervento
militare, la comunità internazionale riuscì solo a proclamare «zone protette» dall'Onu le città di Sarajevo,
Tuzla, Bihać, Goražde, Žepa e Srebrenica, ma non a difenderle dagli assalti serbi. La pressione
diplomatica sulla Croazia portò però, nel febbraio 1994, alla fine della guerra croato-musulmana e alla
nascita della Federazione di Bosnia-Erzegovina (FBiH), confederata a Zagabria. In luglio venne creato un
Gruppo di contatto internazionale che elaborò un'ultima proposta di pace: la divisione del territorio
bosniaco per il 49% alla Rs e per il 51% alla FBiH, collegata da un corridoio a tre enclave protette
dall'Onu in Rs. I serbi rifiutarono anche questo piano e anzi occuparono due delle sei zone di sicurezza,
Žepa e Srebrenica, ma furono costretti a capitolare di fronte ai primi attacchi alle loro postazioni da parte
della Nato, che nel frattempo aveva assunto la guida della missione militare in Bosnia, e all'avanzata
dell'esercito federale bosniaco e ad accettare, nel novembre 1995, gli accordi siglati a Dayton, negli Stati
Uniti, che sancirono la fine della guerra.
Da allora ha avuto inizio un periodo postbellico segnato da molte incertezze politiche, da ricorrenti
tensioni interetniche, da una difficile transizione economica, resa sempre più delicata da un'endemica
corruzione e da una presenza malavitosa sul terreno che scoraggia gli investimenti stranieri. A tutto
questo si aggiunge una serie di delicate questioni, prima fra tutte quella del ritorno dei rifugiati, che
attendono ancora una soluzione. Con questa pesante eredità e con le sfide poste dall’integrazione
europea la BiH dovrà fare i conti durante il percorso di stabilizzazione post-bellica.
Struttura dello stato
Forma di governo: Repubblica federale composta da due entità costitutive dello Stato (FBiH e Rs)
Costituzione: allegato 4 degli Accordi di Dayton, novembre 1995
Struttura del Parlamento: bicamerale, composto da una Camera dei rappresentanti (42 membri, di cui
28 eletti nella FBiH e 14 nella Rs) e una Camera dei popoli (15 membri, di cui 5 musulmani, 5 serbi, 5
croati, nominati dalla Camera dei popoli della FBiH e dall'Assemblea nazionale della Rs)
Sistema elettorale: proporzionale
Alto rappresentante per gli affari civili (Ohr): Christian Schwarz-Schilling (dal 30 gennaio 2006)
Capo di Stato: Capo della Presidenza Nebojša Radmanović (dal 6 novembre 2006 – serbo). Altri membri
della Presidenza (a rotazione ogni otto mesi): Haris Silajdžić (bosgnacco) e Željko Komšić (croato ).
Capo di governo: capo del consiglio dei Ministri: Nikola Spirić *
Presidente della FBiH: Niko Lozančić (croato – dal 27 gennaio 2003). Vice Presidente: Šahbaz Džihanović
(bosgnacco) e Desnica Radivojević (serbo)
Primo Ministro FbiH: Ahmet Hadžipašić
Presidente della Rs: Milan Jelić (dal 9 novembre 2006)
Primo Ministro Rs: Milorad Dodik
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Principali partiti politici:
Alleanza dei socialdemocratici indipendenti (Snsd), Milorad Dodik
Alleanza democratica nazionale (Dns), Marko Pavić
Blocco Patriottico (Boss-Sdu), Mirnes Ajanović
Nuova iniziativa croata (Nhi), Krešimir Zubak
Partito civico democratico (Gds), Ibrahim Spahić
Partito croato dei contadini (Hss), Josip Frščić
Partito croato dei diritti (Hsp), Zvonko Jurišić
Partito del progresso democratico Rs (Pdp), Branko Dokić
Partito democratico serbo (Sds), Mladen Bošić
Partito liberal-democratico (Lds), Lamija Tanović
Partito nazionale bosgnacco (Nbs), Nedžad Latić
Partito nazionale, lavoro per il miglioramento, Mladen Ivanković - Lijanović
Partito patriottico bosniaco (Bps), Sefer Halilović
Partito per il progresso democratico (Pdp), Mladen Ivanić
Partito di azione democratica (Sda), Sulejman Tihić
Partito per la Bosnia Erzegovina (SBiH), Haris Silajdžić
Partito radicale serbo della Republika Srpska (Srs-Rs), Milanko Mihajlica
Partito social democratico (Sdp), Zlatko Lagumdžija
Unione croata cristiano-democratica di Bosnia Erzegovina (Hkdu), Ivan Muša
Unione croato-democratica di Bosnia Erzegovina (Hdz-BH), Dragan Čović
Unione croato-democratica di Bosnia Erzegovina 1990 (Hdz 1990), Božo Ljubić
Unione democratica nazionale (Dnz), Rifet Dolić
Lista dei ministri*:
Ministero della Difesa: da nominare entro marzo 2007
Ministro degli Affari Civili: Sredoje Nović
Ministro degli Esteri: Sven Alkalaj
Ministro dei Trasporti e delle Communicazioni: Božo Ljubić
Ministro della Giustizia: Bariša Čolak
Ministro della Sicurezza: Tarik Sadović
Ministro delle Finanze e Tesoro: Dragan Vrankić
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Ministro per i Diritti Umani e i Rifugiati: Safet Halilović
Ministro per il Commercio con l’estero: Slobodan Puhalac
* Il Primo Ministro è stato nominato a gennaio del 2007 ed i ministri a febbraio dello stesso anno
Ultime elezioni politiche:1 ottobre 2006
Camera dei rappresentanti della BiH (42 seggi)
Votanti 2.736.886
Partito
N. di seggi ottenuti
Partito di azione democratica (Sda)
09
Partito per la Bosnia-Erzegovina (SBiH)
08
Partito dei socialdemocratici indipendenti (Snds) 07
Partito socialdemocratico della BiH (Sdp)
05
Partito democratico serbo (Sds)
03
Unione democratica croata (Hdz)
03
Unione democratica croata 1990 (Hdz 1990)
02
Unione democratica popolare (Dnz)
01
Alleanza democratica nazionale (Dns)
01
Partito patriottico bosniaco (Bps)
01
Partito del progresso democratico Rs (Pdp)
01
Partito nazionale, lavoro per il miglioramento
01
Fonte: www.izbori.ba/English
Ultime elezioni presidenziali: 1 ottobre 2006
Presidenza Collegiale (3 rappresentanti delle maggiori etnie)
Silajdžić Haris, Partito per la Bosnia Erzegovina (SBiH )
62,8%
Radmanović Nebojša, Alleanza dei socialdemocratici indipendenti (Snsd)
Željko Komšić, Partito social democratico (Sdp)
53,26%
39,56%
Prossime elezioni:
parlamentari, ottobre 2010
presidenziali, 2010
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Politica
Il 2005 in Bosnia ed Erzegovina (BiH) si è aperto con una crisi politica che ha investito il potere
esecutivo della Repubblica Serba (Rs), e si è concluso con un’altra. La prima crisi ha avuto inizio nel
dicembre del 2004, come reazione ad una serie di misure e di sanzioni adottate dall’Alto rappresentante
Paddy Ashdown che colpiva i politici serbi che si rifiutavano sia di collaborare con il Tribunale
internazionale dell’Aja per i crimini di guerra nell’ex Jugoslavia (Icty) sia di portare avanti il processo di
riforma dell’esercito. Offeso dall’interferenza dell’Alto rappresentante nella vita politica del paese, il
premier della Rs, Dragan Mikerević, ha rassegnato le dimissioni in segno di protesta il 17 dicembre 2004
e con lui l’intero governo della Rs e i ministri serbo-bosniaci del Consiglio dei Ministri della BiH.
La crisi delle istituzioni nazionali e della Rs ha trovato il suo epilogo solo verso la fine di febbraio
con la nomina del nuovo governo guidato da Pero Bukejlović.
Questa prima crisi, nonostante il provvisorio superamento, ha reso più evidente ed ha acuito allo
stesso tempo le divisioni all’interno della coalizione del governo nazionale. Il Consiglio dei ministri, infatti,
non è stato più in grado di trovare accordi su alcuni aspetti importanti della vita politica del paese (quali
la nomina del direttore dei servizi segreti del paese e del direttore dei servizi doganali) e nel corso
dell’anno ha subito le conseguenze del lungo braccio di ferro instauratosi tra il Presidente del Consiglio dei
ministri, il bosgnacco Adnan Terzić, e il ministro degli Esteri, il serbo-bosniaco Mladen Ivanić.
D’altra parte la crisi ha fatto emergere due distinti orientamenti politici all’interno del partito di
maggioranza della Rs, lo Sds: uno più oltranzista, impersonato dal nuovo premier della Rs Pero
Bukejlović, e uno più attento alle esigenze del dialogo e alle condizioni poste dalla Commissione europea
per l'avvio del processo di integrazione europea, portato avanti dal Presidente della Rs Dragan Čavić. Il
passaggio del Pdp all’opposizione alla fine dell’anno ha aggravato la situazione politica di questa entità,
mettendo in discussione sia la maggioranza, sia il funzionamento dell’esecutivo.
In questo quadro di instabilità politica, quasi cronica, si sono registrati alcuni importanti progressi
nelle riforme istituzionali che hanno reso possibile l’apertura del processo di stabilizzazione e associazione
con l’Unione europea. Le principali istituzioni di governo della Bosnia ed Erzegovina, nonostante la loro
litigiosità ed inefficienza, hanno preso la guida dei processi di riforma. La riforma della polizia,
dell’esercito e del Servizio pubblico radio-televisivo costituivano la condicio sine qua non (stabilita da uno
Studio di fattibilità della Commissione europea) per avviare i negoziati per la firma dell’Accordo di
stabilizzazione e associazione (Saa), primo passo verso l’integrazione europea della BiH. In séguito ai
successi registrati, il 21 ottobre 2005 la Commissione europea ha raccomandato al Consiglio europeo di
dare il via ai negoziati. Inaugurati ufficialmente verso la fine di novembre, i negoziati costituiscono
l’evento politico di maggior rilievo del 2005, solidificando la prospettiva europea della Bosnia ed
Erzegovina. La Commissione europea nella sua raccomandazione ha comunque sottolineato la possibilità
di una sospensione dei negoziati nell’eventualità dell’arresto di uno dei tre processi chiave di riforma o
della mancanza di collaborazione con il Tribunale internazionale dell’Aja.
Il 2006 è stato per la Bosnia ed Erzegovina un anno iniziato sotto i migliori auspici, ma si è
concluso con le solite contraddizioni che hanno segnato ormai la sua storia di 11 anni d’indipendenza.
I segnali positivi si erano cominciati a mostrare già dalla fine del 2005 quando i rappresentanti dei
maggiori partiti politici della BiH incontratisi a Washington con il segretario di stato americano Condoleeza
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Rice si sono trovati d’accordo sull’attuazione di alcune riforme costituzionali relativamente importanti per
portare la BiH ad un livello di preparazione maggiore nel processo di costruzione di istituzioni più
funzionali ed effettive e per avvicinarsi agli standards europei. Subito dopo, verso la fine di gennaio del
2006, la BiH fa un altro passo di vitale importanza. E’ inaugurato il primo round di negoziati con l’UE per
la firma dell’accordo di stabilizzazione e associazione (SAA) che dovrebbero portare, una volta conclusi,
all’acquisizione dello status di candidato alla membership dell’UE.
I confronti sul capitolo delle riforme costituzionali prendono il via tra marzo e aprile. Le riforme
vengono dipinte, soprattutto dalla stampa locale, come la vera svolta verso la normalizzazione, la
modernizzazione ed un futuro europeo della BiH. La prima fase dei negoziati si conclude positivamente,
con i principali sette partiti che trovano accordo su un importante pacchetto di riforme, il quale, tra
l’altro, comprendeva: la sostituzione della presidenza tripartita da un presidente e due vice e la sua
elezione indiretta, non più da parte dei cittadini, ma in seno al parlamento; il rafforzamento del Consiglio
dei Ministri; la creazione di nuovi ministeri e l’aumento dei poteri al livello centrale di governo della BiH.
Contro le riforme si era schierato lo SbiH di Haris Silajdžić secondo il quale i cambiamenti sarebbero stati
solo cosmetici e anzi avrebbero rafforzato le divisioni create da Dayton. Lo stesso aveva fatto il nuovo
HDZ 1990 di Raguž e Ljubić accodandosi all’opinione della conferenza episcopale della BiH, la quale
riteneva le riforme un danno agli interessi croati. Si erano dichiarati inoltre contrari alle riforme altri
piccoli partiti come lo SDU, BOSS e il partito radicale serbo ‘Vojislav Šešelj’.
Il 26 Aprile 2006 la riforma è stata bocciata. Il rigetto delle riforme ha provocato la reazione, non
solo della popolazione scesa in piazza in protesta contro l’immobilità della BiH e dei suoi politici ma anche
della comunità internazionale. Lo stesso ha fatto l’Unione Europea che però non ha legato il fallimento
delle riforme alla continuazione dei negoziati per la firma dell’accordo di associazione e stabilizzazione,
precisando comunque che l’implementazione di tale accordo sarebbe stata favorita dall’esistenza di
istituzioni centrali forti e che il dibattito sui cambiamenti costituzionali si sarebbe dovuto riprendere dopo
le elezioni.
Il periodo pre-elettorale ed elettorale in Bosnia Erzegovina è stato caratterizzato da un clima
incandescente. Le prime elezioni fuori del protettorato internazionale e le quinte dopo la fine della guerra,
organizzate direttamente da autorità locali bosniache si sono tenute il 1° Ottobre 2006.
L’affluenza
alle urne è stata di circa il 53% e non si sono verificati incidenti rilevanti. I risultati elettorali non si sono
discostati molto dalle previsioni. Al parlamento c’è stata la grande affermazione del SbiH e del SNSD. Lo
SDA ha continuato a mantenere un cospicuo numero di seggi, mentre HDZ e HDZ 1990 si sono divisi i
voti croati. Infine lo SDP ha continuato a mantenere una posizione di forza in parlamento.
Queste ultime elezioni hanno riconfermato quello che già si sapeva in BiH. La struttura politica
dello stato realizzata a Dayton ha di fatto creato un meccanismo che può funzionare solo grazie alla
retorica nazionalista. Chi prova ad uscire da questa logica e presentarsi come moderato o ne esce
sconfitto, come nel caso del ex presidente Tihić, oppure, in caso di vittoria viene attaccato e accusato di
brogli e di tradimento, come nel caso di Komšić. Undici anni dopo la fine della guerra, nonostante i partiti
tradizionalmente nazionalisti siano usciti sconfitti dalle elezioni, sembra che la logica nazionalista si sia
rafforzata. I due maggiori antagonisti della campagna elettorale, Dodik e Silajdžić, in realtà sono stati i
migliori alleati. Facendo salire il livello della tensione hanno rianimato le paure e la diffidenza reciproca
dei cittadini bosniaci. Giocando proprio su questo hanno potuto vincere facilmente le elezioni.
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Il 2007 è infine un anno cruciale per la BiH. I partiti al governo devono tentare di trovare accordo
su molte questioni delicate, su tutte la riforma delle forze di polizia, indispensabile se vorranno
concludere l’anno con la firma dell’Accordo di associazione e stabilizzazione.
Economia
Moneta: marco convertibile (Km – BAM)
Tasso di cambio medio: Km 1,95583 = € 1
Pil: € 9.878 miliardi (stima 2005)
Struttura del Pil: agricoltura 13%; industria 40,9%; servizi 46,1% (2004)
Tasso d’inflazione: 2,9% (stima 2005)
Tasso di crescita economica: 5% (stima 2005)
Debito estero: $ 3,1 miliardi (stima 2005)
Tasso di disoccupazione: 44,2% (dati ufficiali; bisogna però tenere conto del fenomeno del lavoro nero
che incide, secondo le stime, di un 25-30%)
Volume delle esportazioni: $ 2,7 miliardi; Croazia 18,4%; Italia 17,1%; Slovenia 14,6%; Germania
12,8%; Austria 6,5%; Ungheria 5,2%; Cina 4,2 (2005)
Volume delle importazioni: $ 6,8 miliardi; Croazia 24,7%; Germania 13,7%; Slovenia 13,1%; Italia
11,1%; Austria 6,9%; Ungheria 5,5% (2005)
Riserve valutarie: $ 3 miliardi (stima 2005)
Reddito pro-capite annuo: € 5,980 (2005)
Governatore della Banca centrale: Kemal Kozarić
Fonte: Bhas, Cia, Wiiw, Ice
Quadro macroeconomico
Lo stato di Bosnia ed Erzegovina è costituito da due entità sub - statuali, la Federacia Bosne i
Hercegovine (FBiH) e dalla Republika Srpska (RS). Il nuovo stato nasce dagli Accordi di Dayton del
dicembre 1995 che hanno messo fine alla guerra iniziata nel ’92 fra le tre fazioni “etniche” che
compongono il paese.
Gli accordi di Dayton, includono la nuova Costituzione del paese ed inoltre specificano i termini entro cui
l’intervento della Comunità Internazionale a garanzia dell’esecuzione degli accordi stessi si deve svolgere.
In particolare:
- affidano all’Ufficio dell’Alto Rappresentante (OHR) il compito di presiedere all’implementazione degli
accordi
- garantiscono la sicurezza del paese tramite il dispiegamento di una idonea forza militare guidata
dall’EUFOR che attualmente e’ costituita di 7.000 uomini.
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La costruzione di un nuovo stato funzionante e’ stata e rimane molto difficile. I tre anni e mezzo di guerra
hanno avuto un impatto devastante sia sull'economia che sulla società bosniaca. In particolare, per
quanto riguarda la costruzione di uno stato funzionante, l’eredità più pesante delle ostilità è stata
certamente la creazione di tre amministrazioni antagoniste tra loro, fondate su basi etniche.
La mancata affermazione/rafforzamento dello stato centrale si è risolta in un’ ampia devoluzione del
potere a livello locale
comportando notevoli implicazioni anche nel mondo degli affari. Una prima
conseguenza è stato il frazionamento del già piccolo mercato locale (meno di 3,7 milioni di abitanti, con
un PIL di 7.000 milioni di €: più o meno quello di una media provincia italiana) ed inoltre:
un potere politico, legislativo e giudiziario specifico per il mercato della Federazione BiH (FBiH),
un potere politico, legislativo e giudiziario specifico per il mercato della Repubblica Srpska (RS),
due alfabeti (latino e cirillico, uno per ciascuna entità)
tre aziende pubbliche di telecomunicazione, di generazione e distribuzione dell’energia elettrica, etc.
due distinti processi di privatizzazione
due sistemi di sicurezza sociale.
A dieci anni dalla conclusione del conflitto armato, la BiH risente ancora dell’eredità pesante della
guerra. Nonostante ai tempi della Federazione Jugoslava la Bosnia Erzegovina avesse già un Pil pro capite
relativamente basso, il sistema industriale diversificato basato sull’industria bellica nazionale e lo
sfruttamento di miniere e foreste fungeva da contro altare ad una situazione economica non rosea. La
fine della guerra ha portato con se la distruzione delle strutture produttive del paese, indebolito le risorse
umane, sfibrato il quadro istituzionale e impoverito il capitale sociale. Tutto ciò assieme alle sfide della
ricostruzione post-bellica e della transizione verso un’economia di mercato, e la diffidenza diffusa da
parte di capitali di investimento stranieri verso un Paese che è ancora
associato nell’immaginario
collettivo al periodo bellico, hanno reso difficile il cammino verso la stabilizzazione economica della Bosnia
Erzegovina.
Tuttavia da circa dieci anni a questa parte sebbene lentamente l’economia bosniaca ha cominciato
a crescere regolarmente. La stabilità macroeconomica è un dato inconfutabile, testimoniato da un
aumento costante del Pil (+ 5,6 % nel 2006, frutto di una crescita del settore industriale, delle
esportazioni e della ripresa del settore agricolo) dalla stabilità dei prezzi (tasso di inflazione stimata al
2,9%) dall’andamento calante dei tassi di interesse e dal cambio fisso introdotto nel 2001 fra la moneta
locale (Marco convertibile, indicato normalmente con la sigla Km, cui codice internazionale è Bam) e
l’Euro (un Euro vale 1,95583 Km).
L’ancora del currency board e l’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto con aliquota unica del
17% hanno influenzato non poco il processo di stabilizzazione monetaria. Il livello di fiducia nella moneta
locale è aumentato, il che è dimostrato dal continuo aumento dei depositi espressi in Km.
Le agenzie di rating hanno riconosciuto i notevoli passi avanti promuovendo la Bosnia Erzegovina
da B3 con outlook positivo a B2 con outlook stabile, un cambiamento in grado di attrarre gli investimenti
diretti e di ottenere migliori crediti sui mercati internazionali.
Alla crescita del Pil hanno contribuito per il 46,1% i servizi, il settore produttivo con il 40,9% e
l’agricoltura con il 13%, tuttavia i valori non raggiungono ancora quelli del Pil anteguerra.
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Purtroppo anche il 2006 ha registrato un aumento della disoccupazione. I dati ufficiali mostrano che è
aumentata dal 43% del 2004 al 44,6% del 2005. In realtà i dati ufficiali sottostimano ampiamente le
reali condizioni dell’economia; tenendo conto che il lavoro nero influisce notevolmente sui dati riportati, la
disoccupazione potrebbe aggirarsi intorno al 20% della forza lavorativa. La disoccupazione in BiH è un
fattore di natura strutturale, varia a seconda dei livelli di educazione e resta molto alta tra i giovani. In
generale la creazione di lavoro è molto lenta nel settore formale e la disoccupazione troppo alta.
Il debito estero del paese
ha continuato a decrescere fino a raggiungere il 27,2% del Pil.
L’indebolimento del dollaro ha contribuito notevolmente alla riduzione del debito, poiché il 20% di esso è
espresso in tale valuta. E’ da segnalare comunque che è invece aumentato l’indebitamento estero del
settore privato.
Negli ultimi anni e soprattutto nei primi mesi del 2006, l’apertura della BiH verso i mercati esteri
è cresciuta costantemente. Pur non essendo ancora membro dell’Organizzazione mondiale del
commercio, la Bosnia Erzegovina ha ratificato accordi di libero scambio con Albania, Bulgaria, Croazia,
Macedonia, Moldova, Romania, Serbia e Montenegro e Turchia. Ha inoltre un regime di preferenza con
tutti i paesi Ue secondo il quale tutti i beni made in Bih che rispettano standard europei possono essere
esportati in tutti i paesi Ue –fino alla fine del 2010- senza restrizioni quantitative e senza pagare dazi
aggiuntivi. La BiH ha infine un regime di esportazione preferenziale con USA, Australia, Nuova Zelanda,
Svizzera, Norvegia, Russia, Giappone e Canada.
L’aumento degli scambi ha fatto sì che il disavanzo commerciale diminuisse notevolmente.
Secondo i dati della Banca Centrale il disavanzo commerciale è sceso del 19,6 % su base annuale nel
primo semestre del 2006, raggiungendo un valore di 1,4 miliardi di euro. Le dinamiche sia delle
esportazioni che delle importazioni hanno contribuito al miglioramento; in particolare le esportazioni sono
cresciute del 37,5% (crescita che si è avuta nei settori: metalli e prodotti in metallo +25%, prodotti in
legno +14%, macchinari +11%, carbone e corrente elettrica +10%. La BiH potrebbe esportare anche più
energia elettrica, ma subisce la posizione di forza della Croazia che vieta il passaggio dell’energia sul suo
territorio), mentre le importazioni del 4,3% (si importano soprattutto materie prime e beni strumentali).
Le rimesse dagli emigrati ammontano al 22% del Pil.
L’unico settore che ha segnato una perdita è stato quello agroalimentare, con un forte
sbilanciamento della copertura commerciale: solo il 10,7%.
La Bosnia Erzegovina dipende dall’estero per le importazioni alimentari e, nel settore agricolo,
risulta molto più conveniente importare i prodotti piuttosto che produrli in loco o esportarli, a causa anche
dell’incapacità imprenditoriale bosniaca nel creare consorzi di importanza strategica. Il settore agricolo
bosniaco inoltre è colpito pesantemente dalle politiche
restrittive attuate dalla Croazia che esporta in
Bosnia latte, derivati del latte e prodotti ortofrutticoli a prezzi competitivi, ma impedisce l’esportazione
dalla BiH di questi stessi prodotti pretendendo certificati che richiedono tempi burocratici troppo lunghi
che comportano il deperimento della merce prima che giunga al mercato croato.
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Importazioni della BiH: settori principali (2005)
Prodotto
Milioni di euro
1
Combustibili minerali
723.5
2
Macchinari
623,2
3
Veicoli
453,2
4
Macchine e attrezzature elettriche
339,9
5
Ferro e acciaio
226,6
6
Plastica e articoli in plastica
226,6
Fonte: Camera del commercio estero della BiH
Importazioni della BiH: principali paesi partner (2005)
Paese
Milioni di euro
1
Croazia
1.262
2
Germania
663
3
Serbia e Montenegro
662
4
Slovenia
587
5
Italia
467
6
Austria
382
Fonte: Camera del commercio estero della BiH
I dati sul commercio della Bosnia Erzegovina evidenziano la doppia indole della Bosnia
Erzegovina, attirata da un lato dalla propria vocazione per un futuro all’interno dell’Unione Europea e da
un’eventuale completa integrazione nel mercato unico, dall’altra dagli stabili legami commerciali con le
repubbliche ex-jugoslave. Se da un lato circa la metà del commercio estero della BiH ha luogo con paesi
europei (in particolare Germania, Slovenia, Italia, Austria), dall’altro i primi partner commerciali sono la
Croazia, la Serbia e il Montenegro. I paesi in cui la Bosnia esporta i suoi prodotti sono sostanzialmente gli
stessi dai quali importa.
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Esportazioni della BiH: settori principali (2005)
Prodotto
Milioni di euro
1
Macchinari non specializzati
234,7
2
Legno e articoli in legno
195,6
3
Combustibili minerali
176,0
4
Materiali chimici organici e inorganici
117,4
5
Mobili, materassi e supporti
117,4
6
Ferro e acciaio
117,4
Fonte: Camera del commercio estero della BiH
Esportazioni della BiH: principali paesi partner (2005)
Paese
Milioni di euro
1
Croazia
403
2
Serbia (e Montenegro)
312
3
Italia
252
4
Germania
220
5
Slovenia
187
6
Austria
83
7
Ungheria
73
Fonte: Camera del commercio estero della BiH
Per quanto riguarda gli IDE , il paese soffre di una cronica mancanza di capitale locale, facendo
ampio ricorso a investitori esteri e ad aiuti finanziari delle organizzazioni internazionali.
Principali paesi investitori, stock in milioni di euro (1994-2005)
Fonte: Ministero del commercio estero della BiH
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Secondo i dati del Ministero del commercio estero della BiH, nel decennio 1994-2005, più della
metà degli investimenti diretti esteri (cresciuti costantemente) si è concentrata nel settore manifatturiero
(58%), seguono il settore bancario (15,9%) e commerciale (6,7%), quello dei servizi e dei trasporti
(ciascuno 4,2%) e turistico (1,7%). Gli stessi dati indicano che lo stock di Ide nel periodo 1994-2005
proviene per la maggior parte dai Paesi dell’Europa Centrale, soprattutto Croazia, Austria, Slovenia e
Germania.
Investimenti diretti in BiH: divisione settoriale (1994-2005)
4,2
1,7
Manifattura
Bancario
Commercio
Servizi
Trasporti
Turismo
8,8
4,2
6,7
58,5
15,9
Altro
Fonte: Ministero del commercio estero della BiH
Investimenti diretti esteri in BiH, confronto con gli altri paesi ex-jugoslavi
Paese
Stock Ide
Stock Ide
Flusso Ide
Flusso Ide
Flusso
Flusso
(1989-2005)a
pro capite
pro capite
pro capite
di Ide
di Ide
(1989-2005)b
(2004)b
(2005)b
(2004)c
(2005)c
Slovenia
3.476
1.747
139
174
1,0
1,0
Croazia
11.429
2.573
203
450
2,6
5,0
Bosnia Erzegovina
2.061
542
129
105
6,0
4,0
Serbia e Montenegro
6.173
741
124
242
4,0
8,0
Macedonia
1.277
639
78
48
2,9
2,0
grandi
imprese
a
In milioni di dollari; bdollari; cin percentuale del Pil
Fonte: Bers (2006)
Prima
della
guerra
l’economia
bosniaca
era
dominata
dalle
che
internazionalizzando tutte le fasi produttive creavano pochissimo indotto. Nonostante la situazione dalla
fine della guerra sia cambiata, per cui le PMI si trovano ad essere oggi i grandi attori dell’economia
bosniaca, il governo cerca a fatica di adottare misure a favore della piccola imprenditoria (la politica
industriale infatti non è ancora coordinata, in ciascuna entità vi è un referente specifico per le politiche
riguardanti le Pmi).
In BiH manca una definizione di Pmi tuttavia secondo i parametri dell’Unione Europea e stando ai
dati dell’amministrazione fiscale della BiH nel 2004 le Pmi presenti sul territorio erano 103.000, 56.000
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delle quali nella FBiH, 42.000 nella Rs e 5.000 nel Distretto di Brcko. Il processo di privatizzazione è
ancora arretrato e i dati aggiornati al 30 agosto 2006 indicano che la privatizzazione è più avanzata per le
imprese piccole e medie (è stato venduto il 77 % del capitale statale nella FBiH e il 47% nella Rs) mentre
arranca per le grandi imprese (nella FBiH ne sono state privatizzate 272 su 411 e nella Rs 304 su 648). I
problemi principali legati ai processi di privatizzazione dipendono da leggi rigide, rapporti giuridicopatrimoniali irrisolti, inesperienza delle agenzie di privatizzazione, i grossi debiti spesso nei confronti dello
stato accumulati dalle aziende in vendita; ne consegue che solo politiche lungimiranti basate su
facilitazioni fiscali e/o azzeramento dei debiti accumulati potranno incentivare la privatizzazione.
Il ruolo dell’Italia nei rapporti economici con la BiH è rilevante più nell’ambito commerciale che in
quello degli investimenti.
Il traffico di perfezionamento passivo, ovvero un particolare contratto di lavorazione in conto terzi
con un regime doganale che consente di esportare temporaneamente al di fuori del territorio dell’Unione
merci comunitarie di ogni specie per sottoporle ad una o più operazioni di perfezionamento in un paese
terzo, e di reimportare i prodotti risultanti da queste operazioni in esenzione totale o parziale dai dazi
all’importazione, ha permesso all’Italia di allocarsi come mercato particolarmente interessato nei confronti
della Bosnia Erzegovina, soprattutto come destinatario dei prodotti Made in BiH. Nei primi sette mesi del
2006 la BiH ha esportato verso l’Italia beni e servizi per un valore di 220,165 milioni di €, ovvero il 49,5
% in più rispetto allo stesso periodo del 2005. Nello stesso periodo l’Italia ha esportato in BiH beni e
servizi per un valore di 273,836 milioni di € (8,9% del totale delle importazioni).
I settori principali delle esportazioni italiane in Bosnia Erzegovina sono quelli tradizionali del Made
in Italy: cuoio e prodotti in cuoio, macchine e apparati meccanici, metalli e prodotti in metallo, prodotti
della lavorazione di minerali non metalliferi, prodotti alimentari, materiali da costruzione, prodotti tessili e
articoli di abbigliamento. E’ cresciuta inoltre negli ultimi anni la domanda di macchinari nei settori agroalimentare, lavorazioni meccaniche e di mobili, calzature e tessile.
In Bosnia Erzegovina dunque esiste una potenziale domanda di beni strumentali e di consumo
italiani che rischia però di rimanere insoddisfatta a causa di una strozzatura dal lato della distribuzione,
cui si potrebbe rispondere con accordi ad hoc con imprese locali.
La lavorazione del legno è uno dei settori con più prospettive di crescita in Bosnia Erzegovina. Il
settore è competitivo sia per la forza lavoro qualificata e a basso costo sia per la ricchezza e la qualità
delle materie prime.
Il settore tessile e calzaturiero negli anni prima della guerra rappresentavano un patrimonio
produttivo per la Bosnia Erzegovina comprendente una larga gamma di professionalità: dalla produzione
delle fibre sintetiche, al taglio, alla cucitura e alla rifinitura dei prodotti. Nonostante lo sviluppo di nuove
tecniche di produzione, i settori tessili e calzaturiero soffrono oggi della forte concorrenza della Cina; la
Bosnia Erzegovina potrebbe in tal senso rappresentare una valida alternativa agli eccessivi costi che un
processo di dislocazione produttiva in Cina da parte delle imprese potrebbe comportare.
La BiH importa beni alimentari per più di un miliardo di dollari all’anno. Esiste dunque la
possibilità di soddisfare la domanda locale, considerate anche la presenza di risorse idriche e terreni
assieme alla varietà del clima, continentale a nord e mediterraneo a sud. Per uno studio approfondito
dell’argomento si rimanda al sito: www.fipa.gov.ba
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Nell’industria dei metalli la BiH offre abbondanti riserve di carbone, ferro, bauxite; nelle
infrastrutture vi sono opportunità legate agli appalti e ai lavori per la costruzione del corridoio 5
(Budapest-Sarajevo-Ploçe) e nel settore dell’energia opportunità legate alla costruzione, oppure
privatizzazione e conseguente ristrutturazione e sfruttamento di centrali elettriche.
Gli investitori esteri e nazionali possono operare nelle sei “zone franche” create in BiH (Vogosça,
Visoko, Mostar, Puracic Lukavac, Banja Luka e Slobomir in Bijeljina). In queste aree a regime speciale gli
investitori possono godere di diversi tipi di incentivi, fra cui l’esenzione fiscale (escluse le imposte relative
ai salari), la libertà di trasferire all’estero i profitti senza tassazione aggiuntiva, l’assenza di dazi per i beni
importati nelle “zone franche” e l’esenzione da qualsiasi tipo di tassa per i beni da export prodotti.
Inoltre la BiH garantisce il trattamento nazionale e non discriminatorio degli investitori esteri,
tutelandoli di fronte ad eventuali processi di nazionalizzazione o espropriazione.
La BiH è sicuramente un paese dalle grandi tradizioni produttive, con una crescita sostenuta ed
un assetto macroeconomico stabile. Tuttavia prima di muovere verso forme di investimento è necessario
dedicare tempo alla lettura delle leggi e nell’individuazione delle autorità locali con cui ci si troverà ad
interagire.
Fonti:
Francesco Privitera e Luisa Chiodi, Guida ai paesi dell’Europa centro Orientale e Balcanica, annuario politico-economico
2005;
Ice, Istituto nazionale per il commercio estero, Nota congiunturale (settembre 2006);
Cirpet, I rapporti economici tra l’Italia e l’ex-Jugoslavia, febbraio 2007;
European Bank for Reconstruction and Development: www.ebrd.com
Ministero degli esteri: www.mvp.gov.ba
Banca Centrale: www.cbbh.ba
Camera di commercio estero: www.komorabih.com
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