La difficile pace bosniaca
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La difficile pace bosniaca
La difficile pace bosniaca Appunti dell’incontro con Luka Zanoni (Osservatorio Balcani e Caucaso) 17 dicembre 2013 L'Accordo di Dayton L'Accordo di Dayton, formalmente denominato General Framework Agreement for Peace (GFAP), fu stipulato il 21 novembre 1995 nella base Wright-Patterson Air Force di Dayton, Ohio (USA), e sancì la fine ufficiale del conflitto bosniaco. Presero parte alla stipulazione di tale accordo i maggiori rappresentanti politici della ex Jugoslavia: Slobodan Milošević, presidente della Serbia e portavoce degli interessi dei Serbo-bosniaci, il presidente della Croazia Franjo Tuđman e il presidente della Bosnia Erzegovina Alija Izetbegović, accompagnato dal ministro degli esteri bosniaco Muhamed Sacirbey. Questo incontro di pace risentì della grande influenza diplomatica degli Stati Uniti, che di fatto si fecero garanti della ratifica di tale accordo. Il trattato di pace stipulato a Dayton venne ratificato il 14 dicembre 1995 a Parigi, e stabilì il passaggio della Slavonia Orientale, che fino alla fine del conflitto era appartenuta alla Serbia, alla Croazia. Inoltre, garantì l'intangibilità delle frontiere, corrispondenti ai confini fra le repubbliche federate della RSFJ, e attuò la creazione di due entità interne allo stato di Bosnia Erzegovina: la Federazione Croato-Musulmana (51% del territorio nazionale, 92 municipalità) e la Repubblica Serba (RS, 49% del territorio e 63 municipalità). Con questo accordo venne anche creata la costituzione vigente in Bosnia, un vero "groviglio istituzionale", che sebbene dovesse essere provvisoria, invece di fatto è ancora l'unica costituzione in vigore. Questa costituzione, scritta in lingua inglese, stabilì che alla Presidenza collegiale del Paese ci fossero un serbo, un croato e un musulmano, i quali devono occupare a turno ogni otto mesi il ruolo di presidente. Anche a livello legislativo l'Accordo di Dayton mostra numerose lacune, causate dalla complessità con la quale furono assegnate le competenze legislative e giudiziarie alle diverse entità costituenti la Bosnia Erzegovina. Si stabilì di eleggere ogni quattro anni gli esponenti della Camera dei rappresentanti del parlamento, formata da 42 deputati, 28 eletti nella Federazione e 14 nella Repubblica Serba. Infine, fu istituita la Camera dei popoli, nella quale sono presenti 5 serbi, 5 croati e 5 musulmani (bosgnacchi). Di fatto questa costituzione, ancora in vigore, ha fatto della Bosnia Erzegovina un “mostro” composto di tanti corpi diversi che convivono senza collaborare, tenendo il paese in una situazione di stallo. Per fare un esempio, esistono in Bosnia Erzegovina tantissimi ministeri che si devono occupare della medesima materia: la Repubblica Srpska e la Federazione Croato-Musulmana hanno ciascuna il proprio ministro dell’Istruzione, ma anche i dieci Cantoni in cui è divisa la Federazione hanno ciascuno un ministro dell’Istruzione, con i risultati che ci si può immaginare (anche in termini di “costi della politica”)… L'Ufficio dell'Alto Rappresentante (OHR) Con l'Accordo di Dayton venne anche istituito l’Ufficio dell'Alto Rappresentante delle Nazioni Unite (OHR), al quale fu assegnato il potere di destituire i politici (anche ai più alti gradi) dai loro incarichi nel momento in cui essi venissero meno agli accordi stipulati. Di fatto questa istituzione 1 risulta poco influente nei confronti del governo nazionale in quanto la sua figura spesso rinuncia ad una effettiva incisività. La situazione etnica e sociale dopo Dayton Dayton, a livello etnico e sociale, di fatto ha congelato la situazione post-bellica, creando delle vere e proprie “etnopoli”. Infatti, i diritti (politici e di cittadinanza) vennero attribuiti alle persone non in quanto “cittadini” della comunità statale della Bosnia Erzegovina, ma in quanto appartenenti ad uno dei tre popoli ufficialmente riconosciuti come costituenti (44% musulmani "bosgnacchi", 33% serbi, 23% croati). Questa netta separazione tra i diversi popoli ha creato un'importante problematica a livello della rappresentanza: la grande maggioranza dei cittadini non vota il rappresentante che meglio incarna le sue idee, ma generalmente appoggia quello della sua etnia. Così facendo ancora oggi vi è una netta separazione tra i cittadini delle differenti etnie e la mentalità è ancora simile a quella presente al tempo della guerra. La sentenza "Sejdić-Finci" Un altro importante problema della costituzione sancita con Dayton venne fatto emergere da Jakob Finci, presidente della comunità ebraica di Sarajevo: prima delle elezioni del 2006 mandò una lettera alla Commissione Elettorale, chiedendo di potersi candidare alla Presidenza in Erzegovina. Tale possibilità gli fu negata, poiché non faceva parte di una delle tre "etnie costituenti" (serbi, croati e musulmani) dello Stato. Così, Finci portò il proprio caso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, ritenendo che i propri diritti politici e di cittadinanza fosssero stati violati. Circa nello stesso periodo Dervo Sejdić portò alla Corte Europea un caso simile, presentando il punto di vista della comunità rom, molto numerosa in Bosnia Erzegovina. Questi due appelli furono uniti e portarono alla cosiddetta sentenza "Sejdić-Finci": la Corte Europea nel 2009 stabilì l'irregolarità del sistema elettorale vigente in Bosnia Erzegovina e impose allo stato di applicare delle modifiche alla costituzione vigente al fine di garantire ad ogni cittadino di poter avere una rappresentanza governativa ed il diritto di voto. Tuttavia, a distanza di 5 anni ancora i vertici di governo non sono riusciti a trovare un accordo su come modificare la legge elettorale stabilita con gli accordi di Dayton, nonostante le pressioni europee. Ciò mostra l'effettivo "Soft Power" che l'Unione Europea esercita nei confronti degli stati, che di fatto ignorano i suoi avvertimenti e proseguono quasi indisturbati nelle loro decisioni autonome. La restituzione degli immobili Dopo la guerra civile, che causò circa 104.000 morti e più di un milione di profughi, si presentò il grave problema della restituzione delle proprietà sottratte e occupate durante il conflitto ai rispettivi proprietari. Ora, nonostante secondo le stime ufficiali ad oggi il 99,9% degli immobili siano stati restituiti ai legittimi proprietari, tuttavia i cittadini che sono effettivamente tornati a vivere nelle loro precedenti abitazioni sono un'esigua minoranza. Ciò significa che i villaggi che furono occupati da persone appartenenti ad una determinata etnia scacciandone i precedenti abitatori (pratica della “pulizia etnica” dei territori), oggi non sono più popolati dai cittadini che ci vivevano prima del conflitto. Così, benché i cittadini abbiano ottenuto la restituzione delle loro abitazioni, essi preferirono venderle e rimanere in zone abitate da gruppi della loro stessa etnia, piuttosto che rischiare di subire soprusi e violenze andando a vivere in paesi a prevalenza di un'etnia differente, 2 come dimostrano i filmati portati dal relatore a testimonianza delle disavventure subite da quei pochi che hanno deciso di tornare comunque alle loro vecchie abitazioni. Ciò naturalmente significa sancire il successo della pulizia etnica e della sua aberrante logica. Il censimento del 1991: gli "Altri" Nel 1991, prima dell’esplosione del conflitto, venne fatto un censimento per stabilire la percentuale di appartenenti ad ognuna delle tre etnie principali, nel quale chi non si riteneva appartenente a nessuna di esse poteva indicare "altro". Un dato sconcertante fu che la percentuale di "altri" risultò essere notevolmente superiore alle previsioni. Questo può essere inteso come un'ulteriore conferma di quanto gran parte della popolazione della Bosnia Erzegovina non vedesse di buon occhio la suddivisione netta in tre etnie e preferisse ritenersi Jugoslava, piuttosto che Serba, Croata o Musulmana. L'istruzione Un altro importante aspetto della separazione etnica presente in Bosnia Erzegovina è quello dell'istruzione: oggi nelle scuole si insegnano tre lingue diverse (il Serbo, il Croato e il Bosgnacco), tutte varianti della medesima lingua, che nonostante risultino quasi uguali tra loro, vengono usate come fonte di discussioni nazionalistiche all'interno dei vari istituti, come mostrato da Zanoni con la recente vicenda di un gruppo di madri in protesta contro l'insegnamento di una professoressa di lingua Serba in una scuola a maggioranza Bosgnacca. In realtà, quella professoressa insegna da prima che avvenisse la guerra, e pertanto non ha studiato né il Serbo né il Bosgnacco, bensì la comune lingua slava, pertanto il problema linguistico non dovrebbe nemmeno porsi. Tuttavia, questi continui pretesti per scatenare proteste nazionalistiche mostrano come ad oggi la separazione tra le varie etnie sia ancora vivamente sentita. Infatti, attualmente nelle scuole i membri delle tre diverse etnie entrano da ingressi separati e fanno lezioni di storia e di lingua separate. "Continuare la guerra con la pace" Ecco dunque la conclusione di Zanoni al termine della sua presentazione dell'attuale situazione in Bosnia Erzegovina: l'Accordo di Dayton, che avrebbe dovuto essere solo un corpo legislativo provvisorio in grado di consentire alle popolazioni della ex Jugoslavia di superare le crisi successive alla guerra, è invece rimasto l'unico decreto costituzionale vigente, causando una situazione di evidente precarietà e stallo all'interno della Bosnia Erzegovina, causa di quella che si può definire la "prosecuzione della guerra con la pace". Luca Biraghi (5^G) 3
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