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COMUNITÁ S. FRANCESCO
P.O. Puglia FSE 2007-2013 - Asse III - Inclusione Sociale, Avviso n. 6/2011
Progetti innovativi integrati per l'inclusione sociale di persone svantaggiate approvato con Decisione C (2007) 5767 del 21/11/2007
AZIONI INNOVATIVE INTEGRATE
PER L'INCLUSIONE SOCIALE
REPORT
(Aprile 2013 - Maggio 2014)
(A cura di: Moira Fusco)
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PREFAZIONE: SCENARIO E MOTIVAZIONI PROGETTUALI
Il Progetto “Isola” nasce per rispondere all'esigenza di far fronte in modo significativo,
alle dinamiche complesse di (re)inserimento nel mercato del lavoro di un target
specifico di destinatari individuati nell'ambito della definizione di “soggetto svantaggiato”.
Soggetto attuatore dell'intervento, la cooperativa “Comunità S. Francesco”, presente
dal 1996 sul territorio regionale, con servizi alla persona finalizzati al miglioramento della
qualità di vita delle fasce più fragili di popolazione.
Con l'attuazione di “Isola”, “Comunità S. Francesco” è riuscita a cogliere e rilanciare
la novità introdotta dalla Regione Puglia - Partner Finanziatore del Progetto - attraverso
le finalità previste dall'Asse III - Inclusione Sociale del P.O. FSE Puglia 2007/2013, che
pone in connessione formazione professionale, inserimento lavorativo e inclusione
sociale e contribuisce al conseguimento del 5° obiettivo prioritario “Poverty/social
exclusion”, declinato, altresì, all'interno della nuova Strategia Europea 2020, al fine
di “diminuire il numero di persone a rischio di povertà e di esclusione sociale”.
“Mission e vision” di “Comunità S. Francesco” è quella di offrire, alle destinatarie/
beneficiarie del Progetto, l'occasione di sperimentare una reale esperienza di inserimento
lavorativo, beneficiando dello strumento di borsa-lavoro per la durata di 12 mesi, - 1
mese di attività di formazione in aula, 11 mesi di inserimento in azienda -, e di un
Progetto Individualizzato di inclusione sociale, orientato alla piena e autonoma
integrazione sociale di ogni singola partecipante.
Beneficiarie del Progetto sono state: donne sole con figli e in situazione di forte
disagio sociale e economico - rispettivamente per gli Ambiti Territoriali Sociali di Maglie,
Campi Salentina e Putignano -, individuate dai Servizi Sociali degli Ambiti di appartenenza,
in collaborazione con gli altri Servizi Territoriali.
La necessità di mantenere sempre vivo il focus sulla centralità delle beneficiarie, rese
protagoniste attive del loro processo di inserimento e di cambiamento esistenziale, si
coniuga nell'intero iter progettuale con l'utilizzo di una “metodologia partecipata” che
punta alla responsabilizzazione, ma anche alla sensibilizzazione di tutti gli attori sociali
coinvolti nell'azione di promozione e sostegno di interventi integrati sul territorio, garantendo
il superamento di una visione meramente assistenzialistica e ponendo le basi per un
nuovo “welfare inclusivo”.
Stakeholder dell'iniziativa progettuale sono stati gli Ambiti Territoriali Sociali, unità
territoriali di base coincidenti con i distretti socio-sanitari, che costituiscono il livello di
governo locale delle politiche sociali, e che mediante lo strumento del Piano Sociale di
Zona, possono essere considerati il luogo di incontro delle istanze provenienti dai territori
che le compongono, configurandosi come attori principali di un percorso di co-progettazione
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che preveda un processo di coinvolgimento degli enti locali, dei servizi pubblici e privati,
ma anche di tutta la società civile, dell'associazionismo, del volontariato e della cooperazione.
Oltre agli Ambiti Territoriali Sociali, la scelta progettuale abbracciata da “Comunità S.
Francesco”, ha compreso il network e il coinvolgimento interistituzionale delle associazioni
imprenditoriali, di enti di formazione, delle organizzazioni del Terzo Settore, e la
collaborazione di Servizi Territoriali (oltre ai Servizi Sociali, Consultori Familiari, Centri
Antiviolenza, UEPE, CSM, Ser.T), per la elaborazione, definizione e condivisione del
Progetto Individualizzato di inclusione sociale. Il risultato tangibile è stato l'avvio di
un significativo processo di aiuto e di auto-orientamento delle stesse beneficiarie,
finalizzato, oltre all'obiettivo primario di rientro nel mondo del lavoro, anche al recupero
dell'autostima, alla riscoperta e al potenziamento delle proprie abilità lavorative e
competenze sociali e ad un accompagnamento “mirato”, volto ad evitare il rischio di
possibili fallimenti.
Elementi centrali per la riuscita del percorso si sono rivelati il supporto dell'Equipe
Psico -Socio - Pedagogica e della figura della Tutor, parte del Gruppo di Lavoro
costituito per “Isola”, che hanno curato la messa in atto delle varie fasi degli interventi
attraverso: attività di formazione, momenti di consulenza individuale, al fine di garantire
il buon andamento del progetto personalizzato con interventi differenziati e personalizzati,
così come previsto dalla L. 328/00.
Si auspica che la restituzione e diffusione dei risultati dei presenti percorsi progettuali,
unita all'individuazione dei bisogni e delle attese espresse dalle stesse beneficiarie,
possano tradursi in valido feedback per lo sviluppo futuro di esperienze simili, di significativa
portata, e nell'elaborazione di policies centrate sulla multidimensionalità dei bisogni dei
beneficiari finali.
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INTRODUZIONE
I dati illustrati nel presente Report si propongono di offrire una testimonianza tangibile
dell'intervento promosso sul territorio da “Comunità S. Francesco” in favore
dell'inclusione sociale di fasce deboli di popolazione.
L'inclusione sociale rappresenta, ancora oggi, una sfida decisamente complessa. Viviamo
in una società caratterizzata da quella che Zygmunt Bauman chiama la “modernità
liquida” che si “autoriproduce sulla base della precarizzazione dell'esistenza e sullo
sviluppo del senso di insicurezza e di angoscia di fronte a un futuro che non offre
occasione di mostrare una direzione precisa 1” . Una precarietà che si ripercuote fortemente
sulla possibilità di parlare e realizzare progetti di vita, che traccia dimensioni di disuguaglianza
sempre più marcate che si accompagnano a una riduzione dei diritti della persona: diritti
sociali, diritto al lavoro, diritto all'istruzione, alle cure, diritto ad un alloggio dignitoso.
In questo quadro di riferimento, parlare di inclusione sociale, significa partire da un
riconoscimento totale dei diritti di ogni persona in ogni sfera esistenziale, e garantire
l'uguaglianza delle opportunità che si concretizza solo rendendo ogni individuo in
grado di agire e scegliere in piena autonomia. Occorre porre ogni soggetto nella condizione
di riappropriarsi delle capacità possedute, e di quelle attivabili, fornire gli strumenti che
consentiranno quel salto qualitativo per far si che ogni individuo si auto-riconosca e
venga riconosciuto nel tessuto sociale: questo processo passa attraverso il recupero
dell'identità e la capacità di darsi e ricoprire un ruolo.
Il lavoro è il principale mezzo di assunzione di un ruolo all'interno della società, oltre
ad essere un elemento strettamente connesso con l'identità e la dignità umana. Il lavoro
motiva l'essere umano a vivere, dandogli una percezione di “utilità” che investe più livelli
esistenziali, da quello economico, fino a quello più profondo del valore umano.
Comunità S. Francesco ha fatto propri tali assunti, e muovendo da essi, ha saputo
progettare e attuare un intervento che, ha consentito alle destinatarie di sperimentare
un'esperienza autentica per rimettersi in gioco e riconquistare un posto in quella società
che troppe volte le aveva ricacciate fuori perché pregna di pregiudizi.
Nel presente lavoro, la scelta di assegnare, già in prima battuta, centralità alle storie
e ai vissuti delle beneficiarie, diviene pertanto, frutto di una decisione riflettuta e
intenzionale, nella convinzione che solo partendo da essi, potranno comprendersi i risultati
emersi al termine del percorso delle borsiste, oggetto di valutazione nella parte finale
della presente analisi.
La prima parte del Report (Cap. 1) riporta alcune storie di vita delle beneficiarie del
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Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, Roma, 2006.
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Progetto, risultato delle interviste somministrate durante la fase di “Ricerca - Azione”,
e nelle quali le destinatarie si raccontano alla scrivente con un bisogno urgente di
comunicare quasi palpabile, emblematico del mutamento profondo che l'esperienza di
borsa-lavoro sta generando in esse. Un cambiamento nella percezione, consapevolezza
e centralità di sé, che segna un vero e proprio recupero dell'identità di ognuna:
un'identità fatta di emozioni rielaborate e incanalate in direzioni più costruttive, colma
di attese, speranze, di capacità progettuale maturata.
La seconda parte (Cap. 2) si sofferma invece, sull'analisi dei punti nevralgici e delle fasi
di sviluppo di “Isola”, ponendo in rilievo le caratteristiche del processo metodologico
attuato che si identifica con il modus operandi e con l'identità costitutiva di “Comunità
S. Francesco”.
La centralità assegnata alle beneficiarie del Progetto si attua attraverso una metodologia
partecipata che, lavorando sul doppio binario formazione-orientamento e monitoraggiotutoraggio nel contesto aziendale, rende possibile il conseguimento della piena integrazione
in azienda, lo sviluppo di competenze tecnico-specifiche e trasversali, nonché l'acquisizione
di strumenti fondamentali per la ricerca autonoma di lavoro.
Il Cap. 3 affronta la valutazione qualitativa dei risultati raggiunti dalle beneficiarie,
utilizzando lo strumento d'analisi delle interviste, che hanno consentito, attraverso le
dirette testimonianze di tutti gli attori coinvolti nella realizzazione di “Isola”, di effettuare
un bilancio sui percorsi di borsa- lavoro, offrendo riflessioni utili in vista di futuri
interventi.
Sarebbe auspicabile che la collaborazione tra i vari stakeholder e gli attori menzionati
si traduca in partenariati su finalità condivise, che comprendano anche le aziende del
sistema produttivo locale, ponendo, ancora una volta, al centro le priorità delle fasce più
deboli di popolazione.
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Storie di vita..
storie di donne,
di emozioni,
di identità ritrovate
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“Una voce di donna
per tutte le donne”
Donna che sogni la libertà
mentre ti perdi tra gli anfratti di ricordi lontani,
come madre mai stanca
raccogli quelle voci all'unisono
di donne sospese tra onde di oceani dimenticati.
Donna che sogni la leggerezza dell'animo
ancora calde le ferite lambiscono la pelle a tratti inerme,
canto di malinconia affidato alla danza ciclica del vento
nella storia identica da secoli.
Tracci le distanze tra presente e passato
e rivivi nel futuro
con l'intensità di un caldo mattino d'estate
ancora intriso dal profumo della pioggia notturna.
Non è la paura che ti contraddistingue,
ma il coraggio di osare nella tua ricerca di senso.
Donna dai profili estranei all'immobilità quotidiana
non concedi il passo all'occasione dei rimpianti,
stringi forte tra le mani levigate
il desiderio ardente di libertà e riscatto,
mentre affondi dolcemente
in quel cielo rapito a una notte d'estate
le tue speranze colorate di follie senza tempo, né fine.
Moira Fusco
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1. “Le emozioni che accolgono il cambiamento”
(Storia di C., anni 37)
Quanta forza ci vuole per lasciare uscire fuori le emozioni quando salgono alla gola?
Siamo sempre in grado di farlo davvero?
C. mi guarda dritta negli occhi, non abbassa mai lo sguardo, sembra quasi voglia leggermi
dentro, per assicurarsi che la stia ascoltando fino in fondo. Mi parla di lei, di quelle
“emozioni” che la Psicologa le ha detto di lasciare esplodere con tutta la tempesta che
si portano dentro.
“Ho un passato di violenza profonda, mio marito era molto violento con me e i miei figli.
L'ho lasciato, me ne sono liberata, ma di quelle emozioni che salgono in gola, di quelle
davvero non mi libero mai!”.
C. non è fatta per i giri di parole e in pochi minuti eccola lì a parlarmi della sua vita, quasi
come ci conoscessimo da sempre, con un desiderio viscerale di dar voce a quel passato
che fa ancora sentire, in modo prepotente, tutta la sua presenza: un suono tonfo che
irrompe tra il silenzio di quei suoi ricordi. Un marito violento, il percorso di sostegno con
un'associazione anti-violenza di Bari, il supporto psicologico per rielaborare le emozioni
negative, per lasciarle scivolare via dalla pelle raccogliendo ciò che di “pulito” rimane
in una vita ancora così giovane, ma già colma di esperienze a tratti devastanti.
Eppure la sofferenza non è bastata ad arrestare la forza di C., una donna che combatte
per quei sogni dei suoi figli che amano così tanto la danza. Un domani, spera di vederli
ballare “in qualche Compagnia importante”, di quelle che viaggiando ovunque hanno la
fortuna di conoscere il mondo.
La violenza fisica e ancor più, quella psicologica, non si rimuove mai dal corpo
completamente e nemmeno dall'anima. I ricordi e le emozioni giocano la loro parte, nella
maggior parte dei casi contraria all'equilibrio che faticosamente si cerca di ricostruire.
La restituzione del valore di sé alla donna vittima di violenza, il riconoscimento del suo
essere donna in tutte le infinite risorse che il suo mondo interiore contiene è il punto dal
quale bisogna partire.
C. lo ha fatto quando ha tirato fuori quel male sordo accumulato negli anni, cercando
qualcosa che potesse riconoscerle il suo valore di donna e anche di madre. Il lavoro è
stato il primo spiraglio di luce, la prima possibilità di recuperare la “forma” del mondo
circostante, come quando si cammina nella nebbia per ore senza scorgere nulla, solo
quando si fa meno fitta si riesce a intravedere di nuovo cosa c'è intorno: “L'inizio di un
lavoro stabile per me è stato come vedere la luce! Il lavoro è vita e la possibilità di aiutare
i miei figli a realizzare il sogno della danza. Sono proprio bravi, sognano di andare a
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Milano con l'hip-pop, speriamo! E' come se fossi ritornata nel mondo..”. Un mondo dal
quale per troppo tempo C. era rimasta fuori.
Oggi C. lavora da quasi un anno in un Bar-Pasticceria del suo paese grazie a un Progetto
di inclusione sociale, “Isola”, del quale le ha parlato l'Assistente Sociale del Comune,
una borsa lavoro di dodici mesi, che lei spera si possa concretizzare in una possibilità
lavorativa più duratura, una svolta non da poco per la sua vita. Dapprima cliente, ora
dipendente della “Boulangerie dolce-salato”, che descrive con evidente orgoglio: “Il
titolare conosce bene il suo mestiere, si è conquistato la nomina di “Ambasciatore del
Gelato nel mondo”. Mi piace molto il mio posto di lavoro, sento di essere a “casa mia”.
Abbiamo vinto la fiera del gelato con il nostro gusto di mandorla-miele, una cosa da
provare, non perché ci lavoro io, ma è buonissimo!”.
C. è nel laboratorio della pasticceria dal lunedi al venerdi: ha cominciato con la preparazione
degli impasti per poi passare alla fase più complessa della cottura e della conoscenza
dei macchinari per fare il gelato. Un mondo del tutto nuovo per lei rispetto ai “soliti lavori
di pulizia”, che ha saputo incuriosirla, stimolarla nel mettersi alla prova, farle comprendere
l'importanza di non mescolare la vita privata con quella professionale: “La mia titolare
mi dice sempre che al lavoro si deve pensare solo a quello che si sta facendo e che
dopo, quando siamo fuori, possiamo avere anche il tempo di una chiacchierata”.
Non è stato semplice per C. scindere i vissuti personali dai momenti lavorativi, non cedere
alla tentazione di dare voce a quei pensieri “che quando meno te lo aspetti ti sorprendono”.
La sensibilità della titolare e il supporto dell'equipe di progetto si sono rivelati fondamentali
nel garantire quel supporto necessario ad una adeguata gestione delle sue ansie,
all'acquisizione di un metodo di lavoro fruibile anche in futuro e che le permettesse di
non inficiare la produttività e la sua crescente voglia di fare.
Probabilmente, ciò che ha fatto scattare il cambiamento che C. percepisce in sé stessa
quando con voce carica di emozione dice “Mi sento diversa.. sento di dare tanto e di
ricevere tanto”, è racchiuso nella parola “fiducia”, qualcosa che forse fino a oggi non
aveva mai provato in modo totale: la fiducia di essere in grado di portare a termine quanto
le viene assegnato; di essere una persona con un valore profondo; di essere una buona
madre in grado di offrire la dovuta serenità ai figli.
C. è una donna che ha ritrovato il desiderio e il piacere di curare se stessa “Ho ripreso
a mettermi lo smalto il fine settimana”, racconta sorridendo con fare misto a un po' di
vergogna, quella vergogna sana che sa di pudore e al tempo stesso di donna che esprime
senza timore la propria femminilità. Non ha smesso di credere in sé stessa e nella vita,
al futuro chiede di continuare ad avere un'occupazione stabile perché sa cosa significa
la povertà dei mezzi economici. Oggi sente di avere acquisito qualcosa in più rispetto
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al passato: delle competenze nuove da spendere, una maggiore sicurezza e capacità
di proporsi, la volontà di cambiare i giorni che ancora devono arrivare, ma sono lì che
la aspettano: “Se uno ha la volontà di cambiare può farlo! Certo, i segni lasciati sul corpo
quelli non te li scordi mai, ma se uno vuole cambiare per ricominciare lo può fare davvero,
io ci credo!”. C. non potrà rimuovere quanto ha vissuto, ma è intenzionata a scegliere
senza intrusione alcuna, quale forma dare al proprio futuro, cosa “regalarsi” in nome
di un rispetto che deve prima di tutto a sé stessa in quanto donna che ha il pieno diritto
di vivere con quella serenità dell'animo, che offre la lucidità di perseguire gli obiettivi che
si pone ogni giorno.
Il lavoro ha spinto C. verso una maggiore conoscenza delle proprie fragilità ed emozioni,
le ha insegnato che solo una rielaborazione interiore costante, seppure per certi versi
innegabilmente dolorosa, potrà essere garanzia di superamento e di una progettualità
nuova dalla quale potrà ripartire.
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2. “La volontà inarrestabile di ritrovarsi”
(Storia di A., anni 44)
Prima di incontrare A. non avevo idea di cosa fossero gli “alveari di cartone”: “Li conosci
gli alveari? Sono dei divisori che si mettono nei cartoni che contengono le bottiglie. Ecco,
io faccio proprio quelli nello scatolificio e mi piace un sacco perché è creativo! ”, mi
spiega A. mentre inizia a raccontare la sua esperienza di borsa lavoro e tutto quello che
l'ha preceduta.
E' una donna giovane, dinamica, parla in modo rapido, quasi faccio fatica a seguirla,
entusiasta di quanto sta vivendo grazie al nuovo lavoro. Il confine con il suo passato,
nonostante la presenza dell'ex compagno che a fasi alterne compare ancora nella sua
vita, sembra essere ben definito con intromissioni nel presente ben contenute.
La vita di A. fino a oggi è stata molto “travagliata”, come lei stessa spiega: due compagni,
due relazioni finite male e due figlie: “Ho avuto un trascorso particolare con il mio exmarito, molto turbolento e ora mi ritrovo di nuovo a fare la “crocerossina”: lo aiuto perché
è stato colpito da un ictus, ma lo faccio con una consapevolezza diversa rispetto al
passato. Siamo stati sposati 23 anni, ne avevo 19 quando mi sono sposata. E' stato un
matrimonio sempre travagliato che si è distrutto nel corso degli anni perché, a volte, si
prendono “cattive strade”.. Per questo ho deciso di separarmi, ma non è stato semplice,
a causa di questa mia scelta ho subito aggressioni, violenze verbali e fisiche. Non è
giustificabile, lo so, ma comunque “non era in lui”… Avevamo un'attività insieme, tutto
perso, tutto distrutto: non era più lui”. A. ha subito una doppia perdita: la fine di un
matrimonio e di una attività nella quale aveva investito ogni sua energia, nella speranza
che “agendo per il bene della famiglia” qualcosa potesse cambiare. E' una donna che
ha assistito agli effetti distruttivi della droga nella sua interezza: al dolore della violenza
fisica subita, ha aggiunto la lacerante destabilizzazione di chi vede la persona amata
stravolgersi nel corso degli anni, fino quasi a non riuscire più a riconoscerla.
“La vita ti chiama a superare delle prove e tu devi essere pronta a rispondere: se non
ce la fai vai giù con lei”. La capacità di richiamare tutta la propria forza interiore, per
riprendere in mano quel poco che è rimasto in nome di due figlie che meritano risposte
concrete, è quello che A. ha cercato di fare: “Dal primo momento che ho deciso di
chiedere istanza di separazione ho dovuto continuare a subire le persecuzioni di mio
marito che non si rassegnava al fatto di averlo lasciato, ma non potevo permettermi di
dimenticare di avere due figlie, la forza me l'hanno data loro. Ho cominciato a chiedere
di lavorare ovunque, in tutti gli alberghi del posto e così ho iniziato a fare attività di
pulizie”.
Il lavoro è per A. “indipendenza: la soddisfazione di farcela da sola; il lavoro per me è
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vita”, una vita che necessariamente deve rinnovarsi trovando il modo di andare avanti.
Mentre A. è impegnata a lavorare negli alberghi il fine settimana, si fa strada un'opportunità
inaspettata: l'Assistente Sociale del Comune che conosce la sua delicata situazione
familiare, le prospetta di prendere parte a un progetto di inclusione sociale, “Isola”, per
donne sole e in condizioni disagiate. L'idea di portare avanti due attività contemporaneamente
non rappresenta un problema, A. è abituata a lavorare tanto e non esita ad accettare.
Il nuovo posto di lavoro è uno scatolificio, un ambiente diverso dai soliti alberghi, un
gruppo di soli uomini con i quali si stabilisce immediatamente un rapporto di reciproco
rispetto e positiva collaborazione.
La sua attività la riempie di entusiasmo perché appaga quel bisogno di creatività che ha
radici lontane: “Fin da piccola mi piaceva disegnare e mi sarebbe tanto piaciuto fare
degli studi che mi permettessero di fare venire fuori la mia vena creativa”. Il lavoro allo
scatolificio la occupa tutte le mattine dal lunedi al venerdi, il fine settimana è per le pulizie
nell'albergo. Si tratta di un'azienda a conduzione familiare presente da svariati anni sul
territorio pugliese, si occupa di imballaggi in cartone e attività di stampa. A. è partita
dalla mansione basilare di costruzione degli alveari, per poi passare a fasi più complesse
come quella dell'incollaggio: “Lavorare con il cartone mi piace mi fa venire fuori la
creatività. Per esempio, c'è una fase, quella della “pulitura” in cui bisogna togliere tutto
lo scarto intorno al cartone per fare venire fuori la figura, è come un disegno, no? Diventa
proprio una “piccola costruzione”, la mente viene sviluppata perché è un lavoro vario e
non è come fare le solite pulizie, quelle ne fai già tante a casa!”.
La novità che determina una forte motivazione in A. è quest'aspetto assolutamente nuovo
che il lavoro le dà modo di sperimentare: qualcosa che lascia emergere le sue attitudini
quali, la creatività e la comunicazione, dandole la sensazione che la mente si sviluppi
ulteriormente, compia un passo in avanti, superando la monotonia di un lavoro che
conosce bene e che le impedisce di esprimere fino in fondo sé stessa. L'esperienza della
borsa lavoro garantisce ad A. quel riconoscimento per tanti anni venuto meno a causa
di scelte legate a persone significative, che si risolvevano poi nell'auto-negazione della
sua identità più profonda e di ciò che il suo essere donna avrebbe voluto perseguire per
sentirsi realmente realizzata.
Rispetto al passato, A. è cambiata tanto, oggi asseconda di più sé stessa, i suoi desideri,
assegnando priorità diverse a persone e a cose: “Il lavoro mi ha aiutata a capire che ho
tante capacità, che devo pensare prima al bene dei miei figli e poi a tutto il resto. Mi fa
sentire valorizzata, qui mi chiamano tutti “Sig.ra A.”, anche il mio titolare! Lui mi ha
insegnato che quando sono a lavoro devo pensare prima di tutto a fare ogni cosa con
ordine perché ci vuole precisione, come quando costruisci un puzzle, ogni pezzo va al
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suo posto. I problemi vanno lasciati fuori dal posto di lavoro”. L'acquisizione di un metodo
di lavoro basato sulla precisione e la capacità di rimanere concentrati su ciò che si sta
facendo, lasciando il vissuto personale fuori dal contesto produttivo, sono gli altri due
passi significativi che A. ha compiuto guadagnandosi la completa fiducia del datore di
lavoro e dello staff aziendale: “La cosa più bella è che forse all'inizio con me erano un
po' prevenuti, pensavano che da donna non avrei potuto fare certi lavori fisici, come per
esempio, usare il transpallet per trasportare i cartoni, cosa che faccio senza problemi!
Non mi sono mai tirata indietro di fronte a nessun compito e questo ha conquistato la
fiducia di tutti, è una cosa che mi fa sentire importante e al loro stesso livello”.
Alla domanda: “Cosa lasci nel tuo passato e cosa porti nel tuo futuro”, A. risponde di
getto “Nel passato lascio una donna in cui non mi riconosco, con tutte le esperienze
negative che avrei voluto evitare di fare. Nel futuro spero di portarmi questo mio nuovo
lavoro!”.
Il superamento di quanto negativo è stato vissuto implica per A. una presa di coscienza
di ciò che realmente può e deve fare: essere una donna autonoma, indipendente, che
conosce bene come prendersi cura di sé e dei suoi figli. Una consapevolezza che non
lascia spazio a rimpianti e che si appella a una volontà di miglioramento esistenziale che
nel suo procedere non conosce la parola “fine”.
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3. “Quel desiderio acceso di continuare a vivere”
(Storia di A., anni 24)
A., è una ragazza minuta, volto fresco, giovane, in grado di trasmette un'energia quasi
contagiosa mentre si racconta, che si accompagna all'aria tipica dei vent'anni e a quella
voglia di spaccare il mondo.
Prima di iniziare il suo lavoro attuale, A. si arrangiava come meglio poteva, lavori di pulizie
saltuari e neanche del tutto retribuiti: “Ho fatto diversi lavori, tutti “a nero” e senza essere
retribuita per le ore effettivamente lavorate. Ero arrabbiata, non trovavo giusto che non
mi pagassero le ore che facevo e poi ero preoccupata, perché se il lavoro ti manca non
hai da mangiare. Mi sentivo molto frustrata, come se non avessi più le gambe per
camminare.. Vivo sola con mio fratello più piccolo, devo pensare io a lui. Mia madre se
n'è andata da casa quando avevo 16 anni e mio padre ci ha abbandonati anche lui due
anni fa. Siamo rimasti soli, mi sarebbe tanto piaciuto continuare gli studi, ero brava, ho
preso il diploma di Operatore Turistico”.
Non è facile trovare la forza per pensare a sé stessi e a chi si ama tanto e si vorrebbe
vedere felice sempre. L'assenza di punti di riferimento, quali due stabili figure genitoriali,
è qualcosa di destabilizzante, di difficile comprensione soprattutto in età ancora giovane,
che mina le basi più profonde della nostra autostima ponendo a serio rischio la qualità
di ogni legame significativo futuro. A. tutto questo lo conosce fin troppo bene, ogni giorno
deve fare i conti con quello strano senso di solitudine e la paura di non farcela che
chiamano in causa tutta la sua determinazione nel proseguire senza tanti ripensamenti.
A. si vede costretta a rinunciare troppo presto a quei desideri che dovrebbero essere
dei naturali diritti per tutti: l'istruzione, il bisogno di conoscenza, la possibilità di darsi
un futuro diverso. Questa frustrazione si aggiunge al mancato riconoscimento dell'impegno
lavorativo che non le viene retribuito in modo corretto. L'unica fonte di stabilità in un
quadro di così precarie certezze è identificata nel lavoro, la speranza di un lavoro che
possa assicurarle quell'indipendenza e quell'autonomia, che anche in assenza di rapporti
con la famiglia d'origine sappia tutelarla da una serie di difficoltà che gravano esclusivamente
sulla sua forza e capacità di reagire.
“Il lavoro per me è la vita perché ti dà milioni di aspettative e ti rafforza l'autostima. E
poi non mi fa dipendere da nessuno, sono una persona autonoma e posso aiutare mio
fratello. Quando l'Assistente Sociale mi ha parlato di questo progetto che ti dava la
possibilità di lavorare per un anno, pagata regolarmente, mi è sembrato come un sogno,
ho detto subito si! La ringrazierò sempre!”. A. è stata inserita in un Progetto di Inclusione
Sociale, “Isola”, per donne sole in condizioni di disagio conclamato: una borsa lavoro
di dodici mesi preceduta da un periodo di formazione in aula. La sua vita ha imboccato
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una strada diversa, fatta di una motivazione nuova e desiderio acceso di vivere.
L'azienda che ha dato la disponibilità alla borsa lavoro è un forno molto rinomato nel
territorio barese, una lunga tradizione di famiglia che di quei sapori pugliesi tipici della
nostra terra ha saputo fare la propria ricchezza: “Pane, friselle, taralli, facciamo tutto!
E' bello qui, sempre pieno di profumo, hai sentito? E' un lavoro nuovo, che mi fa sentire
utile e che mi sta insegnando tante cose: sto alla preparazione e mi occupo di tutto
quello che serve per l'impasto. E' un'altra cosa dalle solite pulizie e poi mi sento allo
stesso livello di tutti i dipendenti: è stato così fin da subito. Mi hanno fatta sentire una
di loro e ho anche invitato i colleghi a prendere il caffè a casa mia!”. A. ha trovato un
ambiente accogliente e valorizzante che oltre a farle sperimentare un contesto di lavoro
nuovo con competenze diverse da acquisire rispetto a quelle già possedute, ha ampliato
la cerchia delle sue amicizie, costruendo una rete sociale sicura sulla quale poter contare
in caso di necessità: un elemento non trascurabile e in grado di influire positivamente
sul peso di quella solitudine che nonostante il vigore e l'energia che la contraddistinguono,
di tanto in tanto riesce a pervaderla in tutta la sua interezza.
La possibilità di una remunerazione fissa per condurre una vita degna di tale nome,
procede di pari passo a un vero e proprio percorso di auto-orientamento, nel quale A.
si sente finalmente non più sola, ma “accompagnata”: “La Tutor del progetto mi ha
aiutata tanto. Prima non lavoravo qui, ma ero in un altro posto. Le ho detto delle mie
difficoltà e mi ha spostata qui. Ha risolto i problemi che stavano nascendo, è importante
perché senti che non sei sola, ti senti accompagnata e senti di poter contare su qualcuno”.
Quello che sorprende è il modo in cui A. si descrive nonostante ciò con cui si confronta
e vive quotidianamente: “Sono estroversa, solare e attiva”, dice mentre sorride con la
bocca e con gli occhi. Si sente cambiata rispetto a un anno fa, più ferma nel far rispettare
ciò che ritiene giusto, meno timorosa nell'esprimere i propri pensieri e idee.
Al futuro questa giovane donna chiede più sicurezza, un lavoro che continui a gratificarla
come quello che ha la fortuna di svolgere dallo scorso Aprile 2013. Un'occupazione che
la faccia svegliare presto la mattina, uscire carica di motivazione, chiudere la porta di
casa e lasciarla alle sue spalle pensando: “Ho ancora una vita davanti!”.
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4. “Un salto nella vita”
(Storia di M., anni 44)
Napoli e i mercatini di Natale pieni di luce che ti fanno sentire l'aria di festa; Napoli e la
forza di mostrare la sua faccia più cruda senza illusioni di dolci ipocrisie, sà rubarti il
cuore e tenerlo stretto a sé. Napoli e i bimbi che si rincorrono per le strade, rubano
frittelle calde, ricoperte di zucchero, al venditore ambulante che è fermo lì, ogni giorno
all'angolo della via, all'incrocio con la Piazza di Gesù Nuovo, le lancette dell'orologio, per
lui, si sono fermate. Odori di minestre calde che salendo su per i balconi di quei palazzi
popolari si mescolano e si confondono, l'una con l'altra: profumi che sanno di tavole
apparecchiate, di focolare caldo, e di famiglia.
“Napoli mi manca tanto.. ogni tanto la sogno anche e quando la rivedo penso a quello
che ho lasciato: la vecchia M., quello che non sono più”. La malinconia della sua città
natale è qualcosa con cui M. dovrà fare i conti probabilmente una vita intera, ma per
dare una svolta, un taglio netto al passato c'è voluto il coraggio di recidere con i luoghi
in cui è cresciuta e che rimangono fermi nel suo cuore come scatti eterni a colori o in
bianco e nero, a seconda dei momenti e dei ricordi.
M. ripete più volte che tutto quello che era, adesso non lo è più. Il suo passato di
“dipendenza dalla sostanza” l'ha riposto in un cassetto: non è chiuso ermeticamente,
di tanto in tanto la sorprende, ma la consapevolezza che ha acquisito di sé stessa la
aiuta a rielaborare e camminare dritta sulla strada intrapresa.
E' una donna che ha voglia di raccontarsi, che ha bisogno di tirare fuori quei ricordi
inquieti fatti di illusioni amare che la droga sapeva bene simulare giorno dopo giorno.
M. parla del percorso in Comunità vissuto assieme al compagno e mai terminato: “la
Comunità ti forma, ma a un certo punto devi volerlo tu, devi volerne uscire tu”. E' questa
volontà estrema che ha provato quel giorno in cui c'erano solo lei e la sua vita, lei a un
passo dal suicidio: attimi brevi in cui il cervello e la razionalità si bloccano mentre la vita
le passa davanti come una folata impazzita di vento estivo; attimi intensi dove le emozioni
vuote lasciate dalla droga si sovrappongono all'immagine di suo figlio, il più piccolo, che
le ricorda che prima ancora di essere schiava di una sostanza “che chi la prova non
dimentica perché ti rende il mondo bello”, è mamma e donna insieme.
La fine con la droga segna per M. l'inizio di un periodo altrettanto problematico che porta
i segni della depressione profonda. “La depressione per comprenderla bisogna sperimentarla
sulla propria pelle”, una frase che lascia passare tutto il senso ed il sentire della sofferenza
psicologica di una donna che sceglie un cambiamento determinante: lasciare la sua città
per trasferirsi in Puglia, terra di Sole, di campagne, di ulivi verdi; ne parlano bene, il
lavoro è poco, ma la gente è tranquilla e poi anche lì c'è il mare, il mare del Salento..
La Puglia accoglie M. e il suo salto nella vita, una vita nuova completamente da rifare
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e progettare.
Un lavoro da cercare, la lotta contro la depressione che ancora fa sentire i suoi echi
sordi, relazioni significative da ricreare. I Servizi Sociali del territorio la aiutano a orientarsi
verso una normalità che le consenta di vivere in modo sereno, a cominciare da una casa
per lei e suo figlio.
La svolta è un progetto di inclusione sociale, una borsa-lavoro di dodici mesi, gliene ha
parlato l'Assistente Sociale del Comune: si chiama “Isola” ed è rivolto a donne come lei,
che hanno vissuti forti, che sono sole, che hanno dei figli. Avere un'entrata fissa mensile
e un impegno di lavoro quotidiano, per M. equivale a sentirsi “viva”, “rinata”, un
riconoscimento personale nella possibilità di percepirsi come donna in grado di dare un
senso concreto alle proprie giornate.
“Il Melograno”, il posto di lavoro che le viene assegnato è un Centro per la Famiglia che
accoglie le richieste di aiuto di quanti oltrepassano quel portone antico nella speranza
di poter riprendere un po' di fiato. In breve tempo, “Il Melograno”, diventa per M. quella
“famiglia” mai avuta, quel luogo in cui si sente accolta per ciò che è, lontana dal peso
dei pregiudizi. Descritta come “una donna sempre discreta e professionale, una vera e
propria risorsa” dalle Operatrici del Centro, la sfida per M. è ora quella di acquisire un
“metodo di lavoro” come le viene spiegato dall'équipe di Progetto, che non le faccia
disperdere le energie e la voglia di fare, che punti sul rispetto dei tempi e sulla necessità
di una suddivisione delle attività da eseguire giornalmente.
E' passato quasi un anno da quel primo giorno, quando M. entrando nel Centro con un
fare che tradiva una certa insicurezza aveva chiesto: “Ce la farò a pulire tutto ogni
giorno?”, quella donna ora è cambiata tanto. Ha acquisito più sicurezza e padronanza
di sé, del suo ruolo al “Melograno”, e probabilmente, anche nella sua vita.
Si chiede cosa farà al termine della borsa lavoro e spera di poterci rimanere ancora in
quel posto che conosce ormai perfettamente, che “sente suo”, dove l'aria è familiare,
dove ha percepito forse per la prima volta, cosa sia la “fiducia”.
La fiducia in sé stessi è qualcosa che spesso manca in chi ha vissuto situazioni
particolarmente critiche e problematiche e non ci si può aspettare che si conquisti
dall'oggi al domani. E' il risultato di un percorso lungo, a volte tormentato, di un mettersi
alla prova costante, di una riconquista che passa dall'accettazione e valorizzazione di
sé per giungere alla consapevolezza di una “nostra” identità che riconosciamo e che ci
viene riconosciuta. Il lavoro è la prima tra queste occasioni di riconoscimento, M. lo sa
bene ed è per questo che continua a ripetere che “il lavoro è vita”, quella nuova vita
nella quale con un salto di coraggio ha saputo portarci dentro il suo “viso segnato”, i
suoi progetti di madre e la sua autonomia di donna che non ha mai smesso di scommettere
su sé stessa nella convinzione profonda che da una guerra si possa sempre rinascere.
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5. “Il tempo pieno che precede la riscoperta dell'identità”
(Storia di A., anni 42)
Non è facile confrontarsi ogni giorno con il peso dei pregiudizi; non è semplice conservare
intatta la motivazione e proseguire sulla strada del cambiamento.
I pregiudizi A. li conosce bene, ne ha avvertito il gelo sulla propria pelle; sono qualcosa
che combatte da anni, dal giorno in cui la droga è entrata nella sua vita.
“Non è stato semplice riprendere la vita di tutti i giorni all'uscita della Comunità. Non è
stato semplice dare un senso alle giornate, combattere le opinioni che la gente si era fatta
di me, cercare un lavoro..”, così Anna inizia a descrivere il percorso all'uscita della Comunità
e la fine della schiavitù dalla droga. Un passato di dipendenza vissuto con il suo compagno,
morto ancora giovanissimo per overdose: “Lui non ce l'ha fatta, mi ha lasciato i nostri due
figli.. da quando non c'è più niente è come prima. Senza di lui non ho voluto fare nemmeno
l'albero a Natale”.
La perdita del compagno è un evento che A. non ha mai superato del tutto, una sofferenza
troppo importante e profonda, che ha posto fine a quel senso di “onnipotenza” che per
anni aveva caratterizzato la sua vita rendendola “forte per due”, mostrandole la verità
nuda di quello che la droga è in grado di fare in pochissimi secondi.
La volontà di cambiamento nasce da questa tragica perdita, dalla consapevolezza di essere
madre e di dover garantire un futuro ai figli. Riprendere la vita non è semplice, fare i conti
con “la depressione” che “ti toglie la forza di vivere e i pensieri”, cercare un lavoro che
cambi il tuo tempo facendolo diventare “pieno”, è qualcosa in cui A. vuole credere
richiamando a sé tutta la sua forza interiore. I ricordi dei lavori passati, quelli in cui si
sentiva piena di vita, le danno la motivazione di non arrendersi e continuare a proporsi,
a dispetto di quel muro di preconcetti con il quale troppo spesso si ritrova a scontrarsi.
Poi un segno sembra arrivare: l'Assistente Sociale le parla di “Isola”, un progetto di
inclusione sociale per donne sole, in condizioni disagiate che prevede una borsa-lavoro
di dodici mesi, una possibilità per riprendere una boccata d'aria più lunga, una remunerazione
fissa mensile sulla quale poter contare e magari una prospettiva di lavoro futuro. A. non
vede l'ora di iniziare.
L'attività di lavoro vera e propria è preceduta da un periodo di formazione in aula: “Sembrava
di essere ritornata a scuola… mi hanno parlato dei miei diritti e dei miei doveri.. mi hanno
insegnato ad avere più autostima, quella è stata sempre bassa”. La formazione rappresenta
già per A. un punto di partenza per il cambiamento: la fa riflettere su aspetti concreti della
realtà di un contesto lavorativo, la pone di fronte a criticità personali, una bassa autostima
che forse l'ha portata a fare delle scelte sbagliate e che ora riconsidera alla luce di quanto
sta apprendendo.
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“Il posto in cui lavoro è bellissimo”, mi dice A. con tono deciso mentre sgrana gli occhi
come per mettere a fuoco ogni dettaglio: “ha un giardino molto grande.. ci sono i bambini,
bisogna pulire bene tutti gli ambienti”. La descrizione della sua attività lavorativa è qualcosa
che riempie A. di orgoglio restituendole quella sicurezza probabilmente assente in passato.
Una piccola “oasi”, la Comunità Educativa che ha dato la disponibilità all'inizio del suo
percorso, dove il lavoro da fare è tanto e bisogna vestire in modo adeguato al contesto
perché “sei bella lo stesso anche se non metti dei colori tanto appariscenti”; dove
significativo è il supporto che A. riceve dalla Coordinatrice dell'Istituto disponibile all'ascolto
delle sue difficoltà personali: i figli per A. non sono mai stati semplici da “gestire”,
“soprattutto quello più piccolo mi dà tanti pensieri..”. La capacità di assunzione del ruolo
di madre passa necessariamente attraverso una maturazione personale favorita da un
impegno quotidiano costante quale è ormai diventato il lavoro, che consente ad A. di
affrontare in modo più sereno le tipiche dinamiche genitore-figlio che corrispondono alla
fase delicata dell'adolescenza.
Il lavoro diventa per A. occasione per apprendere l'importanza di avere un ordine mentale,
un prima e un dopo, che devono caratterizzare ogni attività da eseguire: “Bisogna fare
le cose in un certo modo, pulire prima gli ambienti dove non ci sono i bambini, poi tutti
gli altri. Non puoi permetterti di non essere puntuale e nemmeno di non avvisare se fai
un'assenza, non è corretto”. A. è orgogliosa di mostrare quanto si stia sforzando perché
tutto proceda per il verso giusto per non vanificare l'opportunità ricevuta, un'occasione
che le permette di gestire delle risorse economiche liberandosi dall'umiliazione di dover
chiedere aiuti esterni, qualcosa che le è sempre pesato tanto. L'attività la impegna l'intera
settimana, richiede un modo diverso di organizzare le giornate e questo la stimola nella
percezione di un “tempo diverso” in cui non occorre sforzarsi a cercare un senso perché
è già li di fronte a lei: “Mi alzo con la motivazione di dover andare a lavorare e mi sento
viva”.
E poi c'è il calore familiare che la Comunità Educativa sa offrire: quel bisogno di famiglia
mai soddisfatto, quell'essere riconosciuta e valorizzata come persona, come donna capace
di darsi un posto nella società e un senso personale a prescindere dal passato che ormai
sente non appartenerle più: “Sono libera, libera dalla droga.. ho paura del futuro, ho paura
della fine del lavoro per la depressione, ma non posso fermarmi ora”.
L'ansia per il futuro è qualcosa che A. dovrà imparare a gestire in modo adeguato, ma
di sicuro stavolta ha gli strumenti in più per farlo: un'autostima cresciuta, rafforzata, una
maggiore considerazione di sé stessa e delle risorse su cui puntare; la libertà conquistata
con la forza interiore, quella stessa forza che l'ha risvegliata senza mezze misure dal
torpore della droga ricordandole che il confine tra illusione e realtà è pericoloso, labile e
che solo la determinazione e il coraggio delle proprie scelte potrà renderla una donna
sempre libera e migliore.
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6. “Il senso della libertà”
(Storia di M., anni 37)
“Se vuoi capire davvero che significa perdere la libertà dovresti provare a non poter
uscire da casa perché ti viene vietato e se provi a farlo rischi di perderla ancora di più
di quanto ti avevano detto. Ti senti proprio impazzire guarda…”.
M. è una donna giovane, ha 37 anni, una figlia di 7 affidata alla cognata e altri due figli
di cui non parla mai. Per un periodo ha conosciuto il carcere e poi gli arresti domiciliari.
Ha capito qual è il valore della libertà: cosa significa perdere la possibilità di decidere
come organizzare i momenti della propria vita, le proprie pause, il piacere di quella
normalità che diamo sempre per scontato e della quale percepiamo il valore solo
nell'istante in cui non ce l'abbiamo più a portata di mano.
“Il carcere mi ha insegnato che non devo più sbagliare perché se sbaglio ancora perdo
mia figlia”.
La voglia di poter riavere sua figlia, di prendersi cura di lei come solo una mamma può
fare, accompagna M. ogni momento della giornata e in funzione di questo profondo
desiderio investe tutto il suo impegno e la motivazione in quello che fa.
La vita di M. è cambiata quando ha avuto la possibilità di essere inserita in un Progetto
di inclusione sociale proposto dall'Assistente Sociale del suo Comune: una borsa lavoro
di dodici mesi con un mese di formazione in aula, la possibilità di sperimentarsi autonoma,
un'entrata fissa mensile e la soddisfazione di poter dire “Ce l'ho fatta, mi sento valorizzata,
ho ritrovato la motivazione per vivere”.
Il lavoro è stato una svolta determinante nella vita di M. segnata dal carcere e da una
relazione sbagliata. Piuttosto schiva, si racconta poco, forse per timore di essere giudicata
o forse perché il suo passato le pesa ancora in modo considerevole e teme gli effetti su
quel presente che sta cercando di ricostruire poco alla volta.
Il Centro a cui M. è stata assegnata è una struttura diurna che si occupa di soggetti
disabili gravi, supportata da un'equipe specializzata e da una Responsabile che la gestisce
coniugando continuamente l'aspetto professionale con quello umano. L'accoglienza per
M. è stata fin da subito positiva, con un'attenzione particolare alla sua situazione di
partenza e con la voglia autentica di considerarla parte integrante dello staff senza
differenze di sorta.
“Arrivo sempre alle 8:45 al lavoro e mi metto subito a pulire. Sono otto stanze dove i
ragazzi fanno le attività: faccio prima quelle dove i ragazzi non ci sono e poi a poco, a
poco, tutte le altre. Devo pulire bene però, perché gli operatori del Centro mi hanno
spiegato dal primo giorno che l'igiene è importantissima perché ci sono tanti ragazzi”.
M. descrive il suo lavoro con orgoglio: è fiera dei risultati raggiunti, della fiducia che gli
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operatori le dimostrano facendola sentire una di loro “vogliono che prepari solo io il caffè
e poi lo bevo anche con loro”, dell'avere imparato a fare tutto con ordine, della sua
puntualità e ricorda sorridendo “quella volta che non sono potuta andare a lavoro e ho
avvisato in ritardo tutti si sono preoccupati perché sanno che sono sempre puntuale!”.
Il lavoro ha delle ricadute positive anche sul suo umore: “E' stato come prendere un po'
di fiato, mi sento più motivata e meno nervosa…”. M. si sente più sicura nel riuscire a
provvedere a quanto occorre a sua figlia per stare bene, intravedendo sempre di più la
possibilità di riaverla con sé per essere di nuovo una famiglia.
Il suo percorso non è iniziato nel migliore dei modi e forse, per alcuni non lasciava
intravedere dei risultati positivi: l'inserimento lavorativo è avvenuto attraverso una fase
impegnativa di supporto da parte dell'equipe del progetto e degli operatori del Centro,
ma le vittorie più grandi, si sa, sono sempre quelle che richiedono sacrifici maggiori e il
coraggio di credere che niente di ciò che si sta facendo andrà perso. E così è stato per
M.: per lei i cambiamenti significativi ci sono stati, a cominciare dal modo di parlare e
interagire con gli altri divenuto più “morbido”, adeguato al contesto, fino all'impegno e
la determinazione che giornalmente accompagnano ogni sua attività.
In futuro, forse si intravede la possibilità di continuare il percorso lavorativo allo scadere
della borsa lavoro, la sua Responsabile le ha promesso che si impegnerà a parlarne con
chi di competenza. Di certo l'integrazione nel gruppo di lavoro c'è stata realmente, M.
ha saputo conquistare il rispetto e l'apprezzamento di tutti.
Non sa nascondere la speranza accesa di proseguire nella direzione intrapresa, l'entusiasmo
di percepirsi diversa, l'importanza di ritrovare quel senso di famiglia che le è sfuggito
di mano e che le preme recuperare. L'esperienza del carcere ha prodotto delle ripercussioni
considerevoli su di lei e il lavoro ha costituito il primo passo per restituire un senso a sé
stessa, definire un ruolo attivo di donna che sa scegliere distinguendo cosa è giusto e
cosa invece non lo è, senza cedere il passo a facili compromessi.
“Nel passato lascio una M. che ha sbagliato tanto”, mi dice, “e nel futuro vorrei portarmi
un bel lavoro e mia figlia”, è questa la sua speranza più grande, quello di cui ha bisogno
per non arrestare un processo di crescita che si è messo in moto nell'Aprile dello scorso
anno.
Il lavoro permette di sviluppare quell'autonomia necessaria per essere liberi da ogni
forma di dipendenza esterna, contribuisce a definire la nostra identità e nel farlo, rafforza
il senso di efficacia, la nostra autostima, il valore che siamo in grado di attribuire a noi
stessi e che di riflesso ci viene attribuito. Gli errori insegnano che si può sbagliare, ma
che poi bisogna fare i conti prima ancora che con gli altri “con noi stessi e con la nostra
capacità di guardarsi allo specchio… quella che vedo oggi è una M. diversa, che mi
piace di più perché è più forte… e poi è più pulita”.
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7. “La libertà di scegliersi ancora”
(La storia di F., anni 32)
E' mattino presto, l'umidità notturna non sembra voler abbandonare il giorno, tutto si
sveglia a rilento, ma per qualcuno il mattino che nasce è un'occasione per sentirsi vivi
e ricominciare con più energia di quello precedente. F. è rapida, sono le otto e deve
essere a lavoro per le 8:30, non può concedersi ritardi se non vuole ricevere rimproveri.
Da quando lavora all'Autosalone la sua vita è cambiata: si sente utile per sé stessa e
per sua figlia, per tutto ciò che le occorre e a cui ora è in grado di provvedere. La
sensazione di essere rinata è garanzia che tutto procede per il verso giusto e che in
questa direzione bisognerà continuare.
All'Autosalone i colleghi la aspettano, è lei a preparare il primo caffè del mattino. Si è
instaurato un rapporto di sintonia con tutti e F. perfettamente integrata nel contesto
aziendale, si sente ormai una di loro, “una del gruppo”. Il clima che si respira è il risultato
di un valore profondo del lavoro e di reciproca collaborazione.
Chi l'ha conosciuta in passato, forse si stupirebbe nel vederla alle prese con programmi
di fatturazione, eppure è proprio così: F. ce l'ha fatta. Una borsa lavoro di dodici mesi
ottenuta grazie a un Progetto di inclusione sociale, “Isola”, un nome che di certo non
scorderà perché le ha aperto le porte a un'esistenza diversa dal sapore di felice riscatto.
F. colpisce per la sua voglia di fare che non passa inosservata al suo datore di lavoro, il
quale le ha dato fiducia insegnandole il rispetto dei ritmi aziendali e l'importanza della
puntualità. L'inizio di un percorso partito un po' in sordina, tra il timore di sbagliare e di
non essere all'altezza del compito, la paura dei pregiudizi della gente che con la gratuità
di chi non ha conosciuto la sofferenza, sa cucirli perfettamente addosso come abiti per
un'occasione importante. Il luogo in cui vive F. è una piccola realtà in cui “tutti sanno di
tutti”, dove non è facile ridarsi un volto affrancato da ciò che è stato, anche se ormai
non c'è più.
Nell'Autosalone, fin da subito, F. dà il suo contributo su più fronti: dalla pulizia degli
ambienti, alle macchine, alle fatture, ogni cosa va fatta con attenzione nel rispetto del
lavoro degli altri, nella consapevolezza di essere lì per imparare e giocarsi una carta
importante che potrà portare una nota di merito sul Curriculum, quel Curriculum che lei
spera tanto di poter spendere anche in futuro: “Faccio tutto quello che c'è da fare: pulizie,
ma anche se c'è da lavare una macchina e poi faccio anche le fatture. Ho imparato a
usare il programma che c'è al computer, cioè non è difficile eh, però l'ho imparato e
faccio anche la fatture, mi piace”.
Tutto ciò che riguarda il lavoro è diventato per F. motivazione per impegnarsi a raggiungere
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risultati migliori, giorno per giorno, con la soddisfazione di poter contare su una
remunerazione fissa mensile che la rende indipendente dai suoi genitori da sempre
distanti dal suo mondo e dal suo bisogno di riconoscimento. Un distacco affettivo subito
in modo così forte da temere di poterlo far vivere a sua figlia con la stessa intensità.
Il valore economico è qualcosa che F. ha imparato grazie al lavoro, compiendo un
cambiamento significativo rispetto al passato. Un passato che non potrà mai essere
rimosso e che di tanto in tanto riaffiora in quei momenti di solitudine che precedono
l'arrivo della notte fonte di ricordi che non riesci proprio a fermare; ricordi legati a una
relazione tormentata il cui unico regalo è stato sua figlia, alla droga e al percorso in
Comunità. Giornate lontane e che F. racconta, ripercorrendole, senza nascondere le sue
fragilità, l'amarezza e la rabbia intrise sulla sua pelle come solchi profondi lasciati da
una mano poco amica: “Ero sempre triste e insoddisfatta.. Mi sentivo molto sola”.
La droga, così come la ricorda F., è una sostanza che non perdona, che per anni l'ha
resa schiava di illusioni profuse a basso costo, ma al prezzo di risvegli sempre più tristi
e cari e la vita in Comunità non è semplice e la gente che ci lavora, a volte, poco
accogliente. Un passato, dice F. tradendo nella voce ancora una punta di sgomento,
scandito da “giornate vuote in cui il tempo sembrava essersi fermato”, alla ricerca di un
senso per continuare a vivere, per continuare ad esistere e a sperare, sperare di trovare
dei legami significativi, delle relazioni autentiche a cui lasciarsi “affidare” allontanando
scelte e compagnie sbagliate.
Non è facile riprendere in mano la propria esistenza quando si è sole, ma al tempo stesso
“in due” e in virtù di questo profondo amore materno, la forza di non arrendersi prevale
sul desiderio prepotente di rinunciare a se stessa e la vita, inaspettatamente, regala a
F. l'occasione di un percorso di riscoperta, di orientamento, di crescita personale e
professionale. Il Progetto proposto dall'Assistente Sociale del suo Comune le si presenta
come un treno da prendere al volo senza ripensamenti, perché la vita non sempre concede
una seconda occasione e il coraggio e la presa di responsabilità sono valori che F. sente
il bisogno di interiorizzare.
L'attività lavorativa la impegna dal lunedi al venerdi e questo impone di riorganizzare le
giornate in funzione di un impegno quotidiano costante, ma a F. tutto ciò non dispiace:
“Finalmente mi sento utile, mi sento impegnata!”. Seguita nel suo percorso lavorativo
dall'équipe del Progetto, F. sviluppa e acquisisce una serie di competenze e abilità nuove
che si traducono in maggiore fiducia in sé stessa, cura del suo essere donna, in una
capacità progettuale concreta, fatta di propositività, ottimismo e soprattutto, libertà!
Libertà di scegliere la propria vita senza condizionamento alcuno.
Lo sguardo di F. colpisce nella sua vivacità e il nero acceso dei suoi occhi fa da contrasto
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alla solarità con cui si racconta e vive, sforzandosi di contenere la propria ansia per quel
domani dai tratti ancora incerti.
Nei sogni futuri di F. c'è il blu del mare estivo e l'intensità del caldo Sole di Rimini, la città
che le piacerebbe raggiungere: “Sto mettendo qualcosa da parte, quest'estate spero di
partire a Rimini a fare la stagione estiva”. Una frase colma di speranza quasi palpabili
e un'estate che forse aprirà a F. un altro ciclo al termine della borsa-lavoro: la ricerca
di un albergo in cui spendere le proprie energie e la voglia di continuare per sé stessa
e per sua figlia, nella consapevolezza sempre più pregnante di aver ritrovato la propria
identità di donna, di madre e una vita da vivere con la forza di chi riesce a ricostruire
giorno dopo giorno, uno ad uno, i propri sogni.
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8. “Il coraggio di proporsi”
(Storia di D., anni 31)
“Il lavoro è il pane della vita” dice D. con occhi carichi di luce e motivazione. Una vita
senza lavoro è come un uomo senza un nome, un volto che non ha più identità. “Senza
il lavoro la famiglia si sgretola, la mia lo ha fatto..”.
D. è una donna separata, con tre figli minori, uno di loro è disabile. Racconta la sua
esperienza di borsa-lavoro senza nascondere quanto l'assenza di esso abbia inciso
profondamente sulla sua esistenza nella totale interezza. L'amarezza e il dolore di vedere
i figli affidati ad un'altra famiglia, la profonda mortificazione del suo essere donna e
madre. Il non riuscire a prendersi cura dei figli per tanti anni è stato qualcosa di difficile
da mandare giù, ma D. è una donna combattiva, che non ha mai smesso di credere che
quel “sogno familiare” tanto desiderato potesse un giorno ricomporsi in ogni suo singolo
pezzo.
Anni passati da un lavoro all'altro: lavori semplici e a volte svalutanti come lei stessa li
definisce; lavori di pulizie che non ti lasciano nulla e ti fanno pensare a cosa avresti
potuto fare di diverso se solo lo avessi capito un po' “prima”, se solo ti fossi fermata a
chiederti “cosa voglio davvero dalla vita.. sarò felice andando avanti così?”.
La capacità di proporsi, il coraggio di desiderare di più per sé stessa e per i figli sono
stati la molla che ha spinto D. a credere che quel desiderio acceso di una vita insieme,
davvero dipendesse solo da lei e dalla determinazione che ci avrebbe messo nel riprendere
in mano la sua esistenza. Zero tempo per rimorsi e rimpianti, solo tenacia e coraggio
di oltrepassare tutto ciò che fino a quel momento c'era stato procurandole un vuoto
incolmabile, così difficile da comunicare.
D. non si arrende e continua la sua corsa che la porta lontano, regalandole la gioia di
riavere i figli sotto il suo stesso tetto e un'occasione lavorativa importante che le concede
di fermarsi, riprendere fiato, comprendere che qualcosa davvero sta cambiando e inizia
ad andare per il verso giusto.
Una borsa-lavoro di dodici mesi grazie a un Progetto di inclusione sociale, “Isola”: “Che
bel nome, già a sentirlo ti piace, mi fa pensare al mare!”, racconta sorridendo.
Chi la conosce è felice per lei: è felice di ritrovarla tra i colori e i profumi della frutta di
stagione, il vociferare del supermercato e i clienti che le chiedono quale sia la verdura
migliore da comprare. D. si intrattiene volentieri a scambiare due chiacchiere con la
clientela per alleggerire la fatica di quella che sarà l'intera giornata. Si muove in modo
sicuro, percepisce quell'ambiente ormai come fosse “suo”: un tempo anche lei semplice
cliente, oggi invece dipendente di quel supermercato nel quale, decisa, passa da un
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reparto all'altro. Sa bene cosa si deve fare e come bisogna farlo, il suo datore di lavoro
le ha spiegato l'importanza di sistemare la merce sugli scaffali rispettando un ordine
rigoroso e D. mette in pratica queste indicazioni con la motivazione di chi vuole dimostrare
a sé stesso e agli altri, di poter riuscire bene giorno dopo giorno.
Il titolare del supermercato la descrive come una donna sveglia, solare, a volte un po'
“chiacchierona”, che ama quello che fa: “questo è positivo per il clima lavorativo dell'intera
azienda”. D. sorride a ogni cliente senza chiedere nulla in cambio, se non continuare a
sentirsi una persona viva, “utile” per i figli e negli ultimi tempi anche per il suo datore
di lavoro.
Le giornate scorrono veloci, le cose da fare sono tante, non è semplice dividersi tra
famiglia e lavoro quotidiano, ma il bello della partita sta proprio in questo, nella capacità
di sapersi organizzare in funzione di un impegno costante, dando ogni risorsa che si
possiede e spingendosi più in là di quanto si è sempre osato.
La remunerazione mensile per D. è qualcosa che alimenta la motivazione a essere
costante, è garanzia di salvaguardia del benessere dei suoi figli: quei figli tenuti lontano
per così tanto tempo, un tempo infinito per il suo cuore! Figli da riconquistare con l'amore
che si è sempre portata dentro e con la capacità di garantire loro le cure che meritano.
Il lavoro le ha dato una marcia in più, le ha fatto comprendere l'importanza della puntualità,
del rispetto delle regole in ambito lavorativo: “Ci sono riuscita”, riferisce lei stessa con
una punta d'orgoglio. Il capo forse vorrebbe tenerla per il periodo estivo, ma è ancora
tutto molto incerto. Si spera che periodi migliori per il mercato del lavoro possano arrivare
portando un incremento delle vendite. L'incertezza fa crescere in D. l'ansia per quel
futuro che non riesce ancora a immaginare come vorrebbe, ma nel quale si vede proiettata
con la determinazione che l'ha contraddistinta anche nei momenti più critici.
D. mi dice di aver “preso il volo” e non ha intenzione di planare. La riscoperta della
capacità di gestire il suo ruolo di donna e di madre la rinforza nell'affrontare i dubbi che
si affacciano tra i suoi pensieri. Non può fermarsi ora.
Quest'esperienza le ha insegnato tanto, lasciandole il segno al pari del suo passato: “un
passato che ho scelto, per questo devo essere in grado di scegliere anche il futuro”.
Forse ora possiede più strumenti per farlo, più competenze da mettere in campo e più
risorse da investire nel modo giusto.
E poi ci sono i sorrisi dei suoi figli: quelli valgono sempre la pena di rialzarsi, superando
a testa alta ogni battaglia che si è cominciata.
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9. “Il bisogno impellente di comunicare”
(Storia di M., anni 50)
“L'autismo non è un una malattia semplice e mia figlia non si riesce a gestire..”, con questa
frase che non lascia spazio a troppe interpretazioni M. si racconta, sguardo basso, occhi
lucidi, voce colma di emozione, aprendo senza preamboli uno spaccato sulla sua vita segnata
dalla malattia che ha colpito sua figlia più piccola.
M. è una donna sola, con due figlie avute da una relazione con un uomo tossicodipendente
del quale non ha notizie da un tempo che non ricorda nemmeno. La sua sfida è quotidiana,
è la lotta alla sopravvivenza per il bene delle sue figlie, oltre che di sé stessa; è una battaglia
per garantirsi almeno il minimo per rendere la vita degna di essere chiamata tale, animata
da quella forza di volontà estrema risultato della disperazione e del peso della solitudine.
L'autismo è un disturbo complesso e M. non ha mai voluto ricorrere al sostegno di strutture
specializzate per paura che non sapessero badare a sua figlia con l'amore e la pazienza che
la situazione richiede. Nessun aiuto esterno, nemmeno da sua madre che lei stessa descrive
“inadeguata e agitata” per comprendere le complessità di sua figlia, che solo i suoi occhi
di madre sanno cogliere. Medicine costose da comprare mensilmente, pensieri che corrono
troppo velocemente per essere fermati e un senso di impotenza misto a solitudine, del quale
vorrebbe liberarsi gridando al mondo intero la sua urgenza di trovare una via di fuga.
Una vita, quella di M., trascorsa ad arrangiarsi da un lavoro all'altro, presso famiglie private
e associazioni in cui dare una mano agli altri, è proprio in una di queste, di sostegno per
soggetti dipendenti che M. ha conosciuto quel “compagno sbagliato”, poi dileguatosi senza
lasciare più traccia alcuna, senza sentire il bisogno di avere notizie di lei e delle loro figlie.
Poi, finalmente, una boccata d'aria: la possibilità di partecipare a un progetto di dodici mesi
di borsa-lavoro proposto dall'Assistente Sociale del suo Comune. Il progetto si chiama “Isola”
e questo le fa venire in mente un piccolo “approdo di pace” al quale potersi aggrappare a
dispetto di una realtà che non risparmia di farle sentire il suo peso.
M. ha iniziato lo scorso Aprile a lavorare per il Comune del suo Paese, un luogo comodo che
le permette di conciliare gli orari della scuola delle figlie con quelli del suo lavoro. L'emozione
è tanta, la possibilità di poter contare su un'entrata fissa mensile fa sentire fortemente la
responsabilità di essere all'altezza del compito, di riuscire a interiorizzare pienamente le
indicazioni che gli operatori del Progetto le offrono già in fase di formazione. Una formazione
in aula, prima di iniziare, che la fa sorridere forse un po' amaramente, come se fosse
“ritornata a scuola”, riportandole la malinconia di ciò che avrebbe potuto essere e che invece
non è stato: tra i suoi sogni c'erano le professioni d'aiuto, il desiderio di diventare Assistente
Sociale e supportare gli immigrati nel loro percorso di inserimento in un Paese straniero.
28
Il Comune è un posto dove M. si sente finalmente accolta, valorizzata, riconosciuta, nel quale
ritrova quel “calore familiare” da sempre mancatole, assieme a un senso di adeguatezza e
riconoscimento che la spinge a percepirsi più autonoma, “meno problematica” e più sicura.
Il lavoro che svolge le permette di stare con gli altri, di relazionarsi con gente diversa. Oltre
all'attività di pulizia, le capita spesso di dover rispondere al telefono del centralino, un'occasione
per parlare con “gente importante”, come lei la definisce, e questo le dà un senso d'orgoglio
che manifesta con vivo piacere: “bisogna parlare bene in Italiano, e per essere educati non
c'è bisogno di avere una laurea!” .
Il lavoro la impegna tutte le mattine, offrendole degli spazi per sé stessa e per dare voce a
quel bisogno impellente di comunicare a cui troppo spesso ha dovuto rinunciare. E' tanta
l'amarezza e il rimpianto che emergono da ogni parola di M.: il rimpianto di non aver potuto
percorrere la strada desiderata, di non essere riuscita a coltivare le proprie risorse, le
potenzialità che sente rimanere inespresse e che riesce a tirar fuori durante gli incontri con
la Psicologa del Progetto che mensilmente segue con le altre beneficiarie di “Isola”. E' proprio
in quei momenti di condivisione che M. si racconta, abbassa le difese, esce allo scoperto
liberando le ansie per un futuro che non le offre ancora la certezza dell'autonomia.
Dagli incontri con la Psicologa ha appreso che esistono differenti stili comunicativi e questo
la stupisce, la affascina decisamente. Scoprire quei lati fragili del suo carattere non la
spaventa, al contrario, la induce a fermarsi e a pensare a sé stessa forse come mai aveva
fatto fino a quel momento: e M. si interroga, riflette e chiede aiuto alla Psicologa su “come
si può cambiare quel modo passivo di comunicare”, affinché quella timidezza che da troppi
anni le pesa addosso possa ridursi, affievolirsi, evolversi in una direzione diversa verso una
maggiore padronanza di sé stessa. Il coraggio di parlare, di chiedere ancora e di osare è
qualcosa che le ha insegnato questo nuovo lavoro che le permette di costruire quelle relazioni
tanto desiderate: i colleghi le vogliono bene, la rispettano, la fanno sentire parte di quel
mondo ordinato che le assegna un ruolo attivo e la sottrae da quel senso di impotenza che
accompagna il suo rientro a casa.
“La vita non può cambiare del tutto in dodici mesi”: M. è una donna realista, sa cosa può
chiedere al domani, ma forse è ancora incapace di guardare in là con un po' di ottimismo.
Spesso l'ansia la invade al pensiero del termine della borsa-lavoro, un'esperienza così
significativa per la sua esistenza da non riuscire ad accettarne facilmente il termine. Un ponte
per oltrepassare l'immobilità quotidiana, per riappropriarsi delle proprie risorse, lasciandole
emergere e potenziarle. Speriamo per lei, che questo circolo virtuoso possa proseguire.
29
- L'eguale rispetto per chiunque (jedermann) non concerne chi è
simile a noi, bensì la persona dell'altro (degli altri) nella sua specifica diversità.
E la responsabilità solidale per un altro visto come uno di noi si
riferisce in realtà al "noi" flessibile di una comunità che - riluttante
verso ogni forma di sostanzialità - estende sempre "più in là" i suoi
porosi confini. Questa comunità morale può fondarsi soltanto sull'idea negativa di
eliminare discriminazioni o sofferenza e di includere gli emarginati (ogni emarginato)
nell'ambito del reciproco rispetto.
Inclusione qui non significa accaparramento assimilatorio né chiusura contro il diverso.
Inclusione dell'altro significa piuttosto che i confini della
comunità sono aperti a tutti: anche - e soprattutto - a coloro che
sono reciprocamente estranei e che estranei vogliono rimanere. Jürgen Habermas
(L'inclusione dell'altro, 2008)
30
CAP. 2: “ISOLA”
Progetto di Inclusione Sociale che fornirà una lettura partecipata degli interventi realizzati
da Comunità S. Francesco per promuovere nel mercato del lavoro di un target specifico
di destinatari individuati nell'ambito della definizione di “soggetto svantaggiato 2”.
2.1 Soggetto attuatore, destinatari, riferimenti normativi e stakeholder
SOGGETTO ATTUATORE: “Comunità S. Francesco” presente dal 1996 in vari ambiti
territoriali, con programmi d'intervento finalizzati al miglioramento della qualità di vita
delle fasce più fragili di popolazione.
RIFERIMENTO NORMATIVO: AVVISO n. 6 /2011 Regione Puglia - Partner finanziatore -:
P.O. Puglia 2007 - 2013 Fondo Sociale Europeo, Asse III - Inclusione Sociale.
BENEFICIARIE: donne sole con figli e in situazione di forte disagio sociale e
economico, individuate dai Servizi Sociali degli Ambiti di appartenenza in collaborazione
con gli altri Servizi Territoriali, rispettivamente per gli Ambiti Territoriali Sociali di Campi
Salentina, Maglie e Putignano, rispettivamente così distribuite: 8 beneficiarie per
l'Ambito di Campi Salentina; 12 beneficiarie per lAmbito di Maglie; 10 beneficiarie per
l'Ambito di Putignano.
METODOLOGIA ATTUATA: Desk Analysis; Ricerca - azione - partecipata.
2.2 “MISSION E VISION” di COMUNITA' S. FRANCESCO: inserimento lavorativo inclusione sociale
L'inclusione socio-lavorativa delle persone che si trovano in una condizione di svantaggio
sociale costituisce un tema complesso sia sul piano teorico, che su quello operativo e
normativo. La nozione di “svantaggio sociale” è alquanto difficile da definire essendo
di per sé ampia in ragione della pluralità delle biografie e dei profili in cui può manifestarsi.
Si impone la necessità di riflettere profondamente sulla complessità dei “bisogni” a
carico di persone che versano in una condizione di fragilità, determinata spesso
dall'interazione di fattori molteplici, quali, il disagio e l'emarginazione sociale, le condizioni
di dipendenza da alcool o da stupefacenti, la presenza di patologie specifiche, la disabilità,
ecc. Queste condizioni risultano ulteriormente aggravate dal periodo di grave crisi
economica che attraversiamo in cui i problemi e le tensioni ricadono maggiormente sulle
persone più fragili, più deboli e più emarginate.
Con la volontà di realizzare un “welfare inclusivo”, e nell'urgenza di superare sussidi
temporanei dettati da logiche assistenziali, Comunità S. Francesco ha previsto, per gli
Ambiti Territoriali di Maglie, Campi Salentina e Putignano, la possibilità di sperimentare
2
Legge n.381/1991, al Reg. Comunitario n. 800/2008 e al Regolamento Regionale n. 2/2009.
31
una reale esperienza di inserimento lavorativo a donne sole e con figli, beneficiando
dello strumento di borsa-lavoro per la durata complessiva di 12 mesi - 1 mese di
attività di formazione in aula, 11 mesi di inserimento in azienda - e, di un Progetto
Individualizzato, orientato alla piena integrazione sociale di ogni singola partecipante
(Avviso 6/2011).
I risultati illustrati nel presente Report intendono rappresentare, in modo esaustivo, il
panorama delle risposte attivate sul territorio da Comunità S. Francesco, fornendo,
al contempo, elementi utili che possano trasformarsi in buone prassi, da adottare per
il superamento delle criticità esistenti.
2.3 Obiettivi
In riferimento a tale quadro, e tenuto conto degli interventi programmati nei Piani Sociali
di Zona di Maglie, Campi Salentina e Putignano, gli obiettivi specifici che “Isola” si è
preposto di conseguire sono stati:
- attivare un servizio di orientamento a favore delle beneficiarie, al fine di acquisire
consapevolezza delle proprie abilità, risorse e motivazioni, facilitando così il processo
di inserimento lavorativo;
- favorire l'accrescimento del patrimonio delle competenze tecnico-specifiche e
trasversali, per rendere le beneficiarie più autonome nella ricerca del lavoro e nel
suo mantenimento;
- coinvolgere e responsabilizzare gli attori sociali a livello locale nell'azione di
promozione e sostegno di interventi integrati sul territorio in favore di donne in condizioni
di conclamato svantaggio;
- creare rapporti dinamici con le imprese locali disponibili ad accogliere le beneficiarie
con borse-lavoro in azienda e, successivamente, nel loro organico.
2.4 Punti di forza
- Centralità delle beneficiarie: protagoniste attive del loro processo di inserimento e
di cambiamento esistenziale;
- Metodologia partecipata: responsabilizzazione e sensibilizzazione di tutti gli attori
sociali coinvolti nell'azione di promozione e sostegno di interventi integrati sul territorio;
- Gruppo di lavoro: Equipe Psico-Socio-Pedagogica, Equipe Formativa e Staff
Organizzativo;
- Monitoraggio e Tutoraggio delle beneficiarie lungo l'intero iter di inserimento
lavorativo;
- Network: coinvolgimento delle associazioni imprenditoriali, di enti di formazione, delle
organizzazioni del Terzo Settore e collaborazione con i Servizi Territoriali (oltre ai Servizi
Sociali, Consultori Familiari, Centri Antiviolenza, UEPE, CSM, Ser.T), funzionale ai fini
32
dell'elaborazione, definizione e condivisione del progetto individualizzato di inclusione
sociale;
- Rispondenza ai principi di “Mainstreaming Gender” e di “non discriminazione”.
Fig.1 Punti di forza di “ISOLA”.
Centralità delle
beneficiarie
Principi di
“Mainstreaming
Gender” e “Non
discriminazione”
Metodologia
partecipata
Punti di
forza di
“ISOLA”
Network
Gruppo lavoro
Monitoraggio e
tutoraggio
Il principale punto di forza di “Isola” (fig.1) consiste nell'aver realizzato una sinergia
virtuosa tra più elementi diversi, che, muovendo dal superamento di interventi legati a
logiche assistenzialistiche in direzione di un “welfare condiviso”, hanno prodotto un
modello di intervento costituente l'identità del modus operandi di “Comunità S. Francesco”.
La centralità assegnata alle beneficiarie del Progetto si attua attraverso una metodologia
partecipata che, lavorando sul doppio binario formazione-orientamento e monitoraggiotutoraggio nel contesto aziendale, ha reso possibile il conseguimento della piena integrazione
in azienda, lo sviluppo di competenze tecnico-specifiche e trasversali, nonché l'acquisizione
di strumenti fondamentali per la ricerca autonoma di lavoro. Tale aspetto metodologico si
è accompagnato, per le borsiste, sul piano prettamente personale, al recupero del proprio
sé, della propria identità di donna e della propria autostima, elementi irrinunciabili per
la riuscita di un significativo reinserimento sociale. Il Network, tra gli attori coinvolti
nell'intervento, ha favorito il perseguimento degli obiettivi definiti, nella fase di start-up, nei
Progetti Individualizzati, dall'Equipe psico-socio-pedagogica, grazie a una intensa
attività di rete tra Servizi Territoriali, organizzazioni del Terzo Settore e associazioni
imprenditoriali, assicurando, non da ultimo, il rispetto dei principi di “Mainstreaming Gender”
e di “non discriminazione” da promuovere e tutelare in modo totale.
33
CAP. 3: FASI DEL PROCESSO
“Isola” si è articolato in fasi che hanno previsto azioni propedeutiche di sperimentazione
e di supporto trasversale. Nello specifico:
- 1ª fase START-UP;
- 2ª fase DESK ANALYSIS: INDIVIDUAZIONE DEI POSSIBILI BACINI OCCUPAZIONALI;
- 3ª fase SPERIMENTAZIONE: IL PROCESSO METODOLOGICO ATTUATO;
- 4ª fase RICERCA - AZIONE: VALUTAZIONE E DIFFUSIONE DEI RISULTATI.
1ª fase - START-UP di coordinamento e amministrazione del Progetto: nella prima
fase, al fine di garantire una gestione efficace delle risorse progettuali, si è proceduto
alla costituzione di un gruppo di lavoro, articolato nel seguente modo:
- Equipe formativa: Tutor Educatrice, Tutor psicologo, Valutatrice, Orientatore. Tali
figure professionali si sono occupate della fase di selezione orientativa, effettuata attraverso
il bilancio di competenze delle beneficiarie, l'analisi delle problematicità esistenti, nonché
l'acquisizione ed elaborazione di strumenti operativi.
- Equipe psico-socio-pedagogica: costituita da Assistenti Sociali, Psicologi, Educatrici,
si è focalizzata sui processi di monitoraggio, supporto e tutoraggio delle beneficiarie,
lungo l'intero iter progettuale;
- Gruppo di lavoro interistituzionale: composto da rappresentanti di Istituzioni e di
Enti pubblici, di servizi privati e di altri soggetti interessati all'avvio di percorsi di inclusione
sociale, con la funzione di discutere gli step realizzati nelle diverse fasi, ed i risultati
conseguiti, per proporre un modello innovativo di intervento;
- Staff organizzativo: costituito dai Responsabili dell'amministrazione e rendicontazione
del Progetto.
2ª fase - DESK ANALYSIS - INDIVIDUAZIONE DEI POSSIBILI BACINI OCCUPAZIONALI
La necessità di formulare un modello di intervento, in grado di far emergere buone
prassi, da applicare al processo di inserimento delle beneficiarie, ha comportato un'attività
di desk analysis del mercato del lavoro in Puglia, con riferimento alla condizione di
occupabilità femminile, unitamente alla individuazione dei bacini occupazionali
tendenzialmente interessati ai target:
• Desk analysis del mercato del lavoro e del quadro regionale in materia di
occupazione;
• Ricognizione dei soggetti e delle risorse attive nelle Politiche e nei servizi di
inclusione sociale e individuazione dei bacini occupazionali tendenzialmente interessati
ai target.
Desk analysis del mercato del lavoro e del quadro regionale in materia di occupazione
34
L'attività di desk analysis del mercato di lavoro effettuata avvalendosi dei dati ricavati
dal sondaggio svolto in Autunno 2013 dalla Banca d'Italia 3, lascia emergere il quadro
di riferimento qui di seguito riportato.
Nei primi nove mesi del 2013, è proseguito in Regione il calo dell'attività produttiva
iniziato lo scorso anno. Secondo il sondaggio svolto in autunno 2013 dalla Banca d'Italia,
presso un campione di imprese industriali, il fatturato e gli investimenti hanno continuato
a diminuire. Sono proseguite le difficoltà del settore delle costruzioni, che hanno riflesso
la debolezza del mercato immobiliare residenziale e, in minor misura, del comparto delle
opere pubbliche.
Hanno continuato a registrare un andamento positivo le vendite all'estero della
componentistica per autoveicoli, del farmaceutico e dell'alimentare. I risultati dell'indagine
campionaria della Banca d'Italia sul turismo internazionale indicano, per i primi sette
mesi del 2013, un incremento del numero di viaggiatori stranieri in Regione del 12,6
per cento.
Nei primi sei mesi del 2013, le condizioni del mercato del lavoro in Puglia si sono
deteriorate più che nel Mezzogiorno e in Italia; le difficoltà si sono estese anche alle
tipologie di lavoro più stabili e la disoccupazione è aumentata marcatamente.
Il calo dell'occupazione, più marcato rispetto alla media nazionale e a quella del
Mezzogiorno (-2,2 e -4,1 per cento, rispettivamente), si è esteso a tutti i settori. Il settore
terziario, che rappresenta oltre i due terzi degli occupati, ha infatti registrato nel primo
semestre una flessione del 4,7 per cento, più elevata rispetto alla media nazionale e a
quella del Mezzogiorno.
Il numero di persone in cerca di occupazione ha raggiunto 279 mila unità, oltre 50 mila
in più rispetto al primo semestre del 2012. Il tasso di disoccupazione è cresciuto di quasi
quattro punti rispetto al primo semestre del 2012, al 19,2 per cento, livello non distante
dalla media e Mezzogiorno e molto superiore a quella nazionale (12,4 per cento).
La condizione femminile nel mercato del lavoro è caratterizzata da profili di particolari
penalizzazioni rispetto a quella maschile, acuita dall'attuale situazione economica
particolarmente negativa, specie nel Mezzogiorno.
Il tasso di occupazione nel 2012 della popolazione femminile in Puglia è pari al
31,1%, inferiore a quello nazionale e delle altre ripartizioni, così come lo era stato il
valore di 30,1% relativo al 2011.
L'andamento del tasso di occupazione femminile nel 2012 in Puglia, riferito alle varie
classi di età, mostra un picco nella classe 25-34 anni, diversamente da quello che
3
Rapporto Banca Italia - Puglia Novembre 2013.
35
accade a livello nazionale e nelle diverse circoscrizioni, in cui il picco si registra nella
classe 35-44 anni.
Il tasso di disoccupazione femminile è molto più alto di quello nazionale per le donne
con licenza elementare (+5,1%), con licenza media (+7,5%), con diploma (+8,3%) e
con laurea (+4,8%)4 . Fig. 1.
Variazione tasso di disoccupazione femminile
rispetto al valore nazionale
Laurea
4,80%
8,30%
Diploma
7,50%
Licenza media
5,10%
Licenza elementare
Fig. 1
Un ulteriore riscontro sulla situazione della manodopera femminile può essere evidenziato
quando si mostra che il 12,2% delle occupate pugliesi lavora nell'agricoltura (nel
Mezzogiorno è solo il 5,5% ed in Italia il 3,7%). Fig. 2.
Tasso di occupazione femminile in Agricoltura
Italia
Mezzogiorno
Puglia
3,50%
5,50%
12,2%
Fig. 2
4
Ufficio Statistico Regione Puglia: Focus Novembre 2013. Istat- Rilevazione Continua Forze Lavoro; Eurostat- Statistiche su NEET
(Not in Employment, Education or Training).
36
Nonostante tale quadro di riferimento, la scelta di Comunità S. Francesco per le beneficiarie
di “Isola” si è orientata verso l'individuazione di aziende for profit, presenti sul territorio,
nella convinzione che solo tale tipologia di realtà avrebbe rappresentato un'occasione
concreta di prosieguo del percorso di inserimento, al termine dell'esperienza di borsa
lavoro, rispetto ad azioni di tipo meramente assistenzialistico.
Ricognizione dei soggetti e delle risorse attive nelle Politiche e nei servizi di inclusione
sociale. Individuazione dei bacini occupazionali tendenzialmente interessati ai target
Tenuto conto della complessità della tematica dell'inclusione sociale, e degli interventi
programmati dai Piani Sociali di Zona degli Ambiti Territoriali di Maglie, Campi Salentina
e Putignano, si è proceduto a stilare una mappatura dei soggetti e delle risorse
attive nelle Politiche e nei servizi di inclusione sociale presenti sul territorio, gettando
le basi per la creazione di un network di collaborazione tra attori pubblici e privati,
coinvolti nella realizzazione del Progetto.
Nel contempo, la Tutor di Progetto e i Promotori si sono occupati di definire i possibili
bacini occupazionali, tendenzialmente interessati ai target, per mezzo di un'intensa
attività di promozione e “sensibilizzazione”, tesa a diffondere e a far conoscere obiettivi
e opportunità del progetto alla popolazione residente nel territorio, nonché a ricercare
aziende, pronte ad avviare i percorsi di borsa-lavoro.
Le aziende, presenti nei Comuni degli Ambiti di Maglie, Campi Salentina e Putignano,
sono state catalogate attraverso elenchi pubblici, consultazione di siti internet aziendali,
contatti con i diversi professionisti che svolgono mansioni di consulenza aziendale.
Successivamente, le aziende sono state contattate e fissati gli incontri con i relativi
responsabili. Negli incontri con i responsabili aziendali, sono stati chiariti gli obiettivi di
“Isola” e le opportunità connesse all'avvio delle borse-lavoro, esplicitando la possibilità
per le aziende di poter usufruire di nuove risorse umano, per un periodo di undici mesi,
a costo zero.
3ª fase - SPERIMENTAZIONE: IL PROCESSO METODOLOGICO ATTUATO
Muovendo dai risultati ottenuti dall'attività di selezione delle beneficiarie, effettuata
dai Servizi Sociali d'Ambito, nel rispetto dei requisiti di ammissibilità oggettivi e soggettivi
richiesti da “Isola”, si è proceduto all'avvio dell'erogazione dei servizi, che hanno costituito
l'attuazione vera e propria del processo metodologico d'intervento, come di seguito
descritto:
a) Accoglienza-supporto, analisi dei bisogni e rilevazione degli atteggiamenti e
aspettative lavorative delle beneficiarie;
b) Orientamento e couseling - bilancio di competenze;
37
c) Sviluppo formativo di competenze personali, sociali e professionali (formazione
in aula);
d) Progettazione e realizzazione di percorsi di inserimento lavorativo e delle
relative misure di supporto (borse lavoro).
a) Accoglienza e supporto personale delle beneficiarie: analisi dei bisogni e rilevazione
degli atteggiamenti e delle aspettative lavorative
In relazione all'esigenza di ricostruire un contesto personale positivo e ben radicato, e
alla necessità di rilevare bisogni, atteggiamenti e aspettative lavorative delle beneficiarie,
gli operatori dell'equipe psico-socio-pedagogica di “Isola” hanno avviato una serie
di incontri antecedenti gli inserimenti in azienda. Tale scelta operativa ha consentito,
all'Assistente Sociale dell'equipe di progetto, l'elaborazione dei Progetti Individualizzati
per ogni beneficiaria, funzionali a facilitare il percorso di inserimento, e al conseguimento
degli obiettivi di autonomia, potenziamento delle competenze tecnico-relazionali,
consolidamento dell'autostima e dell'identità, indispensabili alla piena integrazione nel
contesto aziendale.
L'attività di analisi dei bisogni delle beneficiarie, e la rilevazione degli atteggiamenti
e delle aspettative lavorative, sono state condotte dal Tutor attraverso colloqui
individuali che hanno favorito il processo di anamnesi delle utenti e la raccolta di
informazioni utili al processo di reinserimento: curriculum vitae, aspetti generali della
personalità, valutazione delle capacità, lo stato dei legami affettivi primari, le aspettative,
gli interessi, le risorse materiali di cui le beneficiarie disponevano e la situazione di disagio
sociale.
b) Orientamento e counseling - Bilancio di competenze
La funzione dell'orientamento è sempre stata quella di facilitare l'accesso alle
opportunità formative, al lavoro ed alle attività produttive esistenti. “Orientare” - secondo
la definizione data dall'Unesco 5 - significa rendere “l'individuo in grado di prendere
coscienza di sé e di progredire, con i suoi studi e la professione, in relazione alle mutevoli
esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di
raggiungere il pieno sviluppo della persona umana”.
Quando si parla di utenze “socialmente e lavorativamente deboli”, un primo elemento
distintivo deriva dal dover inserire il percorso di orientamento all'interno di un
processo più ampio di integrazione sociale, inteso come processo di non discriminazione
e di inclusione delle differenze. Diventa fondamentale delegittimare l'etichettamento,
che può portare gli utenti a identificarsi con una bassa spendibilità sul mercato della
formazione e del lavoro.
5
Congresso dell'Unesco, Bratislava 1970.
38
Forte di tale consapevolezza, l'équipe di “Isola” ha previsto nel proprio modello d'intervento
un servizio di orientamento e counseling, che si richiama alla Teoria Rogersiana
della “relazione centrata sul cliente”, in cui il protagonista principale del processo di
orientamento diviene il soggetto, che risulta in grado di orientarsi autonomamente, se
facilitato nella comprensione/chiarificazione della sua problematica 6: tale assunto, si è
tradotto per le beneficiarie, in un lavoro sulle potenzialità inespresse, sulle capacità,
sulle attitudini e sulle competenze pregresse, senza tralasciare l'aspetto relativo agli
atteggiamenti e alle aspettative lavorative.
Nello specifico, il programma di Orientamento ha previsto un periodo di formazione
pari a 20 ore, condotto dall'Orientatore-Valutatore dell'équipe di “Isola”, suddiviso in
fasi distinte e così strutturate:
- Accoglienza-motivazione: le finalità di questa prima fase sono state quelle di
fornire le informazioni per consentire alle utenti di aderire al bilancio delle competenze;
favorire l'autonomina delle beneficiarie; innalzare i livelli di motivazione;
- Analisi delle esperienze di vita: la seconda fase ha puntato all'individuazione dei
punti critici e alla valorizzazione delle risorse su cui lavorare emerse dall'analisi e
dalla ricostruzione delle esperienze di vita delle beneficiarie;
- Sintesi: ha riguardato la definizione del progetto professionale, la sua messa
in opera e la costruzione del portafoglio competenze delle beneficiarie funzionali a
una maggiore consapevolezza e assunzione del ruolo lavorativo.
La metodologia attuata dall'Orientatore-Valutatore si è avvalsa della somministrazione
di questionari individuali e di gruppo (fig. 2) funzionali al bilancio di competenze e
all'inventario delle risorse personali delle borsiste:
- Scheda di rilevazione utente (dati anagrafici, esperienze formative, professionali, ecc.);
- Scheda di rilevazione utente “Come mi vedo”;
- Bilancio delle competenze “Quanto mi sento efficace”;
- Bilancio delle competenze “Come fronteggio le situazioni critiche”;
- Inventario delle risorse personali.
Fig. 2 Questionari funzionali al bilancio di competenze.
6
QUESTIONARI
TIPOLOGIA
Individuale
Scheda di rilevazione utente
Individuale
Scheda di rilevazione utente “Come mi vedo”
Di gruppo
Bilancio delle competenze “Quanto mi sento efficace”
Di gruppo
Bilancio delle competenze “Come fronteggio le situazioni critiche”
Di gruppo
Inventario delle risorse personali
Iannis G., (a cura di), Orientamento e integrazione socio-lavorativa per soggetti svantaggiati, Del Cerro, Pisa.
39
c) Sviluppo formativo di competenze personali, sociali e professionali: alternanza
formazione in aula - azienda
L'esigenza di mettere a fuoco potenzialità e risorse inespresse delle borsiste, si è
accompagnata con la necessità di effettuare un periodo di formazione della durata di
un mese, che ha previsto l'alternanza di lezioni in aula svolte dalla docente dell'équipe
di “Isola” e di una formazione tecnico-professionale personalizzata in azienda antecedente
all'avvio della borsa-lavoro.
La scelta di Comunità S. Francesco è stata quella di puntare su un'attività formativa
in grado non solo di valorizzare al meglio le potenzialità delle utenti, ma anche di formare
le borsiste a una tenuta produttiva visibile a garanzia e riduzione di pregiudizi da parte
del datore di lavoro.
L'attività di formazione in aula si è organizzata su tre moduli e ha mirato all'acquisizione
di nozioni “base” e trasversali applicabili a ogni contesto lavorativo. Le tematiche
oggetto della formazione sono state:
-
Sicurezza sul lavoro (D. Lgs 81/2008);
Contratti di lavoro (analisi delle diverse tipologie contrattuali);
Personal computer (indicazioni funzionali alla creazione di un Curriculum Vitae
e gestione di posta elettronica) .
La formazione in aula oltre all'ampliamento delle conoscenze inerenti ai diritti e doveri
dei lavoratori, ha consentito alle beneficiarie di sperimentare l'esperienza del “gruppo”
- elemento determinante per produrre cambiamenti - gettando le basi per la tenuta
relazionale di ruolo all'interno di un contesto lavorativo, premessa irrinunciabile per una
positiva integrazione con lo staff e il contesto aziendale.
La formazione tecnico-professionale svolta direttamente in azienda ha facilitato nelle
borsiste la conoscenza delle dinamiche aziendali e delle funzioni da espletare, rendendo
“più soft” l'impatto con l'ingresso nella realtà produttive, momento emotivamente forte
per le utenti chiamate alla riorganizzazione dei propri tempi in funzione di un impegno
quotidiano costante.
Fig. 3 Orientamento - Formazione.
ORIENTAMENTO
CONSULTING
COMPETENZE
40
ALTERNANZA
FORMAZIONE
AULA-AZIENDA
d) Progettazione e realizzazione di percorsi di inserimento lavorativo e delle relative
misure di supporto (borse lavoro)
E' questa la fase dell'ingresso in azienda delle beneficiarie che ha ricoperto un arco
temporale di undici mesi, retribuito con una borsa-lavoro di 500,00 Euro mensili più
rimborso spese.
Le caratteristiche di tale fase sono stati gli elementi che hanno contraddistinto la strategia
operativa di Comunità S. Francesco e che si identificano nelle seguenti attività:
-
-
-
Formazione operatori Equipe Psico-Socio-Pedagogica e degli attori locali;
Tutoraggio e Accompagnamento;
Monitoraggio e Valutazione in itinere.
Formazione operatrici Equipe Psico-Socio-Pedagogica e attori locali: l'attività
di formazione è stata prevista non solo per le borsiste, ma anche per gli attori locali
e gli operatori dell'equipe di “Isola”; si è concentrata sullo sviluppo di competenze
sulla programmazione dell'intervento, sul lavoro di rete, sul coordinamento
e gestione delle risorse e sulle tematiche sociali e ambientali nell'ottica di uno
sviluppo sostenibile a livello operativo.
Tutoraggio e accompagnamento: si sono rivelati processi decisivi per la riuscita
dell'integrazione delle beneficiarie nella realtà aziendale. Partendo dalla considerazione
della specificità di ogni singola persona, è stata attuata una metodologia basata
sull'abilità di verifica e di correzione in corso, al cui interno sono stati associati tutti
i partner di “Isola”: le beneficiarie, la tutor, l'équipe, gli operatori pubblici e le stesse
aziende ospitanti. Gli inserimenti non sono sostenibili se anche le imprese non
attivano processi di facilitazione all'inserimento e all'integrazione; di conseguenza,
Comunità S. Francesco ha previsto la possibilità di sperimentare non solo processi
di presa in carico globale delle borsiste, ma anche di “presa in carico” globale
dell'azienda. Ogni referente aziendale ha potuto contare lungo l'intero percorso di
borsa-lavoro, sulla presenza costante delle operatrici dell'equipe psico-sociopedagogica (Tutor, Assistenti Sociali, Educatrici) che hanno svolto la funzione
di trade union tra esigenze produttive e i bisogni delle borsiste.
Monitoraggio e valutazione in itinere: sono stati caratterizzati dall'osservazione
diretta effettuata dalle operatrici dell'equipe psico-socio-pedagogica del processo
di inserimento in fieri. L'osservazione in “Isola” diviene elemento centrale per
individuare difficoltà o criticità emerse e valutare se gli obiettivi previsti dal Progetto
Individualizzato sono stati conseguiti. Di pari passo all'osservazione nel contesto
aziendale, sono stati previsti a cadenza mensile gli incontri con la Psicologa
d'équipe di Progetto che attraverso l'utilizzo di tecniche quali circle-time, test sui
livelli di stress e autostima, hanno dato vita a momenti di restituzione del vissuto
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dell'esperienza di borsa-lavoro da parte delle beneficiarie, consentendo l'elaborazione
e il superamento delle difficoltà riportate e una migliore gestione dello stress legato
allo svolgimento dei compiti previsti all'interno dell'azienda ospitante. La valutazione
in itinere è stata effettuata periodicamente dall'équipe formativa che ha analizzato
i dati delle schede di osservazione, i dati delle riunioni di équipe e dei colloqui
individuali valutati attraverso griglie suddivise nelle seguenti sfere d'intervento:
- capacità relazionali e autonomia;
- motivazione al lavoro e al contesto lavorativo;
- tenuta dei ritmi di lavoro;
- competenze professionali acquisite rispetto agli obiettivi definiti dal Progetto
Individualizzato.
Gli strumenti utilizzati per l'attività di monitoraggio e valutazione in itinere sono stati:
scheda monitoraggio utente; scheda monitoraggio referente aziendale; scheda per la
valutazione degli esiti; scheda di verifica finale con la beneficiaria; scheda di verifica
finale con utente aziendale; scheda di valutazione finale degli impatti.
Fig. 4 Il Processo Metodologico nei suoi principali nuclei d'intervento.
ANALISI
BISOGNI
ORIENTAMENTO
CONSULTING
COMPETENZE
FORMAZIONE EQUIPE
TUTORAGGIO
ACCOMPAGNAMENTO
MONITORAGGIO
VALUTAZIONE
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ALTERNANZA
FORMAZIONE
AULA-AZIENDA
4ª fase: RICERCA - AZIONE PARTECIPATA: VALUTAZIONE E DIFFUSIONE DEI
RISULTATI
La fase di Ricerca - Azione - Partecipata ha previsto la collaborazione di:
Per l'ATS di MAGLIE:
- Attori ambito Pubblico: Responsabili dei Servizi Sociali d'Ambito, Responsabili di
Uffici di Piano, Consultori Familiari, Figure Istituzionali deputate alle Politiche Sociali;
- Attori Privato Sociale: Operatrici di Cooperative Sociali, Responsabili Aziendali;
- Aziende Ospitanti: Supermercato “SPESA PIU'”, Melpignano; Autosalone
“AUTO - IN”, Muro Leccese.
Per l'ATS di CAMPI SALENTINA:
- Attori ambito Pubblico: Responsabili dei Servizi Sociali d'Ambito, Responsabili di
Uffici di Piano, Consultori Familiari, Figure Istituzionali deputate alle Politiche Sociali;
- Attori Privato Sociale: Operatrici di Cooperative Sociali, Responsabili Aziendali;
- Aziende Ospitanti: Centro per la Famiglia e Antiviolenza “IL MELOGRANO”,
Squinzano; Centro Diurno Socio Educativo riabilitativo “L'OTTAVO GIORNO”,
Squinzano; “OASI MAMMA BELLA”, Campi Salentina.
Per l'ATS di PUTIGNANO:
- Attori ambito Pubblico: Responsabili dei Servizi Sociali d'Ambito, Responsabili di
Uffici di Piano, Consultori Familiari, Figure Istituzionali deputate alle Politiche
Sociali;
- Attori Privato Sociale: Operatrici di Cooperative Sociali, Responsabili Aziendali;
- Aziende Ospitanti: “BOULANGERIE MARILISA”, Castellana Grotte; “OMNIABOX”,
Noci; “PANIFICIO RECCHIA”, Noci.
La fase di Ricerca - Azione - Partecipata ha caratterizzato l'analisi qualitativa dei
risultati conseguiti dalle beneficiarie, attraverso la valutazione delle interviste
somministrate alle beneficiarie, e a tutti gli attori sociali coinvolti nel Progetto.
-
Strumenti d'indagine qualitativa: le interviste
Somministrate alle beneficiarie di “Isola” e a tutti gli attori coinvolti nel Progetto, le
interviste sono state definite attorno a otto categorie oggetto di analisi, al fine di offrire
una chiara fotografia, del processo di trasformazione attuato dall'esperienza di borsa
lavoro ed effettuare una valutazione qualitativa dei risultati conseguiti.
Nello specifico, sono state individuate le seguenti categorie oggetto d'analisi:
- 1° Background: situazione antecedente al lavoro (componenti socio - anagrafiche
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e culturali);
2° Emozioni: derivanti dall'assenza di lavoro (scoraggiamento, autovalutazione, ecc.);
3° Significato attribuito al lavoro: rapporto tra identità e lavoro, valore attribuito
al lavoro, motivazione nella ricerca del lavoro, necessità di lavoro;
4° Tempi di vita e di lavoro: tempi di lavoro e spazi per sé; il lavoro vissuto come
sprone per uscire da casa e prendersi “cura di sé”, fattore fondamentale al mantenimento di un sano equilibrio e per la salvaguardia del proprio benessere complessivo;
5° Strategie di ricerca e di lavoro: supporti istituzionali e relazionali, risorse e
supporti personali;
6° Opinioni sulla gestione del lavoro: sentirsi all'altezza del compito assegnato,
abilità acquisite o ulteriormente sviluppate, sentimento di effettiva integrazione nel
contesto lavorativo;
7° Trasformazione personale: risorse attivate e processi di trasformazione nel
vissuto della propria quotidianità;
8° Aspettative per il futuro: consapevolezza del proprio progetto di vita, progettualità
futura.
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Scelta del campione di riferimento: le beneficiarie
Il campione di riferimento per le beneficiarie è stato quello di tre donne rispettivamente
per gli Ambiti Territoriali di Maglie, Campi Salentina e Putignano, d'età compresa tra
i 30 e i 50 anni. I criteri di scelta sono stati effettuati sulla base dei risultati particolarmente
positivi raggiunti dalle borsiste in termini di conseguimento degli obiettivi di autonomia,
motivazione e piena integrazione nella realtà aziendale, sviluppo e acquisizione di strumenti
operativi funzionali per una possibile ricerca lavorativa futura, nonché la possibilità per
alcune, di trasformare la borsa-lavoro in una futura collaborazione lavorativa con
l'azienda ospitante.
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Valutazione dei risultati
Le interviste di seguito riportate, e suddivise per Ambito Territoriale, si propongono
di fornire una valutazione dei percorsi effettuati dalle beneficiarie, attraverso la voce
delle stesse e le considerazioni degli attori dell'ambito Pubblico e del Privato sociale.
Si auspica che, la restituzione e diffusione dei seguenti risultati, unita all'individuazione
dei bisogni e delle attese espresse dalle beneficiarie, possano tradursi in valido feedback
per futuri interventi, e nell'elaborazione di policies centrate sulla multidimensionalità
dei bisogni dei beneficiari finali.
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Interviste: Ambito Territoriale Sociale di MAGLIE
Le interviste qui di seguito riportate, condotte nell'ATS di Maglie, offriranno una chiara
fotografia del percorso di inserimento delle beneficiarie, valutato in toto, attraverso
le considerazioni di tutti gli attori convolti: le stesse borsiste, le operatrici dell'Equipe
Psico - Socio - Pedagogica; i Responsabili aziendali; i referenti dell'ambito Pubblico e
del Privato Sociale; le Figure Istituzionali deputate alle Politiche Sociali.
La voce delle beneficiarie
Dalle parole delle beneficiarie si intravede un cambiamento sostanziale rispetto
all'organizzazione del proprio tempo, definito “pieno” e diverso, che offre la possibilità
di percepirsi impegnate e utili, produttive per sé e per i propri figli, grazie alla retribuzione
economica della borsa-lavoro. Un cambiamento che si riflette anche nella sfera dell'identità
(ri)definita in termini meno problematici e più propositivi, segno evidente di una crescita
dell'autostima, della motivazione e di una capacità progettuale più concreta. E' costante
l'ansia del “dopo” e del futuro, ma permane la volontà di continuare a lavorare per dare
un senso alla propria esistenza, e a quella dei figli, risultato di una maturazione consapevole,
e dell'acquisizione di strumenti operativi funzionali all'assunzione del ruolo lavorativo.
• Beneficiaria: D., anni 36, (separata, 3 figli minorenni)
- Op.: Potresti descrivere brevemente la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
Raccontami un po' com'erano le tue giornate..
- D.: Prima di iniziare a lavorare qui ero molto preoccupata per i miei figli, sono
tre. Li ho tenuti lontani per 6 anni, erano affidati a un'altra famiglia...
- Op.: Non dev'essere stato facile stargli lontano così tanto tempo. E la tua famiglia?
Non poteva tenerli?
- D.: No, per niente, sono pieni di problemi e comunque non ho un buon rapporto con
loro...
- Op.: Ho capito. E cosa facevi in quel periodo?
- D.: Ho iniziato a cercare lavoro e ad arrangiarmi con lavori saltuari, facevo pulizie,
vabbè, le faccio anche ora quelle e l'assistenza agli anziani. Adesso però finalmente
sono riuscita a riaverli e stanno di nuovo con me tutti e tre (sorride felice, si illuminano
gli occhi).
- Op.: Sono contenta per te, dev'essere stata davvero una bella vittoria! In generale,
D. che significato attribuisci al lavoro?
- D.: Il lavoro è il pane della vita! Se ti mancano i soldi la famiglia si sbriciola!
- Op.: Com'è cambiata la tua organizzazione del tempo? Com'è il tuo tempo ora?
- D.: Adesso devo organizzare bene la giornata. La mattina devo essere puntuale,
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andare al supermercato, sistemare quello che c'è da sistemare, che c'è sempre tanto
da fare, sai no? E poi il pomeriggio devo pensare a sistemare la casa e ai miei figli,
vedere quello che manca, se c'è bisogno di fare la spesa. Insomma, le solite cose che
si fanno..
- Op.: Certo è impegnativo stare dietro alla casa, i figli e al lavoro, ce la fai a fare tutto
o ti pesa dover pensare a tante cose insieme?
- D.: No, no ce la faccio, mi piace, mi fa sentire utile.
- Op. Credi che la possibilità di lavorare ti consenta di prenderti più cura di te stessa,
della tua persona?
- D.: Insomma, non mi rimangono molti soldi per me, però posso pensare alle
cose che servono ai miei figli, a non fargli mancare niente e sono contenta.
- Op.: E' una grande soddisfazione immagino. Ascolta, mi racconti com'è iniziato
questo nuovo percorso di borsa-lavoro?
- D.: Si, certo. E' stata l'Assistente Sociale del Comune a dirmi di quest'occasione
e ho accettato subito. Abbiamo iniziato prima a fare la formazione, che quella ci
serviva per “prepararci” proprio al lavoro e poi mi hanno detto che dovevo iniziare
a lavorare in un supermercato.
- Op.: Avete fatto formazione prima di iniziare quindi, l'hai trovata utile? In cosa
consisteva esattamente? Cosa ti ha lasciato?
- D.: Si la formazione per me è stata molto utile. Ci hanno parlato dei contratti di
lavoro e anche di come dobbiamo comportarci al lavoro, come bisogna rispondere
al datore di lavoro, per me è stata davvero utile.
- Op.: Bene, mi pare di averti sentito dire che lavori in un supermercato del tuo paese,
di cosi ti occupi?
- D.: Si, sto alla frutta, alla vendita, ma poi faccio anche altre cose, come per esempio sistemare gli scaffali, la merce nuova che scaricano, no? La metto tutta negli
scaffali, in ordine, c'è sempre da fare..
- Op.: Vedo che ne parli con entusiasmo, ti piace quello che fai? Cosa pensi di aver
imparato di nuovo, che magari potrà tornarti utile anche in un'esperienza lavorativa
futura?
- D.: Mi piace molto quello faccio perché mi fa stare a contatto con la gente. Prima
d'iniziare, avevo “paura” di parlare con la gente. Ora sono diventata più spigliata,
più forte, forse parlo pure troppo adesso (sorride divertita) ! Ogni tanto mi hanno
rimproverata per questo, ma niente di grave, eh? Ah, poi ho imparato a rispettare
gli orari di lavoro e a fare tutto quello che si deve fare nella giornata del supermercato.
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Op.: E con i colleghi come va? Come sono i rapporti con loro, ti senti davvero parte
del contesto lavorativo?
D.: Si certo! I rapporti sono con tutti buonissimi, pure con il datore di lavoro, è bravo.
E poi da subito mi hanno fatto vedere tutto quello che dovevo fare, mi hanno spiegato
come si sistema la merce: ah ecco, un'altra cosa che ho imparato è questa, l'ordine!
Ho imparato a mettere ogni cosa al posto giusto e non a caso come facevo prima.
Op.: Certo l'ordine è importante, quando vai a fare la spesa, in particolare, memorizzi
dov'è una cosa e la volta dopo vai a cercarla sempre nello stesso posto, così risparmi
tempo! Mi fa piacere sapere che l'impatto con il contesto lavorativo è stato buono.
E dalle operatrici d'equipe del progetto, che mi dici? Ti sei sentita realmente supporta
da loro?
D.: Tantissimo! L'Assistente Sociale e l'Educatrice mi sono state sempre molto
vicine. All'inizio venivano qui ogni giorno, mi chiedevano come andava il lavoro,
se avevo bisogno di qualcosa, se c'erano problemi, se mi stava piacendo il posto.
E poi mi piace molto la Psicologa, mi piacciono gli incontri che facciamo con lei
perché mi fa riflettere su come sono io, se ,magari devo cambiare qualcosa di me
per stare meglio. E' bello, non ci avevo mai pensato!
Op.: Ti sei sentita valorizzata grazie a quest'esperienza?
D.: Si mi sono sentita più valorizzata rispetto a prima perché sto facendo un lavoro
diverso dalle pulizie e dall'assistenza e poi ho preso anche più coraggio a parlare:
per esempio, mi sono proposta con i clienti, ho detto alle persone che vengono qui
che faccio anche lavori di pulizie a casa, in caso ne hanno bisogno..
Op.: Brava, sei diventata più propositiva! E sei riuscita a trovare qualcosa?
D.: Si (orgogliosa di sé) ! Una signora mi ha chiesto di andare a fare pulizie da lei
qualche giorno a settimana, così posso arrotondare con i soldi che prendo qui.
Op.: Sei davvero in gamba, brava! Senti so che oggi è giornata di pagamenti, qual
è la prima cosa che farai con i soldi che ti daranno?
D.: Compro qualcosa di scuola ai miei figli!
Op.: Dimmi come ti vedi proiettata in futuro e di cosa hai bisogno?
D.: Ho bisogno per forza di continuare a lavorare, mi servono i soldi per la mia
famiglia e mi vedo lavorare tanto e sempre meglio! Sono spaventata perché non
so se alla fine del contratto mi terranno al supermercato..
Op.: Ti piacerebbe vero? Ti senti più motivata dopo quest'esperienza nella ricerca
di lavoro?
D.: Si, comunque sono ottimista e mi devo dare da fare per trovare, devo lavorare
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per forza! Poi te l'ho detto, sono diventata pure più spigliata da quando lavoro al
supermercato! Mi propongo di più!
- Op.: Questo è importante, bisogna anche farsi conoscere, avere un po' più di coraggio
e mi pare di aver capito che di certo non ti manca! Forza! Grazie D.
- D.: No, non mi manca! Grazie a te!
• Beneficiaria: F., anni 32, (una bambina di 13 anni)
- Op. : Potresti descrivere brevemente la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
Raccontami un po' com'erano le tue giornate?
- F.: Non vivevo bene, mi svegliavo tardi. Passavo le giornate a pulire la casa e a
stare con i miei genitori. Prima ancora, sono stata in una Comunità terapeutica
per tossicodipendenti a Bari, per quasi due anni, ti dico 6-7 anni fa…
- Op.: Come ti sentivi? Che emozioni provavi?
- F.: Ero sempre triste e insoddisfatta..
- Op. : All'uscita dalla Comunità è stata difficile la vita?
- F.: Si molto.. mi sentivo molto sola.. I miei genitori sono sempre stati poco affettuosi
con me.
- Op.: Ho capito, immagino che non deve essere stato semplice ridare un senso alle
tue giornate. In generale, che significato attribuisci al lavoro?
- F.: Mi piace, mi fa sentire utile. Mi piace svegliarmi presto e pensare che devo
andare a lavorare.
- Op.: Com'è cambiata la tua organizzazione del tempo? Com'è il tuo tempo ora?
- F.: Bhe il tempo è diverso, ora so che cosa fare: lavoro la mattina dalle 8 alle
13, poi il pomeriggio lo passo con mia figlia. Ha 13 anni, mi sono persa i primi
anni della sua vita, stava con i miei.
- Op.: Credi che la possibilità di lavorare ti consenta di prenderti più cura di te stessa,
della tua persona?
- F.: Si, ogni tanto vado dal parrucchiere (sorride), ma prima penso a mia figlia,
a comprare quello che gli serve, magari per la scuola…
- Op.: Che brava mamma che sei! Ascolta, mi descriveresti com'è iniziato questo
nuovo percorso?
- F.: E' iniziato che l'Assistente Sociale mi ha detto che c'era la possibilità di
lavorare e io ho detto subito di si! Allora ho iniziato all' “Auto In”, che è un
autosalone di macchine che sta a Muro Leccese.
- Op.: E nello specifico, in cosa consiste l'attività che svolgi?
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F.: Faccio tutto quello che c'è da fare: pulizie, ma anche se c'è da lavare una
macchina e poi faccio anche le fatture. Ho imparato a usare il programma che
c'è al computer, cioè non è difficile eh, però l'ho imparato e faccio anche la fatture,
mi piace!
Op.: Brava! Questa sicuro è un'abilità che potrai utilizzare anche in un altro contesto
lavorativo.. A proposito com'è stato l'ingresso nel contesto di lavoro, voglio dire, è
un momento emotivamente forte, come l'hai vissuto? Ti sei sentita realmente parte
dell'azienda?
F.: Si è stato forte.. Inizialmente, non avendo grande stima di me stessa, avevo
paura che mi vedeva qualcuno che mi conosceva e che poteva influenzare il mio
datore di lavoro.. Con lui ho un bel rapporto e anche con i colleghi. Si ma devo
lavorare, se no giustamente mi rimprovera, devo lavorare bene come tutti! Mi
trovo bene davvero, mi piace, mi vogliono bene e mi prendo anche il caffè con
tutti!
Op.: Quello che dici è davvero bello, vuol dire che sei riuscita a farti apprezzare e
che stai dimostrando di essere professionale, è un grande traguardo, brava! Quali
sono le abilità che pensi di aver acquisito grazie a questo lavoro?
F.: Bhe tante! Allora, a stare innanzitutto con la gente, perché prima stavo sempre
sola e poi finiva che mi legavo a qualcuno di sbagliato per colpa della solitudine..
Poi ho imparato ad alzarmi presto la mattina, a essere puntuale e fare le cose
che ci sono per bene, a non spendere tutti i soldi a caso e a essere più forte e
indipendente.
Op.: Ci sono stati dei momenti “critici” in azienda? Dei momenti in cui magari hai
avvertito un po' lo stress del lavoro?
F.: Ma in generale no, devo dire no… Solo qualche “litigio” ogni tanto con il datore
di lavoro, ma più all'inizio perché non ero puntuale!
Op.: E in questi momenti di difficoltà, anche se piccoli a quanto mi dici, quanto
hanno contato le operatrici d'equipe coinvolti nel progetto? Ti sei sentita realmente
sostenuta da loro?
F.: Si moltissimo, anche se devo dire la verità, all'inizio avevo paura delle educatrici
perché sapevo che passavano per controllare come lavoravo.. avevo paura di non
fare bene le cose, questo sempre per colpa della bassa stima di me! Poi invece
siamo diventate “amiche”, mi hanno spiegato bene come dovevo comportarmi
anche con il datore di lavoro, che dovevo essere puntuale, fare le cose con
attenzione. Insomma loro mi ascoltavano sempre se avevo qualche dubbio! Sono
brave…
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Op.: E' importantissimo avere dei punti di riferimento ed è bello che tu sia riuscita
a comprendere l'importanza di ciò che ti veniva detto. A proposito di operatori
d'equipe, so che avete fatto dei momenti di formazione prima di iniziare. Come li
hai trovati, ti sono stati utili? Cosa ti hanno lasciato?
F.: Si la formazione è stata sui contratti di lavoro, un po' mi annoiavo però è stata
utile, anche per essere più informata io, per capire meglio in caso qualcuno un
domani mi vuole pagare di meno!
Op.: Tornando invece a te F., prova a dirmi quattro aggettivi con cui ti definisci.
F.: Solare, paziente, ottimista, testarda!
Op.: Si lo vedo che sei solare e ottimista, non perdere mai queste belle doti! Pensi
che la possibilità di vivere un'esperienza di borsa lavoro ti abbia fornito degli strumenti
utili per l'inizio di una nuovo percorso di crescita e cambiamento per la tua vita?
F.: Si assolutamente! Ora mi sento più motivata e propositiva. Il lavoro mi ha
dato più fiducia, mi ha fatto capire che ce la posso fare, che le cose le so fare.
Voglio continuare a lavorare, mi piace, mi fa stare bene!
Op.: In termini di arricchimento personale, cosa lasci della “vecchia” F. e cosa porti
nel futuro della “nuova” F.?
F.: Nel passato lascio una bassa autostima e la droga. Nel futuro porto la nuova
F. con un'autostima migliorata, pronta a essere più forte anche nella ricerca di
lavoro.
Op.: E come ti vedi proiettata nel futuro?
F.: Mi vedo più indipendente e sicura. Sto mettendo un po' di soldi da parte per
andare a Rimini a fare la stagione estiva, in caso quando mi scade il contratto
a fine Aprile non mi fanno continuare. Mi piace Rimini, è bella, c'è il mare.. e poi il
mio sogno è trovare un lavoro fisso e avere una casa solo per me e mia figlia.
Op.: Sei una ragazza piena di entusiasmo e di energia, sono convinta che questa
determinazione ti aiuterà a realizzare ciò che stai cercando! Un'ultima domanda a
chiusura di questa bella e interessante chiacchierata: di cosa senti di aver bisogno?
F.: Ora? Di continuare a lavorare!!
Op.: Grazie.
• Beneficiaria: M., anni 50, (separata, due figlie minorenni: una figlia autistica
di 10 anni, un'altra di 17)
- Op.: Potresti descrivere brevemente la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
Raccontami un po' com'erano le tue giornate...
- M.: Prima di lavorare qui mi arrangiavo con lavori di pulizie per il Comune,
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ma erano saltuari. Poi tanti anni fa facevo parte di un'associazione che aiutava i
tossicodipendenti.. Niente, la mattina mi arrangiavo con questi lavoretti e dopo
pensavo a mia figlia tutto il tempo, è autistica.. bisogna seguirla sempre, non
sta mai ferma..
Op.: E non hai nessuno che ti aiuti in questo? Qualche struttura a cui fai riferimento,
alla quale ti appoggi?
M.: No, non è facile trovare un posto dove la seguano come faccio io, è difficile. Non
c'è niente e poi lei è particolare. Mi aiuta mia madre, anche se con lei non ho un
rapporto buono, anzi, la agita sempre. Perciò meglio quando sta con me.
Op.: Ho capito, certo la situazione non è facile. Però forse dovresti cercare di farti
aiutare da qualche esperto del settore, magari sarebbe meglio per te e per lei..
Ascolta, tornando invece al lavoro, in generale, cosa significa per te lavorare?
M.: Il lavoro mi fa sentire più utile, prima mi sentivo inutile e più “problematica”!
Il lavoro mi dà la possibilità economica di pensare alla mia bimba, di non fargli
mancare nulla.. il padre è un tossicodipendente non mi ha mai aiutato e non lo
vedo più ormai..
Op.: Capisco, sei stata forte ad andare avanti da sola, devi essere fiera di questo.
E allora, raccontami com'è cambiato il tuo tempo ora?
M.: La mattina vado a lavorare e il pomeriggio sto sempre con la mia bambina, ce
la faccio a fare tutto, mi piace.
Op.: Secondo te M., la possibilità di lavorare ti consente di prenderti più cura di te
e della tua persona?
M.: Bhe, si, anche se io devo pensare prima alle spese fisse che ho ogni mese con
le medicine. La mia bimba deve prendere per forza delle medicine che costano
tanto, ma servono per calmarla. Perciò prima penso a lei, poi se riesco a me.
Op.: M. ti va di descrivermi le tappe di questo percorso, com'è cominciato?
M.: Devo ringraziare l'Assistente Sociale del Comune di Scorrano. E' stata lei a
dirmi di questa possibilità e io contenta ho detto subito “Si!” e se no che fai? Come
fai a vivere? E' stata brava a farmi lavorare qui perché io non ho possibilità di
spostarmi, non ho la macchina e posso lavorare solo la mattina che il pomeriggio
devo pensare a mia figlia.
Op.: Una bella occasione davvero. In cosa consiste l'attività che svolgi?
M.: Faccio le pulizie, ma anche le altre cose, per esempio, rispondere al telefono
del centralino! (Le brillano gli occhi, lo dice contenta e inorgoglita)
Op.: Mi sembra che ti piaccia rispondere al telefono?
M.: Si moltissimo e certe volte sono pure più brava io dell'altro che risponde
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sempre, perché parlo sempre in italiano e invece quell'altro parla in dialetto, ma
questa cosa non si può fare.. devi essere sempre educata quando rispondi al
telefono perché qui chiamano tutti, chiamano anche persone importanti!
Op.: E' bello il tuo entusiasmo e quello che dici è davvero importante, quando
rispondi, tu in quel momento rappresenti il Comune perciò devi saperti porre in modo
adeguato. E senti, ti sarebbe piaciuto fare questo lavoro nella vita?
M.: Si tanto, davvero! Anche se, a dire la verità, il mio rimpianto più grande è non
aver potuto fare un lavoro diverso dalle pulizie…
Op.: E cosa ti sarebbe piaciuto fare?
M.: Bhe, qualcosa che mi fa aiutare gli altri.. mi sarebbe piaciuto fare l'Assistente
Sociale e aiutare gli immigrati e poi, vabbè, ma questo non riguarda il lavoro, mi
sarebbe piaciuto togliermi il vizio del fumo!
Op.: (Sorrido) Questo puoi sempre farlo!! Insomma ti piace molto sentirti utile e stare
a contatto con le persone mi sembra di capire. Quali sono le abilità che pensi di
aver acquisito grazie a quest'esperienza di borsa-lavoro?
M.: Guarda penso il fatto di poter stare con altre gente e di comportarmi sempre
bene. Prima di lavorare ero più introversa e mi sentivo molto sola, non riuscivo ad
avere amicizie per la situazione che ho della mia bambina.. mi “lega” un po'..
Op.: Immagino.. E al lavoro ti sei sentita parte di tutto realmente? Come sono i rapporti con i colleghi?
M.: Buonissimi, mi trattano bene, sono uguale a loro, non ci sono problemi.
Op.: E' importante sentirsi parte dell'organizzazione lavorativa, ti serve anche da
stimolo per fare sempre meglio e di più. E che mi dici invece delle operatrici dell'equipe
del progetto? Ti sei sentita sostenuta da loro? Ti hanno supportata in momenti
particolari in cui magari eri preoccupata per qualcosa?
M.: Si loro mi hanno aiutata sempre, sono presenti, mi chiedono come va, come
sto. Mi sono sentita aiutata soprattutto dalla Psicologa, è bravissima, organizza
sempre questi incontri dove possiamo parlare tanto e possiamo anche riflettere
su come ci comportiamo con gli altri, come comunichiamo.. Hai visto stamattina
no? (la beneficiaria fa riferimento all'attività di gruppo condotta dalla Psicologa sulla
scoperta, analisi e uso dei propri stili comunicativi).
Op.: Si è stato molto interessante e poi è utile che possiate confrontarvi tutte assieme
voi beneficiarie del progetto, credo che ognuna possa dare qualcosa all'altra per
proseguire serenamente la propria esperienza. Mi sembra di capire che ti sei sentita
davvero valorizzata?
M.: Si, più valorizzata, mentre prima mi sentivo solo “problematica”, adesso mi
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sento più sicura, sto imparando cose nuove, anche questa cosa di come devo
comunicare con gli altri, che devo essere meno “passiva” diceva il test della psicologa
e devo avere più fiducia in me.
Op.: Di cosa hai bisogno in questo momento M. ? Hai qualche preoccupazione per
il tuo futuro?
M.: Ho bisogno di continuare a lavorare! Vorrei poter continuare a lavorare qui.
Sono preoccupata per il futuro, lo vedo un poco “nero” perché non ho la
macchina per spostarmi e sono molto vincolata agli orari di mia figlia. Penso sempre
alla fine di quest'esperienza e mi sento depressa.
Op.: Certo, posso immaginare, è un pensiero normale il “dopo”, però forse potresti
provare a pensare una cosa alla volta e concentrarti ora sul lavoro giorno per giorno,
continuando a svolgerlo nel migliore dei modi, come già fai! Dai, ti faccio una
domanda un po' diversa, vediamo che mi dici: cosa lasci nel passato della “vecchia”
M. e cosa ti porti nel futuro della “nuova” M.?
M.: Nel passato lascio una M. più introversa, nel futuro invece mi porto una M.
che parla un po' di più..
Op.: Grazie M., ti faccio un grosso in bocca al lupo!
M.: Grazie a te! Crepi!
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Le valutazioni delle operatrici dell'EQUIPE PSICO- SOCIO - PEDAGOGICA
• EDUCATRICE
Le valutazioni dell'Educatrice risultano positive, sia in termini di conseguimento degli
obiettivi previsti nei Progetti Individualizzati e di piena integrazione nel contesto
produttivo, che in termini di crescita personale delle beneficiarie, migliorate su più
livelli: dalle capacità comunicative-relazionali, all'assunzione di un abbigliamento più
consono al contesto. Le criticità riscontrate, e sulle quali l'équipe di Progetto ha insistito
particolarmente, sono state la capacità di organizzare le giornate in funzione di un
impegno costante; l'adattamento alla situazione lavorativa in termini di rispetto delle
regole che essa prevede; l'importanza della puntualità. Fondamentali si rivelano i
processi di tutoraggio e monitoraggio costante, sia per le borsiste, che per il datore
di lavoro, e la capacità di saper fare “rete” con i Servizi Territoriali.
- Op.: Come nasce il Progetto “Isola” e in cosa consiste?
- Ed.: Il progetto nasce per offrire un'opportunità a donne che versano in condizione
di forte svantaggio sociale: sono donne sole, spesso separate con figli, che hanno
alle spalle vissuti forti a livello familiare o segnati da un passato di dipendenza
da sostanze.
- Op. : Parliamo quindi di un'utenza accomunata da una situazione di forte disagio
sociale: come si crea il rapporto di fiducia con un'utenza così particolare?
- Ed: Sicuramente con la presenza. La presenza costante dell'operatore diventa un
elemento basilare per la costruzione di un rapporto di fiducia con le beneficiarie.
Presenza e ascolto permettono di aprirsi e raccontarsi un po' alla volta, fino a parlare
di problemi di un passato molto lontano, di cui ancora non riescono a liberarsi.
- Op.: L'esperienza lavorativa comporta indubbiamente una riorganizzazione della
propria quotidianità, richiedendo la presenza di fattori quali, capacità di reggere lo
stress connesso all'espletamento dei compiti, ma anche ansia per eventuali fallimenti.
Come si sono dimostrate le beneficiarie rispetto alla capacità di sostenere i ritmi
lavorativi e attenersi al rispetto delle regole?
- Ed.: Le difficoltà principali sono state proprio la capacità di gestire l'organizzazione
della propria giornata in funzione di un impegno lavorativo quotidiano. Abbiamo
lavorato molto in questo senso. Abbiamo insegnato alle beneficiaria l'importanza e
la necessità del rispetto degli orari lavorativi, ma anche la capacità di essere
più flessibili alle richieste dell'ambiente lavorativo.
- Op.: Elementi fondamentali per la buona riuscita di un percorso di inserimento
lavorativo sono la chiara definizione degli obiettivi e la messa a punto di un progetto
di inserimento individualizzato che riesca a far emergere le capacità presenti e quelle
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attivabili. Elementi tutt'altro che semplici da realizzare nella pratica. Come avete
lavorato in tal senso? Su cosa si è puntato?
Ed.: Certo non sono dei passaggi facili da realizzare. Noi operatori d'equipe abbiamo
lavorato in “simbiosi”, confrontandoci continuamente, avendo sempre come
obiettivo primario il conseguimento dell'autonomia delle beneficiarie. I progetti
individualizzati servono proprio per questo: per individuare le risorse e gli elementi
di debolezza sui quali lavorare in funzione di un'autonomia nello svolgimento dei
compiti, nell'organizzazione della propria attività e della propria quotidianità.
Op.: Prima dell'effettivo ingresso in azienda sono state previste attività di formazione
al lavoro?
Ed. : Si naturalmente è stata prevista anche la formazione in aula: è durata un
mese e ha preceduto l'effettivo avvio all'attività lavorativa. Si è trattato di lezioni
tenute da professionisti della nostra equipe sulla sicurezza sul lavoro e attività di
orientamento, bilancio competenze.
Op.: E anche per voi operatrici sono stati previsti dei momenti di formazione?
Ed.: Certo, sono stati condotti dalla psicologa e incentrati principalmente sulla capacità
di gestire le emozioni, sugli stili comunicativi e sull'importanza della comunicazione
verbale e non verbale.
Op.: Insomma, un piano di lavoro davvero completo. Spostandoci invece sul piano
della prassi operativa, può spiegarmi come avete proceduto alla “messa in atto” del
percorso d'inserimento? Come si è svolto?
Ed.: Per prima cosa, abbiamo avviato il processo di ricerca delle aziende presenti
sul territorio che risultavano conformi alle caratteristiche delle beneficiarie - in termini
di abilità e competenze pregresse - , rilevate dai test somministrati dallo psicologo
nella fase “start-up” del progetto. Successivamente, ci siamo presentati - Tutor del
progetto, Educatrice e Assistente Sociale -, ai responsabili aziendali e abbiamo
illustrato le finalità di “Isola”. Definiti gli “abbinamenti”, le beneficiarie sono state
accompagnate da noi educatrici nelle aziende e seguite quotidianamente per la
prima settimana.
Op.: Davvero un bel lavoro di squadra, complimenti! Sostegno e tutoraggio in azienda,
diventano elementi irrinunciabili per il conseguimento di risultati positivi: come si
realizzano questi due momenti?
Ed. : Si sono fondamentali e le beneficiarie hanno dimostrato fin da subito la capacità
di “affidarsi”. Il sostegno e il tutoraggio si traducono con la presenza
dell'educatore in azienda, che diventa un punto di riferimento per la beneficiaria
e per lo stesso datore di lavoro evitando che entrambi si sentano “lasciati soli”
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in questo percorso, per poi trasformarsi in momenti di restituzione dell'andamento
lavorativo da parte dell'uno e dell'altro.
Op.: Quindi l'educatrice è una figura che funge da “trade union” tra la beneficiaria
e il responsabile d'azienda: questo è funzionale anche rispetto al sorgere di eventuali
difficoltà connesse al contesto e all'adattamento lavorativo. Su quali di queste, avete
lavorato maggiormente?
Ed.: L'adattamento alla situazione lavorativa con il rispetto di tutte le regole
che comporta, è stato ciò su cui abbiamo insistito parecchio, assieme alla capacità
di sapersi rapportare in modo corretto al datore di lavoro e a quella di assumere
sempre un abbigliamento consono al contesto.
Op.: Invece, in termini di risorse, quali sono state quelle attivate dalle beneficiarie
che vi hanno particolarmente stupito?
Ed.: La grande motivazione e forza che hanno dimostrato tutte nel rimettersi in
gioco, raccogliendo quanto gli veniva detto, sforzandosi a migliorare giorno per
giorno.
Op.: La possibilità di poter contare su una numerazione mensile, comporta il concedersi
anche delle piccole “attenzioni” in più per la propria persona. Hai potuto notare dei
cambiamenti significativi nelle beneficiarie, ad esempio, a livello di cura di sé, ma
anche nell'agire comunicativo e relazionale?
Ed.: Decisamente si. Molte di loro sono più curate nel loro aspetto, vanno più
spesso dal parrucchiere e anche a livello di comunicazione hanno fatto dei
miglioramenti importanti.
Op.: Tirando un po' le somme, credi si possa parlare di concreta integrazione delle
beneficiarie nel contesto aziendale oppure hai colto qualche resistenza legata a
visioni un po' stigmatizzate?
Ed. : Forse qualche piccolo pregiudizio si è colto solo nella fase iniziale, quella
in cui non c'era un'effettiva conoscenza della beneficiaria da parte del datore di
lavoro, perché di fatto non solo c'è stata una piena integrazione nel contesto
lavorativo, ma anche un raggiungimento completo degli obiettivi prefissati nella
fase iniziale del progetto.
Op.: Questo risultato è una bella vittoria sia per queste donne che per voi operatori.
A livello di autostima e crescita personale, quindi, pensi siano cresciute?
Ed.: Stando a quanto loro stesse ci riferiscono anche durante i colloqui mensili con
la psicologa, la loro autostima è notevolmente cresciuta. C'è un riconoscimento
più consapevole delle proprie risorse e una maggiore propositività futura.
Op.: La garanzia di poter contare sul supporto di una rete strutturata con i servizi
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territoriali si rivela senza dubbio funzionale alla riuscita del progetto a estremo
vantaggio delle beneficiarie stesse. Come si struttura questo network?
Ed.: Il lavoro di rete è fondamentale, soprattutto in questo tipo di interventi. C'è
stata un'ottima collaborazione ad esempio, con le Assistenti Sociali d'Ambito che
hanno curato la fase iniziale di selezione delle beneficiarie e con le quali abbiamo
continuato ad avere continui contatti anche a inserimento avviato, in fase di
monitoraggio. Non è possibile pensare di lavorare come unità a sé stanti, il confronto
deve essere continuo e costante.
Op.: Quindi, lavoro di rete, confronto e aggiornamento continuo tra professionisti del
settore e profonda fiducia nelle possibilità di riuscita di queste donne. Speriamo si
possano ripetere iniziative di questo tipo anche in futuro! Grazie.
• ASSISTENTE SOCIALE
Vicina alle considerazioni dell'Educatrice è l'Assistente Sociale dell'équipe Psico-SocioPedagogica, che sottolinea la ragione d'essere di “Isola”, un Progetto nato per rispondere
al bisogno di donne sole e con figli, connotate da situazioni di forte svantaggio sociale.
In tale contesto, diventa fondamentale riuscire a stabilire con le utenti un rapporto
basato sulla fiducia, al fine di sperimentare l'esperienza costruttiva dell'“affidarsi” nel
loro percorso d'inserimento. L'Assistente Sociale insiste, in termini di risultati conseguiti
dalle beneficiarie, sulla maggiore consapevolezza delle proprie risorse e abilità,
sull'incremento della motivazione, e sulla capacità di riflettere e attuare i suggerimenti
degli operatori. L'attività di formazione, antecedente all'ingresso delle borsiste in azienda,
prevedendo un periodo di alternanza aula - contesto produttivo, si è rivelata funzionale
a una prima conoscenza della realtà aziendale. I pregiudizi riscontrati nelle realtà
locali con un esiguo numero di abitanti, non si ritrovano nelle aziende ospitanti, che
hanno attuato dinamiche autentiche di integrazione, tra beneficiarie e staff-aziendale.
- Op.: Come nasce il Progetto “Isola” e in cosa consiste?
- Ass. Soc.: L'idea è nata per rispondere al bisogno di donne sole e con figli minori,
che si trovano in situazione di forte svantaggio sociale, abitativo e lavorativo. Le
destinatarie del progetto sono dodici, una beneficiaria per ogni Comune
dell'Ambito Territoriale Sociale di Maglie. Il progetto ha favorito fondamentalmente
l'inclusione sociale delle stesse signore, sostenendole nelle aree di maggiore
criticità: occupazione, cura di sé stesse e dei figli, cura dei rapporti con gli altri.
- Op.: Che ruolo svolge la figura dell'Assistente Sociale all'interno del progetto?
- Ass. Soc.: L'Assistente Sociale nel progetto ha il compito di seguire le beneficiarie
durante tutto il percorso, offrendo supporto e sostegno continuo e, laddove
ci fossero divergenze tra datore di lavoro e beneficiaria, interviene per risolverle.
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Fortunatamente non si sono presentati episodi particolarmente critici, solo qualche
piccolo malinteso: dai tutoraggi effettuati settimanalmente si evince che molte delle
beneficiarie hanno instaurato un buon rapporto con i titolari e i rispettivi tutor
aziendali.
Op.: Parliamo di un'utenza connotata da vissuti forti e situazioni di grave svantaggio
sociale. Come si crea il rapporto di fiducia con un'utenza così particolare?
Ass. Soc. : E' stato molto importante stabilire un rapporto di fiducia con le beneficiarie
della borsa-lavoro. Trattandosi di donne con vissuti particolarmente ”forti”, molte di
loro hanno una bassa autostima, per questo è stato necessario farle riflettere
sulle proprie caratteristiche personali, evidenziando le potenzialità e le carenze
da colmare. La presenza costante, fin dalla fase di formazione in aula, ha favorito
l'instaurarsi di un rapporto basato sulla fiducia e sul rispetto. E' stato importante far
avvertire la nostra presenza e il nostro sostegno anche attraverso l'ascolto dei loro
sfoghi, accogliendo le ansie e i timori sulle incertezze del futuro.
Op.: In un percorso di inserimento sociale e lavorativo, quali sono gli obiettivi da
perseguire in funzione di un miglioramento qualitativo di vita?
Ass. Soc. : Bisogna lavorare principalmente su due fronti: autonomia e autostima.
Il progetto “Isola” ha previsto, ad esempio, nella fase di formazione, delle attività
di orientamento per le beneficiarie finalizzate alla consapevolezza e al bilancio
delle competenze. Inoltre, non bisogna trascurare il coinvolgimento degli attori
sociali a livello locale e la sensibilizzazione delle imprese presenti sul territorio.
Op.: Nel progetto “Isola”, su quali aspetti si è insistito e che metodologia è stata
adottata?
Ass. Soc.: Come ti dicevo prima, appunto, sul raggiungimento di un buon livello di
autonomia e di autostima. Per la maggior parte di loro, è stato importante insistere
sul conseguimento della capacità organizzativa su tre livelli: lavoro - impegno
quotidiano - gestione della propria giornata. La metodologia adottata è stata
“partecipata” e ha puntato al coinvolgimento attivo di tutti i partecipanti al progetto,
a partire dalle singole beneficiarie sino a tutti gli altri attori sociali - datori di lavoro,
servizi sociali, ecc. -. Il monitoraggio e il tutoraggio costante sono stati gli strumenti
che hanno permesso di cogliere prontamente i piccoli, seppur sporadici, comportamenti
“devianti” rispetto alle buone prassi lavorative, modificandoli e incanalandoli verso
la direzione corretta: rispetto delle regole e degli orari di lavoro; gestione organizzata
delle attività da svolgere; stile di comunicazione; abbigliamento adeguato al contesto
lavorativo, ecc.
Op.: In cosa è consistita l'attività di monitoraggio?
Ass. Soc.: Il monitoraggio ha seguito l'intero progetto nelle sue varie fasi. In
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particolare, gli aspetti che sono stati oggetto di valutazione sono stati l'organizzazione
delle risorse umane e delle risorse strumentali, il clima, il grado di soddisfazione
delle beneficiarie, la loro crescita comportamentale e l'azione formativa. Gli strumenti
utilizzati principalmente sono stati: questionari di apprendimento e di gradimento,
come quello sulle attività di formazione. Inoltre, durante tutto il percorso riservato
alle beneficiarie si è cercato di favorire occasioni di colloqui individuali finalizzati a
far comprendere meglio alle borsiste alcuni aspetti principali del percorso intrapreso.
Op.: Come è stato vissuto dalle beneficiarie il momento d'ingresso nella realtà
lavorativa?
Ass. Soc. : E' stato vissuto serenamente, già nella fase di formazione in aula avvenuta nel mese di Maggio - alle beneficiarie era stata data la possibilità di
confrontarsi con quello che sarebbe stato il futuro contesto lavorativo. L'attività di
formazione prevedeva negli ultimi 15 giorni, l'alternanza tra giornate di presenza in
aula e giornate di presenza in azienda: i momenti di presenza in aula permettevano
la restituzione dei momenti trascorsi in azienda, raccogliendo gli eventuali dubbi o
incertezze delle beneficiarie.
Op.: Quanto si sono rivelati importanti i processi di supporto e tutoraggio ai fini della
la riuscita del progetto?
Ass. Soc.: Sono stati decisamente importanti. E' stato fondamentale far percepire
la nostra presenza come “risorsa”: questo ha permesso alle beneficiarie di migliorarsi
sia dal punto di vista professionale, che nella gestione dei rapporti con l'”altro”. I
processi di supporto e tutoraggio hanno compreso anche momenti di ascolto di
problematiche personali delle beneficiarie, finalizzati alla rielaborazione di esperienze
ancora dolorose, nonché alla presa di coscienza delle proprie capacità, motivazioni
e progettualità future.
Op.: Parlando invece delle aziende che hanno offerto la loro disponibilità ai percorsi
di borsa-lavoro, che rapporti ci sono stati con queste? Ha colto degli atteggiamenti
di “resistenza” legati a qualche stigma nei confronti dell'utenza?
Ass. Soc.: Nella fase di promozione e individuazione delle aziende ospitanti, in alcuni
Comuni, soprattutto in quelli più piccoli dove i pregiudizi sono più difficili da eliminare,
alcune realtà lavorative hanno manifestato degli atteggiamenti “ostili” e poco
inclini alla partecipazione. Invece, nelle aziende che hanno preso parte al progetto
c'è stata una reale integrazione delle beneficiarie nell'organizzazione lavorativa e i
buoni rapporti creati tra loro e i colleghi di lavoro, lo dimostrano pienamente.
Op.: Ha rilevato dei cambiamenti significativi nelle beneficiarie?
Ass. Soc.: Sicuramente hanno acquisito maggiore consapevolezza delle proprie
capacità e abilità: molte di loro sono maturate dal punto di vista umano e
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professionale, dimostrando un atteggiamento più responsabile nella sfera lavorativa
e in quella relazionale.
Op.: Che tipo di risorse hanno tirato fuori?
Ass. Soc.: Una grande voglia di rimettersi in gioco e in discussione; la capacità di
riflettere su ciò che gli veniva suggerito durante il percorso e di attuarlo, avviando
un processo di crescita che si è rivelato positivo per la riuscita del percorso lavorativo
intrapreso e, che le ha rese protagoniste attive della loro vita e di un futuro che ora
sentono il bisogno di ridefinire verso una direzione più propositiva e ottimista.
Op.: Cosa pensa che siano riuscite a imparare e interiorizzare da quest'esperienza
di borsa-lavoro?
Ass. Soc.: Molte di queste donne hanno intrapreso dei percorsi lavorativi nuovi rispetto
alle precedenti esperienze, maturando nuove abilità, nuove modalità di comunicazione
e competenze nella gestione dei rapporti interpersonali. Tuttavia, avvicinandosi la
fine del progetto cresce in loro l'ansia e il timore dell'incertezza per il futuro..
Op.: Speriamo bene per tutte loro! A lei, cosa lascia quest'esperienza?
Ass. Soc.: Mi lascia tantissimo! Ho potuto affinare ulteriormente le mie competenze
attraverso il confronto continuo con le figure professionali coinvolte nel progetto. Ho
maturato stimoli nuovi e ora osservo la realtà che mi circonda con occhi nuovi. Sono
convinta che lavorare nel sociale richieda concrete abilità professionali, ma anche
una certa “attitudine” rapportandosi con realtà profondamente complesse: il contatto
continuo con le beneficiarie e con i loro difficili vissuti ha accresciuto ulteriormente
questa mia convinzione. E' una realtà il fatto che il contesto socio culturale a volte
può porre degli ostacoli, ma sono convinta che con la determinazione e la voglia di
cambiare si possa - e si deve - fare tanto.
Op.: Grazie.
• PSICOLOGA
Le riflessioni della Psicologa pongono in rilievo il lavoro profondo svolto sul fattore
“autostima”, generalmente molto basso o spesso inesistente nelle beneficiarie,
fondamentale per il recupero del sé e del senso della propria identità. Le attività di
gruppo hanno prodotto miglioramenti significativi sui livelli di stress, sull'autostima,
e sugli stili comunicativi delle beneficiarie. La scomparsa di comportamenti disadattivi
fa strada al rafforzamento del senso di auto-efficacia (self-efficacy) percepita,
migliorando anche le future prestazioni professionali delle borsiste.
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Op.: Se dovesse provare a descrivere il senso del suo lavoro come lo definirebbe?
P.: Grande passione, questa è la parola principale, lavoriamo con persone e solo
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provando una passione forte per ciò che si fa si potrà riuscire davvero negli interventi.
Op.: E' possibile spiegare in poche parole come si costruisce la fiducia con un'utenza
così particolare?
P.: Non è facile creare il senso di fiducia negli utenti. Ovviamente, un elemento
fondamentale è l'assenza del giudizio, il relazionarsi a loro con la mente aperta.
Gli utenti si accorgono immediatamente se c'è pregiudizio nei loro confronti, lo
avvertono e si sentono trattati come dei “diversi”, soprattutto nel nostro caso di
beneficiari che vivono una condizione di forte svantaggio sociale. Il pregiudizio lo
abbiamo riscontrato nella difficoltà, per alcune, di effettuare degli inserimenti al di
fuori di ambienti “protetti”, quali ad esempio, il Comune di appartenenza.
Op.: La ricostruzione dell'identità delle beneficiarie passa indubbiamente attraverso
il recupero dell'autostima. Come si effettua questo passaggio, su cosa si lavora
principalmente?
P.: Il lavoro sull'autostima è fondamentale, rappresenta il presupposto irrinunciabile
per il recupero del proprio sé, per riconoscersi e riappropriarsi in modo completo
della propria identità. Personalmente, ho lavorato su un percorso di riscoperta
delle emozioni, del proprio sentire, degli stili comunicativi adottati in modo
inconsapevole e sulla possibilità di modularli in modo appropriato a seconda dei
contesti. Anche la retribuzione economica ha contribuito ad accrescere l'autostima
nelle beneficiarie che si sono sentite al pari di tutte le altre donne nelle azioni
concrete, come ad esempio, andare dal parrucchiere, comprare ciò che occorreva
per la scuola dei figli, concedersi qualche attenzione in più. Il mio astenermi da
possibili giudizi le ha portate a riconoscersi e a comprendere che non è sbagliato
chi viene giudicato, ma lo è chi si arroga il diritto di farlo.
Op.: Molto interessante il lavoro sulle emozioni, può spiegarmi meglio in cosa è
consistito?
P.: Circle time, tavole rotonde sulle emozioni positive: per esempio il “Test della
felicità”, come scoprire la felicità, quanto valgo, cosa posso dare agli altri e quindi,
se posso dare agli altri non sono uno scarto.
Op.: Davvero bello come lavoro, complimenti. Ha notato durante il percorso dei
cambiamenti significativi nelle beneficiarie?
P.: Si decisamente, a distanza di sei mesi dalla prima presentazione, la seconda è
stata significativamente diversa: i test sui livelli di stress e dell'autostima rivelavano
dei cambiamenti. Anche fisicamente molte di loro hanno apportato delle modifiche
al proprio modo di vestire, al colore dei capelli diventato via, via più sobrio.
Op.: Dal punto di vista personale, cosa le lascia quest'esperienza?
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P.: E' un'esperienza che ti riempie, che ti gratifica.
Op.: Crede che questo percorso abbia fornito alle beneficiarie gli strumenti utili per
una ricerca autonoma di lavoro?
P.: Si, perché molti comportamenti disadattivi sono scomparsi. Alcune di loro
hanno paura di ricadere in quei comportamenti e nella depressione, ma sono convinta
che ciò non avverrà. Il lavoro svolto le ha comunque fortificate, è stato un lavoro di
squadra, noi operatori abbiamo costruito una rete di supporto che le ha fatte cambiare,
crescere e rinforzare. Sono cambiate tanto, sono donne diverse rispetto a quelle
incontrate un anno fa.
Op.: Grazie.
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• Le valutazioni della Tutor di Progetto
La figura della Tutor occupa una posizione cruciale nel Progetto: individua, nella fase
di sperimentazione, i bisogni delle beneficiarie e i profili funzionali a garantire abbinamenti
aziendali proficui per la riuscita dell'integrazione lavorativa. Punto di raccordo tra le
beneficiarie, i Servizi, le aziende ospitanti e l'équipe di Progetto, la Tutor supporta in toto
i processi di monitoraggio, accompagnamento e valutazione in itinere, ricordando quanto
sia fondamentale, al termine della borsa-lavoro, non abbandonare le beneficiarie a loro
stesse, e fornire loro, suggerimenti per la ricerca autonoma di lavoro.
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Op.: Quale è stato il suo ruolo nel Progetto?
T.: Dopo la selezione delle beneficiarie effettuate dai Servizi Sociali, ho avviato a una
serie di colloqui conoscitivi finalizzati a rilevare i profili e i bisogni delle beneficiarie,
funzionali agli abbinamenti con le aziende. Il passo successivo è stato quello di
avviare la ricerca delle realtà lavorative ospitanti.
Op.: Quali sono state le aspettative che ha rilevato più di frequente nelle beneficiarie?
T.: Sicuramente, le aspettative iniziali erano piuttosto “alte”: le beneficiarie
speravano che la possibilità di essere inserite in un contesto lavorativo, seppure
attraverso lo strumento della borsa-lavoro, fosse già “garanzia” di un'assunzione
futura. E' stato invece spiegato che le dinamiche, per una possibile collaborazione
futura, non erano esattamente queste.
Op.: Quali sono state le difficoltà, se ce ne sono state, nell'individuare le aziende
ospitanti? Con quali criteri sono state scelte?
T.: Sicuramente, il periodo di forte crisi economica che stiamo vivendo non aiuta,
molte realtà non hanno dato la loro disponibilità per carenza di lavoro. Le aziende
sono state individuate tenendo conto di una molteplicità di fattori, quali ad esempio:
la possibilità per le beneficiarie di poterle raggiungere. Un problema frequente è
quello dell'autonomia degli spostamenti: la maggior parte delle utenti non possiede
un mezzo proprio, né la patente, perciò, spesso la ricerca si è limitata alle realtà
produttive presenti nel Comune di residenza delle beneficiarie. Un altro elemento
considerato è stata la possibilità di conciliare gli orari di lavoro aziendali con le
esigenze legate alla quotidianità delle utenti: molte di loro sono donne sole, con figli.
E' stato necessario considerare queste esigenze e agire di conseguenza.
Op.: Ci sono state altre figure coinvolte nella ricerca delle aziende ospitanti?
T.: Si, ho coinvolto altre figure professionali, tra cui, quella del Promotore, assieme
alle Assistenti Sociali e alle operatrici dell'Equipe Psico - Socio - Pedagogica,
tutti dovevano prendere parte al Progetto, coerentemente con la nostra scelta
metodologica “partecipata”. La fase successiva è stata quella di organizzare gli
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orari di lavoro e la conoscenza dell'ambiente lavorativo che doveva essere
“accogliente”, non competitivo, corrispondente il più possibile alle competenze delle
beneficiarie.
Op.: Dal punto di vista metodologico, quali sono state gli elementi su cui si è insistito
al momento dell'effettivo inserimento in azienda e come si colloca la figura della
Tutor rispetto a essi?
T.: Monitoraggio, tutoraggio, accompagnamento e valutazione in itinere, sono,
senza dubbio, gli elementi cardine attorno ai quali si è strutturato il processo di
inserimento e la Tutor ha rappresentato il punto di raccordo tra le beneficiarie, le
aziende ospitanti, i Servizi e la stessa équipe di Progetto. In alcune situazioni ho
lasciato intenzionalmente più spazio alla figura dell'Educatrice o all'Assistente Sociale,
laddove c'era bisogno di quel tipo di intervento, intervenendo invece se vi fossero
necessità di mediazione, ad esempio, tra l'azienda e la beneficiaria.
Op.: Quindi, oltre alle funzioni di monitoraggio, accompagnamento e valutazione,
la Tutor deve avere anche una pronta capacità di lettura dei bisogni che emergono
in itinere, cercando di rispondervi in tempi rapidi. Riguardo ai rapporti con i Servizi,
mi pare di capire che abbiate lavorato in rete?
T.: Assolutamente si: i rapporti con i Servizi sono stati buoni e nel momento in cui
la rete è mancata per diverse ragioni, tale mancanza si è avvertita parecchio: i
Servizi conoscono gli utenti da più tempo ed è fondamentale, sia per le beneficiarie
che per l'Equipe di Progetto, attivare una collaborazione autentica con essi. Si è
cercato di sostenere le beneficiarie nel mantenere il rapporto con i Servizi territoriali
di riferimento: la nostra presenza non andava a sostituire la loro, ma era funzionale
al Progetto, senza escludere, naturalmente, un “rapporto” continuativo, anche con
noi operatori di “Isola” al termine della borsa-lavoro.
Op.: Una volta che il Progetto sarà terminato, dal suo punto di vista, quali crede che
siano gli ulteriori interventi da attuare nell'interesse delle utenti?
T.: Sicuramente non abbandonarle a loro stesse. Continuare a supportarle, per
quanto possibile, anche nella ricerca di lavori futuri, fornendo loro delle indicazioni
e verificando quanto in effetti riescano a metterle in pratica. Questo è sicuramente
un valido modo per valutare il livello di autonomia raggiunto, altrimenti si rischia
di rimanere in situazioni cristallizzate e deleterie di dipendenza.
Op.: Cosa le lascia quest'esperienza?
T.: A livello umano è un'esperienza che lascia tantissimo. Il lavoro è il passaggio
obbligato per avere anche dei punti di vista diversi per la risoluzione dei problemi,
ti dà un impegno, ti rimette in gioco, fa sperimentare una percezione diversa di sè.
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Sicuramente le donne vivono ancora tanta discriminazione e hanno bisogno di
punti di riferimento e di Progetti simili per recuperare fiducia nelle proprie capacità,
trovare condivisione e nuove relazioni sociali.
Op.: Grazie.
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• Il punto di vista delle AZIENDE OSPITANTI
Le interviste rilasciate dai Responsabili aziendali lasciano emergere chiaramente i
risultati conseguiti dalle beneficiarie, definite ora in termini di maggiore professionalità,
puntualità e consapevolezza dei propri compiti nel contesto aziendale. La formazione
condotta sul luogo di lavoro è consistita, ancora una volta, nell'insegnamento del
rispetto delle regole, della puntualità, nella capacità di mantenere costante l'attenzione
sull'attività lavorativa e nella necessità di dare ordine e organizzazione a tutte le
mansioni da eseguire. Positiva la risposta delle aziende a ripetere esperienze simili
future, percepite come iniziative in grado di offrire alle beneficiarie una concreta
opportunità di riscatto sociale e di reinserimento. La possibilità di proseguire l'esperienza
lavorativa al termine della borsa-lavoro non è esclusa e fortemente correlata alla
“ripresa” dall'attuale situazione di esigua produttività economica.
Intervista azienda ospitante AUTOSALONE “AUTO-IN” (Responsabile), Muro Leccese
- Op.: Da quanto tempo siete presenti sul territorio? Di cosa vi occupate?
- R.: Siamo un autosalone che si occupa della vendita di auto e di assistenza.
La nostra attività è presente a Muro dal 2002.
- Op.: Come siete venuti a conoscenza del progetto “Isola”?
- R.: Ce ne ha parlato una delle educatrici che segue F., mi ha spiegato in cosa
consisteva e mi è sembrata una bella iniziativa e una buona occasione per dare
un'opportunità a una donna che magari non ha la fortuna di avere una vita tranquilla.
- Op.: Come è stato l'inizio per F. e in cosa consiste il suo lavoro?
- R.: F. ha iniziato a lavorare a fine Aprile dell'anno scorso. Io la definisco il “jolly”
perché è un tutto fare: dalla contabilità, alla registrazione di fatture, alle pulizie, non
si tira indietro su nulla, fa tutto quello che c'è da fare. Viene a lavoro ogni mattina
dal lunedi al venerdi e, qualche pomeriggio, se ci sono ore da recuperare. All'inizio
però ho dovuto spiegarle un po' di cose: per esempio, che doveva essere puntuale
come tutti sul lavoro, altrimenti non l'avrei fatta più lavorare. Le ho fatto giusto
qualche rimprovero, ma niente di che perché poi è andato tutto liscio e ha
dimostrato una grande voglia di lavorare.
- Op.: Com'è il rapporto di F. con gli altri colleghi?
- R.: Buonissimo! F. è a tutti gli effetti una di noi. Andiamo a prendere tutti insieme
il caffè, si scherza, si ride, ma quando c'è da lavorare si lavora, lei come tutti
gli altri, sono tutti uguali.
- Op.: Ci sono stati momenti di tensione o di difficoltà particolari?
- R.: Ma niente in particolare, le ho fatto giusto qualche rimprovero inizialmente sempre
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sulla puntualità e sull'importanza di comunicare per tempo ogni sua eventuale
assenza sul lavoro.
Op.: So che durante il suo percorso di borsa-lavoro, F. è stata seguita costantemente
da una operatrice d'equipe del Progetto che lei ha conosciuto bene: ha ritenuto
utile la sua presenza?
R.: Bhe si, perché è sempre un punto di riferimento in più, no? Non c'è stato
bisogno perché con F. si è creato un ottimo rapporto di fiducia e collaborazione,
però sapere che c'è qualcuno a cui rivolgersi in caso sorgono problemi con lei, ti
fa stare più tranquillo.
Op.: Ha notato dei cambiamenti in F. rispetto all'inizio del suo percorso?
R.: Si, ci sono stati dei cambiamenti anche nel suo aspetto che è più curato e poi
soprattutto nel comportamento, è più professionale.
Op.: Secondo lei, cosa crede che possa significare un'esperienza di questo tipo per
F.?
R.: Un'occasione per rimettersi in moto e per imparare la gestione interna di
un lavoro. Un'occasione per imparare a essere davvero più responsabile e poi le
fa curriculum anche per un lavoro futuro. Una giorno mi ha detto che vorrebbe fare
anche un'esperienza di lavoro estivo a Rimini, anche se ogni giorno non fa che
chiedermi se qui le rinnoverò il contratto, ormai siamo vicini alla fine di Aprile..
(sorride)
Op.: E lei cosa le risponde?
R.: Eh che ancora non lo so, bisogna vedere come va il mese di Febbraio, se ci sarà
una ripresa, molto volentieri, se lo merita, è una ragazza davvero volenterosa!
Op.: Allora incrociamo le dita per lei! Sarebbe disposto a ripetere un'esperienza di
questo tipo?
R.: Certo, perché no!
Op.: Grazie.
Intervista azienda ospitante SUPERMERCATO “SPESA PIU” (Responsabile),
Melpignano
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Op.: Da quanto tempo siete presenti sul territorio?
R.: La nostra attività è aperta dal 2007, ci conoscono tutti ormai, abbiamo una
buona clientela, non ci possiamo lamentare.
Op.: Come siete venuti a conoscenza del progetto “Isola”?
R.: Me ne ha parlato l'Assistente Sociale del Comune: mi ha fatto capire che
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era una bella iniziativa per andare incontro alle difficoltà di queste donne sole, che
magari hanno anche dei figli e poi io la conoscevo pure D. ..
Op.: La conosceva già? Eravate amici?
R.: No amici, no, ma la conoscevo perché veniva anche lei a fare spesa qui.
Op.: Ho capito. Ha avuto qualche titubanza ad intraprendere questa esperienza?
R.: No, alla fine era sempre un'opportunità anche per noi di avere una risorsa
di lavoro in più.. certo volevo capire bene però, se D. si sarebbe data da fare come
tutti gli altri dipendenti.
Op.: E com'è andata? Come è stato l'inizio per D. e in cosa consiste il suo lavoro?
R.: E' andata meglio di quanto pensassi! Il lavoro di D. è principalmente alla
vendita della frutta, ma si occupa anche di sistemare la merce che arriva negli
scaffali, di fare pulizie negli ambienti del supermercato.
Op.: Com'è stato l'impatto di D. con l'inizio della sua attività, come si è comportata?
R.: Bhe all'inizio ho dovuto spiegarle un po' di cose: prima di tutto l'ordine...
Op.: L'ordine nel fare le cose?
R.: Si anche, nel fare una cosa, portarla a termine e solo dopo averla terminata
iniziarne un'altra.. poi proprio l'ordine nel sistemare ogni cosa al proprio posto: qui
in un supermercato è si importante, ogni prodotto ha il suo scaffale, se no si crea
il caos! All'inizio metteva a caso le cose…
Op.: E come si è dimostrata D. nei confronti di questa indicazione, l'ha ascoltata?
R.: Si mi ha ascoltato, si è impegnata a fare più attenzione perché il suo problema
iniziale era la mancanza di attenzione, si distraeva facilmente…
Op.: In che senso si distraeva, cosa faceva?
R.: Si distraeva perché perdeva tempo a parlare con i clienti, D. è una persona a
cui piace molto parlare, è allegra (sorride). Le ho spiegato che mi andava bene
il fatto che fosse educata e sorridente con i clienti, ma che doveva sempre pensare
a lavorare e non perdersi in chiacchiere e ha capito. E poi le ho fatto anche capire
che era importante essere sempre puntuale sul lavoro, come tutti gli altri.
Op.: Ha notato dei cambiamenti quindi nel suo comportamento lavorativo rispetto
all'inizio?
R.: Si, è più professionale: è puntuale, sistema tutta la frutta per bene, alla
vendita è simpatica a tutti i clienti, sistema ogni cosa al posto giusto, non si
distrae come prima insomma e, soprattutto, è molto volenterosa, questa cosa mi
piace.
Op.: Com'è il rapporto di D. con gli altri colleghi?
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R.: Buonissimo con tutti, è proprio parte del gruppo!
Op.: So che durante il suo percorso di borsa-lavoro, D. è stata seguita costantemente
da una operatrice d'equipe del Progetto che lei ha conosciuto bene: ha ritenuto
utile la sua presenza?
R.: Si, è una figura su cui sai di poter contare, a cui fare riferimento se c'è
qualcosa che non va, anche se non è successo mai niente. Però per il datore di
lavoro è importante sapere che c'è.
Op.: Cosa crede che possa significare un'esperienza di questo tipo per D.?
R.: Un'occasione di “riscatto” per se stessa penso e poi per imparare a svolgere
un lavoro in modo serio, professionale, veramente responsabile.
Op.: A fine Aprile terminerà il contratto di borsa-lavoro, D. le chiede mai informazioni
su questo? C'è qualche possibilità per lei di continuare a lavorare qui?
R.: Mi chiede sempre di rimanere, è volenterosa gliel'ho detto! Io non faccio mai
promesse anche perché non voglio illuderla, ma se il lavoro va bene, è probabile
che la tenga almeno fino a quest'estate perché è un periodo un po' più pieno.
Op.: Cosa le lascia quest'esperienza? Sarebbe disposto a ripeterla?
R.: Guarda, ripeterla certo.. .mi ha lasciato... mi ha dimostrato insomma che a
volte le persone possono essere migliori di quanto avremmo immaginato!
Op.: Bella questa riflessione! Allora speriamo per D. che questo bel percorso continui!
Grazie, buon lavoro.
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• Le considerazioni degli Attori dell'Ambito Pubblico
Le considerazioni espresse dagli attori dell'ambito Pubblico denotano la logica di
network che ha caratterizzato l'intervento attuato da Comunità S. Francesco con i
Servizi Territoriali e la Comunità in generale. Gli attori dell'ambito Pubblico, inoltre,
sottolineano il taglio sociale che ha caratterizzato l'intero Progetto, emerso dalla attenzione
costante a rendere la parola “inclusione” concreta prassi operativa. Permane la
consapevolezza delle penalizzazioni indotte dalla attuale crisi che attraversa il mercato
del lavoro, in tutte le conseguenze negative che essa reca con sé. Le voci delle Assistenti
Sociali concordano sulla necessità di offrire agevolazioni fiscali alle aziende, al fine
di incrementare le possibilità di inserimento per le fasce deboli, e per tutti, in
generale.
ASSISTENTE SOCIALE D'AMBITO (Maglie), Dott.ssa P. De Donno
- Op.: Qual è il ruolo svolto dall'Assistente Sociale d'Ambito nel Progetto “Isola”?
- Ass. Soc.: Mi sono occupata della prima fase organizzativa del Progetto, collaborando
in sinergia con Comunità S. Francesco e della selezione delle beneficiarie che
avrebbero preso parte al percorso di inserimento, ma anche di aspetti quali,
l'informazione e la sensibilizzazione sul territorio, la scelta di linee idonee di
azioni.
- Op.: Bene, mi pare di capire, quindi, che ci sia stato un intenso lavoro di rete tra
voi operatori dei Servizi, Comunità S. Francesco e la comunità in generale.
- Ass. Soc.: Siamo sempre state in contatto con la Tutor del Progetto, ci sono stati
nella incontri frequenti con l'équipe per comprendere quali fossero, rispetto ai profili
delle beneficiarie, le aziende più consone agli inserimenti. Da questo punto di vista,
infatti, sono state scelte intenzionalmente realtà profit, piuttosto che Enti Pubblici
come i Comuni, per cercare di garantire un prosieguo al percorso di borsa-lavoro.
D'accordo con la Tutor di Progetto, abbiamo pensato che, probabilmente, in un
contesto produttivo, la professionalità acquisita grazie al lavoro di formazione
antecedente all'ingresso in azienda, potesse aprire la strada, laddove vi fossero state
le condizioni, a una assunzione futura.
- Op.: E' interessante quello che dice a proposito della formazione, un elemento sul
quale si è puntato molto quindi. In termine di effetti, quale riscontro avete avuto
nelle utenti, si sente di riconoscere una crescita personale nelle beneficiarie?
- Ass. Soc.: Si, certamente la crescita c'è stata, soprattutto nel modo di comunicare,
di relazionarsi, di rielaborare il proprio vissuto: le beneficiarie si sono incontrate
mensilmente, presso la sede del nostro Comune, per le attività con la Psicologa e
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io stessa ho avuto occasione di rilevare grande partecipazione da parte del gruppo,
che ha sviscerato, in più di una occasione, problematiche legate alla propria vita
quotidiana.
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Op.: Secondo lei, quanto è importante offrire un'opportunità formativo-lavorativa
come quella progettata da Comunità S. Francesco?
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Ass. Soc.: A me il Progetto è piaciuto molto: le beneficiarie sono state realmente
supportate nel loro percorso di inserimento da un assiduo lavoro di equipe, non
sono mai state abbandonate a sé stesse. Il taglio è stato prettamente “sociale”,
con un'attenzione alta al significato del termine “inclusione”. Gli incontri di gruppo
sono serviti a farle socializzare tra loro, a dare un punto di uscita, dei nuovi contatti
a cui potersi agganciare, anche delle relazioni amicali, in alcuni casi, uno tra gli
aspetti più carenti per queste donne.
Op.: Secondo il suo parere, cosa si potrebbe fare per realizzare degli interventi, in
futuro, che possano offrire opportunità più durature?
Ass. Soc.: E' difficile rispondere a questa domanda. Sicuramente il taglio del Progetto
ha superato l'ottica dei sussidi assistenzialistici temporanei, ma di fatto, permane
la situazione critica del mercato del lavoro e in termini di inclusione sociale, c'è
da dire che in questa criticità rientrano tutti, non solo le beneficiarie del Progetto.
Op.: Secondo il suo punto di vista e basandosi sulla sua esperienza nell'ambito dei
Servizi, qual è il punto di forza di “Isola”?
Ass. Soc: L'aver reso possibile una svolta nella vita delle beneficiarie, non solo
dal punto di vista lavorativo, ma anche personale: è stato come dare loro un
contenitore in cui riversare quanto si portavano dentro, probabilmente, non sarebbero
riuscite a manifestarlo, con la stessa “facilità”, in altri contesti.
Op.: Grazie.
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RESPONSABILE DEL SETTORE WELFARE E CULTURA (Corigliano d'Otranto), Dott.ssa
N.A. De Giorgi
- Op.: Quale è stato il suo ruolo in “Isola”?
- R.: E' stato un ruolo significativo di raccordo e monitoraggio continuo della
beneficiaria che ha svolto il percorso di borsa-lavoro presso il nostro Comune. Il
lavoro è stato condotto con l'ottima collaborazione degli operatori di Comunità S.
Francesco, sempre presenti come pochi, a dire il vero!
- Op.: Cosa ne pensa dell'inclusione sociale?
- R.: L'inclusione sociale è un processo che offre alle utenti la possibilità di farsi
conoscere in modo nuovo e diverso, e di avere un'autonomia economica che
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consente di risolvere problemi quotidiani, quali, ad esempio, il pagamento dell'affitto,
delle bollette, ecc.. E poi l'inclusione è fondamentale nell'aspetto del riconoscimento
personale, della riconquista dell'autostima, e per il riappropriarsi dei ruoli all'interno
della società.
Op.: Cosa ne pensa dell'intervento progettato da Comunità S. Francesco?
R.: Auspico che questo Progetto possa essere rinnovato, per gli effetti positivi
riscontrati per le beneficiarie, e per il modo in cui è stato condotto. Ci siamo
confrontati continuamente, in itinere, con le operatrici dell'équipe psico-sociopedagogica, è stato un lavoro di sinergia che ha dato ottimi risultati, stimolando a
supportare sempre, con entusiasmo e fiducia, le borsiste nel loro percorso.
Op.: Dalle parole raccolte dalle beneficiarie si percepisce la costante ansia per il
termine della borsa-lavoro: secondo il suo punto di vista, cosa si potrebbe fare per
offrire delle opportunità più durature?
R.: Le risponderei volentieri se ne avessi la possibilità.. Il problema è la mancanza
di risorse economiche: presso il nostro Comune, ad esempio, non ci sono possibilità
di proseguire la collaborazione lavorativa al termine della borsa-lavoro. Credo che
un'attenzione maggiore vada data alle aziende, in termini di agevolazioni previste
per questo tipo di assunzioni. Speriamo che qualcosa in futuro si smuova!
Op.: Grazie.
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Interviste: Ambito Territoriale Sociale di CAMPI SALENTINA
Le interviste qui di seguito riportate, condotte nell'ATS di Campi Salentina, offriranno una
chiara fotografia del percorso di inserimento delle beneficiarie, valutato in toto, attraverso le
considerazioni raccolte da tutti gli attori convolti nel processo: le stesse borsiste, le operatrici
dell'Equipe Psico - Socio - Pedagogica; i Responsabili aziendali; i referenti dell'ambito Pubblic
e del Privato Sociale; le Figure Istituzionali deputate alle Politiche Sociali.
La voce delle beneficiarie
Soddisfazione, orgoglio, sicurezza ritrovata, motivazione nel vivere (“il lavoro è vita”) e
autoriconoscimento, sono tutti elementi che pervadono le riflessioni delle beneficiarie
rispetto all'esperienza di borsa-lavoro. Un'esperienza che, per alcune, si è tradotta in
occasione per individuare dei punti di riferimento assenti nella propria vita quotidiana,
vissuti come “nuova famiglia” non giudicante, in grado di supportare e motivare al
miglioramento delle proprie prestazioni, e a una maggiore cura di sé. I forti vissuti emotivi
che irrimediabilmente hanno segnato il passato di ognuna, e le loro ripercussioni nella
vita attuale, sono stati ulteriormente elaborati nel percorso di inserimento lavorativo,
attraverso le funzioni di supervisione, accompagnamento e tutoraggio dell'èquipe PsicoSocio-Pedagogica. La paura del “dopo” permane, ma l'acquisizione di nuove strategie
di problem-solving consente una riorganizzazione in termini di ridimensionamento e di
maggiore fiducia nelle proprie capacità.
• Beneficiaria: A., 42 anni (vedova con un figlio di 13 anni, uno di 21)
- Op.: Potresti descrivere brevemente la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
Raccontami un po' com'erano le tue giornate…
- A.: Non lavoravo da due anni, non vivevo bene.
- Op.: Come ti sentivi? Che emozioni provavi?
- A.: Mi sentivo malissimo, molto depressa. La depressione è una cosa bruttissima
non auguro a nessuno di provarla. Ti toglie la forza di vivere e i pensieri...
- Op.: Ti sentivi così depressa perché non riuscivi a trovare un lavoro? Che tipo di
difficoltà dovevi affrontare?
- A.: Si certo, non lavorando ero depressa perché non avevo i soldi per comprare
quello che serviva ai miei figli, sono due, dovevo chiederli sempre e questo mi
dava fastidio!
- Op.: Quanti anni hanno i tuoi figli, sono piccoli?
- A.: Mha insomma, uno ha 13 anni e l'altro è grande ormai, ne ha 21.
- Op.: E a chi chiedevi aiuto, alla tua famiglia?
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A.: No, non ho contatti con loro.. (abbassa lo sguardo un po' turbata). Li chiedevo
a mia suocera, la mamma del mio compagno che purtroppo è morto, ma lei
continua a essere sempre un punto di riferimento forte per me.
Op.: E' importante avere dei punti di riferimento, soprattutto se hai dei figli a cui
pensare. Ascolta A., vorrei capire meglio che tipo di difficoltà avevi nel cercare
lavoro?
A.: In pratica, ti spiego tutto così capisci meglio: ho avuto problemi con la droga
per moltissimi anni e purtroppo pure il mio compagno che è morto di overdose..
sempre lo penso e quest'anno senza di lui non ho voluto nemmeno fare l'albero a
Natale. Siamo stati insieme in Comunità però, non abbiamo finito il percorso siamo
scappati..
Op.: Perché non avete terminato il percorso, non vi piaceva stare lì?
A.: No, non ci piaceva, comunque sono 13 anni che mi sono liberata della droga.
Ora sto bene, solo che non è stato facile riprendere la vita quando siamo usciti dalla
Comunità, però ce l'ho fatta.
Op.: Immagino.. hai fatto qualche esperienza di lavoro che ricordi con piacere prima
di questa?
A.: Si ho lavorato all' “Alba” che è sempre una Comunità, dove coltivavo prodotti
biologici, era un'esperienza di gruppo, andavo tre volte a settimana; poi all'“Alaska”,
quanto mi piaceva lavorare lì! Confezionavo i gelati, era bellissimo!
Op.: Si vede che ti piaceva, ti brillano ancora gli occhi! In generale A., che significato
dai al lavoro?
A.: Il lavoro lo vedo come aiuto economico e vorrei un lavoro costante che mi dia
la sicurezza di non fare mancare niente ai miei figli.
Op.: Com'è cambiata la tua organizzazione del tempo? Com'è il tuo tempo ora?
A.: E' un tempo diverso, “pieno”, le giornate hanno senso, prima mi alzavo, ma
le giornate passavano tanto per passare…
Op.: Credi che la possibilità di lavorare ti consenta di prenderti più cura di te stessa,
della tua persona?
A.: Si, posso andare dal parrucchiere, ogni tanto mi compro qualcosa, ma prima di
tutto penso a quello che serve ai miei figli, sempre prima a loro. Sono soddisfatta
perché riesco a pagarmi tutto da sola senza chiedere soldi a nessuno, quella
cosa era un'umiliazione per me!
Op.: Mi descrivi com'è iniziato questo nuovo percorso?
A.: L'Assistente Sociale del Comune mi ha detto che c'era questa possibilità, non
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mi sembrava vero, ho detto si subito! Abbiamo fatto prima la formazione di un
mese, dove ci hanno spiegato le cose della sicurezza su lavoro, come dovevamo
comunicare con il datore di lavoro e dopo ho incominciato a lavorare a “Mamma
Bella”.
Op.: A proposito della formazione, pensi che sia stata utile, che ti sia servita o avresti
avuto bisogno di una formazione di un altro tipo?
A.: Guarda mi è piaciuta, soprattutto perché mi ha fatto avere un'idea dei contratti
di lavoro, come sono, che diritti ho. Per me è stato importante, non me ne aveva
parlato mai nessuno. Mi è piaciuta anche la parte sull'autostima: la mia è stata
sempre bassa, ma da quando ho un lavoro è cambiata.
Op.: Ti senti valorizzata nel lavoro che svolgi?
A.: Si perché mi sento davvero utile.
Op.: Bene questo rappresenta una motivazione forte a fare sempre meglio! E nello
specifico, a “Mamma Bella” che attività svolgi? Parlami un po' di questa struttura.
A. : Faccio le pulizie, mi piace quello che faccio, il posto è bellissimo, ha un
giardino grandissimo! Dentro c'è la scuola dell'infanzia, la comunità educativa, il
centro diurno e anche il campo sportivo. L'Istituto è molto grande, quindi, c'è sempre
tanto da fare, poi bisogna pulire davvero bene perché ci sono i bambini.
Op.: Deve essere un bel posto da come ne parli. Senti, come hai vissuto l'ingresso
nel contesto lavorativo? Hai avuto delle difficoltà particolari?
A. : Ero molto emozionata, anche se c'era l'educatrice con me, mi è stata sempre
molto vicina, mi sentivo sostenuta, mi ha fatto capire come migliorare: per esempio,
chiamare in caso di assenza, essere sempre puntuale… ah si, anche vestirmi
semplice perché è un posto dove ci sono le suore e i bambini, è importante
(sorride soddisfatta con consapevolezza di responsabilità)! E poi mi ha aiutata
tantissimo la Coordinatrice dell'Istituto: mi ha dato un “ordine” da seguire negli
ambienti che dovevano essere puliti: prima i posti dove non ci sono i bambini, poi
le stanze delle attività; mi ascolta anche se ho problemi miei personali. E' bravissima!
Op.: Mi sembra di capire che ti sei integrata perfettamente sul posto di lavoro e che
hai trovato dei punti di riferimento forti sia negli operatori d'equipe che nella
coordinatrice, è positivo per te...
A.: Si sono dei punti di riferimento, è vero: nelle operatrici ho trovato quella
famiglia che non ho mai avuto e da loro non mi sono mai sentita giudicata e per
me questa è la cosa più bella! Non è facile quando hai un passato lungo di
tossicodipendenza, la gente ti giudica sempre, ti toglie forza! Io la forza l'ho trovata
grazie a mio figlio piccolo...
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Op.: Certo non è facile sopportare il peso delle “etichette” esterne, ma di forza ne
stai dimostrando tanta anche in quest'esperienza. Credi che ti abbia cambiata rispetto
a prima? Come ti senti ora?
A.: Mi ha cambiata tanto perché mi sento più forte e solare, ho solo paura che
finisca e di cadere di nuovo in depressione...
Op.: Ora non pensare alla depressione e continua su questa strada. La depressione
è stata una fase trascorsa della tua vita, la lasciamo al passato, insieme a...?
A.: Insieme alla droga! (Sorride, ha un tono deciso).
Op.: Brava! Allora come ti vedi nel futuro?
A.: Libera! Libera dalla droga, con un lavoro e con i miei figli. Ce la dobbiamo
fare!
Op.: Grazie A., forza e in bocca al lupo!
• Beneficiaria: M., 37 anni, (una figlia di 7 anni affidata a una cognata)
- Op.: Potresti descrivere brevemente la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
Raccontami un po' com'erano le tue giornate…
- M.: Prima di cominciare a lavorare al Centro non avevo uno stipendio fisso e mi
arrangiavo con le pulizie, facevo quello e poi le solite cose che si fanno a casa.
- Op.: Come ti sentivi, che emozioni provavi in quel periodo?
- M.: Ero preoccupata perché ho una figlia piccola, domani compie 7 anni e lei
ha bisogno di tante cose... Mi dispiace non avere una foto altrimenti te la farei
vedere.
- Op.: Auguri! E la tua famiglia, puoi contare sul suo aiuto se ne hai bisogno?
- M.: No, i miei sono grandi, non possono aiutarmi. Ho una cognata che mi aiuta, per
ora mia figlia sta con lei.. Sta con lei perché ho avuto anche altri problemi, sono
stata in carcere e poi agli arresti domiciliari.
- Op: Sei stata, in carcere a Lecce?
- M.: Si a Borgo S. Nicola, ma per poco, poi sono stata agli arresti domiciliari e alla
fine si è risolto tutto. L'avvocato mi ha detto pure che mi daranno di nuovo mia figlia.
- Op.: Te lo auguro, ma spiegami durante il periodo dei domiciliari avevi già iniziato
a lavorare?
- M.: Si andavo già al Centro. Poi quando ho finito quella per me è stata proprio la
svolta!
- Op.: Ti sei sentita libera finalmente?
- M.: Si finalmente!
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Op.: E com'è stato vivere quel periodo insieme all'inizio di un'esperienza importante
come quella della borsa-lavoro? Avevi delle paure in particolare?
M.: No, non avevo paura, avevo solo voglia di finire i domiciliari perché come dici
tu, mi sono sentita libera e anche più motivata nel lavoro a fare meglio!
Op.: E' importante la motivazione, permette sempre di raggiungere degli ottimi
risultati. Spiegami che significato attribuisci al lavoro? Cosa significa per te poter
lavorare?
M.: Il lavoro è la motivazione per vivere e la possibilità di non fare mancare niente
a mia figlia.
Op.: Quindi un modo per vivere bene anche. Avere un impegno di lavoro quotidiano,
comporta un'organizzazione diversa del tempo e delle giornate: com'è il tuo tempo
ora?
M.: Si è cambiato tutto! Prima le giornate erano vuote, tutte uguali, mentre ora
invece devo pensare alla casa e al lavoro che devo fare, ma ci riesco, faccio
tutto, sono molto veloce, mi piace perché mi fa sentire impegnata!
Op.: Parlami un po' del posto in cui lavori e di quello che fai...
M.: Lavoro in un Centro Diurno di Squinzano, si chiama l'”Ottavo Giorno”, faccio le
pulizie. Mi piace perché mi fa stare a contatto con tanti ragazzi. Mi vogliono
bene, dicono anche che come faccio il caffè io non lo fa nessuno! (sorride divertita)
Op.: Ah che brava! Ascolta M., descrivimi un po' la tua giornata lavorativa.
M.: Allora, arrivo sempre alle 8:45 al lavoro e mi metto subito a pulire. Sono otto
stanze dove i ragazzi fanno le attività: faccio prima quelle dove i ragazzi non ci sono
e poi a poco, a poco, tutte le altre. Devo pulire bene però, perché gli operatori
del Centro mi hanno spiegato dal primo giorno che l'igiene è importantissima
perché ci sono tanti ragazzi.
Op.: Certo, immagino e dimmi, ti è capitato di avere qualche difficoltà, per esempio,
l'abitudine ai ritmi di lavoro, è stata facile da raggiungere?
M.: No, difficoltà no in quel senso, anzi sono sempre puntuale e arrivo in anticipo!
Una volta, non sono potuta andare e ho avvisato in ritardo e tutti si sono preoccupati
perché sanno che sono sempre puntuale!
Op.: Mi sembra di capire che hai un buon rapporto anche con i tuoi colleghi di
lavoro?
M.: Si buonissimo, anche con la Responsabile del Centro, si fida di me, forse
mi tiene anche dopo, gliel'ho chiesto.
Op.: Le hai chiesto se quando scadrà il contratto potrai rimanere?
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M. : Si e mi ha detto che per lei non ci sono problemi e che quando scade il contratto
a fine Aprile prova a parlare con gli altri responsabili, perché alla fine serve sempre
qualcuno che pulisce!
Op.: Certo, te lo auguro di poter continuare! So che durante questo tuo percorso sei
stata sempre affiancata delle operatrici d'equipe del Progetto, come l'hai vissuta
questa cosa?
M.: Bene, soprattutto all'inizio mi hanno aiutato molto perché mi hanno spiegato
proprio come si doveva pulire bene, che le cose vanno fatte sempre con ordine, che
devo organizzare le attività e poi che devo essere sempre puntuale e avvisare in
caso non posso essere presente per qualche motivo personale.
Op.: Insomma ti hanno formata al lavoro. A proposito di formazione, so che c'è stato
un periodo di formazione in aula prima di iniziare il lavoro al Centro, che cosa ti ha
lasciato? Quanto tempo è durato?
M.: La formazione è cominciata un mese prima, è durata un mese e poi ho
cominciato all' “Ottavo Giorno”. Mi sono piaciuti gli incontri in cui ci hanno spiegato
come bisogna parlare con il datore di lavoro e con gli altri.
Op.: Vi hanno spiegato a usare una comunicazione più adatta all'ambiente lavorativo
vuoi dire? Perché ti è piaciuta tanto?
M.: Mi è piaciuta perché erano cose su cui non avevo mai riflettuto, non me ne aveva
mai parlato nessuno, solo che è durata poco, avrei voluto che durasse di più...
Op.: Ti sarebbe piaciuto saperne di più?
M.: Si, è pure un modo per migliorarsi penso, no?
Op.: Certo, per conoscersi meglio e aggiustare il tiro se qualcosa non va. Pensi che
quest'esperienza ti abbia dato delle abilità che prima non avevi?
M.: Guarda mi ha insegnato a stare con i ragazzi che è una cosa che mi piace
moltissimo! Poi che devo sempre avere un ordine quando faccio le cose:
comincio una cosa, la finisco per bene e poi ne comincio un'altra..
Op.: E rispetto al passato, ti senti cambiata?
M.: Si, mi sento più responsabile proprio nel modo di lavorare, riesco a organizzare
da sola quello che devo fare e, poi sicuramente più tranquilla, prima ero sempre
nervosa.. Poi pure con la cosa che mi è successa del carcere, mi ha insegnato che
non devo sbagliare più, se no perdo mio figlia!
Op.: Certo, le esperienze negative servono a non ripetere determinati errori se
vogliamo vivere tranquilli. Allora, cosa lasci nel passato e cosa porti nel futuro di
questa nuova M.?
M.: Nel passato lascio una M. che ha sbagliato tanto e nel futuro invece una M. che
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ha una famiglia unita e un bel lavoro!
Op.: E che lavoro ti piacerebbe fare guardando al futuro?
M.: Quello di ora, nello stesso posto di ora!
Op.: Grazie M., in bocca al lupo.
• Beneficiaria: M., 44 anni, ( 3 figli, di cui 1 minorenne )
- Op.: Potresti descrivere brevemente la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
Raccontami un po' com'erano le tue giornate…
- M.: Prima non vivevo qui, vivevo a Napoli, sono di Napoli, lavoravo lì.
- Op.: E che lavoro facevi?
- M.: Facevo l'assistenza agli anziani per 5 euro all'ora, una miseria! Assistevo
due anziani, marito e moglie, due volte a settimana, davo il cambio a una donna
rumena quando si prendeva i giorni di riposo. E' stato brutto se ci penso lasciare
Napoli, ho lasciato lì le mie due figlie...
- Op.: Ah, hai due figlie? Quanti anni hanno?
- M.: Si ho due figlie grandi, sulla ventina, sono rimaste lì a lavorare e poi ho un figlio
piccolo, di 7 anni che vive con me, però l'ho avuto da un altro compagno.
- Op.: Immagino che ti manchino, è normale! E la tua città ti manca, ci pensi ogni
tanto a Napoli?
- M.: Si mi manca e anche se ne parlano male per le zone degradate, mi manca tanto
per delle cose bellissime che ha, per esempio, i mercatini di Natale, pieni di luce!
- Op.: Mi piacerebbe vederli! Ti va di raccontarmi come sei arrivata qui?
- M.: Guarda la mia storia è lunga, non basterebbe una giornata per raccontartela!
Io non avevo niente prima di venire qua.. ho avuto problemi di droga in passato,
ecco perché mi trovo a Lecce, ho fatto la Comunità a Napoli, ma non l'ho finita..
- Op.: Come mai non l'hai finita? Quanto dura in genere un percorso terapeutico?
- M.: In genere dura due anni, ma non l'ho finita perché non mi piaceva stare lì. Non
mi è piaciuta nemmeno quella di Lecce, perché l'ho fatta pure qui, avevo 33 anni.
- Op.: Ah sei stata anche a Lecce e nemmeno qui hai terminato il percorso?
- M.: No, (sorride), non l'ho finito nemmeno qui.. Guarda la Comunità ti forma però,
devi volerlo tu, devi volerne uscire, lo devi volere solo tu. Mio figlio mi ha dato
la forza, prima avevo deciso di lasciarmi andare.. sai quante volte mi sono ritrovata
in un letto di ospedale vestita, con tutte le scarpe a Napoli.. Poi oramai sono 9 anni,
ho smesso.
- Op.: Sono nove anni che hai smesso di assumere sostanze? Quindi, ne sei uscita,
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è una vittoria per te..
- M.: Si, si, ne sono uscita però non sono ipocrita... chi ha provato la “robba” non
se la scorda...
- Op.: Cosa vuoi dire con questo, che la tentazione di ricaderci può essere forte anche
con il trascorrere del tempo?
- M.: No, voglio dire che chi l'ha provata, sa cos'è con tutte le cose che ti porta! E'
un mondo di illusioni: all'inizio “ti fai per sentirti bene”, tutto il mondo è bello;
poi dopo una, due settimane, ti accorgi che tu sei dipendente, che se non lo fai
stai male, diventa un bisogno per stare una persona “normale”...
- Op.: Mi ha colpito molto quest'ultima frase “diventa un bisogno per stare una persona
normale”, perché non ti sentivi una persona “normale” senza la droga?
- M.: Mi sentivo piena di problemi, non tranquilla e quel mondo ti dava l'illusione
che i problemi non c'erano più, ma poi appunto è un'illusione perché invece i
problemi ci sono e aumentano! Quando ho smesso sono stata malissimo, ho avuto
la depressione...
- Op.: Hai avuto problemi di depressione?
- M.: Si, nel 2000, non mangiavo più, ora mi sono ingrassata, ho preso 11 kg! La
depressione è bruttissima e non la auguro a nessuno: “si prende” quando molte
cose non le vedi come vuoi tu e ingoi, ingoi e ingoi tante cose… Mi ricordo che era
Febbraio, mi alzavo sudata, con il cuore a mille, non parlavo più con nessuno,
piangevo da sola... poi all'inizio mangiavo e vomitavo, poi non mangiavo più.
- Op.: E hai anche avuto problemi di anoressia?
- M.: No, quello no, ero andata sottopeso e poi dopo un anno, tra vitamine e cose per
l'ansia mi sono ripresa. Una la depressione la deve provare sulla propria pelle.
Un giorno ho tentato pure di “buttarmi”, ma devo essere onesta, mettevo il piede
fuori e tenevo paura.. poi pensavo alle mie figlie, non ho avuto il coraggio, non ho
avuto la “forza”...
- Op.: Bhe credo che tu il coraggio l'abbia avuto invece! Ci vuole più coraggio a
continuare a vivere affrontando i problemi. Che dici se ci prendiamo un bel bicchiere
d'acqua?
- M.: Dico proprio di si!
Facciamo una breve interruzione: M. ha gli occhi colmi di lacrime, la rievocazione
del passato le comporta ancora una sofferenza notevole.
- M.: Apposto (sorride)!
- Op.: Bene! Allora apriamo un capitolo nuovo, parlami di questa nuova esperienza
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di lavoro che stai vivendo, cosa ha significato per te l'inizio di questo percorso?
M. : Sono rinata! La mattina mi sveglio con la voglia di venire a lavorare, perché
mi piace proprio il posto dove sto! Ho iniziato l'anno scorso a Maggio e ho legato
con tutte le operatrici che lavorano qui, mi sono sentita in famiglia...
Op.: Di cosa ti occupi qui e quali sono le abilità che pensi di aver acquisito grazie
a questo lavoro?
M. : Faccio le pulizie e le operatrici, una in particolare, mi hanno insegnato come
organizzare la mia giornata di lavoro. Qui hai visto è grande: c'è il giardino, ci
sono tante stanze grandi, c'è pure sempre un via vai di gente che viene a parlare.
Perciò pulisco con ordine tutte le stanze, poi faccio tutti i vetri, lavo a terra. La verità
mi dicono anche che lavoro troppo! Ogni tanto mi dicono di fermarmi! (Sorride
soddisfatta di sé).
Op. : Ci vieni tutti i giorni?
M.: Si dal lunedi al venerdi, mezza giornata.
Op.: E hai incontrato delle difficoltà particolari?
M.: No, solo all'inizio che ho dovuto capire cosa fare prima! All'inizio qualche volta
mi scoraggiavo, tutte queste stanze grandi, avevo paura di non riuscire a finire tutto!
Poi l'operatrice mi ha fatto un “piano di lavoro”, mi ha spiegato che potevo fare
una cosa alla volta. Ora sono organizzata bene e addirittura sono io che decido che
detersivi prendere per pulire!
Op.: Mi sembri molto contenta di lavorare qui. Ti senti realmente valorizzata e parte
integrante del contesto?
M. : Si moltissimo e poi sono una di loro, mi fanno prendere il caffè anche con loro
e nessuno mi giudica per il mio passato, anzi mi hanno dato sempre tanta fiducia!
Lo sai che certe volte apro pure il Centro? Qualche volta mi lasciano le chiavi e
la mattina presto apro e inizio a pulire! (parla con orgoglio e soddisfazione).
Op.: E' una grande dimostrazione di fiducia e sei stata brava anche tu a meritarla!
Prima di iniziare l'attività lavorativa vera e propria, so che c'è stato un periodo di
formazione. Come l'hai trovato, in cosa consisteva?
M.: Si è iniziato a Maggio ed è durato tutto il mese. Abbiamo fatto le cose della
sicurezza sul lavoro, dei contratti e poi la parte più bella è stata quella di capire
che immagine abbiamo di noi e come comunichiamo. Anche se, ti devo dire la
verità, io preferisco la parte pratica!
Op.: Quindi la formazione ti è piaciuta o avresti preferito che fosse diversa, magari
su un settore specifico?
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M.: Si mi è piaciuta. Diversa no, perché alla fine ci hanno spiegato cose utili: è
importante capire come ci vediamo per migliorarci, no? Così come è importante
sapere i diritti che abbiamo al lavoro, solo che io preferisco sempre “fare”!
Op.: Lo vedo che sei una persona dinamica dall'energia con cui ti racconti. Mi dici
come sono i rapporti con le operatrici dell'equipe del Progetto? Ti sei sentita supportata
da tutte?
M.: Moltissimo! Mi sono sentita accolta, in famiglia, quella famiglia che non ho mai
avuto perché sono cresciuta in collegio. Le operatrici mi hanno aiutata a migliorare
nel lavoro, a non farmi prendere dall'ansia e mi hanno sempre ascoltata anche
se avevo delle cose da raccontare, preoccupazioni su mio figlio in generale..
Op.: Bene, è fondamentale avere dei punti di riferimento. Riesci a concederti qualcosa
per te con quello che guadagni?
M.: La verità un po' mi trascuro, penso prima a mio figlio e poi se rimane qualcosa
penso a me..
Op.: Sei una brava mamma, è bello quello che dici. Se dovessi descriverti con
qualche aggettivo cosa mi diresti?
M.: Ti direi che mi piace molto ironizzare, sono logorroica, sono una chiacchierona
e penso di essere anche molto forte: ho avuto una vita molto forte e te lo può dire
il mio viso segnato, sono forte per i miei vissuti.
Op.: Sicuramente i tuoi vissuti ti hanno resa anche molto combattiva, questo ti
tornerà sempre utile nella vita. Mi dici di cosa hai bisogno ora e come ti senti rispetto
al passato?
M.: Mi sento serena e vorrei che il lavoro continuasse, perché mi piace. Mi piace
il posto dove sono, ormai “lo sento mio”. Lo so che niente è per sempre però…
Io sono ottimista!
Op.: Brava, devi esserlo! Come ti vedi proiettata nel futuro?
M.: Spero di continuare a lavorare qui perché te l'ho detto mi trovo bene e poi perché
il lavoro è vita!
Op.: In bocca al lupo M. e grazie.
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Le valutazioni delle operatrici dell'EQUIPE PSICO- SOCIO - PEDAGOGICA
• EDUCATRICE
L'intervista rilasciata dall'Educatrice dell'équipe Psico - Socio - Pedagogica permette
di effettuare un bilancio in termini di risultati raggiunti, e identificabili nell'acquisizione
della sistematicità di organizzazione delle giornate, nella capacità di assegnare un
ordine dapprima mentale, e poi pratico, alle mansioni da svolgere. La definizione di un
“piano di lavoro” ha fornito alle beneficiarie un metodo rivelatosi utile all'acquisizione
di nuove competenze tecnico-specifiche, e una modalità di “contenimento”
dell'ansia connessa alla situazione lavorativa. Le beneficiarie, rispetto all'inizio del
percorso lavoro, appaiono più tranquille, ricettive e inclini all'ascolto, riportando cambiamenti
notevoli anche nella sfera psico-fisica. L'educatrice insiste sugli ricadute positive del
lavoro di rete condotto con i Servizi Territoriali. In termini di obiettivi conseguiti la
riuscita del percorso di borsa-lavoro è totale.
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Op.: Come nasce il Progetto “Isola” e in cosa consiste?
Ed.: Il Progetto nasce per offrire un'opportunità a donne sole, che vivono in condizione
di forte svantaggio sociale e la finalità è quella di favorire il raggiungimento
dell'inclusione sociale rendendole protagoniste attive del loro percorso.
Op.: Come si crea il rapporto di fiducia con un'utenza così particolare?
Ed.: Innanzitutto, è fondamentale porsi allo “stesso livello” dell'utente perché
questo permette il realizzarsi di un'autentica comprensione empatica. Occorre stabilire
e mantenere un rapporto continuo con le beneficiarie: passare spesso sul luogo
di lavoro per verificare il loro andamento e raccogliere eventuali dubbi o perplessità.
Ciò che consenta il salto verso la conquista profonda della fiducia è credere
fermamente nelle possibilità di riuscita delle utenti: l'operatore deve essere in
grado di trasmettere e restituire all'utente questo senso di fiducia nelle sue potenzialità
di riuscita e di riscatto sociale.
Op.: L'esperienza lavorativa comporta una riorganizzazione della propria realtà
quotidiana, implicando la presenza di fattori quali capacità di reggere possibili stress
connessi all'espletamento dei compiti, ma anche ansia per eventuali fallimenti. Come
si sono dimostrate le beneficiarie rispetto alla capacità di attenersi al rispetto delle
regole e di reggere i ritmi lavorativi?
Ed.: Questo è un punto sul quale si è lavorato molto: si è insistito sull'acquisizione
della sistematicità di organizzare la vita in funzione di un impegno lavorativo
costante, ma anche sull'importanza del rispetto di regole, quali ad esempio: la
puntualità, il rispetto delle consegne, la comunicazione tempestiva di eventuali
assenze. In alcuni casi, si è provveduto a elaborare un vero e proprio “piano di
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lavoro” che da un lato, agevolasse le beneficiarie fornendo loro un “metodo” di
esecuzione delle attività e dall'altro, che le guidasse supportandole, contenendo
l'ansia della riuscita del compito. Riguardo ai ritmi lavorativi, non ci sono state
difficoltà: hanno dimostrato tutte una grande voglia di lavorare e a volte, facendo
anche più di quanto gli venisse richiesto.
Op.: Può illustrarmi come avete proceduto alla messa in atto del percorso d'inserimento?
Come si è svolto? Come è stato vissuto dalle beneficiarie?
Ed.: Le beneficiarie hanno dapprima effettuato un mese di formazione in aula, che
si è poi alternato negli ultimi 15 giorni con attività sul futuro luogo di lavoro:
quest'alternanza era diretta a verificare l'adeguatezza dell'abbinamento
beneficiaria-azienda. Il processo di inserimento non ha mostrato particolari difficoltà:
l'impatto è stato positivo e le beneficiarie sono state costantemente seguite e
supportate dall'operatore di riferimento d'equipe di Progetto. La presenza dell'operatrice
ha consentito alle beneficiarie di sentirsi “accompagnate” durante l'intero percorso
di borsa-lavoro: le operatrici “vigila” sull'andamento lavorativo delle utenti, raccoglie
le loro impressioni, difficoltà o perplessità e le indirizza verso l'assunzione di
responsabilità dell'impegno lavorativo con il rispetto di tutte le regole che esso
comporta.
Op.: E anche per voi operatrici sono stati previsti dei momenti di formazione?
Ed.: Si naturalmente. Si trattava di attività condotte dalla Psicologa dell'equipe di
Progetto, sulla capacità di gestire le emozioni, sulla conoscenza dei propri stili
comunicativi e sull'importanza della comunicazione verbale e non verbale.
Op.: La possibilità di poter contare su una numerazione mensile, consente il concedersi
di piccole “attenzioni” in più per la propria persona. Ha potuto notare dei cambiamenti
significativi nelle beneficiarie, ad esempio, a livello di cura di sé , ma anche nell'agire
comunicativo e relazionale?
Ed. : Si decisamente. Molte beneficiarie appaiono più curate nel loro aspetto,
più sobrie rispetto al loro arrivo e migliorate anche nell'agire comunicativo: gli
incontri mensili con la Psicologa d'équipe sono serviti anche a questo, a farle riflettere
sui propri stili comunicativi e sulla considerazione di adottarne di nuovi, più idonei
al contesto in cui le erano chiamate ad operare.
Op.: La garanzia di poter contare sul supporto di una rete strutturata con i servizi
territoriali si rivela senza dubbio funzionale alla riuscita del Progetto a estremo
vantaggio delle beneficiarie stesse. Può descrivermi brevemente come si struttura
tale network?
Ed.: Il lavoro di rete c'è stato: sono stati coinvolti tutti i Servizi Sociali di
riferimento degli otto Comuni dell'Ambito di Campi Salentina. Ci siamo
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costantemente interfacciati con loro compiendo una vera e propria attività di
monitoraggio sull'andamento del percorso di borsa-lavoro. Inoltre, ci siamo occupati
della rilevazione dei bisogni di alcune beneficiarie in particolare, effettuando attività
di monitoraggio anche con il Sert.
Op.: Si sente di affermare che gli obiettivi a cui si è puntato in fase di definizione
del percorso d'inserimento siano stati effettivamente conseguiti? Crede che abbiano
sviluppato oltre a delle competenze specifiche spendibili nel mercato del lavoro, un
miglior livello di autostima?
Ed. : Si indubbiamente c'è stata un crescita nelle beneficiarie e dei cambiamenti
considerevoli sia a livello personale, che professionale, tutti risultati traducibili in
un'effettiva riuscita del percorso di inclusione sociale. Anche riguardo alla loro
autostima, sono stati evidenti i progressi compiuti. Credo soprattutto, che questo
progetto abbia rappresentato per ognuna delle beneficiarie, un'ottima occasione
per proporsi e farsi conoscere sul territorio, al di là delle problematiche e dei
vissuti trascorsi: un'opportunità per rimettersi realmente in gioco e ridefinirsi in
termini nuovi e più propositivi.
Op.: Grazie.
• ASSISTENTE SOCIALE
L'Assistente Sociale conferma le considerazioni della collega, ponendo in rilievo il punto
di forza della metodologia progettuale: la centralità delle beneficiarie e l'assunzione
di un ruolo attivo nel loro percorso di inserimento, garanzia del raggiungimento
dell'autonomia e del miglioramento dell'autostima. Rispetto alle risorse attivate colpisce
fortemente la capacità delle borsiste di mettersi in gioco, di farsi conoscere in modo
nuovo, e diverso rispetto al passato, sul territorio.
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Op.: Che ruolo svolge la figura dell'Assistente Sociale all'interno di “Isola”?
Ass. Soc.: L'Assistente Sociale segue le beneficiarie durante il loro percorso di borsalavoro attraverso una continua attività di monitoraggio e offrendo loro supporto
alle problematiche che possono presentarsi; si interfaccia con le aziende accoglienti
e con i servizi territoriali coinvolti; definisce gli obiettivi da conseguire nel
Progetto Individualizzato previsto per ogni beneficiaria.
Op.: Parlando di Progetto Individualizzato, quali sono gli obiettivi da perseguire in
funzione di un miglioramento qualitativo di vita delle utenti?
Ass. Soc.: Indubbiamente il raggiungimento dell'autonomia attraverso il
potenziamento delle risorse presenti e di quelle potenzialmente attivabili. Lavorando
su questi aspetti si raccoglieranno dei risultati positivi anche per ciò che riguarda
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il miglioramento dell'autostima, fattore irrinunciabile ai fini di un miglioramento
qualitativo di vita delle beneficiarie.
Op.: Nel progetto “Isola” che metodologia è stata adottata?
Ass. Soc. : Nel Progetto la metodologia è stata “partecipata” e questo credo sia
un punto di forza perché comporta una serie di ricadute positive per la riuscita del
percorso di inclusione, tra le quali: l'assunzione di un ruolo attivo per le beneficiarie;
l'acquisizione di un metodo di lavoro - aspetto fondamentale e spesso deficitario
-; la responsabilizzazione nei confronti dell'impegno lavorativo quotidiano e infine,
un coinvolgimento costante di tutti gli attori sociali del Progetto, - dalle aziende ai
servizi territoriali - grazie all'assidua attività di monitoraggio.
Op.: Parlando appunto delle aziende che hanno offerto la loro disponibilità ai percorsi
di borsa-lavoro, ha colto degli atteggiamenti di “resistenza” legati a qualche stigma
nei confronti dell'utenza?
Ass. Soc.: E' innegabile che ci siano state delle “resistenze” in alcuni casi a
causa del passato delle beneficiarie. Per alcune di loro, il pregiudizio era talmente
marcato da prospettare una difficile attuazione del percorso di borsa-lavoro. Una di
queste, è stata accolta dal Centro “Il Melograno”, che ha deciso di scommettere
e di credere fermamente nelle capacità di riuscita della beneficiaria, rivelandosi
poi tra gli inserimenti più significativi e soddisfacenti in termini di risultati
raggiunti!
Op.: La definirei una “doppia” vittoria, complimenti! In termini di “risorse”, quali
sono quelle tirate fuori dalle beneficiarie che vi hanno stupito perché un po' inaspettate?
Ass. Soc. : Indubbiamente la capacità di mettersi in gioco, di scommettere su loro
stesse tirando fuori una motivazione così profonda e una voglia di lavorare che le
ha portate a migliorare professionalmente. Il rovescio della medaglia è il crescere
dell'ansia in vista dello scadere del contratto di borsa-lavoro.
Op.: Certo, immagino che non sia semplice per loro. Cosa crede che siano riuscite
a imparare e interiorizzare da quest'esperienza di borsa-lavoro?
Ass. Soc. La possibilità di spendersi in settori nuovi, l'acquisizione di nuove
competenze “trasversali” legate non solo all'esecuzione del compito e probabilmente
maggiore fiducia nelle proprie possibilità di riuscita.
Op.: Grazie.
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• Le valutazioni della Docente - Formatrice (Gruppo di Lavoro), Ing. N. Cairo
Le considerazioni della Docente che si è occupata della formazione inducono a riflettere
sulle valenze diverse che ha assunto il percorso formativo, percepito dalle borsiste
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come un “qualcosa in più” che le ha fortificate al momento dell'effettivo ingresso in
azienda: oltre a fornire delle competenze spendibili in più contesti lavorativi, l'attività
formativa ha rappresentato una base da cui partire per sganciare le borsiste da
atteggiamenti “vittimistici”, e quasi passivi verso la vita, inducendole a una maggiore
assunzione di responsabilità rispetto a possibili scelte future, sulla scorta di quanto il
passato ha loro insegnato.
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Op.: Può spiegarmi il suo ruolo nel Progetto?
Ing.: Mi sono occupata della parte relativa alla formazione in aula delle beneficiarie,
articolando le ore di docenza su tre moduli: un modulo di Sicurezza sul Lavoro;
uno sui Contratti di Lavoro e un terzo modulo base di Personal Computer.
Op.: Per un totale di quante ore?
Ing.: Per un totale di 24 ore di formazione.
Op.: Bene. Mi diceva allora, che ha affrontato le tematiche di Sicurezza sui luoghi
di Lavoro, dei Contratti di Lavoro e una parte prettamente informatica, può descrivermele
in termini di contenuti?
Ing.: Le prime lezioni sono state teoriche con riferimento al D. Lgs 81/2008, le
novità introdotte, a chi si applica, gli obblighi dei lavoratori; poi, abbiamo affrontato
la tematica dei rischi generici e in particolare del rischio incendio, essendo quello
tra i più trasversali di tutti. Successivamente, ci siamo soffermate sull'analisi del
Contratto finalizzato al reinserimento sociale e lavorativo - in sostanza il loro
contratto - per capire quali fossero i loro diritti-doveri e dissolvere eventuali dubbi
in proposito - le beneficiarie erano particolarmente desiderose di affrontare
questa tematica! -; poi c'è stata la parte incentrata sull'utilizzo di Internet e del
Computer, essendo la maggior parte di loro particolarmente carenti in questo senso:
la creazione di un documento word, di una casella di posta elettronica, tutti elementi
base, ma che potranno aiutarle a sapersi orientare nell'uso del pc; infine, indicazioni
relative a come si crea un Curriculum Vitae e le distinzioni delle varie tipologie
contrattuali, quindi, il contratto di “Apprendistato”, di “Formazione”, “A Chiamata”,
ecc.
Op.: Quanto crede che sia importante il momento della formazione in un processo
di inclusione socio-lavorativa?
Ing.: E' fondamentale perché innanzitutto offre l'occasione di creare il gruppo
e fa sentire le beneficiarie pronte ad affrontare l'esperienza lavorativa con un
qualcosa “in più”: dal loro atteggiamento emergeva una maggiore sicurezza, come
se avessero superato un esame e ottenuto una qualifica! Anche la Tutor del Progetto,
ha riportato il fatto che in azienda le beneficiarie rimarcavano con orgoglio il fatto
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di aver seguito un periodo di formazione.
Op.: Le borsiste si sono dimostrate partecipi o per certi versi è stato difficile mantenere
costante il loro livello di attenzione e concentrazione?
Ing. : Le borsiste si sono dimostrate decisamente partecipi, anche se, inizialmente,
l'impatto non è stato semplice, ho avvertito qualche “resistenza” e un po' di
disinteresse nei confronti dell'attività formativa, in fondo parliamo di nozioni puramente
tecniche..
Op.: E come si è evoluta la situazione? Come è riuscita a superare quest'iniziale
mancanza di concentrazione?
Ing. : Sono riuscita a farle interessare poco alla volta, fino a renderle partecipi e, al
tempo stesso, curiose di apprendere cose nuove: ho cercato di stemperare gli
inevitabili nozionismi servendomi dell'uso del computer e sviluppando le lezioni in
power point per renderle più semplici e sintetiche possibile. Solo il gruppo di
Maglie mi ha dato qualche difficoltà..
Op.: Che tipo di difficoltà?
Ing.: Alla base non c'era un forte motivazione all'apprendere, oltre ad essere un
gruppo più disgregato rispetto a quello dell'ambito di Campi Salentina e di Putignano.
Op.: Questi altri due gruppi si sono dimostrati più propensi all'ascolto?
Ing.: Si, facevano continuamente domande e mettevano in gioco anche problematiche
personali, si raccontavano tantissimo. Parlavano delle esperienze lavorative
precedenti.. Per esempio, utilissimo è stato affrontare il tema degli infortuni sul
lavoro, piccole cose che non conoscevano e che le hanno interessate molto; tante
nozioni tecniche sono riuscita a trasmetterle riagganciandomi alle esperienze che
mi riportavano.
Op.: Quali sono gli obiettivi che si è posta nel suo piano di lavoro?
Ing.: Innanzitutto far acquisire alle beneficiarie la consapevolezza dei loro diritti in
quanto lavoratrici e - pur in presenza di un decreto che garantisce la tutela in tutti
gli ambiti lavorativi - la presa di coscienza che tale tutela si accompagna sempre
alla necessità di responsabilizzarsi sul luogo di lavoro. Un altro obiettivo è stato
quello di sganciarle da un atteggiamento decisamente “vittimistico” e quasi
passivo nei confronti di ciò che era capitato loro in passato come se fossero state
spettatrici delle loro vite. Ho cercato di far passare un altro messaggio: in realtà sta
a voi scegliere e decidere.
Op.: Davvero interessante questa sua riflessione. Questa lettura credo che le abbia
permesso di compiere un “salto” in più, ridimensionando la percezione distorta che
queste donne avevano di sè e dell'esito della loro vita, inducendole ad assumere
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un ruolo attivo, principio che si sposa pienamente con la finalità dell'autonomia
perseguita dal vostro intervento di “Comunità S. Francesco”.
Ing.: Si assolutamente. Ho cercato di far mettere a fuoco il concetto che, le loro vite
sono il risultato di scelte, che per quanto giuste o sbagliate siano state, sono
legate alla loro volontà e, quella stessa volontà, ora è necessario indirizzarla in
una direzione costruttiva e migliorativa del proprio futuro.
Op.: Sono pienamente d'accordo; è bello notare come un percorso formativo
prettamente tecnico assuma dei significati nuovi per il vissuto delle beneficiarie e
per il loro modo di approcciarsi alla vita. Ascolti, è stata prevista una valutazione dei
moduli formativi?
Ing.: Si c'è stata anche quella. Ho somministrato dei test di valutazione sulla parte
relativa alla Sicurezza sul Lavoro. Le beneficiarie hanno mostrato notevole impegno
e curiosità anche nel conoscere l'esito della valutazione: era come se fossero ritornate
a scuola! Gli esiti sono stati positivi.
Op.: Cosa pensa che abbiano acquisito al termine della formazione? Ha colto delle
insoddisfazioni rispetto al percorso compiuto?
Ing.: Credo che abbiano realmente assimilato l'assunto che lavorare è un loro diritto
nella misura in cui si impegnano totalmente in quello che fanno; che esiste una
sfera di diritti-doveri che sono tenute a conoscere e a rispettare, che potrà
fungere da “modello” generale da seguire nella propria vita per vivere con più
responsabilità e consapevolezza. Ho cercato inoltre, di demolire alcuni pregiudizi
sulla figura del datore di lavoro per allontanare i rischi di dinamiche relazionali
disfunzionali a una comunicazione produttiva tra beneficiaria-datore di lavoro. Un
altro messaggio che è passato, è l'importanza di lavorare con un contratto
regolare, che le tuteli anche in caso di infortunio: molte di loro erano pregne della
convinzione che il lavoro in “nero”, in alcuni casi sia preferibile perché comporta una
retribuzione maggiore… E poi naturalmente, hanno acquisito delle nozioni tecniche
spendibili in futuro. La scelta di una formazione di questo tipo è stata intenzionale,
si è trattato di nozioni “base” e trasversali, applicabili a ogni contesto lavorativo.
Op.: In termini personali, cosa le lascia quest'esperienza?
Ing.: Ho imparato molto da ognuna di loro. Sono tutte donne incredibilmente forti
e con tanta grinta nell'affrontare i problemi quotidiani e situazioni particolarmente
“critiche”.. ma in fondo sono anche donne che si emozionano con facilità e che
dietro la combattività possiedono anche quella paura, quell'ansia per le incertezze
del futuro che non le lascia mai completamente serene.. E poi sono mamme, non
ce lo dimentichiamo: è emersa fortemente la paura che i figli possano essere
discriminati per colpa dei loro errori compiuti in passato...
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Op.: E' evidente che si sia instaurato un rapporto di fiducia e anche stimolante,
fondamentale per la loro motivazione al fare sempre meglio ogni giorno, un bel
lavoro davvero. In bocca al lupo a tutte. Grazie.
• Il punto di vista delle AZIENDE OSPITANTI
Intervista azienda ospitante Centro per la Famiglia e Antiviolenza “IL MELOGRANO”
(Coordinatrice), Squinzano
La Coordinatrice del Centro “Il Melograno”, nel descrivere la riuscita del percorso
d'integrazione, sottolinea la valenza di “Isola” come opportunità per la beneficiaria
di rivalutarsi come donna che può e deve reinserirsi nel tessuto sociale, riflettendo,
inoltre, sulla necessità di attuare interventi futuri che coprano una prospettiva temporale
dalla durata più ampia.
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Op: Di cosa si occupa il Centro “Il Melograno”?
C.: “Il Melograno” è un Centro per la famiglia e offre una serie di servizi per la
famiglia, tra cui: sostegno alla genitorialità, sostegno pedagogico, psicologico.
Inoltre, offre un servizio di mediazione familiare e gestione del conflitto, uno spazio
neutro annesso e di recente, ha implementato la sua attività con un ulteriore servizio
per donne vittime di violenza e maltrattamento, costituendo al suo interno anche un
Centro Antiviolenza.
Op.: Un servizio completo a 360°, complimenti. Come è stato l'inizio per M.? Che
impatto ha avuto con il nuovo contesto di lavoro?
C.: L'impatto è stato fin da subito molto positivo. Inizialmente abbiamo dovuto
“contenerla” perché faceva anche troppo! Le abbiamo spiegato che non c'era
bisogno di fare le cose in fretta, che poteva suddividere giornalmente gli ambienti
da pulire: come può vedere gli spazi sono molto grandi ed è impensabile riuscire a
pulirli tutti ogni giorno! Si è impegnata fin da subito tanto, dandosi da fare sempre
ed è diventata una vera risorsa per il Centro.
Op.: Bene, quindi c'è stata una effettiva integrazione?
C.: Si assolutamente. Non abbiamo mai avuto alcun tipo di problema con lei, né a
livello relazionale, né professionale. E' stata sempre molto discreta e competente.
Op.: E' riuscita a rispettare sempre le regole tipiche di un contesto lavorativo?
C.: Si sempre. Ha sempre chiesto in anticipo anche la possibilità di poter terminare
l'attività qualche minuto prima per motivi personali, recuperando la volta successiva.
Ha dimostrato un grande senso di responsabilità nei confronti dell'impegno e del
ruolo lavorativo.
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Op.: Quale crede che possa essere la valenza di un percorso di inclusione sociale
come quello proposto da “Comunità S. Francesco”?
C.: Sicuramente una grande opportunità. Nel caso specifico, per M. rappresenta
un'opportunità per rivalutarsi come donna che può e deve reinserirsi nel
tessuto sociale perché ha tutte le capacità e le competenze per farlo. E' stata
particolarmente orgogliosa quando noi Operatrici del Centro le abbiamo detto “M.
da quando sei qui, il Centro splende sempre come uno specchio!”. La possibilità di
sperimentarsi come donna, come lavoratrice efficace che è in grado di mantenere
un impegno è importante anche per proseguire, in futuro, nella ricerca autonoma
di un lavoro. Avere alle spalle un'esperienza di efficacia e competenza induce a
spronarsi e a proporsi sul mercato del lavoro.
Op.: Ci sono possibilità per M. di continuare il suo percorso al termine della borsalavoro?
C.: Mi spiace, ma in merito a questo non so risponderle perché non sono io ad
occuparmene. Sicuramente sarebbe auspicabile vista l'esperienza positiva che c'è
stata.
Op.: Per il vostro Centro che valore assume l'aver preso parte a questo progetto di
inclusione sociale?
C.: Indubbiamente abbiamo acquisito una ricchezza attraverso M., c'è stato uno
scambio professionale, umano realmente molto positivo.
Op.: Partendo da quest'esperienza e in prospettiva di interventi futuri, ritiene che
ci sia qualcosa da migliorare o su cui puntare maggiormente?
C.: Sarebbe interessante nella fase di ricerca delle aziende ospitanti affiancare al
Tutor la beneficiaria della borsa-lavoro, in modo che possa sperimentare l'esperienza
di proporsi e imparare a farlo, grazie alla supervisione costante del Tutor, nel modo
più adeguato al contesto di lavoro. E comunque dovrebbero essere dei Progetti
spalmati in un arco di tempo maggiore...
Op.: Ha notato dei cambiamenti significativi in M. rispetto all'inizio del suo percorso?
C.: Ho notato in lei più serenità derivata da una maggiore stabilità economica e poi,
ha sviluppato una maggiore autostima.
Op. : A livello personale cosa le lascia quest'esperienza?
C.: Mi lascia M. con tutto il suo vissuto, la sua forza di lottare nonostante tutte le
difficoltà. La sua speranza in un futuro che si può costruire in modo diverso.
Op. : Grazie.
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Intervista azienda ospitante CENTRO DIURNO SOCIO EDUCATIVO RIABILITATIVO
“L'OTTAVO GIORNO” (Coordinatrice), Squinzano
Piena soddisfazione da parte della Coordinatrice dell'azienda ospitante “L'Ottavo
Giorno”, che dichiara la volontà di proporre al suo Ente Gestore, il proseguimento
della collaborazione lavorativa per la beneficiaria. La fiducia accordatale è cresciuta
con il trascorrere dei giorni, constatando l'impegno profuso della borsista in ogni attività,
accompagnato da cambiamenti significativi nel modo di relazionarsi, nel rispetto della
puntualità dei tempi di lavoro e nella capacità di integrarsi perfettamente con lo staffaziendale. Positiva per l'azienda la partecipazione al Progetto in termini di arricchimento
reciproco, umano e professionale.
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Op: Da quanto tempo siete presenti sul territorio e di cosa si occupa il vostro Centro?
R.: Siamo un Centro socio-educativo-riabilitativo, il tipo di utenza dovrebbe essere
medio-grave, ma in realtà è grave-gravissimo e siamo presenti sul territorio dal 4
Settembre 2012. Abbiamo cercato di dare vivacità alla struttura, come può vedere,
usando tanti colori sulle pareti.
Op.: Da chi è composta la vostra equipe?
R.: Siamo 12 operatori, più due volontari: una musicoterapista e un “tutto fare”,
un “jolly” che viene chiamato a seconda delle necessità che possono sorgere; poi
ci sono gli educatori professionali (tra cui uno, che segue la Sindrome di Rett7),
un'assistente sociale e tre psicologi.
Op.: Come avete conosciuto M.?
R. : Ce l'ha presentata la Tutor di “Isola” spiegandoci in cosa consistesse il Progetto
e quali fossero le finalità perseguite. Ci è sembrata un'iniziativa interessante.
Op.: Come è stato l'impatto di M. al momento dell'inserimento all'interno del Centro
e come è stato vissuto da voi operatori?
R.: Devo dire che l'inserimento si è rivelato fin da subito positivo: con M. non abbiamo
mai avuto grossi problemi. Ha trovato un clima accogliente e comprensione anche
delle sue problematiche personali, siamo a conoscenza dei suoi trascorsi.
Op.: Che attività svolge M.? Avete riscontrato delle difficoltà particolari?
R.: M. si occupa delle pulizie delle stanze del Centro, con diligenza e precisione
accurata. A Natale di quest'anno ci ha dato anche una mano a organizzare il Presepe
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La Sindrome di Rett è una grave patologia neurologica, che colpisce nella maggior parte dei casi soggetti di sesso femminile. La
malattia è congenita, anche se non subito evidente e si manifesta durante il secondo anno di vita e comunque entro i primi quattro
anni. Spesso la sindrome è associata a ritardo mentale grave o gravissimo, con gravi ritardi nell'acquisizione del linguaggio e nella
coordinazione motoria, La perdita delle capacità di prestazione è generalmente persistente e progressiva. La sindrome prende il
nome da Andreas Rett, il professore di origine austriaca che per primo la descrisse.
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Vivente, e nella serata ha indossato la maglia delle operatrici partecipando alle
dinamiche della manifestazione. Le difficoltà ci sono state solo nella fase iniziale
e hanno riguardato l'organizzazione e la gestione delle modalità di lavoro in
rapporto ai bisogni dell'utenza.
Op.: Può spiegarmi meglio quest'ultimo passaggio?
R. : Le abbiamo spiegato che essendo un Centro con persone con disabilità e difficoltà
dal punto di vista biologico, quali ad esempio, la salivazione, oltre ad essere tenuto
in ordine, necessita di essere costantemente igienizzato. Inoltre, le abbiamo insegnato
il rispetto dei ruoli e dei messaggi, inizialmente, c'era confusione anche in questo:
M. interveniva nelle attività di laboratorio dei ragazzi, si metteva in gioco anche lei,
sovrapponendosi al lavoro degli operatori, probabilmente lo faceva un po' anche per
curiosità.
Op.: E come ha recepito le indicazioni che le davate?
R.: Le indicazioni sono state recepite pienamente e mi sento di affermare che
oggi M. “funziona bene”. C'è stato un notevole cambiamento che l'ha portata a
crescere e migliorare professionalmente: è diventata molto attenta e scrupolosa,
esegue le attività con ordine, è sempre molto puntuale: arriva sempre quindici minuti
prima dell'apertura e una mattina che non si è presentata perché ha avuto dei
problemi personali, ci siamo subito preoccupati tutti!
Op.: Si, me l'ha raccontato anche lei! Da quello che mi dice, mi pare di capire che
c'è stato un cambiamento profondo in M. e che si è integrata nel vostro staff?
R.: Assolutamente si, M. è una di noi! I rapporti con i colleghi sono ottimi. E'
cambiato il suo linguaggio e anche il suo aspetto: ora è decisamente più sobria e
più curata.
Op.: Nel suo percorso di borsa-lavoro, M. è stata seguita costantemente da un’
operatrice d'equipe del progetto che lei ha conosciuto bene: ha ritenuto utile la sua
presenza?
R.: Decisamente si, l'operatrice è stato sempre un punto di riferimento costante
su cui poter contare anche se, a dire il vero, non abbiamo avuto problemi.
Op.: Volendo fare una piccola previsione futura: ci sono possibilità per M. di
proseguire il suo percorso lavorativo al termine della borsa-lavoro?
R.: Lei vorrebbe restare e me l'ha già chiesto più volte e forse c'è qualche possibilità:
sono in attesa di risposta, l'ho proposto al mio Ente gestore, ora vediamo,
l'intenzione c'è. Speriamo di poter concretizzare perché se lo merita.
Op.: Volendo fare un piccolo bilancio, mi pare di capire che il percorso di M. sia
stato positivo anche in termini di obiettivi raggiunti: per il vostro Centro che valenza
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assume quest'esperienza? Sareste disposti a ripeterla?
R. : Si certamente! Per noi ha rappresentato uno scambio, un arricchimento
reciproco: anche i ragazzi hanno potuto interagire con lei beneficiando del suo
lavoro.
Op.: Allora in bocca al lupo a M. . Grazie e buon lavoro.
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Intervista azienda ospitante “OASI MAMMA BELLA” (Coordinatrice), Campi Salentina
La Coordinatrice del Centro “Mamma Bella” definisce l'esperienza di borsa-lavoro
della beneficiaria un'educazione alla vita, per tutto ciò che attiene agli aspetti del
rigore, assunzione di responsabilità, capacità di relazionarsi in modo adeguato,
rispetto delle consegne, fattori sui quali si è insistito particolarmente, che hanno permesso
la realizzazione degli obiettivi di integrazione, e l'assunzione del ruolo lavorativo.
Le operatrici dell'équipe Psico-Socio-Pedagogica sono definite il “ponte di
congiunzione” tra l'azienda ospitante e la beneficiaria, indispensabili per il superamento
di eventuali problematiche di percorso. La possibilità per la beneficiaria di proseguire
la collaborazione con l'azienda è fortemente penalizzata dal personale già al completo.
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Op.: Da quanto tempo siete presenti sul territorio? Di cosa vi occupate?
C.: “Mamma Bella” è una Comunità Educativa per adolescenti e bambini e
Centro Diurno e anche una scuola dell'infanzia di ispirazione calasanziana8. La
nostra struttura è sul territorio dal 1953.
Op.: Un arco di tempo considerevole, complimenti! Come siete venuti a conoscenza
del Progetto “Isola”?
C.: Ce ne ha parlato l'Educatrice che fa parte dell'equipe del progetto e siamo stati
subito disponibili a prendere parte all'iniziativa.
Op.: Come è stato l'inizio per A. e in cosa consiste il suo lavoro?
C.: L'impatto è stato subito positivo, ha dimostrato fin da subito una grande voglia
di lavorare, ed è stata sempre molto rispettosa, educata e rigorosa, ad esempio,
indossa sempre il camice, l'ha indossato anche quest'estate quando c'era molto
caldo! Abbiamo dovuto per così dire, “ridimensionare” le sue aspettative: A.
inizialmente pensava di poter fare compagnia alle suore anziane, ma le abbiamo
spiegato che necessitavamo di figure per la funzione di giardinaggio - come
vede abbiamo un giardino immenso - e per le pulizie interne e esterne. A. ama
molto il giardino e lo cura gelosamente!
Op.: Si lo vedo, la struttura è completamente immersa nel verde, è un ambiente
bellissimo e molto tranquillo. Avete incontrato delle difficoltà particolari con A. durante
il suo percorso?
C.: In particolare nessuna: le abbiamo spiegato l'importanza della pulizia degli
ambienti e di avvertire per tempo in caso di assenze per motivazioni personali.
Op.: E' mai capitato che non si sia presentata senza avvisare?
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La pedagogia calasanziana si fonda su una scuola aperta a tutti (non solo ai ricchi, ma anche e soprattutto ai poveri) e sensibile
alle problematiche della realtà circostante.
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C.: E' capitato qualche volta e in questo senso si è dimostrata poco diligente. E'
capitato che dicesse qualche bugia sulle motivazioni di queste assenze: noi
sappiamo che è ancora seguita dal Ser.T in regime di metadone, ma lei in questo
senso è stata molto riservata e inizialmente non aveva detto nulla in proposito, ce
l'ha raccontato solo dopo quattro mesi di lavoro. Sappiamo anche che ora sta vivendo
un momento di particolare difficoltà con il figlio, che viene seguito dal servizio di
educativa domiciliare dal Centro “Il Melograno”. Dal punto di vista familiare non ha
grandi aiuti, ha solo la suocera del suo ex compagno a cui si appoggia e necessita
di un forte sostegno alla genitorialità…
Op.: Capisco, sicuramente questo le crea ulteriori ansie che possono interferire con
l'andamento lavorativo. Quanto crede possa rivelarsi importante il vivere un'esperienza
di questo tipo per A.?
C.: Il rapportarsi con delle persone estranee, prendere delle consegne e rispettarle
è stato importante a livello di crescita personale, di “educazione alla vita”, elemento
che probabilmente le è mancato da sempre e questo si rispecchia palesemente
anche nel suo rapporto con i figli...
Op.: Al di là dei problemi che dovrà affrontare inevitabilmente con i figli, sicuramente
con il ricorso ad un sostegno alla genitorialità, una crescita personale però, c'è
stata? Si può parlare di un cambiamento da parte di A. anche nella percezione di
sé stessa?
C.: Si crescita e cambiamento sicuramente, perché finalmente si sente utile!
So per certo che è capitato, che con i soldi guadagnati grazie al lavoro A. abbia
aiutato delle persone in difficoltà: probabilmente, le sembra un piccolo riscatto verso
un passato che l'ha vista partecipe di situazioni simili legate a forti difficoltà
economiche...
Op.: E' un gesto che denota generosità d'animo e probabilmente, l'indipendenza
economica si trasforma per lei anche in sinonimo di libertà. Pensa che ci sia stata
la piena integrazione di A. nel vostro staff?
C.: Certamente A. si è integrata alla grande, i rapporti con i colleghi sono stati
ottimi da subito. Si è sempre dimostrata molto educata e in grado di utilizzare un
registro adeguato a tutte le persone che frequentano il nostro Centro.
Op.: Riguardo invece alla figura dell'operatrice d'équipe che segue A. nel suo
percorso lavorativo, che ne pensa della sua presenza?
C. : La presenza dell'operatrice diventa un ponte di congiunzione tra noi e la
beneficiaria, quindi è indispensabile: qualsiasi problema possa sorgere, sappiamo
di poter fare riferimento a qualcuno che conosce bene A. e che può aiutarci a
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comprendere ancora meglio le sue difficoltà.
Op.: Ci sono possibilità per A. di proseguire questa collaborazione con voi al termine
della borsa-lavoro?
C.: Purtroppo al momento il nostro personale è al completo.. forse in tempi diversi
da questi che stiamo vivendo segnati da una crisi così profonda, sarebbe stato
diverso e più semplice proseguire.
Op.: Sareste disposti a ripetere un'esperienza come questa?
C.: Per noi è stata una bellissima esperienza, sicuramente da ripetere. Credo
che vadano incoraggiati interventi di questo tipo perché si offre qualcosa di
concreto ai destinatari dei progetti, seppure per un arco di tempo limitato a un
anno, è sempre un occasione per rimettersi in gioco e per acquisire degli strumenti
nuovi da spendere in esperienze simili future.
Op.: La ringrazio. Buon lavoro.
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• Le considerazioni degli attori dell'Ambito Pubblico
ASSISTENTE SOCIALE D'AMBITO (Veglie), Dott.ssa S. CALASSO
Interessanti e positive considerazioni espresse dalla Dott.ssa S. Calasso, Assistente
Sociale d'Ambito, che definisce l'inclusione sociale una “strategia fondamentale e un
obiettivo non trascurabile”. La capacità di fornire, alle fasce più deboli, gli strumenti
per reinserirsi nel tessuto sociale, è una caratteristica che viene riconosciuta a “Isola”,
assieme ai punti di forza che contraddistinguono il Progetto rispetto a esperienze
precedenti: la funzione di accompagnamento e monitoraggio delle beneficiarie.
Entusiasmo per il lavoro di squadra condotto tra Servizi e l'Equipe di “Isola”. Opportunità
lavorative più durature saranno possibile, probabilmente, coniugando tali strategie
operative con maggiori sgravi fiscali per le aziende.
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Op.: Qual è stato il suo ruolo nel Progetto “Isola”?
Ass. Soc.: Il mio ruolo è stato quello di individuare le beneficiarie del Progetto che
prospettava non solo l'opportunità di un inserimento lavorativo, ma anche un
percorso di crescita personale.
Op.: Cosa ne pensa dell'inclusione sociale?
Ass. Soc.: Penso che sia una strategia fondamentale: lavorare per garantire una
possibilità di reintegrarsi nel tessuto sociale a chi vive una situazione di forte
svantaggio, è un obiettivo che non possiamo assolutamente trascurare. E'
necessario fornire a questa tipologia di utenti gli strumenti per ritrovare una loro
dimensione nella comunità, solo così potranno realizzarsi gli obiettivi che il processo
di inclusione sociale persegue.
Op.: E' importante quello che lei sottolinea, il fatto di fornire gli strumenti in grado
di garantire il raggiungimento dell'autonomia nella società e dalle testimonianze
raccolte, mi pare di capire che con “Isola” questi strumenti siano stati forniti. Quale
crede sia stato il punto di forza dell'intervento progettato da Comunità S.
Francesco, rispetto ad altre esperienze di inserimento precedenti?
Ass. Soc.: L'accompagnamento, senza dubbio è questo l'elemento che ha
contraddistinto l'azione di Comunità S. Francesco. Se per altri progetti si prediligeva
l'aspetto burocratico, l'aspetto delle scadenze, ecc., con “Isola” si è promosso
invece il continuo relazionarsi con le beneficiarie, il monitoraggio costante,
allontanando il rischio di risolvere il percorso di inclusione in situazioni sterili dove
le persone vengono lasciate sole e senza alcun parametro di orientamento. Il valore
aggiunto di Comunità S. Francesco è stato quello di far acquisire una maggiore
consapevolezza di sé alle beneficiarie, di sperimentarsi in un contesto nuovo e
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di intrecciare nuove relazioni sociali. E poi c'è stato un bel lavoro di squadra con
l'Equipe di Progetto con cui mi sono confrontata sia durante la fase iniziale, che
in itinere. Abbiamo lavorato bene.
Op.: Complimenti, un lavoro di rete che ha prodotto dei risultati visibili. Dalle esperienze
raccolte dalle beneficiarie, tutte lamentano la paura del “dopo” la borsa-lavoro,
temono la ricaduta in circuiti depressivi. Secondo lei, che soluzioni si possono cercare
per fornire delle opportunità più durature?
Ass. Soc.: Credo che dovrebbe cambiare l'intero sistema: le aziende devono
essere messe nella condizione di trarre dei vantaggi ad assumere dei dipendenti nel
proprio organico. Si dovrebbe pensare a garantire degli sgravi fiscali in vista di
assunzioni future.
Op.: Le faccio un'ultima domanda Dott.ssa, cosa le lascia quest'esperienza dal punto
di vista personale?
Ass. Soc. : Un po' di amarezza al pensiero di quante donne sono rimaste “fuori”
non avendo potuto intraprendere quest'esperienza. Per questo, auspico la realizzazione,
in un futuro non troppo lontano, di interventi simili.
Op.: Grazie.
ASSISTENTE SOCIALE S.S. PROFESSIONALE E SEGRETARIATO (Salice Salentino),
Dott.ssa P. Galizia
Le riflessioni dell'Assistente Sociale del S.S. Professionale e Segretariato richiamano
ancora la forza del Progetto: l'aver perseguito, a 360°, gli obiettivi definiti in fase di
start-up. Il lavoro di empowerment, come capacità di lasciare emergere le potenzialità
inespresse, è stato particolarmente favorito dalla metodologia adottata, correlata al
sostegno psicologico offerto alle borsiste e alla formazione “in situazione”.
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Op.: Può descrivermi il suo ruolo in “Isola”?
Ass. Soc.: La nostra assunzione come Servizio Sociale Professionale è avvenuta
qualche settimana prima della partenza dell'Avviso 6/2011 relativo all'inclusione
sociale, perciò potrei dire di aver visto “nascere” il Progetto. Il mio ruolo è stato
quello di collaborare con il Capo Settore per individuare la beneficiaria che
rispondesse alle caratteristiche richieste dal Progetto e al vissuto personale, alle
esperienze della destinataria stessa.
Op.: Quali sono stati i criteri di selezione delle beneficiarie?
Ass. Soc.: Nel territorio di Salice abbiamo riconosciuto come utente una donna
che viveva una condizione sociale particolarmente svantaggiata: due figli a carico,
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vedova. Si è pensato che “Isola” potesse fornire a questa donna gli strumenti
e le risorse per apportare un cambiamento nella propria vita, primo fra tutti,
la necessaria retribuzione economica.
Op.: Come definisce l'inclusione sociale?
Ass. Soc.: Credo che l'inclusione sociale e nello specifico, mi riferisco in particolar
modo a “Isola”, corrisponda a offrire un'opportunità di riscatto sociale: considerando
che si tratta nel nostro caso di una donna con un vissuto particolare, segnato da
difficoltà quotidiane costanti che coinvolgono vari livelli, le sarebbe stato difficile
esprimere tutto il proprio potenziale in assenza di un supporto come quello previsto
dal Progetto. Il lavoro di “presa in carico” e di empowerment agito dai Servizi Sociali
va combinato con la capacità degli utenti di misurarsi con loro stessi, di
confrontarsi con il mondo e camminare con le proprie gambe.
Op.: Mi piace molto il concetto di “empowerment” nel senso di “venire fuori”, di
lasciare emergere il proprio potenziale crescendo anche in termini di consapevolezza
di sé: da questo punto di vista, crede che l'intervento attuato da Comunità S. Francesco
sia riuscito a valorizzare anche questo aspetto? Quale pensa che sia il punto di forza
di “Isola”?
Ass. Soc.: Si sicuramente questo aspetto è stato colto in pieno. Il punto di successo
di “Isola” rispetto ad altri interventi realizzati in precedenza che hanno conseguito
degli obiettivi “parziali”, è stato il perseguimento completo degli obiettivi grazie al
costante sostegno psicologico rivolto alla borsista, che ha affiancato il percorso
formativo e lavorativo generando un vero e proprio rafforzamento della personalità.
Op.: Secondo lei, cosa di potrebbe fare per offrire delle opportunità più durature nel
tempo?
Ass. Soc.: Purtroppo la Programmazione Regionale frammentaria, in questo, non ci
aiuta. L'arco di tempo di queste esperienze, si spera ripetibili quanto prima, è piuttosto
limitato. Una buona soluzione a mio avviso, sarebbe prevedere al termine della borsalavoro un contratto di apprendistato per i beneficiari, in modo da non rendere
l'inserimento fine a sé stesso, cercando realmente di promuovere l'autonomia nei
destinatari. Ovviamente, si tratta di un impegno economico diverso per le aziende che,
a loro volta, dovrebbero essere messe in condizione di assumere nuova forza-lavoro.
Op.: Cosa le lascia quest'esperienza?
Ass. Soc.: E' stata un'esperienza importante anche per noi operatori chiamati a
confrontarci con professionisti diversi: e qui si apre nuovamente il discorso sulla
necessità di saper lavorare in rete nella prospettiva di tutelare l'utente, il vero
protagonista di ogni nostro intervento, la cui centralità non va mai persa di vista.
Op.: La ringrazio.
Interviste: Ambito Territoriale Sociale di PUTIGNANO
Le interviste qui di seguito riportate, condotte nell'ATS di Putignano, offriranno una
chiara fotografia del percorso di inserimento delle beneficiarie, valutato in toto,
attraverso le considerazioni di tutti gli attori convolti: le stesse borsiste, gli operatori
dell'Equipe Psico - Socio - Pedagogica; i Responsabili aziendali; i referenti dell'ambito
Pubblico e del Privato Sociale; le Figure Istituzionali deputate alle Politiche Sociali.
• La voce delle beneficiarie
“ Il lavoro è tutto.. il lavoro è vita.. il lavoro ti dà la vita.. ti dà l'indipendenza, la
soddisfazione di farcela da sola”, frasi estratte dalle interviste delle beneficiarie che
chiariscono fino in fondo il senso assegnato al lavoro, e la consapevolezza di darsi
un'identità, una “collocazione” nel tessuto sociale per mezzo di esso. I vissuti di ognuna
di queste donne sono forti, ma la volontà e la determinazione di rimettersi in gioco
risulta pari o, probabilmente, più forte di essi. Si evince, come il supporto degli operatori
si sia rivelato per le borsiste una “rete di riferimento” sconosciuta nella loro quotidianità,
fungendo così da orientamento, e “bussola”, per la riuscita del percorso intrapreso.
• Beneficiaria: A., (separata con due figlie minorenni)
- Op.: Ti va di parlarmi un po' di te, com'era la tua vita prima dell'inizio di quest'esperienza?
- A.: Sono separata e ho due figlie, una di 17 anni avuta dal primo matrimonio e
un'altra di 5 del mio precedente compagno. Abbiamo avuto un trascorso particolare
con il mio ex-marito, molto turbolento e ora mi ritrovo di nuovo a fare la
“crocerossina”: lo aiuto perché è stato colpito da un ictus. Siamo stati sposati 23
anni, ne avevo 19 quando mi sono sposata. E' stato un matrimonio sempre
travagliato che si è distrutto nel corso degli anni perché, a volte, si prendono “cattive
strade”.. Per questo ho deciso di separarmi, ma non è stato semplice, a causa di
questa mia scelta ho subito aggressioni, violenze verbali e fisiche. Non è giustificabile,
lo so, ma comunque “non era in lui”..
- Op.: Perché mi dici che “non era lui”, faceva uso di sostanze tuo marito?
- A. : Si, la figlia grande aveva 5 anni quando iniziò a fare uso di sostanze. Mi hanno
spiegato che il passaggio da una droga all'altra gli ha provocato l'ictus. Ti cadono
le braccia perché non ce la fai e lui da solo non riusciva ad uscirne. Avevamo
un'attività che ho provato a salvaguardare in tutti i modi..
- Op.: Che tipo di attività?
- A.: Un negozio di casalinghi, detersivi, c'era di tutto ed era intestato al mio ex
marito.15 anni di lavoro, mai retribuiti, mai registrati, niente! Pensavo al bene della
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famiglia.
Op.: E che fine ha fatto questo negozio?
A.: E' stato venduto dopo la separazione a causa di problemi legati a lui. Ho aperto
un altro negozio dopo due anni che ci siamo separati, ma anche in questo caso, ho
avuto nuovamente dei problemi e sono stata costretta a denunciare il mio ex
marito per un'altra aggressione, da lì, ho deciso di chiedere istanza di separazione.
Ho risolto tutto burocraticamente, ma sentimentalmente e mentalmente è più difficile,
soprattutto se hai una figlia in comune e se è legata molto al padre.
Op.: Vuoi dire che ti senti ancora legata a lui?
A. : Si, siamo legati da sentimenti viscerali da ragazzini e vederlo trasformato
per colpa delle sostanze non è facile, per questo se posso continuo a dargli una
mano, ma ora con una consapevolezza diversa. Poi, a 37 anni, ho incontrato il mio
ex compagno, è durata due anni: doveva essere la classica “avventura” e invece ho
avuto un'altra gravidanza e lui ha rinunciato alla paternità. Insomma, la mia vita è
stata un po' travagliata.. però vado avanti e non mi arrendo per le mie figlie.
Op.: Che emozioni provavi in quel periodo?
A. : Ho avuto inizialmente una forte depressione perché ho rinunciato a tutto,
all'amore e alla mia attività.
Op.: E non hai potuto contare sull'aiuto della tua famiglia? Hai contatti con i tuoi
genitori?
A.: No non potevo contare su di loro. Ho ancora contatti, ma rari. Mi sono stati poco
vicino, anche economicamente, sono pensionati e non stanno bene in salute. Me
la sono sempre cavata da sola. L'unico sostegno è stato un pò d'aiuto con le
bimbe quando erano piccole, restavano qualche ora da loro quando avevo l'attività.
Op.: E dopo la chiusura della tua attività che lavori hai svolto?
A.: Ho iniziato a lavorare negli alberghi, mi occupavo di pulizia delle camere e poi
contemporaneamente mi è arrivata la chiamata per questo progetto..
Op.: Sei riuscita a conciliare i due lavori?
A.: Si perché il lavoro nell'albergo mi impegnava solo durante il fine settimana, il
sabato e la domenica, perciò non avevo problemi, anzi mi piaceva la cosa.
Op.: Sei stata brava nel condurre insieme due impegni! Ascolta A., che significato
dai al lavoro?
A.: Il lavoro è tutto, il lavoro è vita.
Op.: Molto bella quest'affermazione, spiegamela meglio...
A.: Il lavoro è vita perché ti dà tutto: l'indipendenza, la soddisfazione di farcela
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da sola.
Op.: In che consiste il lavoro che svolgi grazie alla borsa-lavoro?
A.: Quando questo lavoro mi è stato proposto dall'Assistente Sociale del Comune,
sono stata subito contentissima. Lavoro in un'azienda nella zona industriale di
Putignano, uno scatolificio, il titolare si trova molto bene con me e non ha mai avuto
lamentele nei miei confronti. Lavoro sola con nove uomini, ma non ho problemi in
questo senso, mi rispettano tutti, mi chiamano Sig.ra A.! Quando ho visitato lo
scatolificio con l'educatrice, prima di iniziare, per capire di cosa si occupava l'azienda
e conoscere il titolare, ho pensato : “Prima le rompevo le scatole, adesso invece le
monterò!”
Op.: Hai un forte senso dell'umorismo A.! Puoi descrivermi come è stato l'impatto
e cosa si fa in uno scatolificio?
A.: Mi hanno accolta benissimo! E' un'azienda a conduzione familiare che può
chiamare del personale, diciamo “extra”, a lavorare in base alle esigenze. Ho
cominciato con una mansione semplice, tra le più leggere, fare gli alveari, li
conosci?
Op.: Gli alveari? No, non credo, cosa sono?
A.: Sono dei divisori che si mettono nei cartoni che contengono le bottiglie. Poi,
sono passata all'“incollaggio” perché ho dimostrato di avere capacità e ora, uso
anche il transpallet per trasportare i cartoni.
Op. : Insomma, le tue mansioni sono quasi identiche a quelle dei tuoi colleghi?
A. : Si, non mi tiro indietro di fronte a nessun compito, anzi! Ah, sono anche
“l'addetta al caffè”: dicono che lo faccio meglio di tutti, lo preparo io durante la
pausa!
Op.: Ti senti parte del gruppo, mi pare di capire, è importante questo. Che tipo di
abilità pensi di aver acquisito grazie a questo nuovo lavoro?
A.: Penso che sia un lavoro dove ci vuole creatività, questa cosa mi piace. Da
piccola amavo disegnare: lavorare con il cartone mi piace mi fa venire fuori la
creatività. Per esempio, c'è una fase, quella della “pulitura” in cui bisogna togliere
tutto lo scarto intorno al cartone per fare venire fuori la figura, è come un disegno,
no? Diventa proprio una “piccola costruzione”, la mente viene sviluppata perché è
un lavoro vario e non è come fare le solite pulizie.
Op.: E' evidente che lo fai con entusiasmo. Come ti senti ora? E come ti vedi proiettata
nel tuo futuro?
A. : Mi sento proprio più serena, più tranquilla perché faccio un lavoro che
mi piace, che mi stimola e non le solite pulizie, che già ne fai tante in casa!
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Insomma, la speranza per il futuro è poter continuare anche con un part-time, mi
vedrei bene qui.
Op.: Te lo auguro A.! Ci sono stati momenti in cui hai dovuto affrontare delle difficoltà
particolari sul lavoro? E se ci sono state, ti sei sentita supportata dalla presenza
dell'educatrice o pensi che avresti potuto farne a meno?
A.: Ma ti dirò, difficoltà nessuna in particolare, solo qualche piccola incomprensione
iniziale con un collega, ma poi si è risolto tutto subito. L'educatrice c'è sempre
stata, mi ha aiutata, anche se non sono il tipo che chiama continuamente al telefono,
sono molto autonoma.
Op.: Ti sei sentita realmente valorizzata?
A.: Si mi sono sentita valorizzata. Capita sai, che quando inizi un lavoro nuovo
tendono a scaricare le cose più brutte da fare sul nuovo arrivato, per me invece non
è stato così, sono stata messa allo stesso livello di tutti: forse sono partiti un
po' “prevenuti” in caso da donna non riuscissi a fare anche dei lavori pesanti, ti ho
detto che uso il transpallet, no? Invece, poi hanno visto che facevo davvero di tutto
e mi hanno dato fiducia completa.
Op.: Ti faccio un'ultima domanda: cosa lasci di te nel passato e cosa ti porti nel
futuro?
A.: Nel passato lascio tutte le esperienze negative che avrei voluto evitare e nel
futuro quello che mi porterò è l'esperienza, le persone che ho incontrato e conosciuto,
ma soprattutto, spero di portarmi nel futuro quello che ho ora: il lavoro!
Op.: Grazie e in bocca al lupo!
• Beneficiaria: A., (tutor del fratello minore)
- Op.: Ti va di parlarmi un po' di te, com'era la tua vita prima dell'inizio di
quest'esperienza?
- A.: La mia vita era problematica prima di iniziare a lavorare qui. Ho fatto diversi
lavori, tutti “a nero” e senza essere retribuita per le ore effettivamente lavorate.
- Op.: Come ti sentivi in quel periodo?
- A.: Ero arrabbiata, non trovavo giusto che non mi pagassero le ore che facevo e
poi ero preoccupata, perché se il lavoro ti manca non hai da mangiare. Mi
sentivo molto frustrata, come se non avessi più le gambe per camminare.
- Op.: Non hai rapporti con i tuoi genitori, non potevi chiedere un aiuto a loro?
- A.: Vivo sola con mio fratello più piccolo, devo pensare io a lui. Mia madre se
n'è andata da casa quando avevo 16 anni e mio padre ci ha abbandonati anche
lui due anni fa. Siamo rimasti soli, mi sarebbe tanto piaciuto continuare gli
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studi...
Op.: Non deve essere semplice, immagino. Eri brava a scuola? Ti piaceva studiare?
A.: Si mi piaceva, ho preso il diploma di “Operatore Turistico”, mi sarebbe piaciuto
continuare!
Op.: Magari un giorno lo farai, riprenderai a studiare! Raccontami A., come sei
arrivata a lavorare qui?
A.: Mi ha aiutata l'Assistente Sociale di N., la ringrazierò sempre! Mi ha parlato
di questo Progetto che ti dava la possibilità di lavorare per un anno, pagata
regolarmente e mi è sembrato come un sogno, ho detto subito si!
Op.: Che significato dai al lavoro?
A.: Il lavoro per me è la vita perché ti dà milioni di aspettative e ti rafforza l'autostima.
E poi non mi fa dipendere da nessuno, sono una persona autonoma e posso aiutare
mio fratello.
Op.: In cosa consiste il lavoro che svolgi?
A.: Come puoi vedere sto in un forno, è bello qui, sempre pieno di profumo di pane,
di friselline! E' un lavoro nuovo, che mi fa sentire utile e che mi sta insegnando
tante cose: sto alla preparazione e mi occupo di tutto, dal fare il pane, alle friselline,
ai taralli, è diverso dalle solite pulizie!
Op: Ti senti più valorizzata con questo tipo di attività rispetto a ciò che hai fatto in
passato?
A.: Assolutamente si e poi mi sento allo stesso livello di tutti i dipendenti: è stato
così fin da subito. Mi hanno fatta sentire una di loro e ho anche invitato i colleghi
a prendere il caffè a casa mia!
Op.: Bella questa cosa, quindi ti senti parte integrante dell'organizzazione lavorativa!
Quante ore lavori, com'è la tua giornata descrivimela...
A.: Lavoro 5 ore al giorno, dal lunedi al venerdi e quando finisco al panificio torno
a casa e organizzo tutto quello che c'è da fare, a casa c'è sempre qualcosa da fare,
ma io me la cavo bene!
Op.: Ci credo, mi sembri una ragazza molto dinamica! Ascolta A., ti è capitato in
questo periodo, di avere delle difficoltà particolari sul lavoro?
A.: L'unico problema che ho avuto è stato risolto, mi ha aiutata la Tutor del
Progetto. Prima lavoravo in un bar che non si trovava nello stesso posto dove vivo
e le spese da sostenere per gli spostamenti erano parecchie per me! La Tutor mi
ha spostata qui e mi trovo ancora meglio di dov'ero prima!
Op.: Quindi, la presenza del Tutor è stata davvero importante per te?
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A. : Si perché ha risolto i problemi che stavano nascendo! E' importante perché
senti che non sei sola, ti senti accompagnata e senti di poter contare su qualcuno.
Op.: E della formazione cosa mi dici? So che è stato previsto un mese di attività di
formazione in aula, tu come l'hai trovato? Che impressioni hai avuto?
A. : Purtroppo non l'ho fatta perché sono entrata a Giugno, in ritardo rispetto alle
altre che hanno cominciato ad Aprile, però mi è dispiaciuto non farla.
Op.: C'è qualche Operatore del Progetto a cui ti sei legata in modo particolare?
A.: Si, mi piace molto la Psicologa: parliamo con lei due volte al mese, raccontiamo
quello che ci accade in azienda, com'è il nostro andamento lavorativo. E' importante
parlare tutte insieme di quello che viviamo, non ti so spiegare bene perché, ma
senti proprio che scatta una solidarietà forte fra tutte!
Op.: Probabilmente perché condividete la stessa esperienza e fare gruppo diventa
un aspetto molto importante. Mi dici qualche aggettivo con cui ti definiresti?
A.: Estroversa, solare e attiva!
Op.: Cosa lasci di te nel passato e cosa porti con te nel futuro?
A.: Nel passato lascio l'incapacità di esternare ciò che non mi andava bene e invece,
nel futuro mi porto la sicurezza che ho acquisito nel farmi rispettare di più.
Op.: E' positivo che tu abbia acquisito maggiore fiducia in te stessa: allora, come
vedi A. nel futuro?
A. : Spero di essere felice e più tranquilla di ora, con un lavoro che mi gratifica e
che mi fa alzare la mattina e pensare che ho una vita davanti!
Op.: Grazie, A. e in bocca al lupo!
• Beneficiaria: C., separata, (tre figli minorenni)
- Op.: Com'erano le tue giornate prima di iniziare il percorso di borsa-lavoro?
- C.: Guarda ho avuto una vita molto forte, sono giovane, ma ho fatto tante esperienze.
Vengo da un passato di violenza familiare...
- Op.: Vuoi dirmi che hai subito violenza?
- C.: Si, purtroppo il padre dei miei bambini era molto violento. Ho già fatto un
percorso di due anni con un'associazione anti-violenza, di Bari. Sono stata
incanalata verso un percorso di recupero, in cui le psicologhe mi hanno insegnato
a tirare fuori le emozioni negative che ho dentro, a viverle e a superarle. Anche
la Psicologa del Progetto me l'ha detto più volte di fare venire fuori le emozioni
quando salgono in gola, di viverle...
- Op.: Mi sembra che tu sia in una fase di rielaborazione, di superamento o sbaglio?
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E' stato un momento della tua vita, guardiamo al futuro e soffermiamoci su
qualcos'altro: ti va di descrivermi che significato assume per te il lavoro?
C.: Il lavoro è tutto! Lavoro per i miei figli, per i loro sogni: i miei figli hanno la
passione della danza! La più grande vive per la musica e il suo sogno è andare a
Milano, speriamo! Il più piccolo fa hip-pop e il terzo fa calcio.
Op.: Davvero bello! Ti piace ballare? L'hanno ereditato da te?
C.: No, no, sono proprio negata! Non so da chi l'hanno presa questa passione!
Comunque sono bravi, speriamo!
Op.: Tornando al lavoro, invece, in cosa consiste la tua borsa-lavoro?
C.: Lavoro in un Bar-Pasticceria-Gelateria dolce e salato: sto nel laboratorio con
il proprietario, è un pasticcere e “Ambasciatore del gelato nel mondo”!
Op.: Sembra una nomina autorevole! Sei contenta di lavorare in questo bar-pasticceria?
C.: Si moltissimo, mi fa sentire importante! Abbiamo anche fatto la fiera del gelato
e abbiamo vinto il primo posto per il gusto “mandorla-miele”.
Op.: Com'è stato l'inizio del tuo percorso e che abilità hai acquisito?
C.: L'inizio non è stato difficilissimo. Il posto lo conoscevo già perché ero una
cliente. In passato avevo già lavorato in un'altra pasticceria, però non facevo le
cose che faccio ora: sto imparando il dosaggio, sto sulla preparazione, mi hanno
anche spiegato le temperature di cottura. Mi potranno servire queste cose, anche
in futuro, in un altro posto di lavoro. Sto imparando a conoscere macchinari nuovi,
per esempio, la macchina del gelato che non conoscevo affatto.
Op.: Un bel passo avanti! E com'è il rapporto con i tuoi colleghi? Puoi dire di essere
parte integrante dello staff?
C.: I miei colleghi sono i miei due titolari con cui mi trovo benissimo. Mi ritengo una
donna fortunata: sono una persona che dà tanto e che riceve tanto. Mi sento
in famiglia: quando entro lì dentro sento di entrare in “casa mia”, le cose che
ci sono, le macchine, deve essere tutto pulito e perfetto!
Op.: Questa attività lavorativa ti fa sentire realmente valorizzata?
C.: Si molto, anche perché loro mi hanno dato tanta fiducia, hanno capito che
ero lì per imparare veramente un lavoro nuovo e che ero motivata anche a mantenerlo!
Op.: Pensi che quest'esperienza di borsa lavoro abbia prodotto dei cambiamenti in
te stessa?
C.: Penso di si e penso che se uno ha la volontà di cambiare può farlo davvero.
Per esempio, prima avevo sempre l'abitudine di portare lo smalto, ma il mio titolare
mi ha spiegato che non posso tenerlo perché a contatto con gli alimenti potrebbe
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alterarli. Ho capito che non si trattava di una critica, ma di un consiglio di lavoro per
fare meglio e ho rinunciato a metterlo, perché è importante essere sempre apposto,
tanto lo metto il fine settimana!
Op.: Ascolta C., che mi dici della formazione? So che avete seguito un periodo di
formazione in aula prima di cominciare a lavorare, l'hai trovata utile?
C.: La formazione è stata utilissima. Abbiamo seguito le lezioni di Sicurezza sul
lavoro, sui Contratti, ci hanno spiegato i nostri diritti, i doveri che abbiamo, come
funziona una contratto di lavoro regolare: una ci pensa poco ai vantaggi di un
lavoro in regola finché non gliene danno uno vero e proprio! Mi sono piaciuti molto
i colloqui con la ho Psicologa, quelli di cui ti parlavo prima, forse perché ha colpito
il mio lato più fragile… i segni lasciati sul corpo non te li scordi mai, ti tornano in
mente improvvisamente, qualsiasi cosa stai facendo, non importa...
Op.: Certo, non deve essere semplice, ma sembri determinata a lasciarti tutto alle
spalle! Ascolta C., come ti vedi nel tuo futuro?
C.: Mi vedrei lì dove sono ora. Di sicuro c'è il problema della crisi, perciò non si sa
mai, però è anche vero che il titolare mi ha detto che il posto per me lì c'è, ci
spero..
Op.: Te lo auguro! Di cosa hai bisogno ora?
C.: Ho bisogno di sicurezza, una sicurezza lavorativa a lungo termine proprio per i
miei figli che sto crescendo da sola, non ho nessuno da cui farmi aiutare.
Op.: Allora ti faccio un grosso in bocca al lupo! Grazie.
• Le valutazioni delle operatrici dell'EQUIPE PSICO- SOCIO - PEDAGOGICA
Le riflessioni qui di seguito riportate dell'Assistente Sociale e dell'Educatrice racchiudono
i punti cardine della metodologia progettuale in termini di obiettivi e di prassi. Si è
puntato all'acquisizione di autonomia e dell'autostima favorendo inserimenti validi,
pensati “ad hoc” per ogni singola beneficiaria, sulla base dei Progetti Individualizzati.
L'attività di monitoraggio ha permesso la realizzazione di tale modalità d'azione,
innescando un circuito virtuoso di fiducia nelle beneficiarie, chiamate a confrontarsi
con dinamiche nuove, proprie del contesto aziendale: interazioni con i colleghi, insorgere
di possibili competitività, gestione dello stress correlato alle esigenze di produttività, ritmi
lavorati e vita quotidiana. Tali fattori, positivamente gestiti e superati, hanno condotto
all'acquisizione di competenze spendibili in altri contesti lavorativi, rendendo le borsiste
più propositive nella ricerca futura di lavoro. La “vicinanza emotiva”, e la fiducia
espressa nell'accompagnamento costante dell'équipe Psico-Socio-Pedagogica, si rivelano
determinanti per la motivazione e la responsabilizzazione delle beneficiarie verso l'impegno
lavorativo assunto.
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• ASSISTENTE SOCIALE
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Op.: Qual è stato il suo ruolo nel Progetto “Isola”?
Ass. Soc. : Mi sono occupata della definizione degli obiettivi del Progetto
Individualizzato previsto per ogni beneficiaria, dell'attività di monitoraggio e
dell'individuazione delle aziende ospitanti presenti sul territorio.
Op.: Parliamo di un'utenza accomunata da situazioni di conclamato disagio sociale,
come si costruisce la fiducia con un'utenza così particolare?
Ass. Soc. : Sicuramente non bisogna porsi in posizione asimmetrica: occorre stabilire
una certa “vicinanza” con l'utenza, una “vicinanza emotiva” che richiede la capacità
di saper cogliere i bisogni espressi e inespressi degli utenti.
Op.: Davvero bello questo concetto di “vicinanza emotiva”. Quali sono stati gli obiettivi
definiti attraverso il Progetto Individualizzato?
Ass. Soc. : Ci siamo posti l'obiettivo di realizzare inserimenti validi, che potessero
condurre le beneficiarie verso una crescita professionale e personale attraverso
il conseguimento di un buon grado di autonomia e di un miglioramento dell'autostima.
Op.: Durante il percorso d'inserimento quali sono state le problematiche più frequenti?
Ass. Soc.: Sono emerse per lo più problematiche familiari trattandosi di donne
sole, separate, con figli a carico, che devono riuscire a gestire adeguatamente la
loro vita. Soprattutto nella fase iniziale, le beneficiarie hanno dovuto imparare
a gestire la loro quotidianità rispettando gli orari di lavoro; si è cercato di condurle
all'acquisizione di un metodo di lavoro nella consapevolezza dei doveri che esso
comporta.
Op.: Quindi tra gli obiettivi del vostro intervento, c'è sicuramente anche quello di
trasmettere il senso di responsabilità?
Ass. Soc.: Certo, il senso di responsabilità verso ciò che si sta compiendo affinché
ogni mansione venga svolta con precisione e accuratezza: dalla compilazione dei
registri delle presenze, alla comunicazione per tempo di un eventuale assenza, alla
gestione corretta delle dinamiche con la propria équipe lavorativa. Abbiamo lavorato
sul fare acquisire un “modus operandi” adeguato al contesto che spesso per
loro risultava “nuovo:” agire all'interno di un'azienda con tanti dipendenti è decisamente
diverso dallo svolgere attività di pulizia in un'abitazione privata. Essere inserite in
un contesto aziendale implica saper gestire una serie di dinamiche legate alla
comunicazione tra colleghi, con il datore di lavoro e la capacità di saper fronteggiare
eventuali competitività che possono sorgere tra dipendenti...
Op.: Si tratta di dinamiche inevitabili, ma che possono indurre ansia o stress nelle
beneficiarie: in tal senso, quanto si rivelano determinanti i processi di sostegno e
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tutoraggio realizzati delle operatrici d'equipe di Progetto?
Ass. Soc.: Ritengo che sia fondamentale la presenza degli operatori d'equipe
perché, in tal modo, le beneficiarie non sono mai sole, ma costantemente
accompagnate da figure di riferimento quali, l'Educatrice che le segue in azienda,
la Psicologa che effettua colloqui di gruppo periodicamente. Anche la condivisione
in gruppo di quante si trovano a vivere la stessa esperienza si rivela funzionale al
superamento delle problematiche lavorative.
Op.: Quindi, un altro elemento cardine dell'intervento progettato da Comunità
S. Francesco è l'attività costante di monitoraggio?
Ass. Soc.: Esatto, le beneficiarie sono costantemente monitorate nel loro andamento
lavorativo. Attraverso il monitoraggio, noi operatrici individuiamo le criticità che
possono verificarsi tra beneficiarie e datore di lavoro, per poi insistere nella risoluzione
di esse garantendo a ogni borsista la crescita professionale e la possibilità di giocarsi
questa carta nel migliore dei modi possibile in previsione di un'assunzione futura.
E' importante, far comprendere a tutte come quest'esperienza lavorativa offra la
possibilità di acquisire competenze nuove che arricchiscono il proprio curriculum
e che potranno essere contestualizzate in ambiti professionali futuri.
Op.: Riguardo invece alle fase di ricerca delle aziende ospitanti, che tipo di
atteggiamento avete rilevato da parte di esse?
Ass. Soc.: C'è stata una certa curiosità nel comprendere le finalità dello stesso
Progetto e disponibilità a parteciparvi. La risposta è stata positiva.
Op.: Ha notato dei cambiamenti significativi nelle beneficiarie?
Ass. Soc.: In alcune si, decisamente. Sono più propositive e speranzose per il
futuro.
Op.: Quali sono le risorse che le borsiste hanno tirato fuori?
Ass. Soc.: Indubbiamente una grande forza. Hanno tutte situazioni profondamente
problematiche, eppure dimostrano forza e voglia di proiettarsi nel futuro in modo
ottimistico.
Op.: Cosa pensa che siano riuscite a imparare e interiorizzare da quest'esperienza
di borsa-lavoro?
Ass. Soc.: Sicuramente, oltre alla comprensione del rispetto delle regole, alla maggiore
responsabilizzazione nei confronti di un impegno quotidiano, hanno acquisito più
autonomia e sicurezza nei confronti della stessa ricerca di lavoro. Tra gli obiettivi
che ci siamo posti nella fase iniziale, c'era anche quello di riuscire a fornire quegli
strumenti che rendessero le beneficiarie autonome nella ricerca di un'occupazione
futura.
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Op.: Cosa le lascia quest'esperienza?
Ass. Soc.: La forza delle donne mi ha colpita tanto. Non è facile rimettersi in
gioco, proporsi in un'età non più “giovanissima” e in un contesto nuovo: denota
un'autentica volontà di cambiare e di riuscire in ciò che si sta facendo.
Op.: Grazie e in bocca al lupo a tutte.
• EDUCATRICE
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Op.: Come nasce il Progetto “Isola” e in cosa consiste?
Ed.: E' un Progetto finalizzato ad andare incontro a beneficiarie segnalate dai
Servizi Sociali. Si tratta di un'utenza che versa in condizione di svantaggio sociale e
l'obiettivo che il Progetto persegue è di offrire un'opportunità lavorativa per circa un anno,
sia per affinare abilità già acquisite, sia per apprenderne nuove sperimentandosi in ambiti
fino a quel momento estranei. Le beneficiarie si sono dimostrate veramente in gamba!
Op.: Parliamo quindi di un'utenza accomunata da una situazione di forte disagio
sociale; può darmi delle ulteriori informazioni sui profili delle beneficiarie?
Ed.: Sono donne separate con vissuti di maltrattamenti psicologici e anche
fisici: mariti tossicodipendenti, alcolizzati; alcune di loro, sono tutt'oggi vittime di stalking
dall'ex partner.
Op.: Queste donne non hanno rapporti con le loro famiglie d'origine?
Ed.: La maggior parte dei casi fanno riferimento solo a relazioni amicali provenendo
loro stesse da famiglie fortemente disagiate.
Op.: Come si crea il rapporto di fiducia con un'utenza così particolare?
Ed.: Avviene in modo molto spontaneo: il lavoro diviene un veicolo automatico per
raccontare di sé e della loro vita gettando le basi per un rapporto basato sulla fiducia.
Da questo punto di vista, ho cercato di porre un “freno” per evitare che il rapporto
diventasse eccessivamente invischiante e si perdesse il senso della figura dell'educatore
come risorsa e supervisione.
Op.: Non deve essere semplice però, credo sia necessario porre dei “limiti” per non
creare situazioni di dipendenza. Come si sono dimostrate le beneficiarie rispetto alla
capacità di reggere i ritmi lavorativi e attenersi al rispetto delle regole?
Ed.: Fin dall'inizio si sono messe in discussione a 360°, anche in ambiti
precedentemente estranei: ad esempio, una beneficiaria ha intrapreso un percorso di
lavoro in uno scatolificio, in un contesto dove ci sono solo uomini e, indubbiamente, non
deve essere stato semplice, ma l'andamento lavorativo è stato costantemente positivo.
Posso affermare che a livello di dinamiche relazionali non ci sono stati
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problemi rilevanti e si sono dimostrate tutte all'altezza dei ritmi lavorativi e delle
aspettative aziendali. Solo una beneficiaria ha rinunciato a proseguire il Progetto a
causa di una situazione personale particolarmente problematica..
Op.: Elementi fondamentali per la buona riuscita di un percorso di inserimento
lavorativo sono la chiara definizione degli obiettivi e la messa a punto di un progetto
di inserimento individualizzato che riesca a far emergere non solo le capacità presenti,
ma anche quelle attivabili. Quali sono stati gli obiettivi a cui si è puntato?
Ed.: Innanzi tutto la responsabilizzazione nei confronti dell'impegno lavorativo: ad
esempio, la necessità di informare per tempo il datore di lavoro laddove vi fosse
un'assenza per motivazioni personali e poi sicuramente, il raggiungimento
dell'autonomia nell'organizzazione e gestione della propria attività nel contesto
aziendale. Obiettivi che sono stati pienamente raggiunti.
Op.: Qual è stato il suo ruolo nel Progetto?
Ed.: Ho svolto varie funzioni correlate alle esigenze emerse: dalla ricerca delle aziende
sul territorio da coinvolgere nella partecipazione alle borse-lavoro, alla supervisione,
alla mediazione tra beneficiaria e datore di lavoro in presenza di piccole incomprensioni.
Op.: Ce ne sono state? Di che tipo?
Ed.: Non sono state vere e proprie incomprensioni, a volte si è trattato di definire
più chiaramente il numero di ore da effettuare da parte delle beneficiarie: possono
lavorare solo mezza giornata, dal lunedi al venerdi e, anche il sabato se c'è la
necessità di recuperare delle ore. Oppure, ci sono stati casi in cui sono dovuta
intervenire per spiegare che durante le ore di lavoro non era permesso usare il
cellulare, se non in caso di particolari urgenze!
Op.: Spesso le aspettative dell'utente che effettua un percorso di inserimento non
sono esattamente coerenti con le sue effettive potenzialità e capacità. Come si è
lavorato in questo senso?
Ed.: Non ci sono stati casi di aspettative disilluse. Abbiamo cercato di individuare
le aziende in funzione delle aspettative e delle precedenti esperienze delle
beneficiarie: mi sono occupata io stessa di fissare dei colloqui conoscitivi con le
beneficiarie, al fine di poter scegliere nello step successivo, le aziende più vicine
al background di ognuna, per evitare uno spreco di risorse.
Op.: Complimenti, davvero un bel lavoro. Sostegno e tutoraggio in azienda, elementi
irrinunciabili per il conseguimento di risultati positivi: come sono stati realizzati questi
processi?
Ed.: Una volta a settimana visito le aziende in cui lavorano le beneficiarie per
accertarmi che si attengano agli orari di lavoro e alle presenze da effettuare.
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Una strategia che si è rivelata efficace e che ha permesso di “rimettere in riga”
qualcuna di loro che inizialmente non rispettava diligentemente gli orari di lavoro:
devo ammettere però, che si è trattato solo di casi sporadici durante la fase iniziale
che non si sono più ripetuti.
Op.: Bene, questo fa capire che le beneficiarie sono riuscite a interiorizzare il senso
di responsabilità connesso al loro lavoro. In generale, che tipo di difficoltà ha
riscontrato e su quali si è dovuto lavorare maggiormente?
Ed.: Non ho riscontrato delle difficoltà particolari. Le uniche problematiche sono state
di carattere amministrativo nella compilazione dei registri riguardo alla firma in
entrata e in uscita dal posto di lavoro, c'è stata qualche imprecisione nel firmare
quotidianamente il registro delle presenze. Un altro elemento su cui ho lavorato
parecchio, è stata la continua ridefinizione dei ruoli e delle distanze da rispettare:
come ti dicevo, molte beneficiarie mi rimandavano in modo eccessivo le loro ansie
personali...
Op.: Invece, in termini di risorse, quali sono state quelle attivate dalle beneficiarie
che vi hanno particolarmente colpito?
Ed.: La forza che loro hanno e che dimostrano nel combattere situazioni estremamente
problematiche, questa forza di continuare a lottare nonostante tutte le delusioni
subite colpisce estremamente.
Op.: Una forza notevole e probabilmente risultato delle loro stesse esperienze, che
se da un lato le segnano nel profondo, dall'altro le rafforzano notevolmente. Volendo
tirare le somme, crede si possa parlare di concreta integrazione nel contesto
aziendale?
Ed.: Al momento si, anche se ritengo che il tempo a disposizione non sia tanto.. Mi
rendo conto che l'adattamento al contesto e all'attività lavorativa è stato
impegnativo: sarebbe bello se si potesse trasformare in un'integrazione a lungo
termine, ne beneficerebbero sia le utenti che le aziende.
Op.: Lei vede nelle beneficiarie una risorsa concreta per le aziende?
Ed.: Certamente si: si tratta di “manodopera” formata a costo zero perché retribuita
con i fondi regionali, che ha finito con l'integrarsi pienamente con lo staff aziendale.
Op.: Si sente di affermare che gli obiettivi a cui si è puntato in fase di definizione
dell'intervento sono stati effettivamente conseguiti?
Ed.: Si, se dovessi effettuare un bilancio tra il passato e il presente, posso affermare
che ci sono stati dei cambiamenti considerevoli nelle beneficiarie, anche nell'agire
comunicativo e relazionale.
Op.: Quale crede che sia la reale valenza di una simile opportunità formativo-lavorativa
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e quindi, di inclusione sociale per le beneficiarie?
Ed.: Quest'esperienza ha cambiato la vita delle beneficiarie: una di loro, ad
esempio, che ha dovuto interrompere per due mesi la borsa-lavoro a causa di un
grave problema di salute, riferiva “Quanto me la sono passata male senza
lavorare”!
Op.: Una frase decisamente esemplificativa...
Ed.: Si parecchio. La valenza dell'esperienza della borsa-lavoro, è stata quella di
favorire l'emergere di abilità e risorse spesso sconosciute per le stesse
beneficiarie, unita alla possibilità di poter contare su una remunerazione stabile
che funge da motivazione profonda a spendersi sempre meglio giorno, per giorno.
La loro autostima ne esce rafforzata e in termini di propositività il Progetto ha fornito
a tutte nuove abilità e competenze sicuramente spendibili anche in esperienze simili
future.
Op.: Grazie.
• PSICOLOGA-VALUTATRICE
L'intervista alla Psicologa fa emergere la dimensione del gruppo quale “luogo di
contatto”, e espressione di problematiche legate alla sfera prettamente personale delle
beneficiarie. Il senso di condivisione, e la solidarietà che scattano in tale tipologia di
setting, si rivelano funzionali alla rielaborazione di criticità che, diversamente,
rischierebbero di inficiare l'efficacia delle prestazioni lavorative. I colloqui individuali
con la Psicologa costituiscono un'ulteriore modalità operativa di insistere sull'autoresponsabilità, sul recupero della centralità di sé, e di limitare la tendenza agli
atteggiamenti di dipendenza attraverso la restituzione della fiducia nel proprio potenziale,
scardinando così, l'immagine distorta che fino a quel momento le beneficiarie avevano
avuto di loro stesse.
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Op.: Qual è stato il suo ruolo nel Progetto?
P.: Il mio ruolo è stato quello di Psicologa e Valutatrice. Ho curato gli incontri
di gruppo con le borsiste ogni 15 giorni, per 2 ore. Negli incontri le borsiste
esplicitano le difficoltà legate al contesto lavorativo, alle relazioni con i colleghi di
lavoro o aspetti prettamente burocratici legati alla compilazione dei registri, alla
registrazione delle presenze.
Op.: Quali sono state le difficoltà che avete incontrato più frequentemente?
P.: Inizialmente, scarsa motivazione delle borsiste di partecipare a quest'incontri,
forse perché non era stato esplicitato con chiarezza l'obiettivo di essi e forse anche
perché queste giornate coincidevano con il loro orario di lavoro. Successivamente
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però, c'è stata una svolta: la motivazione è cambiata.
Op: In che senso e in che modo è cambiata la motivazione?
P.: Le borsiste hanno trovato utile la partecipazione al gruppo perché offriva
loro la possibilità di confrontarsi con chi viveva la stessa esperienza.
Diversamente, non avevano modo di ritrovarsi tutte e di poter discutere su quanto
stavano vivendo.
Op.: In cosa consistono questi incontri di gruppo?
P. Sono dei colloqui “liberi”, non sono a tema, in cui spesso ci si sgancia
volutamente da tematiche legate al contesto lavorativo per sfociare in vicende
personali che possono preoccupare in modo particolare le beneficiarie..
Op.: Si possono equiparare a gruppi di “mutuo-aiuto”?
P.: In un certo senso si, sono dei gruppi di “mutuo-aiuto” perché ognuna consiglia
all'altra come risolvere le difficoltà che vive giorno, per giorno. Trattandosi di donne
con disagio psico-sociale, è inevitabile che riportino nel gruppo il loro disagio
personale.
Op.: Nel percorso delle borsiste, quali sono stati gli elementi sui quali si è dovuto
lavorare maggiormente?
P.: Si è dovuto insistere sull'auto-responsabilità, sull'essere responsabili del proprio
ruolo all'interno dell'azienda: si è cercato di spingerle a crescere, perché nelle
beneficiarie persiste spesso una certa tendenza alla dipendenza. E poi si è lavorato
sodo sul rafforzamento dell'autostima, sul fare emergere le capacità esistenti.
Op.: Quindi, si può dire che gli obiettivi principali di questo percorso di inclusione
sociale siano il raggiungimento dell'autonomia e di un buon livello di autostima?
P.: La conquista dell'autonomia indubbiamente e della centralità di sé che
probabilmente non hanno mai avuto: alcune di loro faticano, in modo evidente, a
costruire questa centralità di sé, mentre altre sono a un buon punto di conseguimento
di quest'obiettivo, due, tre sicuramente...
Op.: Ha notato dei cambiamenti significativi nelle beneficiarie, nel comportamento
o nella maggiore cura di sé?
P.: In realtà, sono apparse molto curate nell'aspetto fin da subito. Ciò che è cambiato
profondamente è la motivazione, è cambiata l'energia, c'è maggiore propositività
e spinta al fare. E' una bella esperienza poter offrire, seppure per un anno, la
possibilità di sperimentare sé stesse e l'autonomia.
Op.: E' un modo per restituire a tutte la fiducia in sè stesse, che ne pensa?
P.: Certo, perché si tratta di donne che hanno sentito parlare di sé sempre in modo
svalutante, come delle “buone a nulla”, quando invece si sono sempre date da fare
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e questo non gli viene riconosciuto. Quindi, all'interno dei gruppi si rimanda
proprio questo: la grande forza, le capacità e le risorse che hanno e che non
utilizzano; si cerca perciò di scardinare la percezione, l'immagine, distorta, che
avevano fino a quel momento di loro stesse.
Op.: Cosa le lascia quest'esperienza?
P.: La forza inesauribile di queste donne!
Op.: Grazie.
• La voce del PROMOTORE sul territorio
L'attività di promozione sul territorio è servita a far conoscere obiettivi e finalità che
l'intervento di “Comunità S. Francesco” si proponeva di attuare. Le resistenze iniziali
delle aziende sono state scardinate dai risultati positivi raggiunti dalle beneficiarie, rispetto
alla produttività aziendale. La valenza del Progetto si rivela, inoltre, nella possibilità di
favorire ricadute territoriali positive, in termini di circolo virtuoso tra le beneficiarie e la
Comunità nelle sue molteplici componenti.
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Op.: Qual è stato il suo ruolo nel Progetto?
P.: Il mio ruolo ha riguardato la fase iniziale di “Isola”, mi sono occupato di
promuovere il Progetto sul territorio ai soggetti interessati, come aziende e Enti
per l'Ambito di Putignano.
Op.: Qual è stata la risposta delle aziende?
P.: Inizialmente, ho riscontrato un po' di diffidenza riconducibile per lo più alla
poca conoscenza dello strumento della borsa-lavoro e ai vantaggi che esso comporta.
Op.: Come si è articolata questa fase di ricerca delle realtà produttive sul territorio?
P.: C'è stato dapprima un contatto telefonico e via e-mail nel quale ho presentato
a grandi linee il progetto e le sue finalità; nella fase successiva ho fissato dei colloqui
con i Responsabili aziendali. La difficoltà è stata parlare con il Responsabile,
piuttosto che con un dipendente che lo rappresentava. E' preferibile parlare con
il titolare per evitare che le informazioni relative al progetto siano riportate
indirettamente in maniera errata.
Op.: Nel presentare il Progetto alle Aziende, quali sono stati gli aspetti che ha posto
in rilievo?
P.: Innanzitutto, l'utilità sociale del Progetto che offre la possibilità di un reinserimento
sociale e lavorativo alle beneficiarie e poi, i vantaggi per le aziende di avere per
11 mesi un dipendente da formare e far lavorare nella propria organizzazione senza
costi aggiuntivi. In sostanza, è un investimento per l'azienda. Prima di partire con
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l'inserimento vero e proprio, le aziende temevano che le beneficiarie non avrebbero
assunto un ruolo “attivo” in termini di produttività, come a volte accade in altre
esperienze di formazione quale, ad esempio, uno stage. La forza di volontà e la
motivazione delle beneficiarie ha dimostrato l'esatto contrario e oggi, stando
a quanto riferiscono gli stessi Responsabili aziendali, i risultati di questo percorso
sono davvero positivi.
Op.: Quali sono, a suo parere, le ricadute territoriale dell'intervento progettato da
“Comunità S. Francesco”?
P.: Il Progetto offre la possibilità di spendere le risorse pubbliche non come
semplici sussidi finanziari, ma come base da cui partire per inserirsi in un sistema
sociale senza ulteriori costi per la Comunità. Questo permette di superare la
tradizionale concezione di Servizio Sociale nella quale si proponeva il sussidio
economico fine a se stesso, che nella maggior parte dei casi si rivelava mortificante
per lo stesso utente, ledendo la sua autostima e innescando paradossalmente dei
circuiti depressivi. Le ricadute territoriali di un percorso come “Isola” sono invece
la possibilità di aprire un “circolo virtuoso” tra le beneficiarie e la Comunità nelle
molteplici realtà che la compongono.
Op.: Cosa le lascia questa esperienza?
P.: E' stata un'esperienza senza dubbio positiva rapportarsi con la realtà del territorio,
ricevere e dare messaggi positivi che mi auguro siano da stimolo a crescere e
migliorare.
Op.: Grazie.
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Il punto di vista delle AZIENDE OSPITANTI
• Azienda ospitante “BOULANGERIE MARILISA” (Responsabile), Castellana Grotte
Piena soddisfazione espressa dalla Responsabile di “Boulangerie Marilisa” che
intravede, fin da subito, nella beneficiaria una risorsa da formare a costo-zero. Il
percorso di inserimento ha insistito sulla necessità di separare i vissuti personali
dall'attività lavorativa, facendo comprendere alla borsista le differenze tra tempi di
lavoro e ruoli da rispettare. La notevole crescita personale e professionale della
beneficiaria ha aperto la strada alla collaborazione futura con l'azienda al termine
della borsa-lavoro.
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Op.: Da quanto tempo siete presenti sul territorio?
R.: Abbiamo inaugurato la nostra Boulangerie appena un anno fa, il 17 Maggio
2013, ma siamo del “mestiere”, mio marito è Presidente del “Comitato Italiano per
la Tutela e la Valorizzazione del gelato artigianale in Italia e nel Mondo”. A Gennaio
2013 è stato nominato “Ambasciatore del Gelato Artigianale Italiano nel Mondo”.
Op.: Complimenti, una nomina autorevole! Come avete conosciuto il Progetto e C.?
R.: In realtà è stata C. a proporsi, dopo che l'Assistente Sociale del Comune le
aveva parlato di questo progetto. C. era già una nostra cliente, mi ispirava fiducia
e abbiamo deciso di scommettere su di lei.
Op.: Di cosa si occupa C.?
R.: Lavora in laboratorio come aiuto-pasticcera, “ha già rubato il mestiere” dico
io! Si è dimostrata in gamba e volenterosa fin da subito.
Op.: Su quali aspetti avete insistito principalmente?
R.: Innanzitutto, è stato importante guidarla nel “contenere” le sue problematiche
personali: le abbiamo fatto capire che c'è un momento per lavorare e uno per
parlare; se ha bisogno di fare una chiacchierata possiamo farla, ma non sul luogo
di lavoro, è sempre bene differenziare momenti e ruoli. Abbiamo anche lavorato
sull'importanza di attenersi al Regolamento HCCP: dobbiamo essere sempre
apposto, avere il camice di lavoro pulito tutti i giorni. Si è cercato di orientarla e
formarla professionalmente a 360°. Oltre alla preparazione, sta iniziando a capire
le temperature dei forni e a imparare il funzionamento della macchina del gelato.
Op.: Come si è dimostrata C. rispetto alle indicazioni che le davate
quotidianamente? Sono emerse difficoltà particolari?
R.: C. è sempre molto disponibile all'ascolto e questo l'ha portata a maturare molto
professionalmente. L'unica “difficoltà”, iniziale, è stato farle comprendere che
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non doveva impregnare l'attività lavorativa dei suoi vissuti, altrimenti avrebbe
rischiato di perdere in efficienza e anche in questo si è dimostrata attenta a rispettare
quanto le veniva chiesto.
Op.: Credo le sia servito anche per essere più forte e per assumere con maggiore
responsabilità il ruolo lavorativo. Secondo lei, qual è il punto di forza di C.?
R.: E' una donna molto sveglia, attiva, oltre che una mamma responsabile. L'essere
svegli rappresenta sempre una marcia in più in ambito lavorativo. La rapidità ad
apprendere e attuare in modo autonomo quanto le viene detto, questo credo che
sia il suo punto di forza.
Op.: Ha notato dei cambiamenti significativi in C. rispetto all'inizio del percorso?
R.: Guardi, come le dicevo, è migliorata tantissimo professionalmente. E' sempre
più autonoma, riesce a gestire meglio anche le sue ansie personali.
Op.: So che C. viene seguita dall'operatrice di équipe del Progetto, com'è stato il
vostro rapporto con questa figura di riferimento, l'ha ritenuta utile?
R.: I rapporti sono stati di collaborazione reciproca fin da subito. Per noi, in quanto
datori di lavoro, è fondamentale avere un punto di riferimento che possa fare da
“tramite” tra le nostre esigenze e le difficoltà che potrebbero insorgere con la borsista.
Fortunatamente, non ne abbiamo avute.
Op.: Quale valenza assume per voi azienda, la partecipazione a un Progetto come
“Isola”? Pensa che possa avere delle ricadute positive sul territorio in termini di una
maggiore conoscenza della vostra azienda?
R.: Assolutamente si, è stata un'esperienza utile, oltre che umanamente bella.
Sicuramente C. è capitata in un momento “perfetto”, inizio attività e il vantaggio per
noi come azienda è stato duplice, sia economico che produttivo: abbiamo avuto
la possibilità di formare una risorsa lavoro a costo zero, insegnandole tutto ciò
che necessita la nostra attività per proseguire in modo qualitativo secondo la nostra
tradizione. Naturalmente, offrire collaborazione a un Progetto finanziato da fondi
regionali è anche un modo per presentare la nostra attività e l'impegno profuso in
essa da sempre.
Op.: Ci sono possibilità per C. di continuare questa collaborazione, mi pare di capire
più che positiva, anche al termine della borsa-lavoro?
R.: Credo proprio di si. Dopo averla formata così scrupolosamente e visti i risultati
che ha ottenuto, non sarebbe vantaggioso andare a cercare un altro dipendente che
ricopra il suo ruolo, C. è perfettamente inserita.
Op.: Un ottimo risultato, sono contenta per lei. Grazie del suo tempo e in bocca al
lupo.
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• Azienda ospitante “OMNIABOX” (Responsabile), Noci
Un bilancio positivo anche da parte dei Responsabili di “Omniabox” e “Panificio
Recchia”, nelle interviste qui di seguito riportate. Entrambi i Responsabili si dichiarano
disposti a ripetere esperienze simili, esprimono riconoscimenti e soddisfazione per
la riuscita dell'integrazione delle beneficiarie nel contesto aziendale. Per l'azienda
ospitante “Omniabox” si prefigura la possibilità di una collaborazione futura con la
beneficiaria, della tipologia “a chiamata”, in base alle necessità produttive. Per il
“Panificio Recchia” non ci sono possibilità per la beneficiaria di proseguire il percorso
allo scadere della borsa-lavoro: avendo, di recente, inserito nell'organico aziendale un
soggetto disabile, il personale risulta essere al completo.
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Op.: Da quanto tempo siete presenti sul territorio?
R.: La nostra è un'azienda nata da più di 10 anni, è una cooperativa di soci
dipendenti con una sede a Noci e un'altra a Macerata. Siamo fieri della nostra
attività e lavoriamo con passione. E' un lavoro che richiede attenzione costante,
precisione e, aggiungerei, creatività.
Op.: Interessante e di cosa vi occupate?
R.: Ci occupiamo di imballaggi in cartone ondulato eseguendo vari tipi di lavorazione,
tra le quali, fustellatura e anche attività di stampa.
Op.: E' un'attività che si coniuga con le richieste del territorio?
R.: Prima sicuramente di più, ora stiamo risentendo molto della crisi…
Op.: Come avete conosciuto “Isola”?
R.: Me ne ha parlato un amico dicendomi che anche altre aziende del luogo avevano
offerto la loro partecipazione e mi ha presentato A.. Ho pensato che fosse un'occasione
anche per noi come azienda avere una forza-lavoro in più a costo zero.
Op.: Qual è stato l'impatto di A. con la realtà aziendale?
R.: A. si è dimostrata subito vincente e molto brava a inserirsi in un ambiente
esclusivamente maschile; certo anche noi abbiamo fatto la nostra parte, rispettandola
sempre e non facendo mai riferimenti alle sue problematiche personali, siamo a
conoscenza dei suoi vissuti...
Op.: E' riuscita ad attenersi alle regole lavorative dettate dalla vostra attività?
R.: E' stata sempre molto corretta e puntuale. Inizialmente, avevo dei dubbi, lo
riconosco: qui c'è bisogno di personale dinamico, le attività sono varie, bisogna
essere rapidi per non intralciare il lavoro degli altri, ci sono operazioni che funzionano
tipo “catena di montaggio” e A. ha dimostrato grande volontà a imparare e precisione.
E' partita dalla mansione più semplice, la costruzione degli alveari, per poi passare
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alla fase più complessa di incollaggio che richiede maggiore precisione.
Op.: Quali sono state le difficoltà, se ce ne sono state, incontrate da A.?
R.: Non posso dire di avere avuto difficoltà con la Sig.ra, ad esempio, per il rispetto
dei ritmi lavorativi o dei compiti che le venivano assegnati, più che altro a volte la
vedevo particolarmente preoccupata per problemi personali e, alla lunga, credo
che questo possa riflettersi negativamente sul suo lavoro.
Op.: Mi sta dicendo che teme che A. non sia in grado di scindere i due momenti,
vita personale e lavorativa e che questo potrebbe provocare un calo sul suo
rendimento?
R.: Si, mi sono chiesto quanto riuscirebbe a gestire un monte ore completo,
ora lavora solo mezza giornata; quanto inciderebbero le sue problematiche sulla sua
presenza a lavoro? A. è una donna sola, ha una famiglia a cui pensare, riuscirebbe
sempre a conciliare un impegno quotidiano con le sue esigenze familiari?
Op.: Probabilmente, per capirlo bisognerebbe offrirle un'opportunità concreta. Se
come lei stesso mi dice, A. è una donna dinamica e motivata, penso che saprebbe
trovare una modalità di organizzazione delle giornate nel rispetto degli impegni
assunti, soprattutto in virtù di una stabilità economica a lungo termine. Ci sono
possibilità di inserimento per lei?
R.: Al momento, come le spiegavo prima, risentiamo molto della crisi, perciò non
riuscirei a garantirle un'assunzione con un tempo pieno. Si potrebbe pensare a
delle collaborazioni “a chiamata” a seconda delle necessità della produzione e
del mercato del lavoro. Tenga presente che, generalmente, assumiamo delle figure
“a tampone” per due, tre mesi.
Op.: Parlando della presenza dell'operatrice dell'equipe di Progetto che ha seguito
A. nel suo percorso, com'è stata percepita questa figura dall'azienda?
R.: E' una figura importante per il datore di lavoro, la definirei “un gancio” tra le
nostre esigenze e la beneficiaria: dove ci sono indicazioni in funzione di un
miglioramento della prestazione lavorativa, l'educatrice gioca questo ruolo di
mediazione fra noi e la beneficiaria.
Op.: Ha notato dei cambiamenti significativi nella beneficiaria?
R.: Si, devo dire che mi sembra più serena: è come se fosse entrata in un “circolo
virtuoso” di risoluzione dei suoi problemi.. Sicuramente il lavoro le dà più forza.
Op.: Questo è un fatto estremamente positivo e che, probabilmente, fa riflettere
anche su quanto parlavamo prima.. Cosa crede che sia riuscita a interiorizzare A.
grazie alla borsa-lavoro?
R.: Sicuramente la necessità di rispettare le regole lavorative e di non “portare”
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sempre i suoi problemi al lavoro.
Op.: Si sente di affermare che c'è stata una concreta integrazione di A. nel contesto
produttivo?
R.: Si, senza dubbio, anche con i colleghi ha instaurato un ottimo rapporto, è stata
nominata da tutti l' “addetta ai caffè”! Ad A. va riconosciuta una grossa componente
di merito e, probabilmente, meriterebbe ancora di più.
Op.: E' un bel risultato! Invece, per la vostra azienda, qual è la valenza di aver
partecipato a un percorso di inclusione sociale? Sareste disposti a ripetere un'esperienza
simile?
R.: Ho visto di buon occhio questo Progetto e penso che dovrebbero esserci
più esperienze simili anche per un arco di tempo superiore all'anno, noi come
azienda la ripeteremmo volentieri. La trovo una sinergia vincente questa tra
beneficiaria-azienda-Cooperativa che la propone. Bisogna aiutare le imprese
a sostenere i costi dei dipendenti e un'esperienza di questo genere offre risorse
da formare a costo zero e, eventualmente da assumere; per le beneficiarie costituisce
un'occasione di arricchimento per il proprio curriculum e per acquisire nuove abilità
da utilizzare in ambiti lavorativi futuri.
Op.: Grazie.
• Azienda ospitante “PANIFICIO RECCHIA” (Responsabile), Noci
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Op.: Da quanto tempo siete presenti sul territorio?
R.: La nostra è una lunga tradizione di famiglia, il nostro panificio risale al '66,
quando lo aprì mio nonno. Qui facciamo di tutto: taralli, friselle, vari tipi di pane e
biscotti.
Op.: Un arco di tempo considerevole, complimenti! Come siete venuti a conoscenza
del Progetto “Isola”?
R.: Ce ne ha parlato l'educatrice che segue A. nel suo percorso lavorativo e mi è
sembrata da subito un'ottima cosa per la beneficiaria e per la nostra azienda.
Op.: Come è stato l'inizio per A. e in cosa consiste il suo lavoro?
R. : Siamo partiti con una prima fase di conoscenza in cui sono stati definii fin
da subito i ritmi lavorativi e le ore di lavoro: A. lavora solo di mattina svolgendo
varie mansioni che vanno dalla produzione al confezionamento, all'attività di
pulizie degli ambienti.
Op.: Come si è dimostrata A. nello svolgere il suo lavoro, avete incontrato delle
difficoltà particolari durante il suo percorso?
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R.: No non abbiamo avuto problemi con A., si è cercato di farle capire subito che,
pur trattandosi di un progetto di borsa lavoro, era tenuta a compiere il proprio
dovere come tutti gli altri dipendenti, a essere sempre puntuale, ad avere il camice
pulito, ad avvisare per tempo in caso di assenza, insomma si doveva attenere a
tutta una serie di regole che contraddistinguono la nostra azienda e che garantiscono
da sempre la qualità del nostro lavoro.
Op.: E come se l'è cavata? E' mai capitato che non si presentasse senza avvisare?
R.: No, non è mai capitata una cosa del genere. I risultati per lei sono stati ottimi
e ha instaurato anche un buon rapporto con tutti i suoi colleghi. C'è stata una vera
integrazione di A. nel gruppo di lavoro e questo ha reso felice lei, prima di tutto,
ma anche noi.
Op.: Una bella soddisfazione davvero. Quanto crede che possa rivelarsi importante
per A., la possibilità di vivere un'esperienza di inclusione sociale?
R.: Credo che sia determinante per la possibilità di rimettersi in gioco, di farsi
conoscere e di spendersi in un contesto nuovo rispetto a quelli passati: mi ha
raccontato che precedentemente, i suoi lavori comportavano attività di pulizie, che
per quanto possano essere onorevoli, forse, alla lunga sono un po' monotoni…
Op.: Qui le è stata data l'occasione di acquisire abilità nuove e comunque sempre
spendibili in futuro. Secondo lei, si può parlare di un cambiamento da parte di A.
anche nella percezione di sé stessa?
R.: Guardi io credo di si: a livello professionale è migliorata tantissimo rispetto
alla fase di partenza e questo di sicuro, ha inciso positivamente sulla sua
autostima: sembra più sicura di sé, anche più motivata ed energica.
Op.: Riguardo invece alla figura dell'operatrice dell'équipe che segue A. nel suo
percorso lavorativo, che ne pensa della sua presenza?
R.: Non abbiamo avuto problemi tali per cui rivolgerci all'operatore, ma sapere che
c'era ha rappresentato un punto di riferimento importante per non sentirsi “soli” in
quest'esperienza di inserimento. E' una sorta di monitoraggio reciproco che svolgiamo
noi come azienda e l'educatrice come operatore che segue l'andamento lavorativo
della borsista.
Op.: Ci sono possibilità per A. di proseguire questa collaborazione con voi al termine
della borsa-lavoro?
R.: Francamente al momento no, ma non perché A. non abbia acquisito quello che
le servirebbe per continuare a lavorare con noi, ma perché abbiamo assunto di
recente un ragazzo disabile e il personale ora è al completo.
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Op.: Sareste disposti a ripetere un'esperienza come questa?
R.: Sicuramente si. Queste esperienze di formazione-lavoro sono utili sia per
i beneficiari, che per i datori di lavoro perché mentre la borsista viene formata
viene anche valutata dall'azienda - a costo zero per quest'ultima - trasformandosi
in una vera e propria risorsa.
Op.: Cosa le lascia quest'esperienza?
R.: E' un'esperienza decisamente costruttiva, A. è stata per noi un esempio di forza
e di voglia di dare una svolta nuova alla propria vita.
Op.: Grazie.
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• Le considerazioni degli attori dell'Ambito Pubblico
La voce degli attori dell'Ambito Pubblico richiama nuovamente l'urgenza di riflettere
sul fattore “durata temporale” delle borse-lavoro: ciò che viene chiesto è la possibilità
di spalmare queste esperienze in un arco di tempo più ampio, preferibilmente triennale,
al fine di conseguire risultati più stabili, e di lunga durata. Soddisfazione espressa per
l'intensa attività di collaborazione tra Comunità S. Francesco e la rete dei Servizi,
che ha permesso di condividere le scelte più opportune nell'interesse delle beneficiarie.
• ASSISTENTE SOCIALE D'AMBITO (Castellana Grotte), Dott.ssa A. Mazzarisi
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Op.: Che ruolo svolge l'Assistente Sociale d'Ambito nel Progetto “Isola”?
A.S.: L'Assistente Sociale si occupa di selezionare le beneficiarie del Progetto
e poi segue il percorso lavorativo interfacciandosi - con una continua attività di
monitoraggio - con la Tutor del Progetto. In particolare, per una beneficiaria mi
sono occupata io stessa di individuare anche il luogo di lavoro adatto al suo
background. Mi sento di sottolineare il ruolo di supporto di “Comunità S. Francesco”
anche nel condividere delle scelte progettuali opportune per le beneficiarie e
vorrei citarle, come esempio, un caso emblematico su Castellana: ci siamo ritrovati
di fronte ad una situazione d'urgenza, l' allontanamento coatto di una beneficiaria
dalla propria abitazione con immediato inserimento in Casa Rifugio; ho trovato nella
Cooperativa non solo disponibilità d'interazione, ma anche condivisione di una serie
di scelte tali da far recuperare le ore perse dalla beneficiaria in fase di allontanamento.
Op.: Sicuramente parliamo di un'utenza particolare, molto fragile: la possibilità di
vivere l'esperienza dell'autonomia, crede che sia colta pienamente da tutte?
A.S.: Non tutte le donne soprattutto quelle che hanno subito violenza sono in grado
di cogliere pienamente l'opportunità dell'autonomia, c'è chi rimane ancora vittima
e schiava di alcune situazioni e perciò collabora poco...
Op.: In base alla sua esperienza nel settore dei Servizi Sociali, che valenza può
assumere uno strumento come la borsa-lavoro?
A.S.: Senza dubbio è importante la valenza economica: cinquecento euro sono
una somma significativa per chi non ha avuto nemmeno un euro in tasca.
Credo che il limite delle borse-lavoro risieda nella durata temporale. Si dovrebbe
finanziare queste iniziative per un periodo di tempo maggiore, di almeno tre
anni. Tre anni sono sufficienti per recuperare dei soldi, cercare un'abitazione
decorosa per quelle donne che si trovano completamente prive di reddito e raggiungere
dei risultati significativi in termini di autonomia. Occorre inoltre lavorare sulle
aspettative delle beneficiarie: bisogna avere la capacità di ridimensionarle perché
l'assunzione a fine percorso non sempre è garantita, soprattutto considerato il
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periodo di profonda crisi che viviamo.
Op.: Comprendo il discorso sulla durata temporale della borsa lavoro, ma rispetto
alla sinergia tra formazione - inserimento lavorativo - inclusione sociale non crede
che possa rivelarsi positiva?
A.S.: Vedo molto positiva questa sinergia, questo è fuor di dubbio, così come non
si discute sulla qualità degli inserimenti effettuati. Le aziende accoglienti sono state
scelte in modo coerente, tutte hanno offerto alle beneficiarie un lavoro dignitoso
e, probabilmente, se ci fosse stata maggiore ricchezza imprenditoriale le più meritevoli
sarebbero state assunte.
Op.: In termini di effetti, cosa ha rilevato nelle beneficiarie?
A.S.: Un maggiore senso di equilibrio e tranquillità connessa al fatto di ricevere
mensilmente una somma che consente di fronteggiare le problematiche economiche
familiari.
Op.: Cosa bisogna fare, quindi, dal punto di vista di un miglioramento degli interventi
futuri?
A.S.: Credo che la Regione dovrebbe finanziare questi interventi per un arco
temporale più lungo di quello previsto attualmente. Se la borsa lavoro non può
essere rinnovata giuridicamente per un periodo superiore ai 12 mesi, bisognerà
trovare delle forme diverse, anche di Apprendistato, dove sia possibile. C'è ancora
tanto da fare e su cui riflettere, mi auguro di cuore che questi Report diventino
oggetto di analisi e di verifica nelle sedi opportune.
Op.: Grazie del suo tempo.
• SEGRETARIATO SOCIALE E P.U.A., (Ats Putignano) Dott.ssa NOME Del Vecchio
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Op.: Può descrivermi quale è stato il suo ruolo nel Progetto?
Ass. Soc.: La figura dell'Assistente Sociale si occupa dell'individuazione dei possibili
beneficiari destinatari del percorso di borsa lavoro. E' un Progetto che condivido
pienamente perché spinge al raggiungimento dell'autonomia attraverso
l'accompagnamento lavorativo.
Op.: Cosa ne pensa dell'inclusione sociale? Come definisce questo processo?
Ass. Soc.: Penso che parlare di inclusione sociale significhi dare concretezza al
diritto di integrazione di quanti vivono in condizioni di disagio conclamato.
L'occupazione è un fattore importante per la promozione dell'inclusione e sarebbe
un bel risultato riuscire a garantire con l'utilizzo di strumenti, quali appunto le borselavoro, una continuità lavorativa che abbracci una prospettiva di tempo “a lungo
termine”.
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Op.: Secondo lei, quanto è importante offrire un'opportunità formativo-lavorativa
come quella progettata da Comunità S. Francesco?
Ass. Soc.: Riagganciandoci a quanto le dicevo prima, gli interventi di questo tipo
muovono in direzione del raggiungimento dell'autonomia, pertanto, risultano essenziali
anche per sganciarsi da una modalità di intervento assistenzialistica che in passato
ha fortemente caratterizzato gli interventi rivolti a una certa tipologia di utenza.
Op.: Interessante questa sua affermazione, la possibilità di sganciarsi da una
prospettiva assistenziale in favore di una concreta inclusione sociale, quanto crede
possa rivelarsi utile?
Ass. Soc.: Diventa utilissima perché permette di sganciare l'utente da un ruolo
puramente passivo e ricoprire quello di soggetto attivo del proprio processo di
crescita e di cambiamento, producendo implicazioni decisamente positive anche sul
rafforzamento dell'autostima, elemento spesso carente, se non del tutto assente
negli utenti.
Op.: Nello specifico, in termine di effetti, che riscontro avete avuto negli utenti
dell'intervento progettato da Comunità S. Francesco?
Ass. Soc.: Oltre al raggiungimento di un buon grado di autonomia e autostima, le
beneficiarie hanno sicuramente hanno allargato le loro relazioni sociali e
creato un maggior numero di contatti nella loro quotidianità, anche questo è un
elemento centrale: chi vive una vita segnata da difficoltà persistenti, che relegano
ai margini, spesso risente della mancanza di un tessuto di relazioni sociali significativo
al quale poter fare riferimento, e dal quale poter trarre forza per contrastare il proprio
vissuto problematico.
Op.: Dalle esperienze raccolte dalle beneficiarie di “Isola”, emerge grande motivazione
e il desiderio di continuare il percorso intrapreso anche dopo lo scadere della borsalavoro: quali potrebbero essere, secondo lei, le strategie per offrire delle opportunità
più durature?
Ass. Soc.: E' vero in tutte le beneficiarie si evince una profonda motivazione e il
bisogno di continuare il percorso intrapreso, uniti alla comprensibile ansia per
l'incertezza del futuro. Credo che sarebbe interessante incentivare la creazione
di auto-imprese in forma cooperativa per soggetti svantaggiati, che possano
stabilire delle convenzioni con gli Enti e con le aziende locali, in favore di progetti
simili a questo proposto da Comunità S. Francesco, ponendo la dovuta attenzione
ai risultati ottenuti e rafforzando le metodologie che sono risultate più efficaci e
produttive.
Op.: Grazie del suo tempo.
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• Le considerazioni dell'ASSESSORA alle POLITICHE SOCIALI (Noci),
C. Gentile Fusillo
L'Assessora alle Politiche Sociali riflette sull'importanza di ampliare la definizione di
“soggetto svantaggiato”, allontanando riduzionismi che relegano il concetto a situazioni
di disagio profondo, e sulle quali occorre sì intervenire, senza però rinunciare a uno
sguardo di insieme a 360°, onde evitare la fallimentarietà degli interventi. Un approccio
all'inclusione sociale, per l'Assessora, di più ampio respiro, connotato dalla necessità
di lavorare sinergicamente in rete per tutti gli attori chiamati alla realizzazione del processo,
nella convinzione che, solo spendendosi senza riserve, si otterranno risultati tangibili, e
positivi, per il benessere dell'intera Comunità.
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Op.: Come significa per lei parlare di “inclusione sociale”?
Ass.: Allo stato attuale, mi pare che l'inclusione sociale sia rimasta un passo
indietro. A volte la si rivolge a una categoria di soggetti decisamente “ristretta”,
rischiando di far diventare fallimentari i percorsi attuati, laddove non si prevedano
una serie serrata di interventi. Parlare di inclusione sociale significa realizzare
integrazione autentica coinvolgendo più attori assieme che puntino tutti alla
soluzione di un problema. Significa riconoscimento dei bisogni fondamentali di
tutti gli individui, tra i quali l'occupazione, la possibilità di vivere una vita dignitosa,
e la garanzia di tutela e attuazione di tali bisogni in un'ottica di diritti inalienabili.
Op.: Quali crede che possano essere le risorse e le scelte in grado di garantire il
passaggio da una visione assistenzialistica ad un welfare inclusivo?
Ass.: La risorsa deve essere la capacità di insistere sul territorio secondo una
logica di rete che chiami in causa tutti gli attori sociali coinvolti: le Istituzioni, i
Servizi Territoriali, il Terzo Settore, gli Enti pubblici e privati. Solo così si potranno
realizzare degli interventi che escano fuori dal circuito assistenzialistico.
Op: Cosa ne pensa di questa sinergia tra formazione-inclusione lavorativa-inclusione
sociale che ha caratterizzato la scelta progettuale di “Comunità S. Francesco”?
Ass. Soc.: La sinergia è fondamentale, oggi occorre puntare proprio su questo.
Nel nostro Piano di Zona abbiamo previsto, su cinque Comuni, 18 posti di lavoro
nell'ambito dell'inserimento lavorativo. Ritengo che un intervento di inclusione
lavorativa debba basarsi su un approccio a 360° di inclusione sociale: per farle un
esempio, se la beneficiaria individuata ha dei bambini molto piccoli, bisognerà
garantirle un servizio di nido per non rischiare di rendere fallimentare l'intervento
e disperdere i Fondi Regionali. In più, sarebbe bene ampliare il concetto di
“soggetto in condizione di svantaggio” che, per certi versi, è limitato a situazioni
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di disagio ormai profondo e esasperato sulle quali, naturalmente, si deve intervenire.
Op.: In termini di bacini occupazionali lo stato attuale dell'inserimento lavorativo di
soggetti svantaggiati è fortemente condizionato dagli effetti di un periodo di perpetrata
crisi economica. Diviene perciò ancora più forte l'urgenza di lavorare in una logica
di network: crede che questa logica venga sempre attuata?
Ass. : Le Istituzioni attraversano un momento di profonda difficoltà culturale:
manca la concezione di lavorare per il proprio Paese e, di conseguenza, per il bene
di ogni singolo cittadino. A volte, alcuni Comuni non fanno la propria parte nel
mettersi in rete per tutta una serie di difficoltà. Deve essere responsabilità di tutti
lavorare per la riuscita di un intervento. Occorre collaborare.
Op.: Cosa manca secondo lei per realizzare un modello operativo in cui il lavoro di
rete sia garantito?
Ass.: Quello che manca è il risultato di un enorme anomalia che va avanti da vent'anni
se non di più: fino a oggi nel proprio lavoro si è fatto lo stretto indispensabile
trasformando quest'atteggiamento in cultura; ora è necessaria una contro tendenza
per cui bisognerà spendersi di più, lavorare maggiormente nella consapevolezza
che questo condurrà a perseguire realmente il benessere dell'intera Comunità.
Op.: La ringrazio del suo tempo Assessora. Buon lavoro.
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CONCLUSIONI
Al termine di questa attività di analisi ci si rende conto di come parlare di “inclusione
sociale” implichi abbracciare una prospettiva di ampio respiro, che sappia assegnare
valore ai soggetti destinatari degli interventi, riconoscendo pienamente il diritto ad una
qualità di vita rispettosa della dignità e della unicità di ogni individuo.
L'attenzione all'aspetto metodologico che deve ricondursi a obiettivi chiari e percorsi
progettati “ad hoc” per ogni singolo utente, va coniugata necessariamente con l'aspetto
“umano” di ogni intervento: ciò significa garantire la costruzione di relazioni sociali
nuove, che possano trasformarsi in quella “rete sociale” troppo spesso assente nella
quotidianità dei singoli, e sulla quale gli utenti potranno sempre contare.
La valenza profonda di “Isola” risiede proprio nell'aver promosso e attuato un intervento
connotato dalla sinergia tra formazione professionale, inserimento lavorativo e
inclusione sociale, gettando al contempo le basi per la costituzione di relazioni
significative tra le beneficiarie e le operatrici dell'équipe di Progetto, le quali, lungi
dal rappresentare sterili situazioni di dipendenza, si traducono, al termine del percorso
di borsa-lavoro, in ulteriori indicazioni e suggerimenti funzionali alla ricerca di lavoro
e in momenti di ascolto delle utenti, puntando al rafforzamento di quel senso del sé
e di self-efficacy che è stato il leitmotiv dell'intero Progetto.
“Accogliere” chi viene relegato “ai margini” non significa creare ulteriori circuiti di
dipendenza, ma rimuovere etichettamenti e posizioni viziate dal pregiudizio, affinando
lo sguardo e la propria capacità di analisi: comporta attivare un processo di empowerment
che riesca a far emergere il “sommerso” di ogni utente. Un “sommerso” che va
valorizzato, ri-orientato e potenziato nella autentica fiducia che possa offrire risultati
tanto inattesi, quanto stabili nel tempo, come dimostrano le storie e i percorsi delle
beneficiarie illustrati nel presente lavoro.
Offrire risposte adeguate ai bisogni delle fasce più fragili diviene sì possibile, a patto
che i centri di responsabilità interessati - sia sociali, che istituzionali - sappiano
affrontare il problema in termini di autentica collaborazione. Tra le azioni auspicabili
vi sono sicuramente il favorire l'integrazione tra politiche attive del lavoro e servizi
di welfare, unite ad attività di sensibilizzazione delle Istituzioni Pubbliche, delle
organizzazioni sociali e della Comunità in generale. Con gli Enti e i Servizi Territoriali
potrebbero così interagire organicamente, non solo il privato sociale cooperativo, associativo
e di volontariato, ma anche le imprese profit favorendo uno spettro di “comportamenti
imprenditoriali” e buone prassi che si allargano all'ospitalità di fasce più deboli.
Sarebbe la migliore applicazione del principio di sussidiarietà che rimette al centro
delle sue priorità le persone meno tutelate.
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Pertanto, tutti gli stakeholder che concorrono al processo d'inclusione sono chiamati a
operare in una logica di rete, di riconoscimento, e di condivisione di intenti
nell'interesse univoco dei destinatari finali, nella volontà di attivare un circolo virtuoso
in difesa del valore intrinseco di ogni differenza, che non può essere appiattita o uniformata,
ma va esaltata in ogni sua essenziale specificità.
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